martedì 31 dicembre 2013

NOVITA' PER L'EPPK

In occasione della nuova composizione del direttivo del collettivo dei prigionieri politici baschi(EPPK),è stato diffuso un comunicato contenente novità nel percorso del dibattito sul poter far tornare in Euskal Herria tutte le persone detenute nelle carceri distanti a centinaia di chilometri sia spagnole che francesi.
Questo processo portato avanti da anni per il momento è ancora unilaterale visto che lo stato fascista spagnolo(nell'articolo preso da Infoaut si parla solo della questione iberica)pone ancora non solo paletti ma un vero e proprio muro di gomma,che però ora può e deve essere sfondato visto che in molti sia dalla parte politica che sociale,stanno intervenendo per risolvere questa grave e fin troppo prolungata nel tempo questione.
Oltre al link riportato dove c'è anche il video del collettivo dell'EPPK(http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/10144-prigionieri-politici-baschi-per-la-risoluzione-del-conflitto )propongo anche questi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/11/lincontro-con-i-compagni-di-segi-milano.html e http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/06/eushal-preso-eta-iheslariak-etxera.html .
Euskal preso eta iheslariak etxera!

Prigionieri politici baschi per la risoluzione del conflitto.

Il collettivo di prigionieri e prigioniere politiche basche (EPPK) ha dato a conoscere due giorni fa -tramite una dichiarazione fatta recapitare al quotidiano basco Gara- la conclusione del dibattito aperto in estate riguardante alla situazione politica e in particolare rispetto alle raccomandazioni del maggio scorso, del Foro Sociale per la pace, che all'interno della nuova fase politica ha dato alcune indicazioni. Dopo mesi di dibattito quindi il collettivo di prigionieri è tornato a far sentire la sua voce, anticipando importanti decisioni relative alla volontà di accettare le opzioni legali offerte dal Foro Sociale per superare le misure di eccezione e permettere a tutti e tutte le prigioniere di tornare nei Paesi Baschi.
In maniera inedita, oltre ai due fogli scritti, il messaggio che l'EPPK ha reso pubblico è stato accompagnato anche da una versione video in cui è stata inserito l'audio di una dei sei portavoce del collettivo. Nello specifico, attraverso questa dichiarazione, i prigionieri politici baschi annunciano l'assunzione totale di responsabilità riguardo alle conseguenze delle azioni compiute, mostrando la volontà di procedere individualmente nell'analisi di tali responsabilità all'interno di un processo concordato che riunisca condizioni e garanzie sufficienti.
Per concretizzare le intenzioni mostrate tramite l'ultimo comunicato, il collettivo ha annunciato l'inizio di un dialogo con il Foro Sociale e altri attori politici baschi per cercare accordi e formule di risoluzione della questione dei prigionieri. In questa stessa direzione si fa appello alla cittadinanza, alle istituzioni, così come agli esponenti politici e di partito per cercare un ampio consenso che possa rendere possibile il loro ritorno a casa all'interno di un processo integrale che non vada a questionare sul carattere dei detenuti né della dignità politica che hanno. Mentre, per non smentirsi, il Partito Popolare si dice soddisfatto e vuole far credere di avere perennemente il coltello dalla parte del manico, il presidente della comunità autonoma basca ha chiesto un incontro con Rajoy, attuale presidente dello Stato spagnolo, per discutere sulla situazione dei prigionieri politici e del “Piano di Pace” elaborato dal suo gabinetto.
Al di là delle molte dichiarazioni che stanno uscendo in questi giorni, la questione dei prigionieri politici rimane un nodo fondamentale da risolvere verso una risoluzione del conflitto. Con il concludersi del dibattito interno ai prigionieri e alle prigioniere politiche, la dichiarazione di questi giorni non può fare altro che andare verso una direzione già prevista per certi versi. Risolvere la questione dei prigionieri significa oltremodo andare a porre in discussione la politica penitenziaria, e ancora una volta, il pugno duro del Partito Popolare si dimostra nelle parole del segretario generale che annuncia che nessun passo verrà fatto in tal senso fino a quando l'ETA non si scioglierà ufficialmente e non consegnerà le armi. Insomma, la solita canzoncina che, senza stupore, dimostra chi non vuole una risoluzione del conflitto; ma a fare la differenza, questa volta, i molti agenti politici e sociali implicati e un processo inarrestabile seppur unilaterale.

lunedì 30 dicembre 2013

GLI INCENDI AL CSOA"LA STRADA"DI ROMA

Sabato scorso nel quartiere della Garbatella di Roma c'è stato un partecipato corteo che ha voluto solidalizzare,sostenere e promuovere la ricostruzione del Csoa La Strada,che in ben due notti su tre ha subito degli incendi con la parziale distruzione dell'immobile e di quello posto in esso.
Se i vigili del fuoco nel primo caso non sono riusciti a provare con certezza la dolosità dell'atto sul secondo episodio non ci sono dubbi:infatti dopo il primo intervento nel locale erano stati spenti tutti gli eventuali focolai e naturalmente l'impianto elettrico era distrutto,e quindi tramonta necessariamente l'ipotesi di un cortocircuito come origine dell'incendio.
Sebbene non vi siano state rivendicazioni del vile attacco,i compagni sanno che la matrice non può essere altro che politica,che accomunano interessi mafiosi con le mire dei fascisti loro complici e a volte braccio armato della criminalità che vuole interporsi all'opera indiscussa che sino ad ora il centro sociale ha portato avanti nel quartiere.
"Di strada se n'è fatta tanta e ancora ce n'è.Lunga vita ai ribelli":l'articolo è preso da Infoaut.

Roma, in migliaia per La Strada.

Nelle strade del quartiere Garbatella di Roma si è svolto ieri pomeriggio un corteo per portare solidarietà al CSOA La Strada che negli ultimi giorni ha subito due attacchi incendiari, il primo nella notte del 23 dicembre e poi di nuovo nella notte del 25. Migliaia le persone che hanno partecipato, esprimendo la loro vicinanza e per dimostrare che aggressioni di questo tipo non intimidiscono ma rendono ancora più determinate le molte persone che vivono quotidianamente il centro sociale.
Ad aprire il corteo, uno striscione che ha voluto sottolineare l'importanza dell'intervento e delle molte attività svolte nel quartiere, come dimostra anche la partecipazione al corteo di molti bambini e ragazzi della zona che aprivano la manifestazione con dietro diverse centinaia di attivisti e abitanti dello stesso quartiere e di altri centri sociali romani. Partito dal CSOA La Strada, la manifestazione ha quindi attraversato le vie dei quartiere, passando sotto il palazzo della Regione e concludendo con un'assemblea molto partecipata davanti al teatro Palladium.
Quella di ieri è la prima delle tante iniziative che si metteranno in piedi con la campagna #RicostruiamoLaStrada, mirata alla ricostruzione dello spazio tramite una raccolta fondi per ripristinare l’agibilità della struttura, che comprende anche la Scuola Popolare Piero Bruno e la Ciclofficina Attiva. Nelle prossime settimane sono già previste altre iniziative che entreranno nel vivo della campagna.

domenica 29 dicembre 2013

TESTIMONIANZE DI SOFFERENZA

A margine del dibattito su Stamina,sulle opportunità che la scienza e la ricerca attualmente offrono e che non riescono ancora ad ottenere,propongo presi da"Il fatto quotidiano"due articoli che riguardano il commento di una ragazza bolognese gravemente malata che in questi giorni ha difeso la sperimentazioni di farmaci sugli animali e che è stata oggetto di auguri di morte e quello di una ricercatrice di Genova affetta da sclerosi multipla.
Entrambe sono di estrazione medica e scientifica,la prima studentessa di veterinaria e la seconda biologa,e le loro riflessioni sono distanti ma hanno in comune una speranza che la ricerca,se non nei loro casi specifici,possa in un futuro che sperano vicino,arrivare ad un risultato positivo.
Senza entrare nel merito dei loro casi clinici e nella discussione su Stamina(che meriterebbe un discorso a parte)secondo me,da sempre,la sperimentazione animale che a volte diventa vera e propria vivisezione,trova risultati troppo vaghi verso la cura per l'uomo,troppe le differenze tra le specie rapportando anche alcuni casi in cui un farmaco può avere risultati differenti già da persona a persona.
Non sono né medico né ricercatore,ma notando che nemmeno questi hanno una posizione in comune posso permettermi di dire che è inaccettabile che l'uomo possa fare scempio degli altri animali solo perché è più evoluto e tutto il resto:propongo un link(http://www.oipa.org/italia/vivisezione/dati.html )tra le centinaia che si possono trovare in rete,che parla di vivisezione e della piccola percentuale,il 30%,che riguarda direttamente il settore farmacologico mentre il restante delle vittime della"ricerca"è dovuto al campo della cosmesi e al settore bellico.
C'è da chiedersi dove i venditori di speranza,i ciarlatani e gli approfittatori finiscano e dove comincino i veri ricercatori e sperimentatori:il limite tra i due campi è molto labile e talvolta si accavallano le varie figure,ed i veri scienziati devono avere il coraggio di divulgare quello che fino ad ora è umanamente possibile e quello che al momento è ancora irrealizzabile da curare.

Difende test su animali. Giovane malata riceve auguri di morte su Facebook.
"Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te". Questa una delle frasi contro Caterina Simonsen, 25enne studentessa di Veterinaria a Bologna, gravemente malata: "Senza la ricerca sarei morta a 9 anni". Renzi: "Io sto con lei, lo dico con tutta la mia forza".

Ha postato su Facebook una foto che la ritrae con in mano un cartello a favore della ricerca scientifica sugli animali, e un respiratore che le copre la bocca. Perché lei, Caterina Simonsen studentessa di Veterinaria all’Università di Bologna di 25 anni, è colpita da 4 malattie generiche rare. E se è ancora in vita – dice – è grazie alla “vera ricerca, che include la sperimentazione animale”, “altrimenti sarei morta a 9 anni”. Ma questo ringraziamento ha scatenato la rabbia di alcuni animalisti in rete. La foto, pubblicata sul profilo personale della ragazza e su quello del gruppo “A favore della sperimentazione animale”, è stata bersagliata da “30 auguri di morte e 500 offese”. “Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te”, scrive Giovanna. “Se crepavi anche a 9 anni non fregava nulla a nessuno, causare sofferenza ad esseri innocenti non lo trovo giusto”, è il messaggio di Valentina. Si associa Mauro: “Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose”.
Ma la posizione di Caterina riceve anche più di 13mila “mi piace” e quasi 3mila condivisioni. La ragazza padovana con due video ha spiegato le sue ragioni a chi la ha attaccata. E ha lanciato un appello al Partito animalista europeo, alla Lega antivivisezione (Lav) e all’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, affinché si dissocino dagli auguri di morte e prendano provvedimenti. Il segretario del Partito democratico Matteo Renzi ha rilanciato con forza le ragioni della ragazza stigmatizzando gli attacchi: “Ho visto il suo video e voglio dirlocon tutta la mia forza: io sto con Caterina“. 
La 25enne ha raccolto le frasi offensive e ha consegnato tutto il materiale alla polizia postale, con nomi e cognomi degli autori dei post. “Non capisco il perché di tanta cattiveria”, replica la giovane. “Loro non sanno chi sia io, cosa faccia io, e probabilmente sono così ingenui da non sapere che tutti i farmaci che prendono, che danno ai loro figli e che danno ai loro animali sono stati testati sugli animali”. Perché è questo che prevede la legge in attesa di metodi alternativi altrettanto validi, precisa la ragazza prima di raccontare come si convive con le patologie di cui soffre. 
Ma la vicenda riapre il dibattito tra chi è a favore e chi è contro le sperimentazioni scientifiche su cavie animali (leggi). “E’ una vergogna quello che sta succedendo a Caterina. Non è ammissibile che persone disinformate e prepotenti si permettano di minacciare e augurare la morte a una persona gravemente malata”. Dario Padovan, presidente di Pro-Test Italia, interviene a difesa della ragazza. “Caterina, inoltre – continua Padovan – è un esempio di grande rispetto e amore per gli animali: è vegetariana e studia Veterinaria. Nonostante questo, è perfettamente conscia della necessità della sperimentazione animale nell’ambito della ricerca biomedica. Chiediamo pertanto – conclude il numero uno di Pro-Test Italia, unendosi all’appello della giovane – che le associazioni animaliste prendano pubblicamente le distanze da questi comportamenti vergognosi e incivili di chi si professa sostenitore della loro stessa causa”.
Ma adesso, dopo che sulla storia di Caterina si sono accesi i riflettori dei media, la stessa ragazza lancia un appello sempre su Facebook, rivolto soprattutto ai giornalisti:  ”Io sono ricoverata perché sto male. Non è il momento per interviste. Poi, comunque, la mia idea l’ho espressa in tre video. Per cui gradirei, almeno per adesso, di non essere disturbata. In questo momento vorrei visite solo di amici veri. Pace e bene, migliori auguri a tutti”. Interviene anche la madre: ”E’ un momento difficile, abbiamo un sacco di cose da fare e certo questa vicenda non facilita le cose”. E un abbraccio alla ragazza arriva dall’Università di Bologna. Il direttore del dipartimento di Medicina veterinaria Pier Paolo Gatta l’ha contattata per esprimerle tutta la solidarietà e l’affetto dell’ateneo bolognese. “Le offese e le minacce – ha detto il professor Gatta – sono da respingere nel modo più categorico. Innanzitutto vogliamo fare sentire a Caterina la nostra solidarietà e la nostra vicinanza, anche perché lei sta vivendo una vita difficile”.
Biologa e con la sclerosi multipla: “Ecco perché dico no alla vivisezione”.

“Mi chiamo Susanna Penco, ho 49 anni, vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla. Sono biologa e lavoro come ricercatrice all’Università di Genova. Da sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale per due motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale pratica, e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di tutti gli animali, umani e non umani”. Comincia così la testimonianza di Susy (che lei, come leggerete, non vuole sia definita straordinaria, ma che a tutti gli effetti lo è), che ha fatto il giro del web suscitando una valanga di commenti/assensi (l’originale completo si trova a pagina 6 della rivista Orizzonti).
Una testimonianza da leggere anche perché malgrado gli sforzi, la passione, la chiarezza dell’obiettivo e la fattibilità di ciò che propone – che si sperimenti sugli umani che, come lei, volontariamente si offrono alla scienza oppure sui cadaveri – Susanna Penco non ha ancora ottenuto una sola risposta ufficiale. Dice Susy:  Sappiamo tutto delle mummie egizie. Sappiamo che cosa ha mangiato Otzi poco prima di esalare l’ultimo respiro, tra risonanze e tac sanno tutto anche dell’ultima cellula rimastagli, e allora perché non analizzare l’organismo di coloro che sono deceduti per o con la malattia di cui soffro anch’io?
Ma ecco la testimonianza:
“La mia esperienza professionale inizia tanti anni fa, quando decisi, ancor prima di laurearmi, di dedicarmi alle colture cellulari come alternativa a una ricerca da me ritenuta cruenta ed inutile. Ebbi la fortuna di incontrare le persone giuste e fu così che divenni brava a coltivare cellule esclusivamente “in vitro” e poi, da anni, esclusivamente umane. Con l’avvento di attrezzature avanguardistiche e se la ricerca in vitro fosse finanziata come dovrebbe, si potrebbero ottenere grandi risultati applicabili all’uomo. Ma qui non voglio parlare delle ricerche “in vitro”, voglio parlare di quelle “in vivo”. In vivo su chi? Ma sull’uomo, certamente, ovviamente, naturalmente. E chi, sennò?!
Mi spiego, vorrei proporre ricerche che potrebbero essere immediatamente disponibili ed applicabili al vero “bersaglio” della ricerca: la nostra specie. Ecco perché ho premesso di essere vittima di una precisa malattia. Io sono assolutamente disponibile a fare da cavia: no, non sono una visionaria fanatica pronta al sacrificio della vita per un ideale che, tra l’altro, sarebbe ritenuto ridicolo e assurdo dai più. La mia malattia è “mia”, io ne sono affetta, ma certamente c’è qualcosa in comune tra me e tutti gli altri malati: qualcosa che dovrebbe essere indagato tramite, naturalmente, accuratissime anamnesi, banche dati, analisi statistiche ed epidemiologiche, ed altro.
Qualcosa si fa, ovviamente. Ma è poco, e sapete perché? Perché la parte del leone, per i fondi stanziati o “raggranellati”attraverso varie vie, anche molto nobili, dalla beneficenza, alle donazioni in tv, ai premi, ecc, la fanno le ricerche sui topi. Insomma, si riesce a far tornare quasi normali i topi, fatti ammalare artificialmente (nessun animale al mondo, a parte l’uomo, si ammala di sclerosi multipla!) con varie terapie, che poi si rivelano, il più delle volte, o inutili per la nostra specie, oppure ci scappa addirittura il morto, come del resto per altri farmaci, altre malattie, ma stessi metodi di ricerca (animali).
Sappiamo che per ammalarsi di sclerosi multipla ci vuole, consentitemi il paragone un po’ strano, una sorta di “fedina penale sporca”: è il Dna. Dunque, verosimilmente, tutte le persone che hanno la sclerosi multipla hanno una “predisposizione”, scritta nei geni, che, quando malauguratamente si combina con altri fattori ambientali ancora sconosciuti, dà la manifestazione della malattia. Questa predisposizione è condizionata dal famoso Mhc (Major Histocompatibility Complex), che è una specie di “codice fiscale” naturale che ciascuno di noi ha, e che, come un codice fiscale burocratico, è diverso da persona a persona. Ma qualcosa in comune c’è. O non esisterebbero i trapianti, le somiglianze tra parenti, l’identità dei gemelli “veri”, ecc. Ebbene, a tutt’oggi io, e coloro che mi curano, ignoriamo il mio Mhc.
Perché, se è così importante? Perché identificare l’Mhc comporta un esame del sangue costoso… Ma perbacco, costerà sempre meno delle migliaia di ricerche su migliaia di topi che conducono al quasi nulla: i topi si rimettono dalla malattia indotta (sono state usate anche le scimmie, a dire il vero, senza risvolti utili!) eppure i risultati, incoraggianti su altre specie, non sono trasferibili all’homo sapiens sapiens.
Ecco che mi piacerebbe essere utile a me stessa e ai posteri, futuri malati di sclerosi multipla: sarebbe opportuno identificare il mio “codice fiscale biologico” (l’Mhc), propormi di sottoporre a monitoraggio, continuo nel tempo, il mio stile di vita: ad esempio, abitudini alimentari, attività fisica, farmaci assunti, e cento altre cose, sottopormi con regolarità ad esami innocui (diagnostica per immagini, dalle risonanze agli ecocolordoppler, a prelievi di sangue ed eventualmente di liquor, ad esempio). Non solo non mi peserebbe prestarmi a seguire certe regole, monitorare me stessa e “accudirmi”, magari con un accurato “diario di bordo”- né peserebbe a molti altri pazienti, lo so – ma mi sentirei utile a me stessa e agli altri. Nessuna follia, dunque. Solo buona ed etica ricerca medica sui malati, i veri protagonisti. Io degli studi sugli animali mica mi fido.
Esistono già ricerche cliniche su pazienti umani, ma, a mio modesto avviso, ancora poco coordinate, poco gestite, frammentarie, ritenute secondarie alla ricerca su animali - che comporta, a dirla tutta, una grande produzione scientifica di lavori su prestigiose riviste e… aiuta la carriera dei ricercatori. E poi, ditemi, perché nessuno mi “usa”, se sono attenta, lucidamente consenziente, diligente ed affidabile e per di più con competenze scientifiche?
Delusa dal disinteresse nei confronti di Susy viva, ho cercato di consolarmi pensando al futuro (spero lontano): quando  di me resterà la salma. Sì, avete inteso bene: ho deciso, molto tempo fa, di donare il mio cadavere all’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) affinché il mio sistema nervoso centrale difettoso (ma anche altri organi) sia indagato, studiato, osservato, analizzato, in rapporto anche con quello dei miei parenti stretti che, persuasi della bontà del gesto, hanno seguito il mio esempio, generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non c’entra nulla (gli animali, topi, cani, gatti o scimmie che siano). Naturalmente il tutto, come un testamento, è revocabile in qualsiasi momento, se si cambiasse idea. A me non capiterà!
È su animali vivi che si pratica la sperimentazione animale. Si fanno nascere apposta. Fate caso al linguaggio comune giornalistico e televisivo: gesti, avvenimenti, fatti e persone è tutto “straordinario”. Un aggettivo inflazionato. Ebbene, io desidero qualcosa di assolutamente ordinario! Nulla trovo di eroico, strano, eccezionale o straordinario nel mio auspicio, nei miei propositi. Sono alla ricerca di qualcosa di buono, che sia buono, che produca risultati buoni. Per tutti. Senza vittime.

sabato 28 dicembre 2013

IN SPAGNA VOGLIONO ILLEGALIZZARE L'ABORTO

Il percorso involutivo politico e sociale in Spagna ha compiuto un passo avanti in settimana con la proposta di illegalizzare di fatto l'aborto,se non per sporadici casi quali la gravidanza dopo uno stupro(ma anche in tal caso dietro certe garanzie legislative e temporali)e per un evidente pericolo di salute per la madre sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Il progetto legislativo,approvato dal consiglio dei ministri del destroide Rajoy,tra l'altro è firmato dal ministro della giustizia e non da quello della sanità,un sigillo ulteriore da parte della politica spagnola infettata ancora da Opus Dei,machisti e reazionari franchisti.
Numerose le proteste scatenatesi in tutto il paese per questa idea assurda che farà nuovamente più male che bene visto che fioccheranno ancora aborti clandestini o si renderà necessaria una visita in paese con leggi più adeguate:parlando di ciò pure l'Italia deve stare molto attenta in quanto questi rigurgiti medievali stanno tornando assieme ai movimenti estremisti cattolici che camminano a braccetto con quelli neofascisti.
Articolo preso da Senza Soste.

Spagna: cancellato il diritto all’aborto, è rivolta.


Prosegue in uno stato spagnolo devastato da anni di austerity e tagli l’offensiva reazionaria condotta dal governo di Mariano Rajoy. Dopo aver messo mano al diritto di manifestazione e all’istruzione pubblica, il Partito Popolare ha appena inferto un gravissimo colpo al diritto all’autodeterminazione delle donne, in particolare riportando la legge sull’interruzione di gravidanza indietro di parecchi decenni.
Ieri il consiglio dei ministri ha approvato una controriforma della precedente legge che renderà molto difficile per le donne spagnole abortire, costringendole a ricorrere alla pericolosa e costosa pratica degli aborti clandestini o a recarsi all’estero così come avveniva nel paese ai tempi della dittatura di Francisco Franco e fino al 1985.
Il progetto di legge é firmato dal ministro della giustizia Alberto Ruiz-Gallardón - e non dalla ministra della sanità, la più moderata Ana Mato - e reca l’altisonante denominazione di “Legge organica per la protezione della vita del concepito e dei diritti della donna incinta”.
Al contrario della legge del 2010 che permetteva l’aborto senza restrizioni entro la quattordicesima settimana di gestazione, il nuovo provvedimento permette l’interruzione volontaria della gravidanza solo in due casi: quando la donna è rimasta incinta in seguito ad uno stupro, oppure quando è a rischio la sua salute, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Neanche la presenza di gravi malformazioni fetali giustifica - secondo la legge - l’eventualità di interrompere la gravidanza, se non quando rappresentino una ‘pressione insopportabile’ per la madre psicologicamente parlando e quando mettano a rischio la vita del nascituro.
Per di più interrompere una gravidanza conseguenza di una violenza sessuale sarà possibile solo prima della dodicesima settimana di gestazione e solo se lo stupro è stato denunciato immediatamente dalla vittima. Anche in caso di malformazione grave del feto abortire sarà possibile solo prima della ventiduesima settimana e a decidere dovranno essere due medici esterni a quelli incaricati di eseguire l'eventuale aborto. Un vero e proprio calvario.
Dall’articolato delle legge, che di fatto cancella tutti i diritti acquisiti e riconosciuti nella legge del 2010, scompare del tutto il diritto di scelta della donna, e la possibilità di interrompere la gravidanza sarà appannaggio di due medici. E conoscendo quando forte è la lobby antiabortista all’interno della professione medica in un paese dove l’Opus Dei è una potenza economica oltre che ideologica è facile capire quanto difficile sarà per le donne accedere alla possibilità di abortire. Anche perché la "legge Gallardòn" prevede il diritto generalizzato all'obiezione di coscienza per medici e infermieri sia del settore sanitario pubblico che privato.
In ogni caso la donna dovrà sottoporsi all’umiliante “processo di consenso informato, libero e validamente emesso”, che include la partecipazione dei genitori della donna nel caso in cui sia minorenne, e un periodo di ‘riflessione’ obbligatorio di 7 giorni (attualmente era di 3) dopo esser stata informata “dei suoi diritti, degli aiuti sociali ed economici disponibili e di tutti i rischi per la sua salute che l’aborto comporta”. La sezione navarra di estrema destra del Partito Popolare, l’Unione del popolo navarro, aveva proposto che per dissuadere le donne i medici potessero usare anche delle ecografie del feto ma alla fine questa eventualità è stata rimossa dalla legge.
Un passo indietro netto, propagandisticamente realizzato dopo due anni di polemiche in nome della ‘protezione del nascituro’ e cavalcato da uno dei ministri più reazionari del governo Rajoy, quel Gallardòn che due anni fa promise al Vaticano, all’associazionismo cattolico di destra e alla lobby della sanità privata di riportare la legge a prima del 1985 quando per la prima volta le donne iberiche si videro riconosciuti alcuni dei diritti che rappresentavano la normalità nel resto del continente. “E’ nostro diritto e nostro dovere difendere la vita dal concepimento alla morte e farci carico della difesa dei diritti umani” ha tuonato Gallardòn rispondendo alle fortissime critiche delle opposizioni parlamentari di centro e sinistra e anche alle denunce di alcune associazioni mediche e di donne.
Manifestazioni contro l’offensiva reazionaria del PP si erano già tenute nei giorni scorsi di fronte a sedi del partito di Rajoy in tutto lo Stato e se ne annunciano di nuove nelle prossime ore. Ieri sera alle 19 intanto circa cinquecento persone hanno protestato davanti alla sede del Ministero della Giustizia nella capitale spagnola, convocate dal coordinamento “Decidiamo noi”. I manifestanti, soprattutto donne, hanno urlato slogan come “Il PP vuole l’aborto clandestino” e “Per Gallardòn aborto retroattivo”. Dopo un’ora circa alla protesta si sono sommati altre centinaia di attivisti del movimento 15M - quello etichettato dai media come ‘indignados’ – che hanno denunciato la nuova legge come “clericale, maschilista e medievale”. Nel corso della manifestazione tre dimostranti sono stati arrestati e accusati di resistenza, dissobedienza e attentato all’autorità. 
Rappresentanti in parlamento del Psoe (socialisti), di IU (sinistra), di Erc (repubblicani catalani), del Bng (nazionalisti galiziani) e del Pnv (regionalisti baschi) hanno promesso che faranno quanto in loro potere per stoppare la norma e che ricorreranno al Tribunale Costituzionale nel caso in cui la legge Gallardòn dovesse passare in parlamento, il che è molto probabile visto che il PP gode della maggioranza assoluta e qualche voto potrebbe arrivare anche da alcuni partiti regionalisti di ideologia conservatrice. Ma se nella società si dovesse scatenare una risposta di massa alla provocazione del PP alcuni settori più pragmatici del partito al governo potrebbero utilizzare le proteste per indurre l'ala dura legata all'Opus Dei a smussare alcuni degli articoli più contestati.
I video
Marco Santopadre
21 dicembre 2013

venerdì 27 dicembre 2013

RISARCIMENTI PER"I FATTI DI PISTOIA"

Si sono conclusi positivamente dopo quattro anni di indagini i così detti"fatti di Pistoia",che anche facendo riferimento a questo link(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/10/fogna-pound.html )indicano l'aggressione avvenuta nella sede della città toscana di Caga Povnd e per la quale furono arrestati dei compagni che erano presenti nella stessa zona presso la sede Arci Primo Maggio,mentre erano riuniti in un'assemblea.
Da subito dichiaratisi estranei ai fatti furono incriminati non tanto per fatti oggettivi e prove tangibili ma per un vero e proprio accanimento di digossini,sbirri e politici del Pdl ai tempi molto legati al movimento neofascista(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2010/09/dossier-sulle-amicizie-tra.html ).
Dopo i fatti dell'undici ottobre 2009 nacque un comitato che aiutò e supportò i giovani arrestati fino all'atto ultimo di pochi giorni fa che oltre la libertà ottenuta da tempo e l'infondatezza dell'impianto accusatorio si è riusciti ad ottenere il massimo del risarcimento dovuto in questi casi da parte dello Stato grazie alla sentenza della Corte d'Appello di Firenze.
Detto ciò bisogna chiudere tutti i covi nazifascisti di Ca$$a Povnd e simili fogne.

Fatti di Pistoia: risarcimento per ingiusta detenzione.

Accolta in pieno la prima richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione degli imputati dei fatti di Pistoia a distanza di oltre 4 anni. La Corte di Appello di Firenze impone allo Stato 15000 euro di risarcimento perché la Procura e i giudici di Pistoia ordinarono la detenzione senza indizi di colpevolezza e ribadisce l'inattendibilità dei testimoni dell'accusa.
L'11 ottobre 2009 durante una riunione regionale per contrastare il decreto sicurezza del Governo Berlusconi (che introdusse CIE e tentò di istituire le «ronde») la polizia di Pistoia fece irruzione nell'ex circolo Arci 1° maggio con il pretesto di effettuare indagini su danneggiamenti avvenuti alla sede pistoiese di Casa Pound. La perquisizione, che diede esito negativo, si concluse comunque con la traduzione in carcere di tre persone e con l'arresto di altre quattro nei giorni successivi oltre a un minorenne. Con l'uso strumentale del reato di “devastazione e saccheggio” (accusa per cui tutti gli imputati sono stati assolti in primo grado) gli imputati furono detenuti per quattro mesi agli arresti domiciliari e soggetti ad altre misure cautelari per altri sei, per un totale di 10 mesi di privazione della libertà.
Dopo 4 anni l'iter processuale non si è ancora concluso, ma nel frattempo due imputati sono stati assolti e i vari procedimenti collaterali si sono conclusi tutti a favore degli imputati. Il 28 ottobre scorso la Corte di Appello di Firenze si è pronunciata sulla prima istanza di risarcimento presentata, ordinando la liquidazione di 15000 euro, cifra identica a quella richiesta dalla difesa e che corrisponde al massimo consentito. Le motivazioni della sentenza accolgono in pieno le ragioni che portarono alla creazione del nostro comitato per opporci a questo abuso giudiziario.
Al di là del mero aspetto economico, il nostro comitato ha sempre chiesto la piena assoluzione di tutti gli imputati e ravvisa anche in questo pronunciamento la conferma di tutto ciò che abbiamo sempre sostenuto. Riportiamo alcuni stralci dall'ordinanza:«la misura cautelare disposta dal GIP di Pistoia si basava su una errata qualificazione giuridica dei fatti contestati (dai quali l'imputato è stato comunque ritenuto estraneo)»«Determinanti ai fini dell'esecuzione dell'arresto da parte degli operanti e dell'emissione della misura cautelare da parte del GIP sono stati, infatti, i riconoscimenti fotografici da parte dei testi Lucarelli e Dessì i quali, tuttavia, in sede dibattimentale, hanno reso dichiarazioni contraddittorie e incongruenti in ordine al riconoscimento [...] tali da farli ritenere inattendibili»

Comitato Parenti e Amici degli accusati livornesi per i fatti di Pistoia
22 dicembre 2013

giovedì 26 dicembre 2013

DA UN LAGER VERSO UN ALTRO

Due parole sono più che spendibili a distanza di qualche giorno dopo che le immagini fuori dal tempo e dalla misura di umanità trasmesse da Rai Due hanno testimoniato le operazioni di disinfestazione anti scabbia avvenute nei confronti dei migranti sequestrati all'interno dell'inferno del Cie di Lampedusa.
Fatti ripresi di nascosto e quindi si può solo immaginare la reale situazione che si vive all'interno di quelle gabbie.
Oltre a questo link suggerito(http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/10104-lampedusa-farsa-di-uno-sgombero-di-natale )che parla della cronaca e dello sgombero di quasi tutti gli imprigionati nel lager lampedusano verso altri campi di concentramento distribuiti in tutta Italia,ho proposto questo sottostante di Senza Soste che parla del business dell'immigrazione e dell'accoglienza che definirla tale è un non senso.
Una delle fonti di maggiore polemica e vergogna secondo me è stato l'intervento del giovane deputato del Pd Chaouki,che ha visitato quel centro facendo finta di esservi rinchiuso condannando un sistema carcerario vero e proprio creato e votato anche dal suo partito di appartenza:ovvio che la legge Bossi Fini deva essere non solo cambiata ma cancellata in quanto è un editto che è un vero e proprio sopruso verso i diritti e la dignità umana.
Altri link sui Cie qui:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/04/i-nuovi-deportati.html .

Centri immigrati, business bipartisan: Legacoop e Cl a gestire le emergenze.  
Guadagnare con i centri d’accoglienza. Lampedusa e Mineo: stessi gestori
Ad amministrare il Cara in provincia di Catania è un raggruppamento temporaneo di imprese vicine a Legacoop, Comunione e Liberazione, ed esponenti vicini al Nuovo centrodestra. Il consorzio Sisifo, oltre ad essere finito nella bufera dopo la diffusione del video shock della disinfestazione trasmesso dal Tg2, ha appena vinto anche l'appalto per Cara di Foggia e amministra anche il Cspa di Cagliari. 
 
Ha annunciato in pompa magna che a Lampedusa verrà mandata la Croce Rossa. Ma mentre Angelino Alfano era intento a spiegare che il consorzio Sisifo verrà esautorato dalla gestione del centro di accoglienza lampedusano (controllato tramite la cooperativa Lampedusa Accoglienza), pochi chilometri più a nord si consumava l’ennesimo delitto senza carnefici: Mulue aveva 21 anni, era eritreo e da maggio attendeva nel Cara di Mineo di ricevere lo status di rifugiato politico. Status che non arriverà mai perché pochi giorni fa Mulue ha deciso di togliersi la vita. Un suicidio anonimo, senza telecamere e titoli sui giornali. Perché se a Lampedusa il video dei migranti disinfettati con l’idrante ha gettato nella bufera i gestori del centro di accoglienza, a Mineo le cose procedono invece senza troppo clamore, malgrado i gestori siano gli stessi.
È un centro importante quello di Mineo, forse tra i più grandi d’Europa: è nato in poche ore il 18 marzo del 2011 quando durante le rivolte in nord Africa venne dichiarato lo stato d’emergenza dal governo Berlusconi. Ed è in questo lembo di terra in provincia di Catania, settantamila ettari tra alberi di arance e limoni, che il Ministero pensò bene di allestire il centro per richiedenti asilo. C’erano già 403 appartamenti costruiti quattordici anni prima dalla Pizzarotti e Co. di Parma per essere affittati alle famiglie dei militari statunitensi, di stanza nella vicina Sigonella. Solo che nel 2010 i militari americano decidono di lasciare le villette di Mineo. Poco male, perché poco dopo arriva il Ministero a salvare la Pizzarotti con un indennizzo da sei milioni di euro all’anno: in quel complesso nasce quindi il centro per richiedenti asilo più grande d’Europa.
Ad amministrare il centro in provincia di Catania, c’è un raggruppamento temporaneo di imprese guidato dalla stessa Sisifo, che oltre ad essere finita nella bufera per la gestione del centro di Lampedusa, ha appena vinto anche l’appalto per Cara di Foggia e amministra il Cspa (Centro di soccorso e prima accoglienza) di Cagliari. È un raggruppamento bipartisan quello che ha in mano il Cara di Mineo: oltre a Sisifo, che aderisce alla Legacoop, c’è anche la Cascina Social Service, che si occupa di fornire i pasti ai migranti ed è legatissima a Comunione e Liberazione. Oltre a cattolici e Legacoop, però, hanno trovato rappresentanza nella gestione del Cara di Mineo anche ambienti di centrodestra: fino all’anno scorso il responsabile del centro era il presidente della provincia di Catania Giuseppe Castiglione, poi eletto deputato nelle fila del Pdl, e oggi luogotenente di Alfano e del Nuovo centrodestra in Sicilia.
L’ombra del ministro dell’Interno nella gestione del Cara Mineo si allunga però fino a oggi, dato che dopo il commissariamento delle province siciliane, l’ente attuatore del Cara è diventato il consorzio Calatino Terra di Accoglienza che raggruppa i comuni della zona. La poltrona di presidente del consorzio però non ha cambiato proprietario: in sella è rimasto fino a pochi mesi fa Castiglione, oggi sottosegretario all’Agricoltura del Nuovo Centrocestra. A sostituirlo un altro militante del nuovo partito di Alfano, Anna Aloisi, neo eletta sindaco di Mineo e segnalata più volte nei pressi del Centro d’accoglienza (con cui collaborava da avvocato) in campagna elettorale.
Al Cara di Mineo lavorano infatti più di 250 persone: numeri importanti in tempi di elezioni amministrative in un comune che conta cinquemila abitanti. Ma non solo: sono circa quattromila gli ospiti registrati mediamente ogni giorno nel Cara siciliano. Dovrebbero soggiornare poche settimane in attesa di ricevere asilo politico: così non è, dato che le lungaggini burocratiche protraggono la permanenza dei richiedenti nel centro. E di riflesso si allunga anche il contributo che lo Stato elargisce ai gestori di Mineo: 36 euro quotidiane per ogni migrante, per un totale di 144mila euro al giorno, e più di 40 milioni ogni anno. Un vero e proprio affare, con entrate fisse e sicure, che fa del Cara in provincia di Catania l’azienda principale della zona, tra le più ricche dell’intera Sicilia, dove un bilancio a sette zeri è una vera rarità.
Giuseppe Pipitone | 24 dicembre 2013 Il Fatto Quotidiano

mercoledì 25 dicembre 2013

DASVIDANIA TOVARISH

Si terranno domani i funerali di Mikhail Kalashnikov,il padre del famoso fucile Ak 47 successivamente soprannominato con il suo cognome,un'arma che ha cambiato le sorti di molti conflitti e che se pur essendo strumento di morte possiede una sorta di romanticismo e numerose guerre sono state combattute,e poi raccontate in libri e film,con questi fucili come principale mezzo di offesa.
Senza il Kalashnikov molti popoli oppressi e di tutto il mondo ora sarebbero ancora sotto le grinfie di dittatori e tiranni,e la praticità e la durata ne hanno fatto l'arma più venduta al mondo e ancor oggi dal primo modello sono stati creati altri fucili con caratteristiche più attuali.
L'articolo è preso da:http://italian.ruvr.ru/2013_12_24/In-Russia-si-spegne-Mikhail-Kalashnikov-padre-del-famoso-fucile-d-assalto/ .

Addio a Mikhail Kalashnikov, “padre” del famoso fucile d’assalto.

Il 23 dicembre, all'età di 94 anni,è deceduto l'ingengere Mikhail Kalashnikov, inventore del fucile d’assalto AK-47, meglio conosciuto come “Kalashnikov”. Oggi le varie versioni del suo fucile vengono usate da più di 50 eserciti del mondo.Il nome di Mikhail Kalashnikov è conosciuto in tutto il mondo. Era socio e professore onorario di molte accademie e università della Russia, Stati Uniti, Cina...

Kalashnikov e’ nato il 10 novembre 1919 nel territorio dell’Altaj, in Siberia Occidentale. Era figlio di una grande famiglia contadina. Nel 1938 e’ stato chiamato sotto le armi e destinato ad un reggimento di carri armati. Gia’ allora ha dimostrato la sua capacita’ di inventore. In agosto 1941, dopo l’inizio della Grande Guerra Patriottica, e’ stato inviato al fronte. Poco dopo e’ rimasto gravemente ferito, ma in ospedale ha continuato la sua attivita’ di ingegnere.
Le caratteristiche essenziali del fucile di Kalashnikov sono la facilita’ d’uso, l’affidabilita’ e la durata. Gli esperti di tutto il mondo hanno scelto l’AK-47 come la migliore arma del XX secolo. Il “Kalashnikov” e’ entrato nel Guinness dei Primati.
Dice il redattore della rivista “Nazionalnaja oborona” (Difesa nazionale) Igor Korotchenko.
Mikhail Kalashnikov ha creato una decina di armi di vari tipi. Il suo contributo alla sicurezza e alla difesa del paese e’ davvero inestimabile. Ancora oggi la principale arma del nostro esercito e’ il “Kalashnikov”. I meriti di Kalashnikov non si possono sopravvalutare.
Sulla base del fucile di Kalashnikov sono state sviluppate circa 150 versioni di armi militari e ad uso civile, comprese mitragliatrici, carabine e fucili da caccia.
L’ufficio dove ha lavorato Mikhail Kalashnikov diventera’ un museo. Lo ha comunicato il direttore generale del gruppo “Kalashnikov”, Konstantin Busyghin. A Mosca e Tula potrebbero comparire delle vie intitolate al grande inventore.
Durante la seduta di martedi’ i deputati del Consiglio di Stato dell’Udmurtia hanno ricordato Mikhail Kalashnikov con un minuto di raccoglimento. Gia’ ieri notte gli abitanti di Izhevsk, citta’ dove Kalashnikov e’ vissuto per oltre mezzo secolo, hanno cominciato a portare i fiori al monumento dell’ingegnere. Commentando la scomparsa di Mikhail Kalashnikov, il vice presidente dell’Accademia geopolitica della Russia, Konstantin Sivkov, ha detto che e’ una perdita grandissima per la Russia e per tutto il mondo.
Messaggi di condoglianze alla famiglia di Kalashnikov sono perventuti da parte dei dirigenti della Russia e di molti paesi esteri tra cui Bielorussia, Kirghizia, Corea del Nord e Cina. Il capo della Repubblica dell’Udmurtia, Aleksandr Volkov, ha inviato ai familiari dell’inventore un telegramma nel quale ha scritto: “Si e’ spento uno dei piu’ brillanti, piu’ capaci e piu’ coerenti patrioti della Russia che ha dedicato alla Patria tutta la sua vita. Mikhail Kalashnikov e’ l’orgoglio dell’Udmurtia e di tutta la Russia”.
Il funerale di Mikhail Kalashnikov si terra’ il 26 dicembre a Izhevsk in presenza di varie delegazioni straniere.

martedì 24 dicembre 2013

LA DIFESA DEL ROTE FLORA

Sono passati alcune ore ma la guerriglia avvenuta ad Amburgo per lo sgombero del centro sociale Rote Flora ha visto parecchi compagni impegnati in una strenua lotta ad armi impari contro centinaia di sbirri equipaggiati in assetto antisommossa.
Decine i feriti da entrambe le parti e numerosi antagonisti arrestati per aver difeso uno spazio simbolo della città tedesca che ha intere zone off limits per nazisti come quella del quartiere St.Pauli:il breve articolo preso da Euronews è correlato pure da video che testimoniano gli scontri avvenuti:(http://it.euronews.com/2013/12/22/guerriglia-ad-amburgo-per-sgombero-centro-sociale/ ).

Guerriglia ad Amburgo per sgombero centro sociale

Il centro di Amburgo trasformato in zona di guerriglia urbana a causa degli scontri che un nutrito gruppo di autonomi ha scatenato con la polizia. Motivo del contendere lo sgombero del teatro Rote Flora. Un centinaio i poliziotti impiegati. Decine gli arresti.
Secondo un portavoce la risposta violenta degli occupanti era quasi un atto dovuto per mettere sotto pressione le autorità, visto il rifiuto di qualsiasi discussione da parte del comune a sedersi attorno a un tavolo.
Il teatro Rote Flora è stato occupato per la prima volta dal 1989 diventando poi una specie di collettore del mondo di sinistra della città anseatica. La protesta riguardava anche una serie di sfratti forzati in quartieri amburghesi. E questo malgrado la crisi degli alloggi in città. Una politica combattuta da molti dei manifestanti in strada.
Copyright © 2013 euronews

lunedì 23 dicembre 2013

TOCCARSI I COGLIONI

L'articolo di oggi che parla delle proposte di Renzi neo segretario nazionale del Pd in campo lavorativo non sono per nulla liete soprattutto se si pensa al clima natalizio:infatti più che altro nei suoi proponimenti ci sono minacce e un'ulteriore peggioramento dei diritti dei lavoratori spremendo di nuovo l'articolo 18.
Senza Soste parla dell'ennesimo portare avanti le politiche neoliberiste tanto care alla destra e a Confindustria,che necessariamente plaudono a questa insulsa proposta renziana che faciliterebbe sempre più i licenziamenti da parte dei padroni,con la semplice e pura cancellazione dell'articolo 18 per i neoassunti e per i primi tre anni e ci sarebbe l'ipotesi della nascita di un contratto unico di lavoro valido per tutti i mestieri.
Oltre al bene placito ottenuto da Squinzi e dalla destra per ora pure Cgil e Fiom sembrano non chiudere a questa politica che aumenterebbe indecentemente la disoccupazione e che metterebbe seriamente i lavoratori in uno stato di miseria sia lavorativa che sociale:andando avanti così(e in certi settori è già realtà)dovremmo lavorare senza indennità alcuna per quanto riguarda malattia,senza ferie e con orari e turni assurdi scelti dal padronato senza possibilità di metterci parola.
Un altro articolo preso da Infoaut descrive la stessa notizia ma con altri spunti(tra cui pure la paventata sospensione della Google tax che continuerebbe a non far pagare tasse a chi lucra e fa guadagni milionari nel web e che hanno sedi in paradisi fiscali):http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/10087-job-act-il-mondo-del-lavoro-secondo-renzi .

Gli avanzi del nuovo: Renzi contro i diritti dei lavoratori e in difesa di Google. 
Il peggior lascito del ventennio berlusconiano si chiama Matteo Renzi. Nonostante il colpo di fulmine che ha provocato in Maurizio Landini, penso che il segretario del PD rappresenti l’ennesima riverniciatura delle politiche liberiste che ci han portato a questa crisi e che ora la stanno aggravando. Lo dimostrano i primi suoi atti di governo.
Il suo staff sta preparando un altro attacco all’articolo 18, quello che nell’Italia garantista solo verso i potenti suscita scandalo perché stabilisce che chi è licenziato ingiustamente, se il giudice gli dà ragione, deve tornare al suo posto di lavoro. Questo principio di civiltà ha già molte limitazioni, non si applica sotto i quindici dipendenti ed è reso nullo dalla marea di contratti precari. Inoltre con un accordo con il governo Monti CGIL CISL UIL hanno accettato di liberalizzare i licenziamenti cosiddetti economici, che in una crisi come questa significa via libera alla cacciata di tante e tanti. Ma nonostante questo ultimo atto di autolesionismo sindacale Renzi vuole di più.
Il progetto per il lavoro annunciato dal suo staff prevede la cancellazione dell’articolo 18 per tutti i nuovi assunti. In cambio verrebbero diminuiti i contratti formalmente precari. Questo per la ovvia ragione che essendo possibile il licenziamento a discrezione, il contratto precario perderebbe ragione d’essere. Se posso cacciarti quando voglio perché devo scervellarmi a trovare il contratto capestro più adeguato, semplicissimo no?
È ovvio che questo è solo un passaggio intermedio verso l’abolizione totale della tutela contro i licenziamenti ingiusti. Infatti se tutti i nuovi assunti saranno privi di quella tutela per un bel po’ di tempo, le aziende saranno interessate a chiudere e licenziare per riassumere senza diritti. E chi li dovesse mantenere sarebbe considerato un privilegiato da combattere. Il renziano Pietro Ichino sostiene anni che nel mondo del lavoro vige l’apartheid come nel Sudafrica prima della vittoria di Mandela. Peccato che così si faccia l’eguaglianza a rovescio. Come se in quel paese, invece che estendere ai neri i diritti dei bianchi, si fosse deciso di rendere tutti eguali togliendo quei diritti a tutti.
La soppressione dell’articolo 18 non è certo una novità. Da sempre in Italia è rivendicata dalle organizzazioni delle imprese quando non sanno che dire e fu tentata dal governo Berlusconi nel 2002. La CGIL di allora però riuscì a impedirla.
In Spagna i governi hanno da tempo liberalizzato i licenziamenti, e quel paese oggi è l’unico grande stato europeo con un tasso di disoccupazione superiore al nostro. In Francia ci provò il presidente Sarkozy a introdurre una misura simile a quella che piace oggi a Renzi. Fu fermato da una gigantesca protesta giovanile e popolare.
La seconda iniziativa del neoeletto leader è stata quella di mettersi di traverso rispetto a quella che è stata chiamata la Google tax. Cioè un tenuissimo provvedimento di tassazione sugli affari delle grandi multinazionali che operano nella rete e che hanno sede legale in paradisi fiscali. Queste società guadagnano miliardi da noi e non pagano un centesimo, come ha ricordato quel comunista di Carlo De Benedetti. E come soprattutto ricorda la Corte dei Conti, che da tempo afferma che la quota più rilevante dei tanti miliardi che mancano al fisco viene dalla elusione fiscale delle grandi società che giocano con le sedi legali all’estero.
Il progressista Renzi ha subito detto a Letta che questa tassa non s’ha da fare, e così è stato.
Viene da chiedersi, ma dove sta il nuovo in tutto questo? Sviluppare l’economia con la flessibilità del lavoro e la detassazione dei ricchi e delle multinazionali, è il principio guida delle politiche liberiste che hanno dominato negli ultime trenta anni. Siamo ancora qui, sono queste le “riforme”?
Se è così, il progetto di Matteo Renzi più che essere il nuovo che avanza, è l’avanzo di quel nuovo che ci ha portato al disastro attuale.
Giorgio Cremaschi
21 diembre 2013

sabato 21 dicembre 2013

L'AZIONARIATO DI"LA REPUBBLICA"E GLI INTERESSI"SI TAV"

L'articolo odierno preso da Senza Soste parla del quotidiano La Repubblica e di quello che da anni porta avanti,supportato politicamente dal Pd e dalle altre forze"Si Tav",ovvero della politica masochista di essere favorevoli al progetto Tav,una delle grandi opere che come facciata ha un pretestuoso compito di limare orari nei trasporti ferroviari falcidiando valli e paesaggi naturali e che dietro la maschera nasconde contratti ed appalti verso amici di amici e pure in area malavitosa se non bastasse.
Infatti tutti questi progetti di ampio interesse,vedi anche Expo 2015,ingolosiscono parecchio la criminalità organizzata che con le proprie collusioni con certi ambienti politici ne traggono cospicui vantaggi.
Qui sotto si parla di numeri,di percentuali,di azioni e di Spa,ma anche di matrioske e di società che fanno parte del mondo azionario che sostgono il quotidiano,e spulciando qua e là si notano che parecchi azionisti hanno più di un interesse a volere la Tav a qualunque prezzo,a scapito dei cittadini della Val Susa e non solo.
L'articolo di riferimento è questo e vi sono anche gli schemi dei vari azionisti:http://www.senzasoste.it/media-e-potere/perche-la-repubblica-e-si-tav .

Perché La Repubblica è Sì Tav?
Inizia oggi un piccolo viaggio a puntate a bassa velocità dentro interessanti meandri societari per analizzare se i quotidiani/media che scrivono di TAV Torino-Lione in salsa SI TAV siano neutri oppure no rispetto alla eventuale realizzazione della Torino-Lione.
Quando la linea editoriale pluriennale di un mezzo di comunicazione è favorevole al progetto di un’opera pubblica può essere per tante ragioni, il frutto del caso, la posizione personale di un determinato caporedattore locale, l’adesione ad un progetto politico oppure –  spesso è così –uno specifico interesse economico della società editrice.
L’articolo 21 della Risoluzione del Consiglio d’Europa 1003 del 1° luglio 1993 definisce incompatibili con il corretto giornalismo investigativo  campagne giornalistiche realizzate sulla base di prese di posizioni “al servizio di interessi particolari”, ma questo articolo evidentemente è rimasto sulla carta: è un dato di fatto che gli interessi particolari riescano a farsi strada eccome nel mondo della c.d. informazione o la determinino, basta pensare a Mediaset, utilizzata massivamente per le campagne personali e particolarissime dell’azionista di maggioranza.
Per una piena comprensione delle scelte editoriali e per valutare l’affidabilità o meno del messaggio divulgato, è quindi indispensabile conoscere chi controlla ogni determinato media.
Individuati i proprietari, cioè gli azionisti, bisognerà poi cercare i loro settori di attività e chiedersi, ad esempio nel caso delle opere pubbliche, se abbiano o potranno avere in futuro un interesse economico all’espansione delle infrastrutture. Se non ci sarà alcun tipo di collegamento, si potrà dire serenamente che la linea editoriale favorevole sia stata determinata dall’adesione ad un progetto o pensiero politico o da altri fattori incidentali/economicamente neutri.
Al contrario, se si scoprirà un potenziale o concreto beneficio per i proprietari del media, esempio dalla realizzazione e poi messa in esercizio di linee ferroviarie ad alta velocità, allora non si potrà dire che quel media sia neutro ed equidistante dalle posizioni sul campo pro o contro, nè il suo messaggio affidabile quanto quello di un altro media disinteressato.
Partiamo allora per questo viaggio alla ricerca di eventuali conflitti di interesse con La Repubblica, quotidiano di carta stampata e internet, che da anni, in particolare con la redazione di Repubblica Torino, sostiene una campagna contemporaneamente SI TAV e contro-NO TAV.
La Repubblica è il titolo di un quotidiano/prodotto editoriale del Gruppo Espresso S.p.A.
L’azionista di riferimento del Gruppo Espresso è CIR S.p.A., con il 53,8%.
Vediamo chi sono i suoi principali azionisti.
Il fondo spagnolo Bestinver Gestion S.A. detiene il 13,2% di CIR all’agosto 2013 (era l’11,4% al maggio 2013 (http://www.cirgroup.it/investitori/principali-azionisti.html), ed è quindi il secondo azionista dell’intero gruppo.
Bestinver Gestion S.A. detiene poi direttamente l’1,9% di Gruppo Espresso al novembre 2013 (era il 2,2% al 18.4.2013)
(http://www.gruppoespresso.it/index.php?id=38).
A questo punto vi chiederete perché insistere tanto su Bestinver, e la risposta è che Bestinver Gestion S.A. è controllato al 100% dal gruppo spagnolo Acciona, che fa molte cose tra cui costruire linee ferroviarie ad Alta Velocitàfornire corrente elettrica a linee ferroviarie (http://www.acciona.es/lineas-de-negocio/proyectos-emblematicos/linea-de-alta-velocidad).
Ricapitolando: Acciona, società spagnola che costruisce, gestisce e mantiene linee ferroviarie ad AV, attraverso Bestinver controlla il 13% del principale azionista di L’Espresso S.p.A. e La Repubblica, ed è un azionista diretto dei due media.
Ma non solo.
CIR S.p.A. è anche l’azionista di maggioranza di Sorgenia S.p.A., una società italiana che si definisce il ‘secondo fornitore elettrico delle aziende italiane’ ed il primo ‘operatore privato nel mercato italiano dell’energia elettrica e del gas naturale’ e come tutti sanno, i treni ad AV vanno a corrente elettrica acquistata da fornitori, e così nel 2013Acciona (azionista di CIR S.p.A. e quindi di Sorgenia S.p.A.) si è aggiudicata un appalto da 200 milioni di € dal governo spagnolo per alimentare le reti ferroviarie spagnole tradizionali e AV.
Torniamo allo scopo dell’inchiesta.
Si può dire che queste aziende (CIR S.p.A.-Acciona S.A.) siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie?
Si può dire che siano disinteressate allo sviluppo delle linee AV ferroviarie in Italia? Considerate che Acciona S.A. con il suo gruppo non opera solo in Spagna, ma per fare un esempio, si era candidata a costruire il TAV in California e negli Emirati Arabi Uniti).
Si può ipotizzare che preferiscano un’espansione dei chilometri di cantieri da costruire ed un aumento della domanda di corrente elettrica?
Si può ipotizzare, estremizzando, che in Italia preferiscano il SI TAV anziché il NO TAV?
Certo, senza conoscere quello che capita nei consigli di amministrazione delle due società non è possibile stabilire o escludere un automatismo ‘potenziali interessi-linea editoriale SI TAV’, né è detto che i redattori locali di La Repubblica Torino che seguono le vicende TAV come il geniale Meo Ponte, conoscano i retroscena e la distribuzione di quote societarie della società per cui lavorano.
Ma si può dire con sicurezza che la linea editoriale complessiva, che da anni fa opinione e pressione su lettori e politici, è nettamente in salsa SI TAV, e che sulla carta ci sono elementi che la possono spiegare. E questo, in conclusione, è un elemento su cui bisogna ragionare quando si leggono gli articoli di La Repubblica Torino…o quando si cercano, senza trovarle, inchieste e notizie scomode.
Alla prossima puntata.
John Siccardi.
tratto da Notav.info
17 dicembre 2013

venerdì 20 dicembre 2013

BUONI SPESA PER I POVERI E REDDITO MINIMO GARANTITO

Prendendo spunto dall'articolo di Infoaut che parla di presidi e picchetti presso alcuni supermercati di Pisa attuati da alcuni disoccupati e famiglie di quartieri popolari per rivendicare dei buoni spesa per i più poveri,faccio riferimento alla proposta avanzata da qualche movimento politico che vuole sia creato un reddito minimo garantito per tutti gli italiani che ne hanno bisogno.
Uno dei motivi principali è quello che è utopico pensare che in questi tempi,arrivati ad un certo punto di alto livello tecnologico nel campo lavorativo,che i milioni di disoccupati possano concretamente trovare un posto di lavoro:inutile,non ci sono e quindi la gente senza impiego non solo non riuscirà a trovarlo ma anzi questo numero continuerà ad aumentare.
E'quindi necessario trovare il modo di poter dare a ciascun cittadino bisognoso un reddito statale per non solo vivere dignitosamente ma anche in secondo luogo poter aiutare l'economia a girare meglio,a poter spendere questi soldi per migliorare le condizioni di tutti,dall'operaio al commerciante e cominciare questo sì a creare dei nuovi posti di lavoro.

Pisa: ancora picchetti anti-crisi ai supermercati per i buoni spesa.

Pisa - Sta crescendo la mobilitazione dei disoccupati e delle famiglie dei quartieri popolari che in questi giorni stanno assediando i diversi supermercati della città. Sabato scorso una manifestazione a cui hanno partecipato circa 200 persone aveva raggiunto la Pam di via Pascoli in Corso Italia. Questo pomeriggio durante l'ora di pranzo, una cinquantina di famiglie del Progetto Prendocasa e del quartiere di Sant'Ermete hanno fatto visita alla Coop e successivamente alla Pam di Cisanello.
Le famiglie e i giovani dei quartieri hanno riempito i carrelli di beni alimentari e hanno bloccato le casse dei supermercati. Con megafoni e cartelloni hanno richiesto di parlare con i direttori dei supermercati. Durante il blocco è stato volantinato il progetto della mensa popolare di Sant'Ermete che gli abitanti del quartiere hanno intenzione di allestire se riceveranno i buoni spesa dalle grandi catene dei supermercati della città.
In questi tre picchetti di questi giorni, i direttori sono stati invitati ad un incontro convocato per il 20 gennaio, a cui i manifestanti richiedono la partecipazione anche degli assessori al sociale e al commercio Sandra Capuzzi e David Gay, per discutere sulle richieste dei disoccupati.
Questa protesta sta riscuotendo una buona partecipazione e curiosità delle persone che si trovano nei supermercati nei momenti dei blitz: anche oggi tanta gente rimasta bloccata ed i cassieri che lavorano, hanno preferito mettersi dalla parte di chi pretende cibo e reddito applaudendo durante gli interventi senza polemizzare per il disagio.
I picchetti anti-crisi ai supermercati continueranno anche nei prossimi giorni: il 24 dicembre, per la vigilia di natale, è prevista un'altra mobilitazione in tutti i supermercati della città.

Di seguito pubblichiamo il progetto della mensa popolare di Sant'Ermete:

Il comitato di quartiere di Sant'Ermete è attivo da molti mesi con l'intento di promuovere attività finalizzate all'arricchimento culturale, sociale ed economico per tutti gli abitanti del quartiere. In particolar modo tramite iniziative di monitoraggio e censimento della popolazione sociale abbiamo rilevato quanto siano insufficienti gli strumenti istituzionali di assistenza sociale volti a salvaguardare alcuni diritti fondamentali. La povertà nel nostro quartiere è fortemente in crescita ed aumentano vertiginosamente le persone che a causa della disoccupazione e della mancanza di reddito non possono permettersi una dieta alimentare dignitosa. Interi nuclei familiari rinunciano a un pasto al giorno, non soddisfacendo gli standard minimi dei principi nutritivi.
La crisi dovuta a licenziamenti e mancanza di un reddito minimo garantito viene acuita dall'aumento dei prezzi alimentari e di prima necessità. Le opere di carità esternalizzate dai servizi sociali a cooperative o ad associazioni di volontariato in molti casi intensificano il fenomeno sociale dell'assistenzialismo, aggravando l'isolamento, la mancanza di stima e di fiducia nei propri confronti e la ricattabilità sociale.
Pensiamo che sia arrivato il momento di fare delle nostre capacità un utilizzo autonomo ed indipendente per soddisfare i nostri bisogni elementari: per questo pretendiamo che le grandi catene di distribuzione organizzata - che da anni tramite la liberalizzazione del commercio fanno enormi fatturati speculando sui bisogni primari – paghino un contributo sociale sotto forma di buoni spesa per i disoccupati. Da parte nostra ci vogliamo impegnare in attività di auto-produzione agricola; nella realizzazione di una spazio per la distribuzione di materiali di prima necessità per i bambini (pannoloni, latte, creme..) e nella produzione di una mensa sociale autogestita nel quartiere.

giovedì 19 dicembre 2013

LA PIAZZA METICCIA

Mentre ieri a Roma era attesa la giornata dei forconi,diciamo mezzi perché molti comitati come quello veneto e quello siciliano hanno deciso di non partecipare,c'è stato l'exploit del corteo organizzato dai movimenti sociali romani e denominato"Libertà di movimento per la piazza meticcia"partito da Piazzale Esquilino che in ordine di presenze ha doppiato il concentramento di Piazza del Popolo.
Duemila poliziotti richiamati per la manifestazione dei forconi,infarcita di merde razziste e xenofobe delle sigle più famose dei fasci del terzo millennio,(praticamente uno a testa per manifestante)mentre per il corteo meticcio un servizio d'ordine interno in quanto vi ci sono trovati quasi solo romani,sia studenti,lavoratori,precari,migranti e rifugiati,insomma è stata molto più partecipata e viva questa di soli cittadini della capitale che quella che doveva richiamare tutti gli italiani.
Sui contenuti proposti non c'è da fare nemmeno un paragone,con i forconi che ululavano più che altro l'inno d'Italia e le solite frasi da bar contro politicanti e contro le tasse,mentre la protesta di piazzale Esquilino ha avuto come idea di fondo i diritti per i rifugiati ed i migranti,anche dopo aver visto cosa accade a Lampedusa,a margine della giornata globale della loro lotta.
Un plauso a chi ha saputo organizzare questa bella iniziativa che è andata avanti senza nessun intoppo ed incidente,un calcio in faccia invece ai vari ca$$sapoundisti e sforzauovisti presenti a Roma quello stesso giorno.
Articolo preso da Infoaut.

Libertà di movimento per la piazza meticcia #18D movimenti a piazzale Esquilino [aggiornamenti].

Mentre nella stessa città si stava svolgendo la marcetta su Roma, oggi più di 6mila persone hanno manifestato a Roma per i diritti dei migranti e dei rifugiati. Un corteo che ancora una volta ha dimostrato la determinazione a riappropriarsi di una dignità che spesso le istituzioni cercano di strappare non solo ai migranti ma anche ad una larga fetta di popolazione che vive sulle proprie spalle il peso di un'austerità che attanaglia giorno dopo giorno.
ore 19.30: Dopo essere passato dal Castro Pretorio, il corteo arriva sotto l'ambasciata tedesca completamente militarizzata. Il corteo si sta dirigendo verso piazza Indipendenza, avviandosi alla conclusione.
ore 19.00: La manifestazione giunge in questo momento alla Sapienza. Oltre 6mila gli studenti, precari, migranti insieme per riconquistare un presente degno.
Le rivendicazioni portate in piazza, e lo dicono chiaramente gli interventi che continuano a susseguirsi, sono la chiusura di tutti i Cie, la cancellazione della Bossi Fini  e una legge organica sul diritto d’asilo, oltre che rivendicare il diritto all’abitare per tutte e tutti.
ore 18.45: Il corteo a cui stanno partecipando migliaia di persone, non solo migranti ma anche i movimenti per il diritto alla casa, occupanti di case e solidali, sta attraversando le strade dello storico quartiere di San Lorenzo. Numerosi gli interventi al microfono durante il corteo che reclamano dignità e che voglino opporsi al business dell'accoglienza a danno di rifugiati e migranti.
ore 18.30: Mentre a Roma il corteo si dirige verso San Lorenzo, a Bologna si sono verificate cariche a freddo della polizia nei confronti dei manifestanti che si sono ritrovati alle 18 in via Mattei per chiedere la chiusura definitiva del Cie. La polizia ha deciso di caricare i manifestanti, dopo che quest'ultimi hanno tentato di fare una semplice scritta su un muro della struttura. Ci sarebbero alcuni feriti.
ore 18.00: Il corteo raggiunge piazza vittorio, migliaia le persone. Anche in altre città si stanno svolgendo iniziative analoghe in contemporanea, che vedono la partecipazione di molti migranti, profughi e rifugiati.
Una diretta iniziale con Cristiano del Coordinamento di Lotta per la casa di Roma (Radio Onda d'Urto)
ore 17.30: Il corteo è iniziato da qualche minuto, moltissimi e moltissime sono i partecipanti che si spostano lentamente verso piazza vittorio, ingrandendosi sempre di più. Dopo aver passato per via merulana, ora si sposta verso via Cavour dietro ad uno striscione su cui è riportato: "Le lotte contro l'austerità non ha frontiere", emblematico della manifestazione che si sta svolgendo.
ore 17.00: Piazza Esquilino inizia a riempirsi, mentre alla fontana di Trevi si è svolta un'iniziativa con alcune sagome per ricordare le stragi del mediterraneo e per denunciare l'ipocrisia da parte delle istituzioni riguardo a quanto avviene sulla pelle dei migranti.
 
Mercoledì 18 dicembre i movimenti sociali romani si muoveranno in corteo da piazzale Esquilino alle ore 16.30 per raggiungere l’occupazione dei richiedenti asilo di piazza Indipendenza, spazio liberato il 12 ottobre, una settimana prima della sollevazione del #19O. Il tentativo di relegare la mobilitazione ad una condizione statica e blindata è stato respinto.
La determinazione a voler manifestare in questa importante giornata globale di lotta per i diritti dei migranti e dei rifugiati ha portato ad un doppio risultato. Il primo riguarda l’agibilità dei manifestanti dentro un corteo inizialmente vietato, e la seconda l’incontro che il prefetto Pecoraro ha fissato per giovedì 19 in mattinata con i movimenti.
Le realtà che stanno promuovendo la manifestazione del 18 dicembre hanno deciso così di mantenere inalterato il luogo dell’appuntamento, piazzale Esquilino e di attraversare successivamente le zone di piazza Vittorio, San Lorenzo, la città universitaria, per concludere il corteo in piazza Indipendenza con un’assemblea che prepari l’incontro del giorno successivo con la prefettura.
Data la concomitanza con le iniziative promosse dai cosiddetti “forconi” con la presenza della destra neofascista all’interno, il corteo sarà auto tutelato da un servizio d’ordine che garantirà i manifestanti da qualunque provocazione xenofoba e razzista. La città meticcia che riempirà le strade romane di migliaia di uomini e donne prosegue il cammino iniziato con le imponenti mobilitazioni di ottobre, in direzione opposta e contraria ad un modello di sviluppo caratterizzato da esclusione e controllo sociale.

Le lotte contro austerity e precarietà non hanno frontiere!

Movimenti per l’abitare e reti antirazziste
www.abitarenellacrisi.org

mercoledì 18 dicembre 2013

APRIRE GLI OCCHI SULLA PALESTINA

L’incontro che ha caratterizzato politicamente e socialmente Crema lo scorso weekend ha avuto come comune denominatore la Palestina e le condizioni dei suoi abitanti che sono squallide e molto al di là dei limiti della minima decenza. Il festival “Torniamo umani-Ticket to Palestine”si è avvalso nei giorni di sabato 14 e domenica 15 dicembre scorsi di molte persone ed associazioni che si occupano da anni sia in Italia che direttamente in Medio Oriente di aiutare la popolazione palestinese non solo con aiuti economici tangibili ma anche con un supporto psicologico ed umanitario di vicinanza e di fratellanza con questo territorio martoriato da una guerra che si protrae da decenni il cui termine è ancora avvolto in una fitta nebbia. I vari dibattiti sono stati propositivi per poter diradare tale foschia,cominciando dal primo di Guido Veronese dell’università milanese Bicocca che ha lavora tra l’altro come psicologo e ricercatore in zone di guerra tra cui quella palestinese,ed ha voluto dare una sorta di quadro generale senza dare giudizi ma raccontando quello che succede in quel territorio dove innanzitutto c’è un peggioramento degradante delle condizioni umane delle persone impossibilitate a spostarsi liberamente. Lo stato palestinese all’interno di quello Israeliano è diviso in due parti:la prima è la striscia di Gaza che da sul mare Mediterraneo ed è lunga all’incirca un sessantina di chilometri per una larghezza media di tredici,mentre la seconda più grande è la Cisgiordania o West Bank,che è posta più all’interno confinando ad est con la Giordania. Entrambe le zone hanno come confine un alto muro,che si è voluto rappresentare all’ingresso della mostra dedicata al festival con fotografie e banchetti delle varie organizzazioni,e non si può uscire né entrare tranne che con autorizzazione militare concessa da Israele per casi straordinari e molto difficile da ottenere. Parlando specificamente del West Bank che dalla mappa sembrerebbe un territorio esteso a confronto della striscia di Gaza,tale visione geografica non deve ingannare l’occhio in quanto all’interno,sempre delimitato da un muro(green line)costruito all’interno dei confini delineati da Israele e quindi già”mangiando”territorio palestinese in alcuni casi anche di venti chilometri,vi sono tre aree distinte. La prima è quella a completa giurisdizione palestinese,poi vi è una a giurisdizione palestinese con presidi militari israeliani e una terza sotto controllo totale israeliano,quindi è evidente che dei territori come gli insediamenti dei coloni sottraggono altro territorio che dovrebbe essere solo Stato palestinese. Parlando di questi ultimi insediamenti israeliani essi appaiono apparentemente isolati gli uni dagli altri,ma in realtà sono collegati strategicamente da strade percorribili solo da loro e dai militari israeliani,recintate da alte barriere metalliche,così come è esclusività loro un sistema fognario specifico. Oltre a questo ci sono i check points,sia fissi che mobili a seconda delle esigenze,che secondo Israele servono per limitare le incursioni armate ma che in realtà hanno come obiettivo subdolo l’impedire il passaggio libero delle persone e dei beni di consumo palestinesi. Vi sono trincee,enormi buche scavate scientificamente dagli israeliani,che bloccano accessi e passaggi per i palestinesi con lo scopo strategico di impedire la continuità della loro vita,esistono quindi ogni sorta di barriere costruite artificialmente per dominare il popolo sottomesso. Poi il Dottor Veronese cita un discorso razzista che pronunciò Churchill(il territorio palestinese per anni è stato una colonia inglese fino all’avvento della nascita dello Stato di Israele nel 1948)che dice riferendosi al popolo della Palestina:”Non credo che il cane in una mangiatoia acquisti alla fine il diritto a mangiare sebbene abbia potuto giacere lì per molto tempo.Non ammetto quel diritto.Non ammetto per esempio che agli Indiani d'America oppure ai neri d'Australia sia stato fatto un grande torto.Non credo che a questi popoli si sia fatto un torto per il fatto che una razza più forte,di grado superiore,una razza più mondialmente saggia,per dirla così,è arrivata e ne ha preso il posto". Questo proclama razzista dice in breve che una popolazione che si autoproclama superiore ha non solo il diritto ma anche il dovere di conquistare territori e popolazioni ritenute inferiori,e non da meno negli anni diversi primi ministri israeliani definirono i palestinesi il”nulla”,”cavallette da schiacciare”e”animali a due gambe”. Il discorso va avanti portando l’esempio di come Israele voglia cancellare anche il passato recente di chi abbia abitato le terre che ora fanno parte dello Stato di David come la città di Saffuri,a pochi chilometri da Nazareth,rasa al suolo per costruire un kibbutz e che ora è sbriciolata e sepolta da un bosco di conifere,il quale necessita per la sopravvivenza di enormi approvvigionamenti di acqua:ciò è stato creato sia per dimostrare la propria potenza in una terra dove la siccità è un problema enorme,sia per eliminare il ricordo che lì vi era stata una città araba. I kibbutz e gli insediamenti coloniali posti nei territori palestinesi sono insediati spesso su territori costruiti su colline artificiali in modo da fare arrivare le proprie fogne sui territori a valle di competenza palestinese in modo da poter inquinare le fonti d’acqua già scarse dei palestinesi in quel gioco spietato e tragico che è stato denominato”la politica della merda”. Altro esempio che ha come fine di umiliare e non solo di controllare i palestinesi è il fatto che molti agricoltori,per via delle imposizioni di confini artificiali assurdi posti da Israele,per poter raggiungere terreni della propria azienda distanti poche centinaia di metri debbano percorrere a volte anche venti chilometri per poterci arrivare:lo scopo è quello di esasperare la popolazione e far capire che se vogliono vivere lo devono fare fuori dalla loro terra di appartenenza,in una vera e propria pulizia etnica senza sterminio diretto. Infine al di la del discorso antisemitico e antisionista che approfondirà l’intervento successivo,la strategia israeliana attua anche accorgimenti per aumentare la diffidenza che già esiste tra i musulmani ed i cristiani,facendo mancare quei sentimenti di integrazione e di comune convivenza che Israele mai vorrebbe. L’intervento di Guido Veronese fa capire che la Palestina oggi come oggi e soprattutto la Cisgiordania sia un territorio di sperimentazione di tecnologia del potere. Quindi prendono parola Alfredo Tradardi e successivamente Diana Carminati di Ism(International Solidarity Movement)che senza misure parlano delle mire del progetto israeliano affermando che il sionismo è un filo spinato dietro il quale è celata la giustizia nei confronti dei palestinesi. La soluzione di due popoli in due Stati non risolve il nodo cruciale che è il diritto al ritorno dei profughi,e che il suddetto sionismo altro non è che un colonialismo d’insediamento,nato con l’intento di essere un movimento nazionale. A differenza per esempio dell’Italia coloniale che invase altri territori con lo scopo di sfruttare popoli e risorse Israele ha come obiettivo la cacciata degli indigeni con l’esclusività finale di uno Stato israeliano ed ebraico. Il”problema palestinese”secondo l’intervento di Tradardi non nasce nel 1967 con la guerra dei sei giorni ma molto prima,dalle origini di Israele e anche antecedentemente,asserendo che nessun popolo rinuncia alla propria libertà senza combattere,giustificando le azioni di guerriglia che il popolo oppresso attua nei confronti del vessatore. Il filo del discorso parla degli accordi di Oslo di vent’anni fa che sono stati una farsa in quanto la Palestina è stata venduta dall’Olp,in un susseguirsi poi di incontri e negoziati che fanno parte”dell’industria degli incontri di pace”che si tengono negli alberghi più lussuosi del mondo e che poi alla fine non arrivano mai a portare a casa dei risultati concreti. Parlando di cosa possa fare l’Italia in campo politico e sociale si parte dal primo compito che sarebbe quello di cominciare a condannare le soluzioni che fino ad oggi sono state messe in campo e che sono soluzioni sioniste,e supportato sia da membri politici di centrodestra che di centrosinistra,perché ancora oggi parlare di antisionismo in Italia è considerato un tabù. Sarebbe auspicabile boicottare i prodotti israeliani e attuare una soluzione etica cominciando a decolonizzare la Palestina storica,perché se si vuole far parte di un’Europa dei diritti non si deve appoggiare lo stato razzista d’Israele. Più che parlare del conflitto”israelo-palestinese”sarebbe meglio dire”liberazione”del popolo della Palestina in quella che sempre più e anche da parte di alcuni un tempo intransigenti su questa linea politica come gli Usa che da sempre hanno appoggiato e difeso la politica di occupazione israeliana,vedono in certe personalità importanti e grazie al lavoro di professionisti e volontari,un calpestamento di semplici e fondamentali diritti umani. Queste ricerche e studi fatti senza dare giudizio non danno soluzioni anche al milione e mezzo di popolazione araba che vive all’interno dello Stato d’Israele che sono oggetto di vessazioni e lasciati ai margini della società e trattati come dei paria. Purtroppo ho potuto seguire solo fino a questo punto degli interventi e anche nella giornata di domenica non sono potuto esserci,ma credo che questa iniziativa abbia aperto gli occhi a chi ancora non lo avesse fatto sulla questione palestinese e sul come sia difficile(un eufemismo)la vita di questo fiero popolo.