giovedì 30 aprile 2020

LA STAGIONE DEI COMPLOTTI DEI NAZIFASCISTI


Humour: NAZIVIRUS
Da più di vent'anni il connubio tra i nazifascisti italiani e la Gran Bretagna,Londra in particolare,è un dato di fatto risaputo con la creazione di società come la Meeting Point dei forzauovisti Fiore e Morsello(vedi:madn forza-nuovavecchia-merda-e-roberto.fiore )utilizzando denaro proveniente anche da vecchi nazisti del Terzo Reich e adeguatamente pulito e filtrato.
Report ha dedicato uno spazio a questo,il tutto legato all'attuale coronavirus e alla creazione ad arte di fake news e delle ancora più subdole false contest,come il famoso servizio del Tg Leonardo sulla ricerca di scienziati cinesi sul virus della Sars utilizzato per conoscere e combattere questo tipo di infezioni,notizia vera ma indirizzata in un falso contesto.
Nell'articolo(www.ecn.org/antifa il-virus-nero---servizio-di-report )per filo e per segno tutto ciò che è stato raccontato messo nero su bianco,è preferibile vedersi il video stesso al link presente sotto,con i personaggi legati al terrorismo nero italiano e quelli inglesi,rivelazioni su cui indagare sulla strage fascista di Bologna e un giro di soldi importante a coronare questa fabbrica di spietati criminali che manipolano le informazioni per destabilizzare la società.

Il virus nero - Servizio di Report ·
Oltre al coronavirus, stiamo vivendo una pandemia di disinformazione. Dall’inizio dei contagi hanno iniziato a circolare notizie false o manipolate, che hanno avuto su Whatsapp e su Facebook il loro epicentro di diffusione. Report ha scoperto un filo nero che lega tra di loro alcuni dei contenuti di disinformazione diventati più virali. Siti di destra estrema e di alternative right hanno spinto in tutto il mondo la diffusione di video e post, contribuendo a creare una narrazione complottistica e allarmistica sul coronavirus. Chi li finanzia?
 Report ha fatto un viaggio nell’impero economico del leader neofascista più longevo della storia recente d’Italia: Roberto Fiore, capo di Forza Nuova. Fuggito a Londra negli anni ‘80, da latitante si è ritrovato a gestire un floridissimo business che arrivava a fatturare oltre 30 milioni di euro all’anno. Con documenti inediti, racconteremo com’è nata la sua fortuna finanziaria e come si è sostenuto il network neofascista europeo. Nel corso dell’inchiesta l’inviato di Report Giorgio Mottola ha raccolto fatti inediti che potrebbero portare a novità rilevanti sulla strage della stazione di Bologna, e soprattutto ha incontrato un latitante dell'estrema destra, tra i trenta ricercati più importanti, che vive indisturbato a Londra e gestisce un piccolo impero economico.

 https://www.raiplay.it/video/2020/04/il-virus-nero---report-27042020-ec9752b3-4c69-433c-a9c5-faedfe7f6f64.html

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“IL VIRUS NERO”

Di Giorgio Mottola
 Consulenza Andrea Palladino
 Collaborazione Norma Ferrara – Simona Peluso
 Immagini Dario D’India – Alfredo Farina
 Immagini Davide Fonda – Tommaso Javidi

 Montaggio e grafica Giorgio Vallati


 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il modo in cui il video del TGR Leonardo diventa virale presenta alcune anomalie. Sui motori di ricerca era difficilissimo trovarlo. E così, per cinque anni, il servizio è rimasto sepolto nell’archivio del sito della Rai: fino al mese scorso le visualizzazioni registrate risultavano zero.

 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

 Mentre eravamo a casa blindati e anche un po’ irritati perché costretti alla lunga quarantena, è arrivato sui nostri telefonini e anche sui social questo video. Era un vecchio TGR Leonardo dove si parlava di un esperimento fatto in un laboratorio da ricercatori cinesi su un Coronavirus. E il sospetto è venuto a tutti: il SARS-coV-2 è di origine umana, è il frutto amaro dei ricercatori cinesi. L’abbiamo un po’ postato tutti, anche io l’ho postato sul mio profilo anche se specificando che nonostante gli scienziati avessero escluso la mano umana dietro il virus, questo video continuava a diffondersi più velocemente del contagio del Coronavirus. Chi è che lo ha fatto viaggiare così tanto? Chi è che lo ha reso virale? Con quale scopo? E soprattutto la notizia era vera o falsa? Il confine è sottile.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Se avete un profilo sui social network o semplicemente usate Whatsapp, mentre eravate sigillati in casa in quarantena, di sicuro avete visto questo video.

 TGR LEONARDO – DEL 16/11/2015

 È un esperimento, certo ma preoccupa, preoccupa tanti scienziati. Un gruppo di ricercatori cinesi innesta una proteina presa dai pipistrelli sul virus della Sars. La polmonite acuta, ricavato da topi. E ne esce un supervirus che potrebbe colpire l’uomo. Resta chiuso nei laboratori, ovvio. Serve solo per motivi di studio, ma vale la pena correre il rischio, creare una minaccia così grande solo per poterla esaminare?

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il servizio dà conto di una notizia vera, basata su un articolo scientifico pubblicato da Nature. Ma il fatto risale al 2015 e pur parlando di coronavirus, non c’è nessun collegamento con il SARS-coV-2, il virus con cui noi tutti siamo alle prese da qualche mese.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Non è una fake news, si chiama falso contesto, cioè false contest. Quindi prendere una notizia fatta in maniera corretta a livello giornalistico e cambiare contesto. L’autorevolezza della Rai è conosciuta in tutto il mondo per cui anche per chi non capisce l’italiano, se vede la Rai e vede che è del 2015 e la mette in un falso contesto, cambia il senso dell’informazione.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Sui social il video viene presentato come la dimostrazione che il Covid-19 è stato costruito in laboratorio. E sebbene, subito dopo la pubblicazione, in tanti, a partire dal sito Open, dimostrino la manipolazione di senso del video, sui social e Whatsapp arriva in poche ore a milioni di visualizzazioni.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Abbiamo avuto moltissimi diciamo measleading del titolo con cui la gente pubblicava: vedete già la Rai lo aveva scoperto nel 2015. Il Coronavirus lo hanno inventato i cinesi in laboratorio. Poi le persone non conoscendo la lingua spesso, o gli stessi italiani non guardano il video, non cercano di interpretarlo, hanno capito un’altra cosa.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il modo in cui il video del TGR Leonardo diventa virale presenta alcune anomalie. Sui motori di ricerca era difficilissimo trovarlo. E così, per cinque anni, il servizio è rimasto sepolto nell’archivio del sito della Rai: fino al mese scorso le visualizzazioni registrate risultavano zero. Poi all’improvviso il 25 marzo arriva la prima visualizzazione e tra le 16 e le 18 le visualizzazioni schizzano a 474. La prima piattaforma su cui compare il video è Whatsapp. E Report è riuscito a scoprire chi è la persona che per primo lo ha condiviso. La paziente zero del video virale.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quindi lei in qualche modo è la paziente zero di questo video virale su Coronavirus?

 CRISTINA ROMIERI

 Sì, sembra proprio di sì. Perché il 24 marzo ho trovato un appunto, questo esattamente, che stavo buttando via quando vedo scritto “scienziati cinesi hanno creato super virus”. Poi mi sono ricordata che era una trasmissione, anche perché lo avevo scritto, TGR Leonardo del 16/11/2015. E ho cercato naturalmente anche il video per capire se avevo inteso bene, e non l’ho trovato.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Come conferma anche il post pubblicato su Facebook, il 24 marzo la signora Cristina ritrova un suo appunto sul TGR Leonardo e cerca il video online. Non riuscendo a trovarlo, chiede aiuto a un suo amico.

 CRISTINA ROMIERI

 Lo trova il mattino dopo, 25 marzo, un mio amico e verso le 11.30 –ho controllato appunto i messaggini- mi dice sì, l’ho trovato e me lo invia. Allora, sia lui che io lo inviamo, ma in maniera molto ridotta, appunto ad alcune persone.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Ed eccola la prova. Alle 11.38 del 25 marzo l’amico della signora Cristina le manda il video su Whatsapp scaricato e tagliato, proprio come nella versione che poi ha iniziato a circolare.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ma quando voi avete cominciato a far girare quel video, l’obbiettivo era farlo diventare virale?

 CRISTINA ROMIERI

 No. Assolutamente. No, no, non avevamo questa pretesa.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quando ha scoperto che questo video cominciava e essere utilizzato per fare sostanzialmente disinformazione, lei che cosa ha pensato?

 CRISTINA ROMIERI

 Mi è dispiaciuto naturalmente. Non avevo nessun scopo politico…assolutamente no.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 La disinformazione politica parte quando da Whatsapp il video inizia a diffondersi su Facebook.

 GIORGIO MOTTOLA

 Dov’è che si comincia a visualizzare all’improvviso questo video?

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 I gruppi di Facebook che sono una grande fonte di viralizzazione di certi temi e nello stesso momento su Twitter, che è un altro canale e poi contemporaneamente, e questo è un segnale, un segnale anche della galassia che ha voluto viralizzare questo video, su Vkontank, che è il social network russo. Ci sono certi video che se ad esempio nascono dagli Stati Uniti o nascono dal Sudamerica o dall’Asia, non li troverai mai viralizzati su Vkontakt. Quando invece nascono da certi gruppi di ultradestra, sovranisti o far right, in Europa uno dei canali per la veicolarizzazione è anche Vkontakt.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Ma su Vkontak, il social russo divenuto rifugio dell’estrema destra europea, comincia a diffondersi in un secondo momento. Alle 18:20 del 25 marzo, ad appena un’ora e mezza dalla prima visualizzazione, il video del Tgr Leonardo viene pubblicato dal profilo di Matteo Salvini e poi da quello di Giorgia Meloni, raggiungendo oltre 3 milioni di visualizzazioni. Qualche minuto prima, alle 18.07 il video era stato caricato per la prima volta anche su Youtube da Stefano Monti, un attivista dei 5 Stelle, candidato con il Movimento alle regionali in Emilia nel 2014.

 STEFANO MONTI

 Sono Stefano Monti, mi occupo di programmazione, informatica e tecnologia.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Questo video è stato spinto sicuramente dalla destra sovranista europea, italiana in particolare, all’inizio, ma in congiunta è stata quasi un’associazione parallela con alcuni simpatizzanti della prima ora del Movimento 5 Stelle. I simpatizzanti che amavano molto le notizie complottiste di Beppe Grillo, questa forma di clickbait, so, conosco, pseudoscience.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Dall’Italia il video ha poi fatto il giro del mondo. Lo hanno ripreso attivisti della chiesa ortodossa in Romania, raggiungendo le 500mila visualizzazioni. Siti dell’alternative right, la destra radicale americana, come Infowars, bannato più volte dai social per la diffusione di notizie false, forum neonazisti europei come Stormfront e Zero Hedge, sito dell’ultradestra bulgara.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Questo grafico mostra da che pagine sono stati spinti di più questi contenuti legati a TGR Leonardo.

 GIORGIO MOTTOLA

 E cosa emerge?

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Emerge che praticamente sono legati in maggior parte al mondo dell’alternative right, ultraright, poi abbiamo una parte che è legata solamente alla pseudoscience, per cui siti di ufologia, moltissimi siti di ufologia, è incredibile. Sovranisti, cospirazionisti eccetera.

 GIORGIO MOTTOLA

 Leggo anche no 5G.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE No 5G ci sta dando dentro parecchio.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Su facebook il 5G viene indicato come causa del Coronavirus e su molte pagine circolano video di falsi raid per distruggere le antenne.

 VOCE FUORI CAMPO

 Ha preso fuoco un’antenna. Un’antenna Telecom.

 GIORGIO MOTTOLA

 Leggo anche pagine contro il papa.

 ALEX ORLOWSKI – ESPERTO PROPAGANDA ON LINE

 Molte di queste pagine non sono solo di alt right e fake news, ma sono ad esempio basate su fake news contro il papa o fake news contro l’islam ad esempio.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 On line la disinformazione sul Coronavirus si è mossa a una velocità maggiore di quella con cui si è diffuso il contagio. Uno degli esempi è questo video, pubblicato da ByoBlu, denunciato dalla comunità scientifica come pericoloso e antiscientifico, un nanopatologo sostiene che l’emergenza Coronavirus è tutta una bufala.

 DA BYOBLU24
 STEFANO MONTANARI - NANOPATOLOGO

 Ma tutte queste bare appartengono ai 650 mila morti che abbiamo tutti gli anni in Italia, non c’è un aumento di mortalità. Qui stiamo parlando di tre morti, sempre che ci siano sempre questi tre morti.

 GIORGIO MOTTOLA

 Qual è stato il principale veicolo di diffusione di disinformazione sul Coronavirus?

 LUCA NICOTRA – AVAAZ ONG

 Dalla nostra indagine emerge chiaramente che Facebook è la principale piattaforma di questa pandemia di disinformazione online. Subito dopo seguita da Whatsapp che è proprietà di Facebook, quindi diciamo maggiore responsabilità da parte di Zuckerberg e la sua compagnia.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Dalle ricerche condotte da Avaaz risulta che Facebook è stato il principale veicolo di disinformazione on line. Contenuti falsi o notizie manipolate sul Coronavirus sono

 state condivise in Europa oltre un milione di volte e visualizzate circa 117milioni. E l’Italia insieme alla Spagna è il paese in cui la disinformazione sui social è stata maggiormente fuori controllo. Infatti, a differenza di quanto accade per il mondo anglosassone, Facebook ai propri utenti italiani segnala di rado quali sono le notizie false.

 LUCA NICOTRA – AVAAZ ONG

 Il nostro paese come anche in Spagna invece il 70 per cento delle notizie non hanno alcuna avvertenza dopo settimane dalla loro pubblicazione, quindi continuano a essere condivise, decine, centinaia, migliaia di volte ogni giorno, visualizzate da milioni di persone a settimane dalla loro pubblicazione. Addirittura, anche nel caso in cui in seguito ci sia un giornalista, un fact-checker indipendente che dimostri che si tratta in realtà di notizie false, ebbene, anche in quel caso, le milioni di persone che hanno visto quelle notizie false, non lo sapranno mai.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 E in tempi di pandemia questo rischia di avere degli effetti devastanti. Molta disinformazione riguarda ad esempio la salute e i comportamenti da adottare per prevenire il Coronavirus. Ad esempio sullo stesso video di Byoblu si sconsiglia l’utilizzo dei guanti.

 DA BYOBLU24
 STEFANO MONTANARI - NANOPATOLOGO

 Il guanto impedisce alle nostre difese immunitarie che stanno sulla pelle, impedisce di agire. Quindi quei guanti fanno infinitamente peggio dei non guanti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Altri post hanno suggerito invece di bere acqua ogni quindici minuti per far scendere il virus nell’intestino ed espellerlo. Questi post sono stati pubblicati in decine di lingue, adattandoli ai vari paesi e ogni volta indicando una fonte scientifica o istituzionale diversa.

 LUCA NICOTRA – AVAAZ ONG

 Disinformazione che sostanzialmente si comporta esattamente come un virus, cioè muta assumendo in ogni contesto le forme più utili a, in questo caso, infettare le nostre menti e quello che crediamo essere la verità.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 L’altro cavallo di battaglia della disinformazione ha riguardato il ruolo di Bill Gates nella nascita del Coronavirus. La sua fondazione da anni finanzia studi per trovare un vaccino all’influenza e da tempo lancia un allarme sul rischio di una nuova pandemia. Proprio come hanno fatto migliaia di scienziati e capi di Stato. Ma il solo fatto che Bill Gates abbia parlato in passato, lo ha trasformato in probabile untore.

 IL VASO PANDORA

 La Bill e Melinda Gates tre settimane prima del primo scoppio fa una simulazione della pandemia globale proprio da Coronavirus, arrivano i militari americani in occasione di questa festa militare in Cina, due settimane dopo, giusto il tempo dell’incubazione, scoppia il primo caso di Coronavirus e ovviamente la causa è il mercato del pesce.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Tra i partiti italiani più attivi sul fronte della disinformazione online, c’è senza alcun dubbio il movimento neofascista di Forza Nuova, secondo cui molti certificati di morte

 per Coronavirus sarebbero stati falsificati per far guadagnare più soldi alle onoranze funebri.

 GIULIANO CASTELLINO – DIRIGENTE FORZA NUOVA

 Vi porto decine e decine di quelli che a Roma chiamiamo becchini che continuano a lavorare che vanno nelle sale mortuarie e i dottori, gli infermieri dicono di che è morto? Scrivi Coronavirus perché prendiamo più soldi dalla Comunità Europea.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 All’inizio dell’epidemia il presidente di Forza Nuova, Roberto Fiore, aveva lanciato su Twitter questo appello: “Interrompete la quarantena e usate il Tocilizumab”, il farmaco che ha dato sollievo a molti malati in crisi respiratorie, ma che nessuno studio scientifico ha identificato come la cura definitiva contro i danni causati dal Covid.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quand’è che ha studiato medicina e virologia lei?

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Quando io ho parlato di quel farmaco avevo la certezza, la ragionevole certezza che il farmaco funzionasse, avevo già visto cos’era avvenuto in alcuni casi.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei è l’anti Burioni praticamente?

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA Non voglio cadere nella polemica.

 GIORGIO MOTTOLA

 No, non è una polemica però è un virologo insomma.

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA No, assolutamente no.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei dice fermiamo la quarantena, dice. Usate quel farmaco, blocchiamo la quarantena.

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA Era ancora una fase in cui i morti erano ancora bassi.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Forza Nuova ha lanciato una violenta campagna sui social per boicottare la quarantena e un appello per la riapertura delle chiese a Pasqua. L’appello di Forza Nuova è stato rilanciato in televisione dal leader della Lega Matteo Salvini.

 DA SKYTG24

 MATTEO SALVINI

 Io sostengo le richieste di coloro che dicono in maniera ordinata, composta, sanitariamente sicura, fateci entrare in chiesa per Pasqua. Fateci assistere anche in 3, 4, in 5 alla messa di Pasqua. Mi dicono: si può andare dal tabaccaio, perché senza sigarette non si sta, per molti anche la cura dell’anima, oltre che la cura del corpo è fondamentale…

GIORGIO MOTTOLA

 Forse Salvini vi tocca denunciarlo per plagio piuttosto. Visto che negli ultimi anni ha ripreso tutte le vostre parole d’ordine…

ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Questo non è un fatto negativo. È un fatto positivo. Diceva Almirante: quando senti dai tuoi avversari dire delle cose che tu hai detto fino a oggi, ecco significa che stai vincendo.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il tema dell’informazione è da tempo al centro dell’agenda dell’estrema destra italiana. Alla presenza dell’ex ministro e sindaco di Roma, Gianni Alemanno, durante un convegno il portavoce di Casapound Simone Di Stefano ha annunciato in modo chiaro il loro piano, che vede al centro anche la Rai.

 SIMONE DI STEFANO – VICEPRESIDENTE CASAPOUND

 Non bastano i social, non basta avere una pagina Facebook con 4 milioni di like, questo non basta. Dobbiamo andare in Rai. Quest’area sovranista quanti giornalisti ha da mettere sul campo? Ve lo dico io, cinque di punta e una trentina sparsi nelle varie redazioni, trenta, quaranta giornalisti. Non bastano. Bisogna fare di più. Bisogna che quest’area sovranista vasta si metta insieme per creare scuole di giornalismo, per mettere giù più riviste, per comprare una radio.


 SIGRIDO RANUCCI IN STUDIO

 Dubito che in Rai ci siano una cinquantina di giornalisti disposti a fare da cassa di risonanza al portavoce di Casapound. Evidentemente non gli bastano i 4 milioni di like di cui si vanta. Vede la Rai come un terreno da conquistare. Noi di Report avevamo denunciato in una delle scorse puntate quanto dai profili dei suoi militanti erano state spammate invece delle fake news. Casapound e Forza Nuova figliano da Terza Posizione, che è stato un movimento che è stato fondato da Roberto Fiore negli anni ’70. Nell’ottobre dell’80 viene spiccato nei suoi confronti un mandato di arresto perché sospettato di essere coinvolto nella strage di Bologna. Fatto per cui lo diciamo chiaramente è stato prosciolto per mancanza di indizi, anzi, sono stati poi aperti dei processi per calunnia nei confronti di chi aveva ipotizzato un suo coinvolgimento. Tuttavia c’era invece anche l’accusa di appartenere all’associazione sovversiva, fatto che gli è costato anche una condanna di 5 anni e sei mesi. Però non ha fatto un solo giorno di carcere in Italia. Questo perché è stato latitante per lungo tempo in particolare a Londra dove ha costruito da latitante anche un successo imprenditoriale aiutando anche altri neofascisti. È stato sdoganato nel 2008 da Berlusconi e oggi Fiore

 è legato a doppio filo ai fondatori di un movimento, la coalizione per la vita e la famiglia dell’estremista franco-belga Escada, un movimento che fa una battaglia contro papa Francesco. Però Fiore e Forza Nuova possono invece vantare oggi di essere gli ispiratori dei sovranisti istituzionali. Suo lo slogan “Prima gli italiani” che è stato poi fatto proprio da Salvini e dall’onorevole Meloni, oppure il termine “Sostituzione Etnica”, che è stato usato contro i migranti. Poi quando c’è stato da fare la battaglia per riaprire la liturgia all’interno delle chiese, lui ha lanciato la battaglia e altri son venuti poi dietro. Tutto questo, fa dire poi a Fiore, “sto vincendo io”; lo abbiamo sentito dalle parole raccolte dal nostro Giorgio Mottola. Ma non è l’unico esempio: c’è anche il filo che lega all’ultranazionalismo russo. Nel 2012 Roberto Fiore fonda la società, l’associazione, Alexandrite che era un link tra le imprese italiane e quelle Russe. E nel 2013 fa la stessa cosa il portavoce di Salvini, Savoini, quello coinvolto nella presunta trattativa del Metropol di Mosca, sulla compravendita di gasolio. Lui fonda l’associazione Lombardia Russia con la stessa finalità. Insomma.

 Dopo 30 anni, Fiore è ancora un leader. È presidente dell’Alleanza per la Pace e per la Libertà, il network che coinvolge, lega tutti i più importanti partiti dell’estrema destra europea. Il sogno di costituire un partito fascista internazionale però risale a vecchia data. Aveva provato anche a fare dietro un santo, San Michele arcangelo, il santo con la spada, una comune dell’internazionale nera nella campagna spagnola. Dove però la terra è po’ rossa, un po’ come su Marte. Il nostro Giorgio Mottola.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Alla metà degli anni Novanta, in questo angolo sperduto di Spagna rurale, alle porte della Mancha dove la terra è argillosa e rossa, Roberto Fiore ha provato a costruire un villaggio neofascista. Si chiama Los Pedriches, è un borgo rurale abbandonato da quasi trent’anni. Qui Roberto Fiore ha mandato un manipolo di neofascisti a costruire quella che nel progetto sarebbe dovuta essere la comune dell’estrema destra europea.

 MIGUEL HABA PEREZ - ABITANTE LOS PEDRICHES

 Questa è una delle case che avevano comprato e in cui vivevano. Li vedevo, buongiorno, buonasera e apposto così. E qui è dove hanno fatto la chiesa.

 GIORGIO MOTTOLA

 Questa è la chiesa che hanno costruita?

 MIGUEL HABA PEREZ - ABITANTE LOS PEDRICHES

 Si, mi dissero che dovevo frequentarla. Io risposi che in chiesa vado dove pare a me.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quindi quando sono arrivati non mai hanno spiegato quale fosse il loro progetto?

 FINA RODRIGUEZ IBAÑEZ – ABITANTE LOS PEDRICHES

 No non spiegarono niente. Arrivarono con sei o sette macchine. Sì, tutti vestiti di nero, come se fossero preti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 In periodi alterni a Los Pedriches hanno vissuto una cinquantina di neo-fascisti. Hanno acquistato terreni e case e quello che non sono riusciti a comprare hanno iniziato a occuparlo.

 MIGUEL HABA PEREZ - ABITANTE LOS PEDRICHES

 Questa è la casa di un colonnello dell’esercito. Loro ci vivevano e dicevano che l’avevano comprata. Ma io glielo dissi: non è vero, non è vostra!

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Insospettiti dall’anomala presenza nel villaggio e dai loro investimenti, gli amministratori locali avviano un’indagine.

 JOAN CANARERO - DIRETTORE AGENZIA INVESTIGATIVA RED

 Erano apparsi all’ improvviso. Persone che non parlavano spagnolo. Venivano dalla Polonia, dalla Romania. Nessuno sapeva il perché.

 GIORGIO MOTTOLA

 Avevano molti soldi?

 JOAN CANARERO- DIRETTORE AGENZIA INVESTIGATIVA RED

 Compravano case, spendevano molti soldi. Per questo il comune avviò un’indagine. E così venne fuori che una di queste case era stata comprata dalla moglie di Roberto Fiore. Era una vera e propria operazione immobiliare di cui si era occupato un avvocato di Valencia.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 L’avvocato in questione è lui, Fernando Pazos. Molto noto negli ambienti dell’estrema destra spagnola, qualche tempo fa risaltò agli onori delle cronache per aver sottratto una carta di credito a una dipendente per usarla in un night club.

 GIORGIO MOTTOLA

 C’era un progetto politico: tanti neofascisti che volevano occupare quel posto, giusto? FERNANDO PAZOS - AVVOCATO
 Non ricordo, io ricordo che un’organizzazione che si chiama San Michele Arcangelo, mi incaricò dell’acquisto di alcuni terreni.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ma lei lo sa che dietro San Michele Arcangelo c’è Roberto Fiore?

 FERNANDO PAZOS - AVVOCATO

 Sì, sì, certo.

 GIORGIO MOTTOLA

 Perché lì a Los Pedriches dicono tutti quanti che in realtà era un villaggio neonazista.

 FERNANDO PAZOS - AVVOCATO

 Ma no, l’intento era fare beneficenza cattolica.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 San Michele Arcangelo è una delle tre fondazioni cattoliche della galassia ultra-tradizionalista di Roberto Fiore. Basate in Inghilterra, sono state messe sotto inchiesta qualche anno fa per irregolarità nella gestione finanziaria e poi archiviate.

 GIORGIO MOTTOLA

 San Michele Arcangelo ha finanziato la comune che stavate creando a Los Pedriches, in Spagna?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 No, non solo, non solo. Tutta una serie di persone lo finanziano.

 GIORGIO MOTTOLA

 Era una comune neo fascista quella lì? Una comune internazionale neofascista?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 No. Ma anche se fosse stato, qual è la rilevanza che non c’è più da vent’anni?

 GIORGIO MOTTOLA

 Perché avete provato a farla anche in Francia, avete provato a farla anche da altre parti.

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA Dov’è il reato? Dov’è la cosa negativa?


 GIORGIO MOTTOLA

 Dove prendevate i soldi.

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Dove abbiamo preso i soldi? Li abbiamo fatti con il nostro duro lavoro.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il nome della fondazione non è scelto a caso: San Michele Arcangelo ha infatti un valore mistico per Forza Nuova. Davanti a una croce celtica in fiamme, è al santo con la spada che nel ‘97 i militanti neofascisti intitolano il proprio giuramento durante il rito di fondazione di Forza Nuova.

 AGOSTINO SANFRATELLO - COFONDATORE FORZA NUOVA – 29/09/1997 Promettiamo, dichiariamo, che mai ci macchieremo di falsità e inganno o percorreremo la via del compromesso per il raggiungimento delle nostre mete. Che sempre cammineremo nei sentieri dell’onore e della verità.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Questo video inedito della nascita di Forza Nuova è stato girato da uno dei fondatori del partito neofascista, Massimo Perrone, stretto collaboratore di Roberto Fiore fin dai tempi di Los Pedriches.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lì l’idea alla base quale era?

 MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA

 Era di creare una sorta di movimento politico che si rifaceva un po’ a Francisco Franco, a Mussolini, quindi prendere piede un po’ lì.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ed era finanziata dalla San Michele Arcangelo. MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA
 Era finanziato da Meeting Point che passava da San Michele Arcangelo, forse. Però qualcuno i soldi a San Michele Arcangelo glieli doveva portare. Non ho mai visto scendere San Michele Arcangelo e portarci i soldi.

 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

 Ci mancherebbe. Che cosa era poi la Meeting Point, lo vedremo. Qual era il progetto di Fiore e del suo socio Morsello? Quello di costituire una comune dell’internazionale neofascista in un villaggio nella campagna di Valencia. E avevano cominciato ad acquistare case e terreni; poi a un certo punto arrivano anche dei camerati dalla Romania e dalla Polonia. Andavano in giro vestiti di nero e investivano parecchi soldi e hanno insospettito gli abitanti del villaggio e gli amministratori che hanno sguinzagliato alle loro spalle degli investigatori privati. Cosa hanno scoperto? Che uno degli investimenti immobiliari era stato realizzato dalla moglie di Roberto Fiore attraverso a una trattativa fatta da un notaio, da un avvocato di Valencia, legato agli ambienti dell’estrema destra spagnola. Il notaio dice al nostro Giorgio “ma era un’operazione benefica”; forse ci avrà creduto perché i soldi arrivavano da una fondazione con un nome di un santo, San Michele Arcangelo. Quando Fiore e Morsello hanno fondato Forza Nuova, hanno giurato proprio su quel santo di dire la verità, nient’altro che la verità. I soldi, a San Michele Arcangelo, alla fondazione, da dove

 provenivano? Come hanno fatto da latitanti a riempire la loro cassaforte, la Meeting Point?

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Meeting Point è stato il cuore dell’impero economico e finanziario di Roberto Fiore. Si tratta di una società che a Londra forniva corsi di lingue e alloggi per gli stranieri. Venne fondata alla fine del 1980 dal capo di Forza Nuova e dal suo vice, Massimo Morsello, durante la loro latitanza a Londra. Qui, nel 1980 hanno infatti trovato rifugio Fiore e altri neofascisti italiani per sfuggire ai mandati di cattura e alle condanne per associazione sovversiva emesse in Italia.

 MASSIMO PERRONE – COFONDATORE FORZA NUOVA Quando Fiore era ancora esule a Londra per motivi politici, io…

GIORGIO MOTTOLA

 Latitante è il termine giusto.

 MASSIMO PERRONE – COFONDATORE FORZA NUOVA

 Era latitante. Io andavo in giro per tutta Italia a fare proselitismo.

 GIORGIO MOTTOLA

 E come si manteneva?

 MASSIMO PERRONE – COFONDATORE FORZA NUOVA

 Era la Meeting Point che manteneva tutto questo entourage per permettere poi l’attività politica.

 GIORGIO MOTTOLA

 La Meeting point era la cassaforte dell’organizzazione.

 MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA Sì, ma perché se lo poteva permettere in quel periodo.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Alla metà degli anni Novanta la Meeting Point era diventata un colosso del settore. Gestiva oltre duemila posti letto in tutta Londra e arrivava a fatturare il corrispettivo attuale di 15 milioni di euro. In occasione degli europei del 1996, la Fifa arrivò a stipulare con l’azienda di Fiore un accordo per l’accoglienza dei tifosi.

 MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA

 Si faceva la bella vita: macchine a noleggio, biglietto aereo pagato, hotel pagato, taxi pagato.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quanti soldi le dava al mese Fiore?

 MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA

 Boh, forse una media di 4-5 milioni al mese.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei per la Meeting Point in sé non faceva nulla. MASSIMO PERRONE - COFONDATORE FORZA NUOVA

 No, in realtà non lavoravo proprio per la Meeting Point, diciamo che era al servizio di Fiore.

 GIORGIO MOTTOLA

 La Meeting Point è stata la cassaforte delle vostre attività politiche?

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA Questo è innegabile e mi sento onorato di averlo fatto.

 GIORGIO MOTTOLA

 Come facevate a giustificare queste uscite? Voi distraevate i soldi dalle casse di Meeting Point e finanziavate la politica?

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Chiedetelo all’ufficio delle tasse, prendete la pratica nostra, perché stiamo parlando probabilmente di vent’anni fa.

 GIORGIO MOTTOLA

 Magari fosse facile farlo in Inghilterra! È praticamente impossibile.

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Di che stiamo parlando?

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Per mesi abbiamo cercato i fascicoli della Meeting Point presso l’agenzia del fisco inglese, ma senza alcun successo. Ciò che invece abbiamo scoperto è che durante la sua latitanza Fiore conduceva una vita molto agiata. Oltre alla Meeting Point aveva varie altre società intestate e abitava nel cuore della City in questa casa da un milione e 700mila sterline. Eppure, nel 1980, Roberto Fiore arriva senza una sterlina in tasca, ricercato per associazione sovversiva e con l’accusa, poi risultata infondata, di aver avuto un ruolo nella strage di Bologna. Come è riuscito da latitante a fondare una società e a diventare così ricco?

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 In Inghilterra, certo grazie anche al sistema inglese che è particolare, noi da zero riusciamo a costruire un impero.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quanti latitanti sono riusciti a diventare ricchi, a creare un’impresa da latitanti in un paese straniero. Questo per me è un mistero…

ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Ma no non è un mistero, lei si deve inchinare alla genialità.

 GIORGIO MOTTOLA

 Mi ci inchino pure però restano una marea di dubbi perché ci sono una marea di buchi neri che fanno paura nella sua storia personale; lei sarà d’accordo su questo: ci sono dei buchi enormi.

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA No, non ci sono dei buchi neri.

 GIORGIO MOTTOLA

 Come si fa a diventare ricchi da latitanti con dei mandati d’arresto internazionali sulla testa?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA C’è una sola spiegazione: l’aiuto di Dio.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Ma secondo una testimonianza che viene fatta per la prima davanti a una telecamera italiana, potrebbe esserci stato qualche altro tipo di supporto molto più terreno.

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 Non aveva nemmeno un posto per dormire; Fiore non aveva niente quando è arrivato in Inghilterra. Ora credo sia un uomo molto ricco, ma quando arrivò era messo davvero male.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Raymond Hill conosce bene la storia di Fiore e degli altri latitanti neofascisti. Tra gli anni Settanta e Ottanta è stato uno dei più importanti esponenti del movimento neonazista inglese. Ha intrecciato relazioni con i dirigenti dei partiti di estrema destra di tutta Europa. Ma ad un certo punto è diventato un infiltrato della polizia britannica.

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE All’epoca io ero vicino alla Lega di San Giorgio, feci da intermediario per i latitanti neofascisti. La Lega di San Giorgio gli trovò delle sistemazioni e si è presa cura di loro finché non si sono rimessi in piedi.

 GIORGIO MOTTOLA

 Che cos’è la Lega di San Giorgio?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Nazisti convinti, nazisti purosangue. Non molti in realtà, ma forti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 In queste immagini inedite vedete Ray Hill mentre sfila con la bandiera della Lega di San Giorgio durante un raduno neonazista in Belgio nel 1980. All’epoca la Lega era una delle organizzazioni più misteriose dell’estrema destra britannica. Dichiaratamente razzista e ultra-cristiana, aveva come scopo la creazione di un network neonazista europeo.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei sa cos’è la Lega di San Giorgio?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA Sì.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ha avuto rapporti con la Lega di San Giorgio?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA Li ho conosciuti, totalmente irrilevanti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 E forse era davvero niente, come dice Fiore; ma stando alla testimonianza di Ray Hill, che ne è stato per anni dirigente, la Lega di San Giorgio disponeva di risorse finanziarie enormi e di radici politiche che affondavano addirittura nel Terzo Reich.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ma chi la finanziava?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 C’erano persone molto ricche, come Doyle di Brighton che era un multimilionario e ce n’erano anche altri molto ricchi. Come due ex ufficiali delle SS.

 GIORGIO MOTTOLA

 Davvero? Venivano dal Terzo Reich?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sì, ne ho conosciuti due.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Nel gruppo neonazista inglese di quegli anni c’era anche una donna: Rosine de Bouneville, una ricca aristocratica che per gli incontri politici metteva a disposizione la sua enorme villa in campagna, Forest House. Quando è morta ha lasciato in eredità, la casa, del valore oggi di 700 mila sterline, e gli ettari di bosco in cui è immersa, al San George Educational Trust di cui all’epoca Roberto Fiore era socio e responsabile.

 GIORGIO MOTTOLA

 Cosa sa di Forest House?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Quello che sapevano tutti: era un campo d’addestramento militare per neonazisti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 La storia della Lega di San Giorgio s’incrocia anche con un pezzo dei misteri d’Italia. Dopo il ritrovamento del cadavere di Roberto Calvi sotto al ponte dei frati neri a Londra, la famiglia affidò le indagini alla Kroll, la più importante agenzia investigativa al mondo. La Kroll scoprì legami tra la Lega di San Giorgio e la Sofint, una società utilizzata dalla P2 per operazioni finanziarie.

 CARLO CALVI- FIGLIO DI ROBERTO CALVI

 La Sofint effettuò vari pagamenti che son stati fatti tanto a Losanna e anche alla Lega of Saint George.

 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

 La Lega di San Giorgio nella quale erano confluiti anche dei neofascisti italiani. Secondo Calvi, che aveva incaricato l’agenzia investigatrice privata Kroll, una delle più potenti al mondo, di fare indagini sulla morte del padre, erano confluiti nella Lega anche i soldi provenienti da una società della P2, che era legata alla P2. Roberto Fiore ci ha scritto “le mie fortune le ho iniziate facendo un lavoro umile, il lavapiatti; poi ho chiesto in prestito anche 500 sterline al mio socio Morsello”. Di parere diverso è invece l’infiltrato Hill che Fiore però giudica inattendibile. Secondo l’infiltrato nei movimenti neonazisti, una mano alla struttura economica all’impero economico di Fiore, l’avrebbe data proprio all’inizio la Lega di San Giorgio, dove erano confluiti dentro vecchi ufficiali nazisti, quelli delle SS, milionari neonazisti. Insomma sarebbero finiti i soldi provenienti dal terzo Reich. Poi c’era un’aristocratica neonazista che aveva

 messo a disposizione la sua villa con tenuta, Forest House, nel sud della Gran Bretagna che era diventata la base logistica dei neonazisti. Lì si tessevano strategie e era anche stata trasformata, sempre secondo Hill, in un campo di addestramento militare. Morta l’aristocratica la villa stimata in circa 700 mila sterline con tenuta, sarebbe finita in eredità in un trust dove Roberto Fiore era socio e responsabile. Poi sempre secondo Calvi ben 9 milioni di dollari, oltre 9 milioni di dollari, sarebbero partiti direttamente da Licio Gelli e sarebbero finiti in ambienti neofascisti londinesi grazie anche al contributo di alcuni antiquari che erano a Londra e che erano in stretto contatto con esponenti della Banda della Magliana. Traccia di questi finanziamenti sono stati anche trovati su documenti sequestrati all’ex capo della P2 e sono oggetto dell’attenzione della magistratura che sta indagando proprio sulla strage di Bologna. Il nostro Giorgio Mottola ha raccolto da Hill una testimonianza clamorosa che potrebbe riscrivere la storia della strage della stazione di Bologna. È in merito a un signore, Enrico Maselli… Non Tomaselli.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Sull’origine della strage e il ruolo dei neofascisti, ulteriori elementi inediti emergono grazie alla testimonianza che Ray Hill fa per la prima volta fa davanti alla nostra telecamera. La storia che ci racconta inizia qualche anno prima della bomba di Bologna in Sudafrica, dove si era trasferito per guidare il movimento neonazista locale sostenitore dell’apartheid.

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 C’era una grande comunità italiana ed è triste dirlo ma molti di loro erano militanti fascisti, le assicuro molto violenti. Immagino che fossero stati attratti dalla politica razziale del Sudafrica.

 GIORGIO MOTTOLA

 Chi ha incontrato?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 Max Bollo era il più importante. Il suo progetto era creare un’unità o una sorta di alleanza tra i fascisti inglesi e i fascisti italiani emigrati in Sudafrica.

 GIORGIO MOTTOLA GUORI CAMPO

 Max Bollo era uno dei capi del Wit Kommando, l’organizzazione terroristica neonazista, formata da diversi italiani, che in Sudafrica organizzò attentati dimostrativi in difesa dell’apartheid.

 MAX BOLLO – EX MEMBRO WIT KOMMANDO

 Chi era queste persone che hanno continuato a difendere Berlino 1945? Erano tutte persone che non difendevano solo un pezzo di territorio, ma difendevano soprattutto una visione del mondo, un’idea.

 GIORGIO MOTTOLA GUORI CAMPO

 Ed è proprio Max Bollo a presentare a Ray Hill un italiano, Enrico Maselli. È lui il protagonista di questo retroscena inedito che potrebbe riscrivere la storia del legame tra la strage di Bologna e la fuga a Londra di altri estremisti neofascisti.

 GIORGIO MOTTOLA

 Chi era Enrico Maselli?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 Natura violenta, ma molto intelligente.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Nel 1980 Ray Hill lascia il Sudafrica e torna a vivere in Inghilterra. E mentre si trova a Leicester qualche mese prima della strage di Bologna, lo contatta Enrico Maselli.

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 Maselli mi disse: “Abbiamo pianificato una serie di azioni che ci causeranno molti problemi, puoi trovare un rifugio ad alcuni camerati che saranno costretti a scappare dall’Italia”?

GIORGIO MOTTOLA

 Quando glielo disse?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Nel 1980.

 GIORGIO MOTTOLA

 Quanti mesi prima della strage di Bologna?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sei mesi prima.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ma cosa le disse esattamente?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE

 Non mi parlò direttamente della bomba alla stazione di Bologna. Ma quando scoppiò capii subito che c’entrava o che aveva avuto un ruolo. Lo capii da quello che mi disse: “Che la violenza era l’unica soluzione e che lo stato italiano era corrotto e doveva essere distrutto.”

GIORGIO MOTTOLA

 Quindi Enrico Maselli venne a chiederle rifugio?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sì.

 GIORGIO MOTTOLA

 Per i latitanti italiani?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Esatto.

 GIORGIO MOTTOLA

 E lei cosa fece?

 RAY HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEOFASCISTA INGLESE Li misi in contatto con la Lega di San Giorgio.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 La rivelazione di Ray Hill è clamorosa. Stando alla sua testimonianza, che va interamente riscontrata, Maselli, avrebbe creato un piano di fuga per i neofascisti

 italiani. Alla luce di queste rivelazioni, ci mettiamo immediatamente sulle tracce di Maselli.

 GIORGIO MOTTOLA

 Buongiorno, stiamo cercando Enrico Maselli.

 UOMO

 Sì, prego.

 GIORGIO MOTTOLA

 Grazie.

 UOMO 2

 Salve, salve. Eccolo Enrico!

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Indagato e poi prosciolto nel ‘74 per banda armata, subito dopo è stato condannato per detenzione illegali di armi. E per questo è scappato dall’Italia trascorrendo la latitanza tra il Sudafrica e gli Stati Uniti, dove viene assunto da un’industria del settore della difesa.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei conosce Raymond Hill?

 ENRICO MASELLI

 Domanda strana.

 GIORGIO MOTTOLA

 Perché domanda strana?

 ENRICO MASELLI

 Mi spieghi perché vuol sapere questa risposta.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ci ha raccontato alcune cose rispetto al vostro incontro.

 ENRICO MASELLI

 Lei sta parlando di un inglese?

 GIORGIO MOTTOLA

 Esatto, di un inglese.

 ENRICO MASELLI

 Che si chiama Ray Hill.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ray Hill, esatto.

 ENRICO MASELLI

 Stiamo parlando di un incontro avvenuto nel 1980. Lui era in Sudafrica. Lui raccontò un sacco di cazzate nei miei confronti.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Quindi Maselli conferma che l’incontro con Ray Hill c’è stato e ne conferma anche il periodo, rivelandoci che è avvenuto circa quattro mesi prima della strage di Bologna. Da qui in poi, però, le versioni differiscono completamenti.

 GIORGIO MOTTOLA

 A Leicester, lei avrebbe chiesto ospitalità, anzi rifugio, per una serie di neofascisti che stavamo per scappare.

 ENRICO MASELLI

 No, nella maniera più assoluta.

 GIORGIO MOTTOLA

 E non ha fatto alcun riferimento a una cosa grossa che stava per accadere?

 ENRICO MASELLI

 Assolutamente falso.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ma lei aveva informazioni sulla strage prima che accadesse?

 ENRICO MASELLI

 Ma come avrei potuto?

 GIORGIO MOTTOLA

 Quindi lei nella strage di Bologna non ha avuto nessun ruolo.

 ENRICO MASELLI

 Ma come avrei potuto? Nella maniera più assoluta.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Maselli nega di aver avuto in anticipo informazioni sulla strage di Bologna e di aver trattato con la lega di San Giorgio l’aiuto ai neofascisti italiani in fuga. All’inizio della nostra conversazione Maselli nega persino di conoscerli, ma dopo molte insistenti domande, riusciamo a fargli ammettere almeno un incontro.

 GIORGIO MOTTOLA

 E quindi lei ha incontrato anche Fiore e gli altri a Londra?

 ENRICO MASELLI

 Una volta a Londra in un pub. Perché avevo letto sui giornali… e per curiosità li ho incontrati una volta a Londra. Non ci faccia sopra…

GIORGIO MOTTOLA

 Lei sa chi è Enrico Maselli?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA Enrico?

 GIORGIO MOTTOLA

 Maselli.

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 No. Io non ho dormito una notte e non ho avuto una sterlina da quelli di Saint George.

 Zero. Molte di queste cose sono bluff.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Sarà anche un bluff, ma in questo documento inedito della polizia speciale inglese che abbiamo ritrovato si dice: “Non vi è dubbio che gli italiani stabilitasi in questa nazione abbiano avuto assistenza dalla Lega di San Giorgio”. Una delle fonti di questa informazione è il nostro Raymond Hill, che in quel periodo aveva iniziato a collaborare con le forze dell’ordine.

 ENRICO MASELLI

 Per me gli infami rimangono infami. Allora, io ti spiego come funziona.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ray Hill è un infame.

 ENRICO MASELLI

 Ray Hill è assolutamente un infame. È venuto praticamente a carpire delle informazioni che ha gestito come ca… gli è parso e piaciuto a lui.

 GIORGIO MOTTOLA

 Ha mai riferito alla polizia britannica di Maselli?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sì certo.

 GIORGIO MOTTOLA

 Gli ha parlato di Enrico Maselli?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sì, assolutamente.

 GIORGIO MOTTOLA

 E la polizia italiana non l’ha mai cercata per chiederle cosa le disse Enrico Maselli?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE No, mai. No, ne sono sicuro.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Come mai Ray Hill non è mai stato sentito dagli investigatori italiani? La spiegazione è nelle carte della strage di Bologna ed appare davvero grottesca. Quando le soffiate di Hill arrivarono all’orecchio dei poliziotti italiani, venne chiesto un riscontro alla polizia speciale inglese. Nella richiesta però, c’è un errore madornale. Le autorità italiane infatti non chiedono di appurare i rapporti di Ray Hill con Enrico Maselli, ma con un suo quasi omonimo, Enrico Tomaselli, anche lui all’epoca neofascista, ex membro di terza posizione.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lo sa che la polizia italiana ha indagato non sui suoi rapporti con Enrico Maselli, ma con Enrico Tomaselli?

 RAYMOND HILL – EX DIRIGENTE MOVIMENTO NEONAZISTA INGLESE Sì, hanno sbagliato.


 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

 Se così fosse ci sarebbe poco da ridere. Questo particolare clamoroso, inedito, rischia di riscrivere la storia della strage di Bologna. Che cosa dice Hill? Hill dice “ho conosciuto Enrico Maselli, me lo ha presentato un italiano che è emigrato in Sudafrica, Max Bollo, leader di un’organizzazione neonazista, un’organizzazione che si è anche macchiata di attentati dimostrativi a difesa dell’apartheid. Dice, “Maselli pochi mesi prima della strage di Bologna mi ha chiamato e ha chiesto aiuto, mi ha detto: abbiamo pianificato una serie di azioni che ci causeranno molti problemi, puoi trovare un rifugio ad alcuni camerati che saranno costretti a scappare dall’Italia?”. Hill dice di aver raccontato questi particolari alla polizia inglese, ma quando poi questa informazione arriva a quella italiana, sulle carte non c’è il nome di Enrico Maselli, ma quello di un altro neofascista: Enrico Tomaselli. Quando poi la procura fa indagini, non trova riscontri, chiude con un nulla di fatto e bolla Hill come non credibile. E ci credo. Mentre invece il nostro Giorgio l’ha rintracciato Maselli che ha confermato di conoscere Hill, di averlo incontrato nel 1980, non conferma i contenuti dei colloqui e lo bolla come un infame. Chi ha ragione? Il giudizio deve essere necessariamente sospeso perché a causa di quel vizio incredibile di trascrizione, le indagini non sono state mai fatte. E vedremo che cosa accadrà. Comunque al di là di tutto questo, dalle carte inglesi emerge anche che La lega di San Giorgio, questo movimento strano, ha aiutato latitanti neofascisti scappati dall’Italia. Non c’è nelle carte il nome di Fiore; lo diciamo chiaramente. Mentre invece c’è in altre carte inedite: in una informativa della Digos che identifica la struttura di Fiore e Morsello come una struttura che ha fornito copertura a dei fascisti latitanti che erano scappati dall’Italia. Come è stato possibile che due latitanti potessero agire in maniera indisturbata per anni a Londra? E poi, un giorno proprio a quella società, la Meeting Point, bussa uno che ha un occhio solo. Però giura di vederci bene.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Il mistero di Roberto Fiore ha tolto il sonno anche a uno dei più importanti detective privati inglesi, Jeff Katz. L'uomo che nel 1980, per conto dell’agenzia Kroll, riaorì il caso della morte di Calvi dimostrando che non si trattava di suicidio.

 JEFF KATZ - DIRETTORE AGENZIA INVESTIGATIVA BISHOP GROUP

 Le autorità britanniche dissero che non c’erano basi per arrestarlo, cosa che pensai fosse molto strana, visto che era sospettato di essere coinvolto nella strage della stazione di Bologna. Erano morte 85 persone tra cui due cittadini inglesi. Mi è sempre sembrato strano che non sembrassero interessati.

 GIORGIO MOTTOLA

 Fiore era vicino ai servizi segreti inglesi?

 JEFF KATZ - DIRETTORE AGENZIA INVESTIGATIVA BISOHOP GROUP È possibile che potesse essere un informatore per i servizi.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 L’eventuale collegamento di Fiore con i servizi non è stato mai dimostrato in nessun tribunale. Ma in una relazione di una commissione d’inchiesta del parlamento europeo del 1991, Roberto Fiore viene indicato addirittura come agente dei servizi di informazione.

 GIORGIO MOTTOLA

 Questa storia dei suoi rapporti con i servizi segreti?


 ROBERTO FIORE -PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Assolutamente no! Per un semplice e preciso motivo. Io sono un rivoluzionario. E non mi posso mettere d’accordo con un servizio segreto. Italiano, inglese… certo, avrei la tentazione con i russi perché hanno delle posizioni buone. Ma nemmeno con i russi ho avuto i servizi segreti.

 MASSIMO PERRONE – COFONDATORE FORZA NUOVA

 Guardi, io ricordo un episodio, è buffa questa cosa. Noi avevamo la sede a Kensigton, della Meeting Point, e sopra c’era un piano della polizia speciale. E tutti dicevano che era l’MI6. Tanto è vero che una volta ho sbagliato piano, sono entrato dentro questa caserma di polizia… Gentilissimi, mi hanno detto: “Ha sbagliato, la Meeting Point è giù”.

GIORGIO MOTTOLA

 La sensazione è che Fiore avesse comunque una protezione particolare a Londra.

 MASSIMO PERRONE – COFONDATORE FORZA NUOVA

 Fiore secondo me ha la protezione di qualche santo. Perché non si spiega, in tutti i processi il processo non si fa, o viene assolto, o viene prescritto. Fiore in Italia non si è fatto un giorno di galera.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Da latitanti, Roberto Fiore e il suo socio Massimo Morsello non solo si arricchiscono, ma con la Meeting Point finanziano il network europeo neofascista. In questa intercettazione inedita della Procura di Milano, Massimo Morsello, parla con un emissario di Franco Freda, l’ideologo neonazista coinvolto nella strage di Piazza Fontana, poi assolto per mancanza di prove.

 UOMO

 Purtroppo noi abbiamo l’appello.

 MASSIMO MORSELLO

 Quindi servono.

 UOMO

 Esattamente.

 MASSIMO MORSELLO

 E allora come posso farveli avere? Prima di tutto quello che è importante sapere è in che città?

 UOMO

 A Milano.

 MASSIMO MORSELLO

 E lo intesto a chi?

 UOMO

 Dunque…. te lo devo saper dire perché…. sarebbe meglio… in Italia c’è una legge dove
 gli assegni superiori ad un certo importo vengo registrati e tutte queste cose… GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 In quei giorni, ricorreva l’appello di un processo che riguardava l’organizzazione politica di Freda che per questo aveva bisogno di soldi. Ma Morsello si prende cura anche di altre figure del network neonazista. Viene ad esempio intercettato anche quando, per motivi non chiariti, organizza l’invio di denaro all’avvocato romano Paolo Giachini, storico difensore dell’ex ufficiale delle SS Eric Priebke.

 PAOLO GIACHINI

 Non puoi evitare di fare il mio nome? Perché sai, questi, stanno cercando di fare collegamenti allora…. la pubblicità è meglio…

MASSIMO MORSELLO

 Certo, certo.

 PAOLO GIACHINI

 Poi quando vengono fatti di soldi.

 MASSIMO MORSELLO

 Quant’era l’ammontare, te lo ricordi? Quanto vuoi ritirare che tanto, comunque, lo lasciamo aperto.

 PAOLO GIACHINI

 Ma guarda, era quattro e qualche cosa.

 GIORGIO MOTTOLA

 I soldi non sembrano arrivare in modo trasparente dalle telefonate.

 ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA E da dove arrivano?

 GIORGIO MOTTOLA

 Si parla di prestanomi che devono incassare soldi, si parla di assegni che non devono superare la quota per essere controllati…

ROBERTO FIORE – PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Ma lei non pensa che ci sarebbero stati fior fiore di poliziottoni che ci sarebbero venuti addosso se avessero visto una anticchia di cosa problematica.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 In questa informativa della Digos risalente al ‘97, rimasta sepolta negli archivi giudiziari, senza mai essere usata per avviare un processo, si ritiene che Fiore e Morsello fossero a capo di un’internazionale nera finalizzata al supporto finanziario e logistico della latitanza di estremisti di destra. Una sorta di nuovo Piano Odessa, l’organizzazione che dopo la seconda guerra mondiale pianificò la fuga dei gerarchi nazisti. Secondo la Digos, infatti, la struttura londinese di Fiore e Morsello avrebbe supportato la latitanza di diversi criminali neofascisti tra cui di Angelo Angeli, il neofascista che stuprò Franca Rame, Elio di Scala detto Kapplerino, e l’ex Terza Posizione Pasquale Belsito. Alla fine degli anni Novanta, anche il neofascista Massimo Carminati, detto “Er cecato”, sarebbe arrivato alla corte di Meeting Point. L’ex capo di Mafia Capitale viene visto negli uffici della società londinese di Fiore e Morsello da uno dei fondatori di Forza Nuova, Pietro Minervini.

 PIETRO MINERVINI – COFONDATORE FORZA NUOVA

 Carminati? Io l’ho visto solo una volta, così. Che era venuto a chiedere per un allargamento del suo maneggio.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei ha incontrato Carminati a Londra?

 PIETRO MINERVINI - COFONDATORE FORZA NUOVA Ma di sfuggita.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lì alla Meeting Point. Ed era venuto a chiedere dei soldi?

 PIETRO MINERVINI - COFONDATORE FORZA NUOVA Aveva un progetto tutto suo.

 GIORGIO MOTTOLA

 E che progetto era?

 PIETRO MINERVINI - COFONDATORE FORZA NUOVA Per l’ampliamento del maneggio.

 GIORGIO MOTTOLA

 E perché veniva a raccontarlo a Morsello?

 PIETRO MINERVINI - COFONDATORE FORZA NUOVA Certamente si conoscevano, no?

 GIORGIO MOTTOLA

 A coinvolgere la Meeting Point nel progetto?

 PIETRO MINERVINI - COFONDATORE FORZA NUOVA Forse.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Prima di entrare a far parte della Banda della Magliana, Massimo Carminati è stato militante dei Nar, il gruppo terroristico di estrema destra, con cui ha partecipato a varie azioni criminali.

 DA RADIO RADICALE

 MASSIMO CARMINATI - PROCESSO MAFIA CAPITALE 29/3/2017

 Io sono un vecchio fascista degli anni ‘70. Sono contento di essere così. Quella è stata la mia vita. Mi sono morti tanti amici e sono contentissimo di essere quello che sono.

 GIORGIO MOTTOLA

 Un altro dei fondatori di Forza Nuova, Minervini, ci ha detto che ha visto anche Carminati alla Meeting Point, alla metà degli anni Novanta.

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA Questo mi fa piacere saperlo.

 GIORGIO MOTTOLA

 Lei ha mai incontrato Carminati a Londra?

 ROBERTO FIORE - PRESIDENTE FORZA NUOVA

 Assolutamente no. Qualche volta a Vigna Clara, perché c’abbiamo lo stesso bar di riferimento. Non ho mai parlato con Carminati. E si vada a leggere bene le carte, capirà più cose, fate il vostro lavoro, studiate le cose...

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 E studiando, appuriamo che Fiore e Carminati hanno condiviso alcune conoscenze.
 Come quella di Stefano Tiraboschi e Vittorio Spadavecchia, neofascisti appartenenti ai
 Nar, anche loro come Fiore scappati a Londra all’inizio degli anni ’80.

 INTERCETTAZIONE 6 GIUGNO 2013

 MASSIMO CARMINATI

 Li conosci i miei amici, Spadavecchia, Tiraboschi? Negli anni novanta dicevano ricercati. Ricercati poi…

GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Stefano Tiraboschi è stato compagno di cella di Roberto Fiore, nonché per un breve periodo suo socio in affari. Stando almeno a quanto scrivono i detective privati della Padfield. Tiraboschi fonda insieme a Vittorio Spadavecchia una società che aveva sede in questo ufficio al centro di Londra; e che come la Meeting Point, forniva alloggi per gli stranieri. Seppure latitanti, condannati in Italia per associazione sovversiva, anche loro da neofascisti ricercati si trasformano presto in imprenditori ricchissimi a capo di un impero immobiliare nella City valutato milioni di sterline. In diverse intercettazioni, Massimo Carminati si fa un vanto del loro successo e nel 2012 vola a Londra per incontrarli.

 DA RADIO RADICALE

 MASSIMO CARMINATI - PROCESSO MAFIA CAPITALE 29/3/2017

 Siamo andati perché dovevamo andare da dei nostri amici che stavano là e poi io fra l’altro io dovevo trovare un appartamento per mio figlio. Poi fra l’altro mi faceva piacere vedere quei due amici che stanno là che non vedevo da tanti anni, che fanno parte della mia vita. Che ero contento di vedere, mi faceva piacere.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Queste sono le foto inedite, recuperate da Report, dell’incontro avvenuto a Londra nel 2012 tra Massimo Carminati, Stefano Tiraboschi e Vittorio Spadavecchia. La polizia inglese pedina gli ex militanti dei Nar per tutto il tempo in cui il Cecato resta nella Capitale.

 DA RADIO RADICALE
 MASSIMO CARMINATI - PROCESSO MAFIA CAPITALE 29/3/2017

 Hanno continuato a seguirmi pure a Londra soltanto che all’estero sono meno professionali e li vedevo con i loro motorini che mi seguivano. Loro non hanno valutato che sono una persona che fa questa vita da tanti anni, c’ho un occhio solo ma quello vede bene. Mi dia retta avvocato.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Le foto vengono scattate davanti al ristorante di Stefano Tiraboschi, Mediterraneo, frequentato persino da Madonna, come racconta Carminati in un’intercettazione. In questa via, Kensington Road, una delle più esclusive di Londra, Tiraboschi possiede anche altri due ristoranti. In questo quartiere, gli ex-militanti Nar, sono di casa. Qui aveva sede infatti anche la società immobiliare di Vittorio Spadavecchia. Che ancora oggi è nella lista dei trenta ex terroristi ricercati dalle autorità italiane.


 ALFONSO BONAFEDE – MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

 Oggi diciamo al mondo che nessuno può sottrarsi alla giustizia italiana.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Per l’ex terrorista di sinistra Cesare Battisti c’è stata una grande mobilitazione di risorse e di forze di polizia. Vittorio Spadavecchia invece che deve ancora scontare 12 anni di prigione, per la giustizia italiana risulta ancora irreperibile. Eppure con una semplice visura a pagamento abbiamo scoperto che Spadavecchia possiede un appartamento nel più lussuoso e ricco dei quartieri di Londra.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Salve sono Giorgio, cercavo Vittorio.

 VOCE AL CITOFONO

 Il signor Vittorio non c'è, è in ufficio.

 GIORGIO MOTTOLA FUORI CAMPO

 Ma all’indirizzo dell’ufficio che ci è stato indicato, troviamo dei cinesi con le mascherine che ci invitano ad andare via. Eravamo quasi rassegnati, quando dopo qualche ora lo incontriamo mentre passeggia per strada nei pressi della sua abitazione.

 GIORGIO MOTTOLA

 Vittorio Spadavecchia? Sono Giorgio Mottola, un giornalista di Raitre, le chiedo scusa non voglio disturbarla se… Mi scusi però non voglio inseguirla, se mi dà soltanto un istante. Scusi… Signor Vittorio non voglio inseguirla.

 VITTORIO SPADAVECCHIA

 Mi lasci stare!

 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO

 Ha ragione, nessuno l’ha disturbato per 30 anni. Perché dovrebbe accettare di essere disturbato da noi? Ecco, Spadavecchia sono 30 anni che è latitante, il nostro Giorgio ha fatto una semplice visura catastale e ha trovato dove vive, in un appartamento lussuoso in un quartiere lussuoso. Ha anche incontrato in questi anni Carminati, il Cecato. Che è andato anche a bussare alla porta della Meeting Point, di Fiore e Morsello per farsi finanziare l’ampliamento del suo maneggio. La memoria è un po’ come la marea. L’abbiamo detto, restituisce dal passato, improvvisamente, quando meno te l’aspetti, brandelli di un relitto. Questa volta c’ha restituito un’informativa del 1997 della Digos che è rimasta seppellita negli archivi per tanto tempo. In questa informativa si legge che quella di Fiore e Morsello sarebbero stata un’internazionale nera, una struttura che aveva fornito negli anni supporto logistico e finanziario ai latitanti neofascisti che erano scappati dall’Italia. Era il 1997 era il periodo delle indagini sulla strage di piazza Fontana. La procura di Milano intercetta vari esponenti dell’estrema destra tra cui anche, Morsello che non è coinvolto, non risulterà coinvolto nella strage. Nelle intercettazioni finisce anche Maurizio Murelli, neonazista, con una condanna pesante sulle spalle per concorso nell’omicidio di un poliziotto. Fonderà poi l’associazione culturale Orion, dove si mescolavano idee neonaziste e dove si aspirava a un continente euroasiatico sotto l’egemonia russa. Ecco insomma, aveva identificato in un’intercettazione rimasta inedita Gianluca Savoini come punto di riferimento, cavallo di Troia per entrare nella Lega. Quel Savoini che era all’epoca un giornalista della Padania, camminava nella redazione battendo i tacchi e facendo il saluto fascista, e sul suo pc sono state trovate la faccia, la fotografia di Hitler e dei simboli nazisti rivisitati in salsa padana. Poi è rimasto coinvolto nello scandalo del Metropol, diventato portavoce della nuova Lega di Matteo Salvini, ed era rimasto coinvolto come dicevamo nella presunta trattativa di compravendita di gasolio russo finalizzata, secondo i magistrati, a finanziare la Lega di Matteo Salvini per la campagna delle europee. Nelle intercettazioni del 1997 emerge anche che la Meeting Point, la società di Fiore e Morsello aveva a libro paga alcuni giornalisti e perché scrivessero articoli a loro compiacenti, e divulgassero le loro idee, venivano pagati, dice Morsello fino a 10 mila sterline in nero. Nero come il virus nazifascista.

mercoledì 29 aprile 2020

NOI COME CAVIE,INTANTO IN GERMANIA...


Coronavirus. La Germania in soli dieci giorni è pronta alla fase ...
Non si hanno buone notizie dalla Germania dove dallo scorso lunedì,nella sorta di gara a chi riapre prima,si sta tentando di normalizzare le riaperture lavorative e sociali,visto che il contagio è aumentato nonostante il tasso di mortalità rimanga il più basso(vedi:contropiano la-germania-ha-gia-riaperto-le-porte-al-contagio )
Il tasso di contagiosità invece è passato dallo 0,7 all'1%,praticamente ogni persona che ha il Covid-19 ne infetta un'altra,e questa soglia va comunque bene per chi vuole fare credere che la pandemia sia sotto il controllo:come da noi anche la Germania ha le congreghe di padroni come Confindustria che hanno pressato per la ripartenza.
Che da noi avverrà il prossimo lunedì ed il secondo contributo(www.open.online fase-2-capo-task-force-colao )parla delle dichiarazioni del manager(già questo è assurdo,in mano ad un dirigente d'azienda e non a scienziati)della ripartenza Colao che candidamente afferma che il 4 maggio sarà il test generale per le ripartenze graduali,e dietro a questo nasconde la concreta possibilità di migliaia di infettati e altrettanti morti,si parla di test utilizzando le persone come cavie,assurdo.

“La Germania ha già riaperto!”… le porte al contagio.

di  Dante Barontini 
“Ripartire, riaprire”… Il grido di Confindustria e Confcommercio – con tanto di minacce di scendere in piazza – risuona in tutta Europa (ognuno ha una Confindustria, da queste parti) e portato tutti i paesi a pianificare un via libera alle attività produttive e commerciali piuttosto anticipato rispetto alle indicazioni dei comitati scientifici (questi, sì, tutti compatti nello sconsigliare la fretta).

Tra gli esempi più citati – da Carlo Bonomi, neo-boss di Viale dell’Astronomia, o dall’eterno Carlo Sangalli – c’è ovviamente la Germania. Mito di efficienza, (ordo)liberismo, scientificità, sburocratizzazione, governi stabili…

E in effetti la Germania ha riaperto molte attività da lunedì scorso, 20 aprile, sollevando l’invidia e la rabbia degli imprenditori di casa nostra, anche se in realtà il 60% delle imprese – qui – non ha mai chiuso. Nemmeno a Bergamo o a Brescia, mentre pile di bare venivano portate via dai camion dell’esercito…

“Facciamo come in Germania”, insomma… C’è solo un piccolo problema. Berlino ha in effetti riaperto molte porte, ma soprattutto quella del contagio.

In pochi giorni il tasso di contagiosità – che era sceso a 0,7 – è risalito a 1, ovvero ogni persona infetta ne contagia un’altra. E’ il limite al di sotto del quale si può ragionevolmente ritenere un’epidemia “sotto controllo”, ma sicuramente non “battuta” (in questo caso sarebbe zero).

Questo indicatore è stato assunto come parametro da chi – tutti i governi dell’Occidente capitalistico – ha preteso di “conciliare la produzione con la salute”, riuscendo nel fantastico risultato di perdere su entrambi i fronti.

Ma anche ammesso – e non concesso – che questo indicatore sia davvero utile, bisogna prendere atto che anche una controllata riapertura di più attività comporta un rapido aumento dei contagiati e dei morti.

Ed infatti anche il tasso di mortalità per la malattia è aumentato di giorno in giorno. Secondo i dati del Robert Koch Institute, l’altroieri ha raggiunto il 3,8%, comunque il più basso del mondo.

Su questo punto i dati tedeschi sono stati guardati con sospetto fin dall’inizio: troppo pochi i morti rispetto ai contagiati, un tasso diverso da tutti gli altri Paesi. E troppo giovani le vittime, come se venissero conteggiati soltanto i morti di solo coronavirus (senza insomma tener conto della pluripatologie, tipiche dei più anziani).

La graduale ripartenza era stata abbastanza sostanziosa. Oltre alle fabbriche – mai fermate del tutto – hanno riaperto i negozi con una superficie inferiore agli 800 metri quadrati, concessionarie di auto, negozi di biciclette e librerie. In Sassonia erano state riaperte anche le scuole.

Non ci vuole uno scienziato per capire che, oltre a più lavoratori in giro, sono aumentati anche “i clienti” (ognuno di noi ricopre del resto più ruoli nella stessa giornata…). E quindi si sono moltiplicate esponenzialmente le occasioni quotidiane di contatto e contagio.

In più, anche in Germania sta esplodendo il caso dei focolai di Covid-19 nelle case di riposo per anziani, che hanno fatto rapidamente salire il tasso di mortalità, avvicinandolo un po’ di più a quello realistico.

Oggi anche nel primo paese d’Europa i contagiati ufficiali sono quasi 160.000, mentre i morti hanno superato i 6.000.

Lo stesso presidente del Robert Koch Insitute ha dunque voluto insistere nella raccomandazione planetaria: rimanere a casa il più possibile e osservate il distanziamento sociale di almeno un metro e mezzo.

Ma non ha osato criticare pubblicamente le decisioni governative, sia sulla riapertura che sulle modalità di protezione individuale. In Germania, in questi giorni, resta il divieto di contatto tra persone, ma soltanto da lunedì è obbligatorio indossare mascherine nei negozi e sui mezzi di trasporto pubblico. Non proprio un esempio di efficienza da mostrare al mondo.

Ora sono in dubbio le altre riaperture già previste, a partire dal 4 maggio, proprio come in Italia. Nel piano originale anche le scuole dovrebbero riaprire per questa data, addirittura in tutti i Land.

Nel paese guidato da Angela Merkel, gli occhi sono ora puntati al prossimo incontro fra governo e Lander, fissato per giovedì. L’Esecutivo ha chiarito ieri di non voler procedere ad una accelerazione dell’allentamento delle misure restrittive, ma la pressione politica ed economica (gli imprenditori, insomma) sale e anche lì il dibattito sul punto è molto acceso.

Pure la Francia, ieri, ha innestato il freno a mano sulle scadenze del “ritorno alla normalità”. “Se gli indicatori non saranno rispettati, non faremo nessuna riapertura l’11 maggio“,  ha detto il premier francese, Edouard Philippe, presentando il piano di riapertura in Parlamento. Tra gli indicatori nominati c’è il numero dei nuovi contagi al giorno, che “deve mantenersi fra i 1.000 e i 3.000“. Non pochi, ma attualmente Parigi ne conta parecchi di più.

Le stesse preoccupazioni, del resto, sono state mostrate da Giuseppe Conte, al centro della canea di destra (i “due Matteo”, Renzi e Salvini, su tutti) che pretende riapertura totale immediata, lamentando “timidezza” e eccessivo ascolto degli scienziati.

Non a caso, il rapporto consegnato al governo italiano dal Comitato tecnico scientifico prevedeva che nel caso di riapertura totale (scuole comprese) ci sarebbero stati 151.000 malati in terapia intensiva e oltre 430.000 ricoverati… Riaperture_report

Un disastro di proporzioni immani, cui lo sconquassato – dai tagli – sistema sanitario nazionale non potrebbe mai reggere. E neanche quello tedesco…

Ascoltando i ragionamenti dei virologi, del resto, l’avevamo candidamente previsto: dove comandano le imprese, il virus festeggia.

Date retta alle Confindustrie, vedrete che futuro radioso…

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Fase 2, il capo della task force Colao: «È un test per ripartire a ondate». Se fallisce, subito micro-zone rosse.

di Giovanni Ruggiero
Secondo il manager chiamato dal premier Conte per progettare la ripartenza non ci potrà essere un approccio unico per tutte le regioni, nel caso di un ritorno della crescita dei contagi. Serviranno interventi rapidi, ma senza condivisione delle informazioni tra le istituzioni, sarà tutto inutile

Se la Fase 2 entrerà o meno nel vivo dipenderà tutto dalle prime due settimane di maggio, quando quattro milioni e mezzo di italiani saranno tornati a lavoro. Il capo della task force del governo sull’emergenza Coronavirus, Vittorio Colao, parla ad Aldo Cazzullo Corriere della sera di un «test importante» al quale si prepara il sistema Italia, con la prospettiva che, senza nuove ondate di contagi, si possa procedere a «una riapertura progressiva e completa».

Il pericolo però che tornino a salire i contagi è dietro l’angolo, a quel punto il consiglio del manager è di evitare gli interventi in ordine sparso tra regioni e governo nazionale, come di fatto è successo finora, ma puntare a piccole e definite “zone rosse”: «L’approccio dovrà essere microgeografico: occorre intervenire il più in fretta possibile. Abbiamo indicato al governo un processo. L’importante è che le misure siano tempestive, nella speranza che non siano necessarie». L’obiettivo è evitare il metodo usato sin dall’inizio della Fase 2, che tratta tutte le regioni allo stesso modo, a prescindere dalla gravita della propria situazione: «Nel lungo termine non li si può gestire allo stesso modo – dice Colao – L’importante è che l’Italia si doti di un sistema per condividere e informazioni». Tra le righe, insomma, un appello a uscire dai singoli interessi territoriali.

Le condizioni per ripartire

Tre sono i punti indicati dalla task force al governo perché le riaperture siano possibili: «La prima – spiega Colao – il controllo giornaliero dell’andamento dell’epidemia. La seconda: la tenuta del sistema ospedaliero, non solo le terapie intensive, anche i posti letto Covid. La terza: la disponibilità di mascherine, gel e altri materiali di protezione». E poi c’è la discussa app Immuni, che potrebbe diventare uno strumento importante per informare in modo capillare gli italiani sui rischi di contagio, quindi servire a renderli più liberi: «Potrà servire se arriva in fretta – chiarisce il manager – e se la scarica la grande maggioranza degli italiani. È importante lanciarla entro la fine di maggio, se quest’estate l’avremo tutti o quasi, bene; altrimenti servirà a poco».

martedì 28 aprile 2020

LA CHIESA A PORTE CHIUSE


Chiese aperte, ma chiuse: i vescovi ostaggio del Governo - La ...
Il duro attacco della congregazione dei vescovi italiani della Cei,prontamente richiamati dal loro boss Francesco,è stata una levata di scudi cui hanno prontamente preso posizione i partiti reazionari della destra italiana,che hanno soppiantato la Democrazia Cristiana che si è spartita tra Forza Italia,FdI e la Lega(che nei primi anni non aveva dato molto peso alla religione)e il Pd.
Il breve contributo del redazionale di Left(viene-prima-la-tutela-del-sacro-o-la-salute )descrive e puntualizza sul come la chiesa cattolica deve seguire le regole dello Stato italiano e così le sue leggi ed i suoi decreti,soprattutto se riescono a salvare vite umane,le anime possono aspettare.
Se davvero i cattolici vogliono trovare dio prima del tempo necessario e dovuto che lo facciano con altri metodi,non imponendo il loro volere a fronte delle ordinanze,che esse piacciano o meno,e casi come quelli di Gallignano,qui vicino(www.adnkronos.com/parroco-multato )certifica che l'ignoranza e la stupidità di certo non fa"vade retro"a fronte dell'abito talare.
Come tutte le altre religioni riconosciute dallo Stato e che per ora non hanno avuto dichiarazioni di prepotenza come quelle della chiesa,attenderanno i tempi necessari e come tutti,senza agevolazioni,potranno nuovamente perseguire nei loro riti attenendosi alle norme di distanziamento sociale e di sicurezza per loro e per gli altri che saranno ritenute necessarie.

Viene prima la tutela del sacro o la salute?

di Redazione Left
Giriamo la domanda della Uaar ai vescovi italiani e a chiunque è interessato

«In un momento in cui tutti subiamo pesantissime limitazioni alla libertà personale, i vescovi non accettano di vedere ridimensionato l’esercizio della libertà di culto e fanno pressioni sul governo. Ma la libertà di culto deve fermarsi davanti all’interesse generale. E che i vescovi pretendano privilegi che potrebbero mettere in pericolo la popolazione è scandaloso».

Il segretario dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), Roberto Grendene, commenta così lo scontro (per certi versi inedito nella storia repubblicana) tra governo e Conferenza episcopale italiana, in merito alla ripresa delle attività di culto, che il Dpcm del 26 aprile ha escluso da quelle che potranno ripartire dal 4 maggio. La libertà di culto è tutelata dall’articolo 19 della Costituzione, sostengono i vescovi nel pretendere da Conte che essa sia garantita mediante la possibilità di celebrare le messe già dal 4 maggio. Libertà che è stata rivendicata anche dai rappresentanti di altre religioni monoteiste, ma, va detto, nessuno lo ha fatto con la “veemenza” al limite della protervia dei vescovi cattolici.

«Le funzioni religiose – osserva Grendene – ricadono sotto la voce “assembramenti” e presentano, come ha riconosciuto il comitato tecnico-scientifico, “criticità ineliminabili”, tra cui il fatto che i fedeli sono quasi tutti anziani e che le pratiche della eucarestia sono di per sé talmente poco igieniche che non a caso hanno già scatenato cluster… In altre parole la Cei “esige” e non si fa scrupolo di mettere a rischio la vita delle persone più a rischio. Impossibile non rilevare poi come delle 12 confessioni che hanno stipulato un’intesa con lo Stato nessuna abbia fatto analoghe richieste di strappi alle regole. Il governo – conclude Grendene – ha il dovere di non cedere alle richieste di corsia preferenziale della Chiesa. Nessun presunto diritto divino prevale sulle leggi (e sulla pelle) dei comuni mortali, credenti e non credenti».

lunedì 27 aprile 2020

TRA UNA SETTIMANA LA FASE 2


Conte presenta la ''fase 2'': riparte lo sport ...
Dalle poche ore passate dopo le prime indicazioni dell'entrata nella fase 2 nella lotta al coronavirus con le nuove disposizioni sulle aperture lavorative,sull'uso dei dispositivi di sicurezza e le restrizioni personali nei luoghi pubblici,ne ho sentire di tutte e di più,ma si sapeva che chiunque avrebbe mal digerito le nuove decisioni del governo in quanto difficilmente accontentabili rispetto a ciò che si attendeva.
Con più o meno ragioni comunque credo che le disposizioni che andranno in vigore tra una settimana esatta siano abbastanza condivisibili guardando all'insieme delle norme del nuovo decreto ministeriale,alcuni punti sono ancora ombrosi e da perfezionare ma per l'appunto ci sono ancora alcuni giorni per risolvere i punti più nebbiosi.
L'articolo di Contropiano(una-riapertura-da-pazzi-scriteriati )non è così benevolo come il mio pensiero,ed in parte lo sostengo quando si parla ancora di zone d'ombra nel mondo del lavoro soprattutto riferendosi alle diverse problematiche differenti nei territori della penisola con regioni ancora appestate pesantemente e altre che sono state appena sfiorate dalla morte.
Ma la scelta di nazionalizzare tutto il problema e le relative riaperture nel complesso minori delle confermate restrizioni è un bene in quanto si potrebbero creare nuovi esodi da zone più colpite verso quelle meno devastate dal Covid-19.
Perché la frammentazione delle decisioni prese sul territorio nazionale,a discrezionalità anche comunale e provinciale,sono state recepite come un ulteriore limitazione della libertà individuale e fonte di più di un malcontento e di anche giustificate lamentele.
Facendo un esempio sulla mia città riguardo le aperture dei mercati coperti la regione Lombardia e la provincia di Cremona avevano dato il via libera mentre il comune di Crema aveva ulteriormente posticipato il divieto,non tenendo conto della situazione degli ambulanti e facendo orecchie da mercante sulla possibilità di tenere chiusi i supermercati il lunedì della Pasquetta o il 25 aprile.
Invece le divergenza a livello regionale sono state più marcate e per motivi tra i più disparati,a anche la rincorsa a livello nazionale su chi riparte prima fa sì che gli stati membri siano competitors più che partner.
Ci sono questioni sui soldi che parecchia gente non ha ancora visto nonostante i proclami  volte stucchevoli che si rincorrono settimana dopo settimana,la sorte dei figli a casa,soprattutto dei più piccoli con i genitori che devono riprendere il lavoro o che non hanno mai smesso di svolgerlo,l'accesso ai tamponi e alle cure,le inadeguatezze della sicurezza sui mezzi di trasporto,insomma ogni settore della società è interessato in diversa misura dall'incombenza della malattia ed il problema e soprattutto la soluzione di tutto,è molto difficile da trovare e che sia digerita da tutti.
Ringrazio solo che comunque non ci siano altri personaggi e partiti politici a gestire questa emergenza pandemica,il premier Conte avrà certamente dei limiti ma non ha la bacchetta magica che può risolvere tutto,meglio lui a capo del governo in questo momento che un Salvini o una Meloni qualunque.

Una “riapertura” da pazzi scriteriati.

di  Dante Barontini - Giorgio Cremaschi 
Il governo Conte ha varato ieri sera il decreto per la “ripartenza” delle attività economiche. Tutte, con un calendario ancora molto in discussione, ma senza eccezioni. Il tutto mentre il contagio ha – sì – rallentato un po’ la sua corsa, ma permane a livelli altissimi.

Una decisione schizofrenica, come da due mesi a questa parte, perché da un lato riguarda tutto il territorio nazionale senza alcuna distinzione tra aree ad alto rischio e territori sostanzialmente “sicuri”, dall’altra colpevolizza preventivamente i singoli cittadini per l’eventuale – prevedibilmente certa – risalita della “curva” dei contagi.

Ancora una volta sembra aver prevalso la pressione di Confindustria e Confcommercio. Anche perché, in assenza di una qualsiasi politica europea coordinata, ogni paese del Vecchio Continente è spinto a “ripartire” per proprio conto, cercando di non perdere troppo terreno rispetto ai “competitori” – più che partner – dell’Unione.

Un agire scomposto e dissennato di fronte alla pandemia, che sarà certamente aggravato (a livello nazionale) dall’accavallarsi di “delibere regionali” che introdurranno eccezioni, rallentamenti o accelerazioni motivate più dalla necessità di “distinguersi” che da quelle sanitarie.

Del resto era stato lo stesso epidemiologo Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di Sanità, a spiegare che “Per noi della sanità il rischio accettabile è zero, per economisti è 10”. Il prof, politicamente accorto, ha detto “economisti”, ma la definizione investe ovviamente gli imprenditori, che del rischio altrui sistematicamente se ne fregano (a parte eccezioni lodevoli quanto rare).

Il governo, con il decreto che qui potete consultare (DPCM e allegato del 26 aprile 2020.pdf), ha scelto “un rischio 9,5”, potenzialmente catastrofico, ma con responsabilità rovesciata sui cittadini. Come se “gli assembramenti” sui mezzi pubblici o nei luoghi di lavoro (per una impresa che modifica la propria organizzazione del lavoro ce ne sono dieci che non possono o non vogliono farlo) fossero una passeggiata di salute, mentre solo quelli “ludici” pericolosi.

Abbiamo spiegato più volte, fino alla noia, che anche noi avremmo riaperto diverse attività produttive, ma su una base territoriale attenta alla diffusione del virus e in seguito a uno screening di massa affidabile (con i tamponi, insomma, non con i soli “esami sierologici”). Quindi anche prima, nelle zone a basso rischio.

Per spiegare di cosa stiamo parlando rinviamo – qui di seguito – all’intervista fatta da Business Insider al prof. Andrea Crisanti, “il virologo che ha salvato il Veneto” convincendo persino uno come Zaia (quello che protestava, la sera dell’8 marzo, perché si mettevano in “zona arancione” tre province venete) ad adottare i tamponi a tappeto.

Infine, segnaliamo il commento politico di Giorgio Cremaschi, portavoce di Potere al Popolo, che sintetizza da par suo la “logica” sottostante il discorsetto di Conte, ieri sera.

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Dio e mascherina

Giorgio Cremaschi Potere al Popolo!

“Dobbiamo CONVIVERE col coronavirus “. Questo è il concetto di fondo e la prima frase di Conte nella sua conferenza stampa. I provvedimenti che annuncia sono tutti di conseguenza a questo.

Il paese riparte con aree del paese ancora in piena epidemia adottando quel modello eguale per tutti che è alla base della strage di 26000 morti. Avrebbero dovuto chiudere tutto davvero nelle province del Nord dove si diffondeva il contagio e mantenere misure di contenimento altrove. Invece, per obbedire a Confindustria, governo e regioni non hanno mai dichiarato zone rosse definite, ma trasformato tutta l’Italia in una zona arancione.

Il modello cinese non è MAI STATO APPLICATO, il lockdown non c’è stato soprattutto in Lombardia e Piemonte, dove, come dimostra l’INPS, le fabbriche aperte hanno aumentato i contagiati di almeno il 25%. Oggi si dovrebbero trattare diversamente Umbria e Lombardia, Potenza e Milano.

Siccome però i padroni spingono si fa esattamente ciò che chiedeva Fontana : riaprire tutto il 4 maggio. Poi ce la si prenderà con chi non mette le mascherine ai nipoti che vanno a trovare i nonni e con chi non tiene la distanza di sicurezza in casa, mentre su fabbriche e trasporti si chiuderanno occhi bocca e orecchi.

Siamo di fronte al colossale fallimento di tutta la classe dirigente e di tutto il sistema Italia, che riparte senza dati certi e senza misure vere di sicurezza, con un bilancio di vittime inferiore solo a quello degli Stati Uniti.

E questa catastrofe viene presentata come una vittoria, mentre la propaganda di “andrà tutto bene”, ripresa in pubblicità da Toyota Barilla Mediaset tutti, colpisce quei nemici della patria che sollevino obiezioni.

Ora si riapre, “basta con gli spiriti antindustriali” ha detto Conte; e che Dio e mascherine ci proteggano.

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Crisanti, il virologo che ha ‘salvato’ il Veneto: “Non mancano i tamponi, ma la volontà di farli. Sbagliato riaprire tutti il 4 maggio”

Gea Scancarello – Business Insider

Andrea Crisanti è un cervello di ritorno: professore di parassitologia molecolare all’Imperial college di Londra, è rientrato in Italia come direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’Università (e azienda ospedaliera) di Padova, portando competenze preziose. In questi giorni è infatti noto soprattutto per essere l’uomo che ha guidato il Veneto fuori dall’emergenza coronavirus, risparmiando alla regione uno scenario catastrofico come quello lombardo e che è stato indicato da Ernesto Burgio come uno dei pochi se non l’unico vero esperto italiano.

In controtendenza netta e isolata con le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Crisanti ha insistito per fare i tamponi a tutti i contatti dei presunti infetti, riuscendo a bloccare l’epidemia sul territorio prima che dilagasse negli ospedali.

Eppure, dice, che ancora oggi “questa decisione strategica non è stata fatta propria da altre regioni”. Gli abbiamo chiesto allora di spiegarci il mistero dei tamponi che non si fanno e il nuovo fiorire di test sierologici (“Non servono assolutamente a nulla”).

Ci aiuta a capire una volta per tutte perché ancora ci sono malati o persone che chiamano con sintomi a cui non vengono fatti tamponi? Mancano i materiali? Non c’è la volontà?

 È un insieme di cose. All’inizio sicuramente i reagenti sono mancati, ma non credo che adesso siano più un grandissimo problema: penso che ora la vera questione sia che non si è capito perché è così importante fare i tamponi. E non si è capito che fare i tamponi, e particolarmente farli ai contatti e a quelli che potenzialmente sono entrati in contatto con la persona infetta, abbatte la trasmissione. Se non si capisce l’importanza di questa strategia di fatto rimarremo sempre con queste polemiche…

La strategia in Veneto ha funzionato, possibile che ancora gli altri non abbiano capito?

Possibile, sì. In altre regioni si pensa che il tampone serva solo a fare la diagnosi. In realtà, se arriva una persona che sta male, da sette-otto giorni, con tutta la sintomatologia canonica e il quadro radiologico, il tampone non c’è nemmeno bisogno di farlo: dovrebbero farlo invece tutte le persone con cui la persona è entrata in contatto. È, insomma, essenzialmente una questione di decisioni strategiche.

Se non si cambiano queste decisioni strategiche corriamo dei rischi il 4 maggio, alla riapertura?

I rischi esistono perché c’è ancora tantissima trasmissione: tremila casi al giorno sono ancora molti, mica pochi.

Vengono raccontati però come fossero un successo.

Certo, perché eravamo abituati ad altri numeri.

Dove ci si contagia oggi, quali sono i focolai presumibili?

Principalmente a casa e nelle istituzioni, cioè nelle Residenze sanitarie per anziane (Rsa). E poi, ovviamente, nelle fabbriche o in altri ambienti di lavoro: ci sono anche tantissime attività produttive o commerciali che sono attive.

A questo proposito servirebbero informazioni più certe sul virus stesso. Molti dovranno per esempio riaprire gli studi professionali nei prossimi giorni, dovranno aprirsi al contatto col pubblico. Di cosa devono preoccuparsi, concretamente: disinfettare le superfici, mettere divisori in plexiglass o che?

Se le persone usano le mascherine le possibilità che il virus si depositi sulle superfici è di fatto limitata. Certo, il virus resiste sulle superfici in determinate condizioni di temperatura e umidità, come è stato dimostrato in diversi studi: tuttavia, le mascherine aiutano anche in questo, perché bloccando il passaggio delle goccioline danno al virus meno possibilità di depositarsi. Detto questo, certo, anche i plexiglass aiutano.

Cosa sappiamo dell’immunità e di possibili riattivazioni, come quelle denunciate in Corea?

Nulla, assolutamente nulla.

Quindi i test sierologi che ci apprestiamo a fare che valore hanno?

Nessuno, soltanto, chiamiamolo così, un valore epidemiologico, per capire dove il virus si è diffuso in maniera più estesa.

Esistono però casi di persone che erano convinte di aver fatto la malattia, anche se in forma debole, a cui i sierologici non hanno rilevato nulla…

Appunto, continuo a ripeterlo: non servono a nulla questi test.

Con queste pochissime certezze, a che estate andiamo incontro?

È difficile da dire, onestamente non lo so. Stiamo affrontando questa cosa in maniera troppo caotica: ogni regione si sta organizzando in maniera diversa mentre ci vorrebbe invece una risposta unitaria.

Ma il governo sta cercando di stroncare le spinte regionali e riaprire con regole condivise il 4 maggio..

Il punto è che aprire tutti il 4 maggio è sbagliato! Non tutte le regioni sono pronte, non si conosce l’incidenza della malattia per giorno, per regioni e per classi di popolazione… insomma, è un pasticcio. E d’altronde è sotto gli occhi di tutti: può la Lombardia essere paragonata alla Calabria o alla Sicilia? Sono regioni che hanno casi diversi e capacità di affrontarli diversi, e comunque né per l’una né per le altre sappiamo quali sono i contagi giornalieri. Io rimango basito. Queste sono le cose che non vanno bene: sa quante persone sono state abbandonate a se stesse in questo periodo? Non ne ha idea…

Con chi dovremmo prendercela?

Chiaramente l’epidemia era un evento in qualche modo imprevedibile, nel senso che non era successo in 80 anni: il fatto che non  fossimo preparati è deprecabile ma può essere in qualche modo giustificato. Quello che non è giustificabile è riaprire essendo ancora impreparati: questo proprio non va bene.

Molti hanno seguito le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ma si sono rivelate sbagliatissime. Perché l’Oms ha sbagliato?

Perché non prevedevano il fatto che ci fosse un grande numero di asintomatici, essenzialmente.

Si sono basati su studi cinesi e i cinesi non sono mai stati trasparenti, né sull’inizio della malattia né sul numero dei casi: parliamo di un Paese in cui la trasparenza non è un valore e tutte le informazioni che fornisce vanno prese come un certo scetticismo. Invece l’Oms le ha prese come oro colato e la ha trasmesse a tutto il mondo, con le conseguenze che stiamo vedendo.

E lei come ha fatto a decidere che l’Oms stava sbagliando?

Noi ce ne siamo accorti facendo i tamponi a Vo’: ci siamo resi conto che c’era una percentuale grandissima di persone asintomatiche ma positive.

Aver insistito sui tamponi è stato essenziale, insomma. Ma voi lo avete detto a tutti gli altri per avvertirli?

Certo. Lo abbiamo detto a tutti e si trattava inoltre di dati disponibili, forniti a tutti dal Veneto. Chi avesse voluto, avrebbe potuto vederli, capirli, usarli.