martedì 22 dicembre 2009

IL PAPA DI HITLER


Il pastore tedesco Ratzinger ha sollevato un polverone natalizio con la proposta,ma sarebbe meglio dire la prosecuzione della causa di beatificazione di Papa Pio XII e in minor spessore quella di Papa Wojtyla.
Il Papa complice delle aberrazioni del nazismo quindi per le sue indubbie"virtù eroiche"è stato dichiarato"venerabile"(quasi come Gelli)e quindi praticamente la sua corsa verso un posto nell'olimpo dei santi è sempre più veloce.
Non vi sono indecisioni storiche sul fatto che questo pontefice(Pio XII)abbia chiuso un paio di occhi sul fascismo in casa nostra e sul nazismo in Europa creandosi colpevole e compare dello sterminio di milioni di ebrei e centinaia di migliaia di diversi,comunisti,antifascisti,zingari,invalidi
e alienati,insomma quasi tutti gli oppositori non ariani.
E sono stati soprattutto i rabbini ad indignarsi maggiormante per queste ultime decisioni del Papa che andava alle adunate della gioventù hitleriana,che da tutte le parti del mondo hanno lanciato profonde critiche e immensa delusione.
I due articoli sottostanti sono presi da Roma.Indymedia,con l'ultimo a firma di Sergio Luzzatto.
Vorrei concludere con un breve contributo di PierPaolo Pasolini prendendo le ultime righe di un epigramma dedicato proprio a Pio XII:

Lo sapevi, peccare non significa fare il male:
non fare il bene, questo significa peccare.
Quanto bene tu potevi fare! E non l' hai fatto:
non c'è stato un peccatore più grande di te.

Il Papa: "Wojtyla e Pio XII beati".

CITTA' DEL VATICANO - Benedetto XVI ha firmato oggi il decreto che riconosce le "virtù eroiche" di Giovanni Paolo II e, a sorpresa, di Pio XII. Perché possano essere proclamati beati dalla Chiesa cattolica e portati agli onori degli altari manca l'accertamento ufficiale di un miracolo da attribuire alla loro intercessione. La notizia ha riacceso le polemiche intorno alla figura di papa Pacelli e al suo presunto silenzio rispetto alla Shoah: pur sottolineando di "non poter in alcun modo interferire su decisioni interne alla Chiesa", le comunità ebraiche hanno ribadito la loro "valutazione critica".
Il parere positivo della commissione. La firma del decreto sulla santità spirituale di Pio XII è in parte una sorpresa. Il processo di beatificazione, infatti, era fermo da tempo anche a causa della posizione della comunità ebraica mondiale. L'anno scorso, dopo una votazione con cui cardinali e vescovi si erano pronunciati all'unanimità in favore delle "virtù eroiche" di papa Pacelli, Ratzinger non aveva firmato il decreto, chiedendo un ulteriore approfondimento storico. Il parere della commissione istituita per esaminare il dossier deve essere stato positivo: di qui la firma di oggi.
Le critiche del mondo ebraico. Buona parte del mondo ebraico, però, ha sempre mostrato una certa avversità nei confronti di Pacelli, accusandolo di aver taciuto di fronte all'Olocausto. Alcuni rabbini e organizzazioni autorevoli hanno chiesto la moratoria alla beatificazione, fino a quando non verranno pubblicati i documenti degli archivi vaticani relativi al periodo del suo pontificato, dal 1939 al 1958.
E oggi le critiche sono state riformulate in una nota congiunta del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che il prossimo 17 gennaio accoglierà Benedetto XVI in visita alla Sinagoga della capitale, del presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna e del presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici. "Se la decisione di oggi - si legge nella nota - dovesse implicare un giudizio definitivo e unilaterale dell'operato storico di Pio XII, ribadiamo che la nostra valutazione rimane critica". Gli ebrei italiani e quelli capitolini assicurano infatti di non poter dimenticare "le deportazioni degli ebrei dall'Italia ed in particolare il treno di 1021 deportati del 16 ottobre 1943 che partì verso Auschwitz dalla stazione Tiburtina di Roma nel silenzio di Pio XII".
Parole simili a quelle del Rabbino Giuseppe Laras presidente dell'Assemblea rabbinica italiana: "Quel che è certo è che non seppe gridare forte la sua opposizione contro la Shoah".
Per il rabbino David Rosen, consulente per il dialogo interreligioso del Gran Rabbinato di Israele, la decisione del Pontefice "non mostra grande sensibilità nei confronti delle preoccupazioni della comunità ebraica". Ancora più duro il segretario generale del consiglio Centrale degli ebrei di Germania, Stephan Kramer, che si è detto "furioso" e "triste" e ha sottolineato che in questo modo Benedetto XVI "riscrive la storia senza aver permesso che ci fosse una discussione scientifica seria".
Giovanni Paolo II beato ad autunno. Per quanto riguarda papa Wojtyla, è probabile che la cerimonia di beatificazione si svolga già l'autunno prossimo, con milioni di pellegrini che affolleranno Roma. Adesso spetta a una commissione di medici e teologi il compito di certificare un miracolo avvenuto per intercessione dei due pontefici. Come ogni tappa del processo di beatificazione, il miracolo dovrà poi essere approvato dai vescovi e dai cardinali della congregazione per la Causa dei Santi e, da ultimo, dal Papa. Nel caso di Wojtyla, è già stata individuata una suora francese guarita dal morbo di Parkinson. Ma all'interno della Chiesa c'è anche chi nutre dei dubbi: secondo il cardinale Godfried Danneels, primate del Belgio, il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II "sta procedendo troppo in fretta".
PIO XII, Ma così si riaprono antiche ferite.

La contemporaneità delle due notizie è da ritenersi casuale, ma colpisce ugualmente. In Polonia, alcuni criminali rubano da Auschwitz la scritta-simbolo della Soluzione finale, «Arbeit macht frei». In Vaticano, Papa Ratzinger firma il decreto che avvia Pio XII sulla strada della beatificazione. Un increscioso affronto simbolico alla memoria della Shoah coincide con un clamoroso riconoscimento canonico delle "virtù eroiche" di chi era pontefice durante lo sterminio degli ebrei.Nei giorni scorsi, le due notizie hanno provocato reazioni differenti. Il furto compiuto in Polonia ha suscitato l'unanime riprovazione dell'opinione pubblica internazionale, che ha tirato un grande sospiro di sollievo quando si è saputo che l'insegna era stata ritrovata. Il decreto firmato in Vaticano ha invece diviso. Da una parte gli apologeti di Pio XII, fieri che Ratzinger abbia rotto gli indugi e fiduciosi di vedere Pacelli elevato presto agli altari. Dall'altra parte i critici di Pio XII, inquieti che la decisione vaticana offenda le comunità ebraiche e penalizzi il dialogo interreligioso.In realtà, la doppia notizia di questi giorni andrebbe sottratta sia al tempo troppo rapido delle news, sia al riflesso quasi pavloviano delle contrapposte appartenenze. Andrebbe consegnata a un'analisi più distesa, a una riflessione più storica. Si scoprirebbe forse, a quel punto, che non tutto il male viene per nuocere.Lo sciagurato furto di Auschwitz ha offerto una testimonianza straordinaria di come la Polonia stia cambiando. Nelle quarantotto ore intercorse fra il trafugamento dell'insegna e il suo ritrovamento, il paese natale di papa Wojtyla - amico vero degli ebrei - è stato colpito da un trauma collettivo. Di là dalla mobilitazione poliziesca per identificare e arrestare i responsabili del furto (a quanto sembra, non immediatamente legati a circoli neonazisti), la Polonia si è dimostrata compatta nel vivere l'episodio criminale come un terribile memento dei suoi trascorsi di nazione antisemita.Pochi anni fa, la pubblicazione di un libro di storia che sottolineava il volenteroso contributo dei polacchi alla Soluzione finale del problema ebraico (Jan T. Gross, I carnefici della porta accanto, Mondadori 2002) aveva suscitato reazioni piccate e scomposte nella Polonia dei fratelli Kaczynski e di Radio Maryia. Oggi, l'antisemitismo che tuttora alligna in alcuni settori della società polacca ha dovuto inchinarsi alle passioni e alle ragioni di una nazione altrimenti matura e civile.Quanto alla prospettiva di un'elevazione agli altari di Papa Pacelli, non c'è dubbio che si tratti di una faccenda carica d'implicazioni gravi. Lo attestano i segnali di protesta che si vanno levando - oltreché dalle comunità ebraiche - dagli ambienti cattolici più impegnati sul fronte dell'ecumenismo. La decisione di Joseph Ratzinger minaccia di riaprire ferite che ci si poteva augurare rimarginate per sempre grazie all'impegno di Karol Wojtyla.Eppure, anche nel caso del decreto vaticano su Pio XII non tutto il male viene per nuocere. Perché qualunque cosa la Chiesa cattolica voglia decidere riguardo alla beatificazione di un papa, la collettività intera ha ancora bisogno di studiare, di ragionare, di sapere intorno alla questione del rapporto fra carnefici, vittime e spettatori della Shoah.La storia guadagna poco da un approccio di tipo giudiziario, da una dialettica secca colpevole/innocente. E tanto meno guadagna la storia della Shoah, che tra il bianco e il nero conobbe infinite gradazioni di grigio. Pio XII non va trasformato nell'unico responsabile di quella che fu l'indifferenza diplomatica - o, peggio, il calcolo politico - anche delle maggiori potenze impegnate nella guerra contro il nazismo. Dal 1941 al '45, il silenzio di Churchill e di Roosevelt (per tacere di Stalin) fu altrettanto assordante del silenzio di Papa Pacelli.Ciò detto, il Vaticano potrebbe ben guardare alla vicenda di cattolici i quali, durante la Soluzione finale, mostrarono di possedere "virtù eroiche" assai più sviluppate che quelle di Pio XII. Uno per tutti: Jan Karski, eccezionale figura di messaggero della Resistenza polacca presso i governi alleati. In un giorno d'agosto del 1942, questo giovane uomo vide lo spettacolo inenarrabile del ghetto di Varsavia, e da allora ebbe una sola idea fissa: far sapere al mondo che gli ebrei venivano sterminati. Le torture dei nazisti non lo fermarono. Fra il '43 e 'il 44 Karski fu a Londra, fu a Washington, bussò a tutte le porte di tutti i potenti della coalizione anti-hitleriana. Non fu creduto, ma non smise di battersi per salvare - se non la vita degli ebrei - almeno la coscienza del mondo. Lui sì che andrebbe fatto santo, santo subito.

Sergio Luzzatto insegna storia modernaall'Università degli studi di Torino.

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