sabato 30 maggio 2009

ZUPPA DI CIPOLLE

Al nome della ricetta aggiungerei un bel"come piace a me"in quanto da un unico nome vi sono delle differenze,dei dettagli che caratterizzano una zuppa di cipolle da un altra.
Innanzitutto io preferisco quella con le cipolle intere e non frullate,ed ho cercato di farla alla stessa maniera de"Las cuevas de Luis Candela",un ottimo ristorante di Quito nell'Ecuador dove conferisco la stella dell'eccellenza in merito alla preparazione ed alla presentazione di questo piatto.
Ingredienti:
-cipolle
-gorgonzola
-gruyere
-olio
-burro
-pane
-dado normale
-noci
-vino nero
-vino bianco
In una pentola si soffriggono lievemente nell'olio e nel burro le cipolle tagliate grosse facendo attenzione a non bruciarle perchè la loro cottura sarà lunga,aggiungendo subito del vino bianco e dopo qualche minuto abbondante vino rosso in diverse mescite:le cipolle devono apparire di un rosso scuro tendente al violaceo.
Si regola col dado e dopo una mezz'ora di cottura si spegne il fuoco,mentre prima si è proceduto a tritare tre-quattro gherigli di noce.
Si prendono delle terrine di terracotta e si possono bruciacchiare in poco olio dei crostini di pane che metteremo in fondo ai recipienti di portata;si versa una parte della zuppa,si copre col trito di noci e si aggiunge una sottile fetta di zola.
Si versa il resto della zuppa rimasta e si accorpa il gruyere a scaglie coprendo alla fine di tutto con un'altra fetta di crostino e s'inforna per la gratinatura per cinque minuti circa;quando il pane si abbrustolisce un poco si spegne per primo si gode del profumo e poi del gusto.

venerdì 29 maggio 2009

NON VEDIAMO L'ORA...!

Ma queste cazzo di ronde e di conseguenza con esse i rondini o rondai dir si voglia dove stanno?
Qui si è stufi di non vederne in giro per acclamarli ed esaltarne le facoltà lassative,incontrarli per strada ed insultarli e sprangarli...se poi avranno tutti le facce da pirla come il"modello"ritratto in queste foto da"Milano vende merda"le mani hanno già un pizzicorio di fremito di spaccare crani.
Il link della Guardia Nazionale Italiana mi ha fatto pisciare addosso dalle risate in quanto movimento nazionale cristiano ed apolitico,con relative infamate indirizzate all'estrema sinistra,i loro servizi,le schede per essere ammessi...ma la parte che ho preferito è stata senza dubbio quella riguardante la divisa nettamente post-fascista con foto d'adunata che è lo specchio di quello che la GNI vuol essere:un gruppo di sfigati nostalgici che si cagheranno addosso se avranno il coraggio di attraversa certe zone solitamente off-limits per quelle merde fasciste che sono.
Tutto ciò elencato nel sito è apologia di fascismo mascherata con parole messe alla rinfusa per fuorviare possibili denunce per recidività del ventennio,uno schifo di idee e di persone che m'immagino già la puzza che emaneranno mentre pascoleranno per le italiche strade!
Come già ho nella mente certi scherzetti e alcuni modi di provocarli senza che loro possano far niente perchè le ronde sono nate per far niente...anzi nei rari casi in cui forze del disordine possano essere in qualche minimo ruolo utili sarebbero solo d'impiccio perchè saranno una nuova maglia della catena del"chi controlla chi".
Dai venite fuori merde rondaiole che di rabbia ce n'è tanta anche per voi.
L'articolo tratto da Indymedia Abruzzo scritto da Marco Bucciantini e Malcom Pagani oltre ad alcuni dettagli riguardo le mansioni ed i ruoli delle merde in questone e delle prime adesioni di gruppi di fasci del cazzo,traccia un profilo del presidente e del comandante generale e delle loro"imprese"professionali prima di dedicarsi a questa innovazione targata regime Berlusconi.
Morte alle ronde e alle merde che le compongono...a presto per questo nuovo fallimento annunciato della destra (s)fascista italiana!
'Guardia nazionale italiana', vecchi fascisti si riciclano.

«La Guardia nazionale cerca veri italiani nazionalisti e patrioti, gente che sappia portare degnamente e con orgoglio l’uniforme, ... per servire la nostra terra ed il popolo italiano, con regolare mandato e in piena legalità». In piena legalità.

La Guardia Nazionale Italiana è pronta per le ronde, per rassicurare cittadini bramosi di sicurezza e praticare il decreto legge (il n.733 art. 46) approvato dal consiglio dei ministri in data 20 febbraio 2009. Pochi giorni dopo, l’11 marzo, partono le lettere indirizzate a Berlusconi, a Maroni, ai capi di polizia, carabinieri e Gdf e alla protezione civile. Un’operazione che cerca il timbro dello Stato,l’accredito per avere mani libere sul territorio. L’ente, si legge, «ha durata illimitata, è cristiano e apartitico», anche se il primo gruppo di sostegno aperto su Facebook annovera tra gli amici Forza Nuova, Italia Nera, gioventù italiana e il movimento de “La Destra”. Affinità elettive. Un tesserino nero, una sede torinese, un motto «Domine dirige nos» (Signore guidaci), l’ambizione di dotarsi di «mezzi stradali, navali ed aerei» (per adesso c’è un bimotore parcheggiato a Novara...) per la «salvaguardia, tutela e assistenza dei cittadini con compiti di protezione civile, ambientale, ittica, faunistica, venatoria» e la «promozione della storia, delle lingue e delle tradizioni italiane con particolare riferimento all’impero romano».
La divisa.
È gente che trova acqua per nuotare nella materia delle ronde, ancora liquida, ancora da precisare (ci sarà la conversione in legge, e poi almeno 60 giorni per stendere i regolamenti). C’è chi s’industria tra folklore e nostalgia dei tempi andati, e la “Guardia nazionale italiana” marcia in un delirio di riferimenti nazifascisti, labari, scarponcini neri, stendardi ed effigi: «Pantaloni neri con banda gialla laterale, cappello rigido con visiera nero con aquila imperiale romana in alto e sottostante bottoncino tricolore, altresì ruota solare». La Schwarzesonne, il misterioso ordine esoterico legato al misticismo nazista. E ancora: «Camicia color kaki-senape con l’effige dell’aquila imperiale romana sul braccio sinistro, bandiera italiana sul braccio destro, ruota solare incandescente con fascia sul braccio sinistro...».Tra le pieghe della legge si normalizzano inquietanti istituzioni parallele, con il rischio di trovarsi in giro queste squadre di fanatici e con ricaschi da commedia all’italiana: a Padova, un mese fa, per placare i disordini provocati da una ronda improvvisata dovettero intervenire i poliziotti. Sempre nella cittadina veneta la questura ha dovuto revocare il porto d’armi ad alcuni imprenditori che nottetempo uscivano di pattuglia e s’addestravano al poligono con armi da guerra: kalashnikov, fucili d’assalto e pistole. Su questa marmaglia si è gettata la destra, in tutte le sfumature. La Lega al nord, dove sono pionieri di questa pratica (le ronde padane nacquero nel 1995 a Voghera) e questa legge è infine per loro, per garantirsi la loro fedeltà. Scendendo la penisola, si scuotono gli appetiti della destra di Storace (che su Roma si è già mossa), degli estremisti di Forza Nuova e della Fiamma e di qualche altra sigla nostalgica. A Siracusa il plotoncino della Guarda Nazionale è già vestito e fotografato: il nuovo Msi ha reclutato alcuni ex carabinieri in pensione, pronti per la pattuglia e li ha messi in posa. Mordono il freno, in attesa che la legge li liberi per le strade. «Sono volontari che segnalano quello che non va», è la benedizione del sindaco Roberto Visentin. Vediamoli, questi volontari.
Nessuno ferma il colonnello.
La Guardia Nazionale si è dotata di un presidente, Maurizio Correnti, ex alpino ritiratosi a vita privata e di un comandante generale, Augusto Calzetta, colonnello dell’arma dei carabinieri in congedo. Una vita nella Benemerita, indagini a tutto campo in zona anarchica, tra Massa, Carrara e Genova, il sequestro dell’Achille Lauro, le inchieste sugli attentati “anarchici” ai tralicci in Toscana e lo strano arresto di Ovidio Bompressi nel 2002. Poi il congedo e l’inciampo in due losche vicende. Prima il coinvolgimento nella Dssa dell’irriducibile missino Saya, polizia parallela impegnata in indagini clandestine sul terrorismo islamico. L’altra macchia dell’attivo pensionato è una storia di morte e profanazione. La procura di Massa lavora su reati consumati tra il 2005 e il 2007 da parte di un’azienda (Euroservizi) «creata per massimizzare i profitti e ridurre i costi delle cremazioni. Bruciando in modo irregolare le salme, smaltendo i resti dei cadaveri alla bell’è meglio, falsificando le documentazioni». Ritrovamenti raccapriccianti, resti umani affastellati in magazzini umidi con carcasse di animali. Calzetta viene arrestato il 13 agosto 2008 insieme ad altre 12 persone. Per lui l’imputazione è «favoreggiamento e concorso esterno nell’associazione a delinquere per aver cercato di depistare e ostacolare le indagini». Ottiene i domiciliari. In attesa del probabile rinvio a giudizio, si è trovato qualcosa da fare.

L'ALTRO FRONTE VENETO

Davvero una nottataccia per le sedi della Lega Nord tra il Veneto ed il Friuli,dopo l'attacco di Bolona e di altre sedi nel nord Italia ieri vero e proprio exploit di attentati da Padova ad Udine.
L'altro fronte veneto,non quello becero degli skinheads razzisti che terrorizzano gli immigrati,i rom,omosessuali e comunisti...tutti coloro che non sono come loro praticamente,ha agito contro le sedi del movimento dei segaioli della fantomatica Padania che ancora deve essere ancora ben identificata sulle cartine geografiche.
Le persone affiliate alla Lega che professano di essere civili e che con la gente evoluta non hanno proprio nulla da spartire,hanno manifestato il loro dissenso facendo sentire la propria odiosa voce dalle bocche più alte cariche del nord est e nazionali,merde di uomini come Zaia,Gentiloni,Tosi...marmaglia razzista che deve essere eliminata dalla faccia della terra non solo metaforicamente e politicamente.
Aspettatevi altre azioni e quando dalle vostre porcilaie dove si predicano odio e razzismo si passerà sulla vostra pelle lardosa di maiali(senza offese ai suini)allora saranno cazzi per voi e per tutta la truppa di fanatici xenofobi fascisti che siete!
Augurando questo servizio anche per i vostri amici forzanovisti e poundisti rimando all'articolo odierno del"Gazzettino"con la breve sintesi dei vari attacchi e le reazioni dei politicastri legaioli giustamente preoccupati da tali gesta(fonte tratta da Indymedia Roma).
Da Padova a Udine, notte di fuochi nelle sedi della Lega.

Attentati in contemporanea anche a Tombolo e Spinea: esplosioni, fiamme e lanci di sassi. Vandalismi a Monfalcone.

VENEZIA (29 maggio) - Quattro attentati in una notte contro sedi venete e friulane della Lega Nord. In contemporanea, alle 4 di mattina, a Spinea, Padova eTombolo. Il quarto episodio a Udine Episodi di vandalismo, invece, contro la sede del Carroccio di Monfalcone.
Spinea. Un'esplosione ha causato danni alla vetrina e alla saracinesca della sede della Lega Nord di Spinea. Nessun danno a persone. Indagini sono in corso sulla natura dell'ordigno.
Padova. Quasi in contemporanea a Padova ignoti cospargevano di liquido infiammabile l'ingresso della sede di via Montà appiccando poi il fuoco. Ne è seguita una grande fiammata che ha annerito la facciata dell'edificio, un capannone industriale, e ne ha incrinato la porta a vetri.
Tombolo. Terzo danneggiamento, a Tombolo, comune della provincia di Padova, praticamente ai confini con le province di Vicenza e di Treviso. Secondo quanto si è appreso, un lancio di sassi ha incrinato la vetrata della sede e la facciata è annerita dal fumo causato, sembra, da liquido infiammabile cui è stato dato fuoco.Anche il danneggiamento di Tombolo, è accaduto alle quattro di stamattina: i residenti nei pressi della sede della Lega, infatti, a quell'ora hanno avvertito un botto. Lo riferisce il parlamentare leghista Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella. Secondo Bitonci, per il danneggiamento di Tombolo sarebbe stata usata «una tanica incendiaria alimentata probabilmente da un petardo o da una piccola bomba carta; in ogni caso del liquido incendiario è stato fatto partire con qualcosa che è esploso».
Udine. Due bottigliette incendiarie sono state lanciate la scorsa notte nella sede della Lega Nord di via Parini a Udine. Lo ha reso noto la Questura di Udine precisando che i due rudimentali ordigni - le bottigliette contenevano benzina e avevano come miccia uno stoppino di “diavolina” - non sono esplose. I due ordigni sono stati lanciati da un abbaino lasciato aperto. Due anni fa contro la stessa sede della Lega Nord erano stati lanciati sassi che avevano distrutto le vetrate. Indagini in corso per scoprire gli autori del gesto vandalico.
Monfalcone. Scritte ingiuriose, colla alla porta d'ingresso, uova marce contro le vetrate: sono gli atti vandalici messi a segno la notte scorsa da ignoti contro la sede della Lega di Monfalcone (Gorizia). La denuncia ai carabinieri l'ha fatta questa mattina Federico Razzini, consigleire regionale della Lega Nord del Friuli Venezia Giulia.
Calderoli «è in corso una strategia di terrorismo contro la Padania e contro chi la rappresenta». «Prima l'assalto vandalico contro la nostra sede di Torino - rileva il Ministro per la semplificazione normativa, anche coordinatore della Lega - poi la bomba contro la nostra sede di Bologna, ora i raid teppistici contro le nostre sedi di Padova e Spinea: evidentemente il grande consenso che si prevede che la Lega otterrà nella prossima tornata elettorale fa paura a qualcuno e porta a mettere in moto azioni di terrorismo contro il simbolo del cambiamento da parte di chi non vuole le riforme e non vuole accettare di essere cancellato con il voto democraticamente espresso dai cittadini».
«Noi andiamo avanti comunque per la nostra strada e anzi - conclude Calderoli - saremo ancora più determinati, perché la nostra forza è il popolo e quando i popoli si mettono in cammino cambiano la storia».
Zaia: un segnale allarmante. «Sono seriamente preoccupato per quello che è avvenuto la notte scorsa in Veneto. Gli atti intimidatori compiuti simultaneamente contro alcune sedi della Lega Nord sono un segnale davvero allarmante per la dialettica democratica, che deve far riflettere tutti». Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia che invita tutti «a svelenire il clima».
«Il Paese - ha aggiunto Zaia - ha bisogno di tornare ad un civile confronto politico. Non possiamo e non dobbiamo permettere che l'odio sostituisca il dibattito politico. Da parte nostra non ci faremo intimidire da chi pensa di poter usare la violenza come strumento di azione e pressione politica».
Casellati: non ci facciamo intimorire. «Deve essere chiaro a tutti che noi non ci facciamo intimidire: come governo abbiamo indicato una strada ben precisa, quella che punta a garantire sicurezza ai cittadini, ed è su quella via che intendiamo proseguire». Lo dice il sottosegretario alla Giustizia, Elisabetta Alberti Casellati, commentando gli attacchi subiti dalle sedi della Lega. «Voglio esprimere la mia solidarietà ai dirigenti della Lega Nord, per gli atti intimidatori contro le sedi di Padova, Spinea e Tombolo. Da tempo, c'è chi vuole creare un clima esasperato di tensione, c'è chi vuole trasformare la dialettica politica in scontro fisco e in aggressione e adesso passa alle bombe e al fuoco contro le sedi politiche».
Ferma condanna di Zanonato. «Esprimo la più ferma condanna degli attentati incendiari contro le sedi della Lega Nord, a cui va la mia più sentita solidarietà - scrive in una nota il sindaco di Padova, Flavio Zanonato -. Gli autori di questi atti gravissimi vanno individuati al più presto e assicurati alla giustizia. La violenza politica ha segnato profondamente e pesantemente il nostro Paese e la nostra città nel recente passato e non possiamo consentire che torni in auge. C'è evidentemente qualcuno che non ha ancora compreso una verità elementare: la violenza non può avere alcuno spazio in un Paese civile, e chi la pratica va isolato da tutte le forze democratiche e dall'intera società civile.»

giovedì 28 maggio 2009

BRESCIA,28 MAGGIO 1974

Data da ricordare perchè quel 28 maggio in Piazza Della Loggia a Brescia una bomba fatta esplodere dai fascisti fece una strage uccidendo 8 persone e ferendone a decine.
Il processo è ancora in fase di dibattimento(sono passati ben 35 anni)e notizia di oggi i ricorsi dei fascisti Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Giuseppe Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi per rinviarne la data sono stati respinti.
Consiglio l'esauriente puntata del programma di Carlo Lucarelli"Blu notte"che ha trattato la vicenda in uno speciale della serie che fornisce contorni dettagliati a tutto quello che è accaduto prima e dopo.
Per ora,dopo il ricordo dei morti amazzati dalla mano fascista,mi limito a fornire un'analisi di Saverio Ferrari dell'Osservatorio democratico sulle nuove destre(tratto da uonna.it)in merito ai fatti di quella triste giornata,preso da Senza Soste.
Il video che prende spunti dal corteo dove è scoppiato l'ordigno con incluse immagini dei funerali dove le istituzioni furono cacciate,è di YouTube.
28 maggio 1974 - La strage fascista di Piazza della Loggia.

8 MORTI E 103 FERITI. LA STRATEGIA DEL “PARTITO DEL GOLPE” NELLA PRIMA META’ DEGLI ANNI ‘70: COLPIRE TRA LA FOLLA PER SEMINARE IL TERRORE E PRECIPITARE IL PAESE NELLA GUERRA CIVILE.

GLI IMPUTATI
Con l’accusa di aver materialmente partecipato all’ideazione e all’organizzazione della strage comparirebbero ora sul banco degli imputati alcuni fra i principali dirigenti del gruppo neonazista di Ordine nuovo, divenuti in questi ultimi anni assai noti alle cronache giudiziarie, grazie alla riapertura di diverse inchieste sulle “stragi nere”. I nomi ancora una volta quelli di Delfo Zorzi, all’epoca a capo della cellula di Mestre, oggi cittadino giapponese, condannato all’ergastolo in primo grado per la strage di Piazza Fontana, poi assolto; di Carlo Maria Maggi, il “reggente” di Ordine nuovo nel triveneto, processato, senza esito, per la strage del 12 dicembre alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e per quella davanti alla questura di Milano, il 17 maggio 1973. Con loro alla sbarra, in questa occasione, anche Maurizio Tramonte, militante di Ordine nuovo, ma per sua stessa ammissione soprattutto confidente del Sid con il nome in codice di “fonte Tritone”.Carlo Digilio, l’”armiere” del gruppo e depositario di tutti i segreti della struttura clandestina dell’organizzazione, i cui interrogatori avevano consentito di riaprire l’inchiesta, non figurerà invece tra gli imputati E’ deceduto qualche mese fa.Nel corso di questa inchiesta erano anche stati indagati un’altra quindicina di personaggi la cui storia si è spesso intrecciata con molti episodi della “strategia della tensione”. Tra loro, Pino Rauti, già nell’immediato dopoguerra discepolo di Jiulius Evola e partecipe ai primi gruppi clandestini neofascisti, poi fondatore di Ordine nuovo; Mario Di Giovanni, uno dei più noti squadristi milanesi degli anni ’70; Guérin Sérac, prima nelle Waffen-Ss, poi nell’organizzazione terroristica francese Oas, successivamente al servizio della Cia, animatore a Lisbona della finta agenzia di stampa “Aginter Press”, uno degli snodi organizzativi dell’eversione di destra a livello internazionale; l’ex-generale dei carabinieri Francesco Delfino, capitano nel nucleo operativo di Brescia nel 1974.

LA STRAGE.
La mattina del 28 maggio 1974 a Brescia, sotto un cielo cupo e piovoso, alle 10 e 12 minuti, nel corso di uno sciopero generale cittadino di quattro ore, indetto da Cgil, Cisl e Uil, congiuntamente al Comitato permanente antifascista, in risposta alle ripetute violenze fasciste, mentre in Piazza della Loggia da pochi minuti stava parlando il sindacalista della Cisl Franco Castrezzati, scoppiò una bomba posta in un cestino per i rifiuti, sul lato est, sotto i portici. I morti furono 8 e 103 i feriti. La piazza era già colma di gente, più di 2.500 le persone presenti, ancora in attesa di due dei quattro cortei previsti.Incerta rimase sempre la natura e la quantità dell’esplosivo. Accadde infatti che alle 11,45, a poco più di un’ora e mezza dallo scoppio, senza nemmeno attendere l’arrivo del magistrato incaricato, la piazza venne lavata dai vigili del fuoco con pompe idranti, su decisione della questura, disperdendo i reperti dell’ordigno esplosivo. A nulla false una successiva ricerca nelle fogne.Ancor prima, nessuno, quella mattina, si era dato pensiero di controllare le cassette metalliche portarifiuti distribuite nelle piazza e sotto i portici, nonostante le forze di polizia sostassero fin dalle 8,30. I netturbini, dal canto loro, avevano provveduto al loro svuotamento tra le 6,45 e le 7,00. Solo il palco era stato controllato dal vice-questore Aniello Diamare, incaricato di dirigere il servizio di ordine pubblico.Eppure una serie impressionante di attentati aveva colpito, nei mesi precedenti, la Lombardia, l’Emilia e la Toscana. Il 28 marzo in Piazza Maspero a Varese lo scoppio di un ordigno aveva ucciso, poco prima dell’apertura del mercato, un ignaro fiorista, e, proprio a Brescia, il 19 maggio Silvio Ferrari, un giovane neofascista, era saltato in aria con il suo scooter mentre trasportava una bomba ad alto potenziale.Silvio Ferrari, figlio di una famiglia agiata, era già a 21 anni un esponente di primo piano dell’estrema destra bresciana. Aveva avuto legami con Anno zero, la reincarnazione di Ordine nuovo dopo il suo scioglimento nel 1973. Diverse le sue amicizie anche fra i sanbabilini.Rimase dilaniato, in Piazza del Mercato, alle tre e cinque di notte, dallo scoppio di una bomba che, in previsione di un altro attentato, stava trasportando sulla pedana della Vespa 125 “Primavera” del fratello Mauro. L’ordigno era composto da un chilo di tritolo e da nitrato di ammonio, già con il detonatore elettrico innescato ed il congegno ad orologeria. Sul suo corpo, alla cintura, venne ritrovata una fondina vuota e a tre metri una Beretta 7,65 con caricatore e il proiettile in canna. A poca distanza alcune copie bruciacchiate della rivista “Anno Zero”.Nella stessa notte, quasi contemporaneamente, un auto, targata Milano, con quattro fascisti a bordo finì inspiegabilmente schiantata contro un muro all’angolo fra Via Villa Glori e Via Milano. Il guidatore morì. Anche in questa circostanza nell’auto furono ritrovate copie di “Anno Zero”.Ai funerali di Silvio Ferrari, comparve, a firma “I camerati”, una corona di fiori con l’ascia bipenne, simbolo prima di Ordine nuovo, poi di Ordine nero.Sarà proprio a seguito della sua morte che, il 22 maggio, il Comitato permanete antifascista e Cgil, Cisl e Uil, nel quadro dell’escalation terroristica e delle indagini sul Mar (il Movimento di azione rivoluzionaria), indiranno lo sciopero generale cittadino.

IL “PARTITO DEL GOLPE.
”Solo qualche giorno prima la bomba di Piazza della Loggia, il 9 maggio, i capi del Mar erano stati arrestati alla vigilia di un piano di attentati a tralicci, porti e aeroporti, previsto in diverse città, tra le altre, Roma, Genova e Firenze. Sullo sfondo l’intreccio tra l’anticomunismo “bianco” animato da Edgardo Sogno, con l’appoggio di settori delle Forze Armate, e l’eversione neofascista coagulatasi attorno ad Ordine nero, la nuova sigla nella quale erano confluite le principali organizzazioni terroristiche, da Avanguardia nazionale alle Sam (le Squadre d’azione Mussolini) Mesi prima il giudice padovano Giovanni Tamburino aveva scoperto le trame della cosiddetta “Rosa dei Venti”, dal simbolo utilizzato da una costellazione articolata di gruppi neofascisti identico a quello della Nato.Due giorni dopo la strage, il 30 maggio, alle 7 del mattino, a Pian del Rascino, in provincia di Rieti, nel corso di una sparatoria, due guardie forestali e cinque carabinieri guidati dal maresciallo, nonché agente del Sid, Antonio Filippi, uccisero Giancarlo Esposti, 27 anni, uno dei principali esponenti di Ordine nero, il braccio armato del Mar, accampato in una radura.La dinamica del conflitto a fuoco non venne mai chiarita. Il corpo di Esposti fu ritrovato crivellato di colpi e finito con un colpo alla testa. Furono nell’occasione tratti in arresto Alessandro D’Intino e Alessandro Danieletti, di 21 e 20 anni, legati ad Avanguardia nazionale.Nella Land Rover un fucile di precisione Hammerling Mauser, calibro 7,62 Nato, due mitra, pistole, munizioni, una grossa quantità di esplosivo, tra cui 50 chilogrammi di Anfo, centinaia di detonatori. Nelle tasche di Esposti una tessera della Pide, la polizia politica portoghese appena sciolta dopo la “rivoluzione dei garofani”, una tessera da studente della Sorbona, un’agendina e due foto formato tessera di Cesare Ferri, notissimo neofascista milanese.Carlo Fumagalli, il capo del Mar, chiarirà che l’obiettivo era di arrivare a tentare un colpo di stato, con l’aiuto di nuclei terroristici. Teatro delle operazioni la Valtellina, ma anche il centro Italia. Il gruppo di Esposti si trovava in Abruzzo in attesa di un’azione che avrebbe dovuto fungere da detonatore per l’entrata in azione sua e di gruppi analoghi.Alessandro Danieletti confesserà che la prospettiva golpista si sarebbe dovuta attuare attraverso “una serie di attentati di gravità crescente”, di stragi indiscriminate in città diverse. Sosterrà anche che la missione del gruppo, di cui faceva parte, prevedeva un attentato a Roma, il 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica.Il commando si era mosso da Milano subito dopo l’arresto, il 9 maggio, di Carlo Fumagalli. Secondo D’Intino il piano originario, che prevedeva attentati a raffinerie, linee ferroviarie e dighe, sarebbe dovuto scattare proprio il 28.Colpire tra la folla per seminare il terrore rientrava nei piani dei settori golpisti delle Forze Armate e della destra eversiva, per precipitare il paese nell’abisso di una “guerra civile” o condurlo ad una svolta autoritaria. In quegli anni furono particolarmente presi di mira i treni. Solo sul tratto, di cento chilometri, che collega Arezzo, la città di Licio Gelli, a Bologna, tra il 21 aprile del 1974 e il 7 gennaio del 1975, si consumò una strage, quella del 4 agosto del 1974 con una bomba sul treno “Italicus” (12 morti e 44 feriti), mentre sei altri diversi tentativi andarono a vuoto per un nonnulla. Una linea “maledetta” ancora teatro, negli anni a venire, di spaventosi eccidi: il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna e il 23 dicembre del 1984 sul rapido Napoli-Milano.

L’ULTIMA INCHIESTA.
Due le testimonianze principali che hanno accompagnato l’ultimo lavoro di indagine dei sostituti procuratori di Brescia Roberto Di Martino e Francesco Piantoni: quella di Carlo Digilio, l’ex-artificiere di Ordine nuovo, già alla base con i suoi racconti del procedimento su Piazza Fontana, e quella di Maurizio Tramonte.A fornire l’esplosivo sarebbe stato Delfo Zorzi. Marcello Soffiati, capocellula di Verona, deceduto anni fa, lo avrebbe trasportato. Lo stesso Digilio, in una tappa del percorso, si sarebbe occupato di mettere l’ordigno “in sicurezza”, impedendo che deflagrasse inavvertitamente lungo il tragitto. A Milano fu consegnato alle Sam di Giancarlo Esposti, materialmente incaricate di compiere la strage.Secondo Maurizio Tramonte fu invece Giovanni Melioli, il capo degli ordinovisti di Rovigo a collocare l’esplosivo. Per la cronaca, Melioli venne rinvenuto morto nel suo letto, nel gennaio del 1991, con mezzo chilo di cocaina sul comodino. Un racconto che se si discosta da quello di Carlo Digilio, si sofferma con dovizia di particolare sulle riunioni preparatorie, ma soprattutto sul ruolo di Carlo Maria Maggi, su quello degli esponenti del Mar di Carlo Fumagalli e di alcuni agenti dei servizi segreti, oltre che di Ermanno Buzzi, il neofascista bresciano condannato all’ergastolo nel primo processo.Ma di gran lunga l'elemento più interessante è un altro. Agli atti i magistrati allegheranno una fotografia scattata in Piazza della Loggia qualche istante prima lo scoppio della bomba. Confuso tra la folla, con un'attendibilità di riconoscimento, secondo i tecnici, molto alta, attorno al 92 per cento, lo stesso Maurizio Tramonte, la “fonte Tritone” del Sid. Una presenza che riporta alla mente la deposizione di una donna di mezza età, presente quel giorno al comizio, che testimoniò di aver occasionalmente sentito, pochi minuti prima della deflagrazione, cercando riparo dalla pioggia sotto i portici, un dialogo sussurrato fra due giovani. Uno disse all’altro: “Hai pronto la bomba?”. Li perse quasi subito di vista tra la folla.

mercoledì 27 maggio 2009

OGGI A LECCE

Classico esempio di come due notizie simili vengano trattate dai media televisivi con due pesi e due misure,sottolineando il fatto che in internet la ricerca sia stata esaustiva trovando vari articoli sia sugli ultrà che sui poliziotti leccesi arrestati oggi.
Veniamo ai fatti:14 ultras del Lecce sono stati ingabbiati,la metà in carcere e gli altri ai domiciliari,per fatti avvenuti il 16 marzo durante i festeggiamenti del centenario della società salentina quando fecero scoppiare un ordigno contro la polizia senza purtoppo fare danni se non ai mezzi delle forze del disordine.
Nella stessa giornata odierna 16 poliziotti Polstrada vengono arrestati dopo indagini interne che duravano da mesi per aver intascato tangenti in denaro e in beni materiali per poter far transitare senza essere controllati mezzi di trasporto commerciali per le strade pugliesi.
Ebbene,della prima notizia hanno parlato i maggiori media nazionali,mentre per la seconda ho avuto la soffiata navigando in rete grazie a Indymedia e per puro caso...insabbiamenti dell'informazione curati e criptati dal governo dove la polizia è il punto fermo della giustizia e della legalità italiana!
Propongo i due articoli tratti dalla rete,quello che parla degli ultrà tratto da"Virgilio notizie"(agenzia APCOM)mentre quello degli sbirri è di Indymedia Napoli.
Puglia/ Arrestati 14 ultras della squadra di calcio del Lecce
Accusati di associazione per delinquere, aggressione e violenza.

Nelle prime ore di oggi la polizia di Lecce ha eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare, 7 in carcere e 7 agli arresti domiciliari, nei confronti di appartenenti al gruppo degli "Ultras Lecce", ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere finalizzata ad atti di aggressione e violenza nei confronti di personale e mezzi delle forze dell'ordine. Gli indagati sono anche accusati violenze nei confronti di appartenenti a opposte tifoserie, oggetto di sistematiche aggressioni, e di interferire con violenze e minacce nell'organizzazione dell'attività sportiva, con particolare riferimento ai giocatori e ai dirigenti della società di calcio di Serie A "U.S. Lecce". Le indagini, che hanno avuto inizio nel marzo 2008, hanno consentito di accertare l'esistenza di un pericoloso sodalizio i cui componenti, tutti appartenenti all'ala più estrema del tifo leccese, avvalendosi della forza derivante dalla capacità di aggregazione esercitata, in particolare all'interno della Curva Nord dello stadio Via del Mare, si erano resi responsabili di preordinati e sistematici attacchi e danneggiamenti sia nei confronti delle forze dell'ordine che di altre tifoserie. Uno degli indagati, inoltre, è ritenuto responsabile di tentato omicidio nei confronti di tre carabinieri poiché il 16 marzo 2008, nel corso di un corteo non autorizzato organizzato a Lecce dagli ultras per celebrare i "100 anni di calcio a Lecce", aveva lanciato un ordigno contenente 800 grammi di esplosivo, all'indirizzo del fuoristrada di servizio dei militari, la cui deflagrazione aveva provocato un ampio squarcio nel cofano anteriore. Dettagli dell'operazione verranno resi noti nel corso della conferenza stampa che si terrà alle ore 11,00 nei locali della questura di Lecce.

Lecce, arrestati 16 poliziotti L'accusa: soldi da aziende.
Lecce - Bufera sulla polstrada di Lecce. Sedici agenti sono stati arrestati stamani con accuse che vanno a vario titolo dall’associazione a delinquere finalizzata alla concussione al falso ideologico. Secondo quanto accertato dalle indagini, condotte dalla procura locale, gli agenti favorivano alcune ditte locali, omettendo di controllare i mezzi di trasporto non in regola con i documenti, ricevendo in cambio donazioni, anche in denaro, da parte di imprese e commercianti. Gli arresti sono stati eseguiti stamani dai poliziotti della questura leccese e della polstrada del capoluogo salentino. Si stima che ognuno riuscisse a racimolare circa 500 euro al mese a testa, secondo quanto emerso da una intercettazione telefonica. Evitavano quindi di fare le contravvenzioni alle ditte e poi si recavano direttamente a riscuotere i regali (anche alimentari, come le mozzarelle) o il denaro presso l’azienda interessata. Ad essere favorite, secondo quanto accertato dalla procura, quasi tutte aziende del leccese ma anche del brindisino. Il sistema di concussione andava avanti da oltre dieci anni. Non si è trattato di grosse somme di denaro elargite; ma gli agenti indagati lavoravano più sulla quantità nel tempo. Tra domani e dopodomani, per dare un segno di discontinuità alla cittadinanza, sarà sostituito il dirigente della stradale di Lecce, Cosimo Cucurachi, che è prossimo alla pensione, quindi non per motivi legati all’indagine in corso. Al suo posto la dottoressa Lucia Tondo, attualmente in forze alla stradale di Lecce. Gli agenti arrestati stamani saranno sostituiti da poliziotti aggregati. Un cambiamento che servirà a dare alla cittadinanza un segno di discontinuità.
Sese, come no...

E BRAVA LA RAI

Non è passata nemmeno una settimana dal nuvo riassetto ai vertici Rai(non che prima soprattutto sulla prima rete sia mai successo,vedi Vespa)ed ecco subito spintarelle sui Tg1 e Tg3 che mandano durante l'intervista a Berlusconi della Cnn il simbolo del suo partito politico.
Impensabile che accada in uno stato europeo in questi tempi,ma in Italia nei prossimi giorni sarà un evento che potrà ripetersi sulla televisione nazionale mentre su quella privata da anni avviene,e non parlo solamente di Mediaset ma anche di tutte le reti satellite quali Italia7 telecity,
Antennatre,Odeon...
Articoli presi da Senza Soste(di oknotizie.virgilio)col link de"La Repubblica"on line che spiega bene il fattaccio con le risposte scarica barile dei direttori delle testate giornalistiche che con l'informazione indirizzata assolvono proprio bene al loro compito.
La Marchetta senza ritegno del Tg1: Spot elettorale al PdL.
Giuro che il fotomontaggio non l'ho fatto io! Queste due foto sono dell'intervista fatta dalla CNN a Silvio Berlusconi! Ieri sera il TG1 delle 20.00 ne ha riportato alcuni punti, ma un tocco di magia, ha inserito un bel simbolo elettorale, provvisto pure di ombra. Probabilmente incollato con la saliva, visto l'abbondare di questi tempi! Lo schifo iniziale è normale, ma terminata la parte in cui si vomita, io mi chiedo. È normale una cosa del genere? È normale che un TG nazionale,anzi, il TG nazionale più visto, nella fascia oraria di punta, faccia una cosa del genere? La par condicio non c'entra! È superata! Questo è un puro e semplice spot elettorale, con tanto di simbolino! È normale?
Studio Aperto che dava “assolto” Berlusconi nel Processo Mills era vergognoso, anche se concepibile da persone stipendiate dal non-imputato ! Ma il TG 1 ? Agli occhi di tanti elettori, anche non berlusconiani, è ancora credibile. É cosi! Ora qualcuno intervenga, e non con 180 mila euro di multa al TG 4 per mancata par condicio! È come fare la multa per divieto di sosta a chi ha la Ferrari, gli fai il solletico. Inizia a chiamare il carro attrezzi......per chi capisce la metafora! Bisogna intervenire, prima che sia troppo tardi. Risvegliati Italia!
"Repubblica"
Nelle immagini mandate in onda dai due telegiornali c'è il logo del centrodestraDue le interviste: quella della Cnn e quella con il marchio a Videolina
Berlusconi intervistato in tvSu Tg1 e Tg3 spunta il simbolo del Pdl
La denuncia dell'Idv: "Un grandioso spot del servizio pubblico"I direttori: "Nessuna immagine taroccata, è grave il solo sospetto".

Un fotogramma dal servizio del Tg1
ROMA - Un logo che appare e scompare. Immagini televisive che nascono in un modo e si trasformano in un altro. Con il simbolo del Pdl che campeggia accanto al premier. Il tutto in piena campagna elettorale. Nella serata di ieri, Tg1 e Tg3 trasmettono due interviste a Berlusconi. Una data alla Cnn e l'altra all'emittente sarda Videolina, vicina al centrodestra. Nelle immagini mandate in onda accanto al Cavaliere che parla, appare il logo elettorale del Pdl, con la scritta Berlusconi presidente.
La prima segnalazione arriva da Andrea Atzori che sul suo blog avverte dell'anomalia. Poi viene rilanciata dal senatore dell'Idv, Pancho Pardi: "Da indiscrezioni risulterebbe che le immagini mandate in onda dalla Rai, senza alcun vaglio, siano opera di una emittente locale sarda, Videolina, di proprieta' di casa Berlusconi. Questo grandioso spot elettorale deve essere chiarito al più presto: mi rivolgo quindi al presidente Zavoli e ai direttori delle testate giornalistiche per avere chiarimenti immediati sull'accaduto. Mi riservo infine un'interrogazione urgente al ministro competente". In effetti, a guardare i filmati, il logo con la scritta "Berlusconi presidente" fa bella mostra a fianco del premier. Un inserimento completato anche dall'ombra del simbolo sulle tende che fanno da sfondo. In pratica a viale Mazzini avrebbero preso le immagini di Videolina (dove il logo c'era) e le avrebbero mandate in onda senza controllarle. Cosa che in piena campagna elettorale non può non suscitare polemiche e interrogativi.
"Strano modo di fare campagna elettorale quello di Berlusconi che in barba alla par condicio ha invaso i telegiornali nazionali, con veri e propri spot elettorali, sfruttando immagini in cui lui compare con a fianco il logo elettorale del suo partito" dice Alberto Losacco, responsabile campagne di comunicazione del Pd. Sull'episodio, i direttori di Tg1 (Andrea Giubilo) e Tg3 (Antonio Di Bella) hanno rilasciato una nota congiunta. "Il Tg1 e il Tg3 hanno mandato in onda un servizio confezionato con immagini del premier da una intervista alla Cnn e dichiarazioni da una intervista all'emittente sarda Videolina. In queste ultime compariva il simbolo di lista. Nei servizi era chiaramente indicata la fonte di immagini e sonori. Può aver tratto in inganno - spiegano i due direttori - il fatto che la location delle interviste fosse simile. Fatto sta che i due telegiornali non hanno taroccato nulla ed è grave il solo sospetto che il servizio pubblico possa modificare delle immagini, tanto più in periodo elettorale". Nel 2003 un'apparizione televisiva del premier suscitò polemiche. Era un affondo del premier contro la decisione della Cassazione di lasciare i processi Imi-Sir e Lodo Mondadori a Milano. Una cassetta preregistrata che, attaccò l'Usigrai, sarebbe stata confezionata da tecnici di fiducia del premier e mandata in onda senza alcun intervento del servizio pubblico.

lunedì 25 maggio 2009

IL CIRCOLO DESTRONZO DEL BOSS APRE A CREMA

E'ufficialmente nato anche a Crema l'ennesimo distaccamento di un circolo neo fascista nato dall'idea di uno dei personaggi non latitanti di spicco della scena mafiosa nazionale,Marcello
Dell'Utri.
Il Circolo del Buongoverno,un nome un programma...,nasce in poche parole secondo i loro fondatori per portare la libertà al popolo italiano:Dio patria e famiglia,arricchire ancor più chi è pieno di soldi,le solite scemenze,i soliti valori mascherati di buonismo dietro la facciata del fascismo,della cultura dell'esaltazione dell'individuo(preferibilmente se ariano)di fatto autodefinendosi degli"illuminati".
E parlando di esaltazione ecco il narcisista cremasco Fulvio Lorenzetti promotore del circolo di Crema,sotto sotto un fascista conclamato,non nuovo nel panorama politico locale a uscite del genere anche provocando reazioni dentro la destra cittadina.
Infatti credo che ritenga la politica e certi personaggi all'intero del Pdl troppo distanti dal suo credo autoritario,la sua disciplina che rasenta la maniacalità,la sua voglia dittatoriale di potere e comando.
Questo circolo affianca ora altre associazioni di destra come il Circolo Culturale Cremete ricettacolo di fascisti nostalgici del duce e dei suoi amichetti...attenzione che qui a Crema il fascio è diventato eternamente fuori moda e che tutti i tentativi di riportarlo in auge è un fallimento già in partenza.
L'articolo è di Andrea Galvani per Crema On-line è un'intervista di autocompiacimento al Lorenzetti,mentre sotto do solo un incipit di quello che è la miserabile vita del fondatore di questa congrega di approfittatori politici sull'andazzo del clerico-fascismo.

Marcello Dell'Utri (Palermo, 11 settembre 1941) è un politico italiano. Ricopre la carica istituzionale di Senatore della Repubblica, eletto nelle file del Popolo della Libertà nonostante la condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa e la condanna in Cassazione per frode fiscale, violando dunque la promessa, in campagna elettorale, di non candidatura per chi avesse subito condanne, con una rettifica che invece implicava tutti i gradi di giudizio (secondo la quale Dell'Utri sarebbe in ogni caso dovuto rimanere fuori dalle liste). Collabora attivamente con la formazione politica Il Popolo della Libertà.

Per il resto della biografia rimando a Wikipedia.http://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_Dell%27Utri
Circolo del Buongoverno. Lorenzetti: “risposta pragmatica di cultura politica al dilagare dei facili faccendieri e intraprenditori che con troppa disinvoltura approdano al centro-destra”.
Crema - “Il Circolo nasce a seguito di corrispondenza intercorsa con la sede nazionale e Fulvio Lorenzetti, grazie all’interessamento dell'amico Tito Bianchi e del professor Pino Bianco, amico e consulente artistico del senatore Marcello Dell’Utri.Il Circolo di Crema è stato autorizzato in accordo con la sede nazionale nel mese di marzo 2009 e formalizzato con la sottoscrizione dell’atto costitutivo e statuto da parte dei 20 soci fondatori, il giorno di sabato 18 aprile 2009”.

Venti soci fondatori.
“Il Circolo del Buongoverno di Crema è composto alla data attuale dai 20 soci fondatori ed è retto da un Consiglio direttivo qui rappresentato; apre con l’intenzione di rappresentare il punto di partenza per lo sviluppo di tale iniziativa in tutta la Provincia di Cremona. Già la sede di Crema sarà il punto di riferimento delle istanze che i cittadini vorranno farci pervenire riguardo le problematiche amministrative che investono quotidianamente la nostra vita. Il Buongoverno della cosa pubblica è il fondamento e la ragione di ogni azione e ragione politica, quindi è necessario instaurare collegamenti e rapporti diretti con le istanze e le problematiche imprenditoriali (industriali, artigianali, commerciali e agricole) che soprattutto in questo momento di crisi si levano dalla società locale e provinciale. Rivendichiamo, in ragione del Buongoverno, la ragione di avere la dovuta attenzione verso la pulsante economia del nostro territorio, cremasco e della Provincia tutta, che purtroppo a volte nell’area del centro-destra sono con insistenza indirizzate solo verso filoni specifici e di una sola area di riferimento”.

Risposta al dilagare dei facili faccendieri.
“L’apertura de Il Circolo del Buongoverno affiliato e autorizzato dall’Associazione Nazionale Il Circolo presieduta dal senatore Marcello Dell’Utri è una risposta pragmatica di cultura politica al dilagare dei facili faccendieri e intraprenditori che spesso con troppa disinvoltura approdano al centro-destra. Nasce pertanto in tutti noi, lontani dal professionismo della politica, la volontà di collegare le richieste di tutti coloro che si riconoscono nelle azioni di un Buongoverno della cosa pubblica al fine di potere esercitare proficuamente l’interesse dei cittadini verso soluzioni di buon senso e che altro non sono che la proficua gestione della cosa pubblica”.

L'individuo al centro del progetto politico.
“L’impegno di una cultura politica dalla quale scaturisce un Buongoverno è sicuramente di porre l’individuo al centro del progetto politico, liberandosi dai condizionamenti delle aree politiche di riferimento e dalle ideologie che spesso ci rendono fazione anziché Nazione. L’uomo quale individuo portante e pensante di questa società deve ricevere dalla Politica l’attenzione dei bisogni sociali e che rendono una società avanzata e di fatto multirazziale. Diffidiamo dall’uso ossessivo di una sussidiarietà spesso esercitata in monopolio di potentati economici, in evidente contrasto con il riferimento alla stessa”.

All'interno del PdL ma libero dalle dipendenze.
“La costituzione de Il Circolo del Buongoverno di Crema avviene all’interno e per le ragioni del costituito PdL, ma libero dalle dipendenze di chicchessia e sulla base di una democrazia che non è la concessione di qualcuno per coloro che saranno buoni e o allineati, ma è la condizione paritetica di un progetto politico e che mai potrà avere il suo compimento partendo da differenziazioni imposte o da concessioni di “illuminismo” carrierale”.

Ambienti settari.
“Il Circolo del Buongoverno di Crema non nasce sull’onda emotiva di qualcuno, ma è chiaro che non intende sviluppare la sua azione sulla sola onda di alcuni, non vuole catechizzare alcuno e ritiene che gli oratori da sempre sono i luoghi migliori deputati alla catechesi di base, anche alla luce dei risultati ottenuti per molte generazioni di frequentatori. Il pensare di trasferirla fuori dai luoghi deputati corre l’inevitabile rischio di creare ambiti settari che non giovano per la loro natura ai giovani e tanto meno alla politica del futuro”.
Esercizio di emarginazione del pensiero “non allineato”.
“Pertanto il Circolo del Buongoverno di Crema e i nuclei futuri in Provincia di Cremona, che già stiamo attivando, sono la concreta, pragmatica risposta che da molte parti si leva nel centro-destra. Sbagliano coloro che vorranno continuare a intendere la politica nel futuro PdL come esercizio di emarginazione del pensiero “non allineato”, la risposta de Il Circolo del Buongoverno sarà operativa, sintetica e raccolta in quattro lettere: fare. Faccendieri, intraprenditori, poteri settari e quant’altro possono scordarsi di togliere ad alcuno l’unico sentimento per il quale abbiamo scelto di essere in Politica: la libertà. Una libertà che ci deriva dal fatto che l’intelligenza è un bene che ci è dato, fissandone pertanto la ragione della diversità di ciascuno.

sabato 23 maggio 2009

EPIC

Una delle prime hit dei Faith no more,uno dei pochi gruppi preferitissimi(assieme ai Therapy? hanno un posto di rilievo nella mia personale classifica di fine anni'80 e anni'90),che fa parte del disco"The real thing"del 1989.
Facevano parte della band il leader carismatico Mike Patton,il mostro di bravura Jim Martin alla chitarra,Billy Gould al basso,Roddy Bottum alle tastiere e Mike Bordin alla batteria...ora c'è in ballo una reunion e credo suoneranno tra non molto a Milano ma non ci sarà Jim Martin ma John Hudson alla chitarra(che aveva suonato in"Album of the year").
Che dire,grande questa band di San Francisco con il cantante Mike Patton istrionico nei suoi concerti,aiutato anche dal fatto di parlare italiano in quanto sposato assieme ad una bolognese(almeno nel 1997 quando li avevo visti live!).
Epic,il cui video a costo ridottissimo,ebbe ai tempi un grande successo;canzone tra le prime del genere crossover,un misto tra il rap ed il metal,è considerata uno spartiacque nella storia del rock che sa abbracciare(con risultati a volte controversi)ritmi della cultura hip-hop.

Can you feel it, see it, hear it today?
If you can't, then it doesn't matter anyway
You will never understand it cuz it happens too fast
And it feels so good, it's like walking on glass
It's so cool, it's so hip, it's alright
It's so groovy, it's outta sight
You can touch it, smell it, taste it so sweet
But it makes no difference cuz it knocks you off your feet.

You want it all but you can't have it.

It's cryin', bleedin', lying on the floor
So you lay down on it and you do it some more
You've got to share it, so you dare it
Then you bare it and you tear it.

You want it all but you can't have it
It's in your face but you can't grab it.

It's alive, afraid, a lie, a sin
It's magic, it's tragic, it's a loss, it's a win
It's dark, it's moist, it's a bitter pain
It's sad it happened and it's a shame.

You want it all but you can't have it
It's in your face but you can't grab it.

What is it? It's it What is it?...

LA POSSIBILE CURA DEL RITORNO ALLA SCALA MOBILE


I lavoratori dipendenti sempre più stritolati dagli ingranaggi di questa contorta economia gravata da una crisi ora conclamata pure dalla destra del regime,potrebbero trovare sollievo dal ritorno in auge della scala mobile,cui a termine di questa breve introduzione è dedicata la sua storia e la sua fine(fonte Wikipedia)decretata dal padre putativo dell'attuale premier,l'infame Bettino Craxi,
che negi ultimi anni ha riscosso un'enormità di consensi visto che grazie a lui i Berlusconi sono diventati potenti,grazie all'amicizia di queste famiglie il fratellone Paolo ha costruito un pezzo di Milano e Silvio il figlioccio di Bettino ha creato il suo impero me(r)diatico.
Naturalmente grazie alle spinte politiche da una parte e dalla n'drangheta dall'altra.
Nonostante che l'imprenditoria e la borghesia italiana siano ovviamente contro questo ritorno,perchè il guadagno deve rimanere solamente dentro le proprie saccocce,l'introduzione della scala mobile porterebbe giovamento al lavoratore in quanto il salario aumenterà in base al costo della vita sempre più cara.
Siccome penso che una parte sempre più grande degli operai si stia rincoglionendo grazie al potere deviato dei mass-media che martella costantemente che il governo è cosa buona e giusta,trovo difficle l'idea di questo ritorno,ma tentare non nuoce...bisogna saper combattere e non lasciare che gli eventi passino senza che nessuno tenti qualcosa.
L'articolo dopo è invece di Pietro Ancona tratto da Senza Soste,ma prima come anticipato la breve storia della scala mobile.

Con il termine scala mobile era chiamato fino agli anni Novanta il sistema di aggiornamento automatico della retribuzione da lavoro dipendente rispetto all'aumento del costo della vita.

Come è calcolata.
La scala mobile veniva calcolata seguendo l'andamento variabile dei prezzi di particolari beni di consumo (l'indice era l'IPC, indice dei prezzi al consumo), generalmente di larga diffusione, costituenti il cosiddetto paniere. Un'apposita commissione aveva il compito di determinare ogni tre mesi le variazioni del costo della vita utilizzando - come indice di riferimento - appunto le variazioni dei prezzi di tali beni.
Accertata e resa uguale su base 100 la somma mensile necessaria per la famiglia tipo, in riferimento ad un dato periodo per l'acquisto dei prodotti del paniere, le successive variazioni percentuali dei prezzi dei beni di consumo divenivano i punti di variazione dell'indice stesso del costo della vita.

Storia.
Nel 1975 la scala mobile, applicata fino ad allora al solo settore industriale, venne unificata agli altri settori con un accordo considerato storico stipulato tra la Confindustria e le tre maggiori organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL.
Fra i vari successivi interventi legislativi, quello maggiormente incisivo è stato quello concretizzato nel Decreto Legge 1º febbraio 1977 n. 12 che regola le Norme per l’applicazione dell'indennità di contingenza. Con esso è stato introdotto il divieto di corrispondere, a lavoratori di settori diversi, trattamenti retributivi di scala mobile più favorevoli rispetto a quelli previsti dall'accordo per il settore industriale (cosiddetta abolizione della "scala mobile anomala"). Dagli anni 2000, l'indennità di contingenza è confluita in un'unica voce retributiva, insieme al salario base previsto dai contratti nazionali per ogni livello di inquadramento. L'indennità è aggiornata, come minimo, a cadenza annuale. Invece, la scala mobile, indennità di contingenza, aggiornata ogni mese con l'inflazione corrente, è rimasta invariata per alcune categorie quali politici, magistrati, giornalisti, con reddito maggiore di 5 volte la pensione sociale INPS.
Il 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984.
La scala mobile è stata definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992. Con la scala mobile è stata abolita l'indennità di contingenza ed è stato introdotto per tutti i lavoratori dipendenti (dirigenti esclusi) l’Elemento Distinto della Retribuzione.
La scala mobile non teneva conto di un altro parametro economico, che può essere più importante dello stesso fattore inflattivo: l'aumento del PIL, o valore aggiunto per le aziende, oppure, in termini equivalenti, l'aumento della produttività del lavoro.
La produttività è intesa come guadagno operativo per addetto, non come fatturato per addetto, e quantifica appunto il valore aggiunto di ogni lavoratore. Un aumento dei salari al di sopra della produttività, anche se in linea con l'inflazione corrente, è causa di nuova inflazione, a meno che questo aumento derivi da una corrispondente riduzione degli utili aziendali, da un drenaggio di denaro dalle imprese ai dipendenti. Se l'utile rimane invariato, si genera un aumento della moneta circolante non corrisposto da una crescita della ricchezza prodotta, e una spirale inflazionistica. Viceversa, un aumento dei salari, anche al di sopra dell'inflazione, ma entro la crescita della ricchezza nazionale, è una redistribuzione ai lavoratori dei guadagni di produttività. Secondo la teoria monetarista, gli aspetti più rilevanti sono che:
il costo del lavoro non determini un aumento della moneta circolante;
di secondaria importanza, il costo del lavoro non cresca più della produttività e della ricchezza nazionale, più che il suo collegamento con l'inflazione.
Gli aumenti salariali andrebbero visti in contrapposizione a una riduzione dei profitti aziendali. Se l'economia cresce poco, è un semplice travaso di moneta. Se la crescita di PIL e produttività è sostenuta, crescono sia utili che salari, ma l'impresa comunque guadagna meno di quanto avrebbe ovviamente senza una reditribuzione ai dipendenti.

Critiche.
Nel dibattito di quel periodo i detrattori del sistema sostenevano che la scala mobile fosse causa d'inflazione, oltreché una misura di questo fenomeno che avrebbe dovuto mantenere inalterato il potere di acquisto dei lavoratori e il loro salario reale. L'aumento salariale non comportava una variazione della base monetaria, ma una riduzione dell'utile delle imprese, che veniva redistribuito ai lavoratori: diversi economisti, come quelli che si riconducono alla scuola monetarista austriaca di von Mises, ritengono che l'aumento dei prezzi dipenda unicamente da un aumento dell'offerta di moneta, e di conseguenza escludono un legame scala mobile-inflazione.

Dibattito successivo.
Negli Anni duemila vi sono state numerose proposte, provenienti da partiti e movimenti della sinistra italiana, di reintrodurre la Scala Mobile, come strumento per restituire ai lavoratori il potere d'acquisto eroso dall'inflazione. Sono state avviate in tal senso anche delle proposte di Legge di iniziativa popolare che il Parlamento non ha però mai seriamente considerato. La proposta di tornare alla Scala Mobile è stata pure contenuta nel programma elettorale di Sinistra Critica, del Partito Comunista dei Lavoratori ed in parte in quello della Sinistra Arcobaleno in occasione delle elezioni politiche del 2008. Per tutta risposta i partiti di centro e di destra hanno sempre respinto tale ipotesi.
Elogio della scala mobile.
Al congresso della Cisl non poteva non tornare la questione della scandalosa situazione dei salari italiani non solo fermi dal 1993 ma in regressione proporzionale dal momento che sono stati crocifissi al cosidetto tasso di inflazione programmata dal famigerato accordo sulla concertazione governo-sindacati-confindustria. Ma la proposta che viene avanzata non è risolutiva, non è nuova, è già stata fatta dalla CGIL e riguarda un abbassamento delle tasse che pesano sulla busta paga. Non si capisce perchè le imprese vengano accuratamente scansate pur essendo beneficiare del basso costo del lavoro con il quale si sono arricchite realizzando uno dei trasferimenti di redditi più scandalosi della storia d'Italia sottraendo oltre dieci punti al lavoro dipendente. C'è una responsabilità dei sindacati confederali nella drammatica condizione dei salari italiani che non viene confessata, non è oggetto di autocritica ma sopratutto c'è una volontà di non toccare mai più la questione se non in sede aziendale e legata alla produttività secondo gli accordi sul nuovo modello contrattuale e gli imput che vengono dalla Confindustria. I salari sono destinati ad impoverirsi ancora ed i benefici che deriverebbero da sgravi fiscali, ammesso che ci saranno, saranno rapidamente riassorbiti dalla naturale deriva che i prezzi hanno. E' notorio che il "mercato" italiano è fortemente oligopolistico e cioè difatto non esiste ed i prezzi sono imposti unilateralmente dai produttori di beni o servizi e sfuggono ad ogni controllo compreso quello del tutto accademico delle "autority". Inoltre molti servizi che incidono molto sulla busta paga sono in fase di crescita per via delle privatizzazioni a cominciare dall'acqua. ( tutte le aziende municipalizzate privatizzate o in regime giuridico privato costano molto di più a cominciare dai loro managers) In un sistema economico e sociale dinamico non si possono lasciare le briglie sciolte a tutti e tenere i salari inchiodati. Bisogna quindi ripristinare un sistema di indicizzazione basato sul punto unico della contingenza concordato nel 1975 ed abolito da quasi venti anni. Insomma la scala mobile che dovrebbe costantemente adeguare le retribuzioni e le pensioni al costo della vita per salvarle dal deprezzamento. Non è vero che l'indicizzazione provoca inflazione dal momento che segue e non precede le variazioni dei prezzi. Si potrebbe,inoltre, stabilire un sistema di raffreddamento facendo scattare le variazioni nel trimestre successivo a quello in cui si verificano. Insomma, se si vuole essere rispettosi del diritto dei lavoratori ad una retribuzione giusta e decorosa non c'è alternativa alla reintroduzione della scala mobile. I Sindacati confederali inoltre ignorano la UE e non si rendono conto che la legislazione del lavoro che gli uffici di Bruxelles sfornano in direttive, raccomandazioni ed altro, è del tutto lesiva di diritti fondamentali alla quantità e qualità delle retribuzioni. Si dovrebbe chiedere un Salario Minimo Garantito in sede europea per scoraggiare la concorrenza tra gruppi di lavoratori dei diversi paesi come abbiamo visto in recenti casi. La delocalizzazione industriale dovrebbe prescindere dalla condizione di mercati del lavoro più favorevoli dentro la UE fino al livello di vero e proprio schiavismo. A che serve l'Europa se non a far crescere armoniosamente e senza dislivelli pericolosi la condizione delle masse lavoratrici? Ma anche a livello europeo i sindacati giocano di rimessa e si limitano a ridurre assai parzialmente i danni alla condizione operaia imposti da un liberismo sempre più feroce verso chi vive solo del proprio lavoro.

venerdì 22 maggio 2009

LA DURA VITA DEL MIGRANTE

Come se non bastassero tutte le nuove leggi infamanti abrogate in questi ultimi tempi contro i migranti clandestini,l'onda delle nuove leggi razziali colpisce anche chi il tanto agognato permesso di soggiorno regolare ce l'ha in tasca.
L'elenco proposto più avanti a cura di Antonello Mangano e tratto da"Indymedia Lombardia"parla in particolar modo di alcuni aspetti quali l'incitamento a boicottare il cibo straniero(in pratica e così),la dissuasione se non il vero e proprio divieto di edificare o comunque partecipare ai vari riti religiosi dei cittadini forestieri(diritto sancito dalla Costituzione),la assurde norme dei phone center(all'estero ci vado spesso e mai nessuno ha controllato i miei dati),la ghettizzazione dalla scuola e la"filosofia"nazista della Lega che si rivolge ad un branco di deficienti cerebrali(che abbondano dalle mie parti).
Qui sotto un immagine promo della manifestazione nazionale dei migranti che si terrà domani a Milano,evento che ha come filo rosso questo tema:"Contro il razzismo istituzionale ed il pacchetto sicurezza!",chi può ci vada!
Sei un migrante regolare? Ti rendiamo la vita impossibile.

Le leggi volute dalla Lega negli ultimi anni hanno un unico obiettivo: rendere impossibile l’esistenza agli immigrati, sia regolari che irregolari. Dalle classi-ponte ai vagoni separati su mezzi pubblici, dalla crociata anti-kebab a quella contro phone center e moschee, fino alla verifica sanitaria delle abitazioni e all’esame di italiano per la carta di soggiorno si colpiscono con durezza anche gli stranieri in regola e che lavorano. Ed in qualche caso anche gli italiani…
L’Italia si incammina “verso il baratro delle leggi razziali”, ha scritto il settimanale Famiglia Cristiana. “Peccano di omissione” coloro che non fanno nulla per opporsi. L’immaginario televisivo ha imposto l’idea di una politica “forte” e decisa che si schiera per la sicurezza ed agisce contro i “clandestini”, ovvero i migranti irregolari. Non è così.Già da diversi anni, prima a livello di giunte locali e poi con le norme nazionali, i leghisti hanno imposto o provato ad imporre tante piccole leggi che hanno un solo obiettivo: rendere infernale la vita dei lavoratori stranieri, indipendentemente dai documenti che hanno in tasca.Leggi cattive, stupide, inutili, spesso dagli effetti grotteschi. Per demarcare linee di separazione si ipotizzano classi ponte e vagoni separati su mezzi pubblici; per attaccare il lavoro autonomo degli stranieri si impedisce a tutti di mangiare il gelato in strada e si chiedono due bagni a chi voglia impiantare un phone center; per seguire la moda ‘neo-con’ dello scontro di civiltà si impedisce di costruire nuove moschee.Si burocratizza la spedizione di denaro all’estero mediante money transfer, veicolo semplice e poco costoso per trasferire le rimesse, col rischio di deviarle verso canali illegali e più rischiosi. Si subordina l’iscrizione anagrafica (sia per lo straniero regolare che per gli italiani) alla verifica dell` idoneità sanitaria dell’abitazione. Se la norma fosse applicata alla lettera, sarebbero milioni gli italiani senza idoneità abitativa… Al regolare si preclude la carta di ‘lungo-soggiornante’ (non il diritto di voto o la cittadinanza) se non viene superato un esame d’italiano. Si propone un ‘permesso di soggiorno’ a punti legato all`integrazione, revocabile, con espulsione, in caso di bocciatura.

Le intolleranze alimentari.
La “crociata anti-kebab” è il frutto di quell’odio cieco e pericoloso che diventa fatalmente stupidità. Così l’ennesima norma pensata per punire gli odiati stranieri finisce per penalizzare anche gli artigiani italiani, in parte base elettorale della stessa destra, ed arriva ad estremi semplicemente grotteschi, come il divieto “per ordine pubblico” di mangiare il gelato in strada.Nel gennaio 2009 la Lega propone di vietare i kebab nel centro storico di Milano e di tutta la Lombardia, ispirandosi a quanto fatto a Lucca da una giunta di centrodestra. Nel caso della città toscana, il regolamento comunale vietava il cibo da asporto nei quattro chilometri quadrati del perimetro antico, ma (come nel caso della Lombardia) il vero obiettivo sono gli esercizi degli immigrati: “Al fine di salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo non è ammessa l`attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività svolta sia riconducibile ad etnie diverse” recita un regolamento comunale pensato per i nuovi esercizi ma pronto per essere inserito negli annali del razzismo.“Gli arredi devono essere `confacenti al centro storico stesso`, e i locali devono fornire: `sedie in legno, arredamento elegante e signorile anche nei dettagli`, il personale deve essere `fornito di elegante uniforme adatta agli ambienti nei quali si svolge il servizio e dovrà `essere a conoscenza della lingua inglese`”, conclude il pedante provvedimento licenziato dalla giunta del ‘Popolo delle Libertà’”.Per mitigare il carattere discriminatorio della norma, a pagare sono anche gelatai e rosticcerie, pure quelle che vendono la cecina, una torta salata del tutto autoctona fatta con farina di ceci che ha nutrito generazioni di studenti alla ricerca di un pasto veloce. Già nel 2000 - sempre a Lucca - si tentò di vietare i ristoranti etnici, accomunati ai “sexy shop” come fonte di degrado.Il consigliere regionale bergamasco Daniele Belotti, ovvero il leghista autore del progetto di legge, spiega la sua idea: “Non si capisce perché nei centri storici esistono regole ben precise sul colore dei tavolini dei bar o su quello delle tende alle finestre e non si può fare le stessa cosa per i kebab o i sexy shop che deturpano i luoghi storici delle nostre città. Dobbiamo difenderci”.Qualche settimana dopo la proposta è approvata dal Consiglio regionale lombardo. Anche in questo caso non è possibile colpire solo gli stranieri. Gli effetti, dunque, sono del tutto grotteschi. Negozi chiusi non oltre l’una del mattino e divieto di consumare sui marciapiedi fuori dai locali, sanzioni fino a 3 mila euro. Il provvedimento riguarda anche gelaterie, pizzerie d`asporto e rosticcerie.Che senso ha questa delirante regolamentazione sostenuta dal “Popolo delle Libertà”? Dietro il fragile velo della norma contro la concorrenza sleale, si nasconde un cedimento alla campagna “anti-kebab” della Lega, che finisce per punire una buona fetta di artigiani italiani, magari anche quelli che hanno votato destra e “liberismo” ed ora si ritrovano una legge che introduce divieti ed obblighi cervellotici.Per il relatore Carlo Saffioti, invece, “la norma approvata da’ risposte a problemi esistenti, problemi su cui i cittadini ci chiedono di intervenire. Dalla concorrenza tra i vari esercizi al disturbo della quiete pubblica”. Daniele Belotti della Lega dichiara: “Fino a ieri le attività artigianali, che somministrano generi alimentari di propria produzione, come ad esempio i kebab, potevano esercitare la loro attività senza limiti di orari”.E se i nostri emigranti avessero subito una crociata contro la pizza?

Gli islamici protetti dagli… italiani.
Tra le tante norme persecutorie andrebbero ricordate quelle che limitano pesantemente la libertà religiosa. Si tratta al solito di provvedimenti apparentemente secondari, nascosti in decreti e roglamenti di secondo piano ma efficaci nel negare diritti fondamentali. Nel clima paranoico della “War on Terror” lanciata da Bush, con le immagini minacciose delle torri gemelle in fiamme riprodotte nei manifesti di propaganda, con l’ossessiva campagna dello “scontro di civiltà” è stato facile far passare norme liberticide.Ufficialmente, si chiamava “integrazione e modifica della legge regionale per il governo del territorio”, ma tra le proposte presentate nel 2006 dall’allora assessore regionale al Territorio e all’Urbanistica leghista Davide Boni c’era anche “la modifica della legge urbanistica, che riguarda la procedura per la destinazione d’uso degli immobili già esistenti da trasformare in luoghi di culto”. In altre parole, per far diventare un capannone già esistente in una moschea non basta più comunicarlo al Comune, ma ci vuole “un permesso per costruire” anche se, in realtà, da costruire non ci sarà nulla.Il numero due della Lega in consiglio regionale Stefano Galli non nascondeva che lo scopo del provvedimento è soprattutto bloccare il proliferare delle moschee in Lombardia: “Adesso basta con queste persone che pensano di avere solo diritti e mai doveri. Nei loro paesi se uno prova a costruire una chiesa lo fanno fuori, mentre da noi per costruire una finestra in una baita ci vogliono settecentoquarantacinque permessi”.I risultati della “guerra al terrorismo” padana arriveranno nei mesi successivi. Ventinove tra moschee e centri di aggregazione in provincia di Milano diventeranno “sorvegliati speciali” per decisione del prefetto: non perché sospetti di sovversione ma per assicurare la protezione dagli… italiani. Saranno infatti ben sei gli episodi violenti contro gli islamici ad opera di gruppi estremisti.
Due bagni per telefonare.
“La legge regionale sui phone center per gli immigrati, tanto voluta dalla Lega e tanto contestata dalla sinistra, è incostituzionale. La decisione dell’Alta corte mette la parola fine alla querelle amministrativa sollevata dal Tar lombardo che con dieci ordinanze aveva portato la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale”. I giudici della Corte costituzionale contestano la tesi della Regione secondo cui i phone center vanno equiparati agli esercizi commerciali, e che quindi debbano rispettarne le stesse norme (edilizie, urbanistiche, igienico-sanitarie e di sicurezza); che la competenza in materia di autorizzazioni sia comunale; che la Regione abbia ulteriori competenze.I “phone center”, continua la Corte, forniscono “servizi di comunicazione elettronica” perché “lo scambio di un servizio verso la corresponsione di un prezzo afferisce a beni ed esigenze fondamentali della persona e, nel contempo, della comunità, coinvolgendo interessi individuali (correlati alla comunicazione con altre persone) e generali. La legge regionale, inoltre, è in conflitto con gli articoli del codice che tutelano ‘i diritti inderogabili di libertà delle persone nell` uso dei mezzi di comunicazione elettronica’ e assicurano la garanzia di un ‘accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità’.Tutto questo è stato vanificato dalla legge, che ha provocato la chiusura di centinaia di phone center che non rispettavano i requisiti. Solo a Milano sono stati 290, fino a maggio 2008, i centri che hanno dovuto chiudere i battenti. Uno su due non è risultato in regola con le prescrizioni imposte dalla Regione e fatte applicare dalla polizia annonaria del Comune che prevedevano, per esempio, la presenza di un parcheggio e due bagni. Già l’Antitrust, ad agosto del 2007, aveva bollato la legge come ‘ingiustamente restrittiva della concorrenza’.

Le classi ponte, ovvero la scuola dell’apartheid.
“L’Italia non è un paese razzista. Ma in Italia come in Europa c’è la consapevolezza diffusa che non basta mettere in classe i figli degli immigrati per integrarli”. A Bruxelles per la riunione dei ministri UE dell’istruzione, Mariastella Gelmini si difende dall’accusa di voler creare un nuovo apartheid nella scuola italiana: “Ci interessa affermare questo principio, e le classi ponte, con un corso intensivo di italiano e sulla Costituzione, sono un tentativo che mi auguro possa riuscire”.Non sarà razzista, ma un mese prima alla scuola politica dei giovani della Padania (gli studenti leghisti) aveva detto: “Non parliamo di classi ponte ma di una verifica della conoscenza della lingua per mettere i ragazzi stranieri nella condizione di essere cittadini al pari dei nostri. Quello che è stato detto è ancora una volta frutto di disinformazione”.Ed ecco invece le richieste della Lega, da cui riecheggiano le vecchie polemiche contro gli insegnanti meridionali e gli scrittori siciliani nei programmi ministeriali: “[Vogliamo] l’albo regionale dei professori perché siamo contrari a continui spostamenti, le classi complementari per stranieri e programmi scolastici legati alla storia del territorio. Il ministro ha detto che il federalismo riguarderà anche la scuola”.Un mese dopo, e nella situazione peggiore possibile (il viaggio della memoria ad Auschwitz con 250 studenti), l’assessore romano alle Politiche educativa Laura Marsilio parlava della sua esperienza di studentessa romana e di come la didattica risultasse compromessa dalla massiccia presenza di extracomunitari, “fino all’80 per cento” in aule definite “classi-ghetto”.

Il background dei leghisti.
E’ chiaro che il “brodo” culturale della Lega è esattamente quello del nazismo: l’approccio amico-nemico, l’odio cieco e feroce per l’avversario di turno, la comunicativa rozza e senza sfumature, la chiusura al dubbio ed al pensiero razionale, un linguaggio violento a base di pallottole, maschilismo e crudeltà.In questo la Lega non è sola, e si affianca ai partiti xenofobi europei di estrema destra che si muovono nello stesso campo ma che – con la breve parentesi di Haider in Austria – non decidono le politiche del governo nazionale . In più, la stupefacente parabola politica della classe politica leghista, l’ascesa durevole di un ceto semi-analfabeta ai posti di potere prima locali e poi nazionali ha creato un effetto “accodamento” prima negli altri partiti della destra e poi in quelli della sinistra moderata. “La Lega non ha tutti i torti”, “vince perché parla alla pancia della gente”, “coglie gli umori profondi”, “evidenzia problemi che non possiamo ignorare”.E quando poi i numeri dicono che i reati sono in calo proprio mentre si grida all’“emergenza sicurezza”; quando il nemico nel corso degli anni diventa di volta in volta il politico di Roma, l’insegnante siciliano, l’infermiere campano, il muratore rumeno, il venditore di kebab o il senegalese col suo phone center; quando infine la Lega grida all’invasione e poi approva la più grande sanatoria della storia della Repubblica, i politici di opposizione non traggono da questi fatti elementi per decostruire una propaganda che serve solo a creare stupefacenti ed immeritate carriere ma si accodano flebili, diventando mediocri imitatori delle tesi estreme dei razzisti.

giovedì 21 maggio 2009

IL MONTE SACRO

Smascella
una mia idea
di decomposizione,
innumerevole rivalsa
di vermi
che brulicano di un putridume
che so un giorno
non sarà mio.
Il fuoco brucerà
le mie membra
che il Monte Sacro
saprà d’esser giudice.

mercoledì 20 maggio 2009

IL REGIME E LA (DIS)INFORMAZIONE


Le nomine Rai di oggi a ridosso delle elezioni hanno portato come si poteva scommettere volti amici al governo e soprattutto al dittatore Berlusconi che per accaparrarsi sempre più potere in data odierna ha assunto praticamente il monopolio della disinformazione italiana.
Il direttore generale della Rai(la tv di Stato,per intenderci...)Mauro Masi,che ha ottenuto alte cariche governative fra cui, più volte, quella di Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Capo di Gabinetto del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri durante il governo Berlusconi II e Berlusconi III,ha nominato direttore di Rai1 Mauro Mazza(ex direttore Rai2)e Augusto Minzolini direttore del Tg1.
Mentre Mauro Mazza è una banderuola pronta a girarsi al vento che tira(ha pur sempre però cominciato la carriera giornalistica scrivendo per il"Secolo d'Italia",il quotidiano dei fasci da sempre)Minzolini è un simil Emilio Fede scodinzolante,un cane da riporto del premier che ha detto che l'antiberlusconismo è il male peggiore che attanagli l'Italia in questo periodo(!).
Ma del Minzolini ho una più ampia descrizione della merda che è grazie al sito"Giornalettismo"
ripreso da Senza Soste.
Nell'ultima foto il direttore Rai(freudianamente avevo digitato Rsi!) MauroMasi(il primo a destra)assieme a Enrico Montesano(ultimamente visto in Abruzzo assieme a quei cari ragazzi di CasaPound),Tony Renis e Giuseppe Valentino senatore fascista...tutti insieme si canta e si festeggiano i soldi piovuti dall'alto per...non si dice,intanto qui non è reato!
Chi è il nuovo direttore del TG1.

Che Augusto “Pinocchiet” Minzolini sia ormai quasi ufficialmente il direttore del Tg1 con stipendio a carico nostro rappresenta non soltanto la giusta punizione per chi continua a pagare il canone. E’ anche il giusto coronamento di una carriera giornalistica che, nonostante i numerosi tentativi d’imitazione (Francesco Verderami sul Corrierone ne è il degno erede) rimane unica. Minzolini infatti è intanto l’unico esempio di giornalista che ha avuto l’onore di vedere coniato sul suo cognome un sostantivo (il “minzolinismo“) dal significato assai chiaro: “Forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte“. Parola dell’Annale del lessico contemporaneo italiano nell’edizione del 1996. Tredici anni fa, e sembra ieri.Bei tempi, quelli, per il mitico Minzo: stava per rimediare una rubrica su Panorama ed era sempre pronto a pubblicare retroscena e interviste che immancabilmente venivano pubblicamente smentiti dagli interessati, a volte persino con strascichi giudiziari. Le informazioni il mitico Minzolini le rimediava in tutti i modi possibili, e il fatto che si vantasse privatamente di aver sentito una certa chiacchiera - sulla quale aveva costruito la solita articolessa - nel bagno della Camera, mentre stava espletando le sue funzioni fisiologiche, dà l’esatta dimensione del personaggio. Che, per fare un paragone con i classici latini, somiglia più a Cornelio Nepote Svetonio che a Sallustio: mentre il secondo raccontava la storia, il primo ritraeva i propri personaggi guardandoli dal buco della serratura. Un po’ come Lino Banfi che spia Edwige Fenech in quei film da segaioli degli anni ‘70.Poi, la svolta: negli ultimi anni Minzolini è diventato il cantore ufficiale del berlusconismo in forma di retroscena retroscenoso retroscenante. E ormai mitica rimane nel ricordi di tutti questa meravigliosa “intervista” (lo metto tra virgolette per rispetto della parola) uscita in piena campagna elettorale, sulla questione Alitalia: “Inutile che gli altri ci scherzino su - esordisce il Cavaliere - la cordata italiana esiste, eccome. I nomi sono diversi, dalle banche a quelli che in questi giorni mi hanno confidato il loro interessamento. Da Ligresti, a Benetton. Poi naturalmente c’è Mediobanca. E ce ne sono molti altri, come l’Eni che ha tante risorse, che può partecipare direttamente all’operazione“. L’inchiostro sulle pagine della Stampa è ancora fresco quando Mediobanca ed Eni vergano alle agenzie di stampa una smentita dai toni talmente vibranti da far arrossire di vergogna qualsiasi professionista dell’informazione. A Minzolini invece gl’arimbarza, come dicono a Roma: “Ne ho presi due su quattro, sono ampiamente sopra la mia media!“, avrà anzi detto al direttore per giustificarsi . E il giorno dopo lui è pronto a lanciarsi in nuove avventure, cantando a squarciagola “Io diventerò qualcuno“. A noi non resta che tenere in caldo la pentola e preparare i popcorn: l’informazione è anche spettacolo, e che il Tg1 si dedichi all’avanspettacolo prima o poi dovevamo aspettarcelo. La cosa triste è che purtroppo il biglietto dobbiamo pagarlo lo stesso, anche se non ci va di godercelo.