mercoledì 30 marzo 2011

TERREMOTI,GIUSTIZIE DIVINE E MENZOGNE

A distanza di un paio di giorni voglio pubblicare una breve riflessione su di un fatto che ha scandalizzato chi ormai ha la capacità umana d'indignarsi a fronte della squallida propaganda perpetrata da"coloro che vedono comunisti ovunque e comunque"utilizzando la televisione come catalizzatore di puttanate estreme.
Il tutto correlato dalla gravità della situazione vissuta da due popolazioni,quella abruzzese e quella giapponese,accomunate a distanza di due anni da un terremoto devastante senza far differenza di scale e magnitudo.
La trasmissione Merdiaset"Forum",che per chi non lo sapesse già è fatta da attori più o meno professionisti,diciamo meglio comparse,ha offerto uno scenario rose e fiori dove la città de L'Aquila a detta di una signora pagata per dire certe eresie è ormai una fiorente realtà che ha pienamente superato il periodo nero del post-terremoto,elogiando il Presidente,il governo e Bertolaso(suggerimento della conduttrice serva Rita Dalla Chiesa)per come sia stata gestita la situazione e la ricostruzione.
Inoltre tale signora ha puntualizzato(ovvero girato il coltello nella piaga)che tutta la gente ancora ospite degli alberghi lo fa a sbafo perché così è più comoda,perché ci vuole restare!
Fortunatamente testate giornalistiche al di fuori del circuito del biscione e di Minzolini come Tg3 e La7 hanno sollevato un giusto polverone contro la presentatrice e gli autori,e giustamente non troppo contro la signora Marina che ha recitato la sua parte per una manciata di Euro(tra l'altro ha tentato di scusarsi)e così s'è aggiunto un altro tassello d'idiozia mediatica alla già notevole collezione di mostri della disinformazione targata Berlusconi.
C'è da sommare a tutto questo che Mediaset ha cancellato tutti i riferimenti alla trasmissione sotto accusa dal canale You Tube,quasi volesse gettare lo sporco sotto al tappeto,ma quello che non può fare è la denuncia tramite blog e altri mezzi informativi di Internet da parte della gente e cancellare le notizie con riferimento a"Forum"date dai vari telegiornali,infatti si possono trovare dei video inerenti la vicenda a questo link:
http://www.primadanoi.it/modules/articolo/article.php?storyid=5203.
L'allacciamento all'altro discorso riguardante il terremoto potrebbe in un certo senso sembrare addirittura ancor più agghiacciante in quanto a dire che il sisma avvenuto in Giappone recentemente sia stato"esigenza della giustizia divina"è stato il vicedirettore del CNR(centro nazionale di ricerca)Roberto De Mattei,da sempre bazzicante in ambienti di destra e collaborazionista del regime.
La piccola biografia di questo personaggio disonore di un'istituzione scientifica la dice lunga sul suo pensiero che nulla ha di scientifico:creazionista e fervente cattolico,messo lì a fare da contraltare politico al direttore Luciano Maiani in quota Pd,uno che brucerebbe volentieri"L'origine della specie"di Darwin per eleggere a libro principe il più grande romanzo,testo di fantascienza mai scritto,la Bibbia.
Contributi in ordine di presentazione di"Senza Soste"e di Indymedia Abruzzo.


"Il terremoto è un battesimo di sofferenza che ha purificato la loro anima...". Parola del vicedirettore del CNR .

Il vicedirettore del CNR, Prof. Roberto De Mattei in un'intervista a Radio Maria il 16 marzo scorso, sostiene che il sisma avvenuto in Giappone sia ”stato un modo per purificare”, che le catastrofi possono “essere, e sono, esigenza della giustizia divina”, che il terremoto è un “battesimo di sofferenza” e che “Dio si serve delle grandi catastrofi per raggiungere un fine alto della sua giustizia”.

Ascoltare per credere:
http://www.youtube.com/watch?v=iIm9E76-jtA&feature=player_embedded#at=79

La notizia sta ormai facendo il “giro doppio” della rete. Su Facebook in più di 5000 persone ne chiedono le dimissioni.(http://www.facebook.com/notes/stefano-moriggi/per-de-mattei-vicepresidente-cnr-le-catastrofi-sono-esigenza-della-giustizia-div/10150110564550588)

Chi è Roberto De Mattei.

Storico del cristianesimo e della chiesa presso l’Università Europea di Roma, nonché direttore della rivista Radici Cristiane e della Fondazione Lepanto. Dal giugno 2003 al luglio 2004 è stato subcommissario e dal 22 luglio 2004 è vice presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Quella di vice del CNR è una carica politica alla faccia della tanto acclamata meritocrazia. E se il Presidente, del CNR, Luciano Maiani, è in quota PD, il vicepresidente sta dall’altra parte, in tutti i sensi anche della ragionevolezza più spicciola.
De Mattei è un “uomo” della destra, dal novembre 2004 al maggio 2006 Consigliere per le Relazioni istituzionali, politiche e culturali del Ministro degli Esteri al tempo presieduto da Gianfranco Fini. In Europa si è distinto durante la presidenza italiana nella battaglia sul riconoscimento delle radici cristiane affermando che se “ l'Europa vuole acquisire una dimensione politica e culturale oltre a quella meramente economica, ha bisogno di riscoprire per intero la sua identità, che può essere trovata solo nelle radici cristiane”.
Un anno e mezzo fa l'uscita del suo libro Evoluzionismo, una raccolta di atti di un seminario da lui organizzato nel 2009, e pubblicato con il contributo (9.400 euro) del Cnr, scatenò parecchie reazioni. Le tesi creazioniste sostenute da De Mattei, hanno detto scienziati come Piergiorgio Odifreddi, Nicola Cabibbo, Telmo Pievani, non hanno nulla a che vedere con la ricerca scientifica e non dovrebbero godere di finanziamenti pubblici e anche se si tratta di una cifra irrisoria certo è che una sciocchezza del genere non può avere la targa CNR. De Mattei, che crede fermamente nella "discussione aperta" in quell’occasione chiese di replicare al fronte dei suoi avversari.
Repubblica in un’intervista chiese al professore, se fosse giusto che il Cnr finanzi e promuova delle iniziative che secondo la comunità scientifica si basano su teorie infondate? «Il contributo finanziario è stato minimo ed è servito allo scopo, che era quello di aprire una discussione su idee che altrimenti sarebbero passate sotto silenzio. Ora tutti si concentrano su questo aspetto e nessuno vuole discutere nel merito i contributi del libro». Ma la comunità degli scienziati non ritiene che le idee creazioniste abbiano una base scientifica. Per questo non le vuole discutere. Sarebbe come, si dice, mettere ogni giorno in discussione l' acquisizione che la terra sia rotonda e non piatta come descritta nella Bibbia. Nell’intervista aggiunge che “gli scienziati non dovrebbero atteggiarsi a casta intoccabile e invece aprirsi alle idee critiche”. E parlare di casta intoccabile in questo senso è veramente necessario più coraggio che anima. Nel caso di De Mattei poi l’anima è santa.

Per Senza Soste, Leila Chinapoli

La finta terremotata a Forum: «L'Aquila ricostruita, gente in hotel perchè gli fa comodo»


ECCO IL VIDEO INTEGRALE. L'AQUILA. La signora Marina di Popoli partecipa alla trasmissione tv Forum e L'Aquila insorge.

La donna infatti interpreta il ruolo di una terremotata ma racconta una città post sisma che non esiste.
Il copione recitato, scritto per lei dagli autori del programma, (i casi, sostengono dalla produzione Mediaset sono reali ma talvolta si utilizzano delle comparse che non vogliono andare in tv) è però lontano anni luce dalla situazione che da due anni vivono i veri aquilani.
La donna, in realtà originaria e residente a Popoli, provincia di Pescara, nel corso della ''causa'' spiega al giudice: «dobbiamo ringraziare solo il presidente Berlusconi. Non ci ha fatto mancare niente, ha dato a tutti case con giardini, garage e tutti lavorano. Voglio quei soldi (dal marito trascinato nel tribunale televisivo, ndr) perché tutte le attività hanno riaperto, tranne la mia. L’Aquila è in piena ricostruzione, sta tornando come prima. Sono rimasti fuori solo 300/400 persone, stanno in hotel perché gli fa pure comodo, mangiano, bevono e non pagano nulla, pure io ci vorrei andare».
La conduttrice Rita Dalla Chiesa non resta fuori dal dibattito e dopo una pausa pubblicitaria commenta: «per fortuna arrivano queste botte di ottimismo, come quella della signora Marina che dice: io la terremotata fissa non la voglio fare».
E la finta aquilana si addentra anche nel ricordo del maledetto 6 aprile (quando lei in realtà stava nel suo letto a Popoli e il terremoto lo ha avvertito decisamente con una intensità minore rispetto ai veri aquilani): «non riuscivo a capire cosa fosse, se era la guerra o il terremoto, la casa si girava...cadevano tutti...i lampadari. Si sono perfino staccati i termosifoni dal muro. Adesso sono cambiata, non prendo più la vita così...non possiamo più stare ad aspettare». E giù con ringraziamenti (con mini inchino) «al presidente».
Il marito, Gualtiero, sostiene invece che non tutto è riaperto....ma non a causa del sisma ma della crisi economica internazionale. Prova a far capire che L'Aquila non è stata ricostruita, che «il centro è tutto macerie» ma Marina insiste: «non è vero, L'Aquila sta tornando come prima».
Come mai», chiede Dalla Chiesa, «dal momento che abitate tutti e due a L'Aquila avete idee così contrastanti?»
«Io ci vivo e dico la verità», replica Marina, «è successo il terremoto, subito sono arrivati i soccorsi (e giù applausi a Bertolaso chiesti da Dalla Chiesa), hanno messo le tendopoli, poi hanno consegnato le case con giardino e garage. 300-400 sono in hotel ma perchè ci vogliono restare».
La realtà è ben diversa, e L'Abruzzo lo sa. L'ultimo bollettino sulla popolazione assistita (aggiornato al 22 marzo) dice che ci sono ancora 1.112 persone negli alberghi delle 4 province e di sicuro non ci vogliono restare.
Il caso è rimbalzato in rete. Su Facebook è esplosa la protesta. Ma anche su You Tube. I commenti al video sono infuocati e c'è anche chi se la prende con la conduttrice: «Rita....per fortuna che tuo padre non può vederti».
«Questa è la vera propaganda...che si fa attraverso trasmissioni popolari molto più che attraverso le trasmissioni di approfondimento», dice un altro commento. «C'è gente che abbocca, purtroppo e la maggioranza degli italiani».
«Come si può sciacallare su una cosa del genere pur di continuare il lavaggio dei cervelli in questa nostra povera Italia. le scuse andrebbero agli aquilani e a tutti gli italiani. io le aspetto!!!!». «2009 l'Aquila distrutta. 2011 l'Aquila insultata.»
In una intervista a Repubblica di Giuseppe Caporale la comparsa ammette di non capire le critiche: «Ma che vogliono questi aquilani? Ma lo sanno tutti che è una trasmissione finta". Si dice, la signora Villa, molto sorpresa dalla rabbia dei terremotati: «Ma che pretendono. Io non c'entro nulla. Ho chiesto di partecipare alla trasmissione e quando gli autori hanno saputo che ero abruzzese, mi hanno chiesto di interpretare quel ruolo. Mi hanno spiegato loro quello che avrei dovuto dire". Marina racconta di essere stata pagata: "Mi hanno dato 300 euro. Come agli altri attori. Anche Gualtiero, che nella puntata interpretava mio marito, recitava. Lui è un infermiere di Ortona. Hanno scelto un altro abruzzese per via del dialetto».
E L'Aquila aspetta le scuse.
RITA DALLA CHIESA:«NON MI MERITO LE ACCUSE DELLA GENTE»

Nel corso della trasmissione di questa mattina Rita Dalla Chiesa ha respinto al mittente le accuse piovute sulle trasmissione dal web. «Non mi merito le vostre accuse», ha detto con la voce commossa, «soprattutto non accetto che voi mettiate in mezzo mio padre dicendo che devo vergognarmi».
La conduttrice ha rivendicato il lavoro fatto dalla sua trasmissione nei giorni successivi al 6 aprile: «abbiamo interrotto le cause, abbiamo raccolto beni per gli aquilani, abbiamo mandato anche i peluches ai bambini o fornito i dati bancari per i versamenti».
Dalla Chiesa ha rivendicati anche l'autenticità della storia tirando fuori la scheda della signora Marina: «è di Popoli, abbastanza vicino ad Onna», ha detto, «e ci ha raccontato la sua vicenda».
Questa versione contrasta però con quanto detto dalla donna a Repubblica sostenendo di essere stata pagata per interpretare un ruolo scritto per lei dagli autori.
«Io l'ho detto alla fine della trasmissione», ha continuato la conduttrice, «noi non siamo sul posto e non so quali sono le reali condizioni della città. La nostra non è una trasmissione politica e siamo stati tirati in ballo a torto».

Sisma, la finta terremotata di Forum: "Chiedo scusa a tutti gli aquilani"

"Non immaginavo di scatenare questo putiferio, chiedo scusa all'Aquila e all'Abruzzo". Marina Villa, 50 anni di Popoli, chiede perdono per le frasi dette durante la trasmissione televisiva Forum, condotta da Rita Dalla Chiesa su Canale 5. La figurante interpretava la parte di una "terremotata aquilana e commerciante di abiti da sposa" in separazione dal marito. Marina, oltre che interpretare il ruolo assegnatole nella finta causa, è andata oltre e ha fatto il punto sulla ricostruzione: "L'Aquila è ricostruita"; "Ci sono case con giardini e garage"; "La vita è ricominciata"; e soprattutto quel "ringraziamo il presidente..." che ha fatto scappare le polemiche. Parole che, sostiene Rita: "Nessuno mi ha detto di dire queste cose, le ho dette di mia iniziativa per rendere la cosa più vera", ma di cui ora chiede scusa pubblicamente (intervista di Claudio Lattanzio)
lunedì 28.03.2011

VIDEO DI SCUSE DELLA FINTA TERREMOTATA :

http://ilcentro.gelocal.it/laquila/multimedia/2011/03/28/video/sisma-la-finta-terremotata-di-forum-chiedo-scusa-a-tutti-gli-aquilani-28937823/1?ref=HREC1-5

martedì 29 marzo 2011

5 GIORNI DI TORTURA

Quando qualche giorno fà ho letto questa mail mi ha pervaso un senso di orrore e di rabbia nello stesso tempo perché sembra di essere ancora per certi versi e certe usanze poliziesche ai tempi dell'Inquisizione.
E come ai quei tempi la caccia alle streghe era una ricerca per accusare degli inesistenti colpevoli,perché la storia che si narra più avanti e che riguarda una ragazza,Beatriz Extebarria,sembra che arrivi direttamente dal Medioevo.
Sembra poiché i metodi usati sono gli stessi di cinquecento anni fà,violenza verbale e fisica,tortura,violenza sessuale da parte di appartenenti alle forze dell'ordine che dovrebbero garantire la difesa e l'incolumità delle persone:sono convinto che parecchi sbirri leggendo quello che è capitato a questa ragazza(e capita sempre in Spagna e fortunatamente Beatriz ha avuto l'opportunità di non morire e di poter raccontare)proverebbero loro stessi un sentimento di odio verso certi personaggi che con la difesa dell'ordine non c'entrano proprio nulla.
Raccomando di leggere attentamente quello che segue e d'indignarsi e protestare,di curare sul sito degli Euskal Herria Lagunak tempi e modi per poterlo fare(http://www.ehlitalia.com/) perché durante il periodo che la polizia spagnola,che sia laguardia civil o la policia nacional o ertzaintza(la polizia autonoma basca)può detenere chiunque sia in odore di terrorismo per un periodo di cinque giorni senza che i fermati possano vedere qualcuno,in totale isolamento(ma non dalle torture).
Questo che è il periodo chiamato dell'incomunicaciòn in cui se ti va bene sopravvivi,ti fanno sputare confessioni assolutamente false solo per attenuare le sevizie come nel caso della ragazza basca(salvo poi successivamente negare le dichiarazioni rese e denunciare le torture),con i torturatori che premono anche sul fatto di andare a prelevare amici e parenti e di abusare pure di loro.
Queste bestie meriterebbero come minimo di subire lo stesso trattamento,nessun'altra guancia da porgere,solo rabbia e odio verso queste merde aguzzine e assassine di Stato.
Inviamo di seguito e in allegato la traduzione italiana della dichiarazione di Beatriz Etxebarria in cui racconta in maniera dettagliata le torture subite per mano degli apparati repressivi dello Stato Spagnolo.

La traduzione e la breve introduzione sono a cura del Comitato di Solidarietà con i Paesi Baschi - Napoli.
Beatriz Etxebarria è stata arrestata su ordine del tristemente noto giudice Fernando Grande-Marlasca il 1° marzo 2011, dal corpo di polizia della Guardia Civil, e tenuta in isolamento totale per 5 giorni.
La dichiatrazione è stata redatta il 6° giorno, 6 marzo, nel carcere di Soto del Real.
Quando si parla di torture, di violenze fisiche e psicologiche ai danni dei detenuti si è sempre portati a pensare a luoghi lontani, geograficamente e non solo.
Dici tortura e pensi a Guantanamo, ad Abu Ghraib, alle dittature che hanno insanguinato l’America Latina nel corso degli anni Settanta o ai regimi fascisti del Novecento. Eppure, nel cuore dell’Europa la tortura continua ad essere praticata. La Spagna, uno degli stati che viene posto come esempio di transizione riuscita dal fascismo franchista ad una compiuta democrazia liberale, si rende ogni giorno autore di atroci crimini contro i prigionieri politici baschi. Al momento in galera ce ne sono quasi 800.
La testimonianza che segue è solo l’ultima in ordine di tempo. Beatriz Etxebarria è stata arrestata insieme ad altri tre compagni lo scorso 1 marzo. Lo stato spagnolo li accusa di essere membri dell’ETA e di aver dato vita ad una serie di azioni di stampo terrorista tra il 2006 ed il 2009. Nel testo che ha scritto una volta che è stata trasferita in carcere, riporta le torture subite durante i cinque giorni in cui è stata sottoposta al regime di isolamento. Si tratta di abusi terribili che non possono non far stringere il cuore e suscitare indignazione. Ma questa da sola non serve a far cambiare le cose. Occorre capire, interrogarsi, denunciare, affinché lo stato spagnolo metta fine a questa guerra sporca contro il popolo basco, affinché raccolga la sfida lanciata dalla sinistra abertzale (indipendentista) basca di risoluzione pacifica e democratica del conflitto.

Traduzione dal castigliano (http://www.kaosenlared.net/media/26/26425_0_BEATRIZ_ETXEBERRIA_esp.pdf) e note a cura del Comitato di Solidarietà con i Paesi Baschi - Napoli

La detenzione.

Intorno alle 4 del mattino dell’1 marzo del 2011 fecero saltare la mia porta. Mi afferrarono per i capelli e mi trascinarono di fretta nel salone. Avevo solo il reggiseno e mi impedirono di indossare dei vestiti durante la perquisizione.
Nel salone, mi fecero sedere con violenza sul divano, cercando di mettermi le manette. Si arrabbiarono perché mi stavano piccole. E mentre ero ancora seduta sul divano mi dissero: “Vedrai cosa ti aspetta in questi 5 giorni” (si tratta del periodo di “incomunicación”, cioè di isolamento, cui sono sottoposti i prigionieri politici, NdT).
Durante la perquisizione c’erano molti poliziotti (Guardia Civil). Ad un certo punto, durante la perquisizione, uno di loro mi disse di aver trovato delle targhe della Guardia Civil. Erano le sue.
Durante la perquisizione dello stanzino, mi sentii svenire. Mi afferrarono forte il braccio, lasciandomi dei segni. Mi misero delle manette di corda che mi stringevano sempre di più.
Quando uscimmo di casa, mi minacciarono affinché non guardassi né parlassi con il mio compagno. Mi portarono alla macchina, impedendomi di assistere al resto della perquisizione.
Fui portata dinnanzi al giudice (forense) di Bilbo (Bilbao), lì mi osservarono per bene. Avevo dei segni sui polsi causati dalle manette, vene gonfie, graffi, le braccia rosse e irrigidite.
Il viaggio.

Mi fecero entrare nella volante. Mi obbligarono a chiudere gli occhi, coprendoli con una mano. Li sentii parlare di un incontro con le altre auto. Si fermarono. Uno di loro, che si faceva chiamare il “commissario”, mi fece scendere dalla volante per entrare in una macchina normale. Subito iniziò ad urlarmi all’orecchio e a minacciarmi: “Sono un militare e sono addestrato per uccidere”. Mi disse che avevo solo due opzioni: parlare subito o meno. Poi prese un sacchetto e me lo mise in testa (si tratta di uno dei metodi di tortura più usati dai poliziotti spagnoli: al detenuto\a viene chiusa intorno alla testa una busta di plastica. Quando il detenuto perde conoscenza viene tolta la busta. La sensazione che provoca nel detenuto è stata descritta come “quello che c’è di più vicino alla morte”, NdT).
Durante il viaggio verso Madrid, mi picchiarono, mi diedero degli schiaffi sulla testa, mi minacciarono costantemente. Mi dissero: “ti faccio spogliare e rotolare nella neve. Ti scavo la fossa”, arrestando la macchina con questo proposito. Il commissario si tolse la giacca, iniziando a sfregarsi contro il mio corpo. L’altro poliziotto, che stava al suo fianco, cercò di “placare” il “commissario”, che comunque mi minacciò. Durante il viaggio verso Madrid, mi avvolsero due volte la testa nella busta, continuando ad urlarmi nelle orecchie e a minacciarmi su quello che avrei passato a Madrid.

In commissariato.

C’erano diverse stanze: una da cui provenivano le urla degli altri detenuti e un’altra, situata al piano inferiore, che sembrava isolata e con un trattamento più duro. La prima la chiamerò la “stanza dura”, la seconda la “più dura”.
Seguirono le minacce e il “commissario” mi mise in una cella, dicendomi che avrei dovuto pensare molto bene a quello che avrei fatto. Mi fecero uscire dalla cella e mi portarono davanti al “forense”. Erano circa le 20:30 del martedì. Denunciai la tortura e mi riportarono in cella.
Mi portarono nella “stanza dura”. Lì sentii le grida degli altri detenuti e delle altre detenute. Mi fecero sedere su una sedia e mi bagnarono le mani, intanto sentivo i rumori di qualcosa che mi sembravano elettrodi. Sentivo gli stessi rumori anche dalla cella. Mi dissero che dovevo parlare e iniziarono a togliermi i vestiti fino a lasciarmi completamente nuda. E mentre ero nuda mi tirarono acqua fredda addosso. Mi rimisero la busta in testa per tre volte consecutivamente. Minacciarono di sottopormi alla bañera (altra tecnica di asfissia. La testa del detenuto viene introdotta a forza in un recipiente pieno d’acqua, a volte il water. Spesso i detenuti, dopo essere svenuti si sono risvegliati a terra, in stato di semincoscienza, NdT). Mentre ero nuda, mi misero carponi su una sorta di sgabello. Applicarono della vaselina nell’ano e nella vagina, introducendovi un oggetto. Mi lasciarono nuda, mi avvolsero in una coperta e iniziarono a colpirmi. Mi afferrarono, mi schiaffeggiarono e poi mi alzarono di peso dal suolo.
Mi riportarono in cella dove rimasi fino alla mattina del mercoledì, quando tornai dal forense. Gli raccontai quello che stavo subendo ma la sua reazione non fu per niente positiva. Ritornai in cella dove tentai di “riposare”. Ma dopo poco, arrivò il “commissario”, mi fece uscire dalla cella e mi riportò nella “stanza più dura”. Mi spogliò di nuovo. Mi prese per i capelli, mi picchiò e mi urlò all’orecchio che era un militare addestrato per uccidere, aggiunse che avrebbe “distrutto tutto ciò che avevo dentro affinché io non potessi mai avere dei piccoli etarras (militanti di ETA, NdT)”.
Mi riportò in cella e, poi, di nuovo, dal forense (terza visita). Non gli dissi niente, vista la reazione dell’ultima visita in cui gli avevo parlato delle torture.
Durante gli interrogatori c’era sempre molta gente, una volta contai più di 7 voci differenti. Mi minacciavano costantemente sul mio compagno (mi dicevano che mi avrebbero fatto sentire come lo torturavano). Minacciavano di detenere anche mio fratello. Mi dicevano che non lo avrebbero preso solo ma con la mia famiglia, che avrebbero preso anche mia nonna “in mutande e che l’avrebbero scopata”.
Il penultimo giorno “il commissario” mi spogliò di nuovo. Mise una coperta a terra e disse che mi avrebbe violentata un’altra volta. Ebbi l’impressione che si stesse spogliando, lo sentii togliersi la cintura. A questo punto, quello che chiamano Garmendia cercò di tranquillizzarlo, lo fece uscire dalla stanza, li sentii parlare. Garmendia entrò di nuovo nella stanza e mi disse che gli aveva promesso che avrei parlato. L’ultimo giorno ebbi sei interrogatori. La seconda dichiarazione alla polizia la feci il sabato alle 5:40. Dopo questa non mi fecero più spogliare.
Dopo le dichiarazioni erano meno aggressivi e mi chiesero addirittura se volevo incontrare Iñigo (il compagno di Beatriz, arrestato nel corso della stessa operazione della Guardia Civil, NdT).
Le minacce non cessarono fino all’Audiencia Nacional, e, anche nel furgone che mi trasportava al tribunale, il “commissario”, che stava seduto al mio fianco, continuava a dirmi che avrei dovuto confermare la mia dichiarazione davanti al giudice.
Durante l’intero periodo di “incomunicación”, ad eccezione degli incontri con il forense, ebbi sempre gli occhi tappati con più maschere. Alcune erano di lattice e avevano una polverina che dicevano che se avessi aperto gli occhi mi avrebbe reso cieca. Io notavo che quando me la toglievano, per andare dal forense, mi bruciavano gli occhi per un po’. Quando stavo con il “commissario” mi mettevano un’altra maschera che era simile al velluto.
Durante la “incomunicación” stetti soprattutto con tre poliziotti, anche se durante gli interrogatori c’era sempre molta gente nella stanza. Da una parte, i due che si facevano chiamare il “commissario” e l’“ispettore”. C’era una sorte di competizione tra i due, per chi riusciva ad ottenere più informazioni. Dall’altro “Garmendia”, meno selvaggio, che però ugualmente mi minacciava e mi faceva pressioni affinché dichiarassi quello che mi dicevano.
In uno degli interrogatori il “commissario” mi chiese quale corpo militare (Guardia Civil, polizia spagnola o Ertzaintza) torturasse meglio. Ripeteva sempre che era un militare e che era addestrato per uccidere.
Davanti al giudice negai la dichiarazione rilasciata alla polizia e denunciai le torture.

sabato 26 marzo 2011

ROMANENGO COMUNE VIRTUOSO

Ottima iniziativa quella del comune cremasco di Romanengo che sotto la guida del sindaco Marco Cavalli ha approvato una delibera lo scorso 11 febbraio che dichiara la cittadina libera da ogni pregiudizio razziale.
A parte la minoranza che si è astenuta dal voto(ovvero era contro ma non hanno avuto i coglioni per dichiararlo)l'atto è passato,ed in particolare un consigliere dell'opposizione,tale Marco Pozzi,durante la sua doverosa(di diritto)dichiarazione ha mostrato un razzismo proprio del più ignorante modo di pensare che circola ahimè anche nel nostro territorio.
L'articolo postato per primo è firmato dal direttore di"Crema on-line"Andrea Galvani e riporta l'approvazione del vescovo di Cremona Dante Lanfranconi dopo aver letto il testo integrale della delibera(che si trova alla fine del post odierno)oltre che un riassunto che il provvedimento porta in sè.
Forse per mia ignoranza o perché certe iniziative non hanno ampio respiro come altre(o solo per il fatto che quando una cosa la si fa bene non fa notizia!)nella nostra zona sono pochi i comuni che presentano eventi o documenti virtuosi come quelli di Romanengo,mi vengono in mente Vaiano Cremasco sotto la giuda del sindaco Alchieri oppure Castelleone ai tempi della Tomasetti o anche Crema quando c'era il centrosinistra al potere,fatto sta che certe cose che dovrebbero essere il pane quotidiano delle relazioni sociali tra le persone devono essere ricordate tramite tali iniziative.
Chi dimentica è perduto.

Romanengo ed il suo territorio, per delibera comunale, sono contro il pregiudizio razziale. Il testo integrale, le congratulazioni del vescovo.


di Andrea Galvani
Romanengo - Romanengo ed il suo territorio sono "privi da ogni pregiudizio razziale". Non si tratta di un pensiero, di una constatazione, di un desiderio, quanto di una vera e propria delibera comunale. Va da sè che chiedere anche l'unanimità sarebbe stato troppo. Nessuno comunque ha votato contro: la cronaca registra 9 consiglieri favorevoli e 4 astenuti. Nella delibera - integrale in allegato - viene precisato che "ritenuto in coerenza con le politiche di accoglienza e di solidarietà costituenti i tratti distintivi dell'amministrazione comunale", si proceda "alla solenne dichiarazione di rifiuto di ogni forma di razzismo e di pregiudizi razziali nonchè di ogni relativa propaganda oltraggiosa dei diritti fondamentali dell'individuo e della stessa civiltà umana".

Indiani brava gente.

L'iniziativa ha l'obiettivo di "contrastare con forza e fermezza ogni comportamento xenofobo e destabilizzante in grado cioè di arrecare una seria turbativa alla comunità locale ed ai suoi rapporti con gli stranieri residenti, salvaguardare la pacifica convivenza della Comunità di Romanengo esaltandone l'orgoglio storico di Comunità operosa e capace di saper difendere i valori fondamentali della democrazia e primo fra tutti l'uguaglianza fra i popoli", infine "rinsaldare ogni vicinanza e solidarietà allo straniero ed in particolare alla Comunità indiana, notoriamente costituita da persone dignitose e operose ed a cui và riconosciuto il magnifico apporto sociale ed economico, non è infatti superfluo rimarcare il vantaggio e le utilità che tale forza lavoro arreca alle aziende e all'economia locale".

Le congratulazioni del vescovo.

In una lettera inviata alla responsabile della segreteria generale di Romanengo, Graziella Carlino il vescovo di Cremona Dante Lafranconi scrive: "Ho ricevuto il Verbale di deliberazione del Consiglio Comunale di Romanengo avente per oggetto "Dichiarazione solenne di riconoscimento del territorio di Romanengo libero da ogni pregiudizio razziale". L'ho letto con interesse e mi congratulo sinceramente per quanto è stato scritto e approvato".

COMUNE DI ROMANENGO


Provincia di Cremona

Prot. N.

VERBALE DI DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE

Originale N. 16 del 11/02/2011

OGGETTO: ORDINE DEL GIORNO IN MERITO ALLA "DICHIARAZIONE
SOLENNE DI RICONOSCIMENTO DEL TERRITORIO DI
ROMANENGO LIBERO DA OGNI PREGIUDIZIO RAZZIALE"

L'anno duemilaundici, addì undici del mese di  febbraio alle ore 21.00, nella Sala
Consiliare del Palazzo Comunale, previo esaurimento delle formalità prescritte dalla Legge
e dallo Statuto, si è riunito sotto la presidenza del Sindaco Marco Cavalli il Consiglio
Comunale.

N. Cognome e Nome PRESENTI ASSENTI

1 CAVALLI Marco SI

2 CARIONI Alessandra SI

3 CURLO Luisa SI

4 GRECHI Francesco SI

5 GRIMALDELLI Maria SI

6 GRITTI Valentina Micol SI

7 INTRIERI Paola SI

8 PASTORMERLO Eros SI

9 SCIO Luigi SI

10 POLLA Attilio SI

11 POZZI Marco SI

12 SALVI Raffaele SI

13 SCHIAVINI Ada SI

TOTALI 13 0

Sono presenti gli Assessori Esterni : .

Partecipa il SEGRETARIO GENERALE Dott.ssa Graziella Carlino

Il Presidente, riconosciuta legale l'adunanza, dichiara aperta la seduta ed invita il Consiglio a
trattare l'argomento di cui in oggetto.

OGGETTO: ORDINE DEL GIORNO IN MERITO ALLA "DICHIARAZIONE
SOLENNE DI RICONOSCIMENTO DEL TERRITORIO DI ROMANENGO
LIBERO DA OGNI PREGIUDIZIO RAZZIALE"
IL CONSIGLIO COMUNALE

RITENUTO in coerenza con le politiche di accoglienza e di solidarietà costituenti i tratti
distintivi dell'amministrazione comunale, procedere alla solenne dichiarazione di rifiuto di
ogni forma di razzismo e di pregiudizi razziali nonchè di ogni relativa propaganda oltraggiosa
dei diritti fondamentali dell'individuo e della stessa civiltà umana;

RITENUTO in particolare di:
contrastare con forza e fermezza ogni comportamento xenofobo e destabilizzante in grado
cioè di arrecare una seria turbativa alla comuinità locale ed ai suoi rapporti con gli
stranieri residenti come quello recentemente consumatorsi sul territoriolocale che ha visto
la comunità indiana direttamente chiamata in causa da deliranti volantini a sfondo
palesemente razzista fatti circolare da taluni individui non facenti parte della comunità
locale, che privi di ogni scrupolo, con la loro azione di volantinaggio dissennato, hanno
mai ricambiato l'ospitalità concessagli dalla stessa amministrazione comunale;

salvaguardare la pacifica convivenza della Comunità di Romanengo esaltandone
l'orgoglio storico di Comunità operosa e capace di saper difendere i valori fondamentali
della democrazia e primo fra tutti l'uguaglianza fra i popoli;

rinsaldare ogni vicinanza e solidarietà allo straniero ed in particolare alla Comunità
indiana, notoriamente costituita da persone dignitose e operose ed a cui và riconosciuto il
magnifico apporto sociale ed economico, non è infatti superfluo rimarcare il vantaggio e
le utilità che tale forza lavoro arreca alle aziende e all'economia locale;

VISTO ed esaminato il documento contenente la riaffermazione solenne di taluni principi
fondamentali del vivere civile, e di cui viene data integrale lettura dal Consigliere GRECHI
come dal testo qui allegato sotto la lett. "A";

Uditi gli interventi dei seguenti Consiglieri:

il Consigliere POZZI:

- dice che a Romanengo non si sono mai verificati episodi di razzismo;

- ricorda ci si rifà a un documento approvato dal Comune di Pessina Cremonese per la costruzione di un tempio Sikh;

- sottolinea che se un cittadino rispetta la Costituzione ha già rispettato questo documento;

- si chiede se gli extracomunitari hanno fatto anche loro una dichiarazione solenne verso gli
italiani;

- ritiene che sia opportuno discutere dei problemi della gente;

- ricorda poi che alcuni anni fa è stata bocciata un' iniziativa di legge per dare la pensione ai
reduci della Repubblica sociale: questa, dice, è discriminazione;

- infine si rammarica che il Sindaco nelle comunicazioni non abbia fatto riferimento alle Foibe e
alla Shoa.

il Consigliere INTRIERI che si dice offesa come essere umano dalle parole del Consigliere Pozzi.

IL SINDACO conclude dicendosi dispiaciuto per quello che ha sentito dire. Si chiede se il
Consigliere Pozzi legge i giornali per capire che la Costituzione non sempre viene rispettata e
dice di cogliere una certa discriminazione nelle sue parole. Ricorda che ci sono anche nelle
nostre scuole episodi di discriminazione razziale, per questo, pensa che valga la pena di
ribadire concetti che sembrano scontati.

VISTO il parere di regolarità tecnica reso ai sensi dell'art. 49 del D.Leg.vo 267/2000;
CON VOTI favorevoli n. 9, astenuti n. 4 (Polla, Pozzi, Salvi e Schiavini) resi per alzata di
mano;

D E L I B E R A

1) di approvare il documento integralmente allegato sotto la lett. "A" al presente atto;

2) di dichiarare solennemente il territorio del Comune di Romanengo libero o da ogni
pregiudizio razziale.

Allegato "A" alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 16 del 11.02.2011
Comune di Romanengo
Provincia di Cremona

"Cittadino ricorda,

a - QUELLO CHE TU CHIAMI STRANIERO PENSA CHE E’ NATO COME TE,
GODE DELLO STESSO CIELO, RESPIRA LA STESSA ARIA, VIVE E MUORE,
COME VIVIAMO E MORIAMO NOI. PUOI VEDERLO LIBERO CITTADINO O
ATTRAVERSO LA SCHIAVITU’ DEI TUOI PREGIUDIZI. ( Seneca)

b - LA VERA LIBERTA’ E’ L’AFFRANCAMENTO DAI PREGIUDIZI;

c - LA VIOLENZA HA LE PROPRIE RADICI NELLA DEBOLEZZA, …. SII FORTE;

d - LA REPUBBLICA ITALIANA RICONOSCE E GARANTISCE I DIRITTI
INVIOLABILI DELL’UOMO SIA COME SINGOLO SIA NELLE FORMAZIONI
SOCIALI OVE SI SVOLGE LA SUA PERSONALITA’, E RICHIEDE
L’ADEMPIMENTO DEI DOVERI INDEROGABILI DI SOLIDARIETA’
POLITICA ECONOMICA E SOCIALE

 (art 2 della Costituzione Italiana);

e - TUTTI I CITTADINI HANNO PARI DIGNITA’ SOCIALE E SONO EGUALI
DAVANTI ALLA LEGGE, SENZA DISTINZIONI DI SESSO, DI RAZZA , DI
LINGUA, DI RELIGIONE, DI OPINIONI POLITICHE, DI CONDIZIONI
PERSONALI E SOCIALI.- E’ COMPITO DELLA REPUBBLICA RIMUOVERE
GLI OSTACOLI DI ORDINE ECONOMICO E SOCIALE CHE LIMITANDO DI
FATTO LA LIBERTA’ E L’EGUAGLIANZA DEI CITTADINI, IMPEDISCONO IL
PIENO SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA E L’EFFETTIVA
PARTECIPAZIONE DI TUTTI I LAVORATORI ALL’ORGANIZZAZZIONE
POLITICA ED ECONOMICA E SOCIALE DEL PAESE

(art. 3 della Costituzione Italiana)

f - TUTTE LE CONFESSIONI RELIGIOSE SONO EGUALMENTE LIBERE
DA VANTI ALLA LEGGE. LE CONFESSIONI RELIGIOSE DIVERSE DALLA
CATTOLICA HANNO DIRITTO DI ORGANIZZARSI IN QUANTO NON
CONTRASTINO CON L’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

(art. 8 della Costituzione Italiana)

g - TUTTI HANNO DIRITTO DI PROFESSARE LIBERAMENTE LA PROPRIA FEDE
RELIGIOSA IN QUALSIASI FORMA, INDIVIDUALE O ASSOCIATA, DI FARNE
PROPAGANDA E DI ESERCITARNE IN PRIVATO O IN PUBB IL CULTO,
PURCHE’ NON SI TRATTI DI RITI CONTRARI AL BUON COSTUME

(art. 19 dellaCostituzione Italiana)

h - E’ VIETATA QUALSIASI FORMA DI DISCRIMINAZIONE FONDATA IN
PARTICOLARE SUL SESSO, LA RAZZA, IL COLORE DELLA PELLE O
L’ORIGINE ETNICA E SOCIALE, LE CARATTERISTICHE GENETICHE, LA
LINGUA, LA RELIGIONE O LE CONVINZIONI PERSONALI, LEOPINIONI
POLITICHE O DI QUALSIASI ALTRA NATURA, L’APPARTENENZA AD UNA
MINORANZA NAZIONALE, IL PATRIMONIO, LA NASCITA, GLI HANDICAP,
L’ETA’ O LE TENDENZE SESSUALI.

(art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7.12.2000)

i - TUTTI GLI ESSERI UMANI NASCONO LIBERI ED EGUALI IN DIGNITA’ E
DIRITTI. ESSI SONO DOTATI DI RAGIONE E COSCIENZA E DEVONO AGIRE
GLI UNI VERSO GLI ALTRI IN SPIRITO DI FRATELLANZA.
(Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo Parigi 10.12.1948)

j - GLI UOMINI NASCONO E RIMANGONO LIBERI E UGUALI NEI DIRITTI

(art.1 dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789)

In quanto sopra esposto si coglie la fortuna evolutiva del pensiero nobile dell’umanità nel
momento in cui la stessa riconosce per la sopravvivenza del genere umano un ruolo centrale e
preminente alla cultura dei diritti dell’Uomo; venendo meno tale cultura la storia ci insegna
necessariamente come anche nell’epoca contemporanea si concede spazio ai grandi scandali
come i crimini contro l’umanità, il genocidio, il razzismo, la negazione dell’autodeterminazione
dei popoli, la tortura, la fame, l’eliminazione fisica degli oppositori e così via.
La salvaguardia dei diritti dell’uomo rappresenta quindi la straordinaria affermazione di civiltà e
di vero progresso, valori portatori di linfa vitale agli stessi ideali di libertà e della democrazia che
devono sostenere incessantemente gli animi e le azioni di ogni cittadino ivi compresi quelli
appartenenti alla comunità locale, ragione per cui il territorio comunale viene formalmente e
solennemente dichiarato libero da ogni pregiudizio nonché da ogni forma patente o latente di
discriminazione della dignità della persona.

Si dispone la trasmissione di tale solenne documento:

· Al Presidente della Repubblica On. GIORGIO NAPOLITANO quale primo ed eccellente
garante della Costituzione della Repubblica Italiana;
· Ai Presidenti delle due camere per i rispettivi doveri di vigilanza istituzionale;
· Al Sig. Ministro dell’Interno ed al Prefetto della Provincia di Cremona, quali tutori
dell’ordine e della sicurezza pubblica;
· Al Vescovo di Cremona affinchè lo stesso tragga ulteriore forza e sostegno nella propria
delicata azione pastorale;
· Al Presidente della Provincia di Cremona per opportuna conoscenza, in ossequio al proprio
fondamentale ruolo strategico e di coordinamento istituzionale del territorio provinciale avuto in
particolare sulla localizzazione del tempio Sikh;
· Al Procuratore della Repubblica Presso il Tribunale di Crema;
· Alle Organizzazioni sindacali territoriali, per ogni opportuna conoscenza;
· Ai vertici provinciali dei partiti politici rappresentati in parlamento.

Letto, confermato e sottoscritto

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Marco Cavalli

IL SEGRETARIO GENERALE
Dott.Ssa Graziella Carlino

ADEMPIMENTI RELATIVI ALLA PUBBLICAZIONE

Si attesta:

[X] che copia della presente deliberazione viene pubblicata ai sensi dell'art 32, comma 1, della Legge 8 giugno 2009 n. 69, nel sito web istituzionale di questo Comune accessibile al pubblic2o2 ilf ebbraio 2011 ed ivi rimarrà per 15 giorni consecutivi.

IL SEGRETARIO GENERALE
Carlino Dott.ssa Graziella

ESECUTIVITA'

La presente deliberazione:
E' divenuta esecutiva il 04/03/2011

IL SEGRETARIO GENERALE
Carlino Dott.ssa Graziella

venerdì 25 marzo 2011

GRANDISSIMI GLI ANTIFASCISTI A PALERMO

Era nell'aria da qualche giorno e prontamente gli antifascisti hanno espresso giustamente il loro dissenso nel confronto di un centinaio da ratti di fogna di Ca$$a Puond che si sono assembrati per la presentazione di un libro che li riguardava,evidentemente ignorando il fatto che non sia di sole immagini ma composto di parole scritte.
Gli articoli tratti da Indymedia Lombardia aggiunti alla fine raccontano la cronaca dell'accaduto grazie ad interventi tratti da"Repubblica"e con uno scritto di Romina Marceca e di Dario Prestigiacomo,ma prima c'è il commento politico di"Bandaradio"tra l'altro autore del video di fine post.
Analisi vere dove si rimarca il ruolo degli sbirri come appartenenti e protettori dei neonazifascisti di CP,che si riescono bene a vedere nel video in modo che qualche compagno palermitano possa riconoscere e agire di conseguenza,con un rappresentante credo della Digos che dopo la prima carica rimanda di sassate il corteo antifascista.
Eh sì,diverse cariche a cui i coraggiosi e bravi antifascisti siciliani hanno tenuto testa fino a quando hanno potuto e retto,facendomeli apprezzare parecchio:questi ragazzi e ragazze sono d'esempio per il movimento dell'antifascismo militante,sempre presenti e sempre pronti!

Video: Palermo: scontri presentazione libro Casapound alla Mondadori a Palermo.

Palermo : Ancora una volta, la stretta ed efficace cooperazione tra forze di polizia e fascisti si dimostra palese quanto consolidata.

La Mondadori, che in questa situazione ha avuto un ruolo fondamentale nonostante una settimana di campagna di boicottaggio cittadino nei loro confronti, ha fatto i suoi oscuri conti e ha deciso di chiudere al pubblico la libreria per un pomeriggio, rinunciando a tutti gli eventuali introiti e di dedicarla totalmente alla presentazione del libro dei fascisti di Casa Pound.
Fascisti perchè così si dichiarano e da tali si comportano. Nella grande opera di revisionismo storico la cultura diventa un comodo cuscinetto che riporta l'opinione pubblica alla vecchia teoria degli opposti estremi ma questa non è una storia di "rossi" e "neri" perchè spesso si sminuisce il ruolo dei "blu".
Oggi sin dalle prime luci dell'alba la libreria Mondadori è stata militarizzata e con questo è stata garantita la presentazione del libro e il presidio di una cinquantina di militanti di estrema destra, protetti da due cordoni di polizia da un lato e guardia di finanza dall'altro in assetto antisommossa.
L'iniziativa è stata denunciata al prefetto in quanto, questa "semplice possibilità di espressione" è di chiaro stampo fascista e va in contrapposizione con la nostra costituzione ma questo poco importa a chi dovrebbe stare a tutela delle leggi.
Le forze dell'ordine hanno mantenuto la parola data: proteggere i neofascisti e caricare chi si è opposto a coloro i quali, fanno propaganda razzista, xenofoba e sessista, dietro la retorica della libertà di espressione. A differenza di ciò che è stato scritto da certa stampa compiacente, CasaPound non è nuova ad episodi di pestaggi, accoltellamenti e aggressioni.
In realtà oggi, un piccolo spazio lo hanno avuto in una libreria chiusa al pubblico blindati e scortati dalla polizia.

http://www.bandaradio.info/
[Palermo] Guerriglia in pieno centro feriti 9 poliziotti e un manifestante.

Centri sociali e red block hanno cercato di impedire, lanciando sassi e bottiglie, la presentazione del libro di Domenico Di Tullio "Nessun dolore, una storia di CasaPound" alla Mondadori.
Lancio di pietre, bottiglie, fumogeni e una bomba carta contro poliziotti in tenuta antisommossa. Nove agenti e un manifestante feriti lievemente. Questo il bilancio degli scontri tra esponenti dei centri sociali e red block che cercavano d'impedire la presentazione del libro di Domenico Di Tullio "Nessun dolore, una storia di CasaPound" in programma nel pomeriggio alla libreria Mondadori a Palermo. Il traffico è stato bloccato.
I manifestanti hanno divelto cestini per i rifiuti e li hanno lanciati contro le forze dell'ordine che hanno risposto con lanci di lacrimogeni. La manifestazione contro la presentazione del libro che era stata annunciata è cominciata in modo pacifico da parte di studenti e aderenti allo Slai Cobas. Poi sono intervenuti giovani dei red block e dei centri sociali che hanno scatenato la guerriglia urbana. Le forze dell'ordine visioneranno numerosi filmati per identificare i responsabili della protesta.
Venerdì scorso erano comparse delle scritte come "Combatti il fascismo, boicotta Mondadori" sulle vetrine della libreria in via Ruggero Settimo. Altre scritte, tra cui una stella a cinque punte, erano state fatte poco lontano su un muro in via Magliocco. Esponenti di Giovane Italia e di CasaPound avevano sostenuto che le scritte erano legate alla presentazione del libro di Domenico Di Tullio. Una presentazione era già saltata l'11 febbraio scorso "per motivi di ordine pubblico".

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/03/23/foto/guerriglia_in_pieno...

Guerriglia urbana nelle vie del centro contro la presentazione di un libro

Dieci feriti (nove poliziotti e un manifestante). Cassonetti, vasi e blocchi di pietra divelti. Questo il bilancio degli scontri organizzati da red block e centri sociali per impedire la presentazione al Mondadori Multicenter del libro "Nessun dolore", organizzata dai militanti palermitani di CasaPound

di ROMINA MARCECA e DARIO PRESTIGIACOMO
Sono arrivati con i caschi in testa e le sciarpe sul viso. Armati di bastoni, pietre, bottiglie e latte di vernice. Quello che si temeva da giorni è accaduto. Per un'ora il salotto della città, tra piazza Verdi e via Ruggero Settimo, è diventato l'epicentro di una guerriglia urbana. E alla fine, quando l'aria appestata dai lacrimogeni si è rarefatta, i cassonetti e i cestini per i rifiuti distrutti sono stati tolti dalle strade assieme a cocci di vetro e pietre, c'è stata la conta dei feriti.
Dieci in tutto: nove poliziotti e un manifestante con un sopracciglio spaccato da un colpo di manganello. Una guerriglia scatenata dai Red Block e dal centro sociale "Anomalia" per tentare di impedire la presentazione del libro "Nessun dolore", romanzo di Domenico Di Tullio che racconta la storia di CasaPound, organizzazione di estrema destra.
Da una parte la "zona rossa", creata con uno spiegamento straordinario di forze di polizia a protezione del Mondadori Multicenter, dove si erano radunati una sessantina di militanti di CasaPound. Dall'altra un centinaio di manifestanti: qualcuno armato solo di megafono e volantini, altri invece pronti allo scontro. Un pomeriggio di alta tensione, cominciato alle 15,30, quando la Mondadori chiude gli ingressi. Tra i ragazzi di CasaPound il nervosismo è palpabile. A dare loro manforte sono arrivati i militanti di Roma, ma anche quelli della Giovane Italia, de La Destra e dello Spazio sociale Cervantes di Catania. In tutto, sono anche loro un centinaio. A circondarli ci sono nove camionette e ottanta tra poliziotti, carabinieri e finanzieri.
A completare il plotone di sicurezza, i 14 vigilantes chiamati dalla Mondadori.
La temperatura comincia a salire. Si sparge la voce che un gruppo di manifestanti si è messo in marcia dal centro sociale "Anomalia" di via Archirafi. Manca un quarto d'ora alle quattro: i poliziotti scendono dalle camionette e, con l'aiuto dei vigili urbani, chiudono l'accesso ad auto e pedoni nel tratto di via Ruggero Settimo tra via Emerico Amari e via Cavour. Presidiate anche le strade laterali vengono presidiate. Il grosso dei poliziotti si schiera con caschi, manganelli e scudi all'angolo con via Cavour, in modo da chiudere via Ruggero Settimo: l'obiettivo è fermare i manifestanti lontano dalla Mondadori.
I primi ad arrivare sono gli studenti dei Collettivi e un gruppetto di sindacalisti dello Slai-Cobas, in tutto una cinquantina, che si radunano all'angolo tra piazza Verdi e via Volturno, a una decina di metri dal cordone di polizia. Sono le 16. La situazione appare ancora sotto controllo. I ragazzi dei Collettivi hanno il volto scoperto, intonano cori e distribuiscono volantini. Per qualche minuto, tra i manifestanti e dentro la zona rossa cala il silenzio. Ma è solo il preludio della guerriglia.
Alle 17 da via Volturno spuntano una quarantina di giovani con il volto coperto e il casco. Si muovono come una piccola legione romana: in mano hanno bastoni di legno, bottiglie di vetro, pietre e sacchi di vernice. Sono i Red Block e gli autonomi di "Anomalia". Si piazzano tra il cordone della polizia e i ragazzi dei Collettivi. Passano pochi minuti. Una breve sassaiola, quindi parte l'assalto.
Lo scontro è duro, i poliziotti riescono a disperdere gli assedianti e tornano a bloccare l'accesso di via Ruggero Settimo. A una cinquantina di metri, davanti al teatro Massimo, i Red Block si ricompattano e lanciano pietre, bottiglie, sacchetti di vernice e fumogeni, che finiscono contro gli agenti e le vetrine. In strada si scatena il panico. I passanti si riparano lontano dagli scontri. I carabinieri mettono in salvo una mamma col passeggino, così come una scolaresca di Como.
Gli autonomi distruggono i cestini dei rifiuti, le fioriere e i blocchi di pietra dell'area pedonale di via Spinuzza. La polizia risponde con i lacrimogeni, prima di partire alla carica con le camionette. Nella zona non c'è più un negozio aperto.
Alle 17,20 i Red Block riprendono la posizione in via Maqueda e con i vasi e un cassonetto formano una trincea. La sassaiola riparte, così come il lancio dei fumogeni da parte della polizia. Ci vorrà una seconda carica, stavolta molto più dura, per disperdere definitivamente gli ultimi assedianti. La guerriglia finisce intorno alle 17,30. A terra rimangono la testa di un martello, alcuni tondini di ferro, pietre e cocci di vetro. In strada torna la calma. Alla Mondadori inizia la presentazione, ma la libreria resterà presidiata per tutta la notte dalle forze dell'ordine che sequestrano tutte le telecamere della zona per individuare i responsabili della guerriglia.

giovedì 24 marzo 2011

AMMAZZARE ALLE SPALLE SI PUO'

Inquietante la sentenza d'appello che ha assolto il tabaccaio milanese Giovanni Petrali dall'accusa di omicidio colposo per aver assassinato alle spalle il rapinatore Allfredo Merlino nel 2003 e aver ferito gravemente il suo complice.
Innanzitutto la mia è una critica al sistema giudiziario italiano e non al caso in sè,e condanno qualsiasi tentativo di furto e rapina a prescindere che si tratti di una necessità di fame o di mantenere un certo stile di vita.
Rubare qualcosa,anche se dettato da bisogni fisioliogici come aver lo stomaco vuoto,potrebbe essere sempre
più comprensibile che rapinare una banca o una gioielleria ma per questo non è giustificabile.
Il fatto che una persona ti possa inseguire e sparare alle spalle non è accettabile in uno Stato dove esistono giustizia e assicurazioni,e se poi la polizia o chi di dovere riesce a pescare solo una piccola percentuale dei ladri e dei rapinatori che compiono atti criminosi la colpa è(escludendo naturalmente chi commette il reato)solo loro e soprattutto di chi li comanda.
Per qualche semplice motivo,riferendomi ad una piccola città tipo la mia,in cui le forze del disordine sono impegnate soprattutto per beccare qualche ragazzino con qualche spinello o in controlli sulle strade per elevare più multe possibili.
Eppure le rapine ed i furti anche a Crema e nel cremasco non mancano,e nonostante le telecamere del grande fratello installate ovunque si vede che gli addetti al lavoro non sono preparati così bene come si vuol far credere senza cadere nell'ovvio che vorrebbe dire che i tutori della legge siano abbastanza degli incompetenti in questo campo.
Tornando al post con l'articolo tratto da"Indymedia Lombardia"concludo che nessun furto o tentativo di rapina possa giustificare che un commerciante possa ammazzare una persona come un cane in mezzo alla strada colpendolo alle spalle.

Quando lo stato assolve un assassino

Di che stupirsi?
Milano, assolto in appello Petrali.
Il tabaccaio che uccise il rapinatore.
I fatti nel maggio del 2003. In primo grado era stato condannato a un anno e otto mesi (pena sospesa). I giudici hanno riconosciuto la legittima difesa e ordinato che gli sia restituita l'arma.
Agì pensando di trovarsi in una situazione di legittima difesa Giovanni Petrali, il tabaccaio milanese che dopo aver subito un tentativo di rapina da parte di due malviventi, li inseguì e sparò uccidendone uno e ferendo l'altro. Proprio sulla base di una "legittima difesa putativa" il commerciante è stato assolto dalla prima Corte d'assise d'appello di Milano, che ha in sostanza ribaltato la sentenza di primo grado con cui l'uomo, più di due anni fa, era stato condannato per omicidio colposo e lesioni colpose a un anno e otto mesi (pena sospesa).
La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dalla Lega Nord, che ha sempre seguito da vicino il percorso giudiziario di Petrali. "Speriamo che questa sia la parola fine sulla vicenda", ha commentato l'europarlamentare e capogruppo comunale milanese della Lega Nord, Matteo Salvini. Il leghista, presente alla lettura della sentenza, ha anche annunciato che il figlio del tabaccaio, Antonio Petrali, e il gioielliere Giuseppe Maiocchi - che venne condannato a un mese per lesioni colpose, assieme al figlio (omicidio colposo), sempre a seguito di una tentata rapina - saranno candidati nelle liste del Carroccio per le elezioni comunali milanesi. Per "mestieri come il tassista, il gioielliere, l'edicolante o il tabaccaio - ha aggiunto Salvini - ci vorrebbe in dotazione lo spray da difesa".
Sia il pm Laura Barbaini (in primo grado) sia il sostituto procuratore generale Piero De Petris (davanti ai giudici d'appello) avevano chiesto invece che venissero riconosciuti l'omicidio volontario e le lesioni volontarie e che Petrali fosse condannato a nove anni e mezzo di carcere. Secondo una consulenza tecnica, quel 17 maggio del 2003 il tabaccaio, 75 anni, dopo essere stato malmenato e minacciato dai rapinatori, aveva estratto la pistola e sparato quattro colpi, andati a vuoto, dentro il negozio di piazzale Baracca, e tre fuori, mentre i malviventi fuggivano. Il primo, Alfredo Merlino, era caduto a terra, morto, e il secondo, Andrea Solaro, era rimasto ferito a un polmone. "I rapinatori - ha spiegato nella requisitoria De Petris - erano in fuga e sono stati colpiti tutti e due alle spalle".

Per la Corte di primo grado si trattò di un omicidio colposo: la colpa era in quell'"errore di percezione", ossia di lettura della situazione, che ha portato l'anziano commerciante "sconvolto" a sparare. Per la Corte di secondo grado, presieduta da Maria Luisa Dameno, invece l'imputato "non è punibile" perché nonostante non ci fosse una situazione oggettiva di legittima difesa, l'anziano era convinto di agire per legittima difesa. Il secondo capo di imputazione, invece - la detenzione e il porto dell'arma all'esterno del locale - è stato dichiarato prescritto. Saranno le motivazioni, fra 90 giorni, a chiarire il dispositivo dei giudici. Intanto a Petrali, come ha deciso la Corte, verrà restituita la pistola sequestrata. "Mio padre, comunque, una pistola non la terrebbe più, per evitare qualsiasi tipo di decisione da prendere in quegli istanti", ha spiegato il figlio Marco, avvocato, che ha difeso il padre con il collega Marco Martini.

mercoledì 23 marzo 2011

DA ROMA LADRONA A ROMA"OPPORTUNOSA"

Dici Lega e dici Danno:ormai è sempre più evidente il fatto che nonostante geograficamente le Sega Nord abbia un bacino di elettori solo al settentrione influenzi sempre più e sempre peggio l'andazzo della vita politica italiana.
E dietro all'atavico slogan"Roma ladrona"pian piano si sta portando a casa tante di quelle poltrone e poltroncine da far invidia ad un salone di salotti:altro che culi attaccati alle sedie da parte delle altre forze politiche come sempre evidenziato in un altro motto mediatico dei segaioli.
Come elencato con nomi,cognomi e appartenenza postato appena sotto grazie ad un articolo tratto da"L'espresso"dello scorso ottobre si evince che silenziosamente i seguaci del dio Bossi in molteplici posti strategici di enti pubblici,della Rai,Asl,Aeroporti,Finmeccanica,Autostrade,Eni.,Enel,includendo pure comuni,province e regioni,abbiano espanso i loro tentacoli all'interno dello Stato(italiano e non padano).
E così mogli,fratelli,cugini e zii come nella miglior tradizione mafiosa hanno avuto il loro comodo e caldo giacilio ben remunerati da soldi statali,e non padani.
Fatto sta che la totale ignoranza della maggior parte dell'elettorato seghista sia oggetto di scherno da gran parte della popolazione planetaria(eh sì,sono conosciuti anche al di fuori della padania!)e che sia una croce che si porteranno sempre dietro,e forse questo fatto fa ancor più specie in quanto questa massa di decerebrati possano portare al potere una compagine che l'Armata Brancaleone al confronto pare una corazzata.
Ciò nonostante comunque questi sono lì a comandare ed in certi frangenti contano di più,grazie all'arma del ricatto politico,del loro padroncino Berlusconi che spesso deve allentare il guinzaglio al collo del mastino Bossi.
Nel secondo contributo tratto da Senza Soste riprende un articolo del"Manifesto"a firma di Alberto Burgia si prende in esame proprio il potere estorsivo della Lega assieme al blaterare sempre più ammiccante del federalista e sempre più rincoglionito Bersani che porta a braccetto il razzismo dilagante dei barbari padani che un giorno verranno degnamente rappresentati da un personaggio ignoranza fatta persona come Renzino"Trota"Bossi(che confonde geograficamente l'Australia col Canada...solo una delle sue ultime perle di conoscenza).

LE MANI DELLA LEGA SU BANCHE, AZIENDE ED ENTI PUBBLICI


Al razzismo da osteria della Lega si somma anche una marcia silenziosa
verso l'occupazione di posti chiave non solo nelle fondazioni bancarie del
Nord ma anche nella Rai e nei consigli di amministrazione dei grandi enti
pubblici, Eni, Enel, Finmeccanica, Autostrade, Aeroporti, Asl e in tutte
le più appetitose partecipate di Comuni e Province, mentre in poco tempo
ha messo in piedi una parentopoli per distribuire posti e stipendi
milionari a mogli, figli, cognati e amici da far impallidire per rapidità,
capillarità ed efficienza ogni altro esempio precedente. come risulta
dalla mappa pubblicata di recente dal settimanale "L'Espresso" (7/10/2010)

LE MANI DELLA LEGA SULLE BANCHE

I suoi uomini sono saldamente piazzati nelle fondazioni che controllano le
più importanti banche del Piemonte e del Lombardo-Veneto.

LOMBARDIA: rispondono direttamente a Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni:

Massimo Ponzellini (Popolare di Milano); Luca Galli (Fondazione Cariplo);
Rocco Corigliano (Fondazione Cariplo); Marcello Sala (Intesa Sanpaolo)
PIEMONTE è Calderoli a comandare, la cui consorte Gianna Gancia,
presidente della provincia di Cuneo ha piazzato una sua collaboratrice,
Giovanna Tealdi, nel Consiglio generale della Fondazione Caricuneo, socia
dell'importante gruppo Ubi Banca.

Rispondono direttamente a Roberto Calderoli e Roberto Cota:

Giovanna Tealdi (Fondazione Cr Cuneo); Giovanni Quaglia (Fondazione Crt
Torino); Domenico De Angelis (Popolare Novara)

VENETO sono il governatore Zaia e l'ambizioso Flavio Tosi a farla da
padrone sulle nomine nel Consiglio di amministrazione della Fondazione
Cariverona, che ha quasi il 5% di Unicredit e che ha avuto un ruolo di
punta nella cacciata di Profumo, tanto da aver suscitato i malumori dei
loro compagni di merende lumbard che l'hanno presa come un'invasione di
campo.

Rispondono direttamente a Luca Zaia e Flavio Tosi:

Amedeo Piva (Fed. Bcc Veneto); Giovanni Maccagnani (Fondazione
Cariverona); Cesare Locatelli (Fondazione Cariverona); Damiano Monaldi
(Fondazione Cariverona); Giuliano Lunardi (Fondazione Cariverona); Serena
Todescato Serblin (Fondazione Cariverona); Michele Romano (Fondazione
Cariverona); Paolo Richelli (Fondazione Cariverona); Claudio Ronco
(Fondazione Cariverona); Sergio Genovesi (Fondazione Cariverona)
ROMA: rispondono direttamente a: Umberto Bossi

Rai:

Antonio Marano (vice direttore generale); Gianluigi Paragone
(vicedirettore Rai2); Massimo Ferrario (centro produzione Milano); Milo
Infante (conduttore);

NELLE AZIENDE PUBBLICHE ED ENTI PUBBLICI

La Lega ha conquistato un numero considerevole di poltrone e di posti
chiave in molte aziende ed enti pubblici, e non soltanto nelle regioni del
Nord ma anche a livello centrale, nella "Roma ladrona" tanto odiata.

LOMBARDIA è la regione dove più forte e senza esclusione di colpi si va
facendo la concorrenza all'interno della stessa coalizione che governa la
Regione e il Paese, ovverosia tra Lega e PDL, per l'accaparramento delle
poltrone che contano.

Rispondono direttamente a Giancarlo Giorgetti e Roberto Maroni:

Giuseppe Bonomi (Sea); Paolo Besozzi (Milano Serravalle); Piermario Sarina
(Asam); Attilio Fontana (Fiera di Milano); Dario Galli (Finmeccanica);
Leonardo Carioni (Expo 2015); Adriano Canziani (Infrastrutture lombarde);
Giorgio Piatti (Enav); Bruno Caparini (A2A); Federico Terraneo
(Agam-Agsm); Silvia Anna Bellinzona (Arpa Lombardia); Giampaolo
Chirichelli (Finlombarda, Asm Pavia); Maria Elisabetta Serri
(Metropolitana Milanese); Luciana Frosio Roncalli (Ferrovie Nord Milano);
Antonio Turci (Sogemi); Lorenzo Demartini (Lombardia Informatica); Italico
Maffini (Ansaldo Energia); Vittorio Bellotti (Fiera di Milano); Marco
Reguzzoni (Sviluppo sistema fiere); Marco Ambrosini (Nolostand, Villa
Erba)

PIEMONTE: rispondono direttamente a Roberto Calderoli, Roberto Cota:

Paolo Marchioni (Finpiemonte Partecipazioni); Claudio Dutto (Finpiemonte);
Claudio Zanon (Città salute Torino).

VENETO: rispondono direttamente a Luca Zaia e Flavio Tosi:

Nicola Cecconato (14 incarichi); Paolo Paternoster (Agsm Verona); Roberto
Loschi (Treviso Mercati); Mario Piovesan (La Marca Treviso); Stefano
Busolin (La Marca Treviso); Attilio Schneck (Serenissima Spa); Leonardo
Muraro (Veneto strade); Fulvio Zugno (Energia Veneto, Ulss8); Erick Zanata
(Actt); Claudio Ronco (Ospedale San Bortolo, Vicenza)

FRIULI-VENEZIA GIULIA: rispondono direttamente a Pietro Fontanini:

Enzo Bortolotti (Autovie venete); Stefano Mazzolini (Promotour); Mirko
Bellini (Ersa); Paolo Piccini (Ape); Loreto Mestroni (Ape); Francesco Moro
(Gestione immobili); Giuseppe Tonutti (Ass Pordenone); Renato Pujatti
(Finest)

ROMA: rispondono direttamente a Umberto Bossi:

Gianfrancesco Tosi (Enel); Mario Fabio Sartori (Inail); Dario Fruscio
(Agea); Roberto Cadonati (Cinecittà); Dario Galli (Finmeccanica); Mauro
Michielon (Poste); Guido Tronconi (Fintecna); Giuseppe Maranesi (Gse);
Francesco Belsito (Fincantieri)
Attenti al virus mutante della Lega.
Tutti guardiamo a Berlusconi e alle sue sorti e rischiamo di sottovalutare il ruolo di un altro protagonista della scena politica. Questa legislatura ha visto la Lega Nord conseguire importanti risultati. Il partito di Bossi, guidato in modo ferreo (a dispetto delle sue articolazioni) da un gruppo dirigente spregiudicato e abile, occupa posti-chiave nel governo (in particolare gli Interni e quella Semplificazione normativa che è il vero Ministero per le riforme istituzionali) e una posizione strategica in forza dell'asse con Tremonti. L'alleanza col Pdl gli ha permesso di dilagare nel sottogoverno (sia in periferia che a «Roma ladrona», nei consigli di amministrazione di banche, partecipate e media) e di rafforzarsi negli Enti locali (a cominciare dalle presidenze di Piemonte e Veneto e dalla vice-presidenza della Lombardia). In modo speculare, lo sradicamento della sinistra moderata dal mondo del lavoro dipendente e dalle fabbriche ha consentito alla Lega di conquistare consensi negli stessi settori più avanzati della classe operaia. Tutto questo è (dovrebbe essere) noto da tempo, ma ora c'è una novità. In queste settimane è emersa in modo plateale la capacità della Lega di sfruttare le crisi altrui (e persino le proprie) per trarne vantaggi.

L'esempio più evidente riguarda le rivolte nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Non è inverosimile che la Libia cessi di fungere da posto di blocco per i migranti. La Ue evoca esodi biblici. E Bossi si frega le mani per il dono inatteso: tutta manna per la propaganda leghista, per l'appello razzista alla paura e all'identità.

Lo stesso meccanismo riguarda i rapporti con Berlusconi. La base leghista freme, non ama l'«utilizzatore finale» e non vuole favorire l'impunità dei politici corrotti. Questo fatto qualche grattacapo lo crea, com'è emerso nella vicenda del veto sulla trasmissione con l'Annunziata e nel commissariamento di giornali e radio, posti sotto il controllo del Trota. Ma non tutto il male vien per nuocere. Il malessere del popolo padano permette a Bossi di alzare il prezzo della lealtà e non è un caso che il governo abbia prontamente chiesto per il «federalismo municipale» un voto di fiducia della Camera che è di per sé un insulto, data la natura istituzionale del provvedimento.

La Lega è come un virus mutante, ha straordinarie capacità di resistenza anche perché intercetta umori profondi nel sottosuolo del Paese. E studia per diventare, nella parte più ricca del Paese, l'azionista di maggioranza nella destra italiana. Bisognerebbe stare attenti, smetterla di banalizzare, e invece siamo ancora alla spregiudicatezza manovriera di chi vede la battaglia e dimentica la guerra. A questo riguardo l'intervista concessa dal segretario del Pd alla Padania il 15 febbraio merita più attenzione di quanta non ne abbia riscosso.

Nell'intento conquistare la fiducia di Bossi e Calderoli, Bersani insiste sulle analogie tra la Lega e il Pd, entrambi partiti popolari e appassionatamente federalisti (le «due vere forze autonomiste in questo Paese», secondo un concetto ribadito nel dibattito alla Camera). Il segretario del Pd assicura che alla base dell'apertura alla Lega non vi è alcun calcolo: c'è piuttosto il timore che il «federalismo» (una «riforma storica, epocale per la democrazia italiana») venga azzoppato da qualche impenitente centralista. E via di questo passo, sino al commovente ricordo della «bellissima» festa padana di Busto Arsizio (gennaio 2006), che Bersani oggi rammenta «con grande simpatia». Ma quel «federalismo» che cos'è? Il nome è abusato, salvo credere alle mitologie identitarie care alla Lega. Più prosaicamente (come dimostra già la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, che Bersani rivendica), è lo strumento con cui le aree più ricche d'Italia intendono salvaguardare le proprie condizioni scaricando la palla al piede del Mezzogiorno. Storia vecchia quanto l'unità del Paese (già Gramsci parlava della Piovra del nord), oggi rinverdita dal declino industriale e dai morsi della crisi. Il sud (e parte del centro) precipita. La crescita sotto zero, i redditi incomparabilmente inferiori a quelli del nord, la disoccupazione doppia (quella dei giovani e delle donne tripla), le infrastrutture e i servizi fatiscenti. Il divario è tale da mettere a rischio la stessa unità territoriale del Paese, ma che importa, pur di lisciare il pelo alla «costola della sinistra»? Davvero un bel modo di celebrare il 150° dell'unificazione nazionale.

E il razzismo leghista? Bersani giura: non serve che qualcuno gli spieghi che la Lega non è razzista. Solo retorica, insomma, quella di Borghezio che spruzza deodorante sui viaggiatori nigeriani in treno. Puro eccesso di zelo quello di Gentilini che invoca la «pulizia etnica contro i culattoni», si vanta di aver distrutto campi rom e giura di voler «eliminare i bambini degli zingari che rubano agli anziani». Solo boutades quelle di Salvini (un fan di Bersani, stando alle ultime dichiarazioni) che esige rastrellamenti casa per casa nella sua civile Milano. Mere divagazioni antropologiche quelle di Cota a sostegno delle «classi-ponte» e del senatore Pittoni contro l'invasione degli insegnanti meridionali (quindi ignoranti). Solo una goliardata quella di Tosi che raccoglie le firme per ripulire (anche lui) Verona dagli «zingari». Semplice superficialità quella di Maroni che si costituisce parte civile contro la cittadina somala maltrattata dagli agenti a Ciampino. Bersani non ha bisogno che gli si dica che cos'è la Lega: forse avrebbe bisogno di chiarirsi le idee su che cos'è il razzismo, come del resto dimostra tutta la legislazione «democratica» sui migranti dai tempi d'oro della Turco-Napolitano e dei Cpt.

Qui però non è il caso di fare prediche o lezioni, ma di riflettere freddamente. La strumentalità in politica è di casa e non c'è da stupirsi, ma perché arrivare all'autolesionismo? Sono anni che il Pd insegue l'avversario sul suo terreno: è un caso che oggi col cappello in mano cerchi i più impresentabili alleati sulla scena politica? Proprio la Lega si è giovata dell'abbandono della classe operaia da parte della sinistra liberista e della distruzione del partito di massa nel nome del partito d'opinione: possibile che non ci si fermi un momento per fare un bilancio delle proprie scelte? Pensare che la sperabile caduta di Berlusconi porti automaticamente a una rinascita sarebbe ingenuo. Vent'anni di devastazione sociale e politica e di corruzione civile e morale hanno sfigurato il Paese. Occorrerà un lavoro lungo, paziente, tenace per cancellare privilegi e restituire un minimo di decenza e di equità. Ma la partenza di questo cammino è cruciale, e il primo passo dovrebbe essere la chiarezza degli obiettivi. L'esatto contrario della confusione che oggi regna sovrana, complice la retorica della da troppi e con troppo diverse ragioni evocata emergenza democratica.

Link: Quegli strani intrecci tra la Lega· e i gruppi dell’estrema destra europea

Alberto Burgio,tratto da Il Manifesto del 13 marzo 2011

martedì 22 marzo 2011

IN GUERRA SVENTOLANDO SORRIDENTI IL TRICOLORE

Non si dovrebbe neppure scomodare Nostradamus per capire che l'inizio della guerra in Libia avrebbe avuto le ore contate,visto gli innumerevoli interessi geopolitici ed economici che la terra ancora in mano al raìs Gheddafi offre.
L'articolo che è una dichiarazione di Marco Ferrando del PCL(Partito Comunista dei Lavoratori)non racconta nulla di nuovo ma è comunque importante ripeterlo e farlo sapere a chi magari non bazzica tanto in politica estera italiana,visto che nel nostro paese non viene rappresentata nemmeno degnamente.
La causa prettamente economica che ha scatenato l'attacco in Libia è quella principale,con la Francia in prima linea pronta a dare credito in primis ad un Sarkozy in cadurta libera nel suo paese e pronta a superare l'Italia come primo partner economico col paese berbero...con tutto il petrolio e gas naturale che c'è nel sottosuolo libico è ovvio che faccia gola a tutti i"vicini".
L'Italia,visto i notevoli trascorsi cominciati proprio un secolo addietro con la colonizzazione e lo sfruttamento della Libia e arrivati alla fraterna amicizia tra Berlusconi e Gheddafi passanto dal patto bilaterale tra le due nazioni mediterranee,è stata nei primi momenti sul chi va là.
Ora che è intervenuta direttamente in guerra pressata dalle altre nazioni Onu e Nato,l'Italia rimane comunque in seconda linea paurosa di ripercussioni bellico-terroristiche ed economiche,con tutti i soldi che tra banche,Eni e produttori di armi gravitano attorno agli interessi dei due paesi.
L'apparente non belligeranza cercata dalla Lega non deve far cadere in inganno l'italiota medio facendogli credere che Bossi & co. siano diventati tutt'ad un tratto dei pacifisti,in quanto loro temono soprattutto la tanto paventata"invasione"di migranti profughi che scappano dalla guerra(o come li chiamano loro clandestini)anche a scapito degli interessi economici dei loro affiliati(soprattutto bresciani)fabbricanti di armi e amici banchieri.
D'altro canto l'opposizione dando una mano alla maggioranza per approvare da noi la risoluzione dell'Onu su un intervento in Libia con un voto positivo è da non credere in quanto,guidati in modo bipartisan dal Presidente Napolitano,corrono dentro un'altra guerra sorridenti e con il tricolore in mano.

LE VERE RAGIONI DELL'ITALIA IN GUERRA.

IL PD SALVA BERLUSCONI NEL NOME DEL SOSTEGNO ALLA GUERRA.
LE SINISTRE ROMPANO CON TUTTI I PARTITI DI GUERRA, E SI MOBILITINO UNITE CONTRO DI ESSA.
NON UN SOLDO PER LA GUERRA LIBICA.

Il Presidente Napolitano ha fatto sfoggio della sua migliore ipocrisia presentando l'ingresso dell'Italia in guerra come sostegno al “Risorgimento arabo”.

Il risorgimento arabo in Tunisia, Egitto, Libia si è levato esattamente CONTRO i regimi dispotici che tutti i governi italiani hanno sostenuto, economicamente e politicamente, facendo con essi i migliori affari. USA e UE continuano a sostenere contro il risorgimento arabo la dittatura saudita, la monarchia del Bahrein, la brutale repressione del regime Yemenita, a esclusiva difesa delle proprie posizioni militari e strategiche nella regione. Nella stessa Libia il “democratico” occidente si è ben guardato dal rifornire di armi il “risorgimento libico”, di cui non si fida, privilegiando invece il proprio diretto ingresso in guerra coi propri bombardieri.

Il fine dell'imperialismo è molto chiaro, anche nei suoi tentennamenti e contraddizioni. Le vecchie potenze coloniali di Francia ed Inghilterra cercano di recuperare a suon di bombe un proprio spazio economico e politico nel Maghreb, in diretta competizione col capitalismo italiano ( a partire dalla Libia). L'imperialismo italiano, sino a ieri complice diretto del regime di Gheddafi e dei suoi crimini, si è prontamente allineato, dopo vari zig zag, alla missione di guerra al solo scopo di prenotarsi un posto al sole nella ripartizione delle zone di influenza nel Maghreb, e di difendere dalle insidie degli “alleati” concorrenti le sue attuali posizioni ( a partire dai pozzi petroliferi in Libia). La posta in gioco non è solamente il controllo politico sulla Libia postGheddafi ( dove vi sarà uno sgomitamento tra “alleati” nella ridefinizione delle zone petrolifere), ma la spartizione dei nuovi equilibri politici nell'intera regione araba, scossa dalle rivoluzioni popolari. Il fine comune dell'imperialismo, in ogni caso, è acquisire direttamente sul campo leve di intervento e condizionamento politico sui rivolgimenti in corso, bloccare la loro ulteriore espansione, far argine ad ogni loro possibile sviluppo in direzione antimperialista ed anticapitalista. I bombardieri sono solo i veicoli di queste operazioni imperialiste.

Parallelamente, la guerra diventa, ancora una volta, una illuminante cartina di tornasole della politica italiana. Il PD e la UDC non solo hanno rivendicato e votato in prima fila la spedizione di guerra, rimproverando a Berlusconi tentennamenti e ritardi; ma hanno salvato con questo il governo Berlusconi dalle contraddizioni della sua maggioranza, garantendo in un colpo solo la partecipazione italiana alla guerra e il governo più reazionario del dopoguerra: e dunque la continuità della sua politica bonapartista, delle sue minacce ai diritti costituzionali, della sua offensiva antioperaia e antipopolare. “E' stato un atto di responsabilità” gridano inorgogliti, con sorriso tricolore, i capi del PD. E' vero. Un atto di responsabilità verso gli interessi dell'Eni, degli industriali e banchieri italiani ( tanto esposti nel Maghreb), delle gerarchie militari, delle istituzioni dell'imperialismo internazionale ( dall'Onu alla Nato). Un atto che conferma una volta di più, se ve ne era bisogno, l'organica appartenenza del PD al campo della borghesia italiana e dei suoi interessi imperialisti.
Ora tutte le sinistre sono chiamate dai fatti a conclusioni coerenti. Non si può essere contro la guerra e al tempo stesso continuare ad allearsi coi partiti di guerra. Non si può essere contro la guerra e continuare a rivendicare l'Alleanza “democratica” con partiti di guerra (con tanto di sostegno esterno a un suo eventuale governo). Occorre scegliere. Pena la conferma di un intollerabile doppio binario tra le parole e i fatti.

Quanto a noi, continueremo con coerenza sulla nostra rotta. Assumeremo la lotta per il ritiro dell'Italia dalla guerra all'interno della nostra più vasta campagna nazionale per la cacciata del governo Berlusconi ( “Fare come in Tunisia e in Egitto”): denunciando ovunque il salvataggio del governo da parte del PD nel nome della guerra, e dunque sbugiardando la falsità della demagogia antiberlusconiana delle opposizioni parlamentari liberali. Al tempo stesso, e proprio per questo, svilupperemo con più forza la necessità di una aperta rottura col PD, ad ogni livello, da parte di tutte le sinistre politiche , sindacali, di movimento, quale condizione necessaria per liberare un'opposizione radicale e di massa a Berlusconi e al suo governo, capace di vincere. Infine combineremo tutto questo col pieno sostegno alla rivoluzione araba e alla sua propagazione, contro ogni ingerenza dell'imperialismo, a partire dall'imperialismo italiano: ad un secolo esatto dalla spedizione coloniale di Giolitti in Libia, diremo come allora “Non un soldo per la guerra libica”,”No alla guerra tricolore”.
MARCO FERRANDO (portavoce nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori)

martedì 15 marzo 2011

A LAVORARE IL 17 MARZO?

La truffa del giorno che dovrebbe commemorare l'unità d'Italia il prossimo giovedì 17 marzo forse non tutti la conoscono bene in quanto si è tentato di nascondere il fatto che aggiungendo questa data al calendario delle festività si è tolta quella del 4 novembre,e che in parecchi casi si è obbligati a lavorare lo stesso(vedi nel settore commerciale a Crema con la delibera del podestà Bruttomesso)e corrisposti non con una paga di giorno festivo ma con una semplice maggiorazione.
E a parte i legaioli che preferiscono bruciare feticci di Garibaldi in cartone e che non festeggeranno nulla(liberissimi di farlo a titolo personale ma non a quello politico)e i falsi profeti dell'unità italiana che confondono il senso di appartenenza ad una nazione con il più perocoloso nazionalismo questa giornata verrà ricordata dai più e solo per quest'anno come una giornata e magari un bel ponticello buono per starsene(se si è nella cerchia dgli eletti che lo potranno fare)a casa.
Articolo tratto da Indymedia Emilia Romagna.

La Festa Nazionale del 17 marzo è a carico dei lavoratori
"Alla fine il 17 marzo si celebrerà l'Unità d'Italia a spese dei lavoratori che vedranno scendere da 4 a 3 i giorni di festività compensativi. Un altro pasticcio dagli evidenti profili di illegittimità" sottolineano i sindacalisti.
Il 17 marzo e il riposo compensativo da scalare.
Alla fine il 17 marzo si celebrerà l'Unità d'Italia a spese dei lavoratori che vedranno scendere da 4 a 3 i giorni di festività compensativi. UN ALTRO pasticcio dagli evidenti profili di illegittimità.
Un artificio contabile che ha scambiato alla pari, ai fini della paga, due giornate: il 4 novembre che, come le altre tre «festività soppresse» poteva essere consumato a piacimento durante l'anno e il 17 marzo che dovrà essere consumato «obbligatoriamente» il giorno del 150esimo. anniversario dell'Unità d'Italia.
Quindi nulla di regalato ma una festa, orgogliosi di festeggiarla come dipendenti pubblici, che ci paghiamo da soli dovendo rinunciare coattivamente ad un giorno di festività soppresse!
La Funzione Pubblica:spiega che si è limitata a pubblicare sul sito quello che nella legge e poi nella relazione tecnica è stato scritto: è chiaro che, alla fine, ci sarà un riposo compensativo in meno; il tutto , si risolve nella circostanza che i lavoratori non potranno disporre in piena libertà, secondo le loro esigenze, di tutte e quattro le giornate di riposo compensativo, essendo sostanzialmente previsto l'obbligo ex lege che uno di questi riposi cada nella giornata del 17 marzo» .
La festa è obbligatoria e il riposo sarà scalato, dunque.
Una decisione che sembra dettata piu' dalla necessita' di accontentare forze di governo che ritenevano che questo importante evento non si dovesse celebrare. Nella sostanza, con "un ordine di servizio" e' stato messo in ferie tutto il pubblico impiego.


giovedì 10 marzo 2011

FUORI DAL MOVIMENTO GLI INFAMI E I TRADITORI

Prendo spunto dai fatti che sono accaduti a Lanciano in cui a una manifestazione di Fogna Nuova s'è contrapposto giustamente un corteo degli antifascisti della zona con degli scontri avvenuti quando tutti pensavano che le schermaglie fossero finite.
Invece un gruppetto di compagni hanno raggiunto i ratti di fogna che se ne stavano tornando a casa aggredendo alcuni di loro ferendone un paio,col risultato di avere avuto al termine degli scontri un antifascista arrestato.
Fognanonivsti parlano di un vile attacco stile loro,squadristico,un 20 contro 2,cosa che conferma pure la lettera di una persona(che si definisce compagno ed antifascista ma che vedremo più avanti che non si merita tali appellativi)che credo incitato dall'avvocato in quanto in odore di denuncia prende le distanze dagli eventi.
Alcune voci parlano che al principio dello scontro finale il numero delle forze in campo fosse numericamente equo,solo che i cameratti che hanno potuto se la sono dati a gambe levate(meglio scappati in auto)mentre i due rimasti sono stati menati per bene assieme al loro mezzo di locomozione.
Punto il dito sullo pseudocompagno che lecca il culo tramite il sito destroide"fascinazione"cui è elencato il commento primo appena dopo la mia analisi,con un piagnisteo di lettera aperta da libro Cuore,con ammiccamenti all'estrema destra che si deve prendere a randellate,altro che dialogo e pacificazioni,l'unico fascista buono è il fascistsa morto.
Questo personaggio della lettera di scuse non merita di essere un compagno ed un'antifascista,è solo un traditore,infame e vigliacco che ha giustificato la sua missiva con aspetti che alla lotta antifascista non c'entrano nulla,e quindi deve prendere e andare a braccetto direttamente coi fasci oppure starsene zitto in un angolo.
L'articolo seguente con la lettera"incriminata"è presa da Indymedia Abruzzo.

Scontri di Lanciano, un militante antifa chiede scusa


E' un segnale di speranza e una bella notizia l'oggetto di questo post. Riguarda il pestaggio, consumato sabato sera a Lanciano, da parte di un branco di antifascisti contro due forzanovisti. Uno dei presenti, compagno dell'arrestato, si è rifiutato di partecipare all'aggressione (insieme a molti altri, ci dice) e ora scrive alla vittima per chiedergli scusa e rendergli onore. Ma anche per rivendicare al suo centro sociale una pratica di tredici anni che non si è mai incrociata con bombe carta, spranghe e lame. La vittima, prima di trasmettermi il file, era titubante sull'opportunità di divulgare il messaggio. Io sono convinto, e l'ho convinto, che a sua volta un gesto del genere merita rispetto e riconoscimento. 

Un "compagno" che si è calato le braghe d'innanzi la feccia fascistoide di Lanciano.


Pare che nei blog dei ForzaNovellini come "fascinazione" e altri, i fasci stiano gongolando per le scuse ufficiali di un "compagno" presente all'aggressione a Lanciano;
Ecco la lettera di scuse ufficiali dell'ignoto sedicente "compagno"

Sono di San Vito Chietino, e faccio parte del Centro Sociale Arrembaggio.

Ti scrivo questa lettera a titolo esclusivamente personale, perché ci tenevo a precisare alcune questioni che esulano dall'aspetto legale della situazione. Questioni d'onore, direste voi, questione di dignità, dico io, ma il succo non cambia. Per la cronaca, io sono quello che stamattina, davanti al tribunale, indossava il berretto azzurro e il giubbotto grigio; abbiamo incrociato lo sguardo un paio di volte, ma io non ce l'ho fatta a reggere il peso dei tuoi occhi. Ma la mia non era paura: erano l'umiliazione e la delusione che si arrendevano davanti alla tua rabbia, una rabbia che, paradossalmente, per quanto diversi possiamo essere, in quel momento sentivo quasi mia. Umiliazione e delusione per aver fatto la figura da infame e vigliacco al cospetto dei miei nemici, dei miei avversari, di tutti i fascisti d'Italia, ed anche davanti all'opinione di tutti i miei compaesani. Perché è vero, 20 persone che ne aggrediscono 2 in quel modo meritano esattamente quelle definizioni, quella rabbia. Ho scritto 20, e non 50, perché la maggior parte di noi non s'è prestata a quello schifo; io non so se il mio compagno S. fosse in mezzo a quell'orda impazzita (ti scrivo prima ancora di avere la possibilità di parlarci), so solo che nel mio gruppetto fermo a distanza non c'era: per questo ve la vedrete legalmente, e se ha sbagliato è giusto che paghi, pur con l'affetto fraterno che provo per lui. Però di una cosa sono sicuro: le bombe, le lame, le spranghe, noi dell'Arrembaggio non le abbiamo mai usate, non ci appartengono, né come cultura, né come stile di vita. E non ci appartengono nemmeno le aggressioni 10 a 1, nessuno di noi era mai stato coinvolto in una situazione tanto squalificante e mortificante, svilendo uno scontro politico in una volgare rissa da stadio.
Sabato notte, infatti, per la prima volta in 13 anni di attività politica, la digos è piombata nella nostra sede e nelle nostre case, con tutto quello che ne consegue nei rapporti famigliari, con le probabili intercettazioni, e con le ronde continue con le quali hanno preso a controllarci. Ma come ti dicevo, chi sbaglia è giusto che paghi: noi abbiamo commesso il grave errore di affiancarci a persone sconosciute che usano l'antifascismo come scusa per la loro violenza, e a prescindere dal fatto che qualcuno di noi si possa essere unito a quell'assalto, adesso è giusto che ne paghiamo le conseguenze, legali e d'immagine.
Tornando agli sguardi di stamattina, qualunque tipo di soddisfazione tu possa volere da me, io non mi sottraggo: sarò dove vorrai, a mani nude su una spiaggia, coi guantoni su un ring, o in un bar per una birra (da bere...). Mio nonno mi ripeteva sempre che "il rispetto e la fiducia non sono mai un diritto, sono una conquista". Beh, pur con l'abisso ideologico che ci separa, averti visto con coraggio e follia affrontare, quasi da solo, così tanti avversari, un pezzo del mio rispetto se l'è rubato, e solo il cielo sa quanto è dura chiudere questa lettera con queste parole.
Alla prossima.

Ti sei mangiato il cervello o cosa? La violenza contro i fascisti è lecita, sono anticostituzionali per antonomasia, la nostra stessa Repubblica è nata sui valori della Resistenza, sui valori delle libertà individuali che il fascismo negava e opprimeva; lo stesso organo giudiziario della Magistratura ha assolto il compagno fermato per questo!
Non riduciamo quindi l'antifascismo a chiacchere da bar o dietro un monitor in comodo anonimato, l'antifascismo si dimostra coi FATTI, nelle piazze e nelle strade!

NESSUNO SPAZIO PER I FASCISTI E I FINTI ANTIFASCISTI!