mercoledì 30 novembre 2011

LA DISCARICA,I CIELLINO-MAFIOSI E GLI ARRESTI DEI CORROTTI

Ultimamente Crema ricorre sempre più spesso sia nella cronaca nazionale che in quella che riporto sul blog:divenuto ricettacolo di delitti,risse tra politici,mogli che vogliono ammazzare i loro mariti e incendi a gazebi ecco che il cremasco è nuovamente tra le prime notizie dei telegiornali nazionali,anche se l'epicentro geografico della comunicazione è ubicato sempre in zona,a Cappella Cantone e sempre in provincia di Cremona.
Ma lo scandalo dell'arresto del vice-presidente della regione Franco Nicoli Cristiani(numero due del Pdl lombardo)ha portato l'intera Lombardia nell'occhio del ciclone in quanto oltre a lui sono finite in manette altre nove persone,e prima quando ho visto la notizia sul Televideo ed ho notati che oltre a tali fermi ci fossero stati pure dei sequestri di cantieri e di una zona destinata a discarica d'amianto ho pensato subito a quella"nostrana"e che da anni è al centro di polemiche tra gli abitanti dell'intera provincia e regione e la politica di centro destra col Pdl e la Lega in primis che a tutti i costi la vorrebbero.
Articolo tratto da"Crema on-line",con un ultimo auspicio che sarebbe quello che ora finalmente si possa chiudere il capitolo sulla questione dell'apertura della discarica e che ci sia qualche nuovo arresto tra i politicanti corrotti e ciellino-mafiosi(due nomi a caso:Formigoni e Salini)e gli imprenditori approfittatori.
(Sulle nefandezze nel territorio perpetrate della regione Lombardia e cielle vedi anche:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2009/09/lupi-travestiti-da-agnelli.html ).

Corruzione e traffico illecito di rifiuti, serie di arresti. In manette il vice presidente del consiglio regionale. Decisive le intercettazioni. Sotto sequestro la cava di Cappella Cantone
di Riccardo Cremonesi
Mompiano (Bs) - E' stato arrestato questa mattina all'alba, nella sua casa di Mompiano Franco Nicoli Cristiani, 68 anni, numero due del PdL lombardo e vice-presidente del Consiglio della Regione Lombardia. L'accusa è corruzione e traffico illecito di rifiuti ed è stata formalizzata nell'ambito di un'inchiesta incentrata sulla Bre-Be-Mi, l'autostrada che collega le province di Brescia, Bergamo e Milano. In manette altre nove persone, tra le quali anche Giuseppe Rotondaro, coordinatore dell'Arpa, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente.

Intercettazioni
Nei confronti di Franco Nicoli Cristiani un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla procura di Brescia nell'ambito di un'inchiesta relativa a una presunta tangente da 100 mila euro pagata per rendere meno incisivi i controlli. Le indagini erano iniziate otto mesi fa sotto il coordinamento dei pubblic ministeri Silvia Bonardi e Carla Canaia e hanno portato al sequestro di alcuni cantieri della Bre-be-mi, la nuova autostrada che collega le tre province lombarde di Bergamo, Brescia e Milano. Nelle indagini sarebbero risultate fondamentali le intercettazioni telefoniche.

I sequestri
I militari hanno sequestrato la cava di Cappella Cantone, in provincia di Cremona, al centro di un'ostinata querelle tra i comitati dei cittadini che si oppongono al progetto provinciale e regionale che la vorrebbe destinata a una discarica di amianto. Sigilli anche all'impianto di trattamento dei rifiuti di Calcinate (Bergamo) e a due cantieri della Bre.Be.Mi a Cassano d'Adda e Fara Olivana Con Sola.

martedì 29 novembre 2011

MARTIRI IN TERRA CREMASCA

Breve commento ad un articolo postato da Crema on-line e che parla della commemorazione dei quattro partigiani uccisi dove ora si trova lo stadio Voltini e che fa parte di un episodio che è un piccolo esempio e come sempre una grande tragedia di molti che in quegli anni accaddero"grazie"ai repubblichini di Salò ora tanto di moda e tanto difesi(da personaggi tipo La Russa)e che vengono paragonati a dei martiri morti per la patria.
Ernesto Monfredini,Antonio Pedrazzini,Gaetano Paganini e Luigi Bestazza,tre dei quali di Castiglione d'Adda e uno di Castelleone,caddero per mano fascista fucilati il 28 novembre del 1944,e questa data è sempre stata ricordata dall'Anpi e molto meno dalle giunte comunali,soprattutto l'ultima a parte poche eccezioni.
Gratitudine,stima e rispetto a questi quattro ragazzi che loro sì morirono per la libertà dal giogo nazifascista così come migliaia di partigiani e uomini e donne trucidati dagli attacchi delle belve che fecero dell'Italia terra di conquista e di morte.

Crema. All'ingresso dello stadio Voltini la cerimonia in onore dei partigiani di Castelleone e Castiglione d’Adda fucilati dai fascisti all'alba del 28 novembre 1944
di Antonio Margheriti.
Crema - La sezione Anpi di Crema ha ricordato Ernesto Monfredini, Antonio Pedrazzini, Gaetano Paganini e Luigi Bestazza, fucilati all’alba del 28 novembre del 1944 nel punto in cui si trova ora lo stadio Voltini.

Mariconti e Podio
La tradizionale cerimonia, un appuntamento annuale, è stata anche occasione per ricordare il partigiano cremasco Gianfranco Mariconti, recentemente scomparso e Leonardo Podio, che 8 anni fa fondò la sezione Anpi oggi guidata da Paolo Balzari. Da segnalare anche il ritorno delle autorità politiche del nostro territorio.

Le istituzioni
La fascia tricolore è stata indossata dall’assessore delegato ai servizi alla famiglia Luciano Capetti, che ha tenuto un intervento molto sentito sui valori che stanno alla base della nostra nazione. Al Voltini il presidente del consiglio comunale Antonio Agazzi, sempre presente in queste occasioni. Al suo fianco la vice presidente del consiglio comunale Stefania Bonaldi, il segretario della sezione cremasca di Rifondazione Comunista Mario Lottaroli , il capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà Franco Bordo ed i rappresentanti del Partito Democratico Matteo Piloni, Teresa Caso, Fiorenzo Gnesi.

La presenza
La cerimonia è stata toccante e in molti si sono commossi nel ricordo di Gianfranco Mariconti. Oltre ai parenti dei partigiani ha voluto portare il proprio sostegno anche il sindaco di Castiglione d’Adda Umberto Daccò, a memoria del fatto che tre dei quattro uomini fucilati erano originari del Lodigiano.

lunedì 28 novembre 2011

LE STRAGI DEI NEONAZISTI IN GERMANIA

L'articolo tratto da Senza Soste proposto oggi parla di un dossier in cui si evince che il terrorismo di destra di chiara matrice neonazista in Germania ha provocato in venti anni ben 147 morti,ben più di tutti gli altri attacchi terroristici messi assieme dal dopoguerra e di tutte le altre fazioni,ma che sia dal punto di vista mediatico che giuridico ha avuto molta meno eco e condanne.
Se ne parla oggi poiché il fatto ha avuto una clamorosa risonanza in quanto si è scoperto solo ora e per il suicidio di due componenti di un trio che nella regione della Turingia per tredici anni ha giustiziato presonaggi legati alla sinistra antirazzista,vagabondi,immigrati e poliziotti e per tutto questo lasso di tempo non era nemmeno stata imbastita un'indagine da parte della stessa polizia segreta tedesca,la Bfv(servizio per la protezione della Costituzione,che si occupa di controspionaggio nazionale)che da sempre vede di buon occhio il movimento neonazista germanico privilegiandolo durante le proprie manifestazioni attaccando i"sovversivi"contromanifestanti di sinistra.
La cancelliera Merkel ha minacciato di cancellare il referente politico di tutto il movimento dei ratti di fogna tedeschi,l'Npd di Voigt,affermando che questa vicenda è la pagina più tragica della Germania dal dopoguerra ad oggi.
Ecco altri interessanti articoli sulla vicenda:http://www.ecn.org/antifa/article/3216/i-nazisti-che-uccidevano-gli-immigrati e http://www.ecn.org/antifa/article/3217/germania-il-pugno-della-merkel-fuorilegge-il-partito-neonazista .

In Germania il terrorismo neonazista ha ucciso 147 persone dal 1990 ad oggi.
Il caso del gruppo nazi della Turingia, i cui attentati sono andati avanti per 13 anni, desta un grande clamore contro una polizia endemicamente "cieca dall’occhio destro"
La Vanguardia
Negli ultimi vent’anni i neonazisti hanno ucciso 147 persone in Germania. Famiglie immigrate carbonizzate nell’incendio delle loro case, africani, asiatici e turchi colpiti da spari a bruciapelo o barbaramente picchiati a morte in stazioni della metropolitana, strade e sottopassaggi. Vagabondi, adolescenti, donne, anziani, militanti di sinistra, poliziotti... la violenza d’estrema destra è, di gran lunga, il principale fattore di terrorismo nel Paese.
I nazi hanno ucciso molto più del radicalismo islamico, che in Germania non ha realizzato nessun grande attentato. Molto più della "Frazione dell’Armata Rossa" di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, che provocò 34 morti tra la sua fondazione nel 1970 e la sua dissoluzione nel 1998, senza contare i 27 attivisti che la banda lasciò sul terreno in sparatorie con la polizia e scioperi della fame. Queste violenze, che hanno ispirato tonnellate di opere e titoli di giornali, sono piccole cose di fronte alla violenza neonazi. Però non lo si vuole riconoscere.
Cucciolata nera
Il Paese vive in questi giorni come una sorpresa il caso del gruppo Nationalsozialistischer Untergrund ("Clandestinità nazionalsocialista") un terzetto della Turingia, due uomini e una donna, che per tredici anni ha commesso, presumibilmente, almeno dieci omicidi in serie, quattordici rapine in banca e tre attentati con bombe con decine di feriti, in contatto -e forse protetto- dal Verfassungsschutz (BfV), la polizia politica tedesca inguaribilmente "cieca dall’occhio destro", come si dice in questi giorni, cioè concentrata su ogni tipo di “nemici interni”, reali o immaginari, molti dei quali di sinistra, e indulgente e protettrice verso la scena neonazi.
Gli infiltrati o confidenti della polizia in questo ambiente, i cosiddetti V-Leute, fanno da tempo immemorabile un ambiguo doppio gioco nel quale spesso si cancella la differenza tra l’agente segreto o confidente della polizia e l’attivista nazi. Ex attivisti nazi che sono stati accolti in programmi di reinserimento fanno riferimento alle "simpatie" e alle complicità che gli ultras trovano nella polizia. Indicano anche che essere un “collaboratore" non esclude il fatto di essere, allo stesso tempo, un convinto attivista nazi, mediante una specie di divisione dei compiti frequentemente molto vantaggiosa per l’informatore.
I tentativi di mettere fuorilegge il NPD, il principale partito neonazi, non sono condivisi dai tribunali con il kafkiano argomento per cui un’illegalizzazione porterebbe alla luce l’identità dei confidenti e metterebbe in pericolo la loro identità.
Il governo gioca ad abbassare le cifre
Il governo tedesco non riconosce neanche la lista delle 147 vittime uccise dai neonazisti compilata dal 1990 in poi, pubblicata dalla stampa, con nomi, cognomi e circostanze, e la riduce a 47 nomi. Il ministro dell’interno Hans-Peter Friedrich negava due mesi fa, in occasione della strage dell’ultrà Anders Breivik in Norvegia, "qualsiasi indizio di attività terroriste nazi in Germania". La cancelliera Angela Merkel ha fatto riferimento lunedi scorso al citato gruppo della Turingia, né catturato né ricercato dalla polizia per tredici anni, come una "vergogna per la Germania", ma come spiegare questa endemica "cecità dall’occhio destro" che è sulla bocca di tutti?
In parte ha a che vedere con la storia del Paese, con la notevole continuità dei suoi apparati di Stato, polizia e magistratura, negli anni quaranta e cinquanta, uno dei grandi tabù della Germania di oggi.
La restaurazione del dopoguerra
Nel 1949, il 56% degli alti funzionari della polizia della Renania del Nord-Westfalia, provenivano dal partito nazi (NSDAP) e dalle SS. Negli anni cinquanta in Baviera l’81% dei giudici avevano un passato nazi, mentre nel Württemberg-Baden il 50%. Il giudice ex nazi Eduard Dreher, fu l’incaricato della riforma del codice penale al Ministero della Giustizia a partire dal 1954 e impose la prescrizione per i crimini di "complicità in omicidio" che liberò da ogni responsabilità i nazisti, una specie di amnistia generale. Questa assenza di denazificazione, che la guerra fredda e gli alleati hanno potenziato in nome della lotta al comunismo, contribuì a una continuità burocratica che anche oggi emana un odore ambiguo.
Una scena molto frequente nelle manifestazioni neonazi autorizzate in Germania, sempre contestate con contromanifestazioni di protesta quasi sempre più numerose, è quella di una polizia che protegge il diritto dei neonazi mentre reprime e criminalizza i loro avversari, entrambi considerati "estremisti" in un’inquietante equidistanza. Questa equazione è stata ideologia di Stato nella Germania di Adenauer, dove gli ex nazisti si giustificavano, e riabilitavano, di fronte a se stessi e agli alleati, invocando il comune nemico comunista, un "totalitarismo" che consideravano peggiore di quello hitleriano. Questa ideologia si sintetizza nella Germania di oggi con il discorso delle "due dittature tedesche", quella di Hitler e quella della Germania comunista.
Pochissimi sanno che il più grande attentato terrorista della storia della Germania del dopoguerra, quello della Oktoberfest di Monaco nel 1980, con 13 morti e 211 feriti, è stato opera di un neonazi che, secondo l’indagine poliziesca, agì da solo, senza copertura, senza infrastrutture e senza un’organizzazione che lo sostenesse. Un mistero.
Un agente nei dintorni
Questo odore, in tutte le sue sfumature, è presente nel caso che ora sorprende l’opinione pubblica tedesca. Tino Brandt, l’uomo che ha reclutato i tre terroristi del Nationalsozialistischer Untergrund (NU) della Turingia, non solo era vicepresidente regionale del partito neonazi, NPD, ma anche collaboratore della polizia politica (BfV). Il presidente della BfV della Turingia fino all’anoo 2000 era Helmuth Roewer, che finanziò con 200.000 euro del contribuente Brandt, e che quando si ritirò collaborò con una casa editrice di estrema destra.
In ambienti dell’attivismo antifascista si sospetta che l’ascesa di gruppi violenti di ultradestra nell’Est della Germania dopo la riunificazione del 1990 sia stato finanziato, incentivato o guidato dalla BfV. Dopo la riunificazione, la Germania dell’Est fu deindustrializzata quasi completamente, con le sue imprese smantellate, incluse quelle che potevano competere con le loro omologhe dell’Ovest, o asfissiate dall’Unione monetaria, cosa che fece schizzare in alto gli indici di disoccupazione e fornì un eccellente brodo di coltura alla depressione e all’estremismo politico.
Nello scorso febbraio la polizia della Sassonia protesse con grande zelo "il diritto alla libera espressione" dei neonazi durante gli eventi commemorativi del mortifero bombardamento anglo-americano della città di Dresda. La polizia si concentrò sui 20.000 attivisti antifascisti che parteciparono alla contromanifestazione di protesta, controllando i dati di centinaia di migliaia di utenti di cellulari. Il deputato di sinistra Andre Hahn si è visto togliere l’immunità parlamentare essendo considerato un "caporione" dell’illegale protesta antifascista. Nel suo rapporto del 2003, la BfV ha descritto in modo benevolo il partito neonazi NPD, che ha otto deputati in Sassonia, come una forza politica "carente di distanza rispetto allo Stato" (fehlende Staatsferne).
Nel frattempo, chi non ha mantenuto la distanza con i neonazi è stato un agente della stessa BfV nel caso che ora causa sorpresa e scandalo: l’agente era vicino alla scena di sei dei nove omicidi di gestori turchi di chioschi attribuiti al Nationalsozialistischer Untergrund (NU) negli ultimi anni. In uno di questi omicidi, quello di Halit Yozgat, il proprietario turco di un internet café di Kassel nel 2006, l’agente abbandonò il luogo un minuto prima che si verificasse il delitto, il che avvalora i sospetti.
Una quarta persona, chiamata Holger, è stata arrestata come basista (passaporti e affitti) del gruppo NU, due dei cui membri "si sono suicidati" prima di essere catturati in una camionetta che "si è incendiata" con loro all’interno, cancellando prove importanti. Si ignorano le circostanze di questo incendio, così come dell’esplosione, lo stesso 4 novembre, dell’ultima residenza della banda nella località di Zwickau. Ci si chiede se la BfV abbia aiutato i tre membri del gruppo a fuggire all’estero nel 1998, quando furono ricercati per la prima e ultima volta fino al loro suicidio, chi abbia trovato loro la pistola ceca con silenziatore con la quale hanno ucciso le loro vittime turche in cinque città tedesche, e soprattutto come abbiano potuto vivere 13 anni nell’illegalità senza che la polizia se ne accorgesse né relazionasse sulla sua lunga lista di crimini, che include l’assassinio di una giovane poliziotta di 22 anni d’età.
Le reazioni dei politici
Gesine Lötzsch, copresidente di Die Linke, dice che il Paese è "di fronte al più grande scandalo della giustizia nella storia tedesca dopo la guerra". Il deputato verde Hans-Christian Ströbele esige "una relazione minuziosa sul lavoro e l’attività della BfV nell’ambito del razzismo e dell’estremismo di destra". Nella SPD si rimprovera alla CDU di aver "sottovalutato sistematicamente" l’estremismo di destra. Il capo del gruppo parlamentare socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier afferma che gli infiltrati della polizia nella scena neonazi "non contribuiscono alla sicurezza, ma è il contrario". "Anche se non si può generalizzare, questa confusione ha a che fare con l’assenza di volontà politica", dice il giornalista Jürgen Roth, specialista in ambito poliziesco e dei servizi segreti. Nel congresso che ieri si è concluso a Lipsia, la CDU si è mostrata aperta a riprendere in considerazione la messa fuorilegge del NPD.
Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo, 16 novembre 2011

sabato 26 novembre 2011

SAREMMO ALLE COMICHE SE...

Il"se"che è posto alla fine del titolo del post odierno è dovuto alla drammaticità che lo stalking diciamo vero e proprio(questo mi sembra una buffonata ma è solo un mio parere personale)comporta alla realtà quotidiana dei nostri tempi e che non merita nemmeno di essere messo al confronto di ciò che il sito cremasco"Crema on-line"posta oggi(http://www.cremaonline.it/articolo.asp?ID=15473) sulle pagine del proprio sito.
Passato il reciproco amore il sindaco di Crema Bruno Bruttomesso ha denunciato stamani l'ex consigliere comunale ed ex candidato sindaco della città Luigi Dossena,leghista della prima ora che ultimamente non sa nemmeno lui da che parte politica pende per il motivo che riporto ora.
La cronaca riporta ciò che è accaduto nel giro delle ultime settimane,con le insistenti provocazioni verbali del Dossena culminate con una aggressione con calci al sindaco che sentitosi minacciato ha denunciato il responsabile alle autorità competenti.
I calci in culo Bruttomesso se li sarebbe meritati da molto tempo,ma che a darglieli fosse stato proprio un suo compare anche se allontanatosi negli ultimi tempi è tutto un altro dire!
Seguiremo gli sviluppi della querelle tutta interna alla politica di destra cremasca e vedremo se le risate continueranno.

Stalking, la polizia ha arrestato Luigi Dossena. Ieri il parapiglia all'esterno della farmacia del sindaco Bruno Bruttomesso, oggi al tribunale di Crema il processo per direttissima
di Andrea Galvani
(direttore@cremaonline.it)
Crema - E' stato arrestato stamattina con l'accusa di stalking e sarà processato per direttissima oggi pomeriggio alle 15 presso il tribunale di Crema. Luigi Dossena, classe 1952, candidato sindaco durante la passata tornata elettorale per la Lista Gerundo era stato denunciato martedì scorso per stalking. Il sindaco Bruno Bruttomesso ripercorre la vicenda: "negli ultimi giorni Dossena sostava continuamente sotto le finestre del mio ufficio a insultarmi. Molti dipendenti erano impauriti, il segretario generale Cattaneo doveva addirittura uscire da una porta posteriore. Dossena la fa passare come propaganda politica, ma qui si è andati ben oltre".

I calci nel sedere
Ieri il sindaco, il figlio e un dipendente avevano fatto un sopralluogo al cantiere del nuovo studio medico di piazza Marconi. Di ritorno alla farmacia di via Verdi hanno incrociato Dossena: "ha preso a insultarmi come fa di solito. Mio figlio è intervenuto in mia difesa, gli ha detto 'per favore adesso piantala, finiscila', ma lui niente. Mio figlio nel frattempo è rientrato in negozio e Dossena a questo punto mi ha sferrato un calcio dicendo 'ooh.. finalmente son riuscito a darti un calcio nel culo'". Il figlio del sindaco, avvertito da una commessa, è uscito di corsa: tra lui e Dossena sono volati degli sputi, poi gli spintoni, con Dossena che sarebbe cascato sopra una bicicletta lamentando poi di essere stato malmenato.

Il pronto soccorso
"Fuori dalla farmacia - prosegue Bruttomesso - c'era un signore che ha visto la scena e ha chiamato la polizia. E' stato chiamato il commissariato, la polizia è arrivata in due minuti ma Dossena non c'era già più, era già scappato". Gli agenti hanno raccolto le testimonianze, mentre Bruttomesso, che era molto agitato, è stato accompagnato al pronto soccorso. "Dossena mi ha dato due calci, sinceramente non mi ha fatto male ma ho dovuto prendere dei tranquillanti. Sono mesi che mi ha preso di mira. Si presenta in consiglio comunale con insulti e cartelli, mi aspetta fuori dalla farmacia. Insomma, dico io: la situazione ora è insostenibile. Cosa facciamo, aspettiamo che venga con un coltello?"

L'arresto
Stamattina alle 8.30 il sindaco era in farmacia quando gli è stato detto che all'esterno si era ripresentato Dossena. "Credevo che dopo la giornata di ieri non si sarebbe più ripresentato. Invece.. ma io non sono neanche uscito, ho alzato la cornetta e ho avvertito il commissariato". In breve Luigi Dossena è stato preso in consegna dalla polizia e trasferito in commissariato, dove si trova ora in stato di arresto. Alle 15 il processo per direttissima.

venerdì 25 novembre 2011

DUEMILA ANNI DI CHIESA(E DI BALLE)

Prendendo spunto da colui che potrebbe essere definito il vice-Papa in quanto segretario di Stato Vaticano,il cardinale Tarcisio Bertone,oggi tratto da Senza Soste propongo un breve articolo che rimanda alla pubblicazione di un libro,"I senza Dio.Inchiesta sul Vaticano"di Stefano Livadiotti giornalista che scrive per"L'Espresso".
Senza mezzi termini si descrive il mondo della chiesa che da duemila anni e tranne poche eccezioni è sempre più legata al potere temporale che a quello spirituale,e passati gli anni delle crociate,dell'inquisizione e delle vendite di indulgenze plenarie(anche se in certi casi si è cambiato solo il nome e qualche modalità)ora si è passati ad altri scandali come pedofilia,collusioni con la mafia,riciclaggio,traffico di droga e di armi senza trascurare il fatto che la chiesa detenga un enorme patrimonio di denaro liquido e immobiliare che andrebbe certamente meglio gestito.
Da qui il solito monito del predicare bene e del razzolare male che casca a fagiolo quando si parla della chiesa e delle persone che vi fanno parte,che nascondendosi dietro la croce di Cristo bazzicano sempre più tranquillamente e squallidamente tra i tavoli della politica piuttosto che tra i banchi delle chiese.

Il cardinale Bertone e il jet privato. Il libro che fa tremare la chiesa .
Pochi giorni fa il Cardinale Bertone, di fatto il numero due delle gerarchie vaticane, ha tuonato contro l'autoreferenzialità dei mercati finanziari. I cattolici, indubbiamente, sanno come usare le parole giuste per ritrovare un pò di consenso nei momenti di crisi. Certo che in materia di potere, di denaro e di autoreferenzialità la chiesa di Roma non è seconda a nessuno. Nemmeno ai grandi finanzieri di Wall Street. Stefano Livadiotti de l'Espresso, con un suo libro edito per Bompiani, si candida a confermarci queste considerazioni. Pubblichiamo qui qualche estratto de "I senza dio. Inchiesta sul Vaticano".
Dove il cardinale Tarcisio Bertone viaggia in jet privato, giusto per consolare con efficacia le anime ai quattro angoli del globo.

(red) 25 novembre 2011

[…] Vista da vicino, infatti, la Chiesa, e in primis il suo vertice, assomiglia sempre di più a una delle classi politiche maggiormente screditate dell’intero Occidente. Una vera e propria casta, come quella dei palazzi del potere romano, ma ancora più scopertamente ricca, spregiudicata e arrogante nel
pretendere ogni sorta di impunità per i suoi dignitari, che di fatto, e senza neanche essere stati eletti da chi poi è chiamato a sovvenzionarli generosamente, sono diventati degli intoccabili.
A forza di trattare sottobanco con la partitocrazia, in un’eterna rincorsa a sempre nuovi privilegi spesso ai confini con la legalità, la pletorica gerarchia vaticana ne ha mutuato tutti gli aspetti più deleteri. Riuscendo in qualche caso a renderli, se possibile, ancora più odiosi e impopolari.
Finendo per disegnare un modello autoreferenziale, dorato almeno quanto ipocrita, bugiardo e corrotto, che rappresenta l’esatto opposto dei fini statutari della ditta. Al cui interno tutti o quasi, dai più alti papaveri agli ultimi travet, predicano bene e razzolano malissimo. Un mondo dove la carità è un optional, la verità un miracolo e il sesso si fa ma non si dice. E il cui ultimo, se non unico, scopo
sembra quello di perpetuare se stesso e il proprio potere. A beneficio di una classe dirigente interamente formata per cooptazione, fieramente avversa a ogni criterio meritocratico e permeata invece da una millenaria cultura dell’intrigo e del familismo come strumenti per costruire carriere a
base di dossier, veri o falsi poco importa, generosamente distribuiti da anonime manine.
Il risultato è un’assai poco caritatevole guerra per bande, dove nessuno si fida di nessuno, tutti spiano tutti, e vince chi riesce a tirare il colpo più basso, comunque sempre abbondantemente sotto la cintura. E dove la posta in palio sono le leve del potere di un’autentica macchina da soldi, che da tempo non si accontenta più di rappresentare un vero e proprio monumento all’assistenzialismo pubblico e
perciò non esita a infilarsi nei business più inconfessabili, purché potenzialmente redditizi. Coltivando relazioni pericolose con piccoli delinquenti di strada e sanguinari dittatori, faccendieri d’ogni risma, mafiosi e barbe finte.
Intrecciando storie ai confini del romanzesco a base di fondi neri, riciclaggio, traffici di armi e di droga e morti misteriose. Collezionando in definitiva un vero e proprio catalogo degli orrori, dove non manca davvero nulla: dal reato comune confinato nelle pagine di cronaca di piccoli e grandi quotidiani all’intrigo internazionale. Con la proter-via di un potere che niente e nessuno è riuscito a scalfire più
di tanto in duemila anni di storia. E che ancora oggi è in grado – forse semplicemente bluffando (quante divisioni ha davvero il papa?) – di tenere in scacco, attraverso il ricatto elettorale, una politica sempre più fragile e perciò stesso impaurita.
Un potere alle prese con una fase di declino forse inevitabile. Alla quale però oggi aggiunge qualcosa di suo. Rischiando di farsi del male da solo, così, per puro e semplice eccesso di sicurezza. Quello che ha giocato un brutto scherzo a Joseph Ratzinger quando, nella messa della Domenica delle Palme del 2010, ha sciaguratamente definito “chiacchiericcio” lo scandalo della pedofilia. Lo stesso che il 18 aprile, durante la visita a Malta culminata nell’incontro con le vittime delle violenze, indurrà il papa a definirsi profondamente turbato per le malefatte dei suoi preti (“è un orrore troppo grande, forse anche per Dio”) e subito dopo ad addormentarsi placido in mondovisione.
Il fatto è che oggi per gran parte degli italiani quello della Chiesa è solo un partito come un altro. E i suoi massimi dirigenti sono, né più né meno, dei professionisti della politica.

continua su

http://affaritaliani.libero.it/politica/bertone-e-il-jet-privato-241111.html?refresh_ce

giovedì 24 novembre 2011

MINESTRA DI FARRO

Questo piatto che scalda lo stomaco ed il cuore racchiude in sè un qualcosa di antico e di rustico,di ingredienti poveri e genuini che rimanda ad altri tempi e situazioni.
Ho cotto questa minestra di farro in un recipiente di coccio in quanto questo tipo di materiale mantiene le caratteristiche organolettiche e nutrizionali dei prodotti meglio di altre pentole e tegami,dando un segno casereccio alla cottura.
Essendo un tegame nuovo,come da indicazione ho bollito dell'acqua e dell'aceto prima di utilizzarla per il primo uso:avvertenza,piatto da assaporare decisamente caldo.
Ingredienti:
-farro
-patate
-zucca
-pancetta affumicata a dadini
-cipolla
-scalogno
-aglio
-vino bianco
-vino rosso
-dado classico
-dado vegetale
-estratto di carne per brodo
-burro
-olio
-grana padano grattuggiato

Per primo bisogna lessare per una ventina di minuti il farro e verso la fine della bollitura mettere assieme le patate tagliate a pezzi piccoli.
Nel frattempo si fanno rosolare nel burro e nell'olio la cipolla,l'aglio e poco scalogno sfumando con del vino bianco,dopodichè si aggiunge la pancetta affumicata tagliata a dadini e del vino rosso.
Dopo aver scolato il farro e le patate si aggiungono nel tegame di coccio assieme al soffritto il brodo preparato a parte e dopo cinque minuti si possono mettere i pezzi di zucca tagliati precedentemente.
Durante la cottura di una ventina di minuti si aggiunge ancora il brodo fino a coprire tutti gli ingredienti,spegnendo il fuoco qualche minuto prima di servire in tavola il tutto coperto da abbondante grana padano grattuggiato.

martedì 22 novembre 2011

SCILIPOTI UOMO DI MERDA

Uno degli"eroi"del 14 dicembre dello scorso anno,anzi forse quello che ha avuto più clamore mediatico ovvero Domenico Scilipoti,durante il primo intervento di Monti alla Camera per ricevere la fiducia ha avuto la faccia tosta di presentarsi con una fascia nera al braccio in segno di lutto poiché secondo lui è morta la democrazia.
Questa frase detta da un uomo di merda come lui eletto nelle liste dell'Idv per poi passare tra i responsabili che quasi un anno addietro salvarono il culo all'ex premier Berluscojoni(passando dal Gruppo Misto al Movimento di Responsabilità in pochi mesi)per arrivare a tramare col fascista Saya dell'Msi(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2011/10/piccoli-balilla-crescono.html )è un complimento per la democrazia,un onore verso tutti gli italiani che soffrono e amano il paese al contrario di questo arrivista voltafaccia che starebbe bene rinchiuso in un letamaio piuttosto che possa bazzicare in Parlamento(e ce ne sarebbero troppi altri).
L'articolo preso da Indymedia è un commento di Eugenio Orso chr potrebbe sembrare dovuto,e che deve essere dovuto perché indignarsi e incazzarsi contro personaggi simili che sfottono e se la ridono di noi tutti dev'essere lecito e giusto e facile come sparare ad un uomo che caga.

Evviva, Scillipoti è vivo e lotta insieme a noi .

(ANSA) - ROMA, 18 NOV - Una vistosa fascia nera sul braccio.
Così Domenico Scilipoti, esponente di Popolo e territorio si presenta in Transatlantico alla Camera nel giorno in cui Mario Monti riceverà la fiducia dei deputati. Scilipoti non risponde a chi gli chiede il perchè della fascia ma consegna un volantino che riproduce un manifesto mortuario in e' rappresentata una croce nera con sotto scritto ''oggi e' morta la democrazia parlamentare. Il popolo Sovrano né dà il triste annuncio al Paese''.
La primula azzurra (o di qualsiasi altro colore, fate voi che per lui è lo stesso, purché lo paghino), il responsabile per antonomasia, l’uomo che si permise di sostenere un intero governo con annessi e connessi, l’ultimo di Berlusconi tutto sulle sue spalle, è oggi il nostro Masaniello, lo strenuo ed impagabile difensore della volontà popolare (che si estrinseca con il voto liberaldemocratico, non di rado “di scambio”) nel parlamento di un paese interamente occupato dai Poteri Forti, dai bocconiani e dagli squali delle banche.
Ma ci pensate dove siamo arrivati?
Scilipoti ultimo baluardo di democrazia e legalità!
Scilipoti che guida eroicamente la resistenza popolare – "Popolo e territorio" è il grido di battaglia, contro il governo collaborazionista del Quisling Monti!
Ma pensate che culo che abbiamo avuto: Scilipoti è vivo e lotta insieme a noi!
Non solo, ma sembrerebbe l’unico a farlo, con boutade in parlamento che eguagliano, e forse superano, le magliette di Calderoli (prima che il leghista “metta la testa a posto”), mentre Berlusconi pieno di paura, perché se non riga dritto gli polverizzano Mediaset in borsa, ha messo la golden share sul governo Monti, e la Lega rifluisce in relativo silenzio, come un’armata Brancaleone sconfitta, a nord del mitico Muro di Ancona ipotizzato dal comico Maurizio Ferrini, nell’indimenticabile programma televisivo Quelli della notte.
Parole forti, quelle di Domenico Scilipoti, da capo-popolo che arringa le masse degli oppressi per indurle a rivoltarsi contro l’oppressore: “Con la nomina di Mario Monti a senatore a vita, poi indicato come probabile primo ministro dotato di poteri extra-ordinem, si e' giunti al primo governo totalmente del presidente dell'Italia repubblicana con una innovazione al limite dello stravolgimento dell'assetto degli organi costituzionali dei padri costituenti. Alla faccia della centralità' del parlamento!''
E ancora, come nell’annuncio mortuario esposto dal nostro alla camera: “Oggi è morta la democrazia parlamentare.” (che comunque era in coma da parecchio tempo, si è tentati di aggiungere …)
Almeno lui – s’intende il combattivo e solitario Domenico Scilipoti, è stato eletto nel 2008 dal popolo (… bue, è il caso di dirlo alla Sordi), sia pur nelle liste della IdV dipietrista che poi ha abbandonato, e sia pur con una legge elettorale che lascia alquanto a desiderare …
Donchisciottesco come nessun altro in un parlamento frustrato e ammutolito, Scilipoti non esita a scagliarsi, lancia in resta, contro i mulini a vento della Grande Finanza che ormai regna incontrastata.
Qualche piccola condanna a saldare debiti non evasi (per circa duecentomila euro), subita di recente, non gli ha fatto perdere il suo smalto.
Ha sempre un’ottima cera, e la solita faccia tosta.
A vederlo, così com’è d’aspetto, quasi un ibrido fra i grandi attori comici Danny De Vito ed Enzo Cannavale, ci ha sempre ed inspiegabilmente ispirato simpatia.
Ma a pensare che è proprio lui l’ultima trincea, il baluardo della volontà popolare e della democrazia in parlamento, davanti alla travolgente avanzata dei Mercati e degli Investitori che sta rullando l’Italia e che ha evocato l’esecutivo Monti, ci viene quasi da piangere … a dirotto.
E’ come affidare la difesa della dignità umana a Giandomenico Fracchia o a Fantozzi rag. Ugo, oppure come dare il posto di custode del Topkapi ad Arsenio Lupin.
Ha scritto il grande poeta Giovanni Giudici: “Comico suo malgrado è il colmo del comico. Spesso patetico fu il comico con intenzione. Tragico suo malgrado è il solo possibile esito imprevedibile della commedia. Non cerco la tragedia ma ne subisco la vocazione.”
E’ esattamente così, ed anche peggio, e non a caso abbiamo Scilipoti, in queste drammatiche circostanze storiche, che è vivo e lotta insieme a noi!
Eugenio Orso
Fonte: http://pauperclass.myblog.it/
18.11.2011

sabato 19 novembre 2011

DON VERZE',CIELLE,DEBITI E CAMORRA AL SAN RAFFAELE

Gli attacchi alla setta di Comunione e Liberazione che talvolta partono da questo blog hanno trovato l'ennesimo riscontro in settimana con l'arresto,le denunce e le perquisizioni nei confronti di vari rappresentanti della holding San Raffaele di Milano,creatura di Don Verzè che al pari di un altro Don,
Berlusconi,hanno in comune l'appellativo che si usa sia con i preti che con i mafiosi.
L'arresto del faccendiere Daccò,la perquisizione delle abitazioni del capoccia Verzè e di altri loschi individui sono frutto di una lunga indaginE degli inquirenti nata non solo dopo la morte di Mario Cal,ex braccio destro del prete diabolico,ma che comunque dopo il suicidio del suddetto hanno avuto una svolta decisiva.
Negli articoli proposti,il primo tratto da"Repubblica"con un'impronta di cronaca e il secondo tratto da
"L'espresso"che da un taglio più d'indagine visto che parla apertamente d'infiltrazioni camorristiche,raccontano dei debiti milionari che l'ospedale San Raffaele ha raggiunto nel corso degli ultimi anni e che nemmeno la banca vaticana dello Ior e le enormi sovvenzioni statali e regionali(solo la Lombardia fornisce 450mila Euro all'anno)hanno saputo essere d'aiuto.
E per forza,tra conti gonfiati per i fornitori e gli appalti per avere privilegi per entrambe le parti,conti esteri,mani in pasta in attività in tutto il mondo,aerei e yacht privati(a Don Verzè non piacevano tanto i controlli ai check in)e cupole,staute e abbellimenti vari per l'ospedale stesso i debiti ammontano a quasi 1 miliardo e 400mila Euro.
I nomi degli indagati e di chi comunque sa qualcosa affondano le radici proprio in CL che oltre a dissacrare il nome della chiesa fa addirittura concorrenza a camorra e 'ndrangheta(quando non collaborano assieme al compimento ed alla buona riuscita dei loro affari),e diciamocelo bene che questi sforzi economici  e criminali non c'entrano nulla con la salute delle persone o con la salvezza delle loro anime.

IL CASO

Blitz della finanza al San Raffaele.
anche don Verzè fra i sei indagati.
La perquisizione nell'ambito dell'inchiesta per la bancarotta del gruppo ospedaliero milanese.
Ieri sera il fermo del faccendiere Piero Daccò. Sono coinvolti anche i costruttori Zammarchi.

Fiumi di denaro "sottratti" alla Fondazione San Raffaele-Monte Tabor, oberata da un miliardo e mezzo di passivo e ammessa da poco al concordato preventivo, per poi finire su conti esteri o prendere altre vie. Non solo tramite bonifici, ma anche, è il sospetto, in contanti. Denaro che sarebbe uscito dalle casse del gruppo ospedaliero grazie a un giro di contratti strapagati e consegnato, si ipotizza anche in buste, dall'ex vicepresidente Mario Cal, morto suicida lo scorso luglio, a Piero Daccò, il consulente in rapporti d'affari con l'ente, che è stato fermato a Milano.

E' questa la ricostruzione dei pm Luigi Orsi, Laura Pedio e Gaetano Ruta, titolari dell'inchiesta per bancarotta aggravata che ha portato al fermo di Daccò e la guardia di finanza a effettuare una raffica di perquisizioni: fra queste anche lo studio e la 'cascina' dove vive don Luigi Verzè, il fondatore del San Raffaele, anche lui indagato, l'ufficio e l'abitazione della sua segretaria particolare e due yacht riconducibili al mediatore d'affari vicino al governatore lombardo Roberto Formigoni.

Una storia di sperperi e sprechi Il cupolone da 50 milioni di euro

A mettere inquirenti e investigatori sulle tracce di Daccò sono state le 25mila e-mail degli ultimi dieci anni ritrovate nel computer di Cal, il cui nome ricorreva spesso insieme a quelli (moltissimi) di fornitori, medici, professionisti e qualche politico. Da qui decine e decine di interrogatori di dipendenti del gruppo che hanno condotto a una conclusione: il mediatore di affari e consulente della Fondazione, nonché titolare di parecchie società sparse in vari Paesi, era una presenza costante negli uffici di Cal. Quasi come un "amministratore ombra". Lui, per esempio, a differenza di quasi tutti gli altri, poteva vedere l'ex braccio operativo di don Verzè senza prendere alcun appuntamento. Il suo nome, nelle agende dell'allora vicepresidente, negli ultimi tre anni è segnato quasi tutte le settimane.
A lui, come hanno testimoniato in molti, sarebbero state consegnate da Cal (o da altri al suo posto) buste con denaro. Consegne di contanti in nero su cui sono in corso accertamenti per capire come venissero usati e dove andassero a finire: si ipotizza comunque che in parte fossero stati veicolati in società estere riconducibili allo stesso Daccò per conto del San Raffaele. Tant'è che, come riporta il decreto di fermo, per i pm sussistono elementi per affermare che anche don Verzè era a conoscenza delle meccanismo legato alle sovraffatturazioni. Per la Procura si tratta di "gravi indizi" che, uniti ai tre episodi descritti nel dettaglio nel provvedimento di fermo, assieme al pericolo di fuga (la sua famiglia vive nel lodigiano, lui risiede a Londra e lavora in Svizzera), hanno spalancato le porte del carcere di Opera a Daccò. Ora i pm stanno preparando la richiesta di convalida del fermo e di custodia cautelare in carcere che domani finirà sulla scrivania del gip Vincenzo Tutinelli. Per dopodomani è atteso l'interrogatorio davanti al giudice.

A finire sotto inchiesta per concorso in bancarotta aggravata sono anche l'ex direttore amministrativo Mario Valsecchi, i costruttori-fornitori Pierino e Gianluca Zammarchi e Andrea Bezzicheri, loro socio nella Metodo. Lo si legge nel decreto di perquisizione in cui sono sintetizzate le tre operazioni contestate a vario titolo ai sei indagati, con cui sarebbero stati versati a Daccò circa 3 milioni e mezzo di euro: la prima riguarda il compito affidato al consulente di una ricerca sul mercato di un aereo Bombardier, mai trovato e retribuito con due milioni di euro (un contratto normale prevede un compenso di 20-30mila euro); la seconda 510mila euro finiti a Daccò, quale beneficiario della Harmann Holding con sede in Austria, e pagati dalla Fondazione per gestire contenziosi legali nei Paesi del terzo mondo; l'ultima, che risale al 23 e 24 dicembre 2008, riguarda il versamento di un milione di euro, tramite Metodo srl, all'austriaca M.T.B. riferibile sempre a Daccò, "con la fittizia e apparente causale di anticipo sull'acquisto di un immobile in Cile".

Operazioni che, come ha spiegato l'avvocato Giampiero Biancollella, il difensore del mediatore, "saremo in grado di chiarire". Così come "se sono state consegnate delle buste vi sarà analoga concreta spiegazione". Il legale, che definisce "pura follia ritenere che il suo cliente sia stato una sorta di amministratore ombra", esclude che avesse intenzione di recarsi in Israele " per sottrarsi alla giustizia".
(16 novembre 2011)
San Raffaele,odore di camorra.
di Paolo Biondani e Luca Piana

Dietro lo spaventoso buco di don Verzè ci sarebbero gli appalti milionari a un'impresa che obbediva alla criminalità organizzata. E' la pista seguita dagli inquirenti che indagano sul suicidio di Mario Cal
(18 agosto 2011)
Leggi San Raffaele, lo yacht e Formigoni
Piero Daccò, appena arrestato nell'indagine sul crac di don Verzè, è uomo vicino a Comunione e Liberazione. E su uno dei suoi panfili (perquisiti ieri) è stato ospite anche il governatore della Lombardia (16 novembre 2011)

Dietro i maxi-appalti edilizi del San Raffaele c'è una trama segreta da film di mafia. La storia drammatica di un'insospettabile azienda lombarda che per trent'anni viene strangolata da continui ricatti della camorra. Attentati. Assunzioni di mafiosi imposte con la paura. Prestiti in odore di usura. Visite intimidatorie nei cantieri finanziati dal grande ospedale privato. E la misteriosa gambizzazione di un politico che faceva da prestanome agli imprenditori taglieggiati.

I rapporti con il mondo degli appaltatori e fornitori, dall'edilizia all'energia, sono una delle direttrici di fondo delle inchieste giudiziarie che puntano a far luce sulla montagna di debiti che rischia di far fallire il grande polo ospedaliero fondato a Milano da don Luigi Verzè. E sulle cause dell'improvviso suicidio di Mario Cal, il manager che da anni era il braccio esecutivo del prete veronese. Indagini delicate. La prima ipotesi di reato è infatti l'induzione al suicidio: pressioni esterne che potrebbero aver spinto Cal a spararsi, la mattina di lunedì 18 luglio, proprio vicino all'ufficio di don Verzè. Oltre ai magistrati, anche Enrico Bondi, consulente dei nuovi amministratori scelti dal Vaticano, sta lavorando per rispondere a molte domande: quanti debiti ha accumulato don Verzè? E dove sono finiti i soldi?

Alcune decine di milioni di euro sono arrivati in misteriose società estere, con sedi in paradisi fiscali e bancari: il "Corriere della Sera" parla di finanziamenti a protettori politici e il "Sole 24 Ore" di affari con faccendieri condannati. In ogni caso, secondo testimonianze interne al San Raffaele raccolte da "l'Espresso", "il grosso del debito è nato in Italia". La società di revisione Deloitte ha certificato 948 milioni di scoperto con banche e fornitori. Aggiungendo altre voci, come leasing, garanzie e crediti dubbi, il passivo totale sale a 1 miliardo e 379 milioni. Ma il conto finale è destinato ad aggravarsi, visto che molte società collegate non hanno trasmesso alla Deloitte i dati richiesti.

In queste prime settimane di indagini la Guardia di Finanza sta passando al setaccio soprattutto l'archivio privato di Mario Cal: faldoni che il manager suicida custodiva in Brianza, ritrovati grazie a un dipendente fidato che ora è sotto choc. Il tribunale fallimentare ha rinviato al 15 settembre la decisione sul piano di salvataggio, altrimenti sarà il crac. Le entrate sono conosciute: il San Raffaele di Milano incassava 450 milioni l'anno solo dalla Regione Lombardia. Il mistero sono le uscite. Seguendo indicazioni filtrate dall'ospedale, "l'Espresso" ha ricostruito i rapporti con alcuni grandi fornitori. Scoprendo un intreccio di affari e trame di mafia che a Milano sembravano impensabili.

La storia segreta degli appalti del San Raffaele si apre quando la polizia inizia a indagare sulla gambizzazione di un politico. E' il 25 gennaio 2000 quando, nel centro di Milano, Emilio Santomauro, consigliere comunale di An e vicepresidente della commissione urbanistica, viene ferito da due colpi di pistola. L'attentatore resta senza nome. La polizia scopre solo che il politico ha appena chiuso una burrascosa relazione con Sonia Guida, figlia di Vincenzo (detto Enzo) e nipote di Nunzio Guida. Il padre della ragazza, arrestato nel '96, e lo zio, morto in Brasile da latitante, erano i capi della camorra a Milano fin dagli anni Ottanta: entrambi sono stati condannati per mafia con sentenza definitiva.

Fino al settembre 2006 il politico gambizzato figura come titolare del 50 per cento della Diodoro Costruzioni, ma le intercettazioni dimostrano che non è lui a comandare. Il vero dominus è Pierino Zammarchi, un imprenditore di origine bresciana che controlla una trentina di società. Negli stessi anni, dal 2001 al 2006, il fatturato dell'azienda edile schizza da zero a oltre 66 milioni di euro, grazie a un rapporto con l'ospedale di don Verzè che sembra quasi monopolistico: il San Raffaele affida i più ricchi appalti edilizi sempre alla Diodoro, che a sua volta lavora soprattutto per il sacerdote. Proprio in quegli anni il gruppo Diodoro stipendia, oltre alla figlia, anche la convivente e lo stesso boss Enzo Guida. Che nel marzo 2006, appena viene scarcerato, ottiene un posto di dirigente in una società controllata (Sten srl) per 4 mila euro netti al mese. La Diodoro gli ristruttura anche due case a Milano, senza chiedergli un soldo. I legami con il clan Guida sono tanto stretti che la procura arriva a inquisire gli imprenditori per il reato di intestazione fittizia di beni mafiosi: il politico Santomauro, che intanto è passato all'Udc, e l'imprenditore Zammarchi, secondo l'accusa, sarebbero prestanome della camorra.

mercoledì 16 novembre 2011

L'ESECUTIVO MONTI

Per tutto il giorno frequenti edizioni speciali delle testate giornalistiche trasmesse dalla Rai e da La7(Mediaset non si è occupata con edizioni straordinarie del caso)ci hanno informato sulla nascita del governo Monti e sulla presentazione alla stampa e agli italiani dei nuovi ministri.
Premettendo che prima di un giudizio sull'operato del nuovo esecutivo bisogneremo aspettare qualche settimana,una prima analisi va sull'età media dei componenti che è abbastanza elevata,sull'indubbia esperienza e competenza dei ministri tecnici nominati e su una zona d'ombra che riguarda le professioni di questi ultimi:si va da banchieri ai soliti avvocati finendo con un ammiraglio ed un ambasciatore e manager di vecchio stampo.
Chi dice che si sia sbagliato o almeno fatto troppo in fretta a festeggiare la fine del governo Berlusconi avrà forse ragione?
Si è messo assieme un governo che favorirà ancora più le banche?
Già prima della fine dell'anno si avranno indicazioni più precise riguardo al lavoro del governo Monti,ma una cosa che posso dire già adesso è che sono tutte balle quelle che parlano di maggiori sacrifici per tutti,la storia è lunga e ripetitiva,chi deve pagare sono quelli con redditi da privilegiati,chi ha rubato e sperperato denaro pubblico,chi non paga le tasse e invece invoca condoni...insomma i soliti noti che rappresentano una piccola percentuale di tutti i lavoratori e gli abitanti dell'Italia.
Qui sotto tratto da Repubblica on-line la nuova composizione del governo con piccole schede che parlano dei singoli ministri.

IL NUOVO GOVERNO

Manager, cooperanti e professori.
Ecco i ministri del governo Monti.

Ecco la squadra nominata dal presidente del Consiglio, Mario Monti. Si tratta di 17 tecnici. Tra i ministri con portafoglio, tre donne.

Ministri con portafoglio

Mario Monti ,delega ad interim all'Economia e alle Finanze

Corrado Passera 1, ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture (LA SCHEDA 2)

Nato a Como il 30 dicembre 1954. È stato il più politico dei banchieri. Laurea alla Bocconi e master in Business Administration alla Wharton School di Philadelphia (USA), Corrado Passera nel 1980 entra in McKinsey dove rimane per cinque anni. Successivamente intraprende una lunga collaborazione con il gruppo di Carlo De Benedetti che lo vede inizialmente impegnato in Cir, la holding del Gruppo, dove ricopre la carica di Direttore Generale fino al 1990. Nel 1991 diventa direttore generale di Arnoldo Mondadori Editore e, a seguire, del Gruppo Editoriale L'Espresso. Nel 2006 Corrado Passera è tra gli artefici del processo che porterà all'integrazione tra Banca Intesa e Sanpaolo IMI dando vita a Intesa Sanpaolo.

Giampaolo Di Paola 3, ministro della Difesa

Nato a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, il 15 agosto 1944. Entrato all'Accademia navale nel 1963 e nominato guardiamarina nel 1966, è stato promosso successivamente ai seguenti gradi: sottotenente di vascello l'11 novembre 1967, tenente di vascello il 31 luglio 1971, capitano di corvetta il 1 gennaio 1976, capitano di fregata il 1 gennaio 1980, capitano di vascello il 31 dicembre 1986, contrammiraglio il 31 dicembre 1993, ammiraglio di divisione il 31 dicembre 1997 ed è stato promosso ammiraglio di squadra il 1° gennaio 1999. Dopo la specializzazione presso la Scuola sommergibili, dal 1968 al 1974 ha prestato servizio con vari incarichi a bordo dei sommergibili convenzionali "Gazzana" e "Piomata". Comandante del sommergibile "Cappellini" nel 1974-75 e del sommergibile "Sauro" nel 1980-81 è stato anche comandante della fregata "Grecale" nel 1984-85; dopo la promozione a capitano di vascello ha prestato servizio come comandante a bordo dell'incrociatore portaeromobili "G. Garibaldi" nel 1989-90.

Anna Maria Cancellieri 4, ministro dell'Interno (IL RITRATTO 5)

Romana, 67 anni, Cancellieri ha conquistato sul campo il soprannome di 'lady di ferro' come commissario straordinario al Comune di Parma, dove è stata chiamata a sostituirsi all'amministrazione guidata dal sindaco Vignali. Un percorso simile a quello che ha compiuto per oltre un anno a Bologna, dopo lo scandalo del 'Cinziagate' che coinvolse il sindaco Delbono. "Abbiate fiducia e fatevi sentire", fu il suo primo appello ai cittadini delle Due Torri. In pensione dal 2009, il neoministro dell'Interno ha iniziato a lavorare a soli 19 anni presso la Presidenza del Consiglio. Laureata in Scienze Politiche all'università 'Sapienza' di Roma, ha iniziato la sua carriera direttiva a Milano e nel 1993 è stata nominata prefetto, carica che ha ricoperto a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova.

Paola Severino 6
, ministro della Giustizia

Nata a Napoli nel 1948. È uno dei più noti avvocati italiani ed attuale vice rettore dell'Università Luiss 'Guido Carli' di Roma. Laureata in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Paola Severino dal 30 luglio 1997 al 30 luglio 2001 ha svolto l'incarico di di Vicepresidente del Consiglio della Magistratura Militare. Dal 1 maggio 2003 al 29 maggio 2006 è stata Preside della Facoltà di Giurisprudenza della Luiss "Guido Carli" di Roma, dal 29 maggio 2006 è Vice Rettore presso lo stesso ateneo. Penalista, è iscritta all'albo degli Avvocati di Roma dal 1975 ed è consulente di società, banche ed associazioni di categoria. Paola Severino è stata relatrice in diversi convegni ed incontri scientifici sui temi del Diritto penale e del Diritto penale commerciale, oltre che componente di varie Commissioni ministeriali per la riforma della legislazione penale e processuale penale.

Giulio Terzi 7, ministro degli Esteri

Nato a Bergamo il 9 giugno 1946. Attuale ambasciatore d'Italia a Washington dove si era insediato nel 2009. Bergamasco, classe 1946, Terzi si è laureato in giurisprudenza a Milano con specializzazione in diritto internazionale. Entrato in carriera diplomatica nel 1973, tra gli incarichi ricoperti all'estero di particolare rilievo, Terzi è stato ambasciatore d'Italia in Israele tra il 2002 e il 2004 ed è noto, fra l'altro, per essere stato l'uomo che gettò le basi per la storica visita di fini nello Stato ebraico nel novembre 2003. L'ultimo incarico dell'ambasciatore Terzi prima dell'ambasciata a Washington era stato quello di rappresentante permanente d'Italia all'Onu a New York, dove guidò la delegazione italiana al Consiglio di sicurezza per poco più di un anno (20 agosto 2008-30 settembre 2009), nell'ultimo periodo del biennio italiano come membro non permanente (2007-2008). Prima ancora, il diplomatico aveva ricoperto il delicato incarico di direttore politico alla Farnesina, occupandosi soprattutto di sicurezza internazionale e di organismi multilaterali (Onu, Consiglio europeo, Nato, G8 e Osce).

Elsa Fornero 8, ministro del Welfare con delega alle Pari Opportunità (IL PROFILO 9)

È considerata soprattutto una grande esperta di lavoro. Nata a San Carlo Canavese, Torino, nel 1948, è professore Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia, Università di Torino e vicepresidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa SanPaolo. È Coordinatore Scientifico del CeRP (Center for Research on Pensions and Welfare Policies, Collegio Carlo Alberto), vice presidente della Compagnia di San Paolo, membro del Collegio Docenti del Dottorato in Scienze Economiche dell'Università di Torino e del dottorato in Social Protection Policy presso la Maastricht Graduate School of Governance (Università di Maastricht), in cui è anche docente. È anche componente del Nucleo di valutazione della Spesa Previdenziale, costituito presso il Ministero del Welfare, membro del comitato editoriale della Rivista Italiana degli Economisti, editorialista de Il Sole 24 Ore e membro del CdA di Buzzi Unicem.

Francesco Profumo 10, ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca

Francesco Profumo, 58 anni, nato a Savona, lascerà la presidenza del Consiglio nazionale delle Ricerche assunta il 13 agosto scorso. Già rettore del Politecnico di Torino dal 2005 al 2011, nella scorsa primavera è stato candidato alle primarie del Pd come candidato a sindaco di Torino. Nato a Savona nel 1953. Nel 1977 si è laureato in ingegneria elettrotecnica presso il Politecnico di Torino. Dal 1978 al 1984, ha lavorato come ingegnere progettista per il Centro Ricerca e Sviluppo della Società Ansaldo a Genova. Nel 1984 si è trasferito al Dipartimento di Ingegneria Elettrotecnica del Politecnico di Torino, dove è stato Professore Associato fino al 1995. Nel settembre 2003, Profumo diventa Preside della facoltà di Ingegneria e nell'ottobre del 2005 ricopre l'incarico di Rettore del Politecnico di Torino.

Lorenzo Ornaghi 11, ministro per i Beni culturali (L'ANNUNCIO SU TWITTER 12)

Dal 2002 guida la Cattolica di Milano ed è ora al suo terzo mandato. Lombardo, classe 1948 a Villasanta, provincia di Monza-Brianza, si è laureato in Scienze politiche nel '72 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove ha lavorato fino all'87 come ricercatore. Nello stesso periodo è divenuto poi professore associato presso l'Università di Teramo. Nel 1990, però, è tornato alla Cattolica di Milano ricoprendo il ruolo di titolare della cattedra di Scienza politica nella facoltà di Scienze politiche e di Storia delle dottrine politiche. Negli ultimi anni Ornaghi ha scritto molti volumi e saggi su riviste italiane e internazionali approfondendo il sistema politico e le èlite dell'Italia, oltre che l'integrazione politico-istituzionale dell'Europa e la Costituzione europea. Nel 2006 il rettore ha ricevuto l'Ambrogino d'oro dal Comune di Milano.

Renato Balduzzi 13
, ministro per la Salute (LA SCHEDA 14)

Nato a Voghera il 12 febbraio 1955, sposato con tre figli e attuale direttore dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Balduzzi succede a Ferruccio Fazio. Dopo aver conseguito nel marzo 1979 la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Genova discutendo con il professor Lorenzo Acquarone una tesi sul tema "Il controllo della Corte dei conti sui decreti-legge e sui decreti delegati", massimo dei voti e dignità di stampa, ha compiuto, sotto la guida del professor Federico Sorrentino, studi di diritto costituzionale europeo presso la Commissione della Comunità economica europea (1981-1982) e l'Istituto universitario europeo e di diritto costituzionale comparato presso l'Università di Paris X - Nanterre (1985-1986), sotto la guida del professor Michel Troper. Nell'Università del Piemonte Orientale 'A. Avogadro' è, dal 2008, coordinatore del dottorato di ricerca su Autonomie locali, servizi pubblici e diritti di cittadinanza e, dal 2007, direttore del Centro di eccellenza interfacoltà di servizi per il management sanitario.

Mario Catania 15, ministro delle Politiche Agricole e forestali

Dal novembre 2009 è capo Dipartimento delle politiche europee e internazionali del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Sale quindi alla guida del ministero un tecnico, al Mipaaf dal 1978. È nato a Roma nel 1952. Catania ha avuto competenze, in qualità di capo dipartimento, in materia di politiche di mercato nel settore agricolo e agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura e ha curato i rapporti con l'Unione europea nella fase di formazione e di attuazione della normativa comunitaria del Consiglio, del Parlamento e della Commissione.

Corrado Clini 16, ministro dell'Ambiente (L'IDENTIKIT 17)

Nato a Milano nel 1937. Sessantaquattro anni, di Latina, Corrado Clini arriva da direttore generale per lo Sviluppo sostenibile, il clima e l'energia dello stesso dicastero. Clini è stato responsabile del Fondo rotativo del protocollo di Kyoto in Italia e sono note da tempo le sue posizioni critiche sul protocollo: è invece a favore di una nuova economia globale basata sulla diffusione e lo sviluppo di tecnologie a basso contenuto di carbonio nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo. Laureato in medicina e chirurgia all'Università di Parma, Clini è stato Chairman della Global bioenergy partnership, Chairman della European environment and health committee, membro dei comitati di governance internazionali Cciced (Cina) e dell'assemblea generale del Regional environment center (Rec) di Budapest; ricercatore alle Università di Harvard e Tshingua; presidente della commissione tecnica Cipe per la riduzione delle emissioni. È stato vicecommissario dell'Enea e vicepresidente del'agenzia europea dell'ambiente.Lo scorso agosto era stato nominato dall'ex ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini presidente del Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste.

Antonio Catricalà 18 sottosegretario della Presidenza del Consiglio

Torna a Palazzo Chigi dove è già stato segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sposato, due figlie, Catricalà è stato fino ad oggi Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ruolo ricoperto dal 9 marzo 2005. Il suo incarico all'Antitrust sarebbe terminato a marzo 2012, momento in cui, secondo le sue stesse parole, avrebbe puntato a "rindossare la toga", tornando quindi alla sua lunga carriera di magistrato e giurista. Nato a Catanzaro il 7 febbraio 1952, a ventidue anni si è laureato con lode in legge a Roma ed è stato nominato, a seguito di concorso, assistente di Pietro Rescigno (La Sapienza - Facoltà di Giurisprudenza), di cui era stato studente. Per due anni ha studiato economia, sociologia, storia e scienza dell'amministrazione presso l'Istituto Luigi Sturzo di Roma, dove è stato allievo di Federico Caffè. A ventiquattro anni ha vinto il concorso in magistratura ordinaria e ha superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense. Ha vinto i concorsi per procuratore dello Stato e, a ventisette anni, per avvocato dello Stato. Dal 2006 è Presidente di sezione del Consiglio di Stato in posizione di fuori ruolo. Presidente e componente di collegi amministrativi, ha collaborato con l'Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è stato Capo di Gabinetto e consigliere giuridico nei Ministeri. È stato segretario generale dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Ministri senza portafoglio

Enzo Moavero Milanesi 19
- Affari Europei

È giudice presso la Corte europea di Giustizia di Lussemburgo. Avvocato romano, 57 anni, specializzato in antitrust, è stato fino al 2006 direttore generale del 'Bureau of European Policy Advisors' della Commissione europea. Vice segretario generale dell'esecutivo Ue dal 2002 al 2005, era stato in precedenza direttore del Servizio Antitrust (2000-2001), e capo di gabinetto dell'allora commissario Ue alla Concorrenza Mario Monti (1999-2000) e con lo stesso incarico aveva affiancato il neo premier anche quando era alla guida del Mercato Interno (1995-1999). Dopo la laurea in legge alla Sapienza nel 1977, e un tirocinio in uno studio legale di diritto internazionale, Moavero nel 1982 si è specializzatoi al noto College of Europe di Bruges. Un anno dopo, ecco un altro titolo di specializzazione in diritto internazionale presso la University of Texas, a Dallas. Fra 1992 e 1994 rientra spesso a Roma come consigliere dei governi Amato e Ciampi.

Piero Gnudi 20 - Turismo e Sport

È nato a Bologna il 17 maggio 1938. Dottore commercialista iscritto all'Ordine di Bologna dal 1964 ed al Registro dei Revisori Contabili dalla sua istituzione nel 1995 è fondatore dello Studio Gnudi. Consigliere di Amministrazione di Unicredit, è membro del Consiglio Generale e della Giunta direttiva di Assonime, del Comitato Esecutivo e del Consiglio Generale dell'Aspen Istitute, del Comitato Direttivo del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti. È stato presidente, membro del Consiglio di amministrazione, e Sindaco di importanti Società a cominciare da Enel (di cui è stato presidente), all'Iri, di cui è stato presidente e ad. E' stato inoltre presidente di Rai Holding, presidente Locat, presidente Astaldi.

Fabrizio Barca 21 - Coesione territoriale (IL RITRATTO 22)

Nato a Roma nel 1952, laurea in Scienze statistiche e demografiche (indirizzo economico) all'Università di Roma; master of Philosophy in Economia all'Università di Cambridge e visiting professor presso le Università Mit e Stanford, Barca vanta un curriculum di studi internazionale. Ha insegnato nelle Università di Siena, Bocconi, Roma 'Tor Vergata', Modena, Urbino. È capo del dipartimento delle Politiche di Sviluppo del ministero dell'Economia e delle Finanze. Il neoministro può vantare anche una conoscenza specifica, rispetto all'incarico che andrà a ricoprire. Infatti a partire dal 1998 ha contribuito, al ministero del Tesoro, agli studi sullo sviluppo economico italiano e alla rifondazione delle politiche territoriali di sviluppo, studi che prima aveva condotto presso la Banca d'Italia come direttore di Area. La sua esperienza sul territorio è proseguita anche in seguito, quando nel 1999 è stato nominato presidente del comitato per le Politiche territoriali dell' Ocse. Barca ha inoltre scritto numerosi saggi e volumi sull'impresa, sul governo societario, sul capitalismo italiano.

Piero Giarda 23 - Rapporti con il Parlamento

Nato a Milano nel 36. Laureato in economia e commercio nell'Università Cattolica di Milano nel 1962, ha studiato nelle Università di Princeton e Harvard nel periodo 1965-69. È responsabile del Laboratorio di Analisi Monetaria dell'Università Cattolica. Componente del Comitato direttivo della scuola per il dottarato in Economia e finanza delle amminsitrazioni pubbliche. Ha svolto attività di consulenza alla Presidenza del Consiglio e al Ministero delle Finanze. È stato Presidente della Commissione Tecnica per la Spesa pubblica presso il Ministero del Tesoro dal 1986 al 1995. È stato Sottosegretario di Stato al Ministero del Tesoro dal 1995 al 2001. Libero docente di Scienza delle finanze e diritto finanziario nel 1970. Ha insegnato all'Università Cattolica dal 1968 fino al 1976 in qualità di professore incaricato; dal 1976 al 2001 in qualità di professore ordinario di Scienza delle finanze. Ha insegnato anche alla Università degli Studi della Calabria dal 1972 al 1975 e all'Università di Harvard nel 1970.

Andrea Riccardi 24
- Cooperazione internazionale

Nato a Roma il 16 gennaio del 1950, è ordinario di Storia contemporanea all'Università degli Studi Roma Tre, noto come studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea. Al di là del suo impegno accademico, Riccardi è conosciuto come fondatore della Comunità di Sant'Egidio: il 7 febbraio del 1968, ancora studente, Riccardi si riunì per la prima volta con un gruppo di liceali, nell'Oratorio della Chiesa Nuova, il santuario di san Filippo Neri. Da quel primo incontro nascerà appunto la Comunità di Sant'Egidio che nel settembre 1973 stabilì il proprio centro in Piazza Sant'Egidio, a Roma, in un ex convento di monache carmelitane. Con la Comunità Riccardi ha concretizzato un forte impegno per la pace che lo ha visto nel ruolo di mediatore in diversi conflitti e ha contribuito al raggiungimento della pace in alcuni Paesi, tra cui il Mozambico, il Guatemala, la Costa d'Avorio.
(16 novembre 2011)

martedì 15 novembre 2011

CHI PICCHIA I CANI SA CHE AD OGNI AZIONE C'E' UNA REAZIONE

Post inusuale in quanto non include un'articolo tratto da qualche altro sito ma solo un breve video che credo abbia fatto ribollire il sangue a non poche persone che l'hanno visto.
Trattasi del servizio andato in onda settimana scorsa su Striscia la Notizia ed è un tentativo d'intervista dell'inviato Edo Stoppa nei confronti di un edicolante di Via Solari a Milano che ha picchiato un cane per un piccolo schizzo di pipì che il bassotto"ha osato"fare nel suo chiosco.
A parte il fatto che come minimo è pieno di cocaina fino agli occhi e la promessa di ammazzare qualunque altro cane che voglia ripetere le gesta del povero bassotto ridotto in fin di vita ed ora in ripresa,come minimo dovrebbe venire boicottato dalla gente che passa nei pressi del suo esercizio...come minimo!!!
Del fatto che presumibilmente si tratti di un noto fascista della zona poco importa,uno stesso trattamento di lasciarlo senza lavoro è auspicabile qualsiasi scelta politica o religiosa possa avere perché merde d'uomo come queste non meritano di esistere sulla faccia della terra,e confido nei passanti di Via Solera di pensare bene a qualcosa d'organizzare e da compiere,perché chi commette violenza contro i cani deve sapere che ad ogni azione(aggressione,ferimento o morte)corrisponde una reazione.
La stessa via milanese è stata protagonista di una disgrazia ben più grave con la morte di un ragazzino investito da un tram,ma non si può azzardare un parallelismo tra le due vicende in quanto frutto una di un'incidente e l'altra una vera e propria aggressione premeditata.
Il video:http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/videoextra.shtml?13975 .

sabato 12 novembre 2011

UN DASPO PER UN'INTERA SQUADRA!

Dopo aver colpito il presidente della società polisportiva anconetana"Assata Shakur",Alessio Abram,un giudice parecchio zelante e stronzo è riuscito in quello che nessuno aveva mai saputo osare nel campo sportivo e giuridico,ovvero sospendere con il Daspo un'intera squadra di calcio,per l'appunto l'Assata Shakur che milita nella terza categoria del campionato marchigiano.
Abram,da sempre dalla parte dell'integrazione e dell'antirazzismo,oltre ad essere il presidente della polispostiva è uno dei promotori del Mondialito che si svolge d'estate nella città dorica e che anima e unisce diverse etnie attorno al gioco del calcio,offrendo spunti per dibattiti e momenti di festa e di aggregazione.
Il giudice,oltre ad avercela con Abram,si è impuntato sul fatto che Assata Shakur sia considerata negli Usa una terrorista(era una militante delle Black Panther prima e del Black Liberation Army poi, ingiustamente incarcerata per l'omicidio di uno sbirro,evasa e rifugiata a Cuba)e ciò secondo lui costituisce"un'aggravante".
Articolo tratto da"Il manifesto"e ripreso da Senza Soste.

Il daspo per l'Assata Shakur.
Ci voleva una fantasia malata per arrestare Alessio Abram, presidente della polisportiva Assata Shakur, militante del circuito Futbol Rebelde che col Chiapas zapatista ha costruito importanti ponti umani e sociali. Abram è da sempre ultrà dell'Ancona, impegnato in campagne contro il razzismo. La locale squadra anticrimine ha utilizzato un cavillo della legislazione speciale contro ultras e movimenti sociali. Il Daspo preventivo comminatogli pochi mesi fa per impedirgli di seguire l'Ancona è stato applicato anche alle partite della società dilettantistica di cui è cofondatore. Dunque Alessio non è stato imprigionato per aver partecipato a disordini di stadio o tumulti di piazza. L'operazione è scattata sabato scorso a Marina di Monte Marciano. Con l'impietoso risultato finale di 5-0, si era appena disputata una partita del campionato di terza categoria marchigiana tra la squadra locale, il Real Case Bruciate, e l'Assata Shakur, rappresentativa formata ad Ancona e dintorni sulla spinta dell'esperienza del Mundialito antirazzista che ogni anno si tiene nella città dorica.
La scorsa estate giunto alla decima edizione, il torneo registra la partecipazione di 15 comunità migranti e dieci squadre locali. Per oltre due mesi, in tutti i weekend, migliaia di persone appartenenti a diverse etnie si incontrano in un parco comunale. Giocano a calcio, mangiano insieme, ballano, discutono in pubblici dibattiti. Il grande successo dell'iniziativa ha indotto i promotori a formare una squadra e iscriverla al campionato di terza categoria. L'Assata Shakur, che oltre a calciatori italiani vanta ben 11 migranti tesserati, è un esperimento di riappropriazione del calcio dal basso, simile alla veneta San Precario ed a tante altre realtà analoghe. Abram è stato condannato a cinque mesi di reclusione perché il giudice non ha potuto disconoscere la violazione della normativa sul divieto di assistere a "tutte" le competizioni sportive. Il pm ha insistito sul fatto che la polisportiva è intitolata ad Assata Shakur, attivista afro-americana, a suo dire pericolosa terrorista. La Federazione ha rinviato «a data da definire» tutte le partite dell'Assata.
tratto da http://www.ilmanifesto.it
6 novembre 2011