venerdì 31 luglio 2015

SARA' OTTOBRE CALDO IN EUSKAL HERRIA

Ottobre sarà in Euskal Herria un mese particolarmente caldo,più degli altri e più di adesso,perché comincerà il processo dell'Audencia Nacional di Madrid contro i membri di Askapena,l'associazione internazionalista basca caduta nel mirino e in maniera pesante da parte del tribunale speciale dell'inquisizione spagnola contro la libertà dei Paesi Baschi.(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/03/askapena-aurrera.html ).
I cinque compagni incarcerati,David,Aritz,Walter,Gabi,Unai hanno dalla loro tutta una comunità che si è coesa in un movimento popolare che processerà a sua volta lo Stato spagnolo,cercando di diffondere a più persone ed associazioni possibili la storia che continua a protrarsi e che vede il popolo basco ancor più sottomesso e ingabbiato,perseguitato ma mai domo.
Con l'aiuto non solo degli abitanti di Euskal Herria ma anche dei simpatizzanti che abitano in tutta Europa ed in tutto il mondo si darà voce alle pratiche vergognose e repressive,che utilizzano tuttora la tortura come metodo per estorcere presunte informazioni e confessioni,della Spagna che continua il suo lavoro imperialista a casa propria oltre che nel Sud America e nel Sahara.
L'articolo è preso da Infoaut.
 
Sul processo contro i 5 internazionalisti baschi di Askapena.
 
In Euskal Herria, lo scorso 4 luglio, si è realizzata una conferenza stampa per diffondere il movimento popolare che inizierà a partire da settembre per denunciare il processo politico che colpisce i 5 compagni internazionalisti baschi: David, Aritz, Walter, Gabi, Unai e contro i collettivi Akapena, Askapeña e Elkartruke.
é così che, per rispondere direttamente e con forza a questo nuovo processo politico che inizierà il 19 ottobre presso l'Audencia Nacional Española, centinaia di attivisti dell'ambito dell'internazionalismo, della difesa dei diritti civili e politici e persone provenienti dai settori più compromessi con la lotta dell' Euskal Herria hanno presentato la piattaforma "HERRIAK LIBRE" (pueblos libres).
Questo movimento non solo non riconosce alcuna legittimità allo stato spagnolo di processare i compagni e le organizzazioni internazionaliste ma vuole inoltre portare avanti veri e propri processi popolari in tutta Euskal Herria. Sarà lo stesso popolo basco a processare lo stato spagnolo contro le sue pratiche imperialiste passate e presenti. Una pratica imperialista caratterizzata da un intervento coloniale e postcoloniale in Latinoamerica, nel Sahara, dalla sua presenza nella NATO e per la oppressione sistematica che esercita sia in Euskal Herria che nel resto dei popoli che ha sotto la sua giurisdizione.
Dalla piattaforma di Herriak Libre sono stati chiamati a rispondere e a partecipare i settori più popolari dei differenti popoli in lotta, solidali con Euskal Herria, per sommarsi a questa iniziative mettere anche noi lo stato spagnolo nel banco degli imputati.
Come comitati di solidarietà con il popolo basco, sollecitiamo le organizzazioni e i collettivi di nostri paesi a partecipare. In questo senso, con la stessa determinazione che ci porta da tanti anni a dimostrare la nostra solidarietà con la lotta del popolo basco, ci impegnamo a realizzare processi popolari contro lo stato spagnolo al quale accusiamo di negare sistematicamente i diritti collettivi e individuali in Euskal Herria.

Perché la solidarietà è la linfa dei popoli, processiamo lo stato spagnolo imperialista.

EHL - Amici e amiche di Euskal Herria

giovedì 30 luglio 2015

ROMA AL COLLASSO

Ormai la città di Roma sta vivendo uno scandalo quotidiano dietro l'altro che infanga sempre più la capitale italiana che tra scioperi,proteste,mafia,incendi e ribaltoni politici sta dando il peggio di sé con i protagonisti che governano la città che non sanno più che scusa campare.
Ovvio che l'eredità Alemanno è ancora pesante da digerire e prendo proprio spunto dall'ex podestà(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/08/comune-di-roma-o-regina-coeli.html )per parlare della protesta avvenuta davanti al Campidoglio da parte dei lavoratori Atac.
Partendo dal presupposto che l'azienda del trasporto pubblico romano era diventata rifugio di amici e parenti di Alemagno,una società piena di fascisti,terroristi e suoi familiari,la scelta di questi lavoratori di dire no alle privatizzazioni paventate dal sindaco attuale Marino e dal neo assessore Esposito,l'ennesimo elevato di grado viste le sue posizioni contro i No Tav,è legittima e attuale.
L'articolo preso da Infoaut parla della cattiva gestione del comune di un bene per i cittadini che in altre città fornisce utili e non debiti milionari per colpa degli amministratori del bene pubblico,ed i lavoratori Atac hanno ribadito questo concetto assieme al fatto che sono stati scaricate verso loro le cause dei problemi che attanagliano la città riguardo ai trasporti.

Roma: presidio al Campidoglio dei lavoratori Atac contro la privatizzazione.

Gli autisti dell’Atac, la società di trasporto pubblico locale di ,stanno protestato sotto il Campidoglio. Un ‘assedio sonoro’ a Palazzo Senatorio con fischietti e cori. Tutti in piazza per dire no alla , progetto annunciato dal sindaco di Ignazio Marino per evitare il fallimento della municipalizzata che si occupa di trasporti. Tra gli striscioni portati in piazza ‘ ‘Per nascondere la verità c’hai messo contro l’intera città’, ‘False promesse e videomessaggi, son stati questi i veri disagi’. “Ieri il neo assessore Esposito ha detto che si prenderà tre mesi di tempo – spiegano i lavoratori – ma tre mesi non ci sono. Lui e ‘pinocchio’ Marino vogliono dare Atac in pasto ai privati d: il trasporto è un servizio pubblico e ha bisogno di rimanere tale. Il nostro obiettivo è che il servizio rimanga pubblico. Il presidio al Campifdoglio proseguirà anche nel pomeriggio.

mercoledì 29 luglio 2015

AZZOLLINI SALVATO DALLA GALERA

Il Patto del Nazareno non è ancora morto e sepolto,talvolta come nel caso del non procedere all'arresto di un personaggio di merda come il rappresentante Ncd Antonio Azzollini che se l'è cavata col voto dello schieramento Pd,Ncd,Forza Italia e dei verdiniani(non si sa ancora il nome ma dove andranno a parare lo si sa eccome),riemerge a fare vergognare parte dell'Italia che ancora si sdegna di essere rappresentata da tali individui.
L'articolo di Contropiano(http://contropiano.org/politica/item/32106-il-senato-salva-azzollini-pd-e-forza-italia-compatti )parla dell'avvenimento:ricordo tra l'altro che questo criminale rivolgendosi alle suore dell'ospedale vaticano disse la frase"da oggi in poi comando io,se no vi piscio in bocca"poiché praticamente dal 2001 a parte due anni è stato il presidente della commissione bilancio in Senato.

Il Senato salva Azzollini,Pd e Forza Italia compatti...

Ricordate quelli che solo due anni fa ancora vi intimidivano con l'indice alzato ("vota Pd, sennò vince Berlusconi")? Ricordate i girotondi?
Beh, il risultato è questo: il Senato ha votato a stragrande maggioranza il "no" all'arresto di Antonio Azzollini, ex presidente della Commissione bilancio di Palazzo Madama. Arresti domiciliari, peraltro, nenahce in carcere, richiesti dalla Procyra di Trani per  la vicenda della casa di cura Divina Provvidenza.
Dopo una valutazione molto più "terrena", la Commissione per le immunità aveva autorevolmente espresso il suo parere: sì all'arresto.
Ma - dopo aver opportunamente chiesto il voto segreto - la maggioranza assoluta (due terzi, non si mettono insieme nenanche per le riforme costituzionali...) formata da Pd, alfaniani, berlusconiani e verdiniani ha stabilito che "basta, i magistrati la devono finire di mandarci in galera". Sono unti dal signore, mica ladruncoli di perfieria (per quelli "la pena di morte, ci vuole").
189 no, 96 sì e 17 astenuti, tutela ti dal segreto. Ufficiamente a favore dell'arresto si nono espressi soltanto il Movimento 5 Stelle (36 senatori) e Sel (7).
Solo dei complici abituati a trarsi d'impiccio col puro potere possono fare una cosa del genere. E applaudire il risultato dell'oscena votazione...

martedì 28 luglio 2015

AMERIKKKA Vs BLACK PANTHERS


La notizia è un po' datata,considerato anche il fatto che la scintilla era scoccata ancora quando nello scorso mese di giugno c'era stata la provocazione dell'esposizione della bandiera dei confederati sudisti dalla Statehouse di Columbia e il massacro a Charleston(entrambe nel South Carolina)di nove persone di colore in una chiesa da parte di un neonazista,ma ricordare fa sempre bene.
Nello stesso periodo ero negli Usa e le notizie avevano destato molto scalpore nei telegiornali,e anche quando la bandiera sudista simbolo anche della segregazione razziale e dell'intolleranza verso gli afroamericani è stata rimossa,il Ku Klux Klan ha avuto la"brillante"idea di manifestare proprio davanti alla Statehouse di Columbia.
Naturalmente scortati dalla polizia hanno però trovato contro un folto gruppo di neri ma non solo che li hanno fatti desistere con le buon e con le cattive dal loro intento razzista strappando loro le bandiere naziste e confederate e dandogli qualche calcio in culo il che non guasta.
Risultato del pomeriggio una ventina di feriti e cinque arresti con quelli del white pride con la coda tra le gambe che si sono ritirati,presenti pure alcuni"veterani"del vecchio Kkk,fronteggiati dalle nuove leve del New black panters party affiancati dalla vecchia guardia.
Articolo preso da Infoaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/14889-lattentato-di-charleston-e-il-razzismo-sistemico-nella-societ%C3%A0-usa )dove ci sono foto e video.

USA: le Black Panther attaccano corteo del Ku Klux Klan. 20 feriti e 5 arresti.

Nel pomeriggio di ieri circa 50 membri dei “Loyal White Knights” del Ku Klux Klan hanno preso parte a una manifestazione nella città di Columbia, nel South Carolina, per protestare contro la recente rimozione della bandiera confederata degli stati sudisti dalla Statehouse (il parlamento locale). La decisione era stata presa nelle ultime settimane in seguito ad un acceso dibattito sulla simbologia razziale della bandiera secessionista, considerata un'icona della segregazione razziale e dell'intolleranza nei confronti degli afroamericani.
In seguito all'attentato contro la chiesa di Charleston per mano di un neonazista suprematista bianco una vasta campagna di sensibilizzazione antirazzista lanciata dal movimento Black Lives Matter aveva convinto i governatori di molti stati del Sud a rimuovere la bandiera incriminata; in tutta risposta sono cresciuti esponenzialmente gli attacchi incendiari contro le chiese della comunità black e le provocazioni delle più svariate sigle razziste, fino ad arrivare alla manifestazione di ieri pomeriggio.
I militanti del Ku Klux Klan si sono infatti dati appuntamento proprio davanti alla Statehouse di Columbia, sventolando le bandiere confederate insieme a quelle naziste e gridando insulti razzisti contro alcuni membri del New Black Panthers Party che si erano recati precedentemente sul posto per impedire la pantomima razzista. Decine di agenti in assetto antisommossa hanno però cercato subito di impedire il contatto tra i due gruppi, relegando la contromanifestazione - indetta dalle organizzazioni “Black Lawyers for Justice” e “Black Educators for Justice” - oltre le transenne che circondavano la piazza. Il presidio, accompagnato dagli slogan e dalle bandiere del “Black Power”, è rapidamente cresciuto superando in breve tempo le 2000 persone.
Non appena il KKK ha tentato di muoversi in corteo – ovviamente scortato dalla polizia in forze – decine di Black Panther sono quindi entrati in azione scatenando un vera e propria “caccia al suprematista”; il bilancio è di diverse bandiere confederate rubate e date alla fiamme, ma soprattutto di numerosi neonazisti dolenti e sanguinanti per i colpi ricevuti (come ben dimostrano questi video 1 e 2). Dopo circa un'ora di scontri, che hanno portato al ferimento di 20 persone e all'arresto di 5, è tornata la calma con i pochi superstiti del Klan costretti ad allontanarsi dalla piazza riconquistata dalle Black Panthers, dove diversi interventi hanno ribadito la necessità di opporsi con ogni mezzo necessario alle provocazioni di suprematisti e razzisti.

lunedì 27 luglio 2015

MACELLERIA SOCIALE

L'articolo preso da Senza Soste parla di uno stratagemma che alla fine sono solo parole e una promessa molto difficilmente digeribile da parte degli italiani,che Renzi e il suo governo vogliono attuare sulla pelle dei cittadini in cambio di un taglio delle tasse,si parla di togliere l'Imu sulle prime case,e che toccherà la sanità.
Infatti sono previsti dieci miliardi di Euro di taglia alla spesa pubblica sulla sanità,che assieme alle pensioni ed all'istruzione sono i settori preferiti per fare sforbiciate nette favorendo e incentivando sempre più il settore privato in tutti questi distinti capitoli della spesa pubblica italiana.
Si minacciano nuovamente i medici di base dicendo che potrebbero essere loro a pagare le spese diagnostiche inutili,la cui necessità verrà stabilita da appositi organismi in modo tale che chi potrà permettersi esami talvolta costosi potrà farlo grazie alle cliniche private,e chi non potrà permetterselo si potrà rivolgere direttamente alle agenzie funebri.
Questo avvicinarsi sempre più alla linea statunitense non solo per quanto riguarda la previdenza sociale e l'istruzione,ma in modo ancor più drammatico alla sanità,è il risultato di vent'anni di macelleria sociale che i vari governi hanno continuato ad elaborare in maniera nemmeno occulta,col risultato solito che chi solo avrà la possibilità economica di integrare la pensione,pagare l'istruzione e permettersi di potersi curare potrà farlo solamente nel settore privato.
Per gli altri ci sarà la povertà,l'ignoranza e la morte.
 
"Buona sanità", senza più esami diagnostici
tratto da http://contropiano.org
 
Il governo vuol chiudere la sanità pubblica. A colpi successivi, senza pause. L'obiettivo era già chiaro da anni, perché da oltre 20 a questa parte tutti i governi - senza eccezioni né differenze tra destra e presunto “centrosinistra” - hanno proceduto nell'identica direzione. Del resto, è una direttiva europea piutosto chiara: le spese pubbliche vanno tagliate per mettere in ordine i conti, e il grosso della spesa si concentra in tutti i paesi in tre capitoli: sanità, pensioni e istruzioni. Sono anni, del resto, che sintetizziamo per i nostri lettori questo programma con il titolo dovete morire prima.
Macelleria sociale ordinata dall'alto ed eseguita con entusiasmo criminale da parte delle amministrazioni regional-nazionali. Ma naturalmente presentata come l'opposto. E quindi “buona scuola”, “pensioni eque” (non ci chiedete lo stipendio di Tito Boeri, però) e ora anche “buona sanità”. Che nelle parole di Yoram Gutgeld, deputato Pd renzianissimo, sostituto di Carlo Cottarelli alla spending review, suonano più che altro come “addio sanità”.
L'intervista è apparsa sul giornale del partito, La Repubblica, ed è quindi totalmente attendibile.
A cominciare dall'obiettivo finanziario, quantificato in 10 miliardi. Come scavare una voragine di queste dimensioni senza dichiarare che la salute dei cittadini – specie di quelli meno abbienti, che possono ricorrere solo alla sanità pubblica – è l'ultima preoccupazione di questo governo?
Semplice: si parte col dire che la situazione è molto articolata, ci sono “ospedali gestiti bene e altri malissimo” (com'è noto a tutti, a cominciare da utenti e lavoratori della sanità). Poi si prendono esempi apicali di dissesto finanziario ("Ci sono ospedali che hanno squilibri nella gestione economica di decine di milioni, dovremo intervenire") e di lì si comincia a trattare ogni cosa come se fosse di questa natura.
Ma sia chiaro, a Renzi e Gutgeld interessa lanciare un messaggio “positivo”: "Non faremo scelte da ragionieri, ma ci preoccupa migliorare l'operatività e i servizi dello Stato". Buona sanità a tutti, insomma.
"Abbiamo ospedali gestiti bene ed altri meno bene. Noi crediamo che sia giusto prevedere che questi ospedali facciano uno sforzo per equilibrare la gestione economica nell'arco di un determinato numero di anni". Punendo quelli che non ci riescono, senza star lì a questionare sul perché (ci sono dirigenti che rubano oppure un bacinodi utenti troppo ampio? Chissenefrega, dicono a palazzo Chigi).
"I meccanismi dovranno essere concordati con la conferenza Stato-Regioni. Sarà un processo progressivo". Anche perché si sono "differenze importanti tra Regioni e all'interno di singole regioni nelle prescrizioni di esami clinici. Uno dei motivi è la cosiddetta 'medicina difensiva', esami prescritti per non incorrere nel rischio di cause legali dei pazienti".
Il fenomeno è noto e anche abbastanza esteso. C'entra il livello medio di competenza dei medici in un campo in cui molte patologie presentano aspetti complessi, che richiedrebbero molte competenze convergenti; c'entra la “cultura” di un popolo spesso convinto che a “far causa” ci si guadagna sempre (anche se non è affatto vero; provate a far causa a una banca e vedrete...). Alla fine molti medici prescrivono un'analisi in più per esser certi di aver azzeccato la prognosi o per mettersi al riparo, sul piano documentale, da una possibile rivalsa. Diciamo che basterebbe trasferire la responsabilità civile dal singolo medico alla struttura ospedaliera e il fenomeno si ridurrebbe quasi per magia.
E invece il governo punta a ridurre gli esami diagnostici: per la diagnostica, dice Gutgeld, "ragioneremo insieme alla Conferenza Stato-Regioni su obiettivi specifici utilizzando soglie di riferimento". Serve una traduzione, vero? Significa che il governo fisserà un numero definito “ottimale” di esami diagnostici in percentuale alla popolazione. E una volta arrivati a quel limite ogni struttura sanitaria e ogni singolo operatore sarà “incentivato”a non prescrivere esami. Se non a pagamento de singolo malato.
È un meccanismo fondamentalmente criminale, che lascerà un numero al momento indefinibile di pazienti privi di diagnosi accurate, quindi più esposti a errori o peggioramenti della malattia. Ma non per l'ineffabile Gutgeld: "anzi, questo nuovo approccio per rendere le strutture più efficienti porterà nel tempo non solo un risparmio ma un miglior livello di servizio".
Abbiate fede, perché solo un dio vi potrà salvare...
27 luglio 2015

sabato 25 luglio 2015

ERDOGAN,L'ISIS E IL KURDISTAN

Breve commento all'articolo preso da Contropiano(http://contropiano.org/internazionale/item/32039-ankara-dichiara-guerra-all-is-ma-bombarda-i-curdi-si-di-obama-all-invasione-della-siria )per quello che dal punto di vista della logica di uno Stato qualsiasi cozzerebbe contro qualsiasi principio di coerenza,ma in Turchia non è così.
Il sempre più contestato Erdogan cerca l'appoggio americano fornendo delle basi nei pressi dei confini con la Siria per meglio colpire l'armata dell'Isis,bombarda pure lui le truppe islamiche estremiste ma allo stesso tempo colpisce i guerriglieri del Pkk che finora da soli hanno combattuto in prima persona le truppe dell'esercito dei fanatici Isis difendendo gli stessi confini turchi che fanno parte della zona curda e dando esempio al mondo intero della strenua resistenza di Kobane.
Inoltre ci sono state retate ed arresti di centinaia di curdi militanti tra le file delle suddette milizie che hanno lasciato sul campo d battaglia decine di compagni per contrastare l'ascesa dell'Isis:un pastrocchio tutto curdo con una regia credo più ampia.

Ankara “dichiara guerra” all’Is ma bombarda i curdi. Si di Obama all'invasione della Siria

Che l’inizio delle operazioni militari contro le postazioni dello Stato Islamico in Siria nascondesse obiettivi diversi da quelli dichiarati era evidente fin da subito. E’ bastato ascoltare il discorso al paese del premier uscente Ahmet Davutoglu per comprendere come il nemico numero uno di Ankara rimangano i curdi e il governo di Damasco. Se qualche bombardamento contro i miliziani jihadisti dall’altra parte della frontiera servirà a tranquillizzare la scioccata opinione pubblica interna e al contempo a preparare l’intervento diretto nel nord della Siria spazzando via l’autogoverno che i curdi del Pyd hanno costruito insieme alle altre comunità del Rojava ben venga, deve essere il pensiero prevalente nello stato maggiore del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo di Erdogan.
Ed infatti a poche ore dall’inizio dei cannoneggiamenti delle postazioni dello Stato Islamico e dei bombardamenti di alcune ‘casematte’ jihadiste da parte dei caccia turchi in Siria, ecco che la strategia di Ankara sembra delinearsi molto più chiaramente.
Partendo dal fatto - la prima vittoria di Erdogan dopo una lunga serie di rovesci - non certo secondario, che il regime turco ha concesso agli Stati Uniti l’uso della base aerea turca di Incirlik per bombardare obiettivi dell’Isis, ma solo in cambio del si di Obama a una storica richiesta di Ankara: imporre una no-fly zone sul nord della Siria. Secondo quanto hanno rivelato i quotidiani Hurriyet e Sabah, l’accordo tra Erdogan e Obama prevede che le forze armate turche possano stabilire una “zona di non volo” lunga 90 chilometri all’interno del territorio di Damasco, tra le cittadine siriane di Marea e Jarabulus, rafforzata da una zona cuscinetto sul terreno profonda ben 50 chilometri all'interno del territorio siriano. Di fatto Ankara si prenderebbe un pezzo di Siria, con la scusa di difendere i suoi confini dalle infiltrazioni jihadiste. In realtà il regime islamista turco da anni permette ai miliziani del Califfato e di altre organizzazioni fondamentaliste di attraversare a proprio piacimento il confine, ha concesso loro armi e rifornimenti, basi di appoggio sul proprio territorio e addirittura di potersi curare negli ospedali turchi. E’ evidente che la no-fly zone e la ‘zona cuscinetto’ in territorio siriano servono a mettere i piedi in un paese sul quale Ankara accampa rivendicazioni territoriali e di cui vuole rovesciare il governo, spazzando via al contempo le milizie curde e ottenendo la possibilità di trasferirvi centinaia di migliaia di profughi siriani che hanno finora trovato rifugio nel sud della Turchia.
In base all’accordo raggiunto tra Washington e Ankara, scrive Hurriyet, "gli aerei Usa equipaggiati con bombe e missili potranno usare la base di Incirlik" per effettuare raid contro l'Isis. Naturalmente i caccia del governo siriano non potranno entrare nella no-fly zone e potranno essere abbattuti se lo faranno. Non è previsto l'invio di truppe di terra Usa in Turchia, ma 50 militari statunitensi arriveranno a Incirlik per dare supporto tecnico ai propri caccia. L'intesa riguarda solo questa base Nato, ma i caccia Usa potranno utilizzare anche gli aeroporti militari di Batman, Diyarbakir e Malatya in caso di emergenza.
Nella 'zona cuscinetto' - che sarà chiamata free zone, "area libera" - non è previsto un intervento via terra dell'esercito turco, ma che il territorio sotto custodia di Ankara venga controllato dalle milizie dell'Esercito Siriano Libero, altra marionetta del fronte anti-Assad e anti-curdo.
Intanto sono i caccia turchi a sganciare bombe. Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa questa notte i bombardieri di Ankara hanno continuato i raid contro le postazioni dei jihadisti in territorio siriano, anche se non è dato sapere né dove esattamente né quali siano stati i danni inflitti al Califfato. Ma soprattutto i caccia turchi hanno preso a bombardare le basi della guerriglia curda. Ad essere prese di mira sono state alcune basi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan sulle montagne del nord dell’Iraq, nella zona di Qandil. Numerosi i villaggi colpiti e i civili feriti secondo quanto raccontano i testimoni oculari. Il centro stampa della guerriglia curda delle HPG ha diffuso in rete una dichiarazione sui bombardamenti. “Come Centro di Comando di Difesa del Popolo, vi annunciamo che il cessate il fuoco è stato rotto unilateralmente dallo Stato turco e dal suo esercito. Il 24 luglio, alle ore 23:00 circa, numerosi aerei da guerra appartenenti all’esercito turco hanno cominciato a bombardare pesantemente le zone di Medya e in particolare la regione Behdinan. I bombardamenti hanno colpito ininterrotamente le aree di Kandil e Xakurkê (...)."
Ieri sera, mentre i caccia turchi decollavano dalle loro basi, i siti web di alcuni organi di informazione - Dicle News Agency, Firat News Agency, Hawar News Agency, Rojews e il giornale Özgür Gündem - sono stati bloccati dal regime turco.Una nuova ondata di bombardamenti aerei sulle località del Kurdistan iracheno dove la guerriglia del Pkk ha le sue basi è stata lanciata nella tarda mattinata di oggi.
E come se non bastasse migliaia di poliziotti e di agenti dei nuclei speciali dell’antiterrorismo sono tuttora impegnati nella seconda ondata di una maxiretata che già ieri aveva portato all’arresto di circa 590 persone. Di questi la maggior parte, varie centinaia, sono militanti delle organizzazioni politiche curde e dell’estrema sinistra turca, e poche decine i membri di sigle legati all’universo jihadista, tra i quali anche alcuni volontari stranieri di Al Qaeda o dello Stato Islamico. Stamattina sono continuati i blitz, le perquisizioni e gli arresti ad Istanbul, ad Ankara, ad Adana, Konya e Manisa, con l’uso di blindati ed elicotteri.

venerdì 24 luglio 2015

SAPEVAMO GIA' CHI ERA STATO

All'indomani della sentenza definitiva sulla strage di Stato avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia quando un ordigno fascista uccise otto persone ferendone un centinaio,la notizia mi lascia qualcosa di vuoto e non mi piace molto al di là del fatto che la matrice di estrema destra insabbiata dai servizi segreti è stata finalmente acclarata.
Se infatti Maggi e Tramonte,l'ex capoccia di Ordine Nuovo e il neofascista nonché fantoccio del Sid,hanno ottenuto l'ergastolo,altri nomi sono stati dimenticati almeno dalla giustizia italiana,ovvero i vari Zorzi,Rauti,Delfino e Maifredi:per alcuni di loro la morte è già sopravvenuta,per gli altri la libertà è ancora un supplizio per i parenti e gli amici delle vittime della strage.
L'articolo di Infoaut parla della sentenza della corte d'assise d'appello di Milano e della cronologia di questi 41 anni passati tra un processo e l'altro,con la sola consapevolezza di sapere già dallo stesso giorno chi fosse stato a compiere quella carneficina.
Vedi anche:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/04/unaltra-vittoria-per-lo-statoquello-dei.html .
 
Strage di Piazza Loggia: 41 anni dopo il primo pezzetto di verità giudiziaria.
 
La seconda corte d’assise di appello di Milano, mercoledì 22 luglio 2015, ha comminato due ergastoli per la strage fascista, di Stato e della Nato di Piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974. Condannati l’ex ispettore per il Triveneto del movimento stragista e fascista Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, e il neofascista – e fonte dei servizi segreti, l’allora Sid, Maurizio Tramonte, alias “Fonte Tritone”.
Questo l’esito del dodicesimo processo per l’eccidio che causò otto morti (la nona vittima, Giacomo Corvini, morì nel 1976 a seguito dei danni riportati) e oltre cento feriti, alle 10.12 del 28 maggio 1974, durante una manifestazione antifascista indetto dall’allora Comitato Unitario Permanente Antifascista e dai sindacati confederali in risposta alle continue provocazioni, intimidazioni, pestaggi ed attentati di matrice fascista che nei mesi precedenti avevano colpito la città, violenze figlie della liaison tra neofascisti, industriali e pezzi delle “istituzioni”, diventate nel corso degli anni per la narrazione mainstream…”deviate”.
41 anni dopo la strage, la seconda corte d’assise d’appello di Milano mette quindi il primo, parziale, punto fermo giudiziario: quella strage fu di matrice neofascista (e ordinovista) e fu orchestrata da Carlo Maria Maggi, medico veneziano, allora ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto, condannato oggi all’ergastolo, così come il neofascista ed ex Fonte Tritone dei servizi segreti, Maurizio Tramonte.
In attesa delle motivazioni, e del probabile ricorso in Cassazione dei legali dei due condannati, i giudici milanesi paiono aver fatto proprie le dure critiche della Cassazione che, bocciando le precedenti assoluzioni disposte a Brescia, avevano descritto Tramonte come soggetto troppo “intraneo” alla destra eversiva per essere un semplice informatore, che peraltro “non raccontava ciò che sapeva o aveva fatto”. Maggi invece fu “propugnatore” della strage, come già confermato dal racconto di Carlo Digilio, l’armiere di Ordine Nuovo, poi deceduto.
Fascisti, industriali e servizi: lo stesso milieu in cui maturarono le numerose stragi, omicidi e violenze di quegli anni, prima tra tutte quella di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 a Milano, per cui però gli imputati – gli ordinovisti, stavolta padovani, Franco Ventura e Franco Freda – sono andati assolti, nonostante le sentenze abbiano accertato in modo indiscutibile la responsabilità delle stesse cellule di Ordine Nuovo al centro del processo per Piazza della Loggia.
Anche a Brescia, mancano ancora all’appello della verità – giudiziaria, non certo di quella storica e delle migliaia di compagne e compagni che vissero sulla propria pelle quegli anni, e di tutte e tutti quelli che nei decenni successivi hanno portato avanti quella memoria nelle pratiche quotidiane di lotta – i nomi precisi dei mandanti politici e delle coperture istituzionali, nazionali (Carabinieri, come il generale Francesco Delfino, e servizi stessi) e internazionali (Gladio e Nato) per decenni a tutela della manovalanza fascista.
 
COMMENTI E ANALISI –
Il commento sulla sentenza dell’avvocato Federico Sinicato, legale di parte civile al processo.
Il commento odierno di Saverio Ferrari, dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre e autore, giovedì 23 luglio, di un articolo sulla sentenza apparso su “Il Manifesto”.
 
TRE INCHIESTE, DODICI PROCESSI: CRONOLOGIA –
2 giugno 1979 – I giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino li condannano a pene inferiori per detenzione di esplosivi o per altri attentati.
18 aprile 1981 – Buzzi e’ strangolato dai ‘camerati’ Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara, temendo che  fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.
2 marzo 1982 – I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, compreso Angelino Papa; nelle motivazioni definiranno Buzzi ‘un cadavere da assolvere’.
30 novembre 1984 – La Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici.
23 marzo 1984 – Il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la seconda inchiesta. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini.
20 aprile 1985 – La Corte d’assise d’appello di Venezia assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.
23 maggio 1987 – I giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perche non parlasse.
25 settembre 1987 – La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’appello di Venezia e pone fine alla prima inchiesta sulla strage.
10 marzo 1989 – La Corte d’assise d’appello di Brescia assolve con formula piena Ferri, Stepanoff e Latini.
13 novembre 1989 – La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal…famigerato Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini.
23 maggio 1993 – Il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Quello stesso anno comincia la terza inchiesta, quella “veneta”.
16 novembre 2010 – I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti) con la vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone, protetto ancora oggi.
14 aprile 2012 – La Corte d’appello di Brescia conferma la sentenza di primo grado mandando assolti i quattro imputati, Zorzi, Maggi, Tramonte e Delfino, per i quali era stato proposto ricorso dalla procura.
21 febbraio 2014 – La Cassazione stabilisce che un nuovo processo dovra’ accertare le responsabilita’ di due degli imputati che nei processi di primo e secondo grado erano stati assolti: Maurizio Tramont e Carlo Maria Maggi. Assolto definitivamente Delfo Zorzi.
22 luglio 2015 – La Corte di assise di appello di Milano, nel processo-bis di secondo grado, condanna all’ergastolo Maggi e Tramonte.
 

mercoledì 22 luglio 2015

RISSE IN FAMIGLIA

Non potevo non riprendere il titolo del post preso da Senza Soste perché quello che è accaduto a Roma ma anche ultimamente in altre zone d'Italia come nella provincia di Treviso,ma anche qui a Crema ma con connotazioni differenti,perché la reazione della celere in alcuni scontri contro manifestanti di estrema destra per i motivi razzisti di contrastare l'accoglienza dei migranti,è stata semplicemente faziosa.
Nulla di scioccante comunque,da sempre la polizia lavora di mala voglia quando c'è da randellare appartenenti al neofascismo o solo elementi riconducibili alla destra,la rabbia e la determinazione l'hanno sempre tenuta contro gli antagonisti,la gente della sinistra,i mangia bambini,i comunisti e gli anarchici.
Lì sì che danno il meglio di loro,lì davvero fioccano esplosioni d'amore verso i manifestanti,lì ci scappa il morto e i giorni di prognosi per un buffetto in testa:anche se l'articolo parla della rissa in famiglia tra celere e Caga Povnd a Roma dove si sono incrociati padre celerino e figlio ca$$apovndista(Adrian Lauro è uno di quelli che hanno fatto carriera dopo Genova 2001)la storia è sempre la stessa e credo non cambierà mai,anzi sarà sempre peggio.
Vai in piazza a protestare per avere un lavoro o per difendere i diritti se ce l'hai e ti bastonano,se vai per bloccare un pullman di profughi no,si tolgono il casco;se vai per strada per difendere il tuo diritto per la casa ti massacrano,se vai per esprimere le tue idee di merda fasciste ti proteggono e tu vieni randellato,e via così.
Aggiungo pure questo link:http://voxnews.info/2015/07/20/profughi-dilaga-malcontento-poliziotti-ci-fate-manganellare-la-nostra-gente/ .

La rissa in famiglia: i rapporti perversi tra Casapound e Polizia in via del Casale di San Nicola. 
 
Il dirigente di piazza degli scontri di via del Casale di San Nicola, Adriano Lauro (nella foto a destra in camicia bianca), è un nome che potrebbe dire poco ai compagni più giovani. Per chi invece ha vissuto le tragiche giornate di Genova, questo nome è impresso indelebile nella memoria collettiva di una giornata, quella del 20 luglio 2001: “Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l’hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l’hai ucciso! Prendetelo!”, gridava l’allora giovane vicequestore Adriano ad un manifestante in piazza Alimonda. Una piazza ormai svuotata di gente e in cui giaceva in una pozza di sangue, non coperto e attorniato da agenti di Polizia il corpo senza vita di Carlo. E quel grido, l’estremo insulto alla morte di Carlo Giuliani, è rimasto negli occhi e nelle orecchie di quella generazione, uno dei simboli di quelle drammatiche giornate. Ne ha fatta di strada Adriano Lauro, fino a diventare alto dirigente di Polizia. Ne ha fatta di strada anche il figlio (evitiamo di riportare il nome visto che il personaggio si sarebbe ritirato dalla vita politica), militante di Casapound almeno fino al 2013.

Ecco che venerdì i loro destini si sono incrociati. Non è il primo né l’unico caso di rapporti familiari perversi tra Casapound e apparati dello Stato. Ma certo, contribuisce in maniera decisiva a spiegare l’irrituale clemenza attuata dai reparti della celere agli ordini di Lauro proprio in via del Casale di San Nicola. Reparti sprovvisti di manganelli, per non dire dei lacrimogeni e di tutto il necessaire che in genere contraddistingue la repressione di piazza nei confronti delle manifestazioni di sinistra. Reparti guidati da un dirigente che si giustificava con i manifestanti del proprio dovere di resistere all’assalto al pullman di rifugiati politici, e che ai suoi blandi ordini rispondeva un reparto ancora meno voglioso di sgomberare l’assembramento. Scene incredibili e che hanno fatto il giro della rete lasciando stupefatti anche i più solerti difensori dell’ordine pubblico. Come dicevamo sabato, una vicenda interna allo stesso ceto sociale, che condivide gli stessi valori e lo stesso voto politico. Da oggi, possiamo dire tranquillamente, una simulazione di conflitto tra familiari, una simpatica sceneggiata in famiglia. Ora si spiega il significato del motto “assaltando rideremo”. Per forza, se dall’altra parte ci sono i tuoi genitori, la serenità d’animo è sempre un incentivo in più per le proprie marachelle.
20 luglio 2015

martedì 21 luglio 2015

LA STRAGE DI SURUC

La strage di ieri avvenuta a Suruc nella regione dell'Anatolia sud orientale in territorio curdo al confine con la Siria,è l'ennesimo attacco dell'Isis,nell'articolo preso da Infoaut si dice dichiaratamente appoggiato anche dal governo Erdogan,che ha provocato 30 vittime.
Queste persone erano giovani appartenenti ad un'organizzazione socialista che stavano spiegando il loro intento di andare ad aiutare la città simbolo del conflitto curdo,Kobane,sotto assedio da mesi ma ora nelle mani dei guerriglieri del Rojava.
Provenienti da Istanbul stavano partendo per Kobane per aiutare la popolazione locale costruendo una biblioteca,un ospedale ed un parco giochi:questa notizia ha avuto un ampio risalto anche perché il momento dell'esplosione è stato ripreso in diretta televisiva.

Strage a Suruc in un centro culturale curdo. Autobomba esplode a Kobane.

Questa mattina un nuovo attacco al cuore della resistenza del popolo curdo: circa un'ora fa una grossa esplosione ha colpito il Centro Culturale Curdo di Suruc, città turca a pochi chilometri dal confine siriano. All'interno dell'Amara Center si stava svolgendo una conferenza stampa tenuta da centinaia di giovani volontari che si apprestavano a raggiungere Kobane per aiutare la ricostruzione della città dopo i massacri e gli assalti compiuti dall'Isis alcune settimane fa.
All'interno del Centro i circa 300 volontari, tra i quali molti membri dei Giovani Socialisti, stavano facendo colazione, quando l'esplosione è deflagrata. Le prime notizie parlano già di 27 morti accertati, moltissimi i feriti. Poco dopo l'attacco bomba a Suruc sono partiti scontri tra la popolazione locale e la polizia, mentre in tutta la Turchia si moltiplicano gli appelli alla mobilitazione contro il governo assassino di Erdogan.
Gli obiettivi degli attacchi di oggi rivelano in maniera accentuata non solo un inasprirsi del conflitto, ma la natura miserabile del governo turco complice e finanziatore delle organizzazioni islamiste che continuano ad attaccare la zona del Rojava. L'obiettivo di oggi di colpire un centro culturale al cui interno vi erano centinaia di internazionali pronti a portare un aiuto concreto a Kobane, rivela la natura politica dell'attacco, non da sottovalutare nelle sue intenzioni: stroncare le gambe alla solidarietà attiva internazionale. I massacri di oggi sono quindi da aggiungere alla lista dei crimini che il governo turco continua a perpetrare con l'appoggio incondizionato dell'Isis.
Contemporaneamente all'esplosione all'Amara Center, una grossa autobomba è esplosa a Kobane nel quartier generale delle Unità di Protezione Popolare YPG. Il veicolo è stato fermato poco prima del check point e pare fosse diretto verso la scuola Mihemed Dira. L'autobomba è stata colpita dalle forze YPG prima che arrivasse a destinazione: l'esplosione, secondo fonti locali, ha causato 3 vittime.
I due attacchi arrivano all'indomani del terzo anniversario della liberazione della comunità autonoma del Rojava.
Seguiranno aggiornamenti

venerdì 17 luglio 2015

CHIACCHIERE ITALICHE

 
L'articolo odierno preso da Senza Soste parla dell'evanescenza e dell'inutilità politica che la figura del premier italiano Renzi ricopre in Europa,una sudditanza alla Germania e alla troika che gli fa fare proclami alla stampa e alla televisione contro l'austerità ma quando c'è da alzare la manina per avallare le scelte europee lo fa al volo.
In un parallelo con Tsipras,sempre più additato dalla stampa in mano ai poteri forti ma anche ultimamente bacchettato da quella italiana che è salita sul carro del vincitore per poi scaricarlo negli ultimi giorni,Renzi fa proprio la figura del chiacchierone tipico italiano che quando c'è da protestare con i proclami o la tastiera è in prima linea:quando invece c'è da lottare e fare scelte difficili si tira indietro o compie scelte che mette nella merda il popolo.
In Grecia non è stato così,in Grecia non si è voluto obbedire ai diktat della Merkel e compagnia,in Grecia si è rischiato il tutto per tutto e anche se economicamente e politicamente c'è un forte sentore di sconfitta,il popolo greco si porta a casa una vittoria morale basata sulla lotta e sulla dignità.

L'irresistibile irrilevanza di Renzi
Antonio Rei - tratto da http://www.altrenotizie.org 
 
Non riesco a immaginare un'Europa senza la Grecia". All'apice della più grave crisi politica dalla nascita dell'euro, Matteo Renzi - in un'intervista ad Al Jazeera - verga il proprio nome nella storia con questa memorabile sentenza. Per la verità, la ripete da settimane, suscitando forse un moto di tenerezza fra quelli che a Bruxelles contano qualcosa. Verrebbe da chiedergli: "Cos'è che riesce a immaginare, Presidente?".
E dire che, fin qui, la creatività non è mancata al nostro Premier. Ci vuole fantasia per concepire il terzo Paese dell'Eurozona - governato da un partito che si dice di sinistra - ridotto a servo sciocco dell'Europa a trazione tedesca. Eppure è questa la fine che abbiamo fatto, come dimostra nel modo più lampante proprio la gestione del caso greco.
Fin dall'inizio, il sostegno di Renzi a Tsipras è stato solo vuota retorica. Basti pensare a quello che accadde dopo le elezioni del 25 gennaio vinte da Syriza, quando il nostro Premier non si degnò nemmeno di commentare, mandando avanti Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'Unione europea, che su Twitter scrisse: "Congratulazioni a Alexis Tsipras, pronti a lavorare con il nuovo governo greco per una più democratica e politica Ue".All'epoca nel Pd tutti sottolineavano che il nuovo leader greco avrebbe avuto bisogno di Renzi per condurre la sua battaglia anti-austerità, e in effetti era così. Lo stesso Tsipras ha chiesto più volte al suo omologo italiano di fornirgli una sponda autorevole nel corso della trattativa, magari per iniziare a cucire un fronte dei Paesi mediterranei in grado di contrapporsi efficacemente ai falchi del Nord Europa.
Renzi questo aiuto lo ha sempre negato. Nelle conferenze stampa continua a scagliarsi contro le politiche di austerità, rivelatesi fallimentari, e a spingere per una virata in direzione della crescita: ma sono solo chiacchiere. Di concreto non c'è nulla, se non la favola della "Flessibilità", a tutt'oggi una creatura mitologica dalle sembianze indefinite. Il nostro governo si è vantato in continuazione di aver ottenuto durante il semestre italiano di presidenza Ue "maggiore flessibilità" da Bruxelles, ma nessuno sa ancora spiegare nel dettaglio cosa questo comporti. L'unica certezza è che non arriverà alcun cambiamento significativo nelle politiche economiche europee, a meno che non si voglia considerare tale il Piano Juncker, altra creatura di fantasia che dovrebbe magicamente produrre centinaia di miliardi d'investimenti privati.
L'unica battaglia concreta in Europa contro l'austerità è stata e rimane quella di Syriza. Renzi lo sa benissimo e proprio per questo ha voluto immediatamente voltare le spalle a Tsipras. Una scelta di campo che ha superato il confine della vergogna pochi giorni prima del referendum greco, quando il Premier italiano si è schierato apertamente contro il governo di Atene, arrivando a definire la consultazione popolare "un derby fra euro e dracma".Un vero sproloquio dovuto all'ignoranza e alla malafede del nostro Premier, che non ha il coraggio, né le capacità, né la statura politica per trattare alla pari con i grandi leader europei. Si lamenta perché è costantemente tagliato fuori da tutte le consultazioni ristrette, reclama un posto nel lettone fra papà Hollande e mamma Merkel, addirittura piagnucola per la manifesta irrilevanza della sua opinione nel corso di tutti i negoziati, ma alla fine obbedisce. Obbedisce sempre, probabilmente per paura di ricevere una scomunica in stile Berlusconi.
Tsipras, invece, non ha obbedito. Nemmeno il popolo greco lo ha fatto, consegnando un plebiscito di NO al referendum sulla proposta dei creditori. Può darsi che alla fine saranno sconfitti, sacrificati sull'altare del potere neoliberista per lanciare un segnale chiaro alle sinistre di mezza Europa (con in testa Podemos, visto che a novembre si vota in Spagna). Forse, alla fine, Atene dovrà capitolare per insegnare ad altri popoli europei che è inutile farsi illusioni: il timone della politica economica europea non si tocca e chiunque si oppone può scegliere solo fra il ripensamento umiliante o il baratro. Eppure, anche se andrà così, anche se per la Grecia si realizzerà il peggiore degli scenari, un politico di sinistra come Tsipras guarderà sempre dall'alto il politicante fanfarone di Palazzo Chigi.
12 luglio 2015

martedì 14 luglio 2015

LE REAZIONI DEMENZIALI DI ISRAELE ALL'ACCORDO NUCLEARE IRANIANO

Come già annunciato lo scorso aprile(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2015/04/liran-e-il-nucleare.html )ecco che l'accordo nucleare per l'Iran è stato firmato a Vienna,trattato che consentirà legalmente allo Stato islamico asiatico di proseguire il proprio approvvigionamento energetico tramite l'energia atomica.
Lasciando stare il fatto che sono contro tale metodo di acquisire l'energia,questo è stato uno smacco storico per Israele e per gli stati dell'orbita saudita,per motivi diametralmente diversi che vanno dalla paura e dall'insicurezza che secondo i primi tale scelta possa portare ad argomenti prettamente economici per i secondi legati al petroldollaro.
Vorrei soffermarmi brevemente su Israele i cui rappresentanti hanno usato termini come"resa storica dell'Occidente all'asse del male,con l'Iran in testa"oppure"Teheran ha ricevuto la licenza di uccidere"cosa tutta da verificare soprattutto pensando a quello che accade in Palestina.
Articolo preso da Repubblica.it(http://www.repubblica.it/esteri/2015/07/14/news/iran_accordo-119017116/ ).

Iran, è accordo: via le sanzioni, controllo internazionale sul programma nucleare.

Mogherini: "Giornata storica, il mondo è più sicuro". Il ministro degli Esteri iraniano Zarif: "Accordo non perfetto, ma storico momento: si apre il capitolo della speranza". Con una nuova risoluzione Onu e la ratifica del trattato dei parlamenti americano e iraniano, le sanzioni internazionali saranno rimosse all'inizio del 2016, ma tornerebbero in vigore entro 65 giorni in caso di violazioni. Obama: "
 
Vienna-Limitate dai negoziatori del "5+1" le ultime asperità nel corso di una lunga, ultima notte di trattative, lo "storico" accordo tra Teheran e le potenze mondiali sul futuro del programma nucleare iraniano è raggiunto. E Federica Mogherini, aprendo a Vienna la riunione plenaria finale che condurrà alla ufficializzazione del trattato, avendo accanto il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, può finalmente annunciare: "L'accordo è formalmente concluso. Si apre un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali. E' il risultato di un lavoro molto duro di tutti noi (l'accordo doveva essere concluso a Vienna entro il 30 giugno, scadenza poi slittata al 7 luglio, e ancora al 10 e poi alla mezzanotte del 13 luglio, ndr), ringrazio tutti coloro che siedono a questo tavolo e anche chi sta dietro e ha lavorato per mesi e anni per raggiungere questo punto. Un segnale di speranza lanciato al mondo". Zarif da parte sua definisce "non perfetto" l'accordo ma "storico" il momento perché, appunto, apre il capitolo della "speranza". "Non è solo un accordo, ma è buon accordo, per tutti" ribatte più tardi l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue in conferenza stampa, "contribuirà in modo positivo alla pace e sicurezza regionale e internazionale".

Dalla Casa Bianca il presidente americano Barack Obama lancia al mondo un messaggio rassicurante, indirizzato in particolare a Israele: "Grazie all'accordo, la comunità internazionale potrà verificare che l'Iran non sviluppi l'arma atomica. Teheran sarà privata del 98 per cento delle sue attuali riserve di uranio arricchito. E' un accordo che non si basa sulla fiducia ma sulla verifica. Se l'Iran violerà l'accordo tutte le sanzioni saranno ripristinate e ci saranno serie conseguenze. Nessun accordo avrebbe significato nessun limite al programma nucleare iraniano. Gli Stati Uniti manterranno le sanzioni contro l'Iran collegate alla violazione dei diritti umani". Poi, un monito al Congresso Usa: "Sarebbe irresponsabile allontanarsi da questo accordo. Porrò il veto a qualsiasi legge che si opporrà alla sua attuazione". Il veto presidenziale comporta il ritorno della legge alle Camere per un'approvazione a maggioranza qualificata dei due terzi.
In precedenza, Yukiya Amano, direttore generale dell'Aiea, l'agenzia Onu per il nucleare, aveva confermato che la Repubblica Islamica iraniana "ha approvato il testo finale dell'accordo e lo ha firmato", come riporta al Alam, emittente televisiva iraniana in lingua araba. A seguire, l'annuncio della tv di Stato iraniana: "Raggiunto un buon accordo con le potenze mondiali". Nelle prossime settimane, "pochi giorni" secondo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, il trattato sarà oggetto di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu e necessiterà della ratifica da parte del Congresso degli Stati Uniti e del Majlis, l'assemblea legislativa iraniana. Anche il presidente iraniano Hasan Rohani si è rivolto alla nazione dalla tv di Stato, per dire che la Repubblica Islamica iraniana "non cercherà mai di dotarsi dell'arma atomica".
L'entrata in vigore dell'accordo, secondo fonti americane, dipenderà dai passi avanti dell'Iran nella limitazione del suo programma nucleare. Secondo fonti iraniane, occorreranno circa sei mesi. Le misure previste da entrambe le parti (cioè le limitazioni del programma nucleare di Teheran da una parte e l'alleggerimento delle sanzioni dall'altra) troverebbero dunque applicazione nella prima metà del 2016. Da fonti diplomatiche, l'Iran ha accettato il principio di un ritorno alle sanzioni entro 65 giorni se dovesse essere accertata una sua violazione del trattato.
SCHEDA: I PUNTI DELL'ACCORDO
Cosa ottiene l'Iran. Teheran otterrà la revoca delle sanzioni internazionali, l'unica vera ragione per cui gli emissari del regime di Teheran hanno deciso di sedersi al tavolo del negoziato, in cambio di significative riduzioni alla portata del suo programma nucleare, che verrà sottoposto a ispezioni per accertare il rispetto degli impegni da parte della Repubblica Islamica. L'agenzia iraniana Irna sintetizza così il trattato: "Le sanzioni economiche adottate da Usa e Ue saranno rimosse con l'entrata in vigore dell'accordo. In particolare quelle imposte alla Banca Centrale iraniana, alla compagnia petrolifera nazionale, alle compagnie aeree e di navigazione e a molte altre istituzioni e persone. Torneranno disponibili asset iraniani per centinaia di miliardi di dollari congelati all'estero, oltre alla possibilità di acquistare tecnologia e macchinari utilizzabili anche per scopi militari, che l'Iran potrà acquisire attraverso il benestare di una commissione congiunta composta da Iran e 5+1. Sarà possibile riprendere la cooperazione economica con l'Iran in ogni campo, inclusi gli investimenti in petrolio e gas. Nuove misure sostituiranno l'embargo sulle armi: l'Iran potrà importare o esportare armi caso per caso e queste restrizioni dureranno solo cinque anni".
Le limitazioni al programma nucleare. Un punto su cui la trattativa è stata più volte sul punto di naufragare è quello relativo alle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. Secondo l'agenzia Irna, l'accordo non impedirà all'Iran di andare avanti in ricerca e sviluppo sulle centrifughe "chiave", indicate dalle sigle IR6, IR-5, IR4, IR 8. Chiarisce il ministero degli Esteri russo sul suo sito: l'Iran potrà condurre attività di ricerca e sviluppo sulle centrifughe avanzate nel corso dei primi 10 anni di validità dell'accordo con le potenze mondiali, ma "in una maniera che non prevede l'accumulo di uranio arricchito. Per 10 anni, in base al piano di R&S sull'arricchimento, le attività iraniane riguarderanno solo le centrifughe IR-4, IR-5, IR-6 e IR-8". Secondo il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond, questi "limitati" spazi concessi a Teheran per lo sviluppo e la ricerca sulle centrifughe "escludono il rischio di proliferazione". L'Iran si impegna inoltre a ridurre di due terzi il numero delle centrifughe, che "saranno limitate a 5.060 nel sito di Natanz" mentre altre "1.044 saranno mantenute funzionanti, ma non utilizzate, nel sito di Fordo". L'Iran dispone attualmente di oltre 19.000 centrifughe, di cui meno di 10.000 operative.

Inchiesta sulle attività del passato. L'Iran e l'Agencia internazionale per l'energia atomica (Aiea) si sono accordati anche sulla spinosa questione delle possibili implicazioni militari dell'attività nucleare svolta in passato da Teheran, a cui sarebbe stata vincolata la rimozione di alcune sanzioni. Importante, in questo senso, la dichiarazione del direttore generale dell'Aiea, Amano, secondo il quale l'Iran ha sottoscritto con l'agenzia Onu una "roadmap" per chiarire "entro la fine dell'anno" gli aspetti più controversi del suo programma nucleare, presenti e passati.

Le ispezioni nei siti sospetti. Lo stesso Amano ha chiarito che "il futuro accesso al sito militare di Parchin", che l'Aiea ha richiesto più volte, "è parte di un accordo separato". In base al testo, il meccanismo su cui ci si è accordati è che le visite degli ispettori dell'Aiea  ai siti sospetti avverranno "entro 24 giorni" dalla richiesta. Da fonti iraniane, Teheran avrebbe ottenuto un tavolo arbitrale per le ispezioni ai siti militari, tavolo - che naturalmente comporterebbe un prolungamento dei tempi - che sarebbe composto dallo stesso Iran con il "5+1". Quella dei siti militari è una "linea rossa" più volte rimarcata dalla Guida Ali Khamenei, e da parte iraniana si ritiene che le visite - già concesse due volte per Parchin in passato -  debbano essere giustificata da adeguati elementi di prova. Secondo il direttore del programma nucleare iraniano, Ali Akbar Salehi, citato da Irna, la "linea rossa" è stata rispettata.

Armi convenzionali e missili balistici. Sarebbe stato raggiunto un compromesso anche sulla questione dell'embargo su armi convenzionali e missili balistici: l'embargo sulle armi convenzionali reggerà per altri 5 anni, per altri 8 le sanzioni Onu che impediscono l'acquisto di missili e le restrizioni alla loro tecnologia. Teheran chiedeva la revoca immediata del blocco e su questa linea erano anche la Russia e la Cina, tradizionali fornitori di armi all'Iran, contrari gli Usa, che tengono conto delle preoccupazioni dei loro alleati nella regione mediorientale, Israele in prima fila. Concluso l'accordo, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov chiarisce: "Nei prossimi cinque anni sarà possibile fornire armi all'Iran se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu lo autorizza".
MAPPA: IL GRANDE GIOCO ATOMICO
L'ira di Israele. Difficilmente le rassicurazioni di Obama e la promessa del segretario di Stato John Kerry ("gli Usa continueranno a sostenere i nostri partner in Medio oriente e saremo vigili su ogni arttività iraniana di destabilizzazione") riusciranno a placare l'ira di Israele. Scossa dalla notizia dell'intesa raggiunta a Vienna. Il premier Benjamin Netanyahu definisce l'accordo sul programma nucleare iraniano "un errore di proporzioni storiche". Una fonte ufficiale israeliana paragona il trattato in arrivo a una "licenza di uccidere" garantita a Teheran. Il ministro degli Esteri Tzipi Hotovely assicura che Israele "impiegherà ogni mezzo diplomatico per impedire la conferma dell'accordo" che segna la "resa dell'Occidente all'asse del male guidato dall'Iran". "Le implicazioni dell'accordo nell'immediato futuro sono molto gravi - aggiunge Hotovely nel suo comunicato, citato sul sito Times of Israel - l'Iran continuerà a diffondere la metastasi delle sue cellule terroristiche in tutte le direzioni, continuerà a infiammare il Medio Oriente e, quel che è ancora peggio, farà un gran passo per diventare uno Stato sulla soglia del nucleare".

Ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva ribadito: "Ci siamo impegnati a impedire all'Iran di dotarsi di armi atomiche e questo impegno è ora valido più che mai", mentre il suo ministro dell'energia Yuval Steinitz aveva denunciato "un cattivo accordo, pieno di scappatoie". Inaugurando un nuovo fronte nella sua propaganda anti-nucleare iraniano, lo stesso Netanyahu ha aperto un profilo twitter in lingua farsi con "l'obiettivo di stabilire un filo diretto con gli iraniani che sono stati indottrinati a odiare Israele dopo la rivoluzione islamica del 1979" ha spiegato all'Afp il capo dei servizio dell'ufficio del premier israeliano. "Vogliamo dire, in farsi, la verità agli iraniani sull'accordo sul nucleare, spiegando loro che i miliardi di dollari che il regime iraniano otterrà a seguito dell'accordo serviranno a finanziare il terrorismo e non a costruire scuole e ospedali".

venerdì 10 luglio 2015

IL DISCORSO DI TSIPRAS A STRASBURGO

 
Il discorso del premier greco Alexis Tsipras tenuto a Strasburgo l'altro giorno è il riassunto limpido di quello che la Troika e l'Europa in particolare ha sperimentato negli ultimi anni,una scommessa persa già in partenza e che ha portato sull'orlo di una crisi economica e sociale molti paesi soprattutto del subcontinente,con la Grecia che ha avuto la peggior sorte.
Con la Germania e il blocco a lei fedele cha ha obbligato lo stato ellenico a comprare armamenti e ad accettare negli scorsi anni contratti e debiti stratosferici per mantenere l'egemonia sul resto degli Stati fin'ora è andata bene,ma le cose ad Atene sono cambiate e la sfida di Tsipras a Bce,Fmi e Ue sta avendo spiragli di speranza e le sue richieste vengono ascoltate a differenza di altri paesi(Italia ad esempio)dove si obbedisce e basta e l'austerità è sinonimo di religione da seguire fedelmente.
La sostanza del discorso che sta nel fatto che i fondi stanziati dall'Ue non solo in Grecia sono arrivati solo per salvare le banche lo so sta dicendo da almeno quasi una decina di anni,e c'è voluto proprio Tsipras per farlo capire al mondo intero(anche negli Usa nelle ultime settimane la Grecia era la prima notizia dei telegiornali)?
L'articolo preso da Senza Soste(http://www.senzasoste.it/internazionale/tsipras-a-strasburgo-vogliamo-la-riduzione-del-debito )parla di questo momento che credo passerà alla storia in Europa.da chi ha avuto il coraggio e la determinazione a dire le cose come sono senza peli sulla lingua e soprattutto asserendo la verità.
 
Tsipras a Strasburgo: "Vogliamo la riduzione del debito"
 
Vien da pensare che la vittoria del NO al referendum greco stia facendo saltare un po' di schematismi anche all'interno dell'edificio instabile chiamato Unione Europea. E diversi degli “allineati” a Merkel, Schaeuble e Weidmann cominciano ora a fare piccole distinzioni, suggerire cautela ai “falchi”, magari persino immaginare qualche risposta alla crisi diversa dall'austerità ordo-liberista teutonica.
Niente che possa mettere in duscussione la “linea” della Troika, ma un refolo di vento che segnala l'emergere di contraddizini interne fin qui dopite con molta facilità.
L'accoglienza che il Parlamento di Strasburgo – il più inutile dei parlamento al mondo, privo com'è del potere legislativo – rientra nel ristretto novero dei trionfi attribuiti in genere alle rockstar, più che agli attuali grigi e ragionieristici “leader senza carisma” del continente. Le cronache più asettiche (l'Ansa, per esempio) recitano: “Al suo ingresso alla plenaria dell'Europarlamento a Strasburgo il premier greco Alexis Tsipras è stato accolto da applausi e urla di incitazione. Molti lo hanno atteso per stringergli la mano, scattare foto e selfie”. Se reggerà alla pressione, alla prossima occasione lo intitoleranno “el libertador”, novello Simon Bolivar?
Era atteso per un discorso che avrebbe dovuto illustrare le “nuove proposte” elleniche in materia di “riforme strutturali” da realizzare in cambio dell'ennesimo pacchetto di aiuti, secondo la logica perversa per cui a ogni taglio corrisponde una caduta del Pil e delle entrate, quindi un aumento del debito pubblico che renderebbe “necessarie” altre “riforme”, tagli al welfare, alla contrattazione, più privatizzazioni.
Hanno dovuto invece ascoltare – tra diversi applausi – un atto d'accusa contro “le istituzioni” (Unione Europea, Bce, Fmi) quasi con le stesse parole di un comizio interno: "I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, i soldi sono stati dati per salvare le banche europee e greche. La mia patria si è trasformata in un laboratorio sperimentale di austerità, ma l'esperimento non ha avuto successo".
Il primo obiettivo dichiarato della “nostra proposta” – detto a Straburgo, non in un messaggio televisivo rivolto ai soli greci – è "La lotta alla disoccupazione". Non poprio in cima alle preoccupazioni dei “creditori”.
E quindi ha tracciato la vera “linea rossa” che non potrà valicare in quest'ultima, quasi disperata, tornata di negoziato: "un taglio del debito per poter essere in grado di restituire i soldi: ricordo che il momento di massima solidarietà nella Ue è stato nel 1953, quando venne tagliato il 60% del debito tedesco, dopo la Guerra".
Quella di voler restare all'interno dell'Unione Europea e dell'euro, in queste condizioni, è – come abbiam scritto sempre – una grande illusione di Syriza e di Tsipras. Ma stavolta Tsipras l'ha espressa in modo quasi ingenuo (avendo di fronte le facce dei marpioni che bivaccano tra Strasburgo e Bruxelles): "Se avessi voluto trascinare la Grecia fuori dall'euro non avrei fatto le dichiarazioni che ho fatto dopo il referendum, io non ho un piano segreto per l'uscita dall'euro e vi sto parlando davvero con il cuore in mano"
Si è fatto quindi forte del risultato referendario per limitarne alla sola prospettiva “riformista” il significato politico: "La scelta coraggiosa del popolo greco, in condizioni senza precedenti, non è una scelta di rottura con l'Europa ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell'Ue. E' un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo".
Confermata dunque anche la richiesta di un piano di salvataggio con lo strumento del cosiddetto “fondo salva-stati” (Esm): "Vogliamo lanciare un dibattito sulla sostenibilità del debito pubblico, non ci possono essere tabù tra di noi per trovare le soluzioni necessari. Oggi invieremo la nostra richiesta all'Esm" e "spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l'eurozona".
vedi anche
(n)Eurovertice. Atene non presenta proposte e chiede un prestito-ponte di 7 miliardi

giovedì 9 luglio 2015

L'ENNESIMA CONDANNA DI BERLUSCONI

Ve lo ricordate vero il cambiamento di casacca politica dell'ex sentore dell'Idv De Gregorio che tanto ai tempi fece scalpore perché decretò la fine del governo Prodi e che da subito fu chiaro che questa vergognosa macchinazione fu studiata a tavolino da Berlusconi pagando il senatore?
Ebbene dopo anni di indagini,interrogatori,spulciando i conti privati degli indagati,il tribunale di Napoli ha condannato l'ex premier faccia di bronzo e l'ex direttore de"L'Avanti"Lavitola rispettivamente a tre e quattro anni e quatto mesi di reclusione,e per Berlusconi ancora nemmeno un giorno di galera in quanto il reato è caduto in prescrizione.
Quest'ultimo ha avuto un ruolo determinante nello spostamento dei tre milioni di Euro dalle tasche di Berlusconi a quelle di De Gregorio,pur avendo ricevuto una pena più alta rispetto al suo collega criminale:questa ennesima pagina vergognosa della politica italiana in un altro paese avrebbe avuto conseguenze divere tipo carcere duro e scioglimento di Forza Italia(sì,lo so già non esisteva più ed è stata riesumata da Renzi)e magari di tutti i movimenti politici collusi con essa-

Compravendita di senatori, Silvio Berlusconi e Valter Lavitola condannati a tre anni per corruzioneIntorno alle 20 la sentenza che chiude il processo a carico dell’ex Cavaliere e del faccendiere accusati di concorso in corruzione. L’accusa: pagati 3 milioni di euro.

di Redazione Online
Silvio Berlusconi è stato condannato dal Tribunale di Napoli a tre anni di reclusione per corruzione nel processo per la compravendita dei senatori. Alla stessa pena è stato condannato anche Valter Lavitola, ex direttore del giornale «L’Avanti». Il collegio ha deciso anche una pena accessoria di 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per entrambi. I giudici hanno dunque ritenuto Silvio Berlusconi colpevole di corruzione per aver pagato il voto parlamentare dell’allora senatore Sergio De Gregorio. Secondo l’accusa si tratta di tre milioni di euro tra il 2006 e il 2008 per indebolire o addirittura far cadere il governo allora guidato da Romano Prodi.
Non tarda ad arrivare la risposta dell’ex premier: «Prendo atto di una assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell’interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, così come continuerò a fare». Berlusconi parla di «persecuzione giudiziaria» per ledere la sua «immagine di protagonista della politica».
Con l’ex Cavaliere era imputato anche il faccendiere Walter Lavitola che avrebbe fatto da tramite per il pagamento della somma. Per l’accusa - sostenuta dai pubblici ministeri Piscitelli, Woodcock e Vanorio - due milioni furono versati «in nero». Per questo hanno sollecitato una condanna a 5 anni per Berlusconi e 4 anni e 4 mesi per Lavitola.
 
Ghedini: «Sentenza ingiusta e ingiustificata»
Gli avvocati della difesa - Coppi, Ghedini e Cerabona - avevano evidenziato nelle repliche come non fosse «stata prodotta alcuna prova per dimostrare l’esistenza di un accordo illecito». «È una sentenza che riteniamo clamorosamente ingiusta e ingiustificata», ha detto a caldo l’avvocato Niccolò Ghedini sottolineando che il processo si prescriverà il 6 novembre. Nonostante la prescrizione Ghedini ha espresso l’auspicio che la Corte di Appello assolva Berlusconi nel merito.
 
Il commento di Prodi: «Sarei ancora premier»
Sulla compravendita dei senatori «c’erano delle voci ma, come dissi al giudice non ne sapevo nulla. Se avessi saputo qualcosa, sarei ancora presidente del Consiglio». È quanto ribadisce l’ex premier Romano Prodi commentando la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Napoli a carico dell’ex premier Silvio Berlusconi e Valter Lavitola. A chi gli domandava per quale motivo non si sia costituito parte civile nel processo, il Professore ha risposto: «Il danno non è stato alla mia persona ma alla democrazia».
 
Le reazioni
Una sentenza che innesca le reazioni dei fedelissimi di Berlusconi: «Nonostante sperassimo vivamente in un esito diverso, con il verdetto sulla compravendita dei senatori abbiamo assistito all’ennesimo finale annunciato - dichiara Mara Carfagna, portavoce di Forza Italia alla Camera - Quella nei confronti di Silvio Berlusconi è una persecuzione giudiziaria inaccettabile, oramai lo sanno anche i muri». Fedelissimi dell'ex cavaliere, e non solo. Arriva anche lo stupore di Raffaele Fitto, leader dei Conservatori e Riformisti: «Lo dico con maggiore forza quanto più grande e netto è il mio attuale dissenso politico da Berlusconi: sono dispiaciuto per la sua condanna di oggi a Napoli, e ritengo errato, come principio, dare spiegazioni giudiziarie agli eventi politici del 2006-2008». Per Maurizio Lupi, capogruppo di Area popolare alla Camera, «la condanna di Silvio Berlusconi a Napoli per una indimostrata compravendita di senatori ha dell’incredibile, è ingiusta e va a sindacare un principio sancito dalla Costituzione: ogni parlamentare è eletto senza vincolo di mandato. Ora ogni rappresentante del popolo dovrà stare attento a come vota in Parlamento».

mercoledì 8 luglio 2015

L'EREDITA' DI EZRA POUND


L'articolo di oggi parla della lunga battaglia legale voluta da Mary De Rachewiltz contro l'associazione fascista di CasaPound che ha preso il nome del padre come simbolo del ventennio a cui si rifanno.
La novantenne figlia del poeta americano dice che il padre non avrebbe mai approvato la scelta di usare il suo nome per rappresentare un gruppo di criminali e delinquenti come lo sono i seguaci di Iannone e affini,picchiatori e assassini nel nome dell'ideologa nazifascista.
Che Ezra Pound fu un fascista convinto,ammiratore di Mussolini anche dopo la sua morte,è un dato di fatto che non cancella le sue scelte che gli sono costate molto care a guerra finita come i tredici anni in manicomio criminale per volontà degli Usa.
L'articolo di ecn.org parla delle puntualizzazioni della figlia ed è doveroso aggiungere qualcosa,preso da Wikipeia,sulla figura di Pound che a parte la sua opera poetica è stato e resterà nella memoria un fascistone(https://it.wikipedia.org/wiki/Ezra_Pound#Al_St._Elizabeths_Hospital_di_Washington ).

“Mio padre Ezra non abita a Casa Pound” ·

“MIO PADRE EZRA NON ABITA A CASA POUND”: INTERVISTA CON LA FIGLIA MARY DE RACHEWILTZ

LA SCONFESSIONE: “SONO DISONESTI, TRAVISANO LE SUE IDEE: LUI SOGNAVA L’INCONTRO DELLE CIVILTA’”
Mary de Rachewiltz contro Casa Pound.
La figlia di uno dei più importanti poeti americani del ’900 non ci sta a vedere accomunato il nome del padre a quelli che si considerano «i fascisti del terzo millennio». Mary compirà 90 anni il 9 luglio, circondata dai massimi esperti di Ezra Pound provenienti da tutto il mondo.
Il suo castello di Brunnenburg, un piccolo maniero arroccato sui monti tirolesi sopra Merano, sarà la sede della prestigiosa International Pound Conference, una settimana di conferenze e dibattiti dedicati al Miglior Fabbro, come lo definiva T.S. Eliot.
In ottima forma grazie a una singolare dieta fatta di torte al cioccolato, formaggio e passeggiate su e giù per la ripida stradina che porta al villaggio di Tirol, Mary non nasconde il disappunto per il fatto che il nome del padre venga associato a un movimento di estrema destra.
Una ferita aperta che, nonostante le cause legali e i tanti appelli, non è stata ancora rimarginata: «Questi ragazzi non hanno nulla a che fare con noi. Travisano le idee di mio padre. Pound l’aveva già detto chiaramente nella famosa intervista a Pasolini: “Non è il mio sistema quello di scendere in piazza”. Sbandierano parole d’ordine, menano le mani, agiscono con violenza: come si può essere più antipoundiani di così?».
«Sfruttano il suo nome»
Certo il vecchio Ezra, il pacifista fautore dell’incontro tra civiltà e culture, mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato strumentalizzato da ragazzi che cercano lo scontro, vogliono innalzare muri, sbraitano contro gli immigrati.
«Sono dannosi», ribadisce la Mary de Rachewiltz, «hanno sfruttato il nome di Pound per fare colpo. In questo sta la loro disonestà».
Che fare dunque?
«La causa legale per ora non va avanti», osserva, «eppure dovrebbe muoversi anche l’ambasciatore americano. Ezra Pound era un cittadino statunitense, si riteneva un patriota anche se fu trattato da traditore per aver trasmesso alcuni discorsi pacifisti da Radio Roma durante la Seconda guerra mondiale. Io ho la doppia cittadinanza, americana e italiana, e la mia famiglia è parte offesa in questa triste storia».
Ma perché stupirsi se le rappresentanze statunitensi non si pronunciano? Basta ricordare come fu trattato dal governo americano il grande poeta, ingabbiato e rinchiuso per 13 anni in un manicomio criminale per aver urlato le sue ragioni contro la guerra, seppure incautamente da una radio nemica, l’Eiar mussoliniana.
Un errore pagato caro.
Mary preferisce dimenticare le polemiche dei nostri giorni. «Quella di mio padre è una poetica dell’incontro tra civiltà, lingue, religioni. Nei suoi Cantos troviamo l’antichità cinese, greca, egizia e romana, la luce del Medioevo e del Rinascimento e i drammi della modernità. Inoltre fu un pioniere nella valorizzazione della cultura orientale, soprattutto grazie al richiamo costante agli insegnamenti confuciani».
La sacralità del grano
Il tema della conferenza internazionale è «Pound ecologista», un aspetto poco conosciuto della poetica di questo maestro del modernismo letterario, che pure aveva ideato un’originale filosofia contadina basata sulla sacralità del grano e che già negli Anni 30 parlava di raccolta differenziata dei rifiuti.
«Considerava lo spreco un peccato mortale. Indro Montanelli lo prendeva in giro perché insisteva sull’importanza del burro di arachidi e sul valore del mangiare sano. Ora, in tempi di Expo, sappiamo quanto sia importante riflettere sulle disuguaglianze che non permettono di nutrire a sufficienza il pianeta. Un pianeta che va rispettato. Non a caso tra gli eroi dei Cantos troviamo il pagano Apollonio di Tiana e il cristiano san Francesco d’Assisi, due ecologisti ante litteram. Pound tradusse il Cantico del sole di Francesco: lo riteneva un esempio mirabile di poesia e un modello di saggezza».
Alla «Ezuversity»
Mary de Rachewiltz, lei stessa poetessa raffinata, vive per una missione: trasmettere a più persone possibili il pensiero di suo padre.
«Già durante la guerra ha cominciato a istruirmi nel suo mestiere, la poesia. “Ho creato la mia traduttrice in italiano”, diceva. E così mi ha instillato questo senso del dovere». Lavorare sui Cantos è un impegno immane, potenzialmente infinito, visti i continui riferimenti ai più diversi personaggi, scritti, eventi che costellano il poema.
«La tecnica di mio padre nell’educarmi», conclude Mary, «non contemplava l’università, istituzione verso cui non aveva alcuna considerazione. Alla “Ezuversity”, come la chiamava, era fondamentale interagire con persone interessanti, che potevano darti qualcosa, come i Fitzgerald o Robert Lowell. D’altronde è proprio l’incontro, con scrittori, mondi lontani e personaggi del passato e del presente, il cardine della sua visione del mondo».

Andrea Colombo
(da “La Stampa”)