mercoledì 31 agosto 2016

IL TTIP SEMPRE PIU' LONTANO


Risultati immagini per ttip fallito
I due articoli redazionali presi da Contropiano(germania e francia )parlano del presumibile e augurabile stop al trattato internazionale tra Usa e Unione europea che portava solo benefici ad una parte,quella statunitense,anche se il risultato è stato dettato dall'intransigenza delle multinazionali europee.
Sia Germania che Francia non ancora ufficialmente hanno detto basta a questi tre anni e passa di incontri e colloqui visto che non si è riusciti a trovare nemmeno un accordo sui 27 capitoli del Ttip(vedi madn ttip e links annessi)auspicando però nuovi trattati migliori nei mesi a venire.
Dall'Italia solo silenzio per questo basilare tema sull'economia nazionale e globale che il belpaese ha sempre supportato a ranghi compatti.

La Germania annuncia: “Il negoziato Ttip è fallito”.

di Redazione Contropiano
Si era capito dai molti problemi e dati tanti segreti. Poi la Brexit aveva rotto il ponte tra Unione Europea e Stati Uniti. Ora l'annuncio ufficiale da parte del Vice Cancelliere e ministro dell'Economia tedesco, Sigmar Gabriel. "Ritengo che i negoziati con gli Stati Uniti siano 'de facto' falliti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente".
In 14 round di colloqui, le parti non hanno trovato un'intesa su un solo capitolo dei 27 sul tavolo. «I negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane» .
Con questa ultima precisazione Gabriel chiarisce anche che – come da sempre sostenevano i suoi critici – in realtà il Ttip era un modo per azzerare anche quel poco di differenza ancora esistente tra il "modello europeo" e il "modello anglosassone".
Ma non fatevi soverchie illusioni: questa "non accettazione delle richieste americane" è stata fatta alla luce degli interessi delle società multinazionali europee, non certo in difesa delle popolazioni del continente…
Vedi anche:
http://contropiano.org/news/news-economia/2016/06/28/la-francia-ribadisce-no-al-ttip-081025
http://contropiano.org/news/politica-news/2016/06/01/segreto-del-ttip-riduce-parlamentari-comparse-ignare-079894
http://contropiano.org/interventi/2016/05/30/ttip-partito-della-nazione-vendita-079812
http://contropiano.org/documenti/2016/05/31/ttip-gli-altri-trattati-libero-commercio-gia-firmati-079825

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Anche la Francia conferma: “stop definitivo al Ttip”.

Solo conferme. I big dell'Unione Europea non hanno alcuna intenzione di portare a termine la trattativa sul trattato transatlantico (Ttip).
Dopo la clamorosa ma non sorprendente intervista al vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, domenica, ora tocca a un altro protagonista direttamente coinvolto nelle snervanti e inconcludenti ngoziazioni, il viceministro francese del commercio estero, Matthias Fekl: "Non c'è più il sostegno politico della Francia a questi negoziati". Quindi tra poche settimane il governo guidato da Manuel Valls chiederà formalmente di sospendere definitivamente i negoziati. Probabilmente nel corso del vertice dei ministri europei del commercio, a Bratislava, a fine settembre.
Interessante anche la motivazione: "Gli americani non concedono niente, o lasciano soltanto le briciole. Non è così che si tratta fra alleati. Le relazioni non sono equilibrate, bisogna riprendere in seguito su buone basi. Serve una battuta d'arresto, definitiva, a questi negoziati”. Anche se naturalmente si lascia una porta aperta sul futuro (“per poi ripartire"), ma su tutt'altre basi, al momento impensabili.
Due prese di posizioni così importanti non lasciano molti dubbi sul fatto che la trattativa sia ormai arenata, anche se da Washington – e più timidamente dall'entourage di Angela Merkel – si continua a dire che “la trattativa va avanti”.
Sembra abbastanza chiaro che questo trattato sia effettivamente morto e sepolto, ma allo stesso tempo nessuno vuol dare l'impressione di una rottura radicale tra le due sponde dell'Atlantico (anche perché c'è tutta la complessa partita con la Russia, con sanzioni molto indigeste solo a carico dei paesi europei, che potrebbe a questo punto prendere tutt'altra piega).
Dunque il “no” viene condito con molti “ci riproveremo su basi più solide”. Ma al tempo stesso nessuno appare in grado di ndicare i punti su cui una trattativa potrebbe essere riavviata dopo la fine di questa, durata oltre tre anni e con 27 “capitoli” aperti.

martedì 30 agosto 2016

GAZA SOTTO ATTACCO DA ISRAELE E DALL'INTERNO


Risultati immagini per gaza bombing 2016
Breve commento su quello che è uno dei più massicci bombardamenti che si stanno compiendo su Gaza da parte dei caccia israeliani levatisi in volo dopo che un razzo negli scorsi giorni aveva colpito la città di Sderot senza provocare danni alle persone.
Anche il conto delle vittime e dei feriti per ora è abbastanza contenuto nei territori della Striscia anche se come hanno mostrato le immagini buona parte di alcune zone periferiche non esistono più:a rivendicare il lancio del razzo pomo dell'ennesima discordia e pretesto per colpire duramente i palestinesi,era stata una sigla salafita legata all'Isis.
A poche settimane dalle elezioni amministrative in Palestina questi bombardamenti hanno provocato un'ulteriore scissione interna tra Hamas e Fatah che fanno il gioco di Netanyahu e Lieberman,il nuovo sanguinario ministro della difesa di Israele.

Su Gaza il bombardamento israeliano più duro dal 2014


Almeno cinque i palestinesi feriti. E’ scattato dopo il lancio di un razzo da parte di un gruppo salafita che ha colpito una zona residenziale della cittadina di Sderot senza fare danni alle persone.
Gerusalemme, 22 agosto 2016, Nena News – Sono almeno cinque i palestinesi di Gaza rimasti feriti nei circa 50 raid aerei e tiri di artiglieria israeliani avvenuti in più fasi a partire da ieri pomeriggio dopo che un razzo lanciato da Gaza aveva colpito una zona residenziale della cittadina di Sderot senza fare danni alle persone. Solo uno dei feriti è in condizioni serie. Si è trattato del bombardamento israeliano più pesante su Gaza dalla conclusione, esattamente due anni fa, dell’offensiva “Margine Protettivo” in cui trovarono la morte circa 2.300 palestinesi e altre migliaia furono feriti.
Le forze aeree e di artiglieria israeliane hanno preso di mira, nella maggior parte dei casi, postazioni e basi di addestramento nel nord di Gaza – e in modo più limitato anche a sud –  del movimento islamico Hamas che controlla la Striscia e che pertanto il governo Netanyahu considera “responsabile” per qualsiasi azione armata o militare contro il territorio israeliano. A rivendicare il lancio del razzo non è stato Hamas ma un gruppo salafita, Ahfad al Sahaba-Aknaf Bayt al Maqdis,  che si identifica con l’Isis. In precedenza si era parlato anche di un coinvolgimento delle Brigate Abu Ali Mustafa, ala militare del Fronte popolare della liberazione della Palestina, intenzionate a reagire alla detenzione di Bilal Kayed in sciopero della fame da oltre due mesi. Israele continua a tenere in carcere Kayed sebbene abbia scontato interamente la sua pena di oltre 14 anni di prigione.
E’ opinione diffusa che la reazione pesante di Israele sia espressione della linea del pugno di ferro del nuovo ministro della difesa Avigdor Lieberman che in passato ha più volte invocato l’uso del massimo della forza per colpire Hamas. Potrebbe essere stata anche una ritorsione all’ampia parata tenuta ieri dall’ala militare del movimento islamico nelle strade di Gaza in cui le “Brigate Ezzedin al Qassan” hanno mostrato razzi e altre armi in suo possesso per commemorare l’uccisione, due anni fa, di tre comandanti militari dell’organizzazione da parte di Israele.
L’attacco su Gaza è avvenuto mentre continua la preparazione delle elezioni amministrative palestinesi del prossimo 8 ottobre. Ieri esponenti del partito Fatah, guidato dal presidente dell’Anp Abu Mazen, hanno accusato Netanyahu e Lieberman di desiderare il successo di Hamas “in modo da dimostrare la loro tesi che non c’è nessuno con cui negoziare sul lato palestinese”.
da http://nena-news.it/

lunedì 29 agosto 2016

MARCHIONNE E' CONSAPEVOLE DI QUELLO CHE E'


Risultati immagini per marchionne mercato libero
Sembrava il discorso di Noam Chomsky o di qualche altra illuminata mente in tema di lavoro e mercato,oppure citazioni tratte da Marx e invece era proprio Marchionne che ha lasciato basiti i partecipanti ad una suo intervento presso l'università Luiss di Roma(quella sponsorizzata da Confindustria per intendersi).
Ha parlato di lavoro ed economia,dell'importanza di avere un libero mercato ma anche di avere una società equa,che c'è un limite tra profitto ed avidità e che gli stessi mercati non hanno né coscienza e nemmeno morale,rischiando così che le persone diventino merce.
Detto da uno nato in Italia naturalizzato canadese domiciliato in Svizzera e che sta portando interi stabilimenti e società all'estero per pagare meno tasse e meno gli operai,chiudendo le aziende italiane licenziando o mettendo in cassa integrazione migliaia di persone,è una presa di coscienza che fa rabbrividire ancor più.
Perché alla fine sa che quello che compie è sbagliato,sa che se uno guadagna 54 milioni di Euro all'anno(quasi 150 mila al giorno)è scorretto e ingiusto:l'articolo preso da Il fatto quotidiano(marchionne-sono-per-il-sì )parla di questo e del sì di Marchionne(e di Confindustria e di tutti gli imprenditori)al prossimo referendum costituzionale,uno che non c'entra nulla con i lavori parlamentari e le scelte del popolo italiano...un ulteriore motivo per confermare il voto del no.
Leggi anche l'asse-tremonti-marchionne per capire meglio come sguazza questo elemento nel panorama politico italiano.

Referendum costituzionale, Marchionne: “Sono per il si. Mercati? Senza morale, limite tra profitto e avidità”.

Il numero uno di Fiat Chrysler agli studenti di finanza: "Chi opera nel libero mercato ha il dovere di fare i conti con la propria coscienza. C'è una realtà là fuori che non deve essere trascurata".

"Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa. I mercati non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è”. Parola di Sergio Marchionne. Il numero uno di Fca – Fiat Chrysler, che si è schierato per il si al referendum costituzionale  – “non voglio giudicare se la soluzione è perfetta, ma è una mossa nella direzione giusta”, ha detto sottolineando che “l’unica cosa che interessa all’azienda è la stabilità del sistema” – ha parlato in occasione della premiazione della Rotman European Trading Competition, alla Luiss.
“Se lasciamo agire i mercati come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita come una merce – ha sottolineato il manager agli studenti di finanza – E questo non può essere accettabile”.  E ancora: “La forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione. Nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati. E non credo neppure sia auspicabile. Questo campo aperto è la garanzia per tutti di combattere ad armi pari”. Ma “l’efficienza non è – e non può essere – l’unico elemento che regola la vita. C’è un limite oltre il quale il profitto diventa avidità e chi opera nel libero mercato ha il dovere di fare i conti con la propria coscienza. C’è una realtà là fuori che non deve essere trascurata”.
Infine per il manager italo-canadese domiciliato in Svizzera, “dobbiamo tutti capire che non ci potranno mai essere mercati razionali, crescita e benessere economico se una gran parte della nostra società non ha nulla da contrattare se non la propria vita. Il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine”.  Per questo Marchionne, secondo il quale la carriera non basta a fare un leader che dipende non da quello che fa ma da quello che lascia in eredità, è “convinto che ci troviamo ad un bivio cruciale. Creare le condizioni per un cambiamento virtuoso è la vera sfida del nostro tempo. Per ricostruire economie efficienti ed eque, separate ma interconnesse. Per promuovere la globalizzazione che sia davvero al servizio dell’umanità”.

domenica 28 agosto 2016

TERREMOTI,GUERRE E "PROFITTI"


Risultati immagini per del rio vespa
In questi giorni la parola d'ordine del governo e degli avvoltoi che piano piano stanno uscendo all'aperto è "ricostruzione",e le cautele della politica ancor prima di accertare come mai abitazioni private e pubbliche adeguate o addirittura costruite ex novo con criteri antisismici e crollate interamente o parzialmente,sono nell'ottica di non offrire su un piatto d'argento possibilità a mafie e comitati di speculatori di arricchirsi ulteriormente ai danni delle popolazioni colpite e dello Stato.
Nei giorni scorsi il ministro Delrio ha quasi esultato affermando che questo disastro è un'occasione d'oro per la crescita del paese,frase gettata lì nel "salotto buono" di Porta a Porta dell'inguardabile Vespa,che con impeti di piacere ha raccontato con varie edizioni speciali il dramma vissuto dal centro Italia e non solo.
Il ministro è andato al punto della questione senza giri di parole e così come dopo una guerra c'è bisogno di ripartire e di ricostruire,così dopo una catastrofe naturale ci si deve rimboccare le maniche e investire come al solito con denaro pubblico progetti di privati.
Non che le terre colpite non necessitino di soldi dello Stato,ci mancherebbe,e l'Italia è già questuante all'Europa eppur continua ad andare avanti con gli acquisti di cacciabombardieri e costruzioni di Tav,senza capire realmente che i soldi delle tasse che tutti o quasi pagano vanno spesi per queste emergenze,per la sanità,la scuola,i trasporti e tutti i servizi pubblici.
Vespa(vedi:madn vespa-siano )è prolifico dal punto di vista della polemica,dell'informazione del superfluo e servo dei vari regimi italiani,ed il suo ego è grande almeno quanto la sua indecenza di professionista pagato dalla collettività che esulta con queste tragedie,non si limita alla cronaca o all'approfondimento senza malizia e protagonismi,è pronto alla conta dei morti e starà fremendo affinché le vittime possano raggiungere e magari superare la cifra tonda dei trecento.
L'articolo si chiude con lo smacco della Protezione civile che guarda con invidia la grande solidarietà di molte organizzazioni di volontariato o di professionisti della gestione di calamità naturali,brave a raccogliere le somme di denaro e le raccolte di cibo e di materiali per rendere il più agevole possibile la sopravvivenza di chi ha perso tutto in pochi secondi in un sisma che in altre parti del mondo(ma anche a pochi chilometri dai paesi rasi al suolo)non avrebbe fatto tutti questi danni.
Articolo preso da Infoaut:infoaut delrio-il-terremoto-vespa .

E per Delrio il terremoto è un “volano per la crescita”.

Un volano per l'economia. Un'occasione per la crescita. Sono i concetti espressi riguardo al terremoto, con una leggerezza che trasuda un cinismo inaccettabile, da Bruno Vespa e dal ministro Graziano Delrio in un nauseante siparietto durante la puntata del 25 agosto di Porta a Porta.
Gioire per il fatto che L'Aquila sia ad anni di distanza “il più grande cantiere di Europa”, sottolineare i vantaggi per le imprese edili di quanto successo nel reatino, è prova definitiva, se ce ne fosse stato bisogno, di un atteggiamento strutturale delle istituzioni verso questo tipo di eventi che non è confinabile alla coppia Bertolaso/Berlusconi e alle loro new town, bensì è pratica fondante delle politiche di governo di ogni colore e tipo.
Più di 250 morti e paesi completamente distrutti o devastati in parti enormi sono così ricondotti ad un'ottica contabile, da PIL, con uno sguardo gioioso al profitto generato dalla tragedia che non risuona così lontano dalle risate dell'imprenditore aquilano Piscicelli nelle ore seguenti al dramma abruzzese del 2009.
I dati sulle potenzialità per l'economia - e per le aziende che vinceranno gli appalti - della ricostruzione di Amatrice, Accumuli e delle altre località colpite dal terremoto a sole 48 ore dai fatti riescono così ad oscurare le responsabilità collettive di un sistema politico che porta a subire ancora centinaia di morti in terremoti che potrebbero essere gestiti in maniera molto migliore, come dimostra l'esempio di Norcia.
Chissà se per Delrio anche il crollo della scuola Capranica di Amatrice, inaugurata nel 2012 nel non-rispetto totale di alcuna norma anti-sismica e crollata 4 (quattro!) anni dopo - fortunatamente nella pausa estiva - costituirà un'opportunità di ripresa. C'è chi piange, come la famiglia Scafidi, ancora i propri cari in scuole pericolanti mentre il governo lancia progetti come la Buona Scuola utili solo a formare nuovi lavoratori giovani e docili per le imprese.
Del resto quando, finalmente, si smette di piangere e si passa ad un'azione concreta di denuncia e rottura nei nostri luoghi di esistenza, esponenti del governo e della Protezione Civile attaccano in tutti i modi possibili le raccolte autorganizzate sui territori. La colpa delle quali è essersi dimostrate in grado di portare un livello di solidarietà inaudito per quantità di beni raccolti, mettendo in mostra la potenza e le possibilità dell'autorganizzazione sociale.
Evidentemente nei due euro degli sms si nascondono le potenzialità di business della shock economy che ben abbiamo conosciuto in anni e anni di tragedie che si ripropongono senza soste. Del resto, avevamo lasciato solo qualche mese fa un altro pezzo di cuore nella tragedia ferroviaria di Andria, sottolineando anche in quel caso come non esistano fatalità quando manca un programma serio di investimenti in opere utili e di messa in sicurezza delle infrastrutture già esistenti e dei territori.

Ancora una volta mettere in collegamento i nostri morti e i loro profitti è un esercizio minimo per capire chi si augura e lucra su simili tragedie e chi invece si batte a suo modo affinché queste non avvengano più.

sabato 27 agosto 2016

FEYISA LILESA E LA LOTTA DEL POPOLO OROMO

Risultati immagini per Feyisa Lilesa
Quando vidi alla televisione l'arrivo della maratona maschile valevole per assegnare il titolo di campione olimpico di Rio 2016,mi venne un minimo di dubbio sul gesto del secondo atleta arrivato,l'etiope Feyisa Lilesa,che incrociò le braccia appena prima di tagliare il traguardo.
Effettivamente le incertezze sono state fugate on line e l'articolo preso da Infoaut(un-gesto-vale-più-di-tante-medaglie )spiega che il gesto è in solidarietà del popolo degli Oromo,che abitano una zona dell'Etiopia seriamente minacciata dal land grabbing,terre strappate agli indigeni da multinazionali per lo sfruttamento soprattutto alimentare ed energetico(vedi:madn la-terra-e-le-sue-risorse )che ha già visto nell'ultimo anno almeno mille morti e centinaia di prigionieri,tra i quali parenti di Lilesa che ora rischia la vita se dovesse rientrare nella sua patria.
Una terra con un governo complice delle multinazionali sfruttatrici delle risorse,già segnato dal colonialismo fascista che continua con aziende come la Salini-Impregilo impegnata nella costruzione di dighe che segnano l'allontanamento coatto di centinaia di migliaia di Oromi.
La loro storia è simile a quella del popolo degli Ogoni della Nigeria da decenni sfruttati dalle aziende petrolifere e che vide in Ken Saro Wiwa uno dei martiri più ricordati in Africa per la sua lotta e il suo impegno per la difesa del suo popolo(vedi:madn ken-saro-wiwa ).

Rio 2016: un gesto vale più di tante medaglie.

Arriva secondo alla maratona maschile e alza le braccia al cielo, non in segno di vittoria, ma in solidarietà al suo popolo, gli Oromo, e per denunciare il regime oppressivo condotto dal governo etiope che asseconda le operazioni di land-grabbing delle multinazionali
estere, calpestando la libertà di chi da sempre abita le terre colpite dall’implacabile processo di cementificazione.
Questa la protesta di Feyisa Lilesa, che ha incrociato le braccia anche nel corso della cerimonia di premiazione mimando il gesto delle manette, per sottolineare le condizioni di prigionia in cui verte il suo popolo.
Questa l’immagine che va ricordata di un’olimpiade che fino a questo momento si era contraddistinta per gli atti di violenza mossi ai danni di quelle tribù indigene considerate scomode dal governo brasiliano, la cui presenza intralciava la realizzazione delle arene
necessarie per lo svolgimento della manifestazione sportiva, e le opere di rastrellamento condotte nelle favelas che hanno portato all’esproprio forzato di numerose persone, il tutto funzionale ad offrire ai turisti un’immagine maggiormente “pulita” del paese, esattamente come accadde per il mondiale di calcio del 2014.
Il gesto di Feyisa rappresenta una goccia di speranza che con fatica si distacca da quell’oceano capitalista e consumista che ormai ha sommerso anche queste manifestazioni sportive, contraddistinte da speculazioni e sponsorizzate da multinazionali i cui crimini si allineano a quelli denunciati dall’atleta etiope attraverso la sua protesta.
Il governo etiope sta uccidendo il popolo Oromo, si sta prendendo le sue terre e le sue risorse, io sono Oromo e ne supporto la protesta. Il governo etiope sta uccidendo la mia gente, i miei parenti sono in prigione e se parlano di diritti democratici vengono uccisi.
Ho alzato le mani per supportare la protesta Oromo.
Negli ultimi nove mesi sono circa mille le persone appartenenti al popolo Oromo assassinate nel corso delle proteste antigovernative che hanno visto il loro apice tra il 6 e il 7 agosto scorsi, quando in soli due giorni altri/e cento etiopi sono stati uccisi.
Le proteste hanno avuto origine nel novembre del 2015 al seguito della decisione del governo etiope di implementare il Integrated Development Master Plan, un progetto di urbanizzazione e industrializzazione che avrebbe colpito la regione di Oromia, segnando
l’esproprio dei terreni agricoli presenti sull’area interessata e il conseguente allontanamento di molti/e Oromo.
L’abbandono, almeno momentaneo di questo progetto, non ha segnato però la fine delle proteste che proseguono chiedendo la liberazione dei prigionieri politici, e denunciando le violazioni dei diritti civili patiti dal popolo etiope anche in relazioni ad altre opere.
Un panorama di sfruttamento nel quale rientra anche l’Italia che, rappresentata dalla ditta Salini-Impregilo, contribuisce alla cementificazione di queste terre attraverso la costruzione di dighe idroelettriche.
Dopo la costruzione della Gibe III, diga costruita nella valle dell’Omo allo scopo di produrre energia elettrica e irrigare le monocolture di canna da zucchero a discapito della libertà di circa 500 mila persone, tra cui 200 mila indigeni privati così delle principali forma di
sostentamento, Salini-Impregilo si è recentemente aggiudicata anche la costruzione del progetto Grand Ethiopian Renaissance Dam.
Un progetto che segnerà la nascita della più grande diga d’Africa, con un bacino che darà origine ad un lago di 1874 chilometri quadrati, e che oltre a contribuire alla colonizzazione delle terre etiopi, mette a rischio la sopravvivenza delle specie animali che popolano le zone interessate: i leoni sono già diventati assidui visitatori dei cantieri.
Le vicende etiopi sono le stesse che si consumano in molte parti della Terra, quelle maggiormente ambite dalle multinazionali e che spesso non salgono agli onori delle cronache, abilmente mascherate dalle stesse ditte che promuovono i progetti o, peggio ancora, ignorate da quell’espressione di società territorializzata che ritiene rilevanti solo i problemi che colpiscono da vicino.
Per queste ragioni il gesto di Feyisa Lilesa deve continuare a rimbombare in tutto il mondo come un costante appello alla solidarietà terrestre, perché nessuna vittima di sfruttamento deve essere trascurata, perché ogni forma di sfruttamento ambientale, animale o sociale
può e deve essere combattuto a prescindere da dove esso sia consumato.

da: earthriot.altervista.org

venerdì 26 agosto 2016

RENZI E LO SBAGLIO DELLA PERSONALIZZAZIONE DEL REFERENDUM


Risultati immagini per renzi non si dimette se vince il no
Pausa post terremoto con la notizia di Renzi che anche se dovesse vincere il No al referendum costituzionale programmato per ottobre,comunque una data ufficiale non esiste ancora,non si dimetterebbe come ampiamente annunciato negli scorsi mesi.
Tanto è il timore e allo stesso tempo la voglia di tenersi stretto l'incarico da premier per il giullare fiorentino che dopo aver personalizzato il risultato della consultazione popolare ha capito che l'esito è quantomeno incerto visto che a parte il Pd per il momento e un altro manipolo di partitini ormai inesistenti e ininfluenti,dall'estrema destra all'estrema sinistra tutti fanno campagna per il No alle modifiche alla Costituzione che vorrebbe il partito infarcito di democristiani e comunisti pentiti.
L'articolo preso da Infoaut parla proprio di un referendum fatto per esaltare e per attecchire ancor di più il culo renziano allo scranno di presidente del consiglio e che invece ha sortito l'effetto opposto con una strana unione che con motivi e direttive differenti racchiude uno spettro ampissimo della politica italiana(www.infoaut.org ).

Paura, eh?

Comunque vada, resto attaccato alla poltrona.
Ecco che l'ex rottamatore, dopo le sonore sberle prese, cambia tattica: il referendum non è più il mio referendum, se anche vince il no io non me ne vado e le elezioni saranno nel 2018. Due anni fa, dopo che il suo candidato in Emilia Romagna aveva prevalso in un'elezione regionale con il 63% di astensionismo, Renzi aveva detto che non conta nulla quanti vanno alle urne, l'importante é prendere un voto più degli avversari. Senza volerlo, aveva rivelato una verità che i governanti hanno sempre saputo e taciuto: la democrazia è una favola per allocchi, l'unica cosa importante è tenere in mano le redini del potere.
Inguaribilmente malato di protagonismo personale, però, il "bomba" (cioé contaballe, come lo chiamano senza alcun affetto al suo paese) non poteva accontentarsi di essere capo del governo. Voleva dimostrare di essere l'unico capo possibile, un uomo solo al comando, senza condividere con nessuno l'ebbrezza del potere. Pensava di poter governare in una fase di ripresa economica, elargendo regalie e mancette in cambio di consenso alla sua persona. Ha fatto molto male i suoi calcoli, la crisi continua a mordere feroce e violenta, e ora il governo chiede indietro perfino i famigerati 80 euro, oltre a sgraffignare il canone Rai dalle bollette della luce. Credeva di poter salvare i suoi padroni delle banche e far passare come speculatori i risparmiatori e famiglie derubate: le lotte hanno trasformato l'infame decreto salvabanche in un boomerang contro il governo, che ora é travolto anche dalla vicenda Mps, banca di famiglia del Pd. E fallimenti analoghi hanno segnato la breve epoca renziana in tutti i campi, dal Jobs Act alla politica economica. L'unica cosa che gli è effettivamente riuscita é la personalizzazione, ma nella direzione opposta a quella che avrebbe desiderato: oggi Renzi e il Pd sono il nemico principale di larga parte della popolazione, a cominciare dai soggetti maggiormente colpiti dalla crisi.
"Ho sbagliato il messaggio" afferma adesso il ducetto di Rignano, come se fosse semplicemente una questione di hashtag e non di persone in carne e ossa che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Il fatto è che, dopo il crollo del Pd alle amministrative e la Brexit, il referendum è diventato una partita decisiva, non solo per la tenuta del governo ma anche per gli assetti europei. Da tempo la Merkel strilla impaurita per ciò che può succedere in caso di vittoria del no, e ora corre a Ventotene in aiuto del suo amico di merende per far rivivere una grottesca mitologia di una Ue a pezzi. La stampa americana e internazionale, espressione dell'opinione pubblica dei potenti del mondo, sostiene allarmata che una sconfitta del governo Renzi al referendum avrebbe effetti addirittura peggiori della stessa Brexit.
Ciò che é peggio per loro, è meglio per noi. Ecco quindi emergere con tutta forza il contenuto politico del referendum: dire no significa dire no a Renzi, dunque no all'Europa, al governo della crisi e dei banchieri. Questo no avrà tante motivazioni e prospettive, in parte ambigue e tra loro contraddittorie. Questo no ha però un nemico principale, Renzi e tutto quello che rappresenta. E ha un sicuro effetto: la destabilizzazione. Chi se ne preoccupa e preferisce la stabilità sta dalla parte dei governanti e della casta, di chi ogni giorno si arricchisce sul nostro impoverimento.
Mobilitarsi per il no sociale vuol dire questo, utilizzando ogni mezzo necessario. Facendo campagna sul piano territoriale, preparando una grande manifestazione sotto i palazzi del potere, scrivendo no sulle schede elettorali così come lo scriviamo sui muri. E poi prepararsi già per il dopo, perché il referendum è solo una tappa: fin da ora dobbiamo prepararci a costruire degli spazi territoriali che, dopo la spallata del no, caccino definitivamente via Renzi e la sua cricca.
Per fare questo, dobbiamo continuare a insistere sulla personalizzazione della sfida, perché questa personalizzazione è in questo momento la via concreta alla generalizzazione del conflitto. Non proviamo alcun interesse per le manovrine politiciste di D'Alema e delle mummie delle istituzioni, né per i futili tecnicismi dei giuristi fedelissimi alla costituzione. Basta girare nelle piazze e i bar per capire che il no sociale e di massa esprime l'odio e il rifiuto per Renzi, il Pd e queste istituzioni, non certo la passione tecnica per un pezzo di carta astratto. Che se ne vadano tutti e non ne resti nemmeno uno, gridavano una quindicina di anni fa nelle piazze dell'insurrezione argentina. Noi, allo stesso modo, iniziamo a cacciarne uno per mandarli tutti a casa.

giovedì 25 agosto 2016

GLI SCIACALLI SONO ALL'OPERA

Risultati immagini per giornalisti sciacalli terremoto
Premesso che la vignetta sopra è relativa al terremoto che aveva colpito il vicino Abruzzo,come al solito gli sciacalli si sono avventati sui terremotati del sisma che ieri ha devastato interi paesi del centro Italia in un'area relativamente grande(vedi:madn gli-avvoltoi-sono-pronti ).
Leggendo ieri e oggi commenti dei social network c'è da indignarsi sul tono di alcuni internauti,non tanto letti sul mio personale profilo che nel caso di sconcezze ci sarebbe l'eliminazione on line,e l'articolo preso da Lettera 43(terremoto-sciacalli )ne offre un piccolo bestiario.
Lasciando gli impegni presi dal governo e sui milioni di Euro impegnati in opere inutili e che qui sarebbero oro colato,sul fatto della presenza dei nomi altisonanti della politica perché se ci sono sul luogo del disastro è uno scandalo e se non ci fossero stati sarebbe stata polemica lo stesso,si riapre il circo mediatico fino alla prossima strage Isis o al prossimo rigore dato o meno.
In principio propongo la definizione di sciacallo e di certo la prima non è quella che viene presa in considerazione per il post(chiarire è sempre meglio):
sciacallo
scia·càl·lo/
sostantivo maschile
  1. 1.
    Nome di quattro mammiferi dei Canidi, part. del Canis aureus, noto anche come sciacallo dorato, diffuso in Europa orientale e in Asia, dal tronco snello come quello di una volpe, con muso appuntito, orecchie corte, mantello di color giallo-grigiastro superiormente e biancastro inferiormente; attivo di notte, si nutre di piccoli vertebrati e spesso anche di carogne, ed emette un caratteristico grido.
  2. 2.
    fig.
    Squallido saccheggiatore di case e negozi abbandonati in conseguenza di calamità; anche, losco sfruttatore della sventura altrui.
Ebbene gli sciacalli non sono solamente quelli che bene o male la popolazione vorrebbe prendere e fargli passare dei brutti quarti d'ora poiché approfittano di terremoti,alluvioni o incendi per depredare le case altrui,ma sono soprattutto quelli che sfruttano le sventure degli altri.
Personalmente al primo posto metto i giornalisti che nella spettacolarizzazione dell'evento e senza nessun pelo sullo stomaco domandano a chi ha perso tutto come stanno o che cosa faranno nell'immediato futuro,gente che non ha ancora capito bene cosa gli è capitato,che ha perso parenti,genitori,amici e figli e che vengono catapultati alla mercé del pubblico affamato di cazzi altrui.
E questi cazzi più sono tragici e violenti e più la massa narcotizzata dalla televisione e da internet,più l'audience sale così come l'eccitazione dei giornalisti di strada e dei loro superiori che commentano negli studi.
Perché se da un lato il giornalismo deve informare lo può fare senza approfittare del dolore della gente che ha perso letteralmente tutto,e anche se la domanda è quella di un popolo plagiato dai mass media e alimentati quotidianamente di pane ed ignoranza l'offerta non può essere bieca ed insulsa,si dovrebbe avere più tatto e rispetto.
Ieri ho letto l'intervento di Enrico Mentana,uno ogni tanto fuori dal coro ma che comunque ieri ha postato di non commentare subito sulle polemiche e sugli scandali che ancora devono nascere(ma che si stanno concependo)come per esempio ho fatto io e molti altri memori dell'italico mestiere di arricchirsi sui drammi degli altri.
Uno che quando ci sono attentati e calamità come ieri fa 24 ore non stop in una frenesia che è seconda solo a quella di Emilio Fede con i bombardamenti delle guerre del Golfo,uno che con un fatto del genere avrebbe avuto orgasmi mediatici.
C'è chi definisce il terremoto un infame,ma come si può dare questo termine ad un evento naturale che pur devastante come un'alluvione o un'eruzione vulcanica è parte della vita della Terra,al massimo infami e bastardi sono chi costruisce ancora scuole ed edifici alla faccia delle più basilari norme antisismiche,anche se è un fatto che la maggior parte delle costruzioni crollate in questo caso sono vecchie di decine se non centinaia di anni.
Infame è chi se la prende ancora con gli immigrati con uno stuolo di commenti e di dichiarazioni che fanno vomitare così come gli integralisti cattolici di Militia Christi,dei fascistoidi con la tunica da Ku Klux Klan,che danno la colpa della disgrazia alle unioni civili.
Al momento non mi viene in mente ancora oltre su cui creare ragionamenti o dibattiti,le parole di geologi dicono nuovamente che in un paese normale una scossa di questo livello avrebbe creato nessuno o pochi danni quando invece ci sono paesi che non ci sono più e un numero di vittime che malauguratamente continua a lievitare.
Perché per ora c'è da fare un grosso applauso ai volontari e ai vigili del fuoco impegnati nei luoghi del sisma,ma sappiamo che essendo in Italia spesso il loro sforzo e sacrificio è una goccia d'acqua in un mare di opportunisti.


Terremoto, sciacalli e maldestri indignano i social.
Selfie fuori luogo e assurde teorie. Da Militia Christi a Claudio Lippi, le peggiori uscite sul sisma.

di Lorenzo Mantelli.
L'uso dei social ha di certo favorito la diffusione di informazioni e l'avvio della macchina della solidarietà dopo la tragica notte del terremoto in Centro Italia. Ma ha purtroppo portato con sé, come sovente accade, esempi di sciacallaggio e uscite fuori luogo.
Diverse le sparate di cui si sono resi protagonisti in Rete personaggi più o meno famosi. Molti dei quali hanno ritenuto opportuno cancellare i loro post dopo essere stati subissati di critiche.
Senza fare i conti con gli screenshot delle loro figuracce. Ecco alcuni esempi di come, spesso e volentieri, di fronte a simili catastrofi il silenzio sia quanto meno consigliato.

Mettiamo 50 immigrati a Capalbio e i terremotati in una palestra? Non ho parole.— Claudio Lippi (@ClaudioLippi) 24 agosto 2016


C'è chi, come Claudio Lippi, non ha perso occasione per tirare in ballo i migranti e i loro presunti privilegi, superiori, a suo dire, al trattamento riservato agli sfollati del sisma. Forse ignora che a scavare tra le macerie di Amatrice ci siano anche sei rifugiati afgani alla disperata ricerca di Sultana e Hahmed, due loro connazionali di 26 e 27 anni di cui non si hanno più notizie.



Il movimento ultracattolico Militia Christi ha pensato bene di attribuire la colpa del terremoto alle unioni civili, prima di affannarsi a cancellare il post e apostrofre come «farisei» gli autori delle critiche ricevute.
 
E che dire di Daniela Martani, la cui fama è dovuta unicamente alla partecipazione alla nona edizione del Grande Fratello. L'ex hostess di Alitalia, fervente vegana, non ha brillato per umorismo pensando di tirare in ballo il karma per il terremoto che ha colpito Amatrice, patria del celebre piatto.



Federica Torti, semisconosciuta conduttrice di La7, si è messa invece in posa davanti all'obiettivo per elargire i suoi consigli anti-sismici. Con tanto di 'credits' al fotografo.



Ha fatto discutere anche il selfie di Simone Coccia Colaiuta, fidanzato della senatrice dem ed ex presidente della Provincia dell'Aquila Stefania Pezzopane. Proprio quest'ultima ha orgogliosamente pubblicato, ma solo per pochi istanti, l'istantanea del compagno tra i cumuli di Amatrice.
 
Difficile, invece, resistere all'irresistibile tentazione del clickbaiting, anche in una circostanza del genere, per la deputata del Movimento 5 stelle Giulia Di Vita.
 
C'è anche chi, fortunatamente, di fronte a una figuraccia ha avuto il coraggio di scusarsi. È il caso della 'Iena' Dino Giarrusso che aveva commentato le prime notizie sul sisma con una battuta sulla sconfitta della Roma in Champions League. Salvo poi fare retromarcia.







 

mercoledì 24 agosto 2016

GLI AVVOLTOI SONO PRONTI


Trascorse poche ore dal forte terremoto che ha colpito il centro Italia e iin particolar modo le regioni delle Marche,Lazio ed Umbria,non ci sono ancora ovviamente un numero esatto di vittime,feriti e dispersi ma purtroppo quello che è certo è il fatto che ci siano persone che godono per quello accaduto così come è stato clamorosamente per il terremoto dell'Aquila(madn protezione-incivile )e che sono pronte a volteggiare come avvoltoi.
Speculazioni,interessi per la ricostruzione,gli inevitabili e stucchevoli messaggi di cordoglio che non tarderanno ad arrivare sono una sicurezza di imprenditori,pessimi politici,criminali,arraffatori e mafiosi che si stanno fregando le mani e che se la ridono della tragedia che ha colpito migliaia di persone.
L'articolo preso da Il Messaggero(terremoto_amatrice_morti )parla di queste concitate ore,dei primi dispersi sotto le macerie e dei morti,dei soccorsi e di paesi distrutti completamente.


Terremoto nel centro Italia, almeno 21 morti. Scossa 6.0. Il sindaco di Amatrice: metà paese non c'è più.

Un forte terremoto ha colpito nella notte l'Italia centrale provocando morti e feriti. Il bilancio del sisma è al momento di 21 vittime accertate, 11 nel Lazio di cui sei ad Accumuli e 5 ad Amatrice, in provincia di Rieti, e 10 nelle Marche a Pescara del Tronto (Ascoli Piceno). Vengono però segnalate molte persone sotto le macerie e il bilancio delle vittime è destinato a salire, sono decine i dispersi di cui non si sa ancora nulla. Alcune zone dei centri abitati sono impossibili da raggiungere. Il terremoto di oggi nell'Italia centrale «è paragonabile, per intensità, a quello dell'Aquila» ha detto il capo del Dipartimento Protezione Civile, Fabrizio Curcio.

La prima e più forte scossa, di magnitudo 6.0, è stata registrata alle 3:36 con epicentro vicino ad Accumoli, in provincia di Rieti, a 4 chilometri di profondità. Altre decine di scosse di minore entità si sono sentite nella notte. Il terremoto è stato avvertito anche a Roma e in tutto il centro Italia.
Sarebbero dieci le vittime estratte dalle macerie di Pescara del Tronto, la frazione di Arquata (Ascoli) quasi rasa al suolo dal terremoto. Fra le vittime anche uno o più bambini. Due i feriti gravi, trasportati in ospedale in codice rosso, due le persone estratte vive.

«Un unico blocco di macerie sulla strada, si scava». Questo quello che si vede all'arrivo a Pescara del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, vicina all'epicentro, pochi chilometri prima di Accumoli, provenendo dalla Ss4. «Siamo costretti a lasciare l' auto e a proseguire a piedi - dice la reporter dell'agenzia Ansa - la gente piange mentre cammina e si avvia verso il paese».

«È un dramma, ci sono dei morti». Così il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, parla del sisma che ha colpito il paese in provincia di Rieti. «Ci sono persone sotto le macerie, è un macello», ha aggiunto.

È «uno scenario apocalittico» quello che ci si trova davanti addentrandosi da Piazza Antonio Serva, nel centro storico di Amatrice, dopo il sisma devastante di questa notte. L'intera fila di abitazioni lungo quello che era il corso è completamente collassata e le macerie delle facciate crollate occupano tutta la sede stradale, è ancora la testimonianza dei redattori dell'Ansa giunti ad Amatrice immediatamente dopo il sisma.

«Il sistema di protezione civile è pienamente efficiente, vi sono difficoltà a raggiungere alcune località ed è stato già
attivato il Genio militare. Le prestazioni sanitarie sono assicurate», ha spiegato il capo della Protezione Civile. È stato mobilitato l'Esercito per far fronte all'emergenza terremoto.

Sono state 39 in poco più di tre ore le principali scosse di terremoto, di magnitudo pari o superiore a 3, avvenute fra Lazio, Umbria e Marche a partire dalle 3:36, ora della prima scossa. Lo indicano i dati riportati dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Le più forti scosse successive alla principale sono state registrate finora nella zona di Norcia (Perugia): la prima con una magnitudo di 5.4 avvenuta alle 4:33, preceduta appena un minuto prima, alle 4:32, da una scossa di magnitudo 5.1.

Dall'Abruzzo sono partiti per soccorsi e sopralluoghi 35 tecnici del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (Cnsas). Alcune squadre sono dirette verso le Marche, altre verso la parte interna del Lazio, in particolare verso la provincia di Rieti. Delle squadre fanno parte unità cinofile e medici anestesisti e rianimatori. All'Aquila è operativa la base dell'elisoccorso a Preturo. Facebook ha attivato il suo servizio Safety check, che consente agli utenti di segnalare che sono in sicurezza in caso di pericolo.

Il terremoto è avvenuto in una zona «ad alta sismicità», nella quale storicamente si sono verificate forti scosse, ha detto il sismologo Alessandro Amato, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Il forte terremoto più recente, di magnitudo 5.9, ha colpito Norcia nel 1979, altri forti terremoti sono avvenuti fra '0600 e '700. Il più violento, di magnitudo stimata 7, colpì Norcia e Cascia nel gennaio 1703.

I NUMERI PER L'EMERGENZA
Protezione Civile: 800840840
Sala operativa Lazio: 803555 

martedì 23 agosto 2016

TITOLI E CONTENUTI

Era cosa risaputa ma ultimamente sembra che se non ci sia uno o più studi ufficiali,indagini e ricerche quello che è lapalissiano possa non avere l'investitura ufficiale della certezza.
E' accaduto quindi che più analisi,e qui sotto si riportano studi universitari ma anche un più prosaico esperimento di un sito satirico statunitense,che hanno portato al fatto che sui social network mondiali si legge(e si commenta e condivide)solo il titolo del post ma non il contenuto.
Le percentuali alte di chi si basa solo sui titoli talvolta ad effetto e che poi si rivelano ambigui e tendenziosi e che non riflettono il contenuto,sono ancor maggiori in Italia vuoi per la cronica ignoranza della sua popolazione soprattutto quella internet, vuoi per il protagonismo e per la voglia di essere i primi e comunque tra i tanti ad esprimere il proprio apprezzamento o meno verso un fatto.
L'articolo preso da Senza Soste(la-gente-legge-solo-i-titoli )non fa che confermare ed approfondire quello che sapevano un po tutti,e che sembra essere un vizio diffuso e dove nessuno si può tirar fuori da questo discorso di pressapochismo e di leggerezza nell'accedere a fonti e condividerne poi i contenuti.


Se il tuo post ha superato le mille condivisioni, non esultare. Può darsi che nessuno l’abbia letto. Science Post, sito satirico americano, ha fatto un esperimento. Ha creato un articolo fittizio dal titolo cattura like: “Ricerca: il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide”. Risultato 46mila condivisioni. Peccato che l’articolo fosse scritto in “lorem ipsus”, il testo privo di senso usato dai designer per bozzetti e prove grafiche. Quello che avremmo potuto fare noi con questo post che racconta l’esperimento. Invece proviamo a raccontare cosa è successo.

Se quello di Science Post è solo uno scherzo che ha avuto un esito incredibile, sono stati realizzati studi più scientifici sull’argomento. Uno di questi è una ricerca della Columbia University condotta insieme al French National Institute e svelata da Chicago Tribune. I risultati parlano da soli: il 59% dei link condivisi sui social media non sono mai stati cliccati. In altre parole le persone condividono o retwittano senza averli mai letti. Cosa ancora peggiore questi link diventano importanti nel determinare, come immaginabile, quali notizie sono determinanti per costruire l’opinione pubblica sul web. Insomma, retwittare e “share” non sono attività fine a se stesse, ma hanno un’influenza determinante sui pensieri dei tuoi amici e conoscenti. L’esperimento è interessate al fine di capire le abitudini online dei lettori. E degli utenti dei social. I titolo fanno tutto. Sia che si tratti di giornalismo che di business.
Una cultura che non ama l’analisi, la nostra 
Questa la riflessione di Arnaud Legout, uno dei coautori dello studio: «È tipico della cultura di oggi. Le persone formano le loro opinioni su un titolo o un sommario, senza fare nessuno sforzo per andare più in profondità» spiega lo studioso che insieme al suo team ha analizzato tutti i tweet abbreviati in bitly su cinque delle maggiori fonti di informazioni per un mese, per poi confrontarle con il numero di letture degli articoli correlati. Il risultato è quello che abbiamo anticipato, su 10 solo 4 li leggono.
Le persone leggono più dagli amici che dalla fonte originaria
Sempre la ricerca ha evidenziato un altro dato su cui riflettere. Molti click alle storie erano fatto sui link condivisi dagli utenti e non direttamente dall’url postato sul profilo ufficiale dell’organizzazione che lo ha prodotto (in questo caso i giornali di informazione). Una questione che non è nuova a chi si occupa di social media, dove l’opinione dell’utente comune conta di più di quella del brand.
Internet tra sharebait e clickbait
L’autore dell’articolo di Chicago Tribune sottolinea che quella di spingere gli utenti al click e alla condivisione veloce è un’abitudine alla quale anche i media tradizionali si sono adattati. E che ha avuto il risultato di creare “una cultura online che impedisce ogni discussione approfondita  su argomenti complessi e controversi”.
20 giugno 2016

Simone Cosimi - tratto da http://www.gqitalia.it

Sui social leggiamo tanti titoli ma nessun articolo. Di chi è davvero la colpa? Ci spingiamo con estrema difficoltà oltre le headline e i sommarietti delle anteprime sulle piattaforme come Facebook e Twitter. E preferiamo condividere un articolo anziché leggerlo
“Se prima si sfogliava velocemente il giornale al bar, si spiavano i titoli dalla spalla del vicino in autobus, adesso il bancone del bar è diventato il News Feed di Facebook e i titoli si scorrono ancora più velocemente, perché tempo da perdere per leggere non ce n’è. Per commentare quello che non si è letto, invece, sembra essercene in abbondanza”. Questo il cuore di un articolo di commento molto condiviso in queste ore ma va, proprio su Facebook. Lo ha scritto Emanuele Capone del Secolo XIX che parte dalle vicende di una breve lanciata due giorni fa sulla pagina del giornale sul social di Menlo Park per accennare al rapporto sempre più complicato con i fatti che ci circondano e l’informazione sulle piattaforme sociali.
Cos’è successo? Il titolo è “Sfrattato e senza lavoro, tenta di darsi fuoco davanti a moglie e figlia“. Ha raccolto il primo commento dopo 4 minuti e per quattro ore ha dato vita a una serie di reazioni del tipo “Aiutiamo gli italiani”, “Invece agli immigrati”, “Ma noi… pensiamo a ‘sti maledetti immagrati (così nel testo, ndr)”. Solo quattro ore dopo un utente ha fatto notare che il 38enne era un cittadino straniero: «24 commenti e nessuno ha letto l’articolo, viste le risposte!». Il tenore della discussione cambia e scema: razzismo e menefreghismo s’impossessano degli utenti che evidentemente avevano partecipato al dibattito leggendo solo il titolo e immaginando uno scenario del tutto diverso. Miseria vera, eh?
Non è una novità: che sui social si scriva prima di leggere, cioè si commenti basandosi esclusivamente sullo snippet di anteprima, cioè sui riquadri con titolo e sommarietto leggibile, è un peccato assoluto della “nuova” opinione pubblica. Un mese fa il sito di notizie umoristiche Science Post ha tentato un test pubblicando un testo finto (il famoso riempitivo lorem ipsum) con un titolo particolare: “Secondo uno studio il 70 per cento degli utenti di Facebook prima di commentare gli articoli di scienza legge solo il titolo”. Un metaesperimento, insomma, nel quale alla sociologia online si aggiungeva anche una ricca dose di sbeffeggio. Bene, quell’articolo vuoto è stato condiviso decine di migliaia di volte – al momento 52.700 – anche in questo caso solo sull’onda della fascinazione titolistica.
Pochi giorni dopo, cambiando piattaforma perché tanto la sostanza non muta di un clic, è arrivata un’indagine firmata dalla Columbia University insieme a Microsoft Research, all’Istituto nazionale francese di ricerca in informatica e automazione e altri laboratori di Sophia-Antipolis, la Silicon Valley transalpina in Costa Azzurra a confermare lo scenario: sei link su dieci fra quelli rilanciati e condivisi su Twitter non saranno mai cliccati. Insomma, attraverso quel canale – “il social dell’informazione”! – i pezzi vengono snobbati nel 60% dei casi. Se circolano e vengono retwittati, pur in quel contesto, è solo in virtù dell’affascinante, allarmistico, devastante, schifoso, interessante, azzeccato titoletto che portano in dote. Null’altro.
Le persone sembrano più propense a condividere un articolo che a leggerlo – ha detto Arnaud Legout, uno degli autori – è tipico del consumo moderno dell’informazione. La gente si fa un’opinione sulla base dei sommari, o del sommario dei sommari, senza compiere alcuno sforzo per spingersi più in profondità”.
Resta da capire in fondo come mai quello sforzo non si faccia, se per menefreghismo assoluto, per mancanza di tempo, per l’atavica ignoranza dell’opinione pubblica italiana che certo i social network non promettono di lenire. Tutt’altro. Probabilmente nel discorso c’è anche la volontà di non “uscire” dal social network in una specie di agorafobia digitale. Se ne sono accorti anche dalla California, dove l’anno scorso hanno lanciato gli Instant Articles, pezzi da leggere direttamente all’interno della piattaforma. Anche Google, con Amp, ha messo a punto un sistema di caricamento superveloce degli articoli. Perché spesso, in effetti, quello è un ostacolo all’esperienza dell’utente: passano troppi secondi fra il clic e il caricamento e la gente non legge, torna indietro, si spazientisce. Ma certo non può essere una giustificazione.
C’è infine un tema legato all’immagine di se che si intende propagare su Facebook, Twitter e compagnia. Insomma, non ci interessa troppo analizzare ciò che condividiamo perché inconsciamente sappiamo che quei contenuti ci occorrono più per l’effetto-vetrina che per la sostanza. Cioè per il pedigree “culturale” e sociale che ci dipingiamo addosso rilanciando certi pezzi. Se poi dentro c’è un lungo e surreale lorem ipsum chissenefrega. Tanto non li leggerà nessuno.
3 agosto 2016

lunedì 22 agosto 2016

GEORGE JACKSON


Breve articolo per ricordare il rivoluzionario afroamericano George Jackson,ammazzato in carcere il 21 agosto del 1971 e membro delle Pantere Nere,attivista che ha conosciuto dietro le sbarre la consapevolezza della lotta di classe con influenze marxiste studiando libri e scrivendone.
Il suo pensiero ha portato la mentalità del criminale nero a quella del rivoluzionario nero,e da solo o assieme ad altri compagni riuscì a far divulgare il suo credo per la lotta degli afroamericani negli Stati Uniti,tema molto sentito e di quotidiana attualità,articolo preso da Infoaut(storia-di-classe ).

22 agosto 1971: George Jackson.

Commozione e rabbia nella comunità afroamericana e fra tutti i detenuti rivoluzionari degli stati uniti per la morte di George Jackson, avvenuta il giorno precedente. Il 21 agosto 1971, infatti, nel cortile della prigione San Quentin veniva ucciso a colpi di fucile da un secondino George L. Jackson, field marshal per le prigioni del Black Panther Party.
L'omicidio diede il via ad un a feroce campagna di repressione contro il movimento dei neri che coinvolse, fra gli altri, anche la militante comunista Angela Davis.
Nel 1972 vennero pubblicati i testi politici di Jackson che era riuscito a far uscire dal carcere appena una settimana prima della sua morte. La raccolta, dal titolo Blood in my Eye, comprendeva una sere di saggi scritti dopo la morte del fratello minore Jonathan, ucciso dalla polizia mentre cercava di allontanarsi dal tribunale di San Rafael insieme a tre prigionieri liberati poco prima.
"Sono stato in rivolta per tutta la vita" scrisse George Jackson in una sua lettera. La prima rivolta fu il crimine. George Jackson fu arrestato per la prima volta a 14 anni per il furto di una borsetta, Da qui fu un susseguirsi costante di arresti, riformatori e rilasci provvisori. A 18 anni fu arrestato per il furto di 70 dollari da un distributore di benzina; ebbe una condanna a tempo indeterminato: da 1 anno a vita.
Proprio in carcere iniziò la sua maturazione politica:
"...scoprii Marx, Lenin, Trockij, Engels e Mao, e ne fui redento. Durante i primi quattro anni non studiai altro che economia e discipline militari. Conobbi i guerriglieri neri, George "Big Jake" Lewis, e James Carr, W.L. Nolen, Bill Christmas, Terry Gibson e molti, molti altri. Tentammo di trasformare la mentalità del criminale nero nella mentalità del rivoluzionario nero."
Il governo cominciò contro Jackson e gli altri detenuti politicizzati una feroce campagna terroristica fatta di celle di isolamenti, pestaggi, rifiuto di ogni libertà provvisoria. Si cercava inoltre di spingere gli altri detenuti ad ammazzarli; fra i detenuti bianchi girava la voce: «Stangate Jackson, e otterrete qualche ricompensa».
Il 13 gennaio 1970 nel braccio di sorveglianza speciale della prigione di Soledad venne aperto un nuovo cortile per la passeggiata dove furono inviati 6 neri e 8 bianchi. Senza nessun preavviso un secondino aprì il fuoco dalla torre di guardia: tre detenuti neri, tra gli uomini più vicini a Jackson furono uccisi e un bianco rimase ferito.
I neri sopravvissuti dichiararono che uno di loro, ferito, fu lasciato morire dissanguato sul lastricato di cemento. Tre giorni dopo la commissione di inchiesta della contea di Monterey dichiarò che le uccisioni erano giustificate. Meno di un'ora dopo dall'annuncio di questa decisione una guardia fu trovata uccisa. Tutti i detenuti del braccio in cui erano avvenute le uccisioni furono messi in isolamento. Il 28 febbraio Fleeta Drumgo, John Clutchette e George Jackson vennero formalmente accusati del delitto per cui rischiavano la pena di morte.
Il 7 agosto 1970 nel tentativo di far evadere tre detenuti, morì il fratello diciassettenne di Jackson insieme ad altri tre militanti delle Pantere Nere ed al giudice che era stato preso in ostaggio.
Dopo la morte del fratello, Jackson scrisse in una lettera:
Non ho versato una lacrima, sono troppo fiero per farlo. Un bellissimo, bellissimo uomo-bambino con un fucile automatico in mano. Lui sapeva come essere con il popolo. Ho amato Jonathan, ma la sua morte ha solo rafforzato la mia volontà di lottare. Per essere fiero mi basta sapere che era carne della mia carne e sangue del mio sangue.
Gerorge Jackson fu trasferito nel carcere di San Quentin e tenuto in isolamento per lungo tempo.
Terminò di scrivere il libro nell'agosto del 1971. Poco dopo organizzò con gli altri detenuti una rivolta. I cecchini lo colpirono alle spalle, il suo corpo fu rimosso dal cortile della prigione solo verso sera.
"Per lo schiavo, la rivoluzione è un imperativo, è un atto cosciente di disperazione, dettato dall'amore"

sabato 20 agosto 2016

CHE CI FA MATTARELLA A RIMINI?


Fa specie vedere che il meeting romagnolo di Cielle sia sempre un 'incontro focale per la politica italiana dopo tutto quello che è emerso da inchieste,indagini giornalistiche e per conoscenze personali di vita vissuta,e che lo scorso anno grazie all'intervento che ha lasciato tutti a bocca aperta del deputato M5s Fantinanti è stato detto proprio nella tana del lupo(Cielle,siete lobby di denaro e potere,vedi madn rimini-e-il-segreto-di-pulcinella ).
Breve commento a quello altrettanto succinto ma carico di significato di Contropiano(mattarella-comunione-liberazione )che si chiede perché il Presidente della Repubblica Mattarella,a differenza di altri incontri altrettanto degni di presenza(se non di più)di organizzazioni,partiti,associazioni e sindacati,sia stato presente ad inaugurare il meeting dei vari ladri e criminali Formigoni,Lupi,l'ahinoi cremasco Inzoli.
Uno scandalo nell'ottica di una setta integralista cattolica che alla faccia della religione sguazza in affari,capitali e immobili,scuole,ospedali e cliniche perché se c'è un campo dove lucrare alla luce del sole quello è proprio quello dei servizi,della sanità e dell'istruzione.
Vedi anche madn chi-paga-il-meeting-di-cielle .

Mattarella a Comunione e Liberazione,uno scandalo da regime.

di Giorgio Cremaschi.
Sergio Mattarella ha fatto il discorso di apertura al meeting di Comunione e Liberazione. Non varrebbe la pena di spendere parole per le banalità delle sue parole, che campeggiano sui titoli dei mass media. Il fatto scandaloso su cui si dovrebbe discutere è che il Presidente della Repubblica sia andato lì. CL è un'impresa di affari e una organizzazione sempre politicamente schierata. Non è la Croce Rossa ne qualsiasi altra organizzazione almeno formalmente neutrale. CL è organizzazione dell'integralismo cattolico e nello stesso tempo una gigantesca holding di affari sul terreno dei bisogni sociali. Formigoni, Lupi, Buttiglione sono i suoi parlamentari più conosciuti, ma CL è andata oltre loro, prima sostenendo gli anni ruggenti dei governi Berlusconi, poi facendo lo stesso con Renzi. 
Il presidente Mattarella non avrebbe dovuto andare all'assemblea di Rimini, avrebbe dovuto mandare un messaggio come normalmente fa con i congressi dei partiti, di sindacati, delle organizzazioni sociali, ambientali, del volontariato . Non mi risulta che Mattarella abbia partecipato al recente congresso dell'Anpi, ne tantomeno ad una assemblea di Emergency o dell'Arci. Non sono queste organizzazioni meritorie di una sua prolusione? O davvero il presidente vuol farci credere che CL sia una istituzione della Repubblica, come il CSM o la Corte dei Conti? 
Non c'è nulla che giustifichi l'atto del presidente se non una precisa scelta di campo e di parte che segna un altro degrado del nostro stato costituzionale. Tanto più grave perché non suscita alcuno scandalo in gran parte del sistema politico e dell'informazione.
Non c'è bisogno che Mattarella non dichiari formalmente quale sarà il suo voto al referendum sulla controriforma della Costituzione. I suoi comportamenti concreti dicono a tutti da quale parte egli stia. Da quella di Renzi e di CL che lo sostiene.

venerdì 19 agosto 2016

ALEPPO,L'ASSE TURCO-IRANIANO E LA RUSSIA


La spettacolarizzazione del conflitto siriano ha avuto almeno una conseguenza positiva che è quella di parlarne sempre più ampiamente e la storia tragica di Aleppo,posta da mesi sotto assedio totale con la popolazione allo strenuo delle forze,grazie anche a fotografi e giornalisti fa prendere coscienza.
Soprattutto riguardo al fatto che ora la bestia Assad non è più dipinta come il tiranno sanguinario che ha posto la Siria in questa condizione,semmai è lui il "buono" in questa vicenda,ed i racconti tremendi dalle città bombardate,prima Kobane(madn ankara-ed-i-curdi-buoni-e-cattivi )e ora Aleppo,fanno breccia nella massa di popolazione plagiata dai mass media.
A lato di questo assedio raccontato dall'articolo preso da Contropiano(internazionale aleppo )si parla della possibile tregua già nei prossimi giorni per creare uno o più passaggi per gli aiuti umanitari,andando oltre paventando uno scenario inimmaginabile fino a poche settimane fa con un asse turco-iraniano(Erdogan volò proprio a Teheran durante il "golpe")con la Russia che insiste l'azione repressiva contro l'Isis facendo partire i bombarideri sia dalla madre patria che proprio dall'Iran.

Aleppo,la Russia dice sì alla tregua.Gli Altri?Erdogan vola in Iran.

di Alessandro Avvisato.
Il ministero della Difesa russo si è detto pronto a sostenere già dai prossimi giorni la richiesta dell'inviato Onu per la Siria Staffan De Mistura di 48 ore di tregua umanitaria ad Aleppo. Ad affermarlo è il generale Igor Konashenkov, portavoce delle forze armate russe impegnate in Siria.. L'ipotesi è che durante la tregua gli aiuti umanitari seguano due percorsi: uno dalla città turca di Gaziantep, l'altro attraverso la via Est di Aleppo, ha aggiunto Konashenkov. La tregua di 48 ore potrebbe entrare in vigore già dalla prossima settimana. L'Unione Europea, tramite l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza Mogherinni, pretende "l'immediata interruzione" dei combattimenti, in modo che possano essere svolte le necessarie operazioni umanitarie. Non è dato sapere però se questa richiesta sia stata avanzata non solo alla Russia ma anche anche alle milizie dell'Isis e al Nusra che combattono ad Aleppo. Come è noto nella guerra sono almeno due i soggetti in campo che devono concordare e rispettare la tregua.
Intanto anche oggi  i bombardieri russi e i caccia Sukhoi Su-34, sono partiti per azioni di combattimento in Siria non solo da basi aeree situate nel territorio della Russia ma anche dall'Iran: Gli aerei russi hanno condotto raid di bombardamento contro obiettivi dell'Isis nella provincia di Deir el Zor.  Secondo fonti militari russe e siriane nei bombardamenti sono stati distrutti cinque depositi di armi, munizioni e carburante delle milizie islamiste. Colpiti e annientati anche sei posti di comando, distrutte postazioni di artiglieria, blindati e nuclei di supporto tecnologico. I bombardamenti hanno provocato la morte di un numero imprecisato di guerriglieri. L'azione russa è stata coordinata con la copertura fornita ai cacciabombardieri dagli Su-30 e dagli Su-35 partiti dalla base siriana di Hmeymim.
Sul fronte diplomatico e geopolitico, va segnalato il fatto rilevante del presidente turco  Recep Tayyip Erdogan che si appresta a fare un viaggio di alto profilo a Teheran la prossima settimana.  Una mossa valutata dai media arabi come il lancio ufficiale di una nuova ed inedita coalizione tra Turchia-Iran-Russia sulla Siria.
Recentemente c’era stata la visita del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad  Zarif in Turchia. "Erdogan era venuto in Iran la notte del colpo di stato e poi era tornato in Turchia dopo il suo fallimento, la visita del presidente turco a Teheran è estremamente importante per stabilire nuove relazioni tra Teheran e Ankara,"  commenta il quotidiano in lingua araba al-Hayat. Il giornale cita alcune fonti secondo cui l’ incontro trilaterale, tra funzionari iraniani, turchi e russidiscuterà  sui modi per terminare la guerra la Siria, aggiungendo che una parte del viaggio di Erdogan a Teheran sarà focalizzata proprio su questo tema .

giovedì 18 agosto 2016

ULTERIORI RESTRIZIONI PER NICOLETTA DOSIO

Sia dopo l'elezione a sindaco di Torino della candidata cinque stelle Appendino che dopo la fine del Festival dell'alta velocità di Venaus ecco che prosegue la rappresaglia,le minacce e le intimidazioni sotto forma di restrizioni alla libertà personale sempre più gravi volute dai giudici che si occupano della mortificazione di un'intera valle.
Ecco che ad inizio mese l'attivista tra le più famose dei No Tav,Nicoletta Dosio,già candidata per le elezioni europee del maggio 2014 per L'altra Europa con Tsipras ha visto la sua condizione di perseguitata peggiorare dall'obbligo di firma mai ottemperato all'obbligo di dimora dalle 18 alle 8 del mattino,cosa che non ha intenzione comunque di accettare.
Perché la sua disobbedienza arriva da un percorso di vita,di lotta e di resistenza che vede nel non adempiere a rispettare dei provvedimenti ingiusti di leggi sbagliate l'unico modo di esprimere la propria idea e la voglia di libertà.
Sostegno massimo a Nicoletta incontrata a Ombriano(Crema)all'Arci proprio un paio di anni fa raccontando la sua esperienza di militante No Tav e che ora è a rischio di arresto visto che ha deciso di proseguire con la propria linea su questa ingiustizia e continuerà a disobbedire alle ordinanze restrittive che le sono state notificate in una piena coerenza di ideali e di lotta.
Articolo di Senza Soste:www.senzasoste.it/istituzioni-totali .


Ulteriore ordinanza restrittiva ordinata dalla magistratura torinese nei confronti di Nicoletta Dosio, storica attivista e portavoce del Movimento No Tav, che nelle scorse settimane, insieme ad altri esponenti del movimento che si batte contro la devastazione della Val Susa, aveva deciso di non rispettare l’obbligo di firma impostole. La nuova restrizione dettata prevede l’obbligo di dimora dalle 18 alle 8 del mattino presso la sua abitazione di Bussoleno. 
Nicoletta Dosio ha commentato l’ulteriore giro di vite ai microfoni di Radio Onda D’Urto: “Sono venuti prima delle sette a consegnarmi la decisione del tribunale di Torino ma me l’aspettavo perché non avendo ottemperando mai all’obbligo di firma è chiaro che si sarebbe arrivati prima o poi ad un aggravamento delle condizioni restrittive. Hanno aspettato la fine del “Festival dell’alta felicità” pensando così di far seguire i dolori alla gioia però per me non cambia niente perché ho deciso di non rispettare le nuove misure, l’obbligo di dimora nel comune di Bussoleno con l’ingiunzione di non allontanarsi dall’abitazione di residenza dalle ore 18 alle ore 8 del giorno successivo. Avevo già dichiarato e lo ribadisco che non accetterò alcuna limitazione perché rivendico il diritto alla resistenza e alla lotta che non è solo una diritto ma diventa un dovere quando le leggi sono ingiuste. Sono all’interno di un movimento dignitoso e coraggioso e devo essere degna di questa nostra lotta. Facciano un po’ loro, se aggraveranno ancora le misure restrittive vedremo. Finché avrò gambe per camminare cercherò di fare come sempre la mia vita e di muovermi in questo mondo in cui bisogna pur prendere delle decisioni”.
A Contropiano Nicoletta Dosio ha detto invece: “Non sprecherò certo il tempo che mi resta, mi prendo intero il diritto a resistere e anche ad esistere”.
Di seguito invece l’intervento di solidarietà di Giorgio Cremaschi
*** *** ***

Il giudice di Torino ha emesso contro Nicoletta Dosio, da sempre una delle anime del movimento e del popolo NoTav, un pesante provvedimento di restrizione della libertà personale. A Nicoletta è stato notificato l’obbligo di soggiorno a Bussoleno con il divieto di lasciare il territorio del comune e dalle 18 alle 8 del mattino il domicilio coatto nella propria abitazione. Un provvedimento gravissimo, una rappresaglia per la coraggiosa decisione di Nicoletta di non accettare l’obbligo di firma quotidiana, cui era stata precedentemente sottoposta da un altro scandaloso atto repressivo. Il soggiorno obbligato è un provvedimento che viene dal fascismo e che spesso è stato utilizzato nel passato contro la criminalità mafiosa. Che oggi sia rivolto contro una limpida figura di militante per la democrazia, quale è Nicoletta, la dice lunga sulla portata autoritaria e liberticida che ha assunto la repressione contro il movimento NoTav.
Nicoletta, scrive il giudice, è una “personalità negativa” e la sua vita libera e piena di insegnamenti e solidarietà per tanti va posta sotto sequestro.
Ma negativo, per tutto ciò che c’è di civile e democratico, è solo l’orientamento poliziesco con cui il governo e la magistratura torinese difendono un’opera inutile e devastante e con essa l’occupazione militare di una valle e della sua comunità, che non vuole sottostare allo scempio del territorio e dei soldi pubblici.
Sono dei burocrati repressori, ma sono anche dei furbastri vili, perché per colpire Nicoletta hanno aspettato che si concludesse il Festival dell’Alta Felicità di Venaus , dove con migliaia di giovani molti esponenti della cultura e dello spettacolo avevano espresso il loro sostegno alla lotta del popolo della Valle Susa. Spenti i riflettori, i burocrati repressori hanno dato il via al nuovo giro di vite e alla nuova vendetta contro la libertà di chi lotta.
So che Nicoletta non ne ha bisogno, sia per la sua forza e dirittura morale, superiore in misura imparagonabile a quella di chi la giudica persona negativa. Sia per la stima e l’affetto che la circondano nel popolo NoTav e ovunque si lotti per i diritti e la democrazia. Ma voglio comunque esprimere alla compagna della cui amicizia mi onoro tutta la mia solidarietà e condivisione.
Forza Nicoletta sono, siamo, con te. Ora e sempre No Tav!
Giorgio Cremaschi

mercoledì 17 agosto 2016

SI VUOLE CAMBIARE LA NORMATIVA PER LA SICUREZZA SUL LAVORO

Le norme in materia di sicurezza sul lavoro,da quando ho cominciato la mia carriera in questo mondo le due leggi fondamentali sono state la 626/1994 e la 81/2008,sono sempre state criticate e nel caso di un apporto positivo sull'aumento di criteri per aver un luogo di lavoro sicuro e sanzioni per chi non osserva tali disposizioni,in caso di infortuni è sempre e solo il lavoratore a pagare.
Con la vita,con la malattia professionale,con infortuni che possono essere risolti o che possono lasciare danni permanenti,e invece chi non rispetta le normative senza fornire strumenti di protezione individuale o non formando i lavoratori stessi sui rischi che si possono correre,hanno una tirata d'orecchie e mal che vada una sanzione,mentre i casi limite come quello Thyssen sono davvero una rarità(per fortuna,vedi:madn quasi-colpo-di-scena ).
L'articolo preso da Senza Soste(senzasoste sicurezza-sul-lavoro-troppe-regole )parla delle sirene sulle modifiche sulle normative della legge 81/2008 per deresponsabilizzare imprenditori e padroni in quanto la sicurezza sul lavoro comporta costi maggiori per le aziende e loro si lamentano ed il governo risponde inchinandosi.
La relazione dell'ex ministro del lavoro Sacconi tende proprio a questo scenario prevedendo appunto maggiore responsabilizzazione del lavoratore e meno compiti per il datore di lavoro che soprattutto in campo penale rischierà ancor meno,eliminando la valutazione dei rischi sostituendola con una certificazione di un professionista che ovviamente sarà positiva e provante la buona condotta dei padroni.
Si parla pure dell'aumento degli infortuni e delle morti ponendo attenzione al fatto che quelli registrati sono quelli dei lavoratori dipendenti e non delle partite Iva e dei liberi professionisti,fermo restando che pure i lavoratori in nero non sono contemplati nei calcoli Inail e che sono una buona fetta degli infortuni più gravi e nelle morti bianche in quanto i due settori più a rischio,agricoltura ed edilizia,sono contenitori importanti per questi lavoratori invisibili.


Presentata in commissione la riforma del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Crescono infortuni e morti bianche, l'attività ispettiva è carente, ma per Maurizio Sacconi bisogna "semplificare" la normativa e deresponsabilizzare il datore di lavoro.
Le morti e gli infortuni sul lavoro sono di nuovo in crescita, così come le malattie professionali. È scritto sul rapporto 2015 dell'Inail: più di 600.000 denunce di infortuni, più di 1200 quelle di morte (694 quelle accertate). Si tratta però di stime al ribasso, visto che non tengono conto né di lavoratori indipendenti (partite Iva, liberi professionisti...) né di lavoratori in nero che, va da sé, non sono assicurati Inail (e quindi non risultano nei loro conti) e sono particolarmente presenti nei due settori a più alto rischio di incidente e con la quota più alta di vittime mortali: agricoltura ed edilizia. Un conteggio più veritiero lo fornisce l'Osservatorio Indipendente di Bologna, che si basa sulle notizie di incidenti mortali pubblicate sui giornali: l'anno scorso sono stati almeno 678 quelli sul luogo di lavoro (quest'anno sono già 405). Tenendo conto anche dei morti in itinere (vittime di incidenti mentre vanno o tornano dal lavoro), che per l'Inail sono il 55% del totale, si arriva ben oltre i 1200.
Cifre che hanno ricominciato a salire negli ultimi anni, nonostante l'effetto "positivo" della crisi e dell'aumento della disoccupazione. Calerebbero certamente se fosse pienamente applicato il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro entrato in vigore nel 2008 (la legge 81/2008), un testo che ora il governo vuole riformare, o piuttosto, abbattere.
Le intenzioni sono chiarite subito nell'introduzione al testo, presentato dai suoi relatori Sacconi e Fuksia (ex M5S, ora anch'ella parte della maggioranza) alla commissione del Senato: la legge 81/2008 è caratterizzata da "un'eccessiva complessità, legislativa e di attuazione" ben "esemplificata dal numero degli articoli". Non solo, la legislazione sulla sicurezza sarebbe stata disegnata sul modello di funzionamento della grande fabbrica, mentre oggi "la diffusione delle nuove tecnologie digitali" trasforma il modo di produrre "nel senso di una maggiore autonomia e responsabilità del prestatore d'opera". È la solita vecchia retorica che ha accompagnato le riforme del lavoro degli ultimi trent'anni: il mondo del lavoro non è più quello rigido della catena di montaggio, ai lavoratori è richiesta autonomia di decisione, intraprendenza, disponibilità al cambiamento. Un'affresco smentito dai fatti, come abbiamo cercato di riportare due anni fa nel nostro primo libro, e come testimoniato quotidianamente dalle storie riportate su questo sito che parlano di addetti alla pulizie, facchini, braccianti agricoli, operatori di cooperative sociali, operai metalmeccanici, insomma milioni di lavoratori per i quali la tecnologia (quando c'è) non ha certo rappresentato maggiore indipendenza dal datore di lavoro, semmai un'intensificazione dei ritmi, della pressione psicologica, delle prestazioni richieste, e quindi: un aumento dei rischi e delle malattie professionali (quasi 60.000 quelle denunciate nel 2015, la maggioranza per malattie osteoarticolari e muscolo scheletriche). 
Il discorso dei relatori è fin troppo semplice: se un imprenditore ha dato ordine di predisporre tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione necessari, ed avviene un incidente, non ha nessuna responsabilità. La colpa è di eventuali preposti alla sicurezza o dell'operaio stesso. Ma un operaio pressato dai propri superiori, al quale vengono fatte svolgere mansioni che non gli competono (e quindi, per cui non ha avuto la formazione necessaria), a cui viene detto di non tener conto di normative considerate esagerate perché il tempo è denaro, è veramente responsabile delle sue azioni? Un operaio a cui viene detto "questa è la minestra, se non la vuoi dietro di te c'è la fila" è veramente responsabile di quanto gli accade? Finora no, la responsabilità era comunque del datore di lavoro, dev'essere sua cura - o di suoi agenti - approntare i sistemi di prevenzione, fornire i dispositivi di protezione, vigilare che vengano utilizzati, garantire la formazione in corsi certificati. Norme in tanti casi eluse, anche per la carenza dell'attività ispettiva: nel 2015 sono state solo 21.000 le aziende controllate dall'Inail, di queste l'87% registrava irregolarità, 61.000 i lavoratori non in regola, più di 6.500 i lavoratori totalmente in nero. Ma per i relatori il problema non è questo, ma ridurre le sanzioni per i padroni, e lo dicono chiaramente: oggi la sicurezza è "un accessorio burocratico detestato perché subito dal timore di sanzioni sproporzionate".
Detestato anche perché negli allegati al testo le misure di sicurezza da prendere sono prescritte nei particolari, caso per caso. Una volta abrogati questi allegati, la prescrizione spetterà allo stesso "professionista" incaricato della certificazione: la valutazione di come eliminare i rischi non spetterà più al legislatore ma ad un privato pagato dall'impresa. Nel processo di "disboscamento" del testo unico (si passa da 306 articoli e 51 allegati a 22 articoli e 5 allegati), i cambiamenti principali sono:
- eliminazione della valutazione dei rischi e della definizione delle misure di prevenzione e protezione e sostituzione con una “certificazione” redatta da un professionista (tecnico della prevenzione e/o medico del lavoro) pagato dal datore di lavoro.
- deresponsabilizzazione del datore di lavoro in relazione a infortuni e a malattie professionali, se avrà dimostrato, tramite la “certificazione”, di avere adempiuto agli obblighi di legge.
- sostanziale eliminazione dell’obbligo di vigilanza a capo del datore di lavoro e trasferimento della responsabilità a dirigenti, preposti e lavoratori stessi.
- sgravi fiscali per le aziende “virtuose”, sempre sulla base della semplice “certificazione” del professionista.
- riduzione delle sanzioni, con l'introduzione, in caso di violazioni, di "disposizioni esecutive". Le sanzioni ci saranno solo in caso di mancato rispetto di queste ultime.
Inoltre, come si legge dal commento alla proposta di legge scritto da Medicina Democratica, il nuovo testo è occasione per abbassare ulteriormente le tutele di lavoratori "formalmente" autonomi e saltuari: si arriva infatti a tutelare la “persona impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”, un concetto totalmente differente da quello esistente in cui la tutela è “universale” qualunque sia la forma e la durata della prestazione lavorativa ed è legata principalmente ad un qualunque rapporto di subordinazione con un “datore di lavoro”.
Purtroppo le motivazioni di quest'ennesimo attacco alla condizione di chi lavora sono evidenti: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da abbattere per le aziende, specialmente se le conseguenze si vedono a distanza di anni. Come spiega un tecnico della sicurezza in questo approfondimento su salute e sicurezza sul lavoro di Corrispondenze Operaie: "tutti gli obblighi a tutela dei lavoratori sono visti dall'azienda come un costo. Perché fare formazione ai lavoratori ha un costo, aggiornare le macchine secondo le nuove normative ha un costo" e sono spese che le aziende vogliono tagliare, perché non comportano un profitto. Questa riforma è appena stata presentata, parliamone con i colleghi sul posto di lavoro, organizziamoci per non farla passare e per esigere che le norme sulla sicurezza vigenti vengano rispettate, facciamo pressione sui sindacati perché non accettino compromessi al ribasso. Non accettiamo sconti sulla nostra salute!