venerdì 31 maggio 2013

L'ILLUMINATO SALLUSTI

Don Zauker fornisce una divertente analisi della nuova ideona semiculturale che la carta straccia che si vende nelle edicole chiamata"Il Giornale"sta proponendo in questi giorni anche con brevi apparizioni pubblicitarie nelle emittenti del padrone.
Le poche righe sottostanti,non c'era effettivamente bisogno di tanto spazio per commentare una tale spremitura di meningi,sono divertenti oltre che costruttive per un personaggio che il giorno prima parla malissimo del funerale di un prete(Don Gallo,che credo si farebbe una grossa risata),e poi riceve un'illuminazione folgorante sulla via di Damasco(o di Arcore o di villa Certosa).
Sallusti,l'unica illuminazione che tu meriti è quella del lumino del cimitero,coglione!

Scuotere le coscienze.
26 maggio 2013
I Dieci Segreti di Medjugorje, un’opera per riflettere e per scuotere le coscienze.
“Il mondo oggi attraversa forti tensioni ed è sull’orlo della catastrofe”: con queste profetiche parole la Madonna, a Medjugorje (non è specificato se nel santuario a lei dedicato, o al semaforo, o al panificio), ha cominciato a mettere in guardia l’umanità dai pericoli che incombono sul suo cammino e a nulla varranno le migliaia di tastate di coglioni con le quali gli uomini, nella loro banalità, rispondono da sempre alle previsioni della Virgo Fidelis.
Come tutti sanno la Regina della Pace, o anche “l’artista una volta conosciuta come la Madonna”, si è manifestata 30 anni fa a sei ragazzi di un piccolo paese dell’ex-Jugoslavia, e tuttora continua ad apparire in numerose repliche che nemmeno Cats.
A questi sei ragazzi, ora adulti ma tuttora boccaloni, ha consegnato anche dieci segreti che rivelerebbero il futuro del mondo.
Noi di DonZauker.it pensiamo che sia ormai giunto il tempo che l’umanità sappia.
Per questo motivo, bruciando sul tempo Il Giornale (e poi bruciandolo anche letteralmente), vi riveliamo in esclusiva tutti e dieci i segreti in un’operazione che non mancherà di far riflettere e scuotere le coscienze.

Ecco i Dieci segreti di Medjugorje:
  1. Allora dovreste provare quant’è buono il cacio con le pere.
  2. L’amatriciana si fa con il guanciale, non con la pancetta.
  3. Eh, è un mondaccio.
  4. Il mio segreto per capelli sempre morbidi e lucenti? Acqua, olio d’oliva e un goccio di limone.
  5. Quando fa caldo è essenziale bere molta acqua e consumare frutta fresca e verdura di stagione.
  6. Con il 4-4-2 servono due ali in grado di spingere sulle fasce.
  7. Sì, io fingo sempre. Bastano due urletti, qualche mugolio e in 3 minuti mi tolgo il peso e lui se ne torna in segheria.
  8. Se l’autobus è in ritardo di mezz’ora, basta accendere una sigaretta e quello compare.
  9. Quando inzuppi la brioscina nel cappuccino, occhio, ché al primo morso ti cola fino al gomito.
  10. Soffiare forte sulla scheda madre, non sempre fa ripartire l’LHC.

Ecco qua. E ora prendetevi pure tutto il tempo che volete per interiorizzare queste parole  e riflettere sulla vostra vita e sul mondo.

giovedì 30 maggio 2013

EUSKAL HERRIA IN SCIOPERO

Il sito di Contropiano sta seguendo le vicende dello sciopero generale indetto nei Paesi Baschi che per 24 ore paralizzerà l'intera regione,e ci sono notizie di scontri con le varie polizie autonome e i manifestanti,con feriti,sabotaggi e diversi arresti.
Già lo scorso Luglio Euskal Herria ha avuto una simile concentrazione di proteste contro l'austerità e la crisi create e volute dalle nazioni europee e le banche,e pure allora l'adesione alla greba orokorra fu altissima e con molti momenti di tensione(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/07/greba-orokorra.html ).
Praticamente in tutte le città basche,dalle più grandi a quelle più piccole,ci sono manifestazioni indette da diverse realtà sociali(nel manifesto in alto quello del sindacato Lab),e solo al termine di questa giornata sapremo trarre conclusioni sulla reale riuscita di questo sciopero;per il momento al sito sopracitato si possono seguire in diretta l'evolversi degli eventi:http://www.contropiano.org/esteri/item/16931-paesi-baschi-sciopero-generale-sabotaggi-e-arresti-la-diretta .

Paesi Baschi: sciopero generale: sabotaggi e arresti. La diretta.

Sciopero generale di 24 ore nei Paesi Baschi contro l'austerità, i tagli e il saccheggio del patrimonio pubblico. Picchetti e sabotaggi hanno aperto la giornata di lotta. Alta adesione e manifestazioni partecipate. Scontri e arresti. La cronaca. 12.50 - Tensione nel quartiere di Antiguo a Donostia dove la polizia in assetto antisommossa ha attaccato un picchetto di lavoratori, trenta dei quali sono stati poi identificati.

12.40 -
Gruppi e collettivi femministi stanno realizzando manifestazioni di solidarietà nei confronti delle lavoratrici coinvolte nella strage del Rana Plaza, in Bangladesh, protestando davanti ad alcuni punti vendita di Zara e ad alcuni centri commerciali che vendono merci prodotte dalle multinazionali a Dacca. A Donostia la manifestazione convince la direzione a chiudere il punto vendita di Zara nel centro della città.

12.35
- Partite anche le manifestazioni di Iruñea, Bilbao e Donostia, grande partecipazione sia nei capoluoghi che nei centri minori nonostante il maltempo.

12.15 -
Pochi minuti fa alcune migliaia di lavoratori e giovani hanno cominciato a sfilare in corteo nel centro di Gasteiz. Manifestazioni e presidi di solidarietà con lo sciopero generale in corso oggi solo nelle province basche si stanno tenendo anche in alcune città dello Stato Spagnolo come Barcellona, Valencia, Madrid, Salamanca ed altre.

12.10 -
Segnalata una carica della Polizia autonoma basca contro il picchetto che stava di fatto sigillando l'ingresso del centro commerciale El Corte Ingles a Bilbao. Il video: http://www.youtube.com/watch?v=uTdD0h05V5k
12.05 -
Le assemblee dei lavoratori di numerosi mezzi di informazione - radio e giornali in particolari - hanno deciso quasi ovunque di aderire allo sciopero garantendo comunque il servizio, ma incentradolo quasi totalmente sulle motivazioni della protesta e sulle mobilitazioni dei lavoratori. Una modalità di adesione alla mobilitazione di oggi che è stata ribattezzata efficacemente 'picchetti informativi'. Inoltre moltissimi media - tra cui radio comunitarie e blog - hanno aderito ad una piattaforma web multimediale e aperta al contributo dei lettori che sta così fornendo informazioni dettagliate ed in tempo reale sull'andamento dei picchetti, dei presidi, delle assemblee e delle manifestazioni, all'indirizzo Greba.euskalherrian.info.

12.00 -
Alta l'adesione allo sciopero generale di oggi anche nel settore dell'istruzione. Più bassa in Araba - 52% - più consistente in Bizkaia - 58% - e molto alta in Gipuzkoa - 71% - mentre per quanto riguarda la scuola dell'infanzia i dati sono molto più incoraggianti, rispettivamente del 73%, 82% y 89%. Sciopero quasi totale nelle scuole gestite dalle cooperative, le Ikastolas, dove l'adesione dei lavoratori è vicina al 100%.

11.50
- Mentre un centinaio di manifestazioni stanno attraversando i centri storici o i poligoni industriali di altrettante località basche arrivano ulteriori notizie di 'incidenti' durante la giornata di sciopero generale scattata a mezzanotte. Scontri si sono registrati ad esempio davanti agli ingressi dell'azienda Opencor di Bilbo quando le unità antisommossa della Polizia autonoma basca - l'Ertzaintza - ha caricato e poi identificato i circa 60 dipendenti che stavano chiudendo i cancelli dell'impresa.
Anche nel deposito degli autobus di Donostia alcuni lavoratori sono stati identificati dalla polizia e minacciati di denuncia mentre partecipavano a dei picchetti informativi tentando di rallentare l'uscita di alcuni mezzi guidati da altri lavoratori che non avevano aderito allo sciopero.
A Pamplona adesione a macchia di leopardo con un'altissima adesione nelle imprese Ferreteros, Ascensores Schindler e Labolan (100%) e buona nelle imprese Giroa ed Elektra (70%). Sempre in Navarra, nella Zalain Transformados l'adesione è del 98%, nella fabbrica della Arcelor Mittal Legasa del 95% e nella Transportes Bidasoa del 95%.

11.45 - Sono diventati otto in totale i giovani attivisti arrestati a Pamplona dopo che la Prefettura della città ha informato dell'arresto di altri 3 giovani nel quartiere della Txantrea.

11.30 - Alta adesione allo sciopero nella provincia di Gipuzkoa sia nelle grandi sia nelle piccole imprese. Le zone industriali di numerose località sono completamente paralizzate dalla protesta della maggioranza sindacale basca. Ferme le imprese Caf, CAF, Indar, Rodisa, Niessen, Eztanda , TS Fundiciones, Angel Iglesias, Industrias Auxiliares, Elay Industrial, Fundiciones Wind Energy Casting, Muskgo, Cementos Rezola, Sarriopapel e Unipapel. Chiuse molte banche, scuole, facoltà universitarie a Donostia e nei centri minori della provincia. Ridotta al minimo l'attività di alcuni servizi pubblici, come la raccolta dell'immondizia o la pulizia delle strade, garantiti quasi solo i servizi minimi nella Sanità.

11.15 - Continuano ad arrivare, alle direzioni dei sindacati baschi promotori dello sciopero generale di oggi, dati incoraggianti sull'adesione alla protesta contro la gestione autoritaria e antisociale della crisi economica. ELA, LAB, ESK, STEE-EILAS, EHNE, HIRU, CNT e CGT risaltano l'alta partecipazione dello sciopero nei servizi di informazione di competenza delle istituzioni politiche regionali - in particolare l'ente tv e radiofonico Eitb.

11.00
- Cinque arresti in Navarra. Quattro attivisti accusati di 'disordini' sono stati detenuti nel quartiere Arrotxapea di Pamplona, mentre un giovane è stato arrestato in un altro quartiere del capoluogo navarro, la Txantrea. Nel primo caso gli arrestati sarebbero stati trovati in possesso di 'attrezzi per bucare le ruote degli autobus'. Sempre in Navarra si segnala l'incendio di alcuni cassonetti a Etxarri e di alcuni pneumatici nelle località di Ezkabarte e Altsasu.

10.40 - Il segretario generale aggiunto del sindacato Lab ha espresso stamattina la soddisfazione dell’organizzazione vicina alla sinistra indipendentista per l’alta adesione dei lavoratori baschi allo sciopero generale di 24 ore in corso da mezzanotte in Gipuzkoa, Bizkaia, Araba e Nafarroa. “Nelle imprese della Navarra ha avuto un ampio risalto, così come in grandi fabbriche come la Wolkswagen, e poi nei poligoni industriali di Gernika, Elorrio e Durango en Bizkaia oppure nelle imprese Indar o INE in Gipuzkoa, dove l’adesione è stata potente” ha commentato Jabi Garnika. Il segretario aggiunto del sindacato di classe basco ha citato gli incidenti di Hernani o Bolueta come casi isolati risaltando la normalità con la quale sta proseguendo la protesta dei lavoratori e delle lavoratrici. “I lavoratori sono al limite dopo cinque anni di crisi durante i quali i governanti invece di farli uscire dal tunnel hanno contribuito a rendere il pozzo più profondo” ha segnalato Garnika ricordando che ancora stamattina presto molte assemblee convocate dai lavoratori in diverse imprese stavano decidendo l’adesione allo sciopero nonostante il boicottaggio dei sindacati ufficiali.

9.00 - Alcuni atti di sabotaggio si sono registrati alle prime ore del mattino in diverse località basche. All’alba alcuni attivisti hanno interrotto il traffico ferroviario nella stazione dell’Euskotren di Bolueta a Bilbao. Altro atti di sabotaggio sono avvenuti sulla linea ferroviaria di competenza regionale all’altezza del comune di Zaratamo e nella zona di Durango, sempre in Bizkaia. In entrambi i casi sono state piazzate delle catene sui binari e staccati i pantografi sulla linea. Manomessi i pantografi anche sulla linea ferroviaria Feve tra Bilbao e Balmaseda. Questa notte alcuni attivisti hanno sabotato la linea ferroviaria della Renfe tra Gasteiz e Altsasu – in Araba – all’altezza della località di Iruraiz Gauna.

8.00 - Ad Hernani durante la notte alcuni attivisti hanno incendiato tre bancomat. Alle 5.15 è stato segnalato l’incendio di un camion di una impresa, la Fagor.
Picchetti di lavoratori e attivisti politici hanno impedito o rallentato l’uscita dei mezzi nella stazione degli autobus di Termibus a Bilbao. La metropolitana di Bilbao funziona al 50% vista l’alta incidenza dei ‘servizi minimi’ imposti dal governo basco controllato dal Partito Nazionalista Basco, che nel trasporto pubblico corrispondono al 30% del servizio.

mercoledì 29 maggio 2013

I CONTROLLORI DEI BLOG

Negli ultimi giorni sono sempre più pressanti e pesanti le voci su un prossimo disegno di legge che ancor più metterebbe un bavaglio all'informazione libera soprattutto sul web,visto che l'altra televisiva e cartacea è sempre più controllata e di parte,qualunque essa sia.
Partendo dal neopresidente della Camera Boldrini arrivando all'ex ministro Brunetta il contagio della voglia di stozzare una giusta e libera opinione si sta allargando a macchia d'olio e già parecchi blogger si sono visti condannare e multare.
Questa situazione si è ripetuta anche verso dei singoli commentatori di post denunciati per esempio per vilipendio al Presidente Napolitano e pure i gestori degli stessi spazzi web stanno avendo delle grane.
L'articolo di Senza Soste traccia un preoccupante dipinto di deliri politici che sempre più controllano Internet e la sua ragnatela informatica,quando ancor più di una volte ci si pone il quesito di chi possa controllare i controllori?

Ci criticano sul web? Mettiamoli in galera o in mutande. 
Il potere logora chi non ce l'ha, ed anche chi non ha la statura intellettuale per occupare determinate posizioni. Fioccano le proposte di "controllo della rete", con pene sempre più gravi.
L'impopolarità fa paura a una classe dirigente mai come oggi screditata in blocco. Lo si vede da come reagisce alle critiche (che in Rete diventano facilmente insulti, perché il solipsismo da tastiera sembra allentare i freni inibitori) che le piovono addosso da ogni parte: censurare, criminalizzare, vietare.
La Rete copre tutto il mondo, è noto, ma ben pochi governi adottano norme stringenti di controllo. Che peraltro si rivelano poco efficaci nel “prevenire” le critiche ai relativi regimi, mentre una qualche utilità la conservano solo a fini repressivi. A costo però di sfidare il ridicolo.
Una classe dirigente con la levatura da “statista” troverebbe soluzioni molto più soft, eserciterebbe una “moral suasion” assai discreta, promuoverebbe una reazione civile di segno contrario. Quella che ci ritroviamo, dopo venti anni di irruzione della “società civile” nella sfera della “politica” è invece una congrega di incapaci, a digiuno di cultura istituzionale, estranea a movenze e procedure della democrazia. Pensate a dei frequentatori del bar dello sport che si improvvisano “legislatori” e avrete una fotografia abbastanza precisa della situazione.
Non c'è però da ridere. Un potere ignorante è più pericoloso di uno “sapiente”, perché pretende di fregarti, ma senza fare lo sforzo di pensare. Quindi il suo primo istinto è il ricorso alla forza repressiva, all'uso del potere per conservare l'intangibilità del proprio potere. E basta.
Vediamo cosa sta accadendo.
Resoconta oggi Il Fatto: “Commenti lasciati sulle bacheche online che spingono i politici a riesumare emendamenti ammazza-blog e piazze digitali equiparate più ad articoli di stampa che a una “piazza” virtuale. Responsabili di spazi web ritenuti colpevoli per commenti lasciati da altri. E se la persona offesa ricopre una carica pubblica cresce l’allarme e si ipotizzano anche norme più stringenti. Eppure in Europa come negli Stati Uniti c’è maggiore tolleranza sui contenuti online specie da parte dei politici e di chi è esposto mediaticamente, come dimostra anche una recente sentenza della Corte europea”.
Ha iniziato la vendoliana Laura Boldrini, miracolata con la presidenza della Camera, irritata da un fotomontaggio e da alcuni insulti (o minacce) contenuti nei commenti a post che la nominavano. Si è aggregato il pari grado al Senato, Piero Grasso, ex capo dell'Antimafia e quindi abituato a veder reati sotto ogni cavolfiore, secondo cui bisognerebbe “avere delle leggi che colpiscano i reati commessi attraverso il web, di qualsiasi tipo: dall’insulto alla minaccia, dall’ingiuria alle cose anche più gravi”.
Qualche blogger è già stato condannato, anche se a questi non è arrivata la solidarietà da parte di Yoani Sanchez (si sa, l'unico blogger buono è quello filo-occidentale, gli altri possono crepare).
Breve riassunto delle azioni giudiziarie già intraprese, sempre da Il Fatto: “Alcuni giorni fa è arrivata la condanna per diffamazione della blogger Lucia Rando, a causa dei commenti lasciati sul forum del suo blog dagli utenti, e le motivazioni della sentenza di Massimiliano Tonelli che sul suo blog “Cartellopoli” aveva accolto dimostrazioni di protesta contro la cartellonistica abusiva di Roma. Tonelli è stato condannato in primo grado per istigazione a delinquere a 9 mesi di reclusione e al risarcimento di 20mila euro perché responsabile, scrive il Tribunale di Roma, “anche per il contenuto dei messaggi in esso pubblicati”. Infine, il ministro della Giustizia Cancellieri ha concesso pochi giorni fa alla procura di Nocera Inferiore l’autorizzazione a procedere nei confronti di 22 utenti del blog di Beppe Grillo accusati di vilipendio nei confronti del Capo dello Stato”.
E naturalmente è già pronto lo strumento legislativo, affinato in anni di proposte di legge avanzate dalla destra e ora finalmente rispolverate con spiriti bipartisan. Lo stesso ddl intercettazioni – che pure è stato pensato per aiutare delinquenti abituali prestati alla politica – contiene un codicillo che “vuole introdurre l’obbligo di rettifica entro 48 ore dalla richiesta per tutti 'i siti informatici', senza distinguere tra un blog amatoriale e un sito gestito in maniera professionale. Se l’obbligo non viene rispettato si rischia di pagare fino a 12.500 euro di multa”. Della serie: non scrivete più nulla, sennò vi togliamo anche le mutande.
Un esempio? “L’attuale ministro della Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia aveva proposto una norma – poi abrogata – che introduceva la 'repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet' e prevedeva l’oscuramento dei siti, inclusi dunque anche Twitter e Facebook, qualora i contenuti segnalati non venissero rimossi dal gestore”.
Quale cultura politico-istituzionale si nasconde dietro questa reattività isterica e poliziottesca? Lo spiega un avvocato specializzato sulle tematiche di rete, come Guido Scorza: “La nostra è una classe politica abituata a confrontarsi in rete come faceva Berlusconi, che pubblicava un video o un contenuto sul web senza cercare nessuna comunicazione bidirezionale. E che, probabilmente, non vuole neanche mettersi in discussione”.
Appunto: fascisti nel cervello, per carenza.
tratto da http://www.contropiano.org
24 maggio 2013

martedì 28 maggio 2013

IL REFERENDUM DI BOLOGNA

Noi che abitiamo a Crema sappiamo bene quanto male ultimamente nella nostra città abbia fatto l'uso del denaro pubblico che foraggia la scuola privata,col caso dell'ecomostro di Cielle che se ne sta fermo da parecchi mesi senza che si arrivi ad una soluzione seria e condivisa(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/02/bye-bye-scuola-di-cielle.html ).
A Bologna si è votato per quello che reputo non ci sia nemmeno bisogno di discuterne,ovvero tale utilizzo di fondi pubblici per finanziare le scuole private paritarie,con una bella anche se non larghissima vittoria della proposta A che non vuole questo modo abbastanza illegale di aiutare le scuole non pubbliche.
L'articolo di Contropiano è ripreso da Senza Soste cui si aggiunge un comunicato dei sindacati di base e del Comitato Articolo 33.

Abbiamo vinto!! Bologna contro i soldi alle scuole private.
Bologna rifiuta di regalare soldi pubblici per le scuole private, sotto la foglia di fico anticostituzionale delle "eguali opportunità". Un segnale inequivocabile anche a livello di governo nazionale.
Nuovo Comitato Articolo 33, 26 Maggio 2013
Ha vinto Bologna ha vinto la scuola pubblica
La scuola pubblica ha vinto il referendum nonostante una larga alleanza di forze politiche ed economiche abbia sostenuto l’opzione B con tutto il proprio peso. I cittadini, invece, hanno colto lo spirito democratico e propositivo di questo appuntamento e hanno difeso la scuola pubblica con il proprio impegno e la propria partecipazione, per rilanciarla come una priorità della politica. Un risultato del quale l’Amministrazione dovrà tenere conto, a partire dal Consiglio comunale che entro tre mesi ha l’obbligo di deliberare in merito.
Oggi le ragioni della scuola pubblica escono rafforzate dal referendum di Bologna: i diritti contano, i cittadini contano. Questo risultato è nell’interesse di tutti e del modello di convivenza e di civiltà che la nostra città ha sempre avuto. Bologna non ci sta a lasciare fuori qualcuno dalla scuola pubblica e si riprende il suo ruolo di avanguardia, lanciando un messaggio al Paese: la scuola di tutti, laica e gratuita, è un bene comune e deve rimanere un diritto come sancito dalla nostra Costituzione.
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Il comunicato dell'Usb
Abbiamo vinto contro tutti i poteri forti che adesso correranno a voler cancellare con mezzi e mezzucci di analisi da bar la chiara affermazione di chi ha votato per il cancellamento a.
C'erano tutti PD, PDL, LEGA, Chiesa e LegaCoop a sostenere la B.
Ma forte è stata  l'affermazione dei cittadini bolognesi che hanno votato per cancellare il finanziamento comunale
Il dato vero è la spaccatura a favore dell'opzione della scuola pubblica. Adesso bisognerà ricucire.
Le A viaggiano al momento intorno al 59% in molti seggi si supera il 65%. Se i dati vengono confermati bisognerà aprire un percorso per ricostruire una cultura del conflitto, dell'opposizione nella salvaguardia del bene pubblico e del diritto alla valorizzazione dello Stato a scapito di Chiesa e Privato!
Usb
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Un motivo in più per gioire:
391443 10151631721734510 98131690 n
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L'analisi dell'affluenza al voto fatta dal Comitato Articolo 33
Gli elettori che si sono recati alle urne superano di gran lunga il numero di persone direttamente coinvolte nella decisione di abolire o proseguire i finanziamenti comunali alle scuole private paritarie. Dunque non solo mamme, non solo papà, non solo nonne e nonni: la cittadinanza ha compreso la portata collettiva di questa questione di civiltà.
Un vasto schieramento di forze politiche ed economiche s’era attivato per la difesa dello status quo e per disincentivare il voto.
E proprio le condizioni di voto erano ostiche. Già un mese fa, quando l’Amministrazione aveva annunciato la predisposizione di 199 seggi e la consultazione in un solo giorno, avevamo fatto presente che ciò avrebbe permesso, dati statistici alla mano, un esercizio sereno del diritto di voto soltanto al 38% degli elettori. Nonostante le scomode e irrazionali dislocazioni dei seggi, nonostante le carenze organizzative del Comune, nonostante ora dopo ora abbiamo toccato con mano le inefficienze e i disagi per cittadini, questi ultimi si sono attivati per votare.
Non si può non considerare altresì il grande astensionismo registrato alle elezioni amministrative in tutta Italia e anche nella provincia di Bologna, il che fa risaltare ancor più la partecipazione bolognese al referendum.
Comparando le precedenti esperienze di democrazia diretta, si nota come nel 1997 per il referendum sulla privatizzazione delle farmacie comunali, votarono il 37,11% degli aventi diritto ma, in quel caso, la consultazione si tenne su tre giornate.
tratto da http://www.contropiano.org
26 maggio 2013

venerdì 24 maggio 2013

MACHETE DOCET

L'uccisione del soldato britannico avvenuta a Londra per mano di due giovani connazionali di origine africana ha destato molto scalpore in tutto il mondo e posto molti interrogativi sulla dinamica reale dei fatti che ha scosso il quartiere di Woolwich dove sono avvenuti la sera stessa scontri tra la polizia e appartenenti all'estrema destra.
La relativa calma e pacatezza dei modi degli aggressori che tranquillamente si sono scusati con i testimoni e soprattutto le mamme presenti a questo orribile spettacolo fanno pensare ad una lucidità mentale molto strana e inquietante,il fatto di aver quasi giustificato questo gesto ai primi testimoni dicendo che in Africa purtoppo queste scene sono all'ordine del giorno è una prima quasi mai vista nella storia dei delitti.
Il riferimento alla religione professata dai due giovani è purtoppo lo scivolamento verso l'odio e l'ignoranza che tutte le religioni,soprattutto le monoteiste come il cristianesimo,l'islamismo e l'ebraismo,fomentano da millenni,è un altro passo verso uno smottamento sociale cui tanta gente specula e mangia sopra.
L'articolo che parla della cronaca dell'avvenimento è preso da"Repubblica on-line"mentre propongo un altro contributo(in castigliano:http://periodismoalternativoblog.wordpress.com/2013/05/23/el-atentado-de-londres-fue-un-montaje-la-policia-tardo-20-minutos-y-habia-una-comisaria-cerca/ )che giustamente pone tanti quesiti rispetto a questo assassinio,come un intervento spropositamente ritardatario della polizia la cui caserma era ad appena 200 metri dal luogo del crimine,oltre al fatto che i protagonisti ed i testimoni che hanno ripreso sembrano che si siano accordati già prima,finendo con i due giovani che non hanno tentato minimamente una fuga o una strage di proporzioni ben maggiori.

Londra, soldato ucciso a colpi di machete.
La polizia: "Attentato dell'estremismo islamico"

I due aggressori hanno gridato "Allah Akbar". E in un video hanno parlato di "occhio per occhio, dente per dente. Sono stati feriti dalla polizia. Gli inquirenti seguono una pista nigeriana.

LONDRA - Un soldato, in servizio nella caserma di Woolwich a Londra, è stato decapitato a colpi di machete in un'aggressione in Artillery Place. Secondo il governo si trattarebbe di un attacco terroristico di matrice islamica in quanto, riferisce la Bbc, nell'attacco i due aggressori hanno gridato "Allah Akbar" e in un video hanno lanciato un vero e proprio proclama: "Noi giuriamo che non smetteremo mai di lottare. Questo soldato è un occhio per occhio, dente per dente". Subito dopo, gli attentatori sono stati colpiti dal fuoco degli agenti. Al momento sono entrambi ricoverati in ospedale, uno dei due è in gravi condizioni. In serata, fonti ufficiali governative hanno confermato che si tratta di un delitto "motivato dal radicalismo islamico". E dagli ambienti investigativi è filtrata la notizia che i due hanno con molta probabilità un legame con la Nigeria. 
Un testimone ha descritto ai microfoni della Lbc i presunti attenatori come "due ragazzi impazziti. Sembravano animali - ha detto - Lo hanno ucciso e poi hanno lasciato il corpo del militare sul marciapiede". Poco prima dell'attacco, inoltre, "hanno chiesto ai presenti di riprendere il tutto. Volevano finire in tv. Erano più preoccupati di doversi far fotografare che di fuggire".
L'emittente Itv ha mostrato un video amatoriale, forse girato da uno dei testimoni, dei due assassini dopo l'aggressione. Uno di loro parla all'obiettivo: "Noi giuriamo sull'onnipotente Allah - farfuglia l'uomo - che non smetteremo mai di lottare. Questo soldato britannico è un occhio per occhio, dente per dente. Mi scuso con le donne che hanno dovuto assistere a questa scena, ma nella nostra terra le nostre donne devono vedere le stesse cose. La vostra gente non sarà mai al sicuro. Mandate a casa questo governo, non si cura di voi". Poi l'attacco al premier britannico: "Credete che David Cameron si farà trovare per la strada quando noi iniziamo a usare le nostre pistole? Voi pensate che i politici moriranno? No, morirà la gente comune, come voi, e i vostri bambini". L'uomo infine si allontana e parla con un altro presunto aggressore. Nella sequenza successiva, si vede l'arrivo della polizia e i due vengono subito immobilizzati.

IL VIDEO

Sui mezzi di informazione e sui social network persone che avrebbero assistito all'attacco hanno raccontato una scena raccapricciante. "Prima gli sono andati addosso con l'auto, poi sono scesi e gli hanno tagliato la testa col machete". Dopo aver ucciso il soldato i due aggressori si sarebbero diretti con una mannaia, coltelli e una pistola verso gli agenti di polizia che erano appena arrivati. Questi ultimi avrebbero esploso alcuni colpi colpendo i presunti terroristi.
Alcuni testimoni hanno usato il proprio profilo Twitter per descrivere quanto hanno visto a Woolwich e pubblicare anche una serie di immagini. Un utente ha che i due assassini sembravano sotto l'effetto di stupefacenti e si sarebbero diretti contro la polizia impugnando "due coltelli e un vecchio revolver".
La vittima indossava una T-Shirt di 'Help for Heroes', charity che assiste e sostiene i feriti di guerra, principalmente in Afghanistan. La charity ha inviato un comunicato per esprimere il proprio cordoglio per l'accaduto. "Help for Heroes è scioccata dalla notizia dell'assassinio brutale. I nostri pensieri e preghiere vanno ai suoi familiari e ai suoi amici".
Secondo messaggi che girano su Twitter, assolutamente non confermati da fonti ufficiali, uno dei killer del soldato britannico si chiamerebbe Michael Adeboloja: lo scrive Abu Nusaybah, sedicente amico d'infanzia dell'uomo. "Aveva cambiato nome in Mujahid dopo la conversione dal cristianesimo, era nato in Gran Bretagna". "Ultimamente era cambiato, aveva imparato a memoria tanti versetti del Corano", scrive Abu. Altri utenti sul social network affermano che Adeboloja era di origini nigeriane.
Dopo l'attentato il ministro degli Interni, Theresa May, ha convocato una riunione del comitato di emergenza del governo, "Cobra". Mentre la polizia metropolitana locale ha invitato la popolazione a "mantenere la calma ed evitare speculazioni inutili".
Arrivano, intanto, le reazioni dal mondo politico. Cameron, durante una conferenza stampa con il presidente francese, Francois Hollande, ha parlato di "un atto barbaro, spaventoso. Abbiamo forti indicazioni che si tratti di un attacco terroristico, non è la prima volta che capita, ma non vinceranno mai". L'ufficio del premier ha fatto sapere che Cameron presiederà domani mattina un secondo meeting della commissione governativa per le emergenze. Downing Street ha riferito che le misure di sicurezza sono state rafforzate in tutte le caserme di Londra.
"Un ripugnante e imperdonabile atto di violenza" è anche il commento del sindaco di Londra, Boris Johnson, sul suo profilo Twitter. "Ovviamente è presto per conoscere tutti i fatti - ha aggiunto parlando in tv - Sono preoccupato perché è estremamente probabile che sia un attacco terroristico, un tipo di attacco mai visto prima in città".
L'assassinio del soldato britannico a Londra segna un allontanamento rispetto ai precedenti attacchi terroristici e rappresenta "un nuovo tipo di minaccia contro il nostro Paese", ha dichiarato alla Bbc John O'Connor, ex comandante di Scotland Yard. "Il problema è che un attentato del genere richiede ben poca preparazione e può accadere in ogni luogo e in qualsiasi momento", ha aggiunto. A suo avviso, le autorità si devono preparare al peggio perché nessun luogo è più al sicuro.

giovedì 23 maggio 2013

DOVESSERO FARE TUTTI COSI'

Dovessero fare tutti come Dominique Venner che si è sparato nella cattedrale di Notre Dame a Parigi e togliere la propria presenza dal mondo piuttosto che continuare ad osteggiare con parole e gesta quello che è doveroso che sia giusto fare nell'ambito sociale.
E non parlo solo della possibilità di celebrare nozze tra gay,parlo del dare la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia,del poter fornire un salario minimo garantito,anche nel solo rispettare delle leggi che già esistono come una reale potenzialità di poter professare la propria fede,insomma di tutto quello che è sinonimo di"conflitto sociale",dove la parola tra le virgolette è stata coniata da chi non ammette che queste tematiche non siano dei veri problemi.
Il fascistoide storico francese ha fatto solo quello che un bigotto e stupido pensatore di destra dovrebbe compiere,ed ora dopo il suo gesto disperato,perché uno deve proprio stare male mentalmente per spararsi in una chiesa,c'è nel mondo un pò più di ossigeno da respirare per chi combatte per la difesa dei diritti umani di tutti gli uomini e le donne.
L'articolo è preso da"Il fatto quotidiano"e spero davvero che il suo suicidio smuova le coscienze a chi la pensa come lui e che possano seguire in massa il suo gesto.

Parigi, scrittore e attivista antigay si suicida nella cattedrale di Notre-Dame.

Lo storico DominiqueVenner, 78 anni, autore di decine di opere e di idee vicine all’estrema destra si è avvicinato all'altare e si è sparato un colpo. Evacuata la cattedrale, sempre piena di turisti.

E’ entrato nella cattedrale di Notre-Dame, si è avvicinato all’altare e si è sparato. Così è morto suicida lo scrittore e storico Dominique Venner, 78 anni, autore di decine di opere e di idee vicine all’estrema destra. La cattedrale, sempre piena di turisti, è stata immediatamente evacuata. Accanto all’uomo è stato trovato un biglietto il cui contenuto non è stato reso noto. L’uomo era noto per essere un attivista antigay.
L’ultimo intervento sul suo blog, infatti, appoggiava le dimostrazioni degli oppositori alle nozze omosessuali. ”I manifestanti del 26 maggio hanno ragione a gridare la loro rabbia. Una legge infame, una volta votata, può sempre essere abrogata”.
Nella sua riflessione il saggista annunciava “che ci vorranno certamente gesti nuovi,spettacolari e simbolici per scuotere le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini. Entriamo in un tempo in cui le parole devono essere autenticate dagli atti“.
E questi atti, in particolare il gesto dello scrittore, raccolgono il plauso di Marine Le Pen. ”Tutto il nostro rispetto a Dominique Venner, il cui ultimo gesto, eminentemente politico, è stato di tentare di svegliare il popolo di Francia”. Con un tweet la leader dell’estrema destra francese del Front National commenta il suicidio dello scrittore.
La Francia ha detto definitivamente “sì” ai matrimoni e alle adozioni gay lo scorso 23 aprile. In quella data, infatti, l’Assemblea nazionale francese ha approvato la legge sulle nozze e sull’adozione di bambini da parte di persone dello stesso sesso, proposta dal ministro della Giustizia Christiane Taubira.
‘E’ stato il suicidio di un uomo disperato“, è il commento di Manuel Valls, ministro dell’Interno francese, immediatamente arrivato alla Cattedrale di Notre Dame. “Si tratta di un dramma senza precedenti – ha continuato Valls – sono qui per testimoniare il dolore e la solidarietà della Francia alla Chiesa cattolica. Nella cattedrale c’erano 1.500 persone, che sono state evacuate molto velocemente. Immagino lo shock di questi fedeli”.

mercoledì 22 maggio 2013

ARRIVEDERCI DON GALLO

L'articolo preso da"Il fatto quotidiano"traccia un breve riassunto di quello che è stato e che ancora sarà Don Gallo,il prete genovese comunista che tanto ha avuto da dire contro la Chiesa
"ufficiale",spesso litigando con i suoi colleghi più elevati gerarchicamente.
Da tempo malato,Don Gallo è sempre stato nella sua vita al fianco dei poveri e degli emarginati,e da sempre contro chi nella politica ha guardato solamente ai propri interessi,dalla parte dei centri sociali e contro i vergognosi abusi di potere delle forze del disordine.
Ora che ci ha lasciati col corpo il suo spirito continuerà ad accompagnare tutte le persone che da lui personalmente e non hanno trovato conforto e ricevuto un sostegno morale e concreto:esonerato dal suo compito sacerdotale dal cardinale di Genova nel 1970 perché troppo vicino al comunismo,da allora è sempre stato più amato e seguito da credenti e non.

Morto Don Gallo, l’altra faccia della Chiesa: addio al prete degli ultimi. E dei movimenti

Sigaro, basco, voce roca. L'iconografia di un Che Guevara anziano con la tonaca. Il sacerdote genovese ha speso la sua vita in rotta con le gerarchie ecclesiastiche. Nel 1970 fu il cardinale Siri a "licenziarlo" perché troppo di sinistra: da allora restò senza parrocchia, ma con tenti fedeli. Tra loro, Fabrizio De Andrè. Mai restio a "sporcarsi le mani" in politica, ha sostenuto Doria e Vendola, mentre avrebbe visto bene Berlusconi "in Africa". E a Grillo disse: "Non fare il padreterno".

Il sigaro, il cappello, la voce roca, le sue verità rivoluzionarie. E’ morto a Genova Don Gallo (si chiamava Andrea, ma restava sempre sottinteso), da diversi giorni in condizioni di salute critiche. Don Gallo lo guardavi, lo sentivi parlare, e non potevi fare a meno di pensare che strano corpaccione fosse la Chiesa cattolica italiana, capace di contenere lui insieme a Ruini, Scola, Andreotti, Comunione e liberazione… Prete, comunista, anarchico, no global, irriducibile dei “movimenti”, sempre dalla parte degli “ultimi”. La copertina di uno dei suoi tanti libri (“Non uccidete il futuro dei giovani”) lo ritrae in campo rosso con il basco, il pugno alzato, la bandiera della pace: un Che Guevara anziano e con la tonaca. Al G8 di Genova, nel 2001, si spese moltissimo. Incontrò Manu Chao per organizzare il concerto del musicista-icona dell’epoca, vide l’attacco immotivato dei carabinieri al corteo dei Disobbedienti di Casarini: “Una vera imboscata”, dirà a caldo pochi giorni dopo, e “Carlo muore”. Anche lui, di fronte alla “caccia all’uomo” in piazza e “al vergognoso termine della Diaz”, prova in quei giorni lo spiazzamento di chi ha “tutt’ora tanti amici nelle forze dell’ordine”.
Don Andrea Gallo era nato a Genova l’8 luglio del 1928. Furono i Salesiani di don Bosco, i preti che stavano coi ragazzi, ad accendere la sua vocazione precoce. Ma con le gerarchie ecclesiastiche i rapporti non furono mai facili. Tanti gli incarichi di frontiera – riformatorio, carcere – tanti gli stop e i trasferimenti forzati. Tra i suoi primi avversari Giuseppe Siri, storico cardinale di Genova. Siri, si ricorda nella biografia ufficiale di don Gallo sul sito della Comunità di San Benedetto al Porto, era preoccupato per le sue predicazioni, per tutti quei discorsi che “non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”. Nel 1970, quando davanti agli altari di molte chiese italiane il cristianesimo sposava pericolosamente i fermenti dell’estrema sinistra, fu “licenziato” dalla parrocchia del Carmine a Genova, perché alla Curia non piacque affatto il suo paragone tra i danni della droga e quelli determinati da disuguaglianze e guerre. Da quel momento don Gallo resta un prete senza parrocchia, ma con tanti fedeli. Uno di questi è Fabrizio De Andrè, che gli diceva: “Ti sono amico perché sei un prete che non mi vuol mandare in Paradiso per forza”. Pochi anni dopo, dall’incontro con don Federico Rebora, nasce la comunità di San Benedetto al Porto, che accoglie tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici… La bella trattoria della comunità, “‘A lanterna”, di fronte al mare, è sempre stata aperta a ospiti e agitatori di passaggio in città.
Il pensiero graffiante di don Gallo non se ne andrà con lui perché ci restano i suoi tanti libri, pubblicati anche per finanziare la comunità di San Benedetto. Totalmente eterodosse, quasi superfluo dirlo, le sue opinioni su sesso e omosessualità. Sporcarsi le mani con la politica, poi, non è mai stato un problema. Alle ultime elezioni comunali di Genova ha sostenuto apertamente l’outsider di sinistra Marco Doria, poi eletto, e alle primarie nazionali del centrosinistra si è schierato con il leader di Sel Nichi Vendola. Quanto a Silvio Berlusconi, lo avrebbe visto bene “volontario in Africa”. Tra i suoi interventi più recenti, l’appello a Beppe Grillo: “Non fare il padreterno”, detto da uno che di queste cose se ne intende.
Don Gallo se ne va a 84 anni, dopo infinite dispute coi suoi superiori sul senso della Chiesa e del Vangelo. Ora, finalmente, scoprirà chi aveva ragione.

martedì 21 maggio 2013

RIPASSO NO TAV

Come anticipato già un anno addietro(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/05/velocita-eccessive-inutili.html )ecco un altro contributo che per chi segue la vicenda No Tav è un ripasso su uno tra i tanti motivi per non permettere la violenza contro una valle ed i suoi abitanti,ma che per molti può essere recepita come una novità.
Infatti da molti mesi la Francia ha deciso di accantonare il progetto della Torino-Lione in quanto troppo costoso ed alla fine inutile,con costi preventivati eccessivi se si vuole davvero portare i treni a velocità elevatissime e con dei binari inadeguati per raggiungere tali chilometraggi orari.
Fatto sta che in Italia,complici le mafie che girano sottobanco tra politici soprattutto piddini e costruttori,appaltatori e tutti quelli che speculano e si arricchiscono sul progetto dell'alta velocità,non si è ancora capito che l'Europa non sarà più disposta a contribuire economicamente alla riuscita di un progetto che è nato già obsoleto.
L'articolo è preso da Senza Soste.

Basta con la Tav, ce lo chiede la Francia.
Torino-Lione: a Lione non importa un granché. E' una notizia "vecchia" per chi si occupa di mobilità ma vale la pena ricordarla a chiunque ripeta il mantra dei devastatori della Val Susa: «E' l'Europa che ce lo chiede».
In realtà, Portogallo e Spagna hanno già rivisto ampiamente tutti i propositi sull'alta velocità e, del celeberrimo Corridoio Lisbona-Kiev, in Ucraina non se ne sa quasi nulla. In Francia ci sono importanti documenti che la stampa mainstream, con le dita spellate dalla furia di trascrivere veline sul terrorismo No Tav, non ha tempo di esaminare.
Lo fa Popoff, sperando siano utili a tutti i tifosi dell'alta velocità.
Bene, Jean-Louis Bianco in un rapporto risalente a marzo, sulla riforma della ferrovia francese, sostiene che sia il momento di non aumentare il debito (già oltre i 30 miliardi di euro) con la costruzione di nuove linee ferroviarie ad alta velocità (LGV), ma di cercare una forma intermedia tra i treni Tgv (Intercity) e Tet, train d'équilibre du territoire, i treni "Corallo", come li chiamano in Francia. Bianco è un ex ministro dei trasporti incaricato delle consultazioni nell'autunno 2012 per ristrutturare il polo ferroviario pubblico. Dopo 200 audizioni si propone di aumentare le risorse aumentando la produzione di ferrovie di qualità e riflettere sulla tariffazione.
Nelle Osservazioni conclusive, uscite in aprile e che preludono alla presentazione di un disegno di legge entro l'estate, Bianco fa macchina indietro rispetto agli sprechi causati dalla separazione «artificiale» delle gestioni dei treni e delle infrastrutture, auspica il ritorno a una casa madre e una maggiore attenzione ai treni pendolari.
Siamo sicuri che l'Europa non ci chieda invece di mollare le Grandi Opere e di rivoltarci contro la Bce?
Checchino Antonini
tratto da http://popoff.globalist.it
20 maggio 2013

lunedì 20 maggio 2013

PORCHEZIO A VIAREGGIO

La Toscana proprio è sempre rimasta sullo stomaco al maiale fascista e razzista Porchezio,visto che anche a Viareggio,dopo i casi di Pisa e Livorno,è stato costretto a scappare durante un comizio che lo ha visto partecipare per appoggiare il candidato sindaco del Pdl Cima.
Infatti gruppi di antifascisti viareggini hanno costretto lo stronzo della Lega a darse a gambe levate dopo nemmeno cinque minuti di grugniti,come evidenziato dal contributo preso dal sito di Antifa.ogr.
Deve capire che la sua presenza non è gradita da molte altre parti d'Italia e dell'Europa,per un personaggio sempre discusso per via del suo passato da fascista conclamato e con un presente costellato da episodi razzisti...ma c'è anche da dire che spesso un pò le ha prese questo enorme maiale in salsa verde.
Vedi anche:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/03/porchezio-rimane-nel-suo-porcile.html .

Viareggio: gli antifascisti cacciano Borghezio.

Dopo Livorno e Pisa, anche Viareggio impedisce all’europarlamentare leghista Mario Borghezio di sputare veleno su immigrati, cittadini del sud, donne e lavoratori. Stabilito il nuovo record italiano di fuga dal gazebo…

Niente da fare, l’europarlamentare leghista Mario Borghezio in Toscana continua a non essere gradito e apprezzato. E le sue apparizioni nelle città della regione durano al massimo pochi minuti e si concludono, la maggior parte delle volte, con una fuga disordinata.
Era successo pochi mesi fa a Pisa, e prima ancora a Livorno che Borghezio se l’era dovuta filare a causa delle contestazioni organizzate contro di lui – tra gli esponenti più violenti e razzisti della Lega Nord – dai coordinamenti antifascisti.
Anche ieri Mario Borghezio ha dovuto subire l’ennesimo smacco. Nonostante fosse protetto da poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa, è stato infatti costretto ad abbandonare un comizio al quale stava partecipando ieri mattina nella Pineta di Ponente, in sostegno al candidato locale del Pdl alle elezioni amministrative, a causa di una forte contestazione. Nel gazebo dal quale doveva parlare non c’è rimasto neanche cinque minuti, e sono stati gli stessi agenti di Polizia a consigliarlo di abbandonare la piazza mentre i cordoni dei carabinieri tentavano di tenere a bada alcune decine di contestatori, che hanno accolto il leghista con cori e fumogeni. Il coraggioso Borghezio, quello immortalato in un video di alcuni anni fa nel quale insegna ai fascisti francesi come farsi passare per democratici e fregare così le sinistre, se l’è letteralmente data a gambe in fretta e furia. Si è infilato di corsa nella sua auto blu e protetto dalla scorta è sfrecciato via.
Di seguito il comunicato degli antifascisti di Viareggio:

“E' durata meno di 5 minuti la provocazione di Mario Borghezio a Viareggio, cacciato dalla contestazione degli antifascisti viareggini.
Il provocatore leghista voleva intervenire ad un banchetto della lega nord dentro la pineta di levante che, oltre a fare propaganda al candidato sindaco del pdl Cima, aveva come obbiettivo quello di raccogliere firme contro l'abolizione del reato di clandestinità.
Il presidio ben nutrito di contestatori (il quadruplo dei leghisti al banchetto) si è mosso rapidamente dividendosi e ricompattandosi nelle varie stradine della pineta creando un cortocircuito tra le forze dell'ordine impossibilitate a garantire la sicurezza del razzista europarlamentare, cori e qualche fumogeno hanno fatto il resto mettendo in fuga il provocatore che si è allontanato di gran carriera sgommando in auto, andandosi a rinchiudere in questura per fare dichiarazioni deliranti e false che riguardavano il presunto uso di mazze e sassi (mai esistiti) alla contestazione.

Antifascisti/e e antirazzisti/e di Viareggio

http://www.contropiano.org/news-politica/item/16704-viareggio-gli-antifascisti-cacciano-borghezio


sabato 18 maggio 2013

UNA MORTE GIUSTA

L'articolo di Gennaro Carotenuto preso da Senza Soste traccia un breve profilo di uno degli sterminatori di massa più costantemente attivi che la storia umana ricordi,Jorge Rafael Videla,che se n'è andato all'inferno nella giornata di ieri presso un ospedale di Baires dove era stato mandato dal carcere dove era rinchiuso con la pena dell'ergastolo visto che è stato riconosciuto colpevole anche di genocidio,tra tutte le altre condanne.
C'è poco da aggiungere a quello scritto qui sotto,a parte che in Argentina,in tutto il Sud America e nel resto del mondo la notizia ha portato un leggero buonumore ma non di certo ha portato indietro tutte le decine di migliaia di morti e di desaparecidos che lui ed il suo regime fascista hanno provocato.

Videla, crimini e morte di un genocida neoliberale.
Jorge Rafael Videla, il dittatore argentino dei 30.000 desaparecidos, muore in carcere da sconfitto, da ergastolano, da genocida. Come ha detto Estela Carlotto, la leader delle nonne di Plaza de Mayo, «era un uomo disumanizzato» ed è fin troppo semplice applicare a lui la categoria arendtiana di «banalità del male» di chi mise metodicamente in atto un sistematico piano genocidiario, tendente al sequestro di persona di massa, al furto di ogni bene mobile e immobile delle sue vittime, all’assassinio e alla sparizione di persone. Lasciò i figli senza genitori e i genitori senza figli. Ciò succede in molte guerre di sterminio, ma a Videla e ai suoi non bastava. Perciò, peculiarità creola dell’orrore, volle che i morti restassero senza nome, i desaparecidos, e i vivi -i figli di questi, spesso appena neonati- restassero senza identità. Le puerpere venivano lasciate in vita solo fino al parto e centinaia di bambini furono smistati a caso «per salvare la società Occidentale e Cristiana».
Non agiva da solo Jorge Videla. Molti sapevano, moltissimi appoggiavano, come la confindustria, le classi dirigenti, potenti amici come Licio Gelli. Qualcuno benediceva. Il nunzio apostolico Pio Laghi e il cardinale primate Raúl Primatesta erano intimi del genocida. Magari ci fosse un dio a giudicarli. Videla stava dalla parte dei buoni della guerra fredda, agiva all’interno di norme stabilite nell’ambito del Piano Condor, l’internazionale del terrore fondata con Augusto Pinochet e la complicità di Henry Kissinger. Questi invitò Videla a far presto nello sterminare l’opposizione, perché poi con Jimmy Carter non avrebbe avuto la stessa mano libera. Perfino le tecniche di tortura rispondevano a rigidi protocolli; sviluppate dai francesi tra Indocina e Algeria, gli statunitensi erano stati prima allievi e poi avevano superato il maestro –fino ad Abu Ghraib già nel nostro secolo- e docenti per 50.000 torturatori e assassini latinoamericani.· Anche in altre culture e sistemi politici si tortura e si uccide, ma sulla carne dei torturati dell’ESMA e del Garage Olimpo c’è quel marchio di fabbrica.
Nel pensare Videla, nel pensare i desaparecidos, non possiamo espungere l’idea che sia la nostra civiltà occidentale, la nostra cultura, il nostro modello sociale ed economico ad aver generato un simile mostro. Nel pensare Videla non possiamo dimenticare che virus e anticorpi convivono nello stesso organismo e la difesa dei diritti umani non finisce con la morte in carcere di un genocida.
Jorge Videla muore da eversore mai pentito. Appena un mese fa invitava a prendere le armi contro il governo di Cristina Fernández de Kirchner, colpevole di aver instaurato -sue parole- «un regime alla maniera di Gramsci». Ma muore da ergastolano, muore solo come un cane in una cella di un carcere all’alba di una mattina d’autunno australe, incapace perfino di fare paura, lui che poté decidere la morte di decine di migliaia di persone. Muore solo e impresentabile, infame fino all’ultimo nel rivendicare di conoscere perfettamente la sorte di 7-8.000 dei 30.000 desaparecidos, ma scegliendo di portarsi nella tomba i segreti che avrebbero potuto alleviare l’angustia permanente di chi ancora cerca un indizio sulla sorte di un figlio, un genitore, un amico. Ben pochi oggi ne rivendicano l’eredità e appare perfino ingiusto il suo destino rispetto a quello del suo sodale in tutto Augusto Pinochet, il dittatore cileno, morto impune e confortato dall’affetto dei suoi clepto-familiari o da Henry Kissinger, che tra dieci giorni sarà un rispettato novantenne che mai pagherà per quell’inferno.
Giova sempre ricordare che non più di un ventesimo dei desaparecidos era guerrigliero, ammesso e non concesso che i guerriglieri meritassero quella sorte. Il 95% erano sindacalisti, studenti, giornalisti, giuristi, sacerdoti, militanti di sinistra, esponenti della società civile che dovevano essere spazzati via per permettere il più grande saccheggio della storia: l’imposizione del modello neoliberale, lo svuotamento delle ricchezze del paese, la loro svendita ai capitali finanziari transnazionali. Valga solo un dato: in Argentina, uno dei paesi più avanzati e ricchi al mondo, ancora nel 1972 c’era la piena occupazione. Nel 2002, calcolando disoccupati e sottoccupati, si sarebbe arrivati a un 42% reale di persone senza un lavoro degno. In un paese con milioni di ettari di terra fertile il neoliberismo reale portò a migliaia di morti per fame. Così non furono i desaparecidos né le inenarrabili violazioni di diritti umani la peggior colpa di Videla. La peggior colpa di questi e dei poteri economici che lo appoggiarono fu aver pianificato e perseguito la riduzione in miseria di milioni e milioni di esseri umani. Il genocidio fu prodromico all’imposizione del modello neoliberale. Videla fece il lavoro sporco disarticolando ogni resistenza sociale, sindacale, culturale.
Nonostante tutto la società argentina mantenne sempre vivi i propri anticorpi democratici. Dopo la caduta della dittatura, il coraggioso Raúl Alfonsín nell’83 istituì la CONADEP (la commissione d’inchiesta sui desaparecidos presieduta da Ernesto Sabato) e dichiarò l’incostituzionalità della Legge N° 22.924 di auto-amnistia firmata dalla Giunta militare poco prima di lasciare il potere. Quindi, con il Decreto 158/83 rese possibile il processo alla giunta. Punire i capi era più facile che perseguire i pesci piccoli. Quello che nell’85 condannò Videla all’ergastolo fu un processo di capitale importanza perché le Nazioni Unite recepissero la «sparizione forzata» di persone come violazione dei diritti umani. Prima non era così. Purtroppo era solo il primo round. Nel ‘90 il regime neoliberale di Carlos Menem avrebbe indultato Videla e gli altri, dopo aver messo un punto finale legislativo sulle violazioni dei diritti umani.
Fu il crollo inglorioso dell’Argentina neoliberale, alla fine del 2001, a riaprire la partita e portare al ribaltamento della politica dei diritti umani in un paese che aveva visto dilagare l’impunità dalla violazione dei diritti umani a qualunque altro contesto.· Si è trattato del trionfo di trent’anni di battaglia per la verità e la giustizia portata avanti dal coraggio dello spezzone più avanzato della società argentina, simboleggiato dalle madri di Plaza de Mayo, che solo dopo la fine del regime neoliberale trovò la forza di farsi governo con la sinistra peronista dei Kirchner. Così l’Argentina recuperò una politica dei diritti umani encomiabile e tra le più avanzate al mondo. Già nel suo discorso d’insediamento Néstor mise le cose in chiaro: «Siamo i figli delle Madri e delle Nonne di Plaza de Mayo, e per questo motivo insistiamo nell’appoggiare costantemente il rafforzamento del sistema di protezione dei diritti umani, ed il processo e la condanna di quelli che li violino».
Non faceva propaganda il «flaco de la JP», il ragazzo della gioventù peronista massacrata da Videla divenuto presidente. Nel giro di pochi mesi smantellò per intero il contesto d’impunità e le leggi di Punto Finale e di Obbedienza Dovuta furono dichiarate dal Congresso «insanabilmente nulle».
Il primo a essere condannato fu il sinistro Miguel Etchecolatz, capo della polizia di Buenos Aires e responsabile di 21 campi di concentramento clandestini. Nei confronti di Etchecolatz per la prima volta in una sentenza in Argentina fu scritto che la condanna era emessa per il crimine di «violazioni di diritti umani commesse nel contesto di un genocidio». E così fu condannato il ministro dell’economia e uomo del Fondo Monetario Internazionale della dittatura José Alfredo Martínez De Hoz. Oggi in Argentina vi sono circa 3000 procedimenti penali ancora aperti e circa 650 repressori stanno scontando la loro pena, spesso l’ergastolo, in carceri comuni. Tra questi Jorge Videla che, ripristinata la sentenza dell’85, era già un ergastolano. Un altro ergastolo gli toccò per il piano sistematico di sottrazione di minori. Nello specifico per il sequestro di 18 bambini. Un terzo per l’assassinio di prigionieri politici a Cordoba. Infine era in dirittura d’arrivo la condanna per la sua responsabilità diretta nel Piano Condor, l’internazionale del Terrorismo di Stato che coinvolse tutti i regimi latinoamericani con il coordinamento di Washington.
Muore in carcere e da genocida Jorge Videla affogando nel rancore e nell’odio che nutriva per la società, per la diversità, per la bellezza. Non sono molti i paesi che, come invece può fare l’Argentina, possono dire di aver fatto i conti col proprio passato ed è per questo che il suo corpo di canaglia può marcire lasciando noi in pace. Per quanti passi ancora vadano fatti per rafforzare e difendere i diritti umani, in Argentina, in America latina, nel mondo, la morte di Videla non lascia un sapore amaro come quella dell’impune Pinochet, che pure dovette farsi passare per demente per sfuggire al processo. Con Videla giustizia è stata fatta.
Gennaro Carotenuto
tratto da http://www.gennarocarotenuto.it
17 maggio 2013

venerdì 17 maggio 2013

L'ISOLA DELLE MERDE

I sempre più ridicoli fascisti del nuovo millennio di Caga Pound benefiaciano da due anni di contributi pubblici tramite le donazioni del 5 per 1000 grazie ad un raggiro,in quanto tale somma di denaro,cui è assolutamente vietata la fruizione da parte di partiti politici e figuriamoci di movimenti neofascisti,è raccolta da una cooperativa direttamente riconucibile a Ca$$a Povnd.
L'isola delle tartarughe,il nome di tale associazione,è nient'altro che un'organizzazione truffa creata da questi coglioni su due zampe(vedi anche:http://www.ecn.org/antifa/article/3806/casapound-fascisti-del-5x1000-il-movimento-incassa-soldi-pubblici-con-lescamotage-delle-tartarughe )ed effettivamente non fa altro che raccimolare denaro pubblico per la casa madre di Iannone.
Questi pagliacci che si muovono alla luce del sole solo se scortati(si noti dall'immagine sotto quanto siano compatti,cattivi  tanti...quello forse no perché pioveva)e comunque sempre in gruppi armati quando escono dalle loro fogne solo per toccate e fughe per picchiare i"non conformi"alle loro idee malate.
Ieri il deputato cremasco Franco Bordo ha fatto un'interrogazione parlamentare(http://www.francobordo.it/no-al-5x1000-a-casapound/ )contro questo vergognoso attingere di soldi di tutti per queste merde la cui solo esistenza sarebbe da stroncare senza tanti se e ma...altro che 5 per 1000,per voi solo 5000 calci in bocca!

I fascisti di CasaPound finanziati con il 5x1000.

Stando ai dati dell’Agenzia delle Entrate, sembra proprio che i fascisti del terzo millennio di CasaPound negli ultimi anni abbiano ricevuto un ingente sostegno alle proprie ‘attività’ grazie ai proventi del 5x1000.
Le cifre rendono bene l’idea: si parla di 41.000 euro per i soli anni 2010-2011, cui si aggiungeranno quelli dello scorso anno (non ancora noti) e dell’anno in corso, il quarto consecutivo in cui CasaPound beneficerà di questo sostegno economico.
Che l’organizzazione neofascista si appoggi ampiamente su questo tipo di proventi non è d’altronde difficile da scoprire, dal momento che sul loro sito campeggia a chiare lettere in prima pagina l’invito a donare il 5x1000 a CasaPound. Quel che stride con la faccenda, però, è l’indicazione contenuta nella normativa dei soggetti che possono beneficiare di questo strumento, che esclude chiaramente che tra questi possano figurare i partiti politici: è curioso che una vistosa eccezione venga fatta per CasaPound, che negli ultimi anni si è ampiamente inserita nei meccanismi istituzionali (anche nel tentativo di ripulire un po’ la propria immagine), presentandosi peraltro anche alle ultime elezioni e di fatto costituendosi come vero e proprio partito.
Ed ecco che salta allora fuori l’escamotage utilizzato da Iannone e la sua cricca per aggirare l’ostacolo: il codice riportato sul sito a cui indirizzare le donazioni corrisponde infatti a quello di tale cooperativa ‘L’isola delle tartarughe’ che in quanto associazione onlus ha tutte le carte in regola per ricevere il 5x1000. Al di là del richiamo alla tartaruga tanto cara a CasaPound, il legame tra il partito e la cooperativa non è difficile da individuare dal momento che l'amministratore unico di quest'ultima è Paolo Sebastianelli, noto collaboratore di Iannone, il leader dei fascisti del terzo millennio.
E in effetti qualcuno si era già dato pena di evidenziare questo legame all'indomani di quanto avvenne a Firenze a dicembre del 2011, quando Gianluca Casseri, affiliato di CasaPound (nonostante le smentite che questi ultimi si affrettarono a diffondere subito dopo i fatti) uccise due ragazzi senegalesi a colpi di pistola, ma l'arco parlamentare lasciò poi cadere nel vuoto la faccenda, dando quindi il suo beneplacito al finanziamento con soldi pubblici di CasaPound.
Viene da chiedersi quali siano le tanto variegate e decantate attività di promozione sociale che figurano nella presentazione dell'impegnata 'Isola delle tartarughe'...forse le aggressioni a studenti antifascisti, migranti, omosessuali? La diffusione di propaganda razzista ed omofoba carica dell'odio che da sempre contraddistingue l'azione di CasaPound?
La vicenda non è che una delle tante che mette in luce come i seguaci di Iannone oscillino volentieri tra l'immagine dei fascisti duri e puri del terzo millenio e il cedere facilmente a collusioni ed appoggi con l'apparato istituzionale (che da parte sua li concede spesso e volentieri) quando più gli fa comodo per tentare di rendersi presentabili o più banalmente per racimolare qualche soldo.

giovedì 16 maggio 2013

PASTA AL SUGO ROSSO DI PEPERONI E FRAGOLE

Quello che può sembrare una pazzia culinaria invece è il risultato di una sperimentazione,quasi un azzardo nel mettere ingredienti lontani tra di loro e che di comune hanno solo il colore del sangue e dell'amore,ma che uniti riescono ad esaltare le loro caratteristiche del sapore.
Un sugo allo stesso tempo deciso ai primi assaggi e man mano che il contenuto del piatto scema diventa sempre più delicato e apprezzato dalla bocca,fin quando lo stesso piatto diviene vuoto e ci rimani male perché non ce n'è più.
Fragole e peperoni rossi(vorrei provare la stessa ricetta con quelli gialli per avere un altro riscontro sia visivo che gustativo)e pochi altri ingredienti e condimenti sono stati una gran bella sorpresa,e che a breve di certo ripeterò senza esitazioni.
Ingredienti:
-peperoni rossi
-fragole
-cipolla
-aglio
-olio extravergine d'oliva
-burro
-vino bianco
-vino nero
-brodo granulare classico
Mentre si prepara su un fornello il necessario per cuocere la pasta,su un altro si rosolano le cipolle e l'aglio tritato fine con dell'olio extravergine d'oliva e del burro,calmando il bollore del fuoco vivo con una sfumata di vino bianco:dopo aver tagliato a listarelle o a pezzettini il peperone rosso lo si aggiunge subito perché ci mette un poco ad ammorbidirsi.
Dopo aver fatto lo stesso con le fragole si possono mettere assieme agli altri ingredienti e bagnare con del vino rosso e regolare col brodo granulare se ce n'è il bisogno,dopodichè il sugo non deve far altro che sposare la pasta...buon appetito!

mercoledì 15 maggio 2013

L'ASKE GUNEA DI ONDARROA

Si è conclusa stamattina presto dopo giorni di resistenza popolare il tentativo di non far arrestare la compagna Urtza Alkorta,accusata dallo stato spagnolo di collaborare con l'Eta,che difesa da centinaia di persone nella città basca di Ondarroa ha passato le sue ultime ore di libertà dietro un muro umano di amici,parenti e militanti.
Gia lo scorso mese a San Sebastian(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/04/lillegalizzazione-sistematica-delle.html )un altro spazio liberato,l'aske gunea del titolo del post preso da Contropiano a firma di Marco Santopadre(http://www.contropiano.org/esteri/item/16582-paese-basco-la-solidarietà-contro-la-violenza ),aveva scaldato la città capoluogo della Gipuzkoa insorta a difesa di sei ragazzi.
Questa disobbedienza civile di giovani,anziani,studenti e operai,è caratterizzata dalla resistenza passiva che i torturatori dell'ertzaintza riescono a sfollare a suon di calci,pungi e manganellate con la minaccia di arresti e denunce.
Il video sotto riassume gli ultimi minuti di libertà della militante basca prima che i porci neri con i caschi rossi la strappino dai suoi parenti ed amici:l'augurio è quello di vederla al più presto libera assieme alle centinaia di cittadini baschi imprigionati per tutta la Spagna e la Francia solo per motivi politici.
Jo ta ke irabazi arte!Borroka da bide bakarra!

Paese Basco. La solidarietà contro la violenza.

Stamattina all’alba centinaia di poliziotti hanno assaltato il piccolo comune basco di Ondarroa. A riceverli, per evitare l’arresto di un’attivista, centinaia di persone. Un braccio di ferro durato tre ore.

Sono arrivate questa mattina alle sette, una trentina di camionette della polizia autonoma basca accompagnate da varie jeep e autopattuglie. Erano venuti più volte negli ultimi sei giorni, per arrestare la giovane Urtza Alkorta, nei confronti della quale i tribunali spagnoli hanno spiccato un mandato di cattura per "collaborazione con l’ETA". Ma finora non avevano neanche tentato veramente di portarla via. Tra loro e l’attivista indipendentista c’erano centinaia di giovani e anziani, militanti e semplici cittadini, pronti a frapporsi tra l’Ertzaintza e la ragazza di Ondarroa per impedirne l’arresto. Il loro nome significa ‘protettori del popolo’, ma la gente li chiama Zipaios. Una versione basca dei Sepoys, gli indiani che prestavano servizio nelle truppe ausiliarie al servizio dell’impero britannico contro il proprio stesso popolo nel subcontinente indiano prima dell’indipendenza di Nuova Delhi.
Nei giorni scorsi avevano più volte fatto marcia indietro, creando non pochi problemi d’immagine e credibilità al Partito Nazionalista Basco, da sempre garanzia di “ordine” e “stabilità” nella regione.
Questa mattina hanno invece ‘finalmente’ ricevuto l’ordine di portarsi via Urtza, costi quel che costi. Sono arrivati in forze, come un esercito di occupazione, hanno completamente circondato Ondarroa, piccolo comune della costa basca mobilitato ininterrottamente ormai dall’inizio della scorsa settimana. Ed hanno letteralmente assaltato il centro della cittadina distribuendo manganellate a destra e a manca. Nonostante l’ora e la pioggia battente in piazza c’erano già centinaia di persone a fare scudo alla ‘ricercata’. In moltissimi avevano dormito in piazza, attorno alla ragazza, pronti a resistere. Molti altri, richiamati anche dalle località vicine, sono accorsi al potente suono della sirena del porto, che nell’ultima settimana ha scandito i momenti più critici del braccio di ferro. Per prima cosa, inascoltati, gli Ertzainas hanno intimato ai presenti di abbandonare la piazza centrale del paese, la Alameda, altrimenti sarebbero scattate denunce e fermi. Inascoltati, hanno poi proceduto a sgomberare la grande tenda montata nei giorni scorsi a rappresentare l’Aske Gunea, lo “spazio liberato’ organizzato all’insegna del movimento per la disobbedienza civile e la resistenza passiva.
Per quasi tre ore i poliziotti, passamontagna calato e manganello alla mano, hanno faticato assai per trascinare via uno a uno centinaia di giovani e vecchi combattenti che si sono ammassati sul ponte pedonale attorno a Urtza Alkorta, rendendo ancora più lunghe e difficili le operazioni di sgombero rispetto a quanto era già avvenuto alcune settimane fa nel centro di Donostia, quando per la prima volta la polizia si era trovata davanti un incredibile ‘muro umano’ di gente solidale con 6 giovani attivisti ricercati.
Tra gli ‘anonimi’ attivisti impegnati a difendere Urtza anche vari parlamentari della sinistra indipendentista. La scrittrice Laura Mintegi e Maribi Ugarteburu non sono state affatto trattate con i guanti dagli agenti incappucciati, che anzi le hanno minacciate di arresto se non si fossero tolte di mezzo, mentre a centinaia gridavano ‘Urtza, il popolo è con te” oppure ‘Assassini’, ‘torturatori' e "avete ammazzato Inigo Cabacas" nei confronti dei forsennati agenti.
Nonostante l’atteggiamento pacifico e passivo degli attivisti, in molti sono stati trascinati via in maniera brutale, manganellati e presi a pugni e a calci. Soprattutto nelle ultimi fasi dello sgombero dei manifestanti dal ponte. La stessa Urtza Alkorta ha chiesto ai poliziotti di smettere di picchiare i suoi compagni, visto che ormai l'avevano raggiunta. Erano le 10 di questa mattina quando gli Ertzainas l'hanno caricata su una camionetta e se la sono portata via tra gli slogan di riprovazione e i fischi degli abitanti di Ondarroa.
Leggi anche:
L'ASSALTO DELLA POLIZIA A ONDARROA. FOTO E VIDEO

martedì 14 maggio 2013

LA NARCOQUESTURA DI PIACENZA

L'articolo preso da Infoaut non è recentissimo,e leggendolo si evince il fatto che alcuni degli sbirri picchiatori protagonisti negativi degli scontri con i lavoratori della vicenda Ikea sono stati indagati dalla Procura di Piacenza in quanto dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti.
E non solo agenti ma anche ispettori e un funzionario della Digos figurano tra questi,ed essendo comunque della parte dei"buoni"continuano a percepire stipendi costituiti da denaro pubblico e molto difficilmente saranno condannati e tanto meno arrestati.
Perché loro possono,perché loro sono intoccabili e come detto più volte dai loro superiori e dai loro colleghi è quasi fisiologico avere all'interno delle"mele marce",e quindi è naturale avere una percentuale minima di corrotti e criminali nelle forze del disordine.

Piacenza: lo spaccio della squadra "narcotica" della questura.
Nella maxi indagine condotta dalla Procura piacentina e coadiuvata dai carabinieri, questa volta tra i protagonisti non figurano le solite categorie “atte a delinquere e a sovvertire l'ordine”. Non ci sono studenti, migranti, lavoratori, centri sociali che protestano contro un sistema che genera ingiustizia, disuguaglianza, sfruttamento e miseria. Gli attori principali questa volta provengono dalle prime file della repressione . E non si tratta di comparse di quart'ordine ma di figure centrali (ispettori e assistenti capo) nelle diverse sezioni della squadra mobile piacentina (sezione antidroga, criminalità diffusa e extracomunitaria, prostituzione) della digos, dell'ufficio immigrazione, della polizia penitenziaria. Tutti coinvolti nel commercio di droga, sfruttamento della prostituzione e dell'immigrazione. La maggior parte di tutti questi “signori” ha avuto un ruolo di un certo peso in quest'ultimo anno nella vicenda Ikea durante le aggressioni e le intimidazioni dei facchini in sciopero.
Verso i lavoratori e i solidali, la polizia di stato di Piacenza si è scagliata con la veemenza che i movimenti conoscono quando non si cede ai ricatti e alle intimidazioni: manganellando, denunciando, intimando fogli di via a sindacalisti e militanti. Ma “La Squadra” si è anche spesa nel presidiare e garantire l'ordine in Via Roma, il quartiere a sentir loro più degradato di Piacenza a causa (nel solito leit-motiv della xenofobia nazional popolare) del concentramento poco white e raccomandabile. Il questore fascista di Piacenza ha commentato l'accaduto avvertendo la popolazione di stare tranquilla e che i suoi uomini continueranno a spendersi al massimo nel proprio impegno... Chissà se domani i giornali intitoleranno: “Il questore di Piacenza minaccia la popolazione”.

Pubblichiamo il comunicato dei Si.Cobas in merito all'episodio:

Nella questura di Piacenza, quella che ha comminato il foglio di via al nostro coordinatore sindacale nazionale e ad altri due altri attivisti solidali con la lotta dell'Ikea, sei dei suoi agenti sono stati arrestati per spaccio di droga , falsificazione di atti d'ufficio e procacciamento di appartamenti destinati alla prostituzione. Lo stesso questore, che ha fatto e dato il grave provvedimento del foglio di via a chi difende i lavoratori che vengono decurtati truffaldinamente del proprio salario, non si avvede che dei suoi ispettori di grado superiore delinquono indisturbatamente per anni come una qualunque banda o clan mafioso (Nel corso dell'operazione è stato sequestrato un "apprezzabile quantitativo di cocaina e hashish"). Chi dovrebbe esercitare la giustizia, che condanna, come un qualsiasi delinquente, chi opera in difesa della causa operaia, dirige la questura di Piacenza nella quale un nucleo di propri subordinati si dedicavano al malaffare sotto la copertura della divisa di polizia. I quattro della sezione narcotici della Squadra mobile, uno della Digos (attivo durante lo sciopero all'Ikea) e uno all'immigrazione erano una componente attiva (che collaborava con altri sette spacciatori) che per anni, hanno usufruito della copertura di agenti della questura. Il questore, al posto di vigilare, non ha visto nulla, probabilmente occupato a colpire, come è stato nel caso Ikea, chi ha esercitato la funzione di sindacalista, ravvisando in questa attività una illegalità da punire con tre anni di inibizione alla presenza nel Comune di Piacenza.
Questa è la democrazia borghese.
S.I.Cobas