giovedì 31 ottobre 2013

ASSEDIO A PALAZZO CHIGI

Preso dal sito Infoaut(http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/9462-31-ottobre-assedio-a-palazzo-chigi )la diretta della manifestazione indetta per il diritto alla casa per oggi a Roma con il concentramento iniziato stamattina da piazza Montecitorio per l'assedio a Palazzo Chigi.
Proprio nel palazzo si è tenuta la conferenza per discutere una politica abitativa nazionale convocato dal governo Letta con interlocutori lo Stato,le regioni,province e comuni,che nonostante la continua pressione dei manifestanti già attivi dallo scorso 19 ottobre con un presidio non hanno ancora ascoltato le voci delle migliaia di persone a rischio sfratto e che non hanno a disposizione un tetto sopra la testa.
Scontri si sono verificati durante il corteo e si parla di una decina di fermati anche se le notizie sono in costante aggiornamento.

31 Ottobre, assedio a Palazzo Chigi [DIRETTA].

17.00 - Continueremo a seguire questo entusiasmante #31o  dal nostro sito, a partire dalla mobilitazione per la liberazione di tutte e tutti i fermati.
Una giornata di lotta e determinazione che ha visto riscendere in piazza e consolidarsi come vera opposizione agli occhi del paese tutta quella composizione sociale - con in testa lo spezzone migrante - manifestatasi negli assedi del 19 ottobre e nella presa di Porta Pia. E che con le giuste dosi di rabbia ed autorganizzazione resiste alle cariche ed ai lacrimogeni ed oltrepassa qualsiasi forma postulante ed autoreferenziale di rivendicazione politica.
Dal tetto di quel blindato abbiamo visto per qualche istante il potere dall'alto in basso. E quella scalata è il primo di uno di tanti passi verso il cielo! (red.Infoaut)

16.17 - Fioccano commenti ironici in rete: "Vorrei ricordare che oggi in piazza a Roma c'è un gruppo di teppisti armati  che sta picchiando cittadini senza casa"; "Gravi lesioni per un blindato. Portato d'urgenza in ospedale"; "#31osvelata l'idea del governo per risolvere l'emergenza abitativa"

16.11 - A fianco dei maldestri ed indesiderati tentativi di SEL di mettere il cappello sulla manifestazione, anche il sindaco Marino cerca di metterci una toppa dopo che le decisioni sono già state prese: "Chiedo al governo di prendere in considerazione la sospensione degli sfratti per i nuclei più fragili, quelli con anziani, bambini e disabili, fino a quando non sarà approvato il decreto legge ed entrerà effettivamente in vigore. Questo darà la possibilità ai Comuni di intervenire" . Proprio lui che aveva dato il via libera alla svendita del patrimonio pubblico inutilizzato e dei residence per famiglie senza casa contro la quale opzione i movimenti si erano già sollevati più volte nel corso dell'anno.

16.04 - Dalla piazza davanti Montecitorio si tiene l'assedio, c'è voglia di discutere e lottare insieme. Qui si rompe la solitudine della crisi
15.50 - La conferenza è terminata mostrandosi completamente sorda a quelle che erano le istanze richieste dalla piazza nell'ambito dell'emergenza abitativa. L'incontro si è concluso infatti con piccole concessioni (sostegno all'affitto, agevolazioni, etc) che continuano ad essere soluzioni molto parziali e che lasciano sostanzialmente immutata la condizione delle grandi proprietà immobiliari e i privilegi dei palazzinari. La piazza continua ad essere determinata e resiste sotto Montecitorio fino a quando non verranno rilasciate le 9 persone attualmente in stato di fermo, prese durante le cariche in via Tritone, quando la polizia ha tentato di fermare la manifestazione che si dirigeva verso Montecitorio. A quanto pare sono state date garanzie che verranno rilasciati e che i fermi non verranno confermati ma la piazza ribadisce di non voler smobilitare fino a quando non saranno tutti liberi.
15.45 - Mentre si attendono notizie sui 9 manifestanti fermati, continua l'assedio a Montecitorio
15.00 - Si segnala donna ricoverata in ospedale per intossicazione da gas lacrimogeno. Pagherete tutto!
14.39 - Assedio proseguirà ad oltranza fino alla liberazione di tutt* i/le fermat*
14.25 - Da Radio Onda D'Urto si segnala la conclusione della conferenza Stato-Regioni, mentre piazza di Montecitorio resta pienissima.
14.04 -  BPM a Montecitorio: La piazza chiede il rilascio immediato dei 9 fermati. Si parte si torna insieme
14.03 - Tweet stimano i fermati tra i manifestanti tra i 5 ed i 9. Molti i feriti e gli intossicati dai lacrimogeni e segnalata la presenza di un'ambulanza.
14.00 - Il corteo torna a Montecitorio. La Saltamartini del PdL: "la fuori ci sono facinorosi, andiamo avanti a lavorare." Il disprezzo del potere verso le persone che ha privato di tutto.
13.57 - Via del Corso chiusa, Palazzo Chigi blindato, i manifestanti si dirigono verso Piazza Venezia
13.53 - Alcuni commenti tra i tanti, da Twitter: "Forti con i deboli, zerbini con i potenti"; "Manganellare chi manifesta perché è senza casa è disgustoso. Complimenti alle forze dell'ordine italiane."; "La polizia carica i manifestanti ma @repubblicait teme per l'incolumità dei blindati."
13.46 - La polizia indietreggia su via dei crociferi, il corteo avanza.
13.39 -  Polizia e manifestanti si fronteggiano in Via dei Crociferi, parallela di Via del Tritone vicino alla fontana di Trevi. La dolce vita è riprendersi tutto!
13.37 - da Radio Onda Rossa: lacrimogeni sparati prima dalla celere, poi dall'alto con l'elicottero (ancora segnalato a bassissima quota) colpendo chi era indietro, le famiglie
13.29 - Con i polmoni che fanno male, ma la rabbia negli occhi ed i limoni in mano, la prima linea dei manifestanti riprende ad avanzare su Via del Tritone

13.26 - Dopo almeno dieci lanci di lacrimogeni e cariche in Via del Tritone, il corteo si ricompatta vicino alla Fontana di Trevi

13.24 - La polizia comincia a sparare lacrimogeni sulla folla.

13.18 - Si continua a spingere. Mentre la polizia è chiusa a testuggine, i manifestanti iniziano a salire sui blindati! ...Scalata al Vertice!

12.54 - I cordoni dei manifestanti tornano a premere sulla polizia, che indietreggia dietro i blindati.

12.35 - Cariche e manganellate in Via del Tritone: nessuno arretra!

12.34 - Rinviato al 31 Gennaio 2014 lo sfratto di Via Cumiana a Torino.

12.27 - Corteo in Via del Tritone dietro allo striscione "Una sola grande opera: casa e reddito per tutt*"

12.18 - Lancio di uova e fumogeni contro i blindati della polizia. Partito corteo verso via del Corso.

12.05 - Da Repubblica Roma: Presidiata dalle forze dell'ordine la zona intorno a palazzo Chigi. Blindati anche in via del Tritone, sulla corsia preferenziale, a presidio dell'accesso in via della Stamperia.

12.02 - Obiettivo della piazza: Via della Stamperia, dove in questo momento si sta tenendo la conferenza Stato - Regioni

11.35 - Ampissima, come avvenuto per il 19 Ottobre, la partecipazione della composizione migrante. #Stopsfratti, subito!

11,19 - Segnalata da Abitare nella Crisi occupazione abitativa a Cosenza: diverse decine di famiglie sfrattate hanno occupato l’ex convento delle suore canossiane in pieno centro, di fronte all’ospedale cittadino. Ascolta la corrispondenza con Sandra Prendo Casa Cosenza

11.00 - In piazza Montecitorio inizia il concentramento verso l' #assedio a Palazzo Chigi

10.20 - Rinviato lo sfratto di Gilda in Via delle Fornaci al 5 dicembre!

10.08 - Rinviato al 14 novembre lo sfratto in Via Val di Non e quello di Viale Etiopia! Daje!

10.06 - Sfratti anche nel bresciano. Quattro le famiglie che hanno rischiato di finire in mezzo alla strada. Comitato provinciale contro gli sfratti e Associazione Diritti per Tutti si sono attivati ottenendo il blocco di due sfratti ancora in fase di trattativa con la Prefettura. Necessaria invece la mobilitazione a Orzinuovi e Novagli di Montichiari, con due picchetti che sono riusciti in entrambi i casi ad ottenere, anche qui, il blocco degli sfratti rinviati al 28 Novembre per quanto riguarda Orzinuovi e al per quanto riguarda Novagli di Montichiari. Ascolta la testimonianza della famiglia sotto sfratto a Novagli di Montichiari.

10.03 - A Palermo acampada in Piazza Pretoria degli sfrattati di Via Calvi reclama un confronto con l'irreperibile sindaco Orlando, raggiunti dai lavoratori Gesip e dagli attivisti dei centri sociali

10.02 - A Pisa i movimenti sociali occupano l'ex-cinema Ariston nel quadro di una più ampia quattro giorni di riappropriazione, allestendo una diretta della piazza romana ed una tavola rotonda per le 18.

10.00 - A Castelfranco Emilia tra Modena e Bologna Prendocasa difende una famiglia sotto sfratto
09.53 - Milano, rinviato a dicembre sfratto in Via Mercantini alla Bovisa e corteo in quartiere

09.38 - Torino: picchetto antisfratto in Via Cumiana

09.07 - A Roma la giornata di lotta parte fin dalla prima mattinata. Dopo lo sfratto a sorpresa di ieri a Centocelle tre picchetti nella capitale in Via delle Fornaci, Viale Etiopia e Via Val di Non

Il 31 ottobre a Roma si terrà la Conferenza Stato/Regioni/Province/Comuni, convocata dal Governo Letta con l’obiettivo di definire un decreto sulle politiche abitative a livello nazionale. Questo appuntamento ha avuto un prologo decisamente insoddisfacente nell’incontro tra i movimenti sociali e il ministro Maurizio Lupi avvenuto lo scorso 23 ottobre, durante il quale la forte distanza tra le condizioni poste con la sollevazione e l’assedio del 19 ottobre e le posizioni espresse dal governo tramite il ministro delle infrastrutture e trasporti si è resa evidente agli occhi di tutti. Il ministro, infatti, ha sostanzialmente ribadito l'indisponibilità del governo a impegnarsi con misure urgenti sui temi della casa e del reddito, rimanendo ancorato alla politica dell'investimento nelle grandi opere e nei grandi eventi-vetrina.

In quell'occasione migliaia di persone hanno assediato Porta Pia nel corso dell'incontro mentre in tutta Italia si svolgevano iniziative di supporto e rilancio del 19 ottobre; l'esito del tavolo con il ministro Lupi non ha fatto che rafforzare la convinzione che la strada sulla quale proseguire sia quella intrapresa il 19 ottobre e che la pratica dell'assedio vada portata avanti in tutti i territori.

Per questo motivo in concomitanza con la Conferenza di questa settimana è stato lanciato un nuovo assedio sotto Palazzo Chigi; l'appuntamento è alle ore 11 in piazza Montecitorio.

Per condividere la costruzione delle prossime iniziative e per organizzare l’appuntamento del 9 e 10 novembre a Roma promosso dall’assemblea di Porta Pia del 20 ottobre 2013, oggi pomeriggio alle 17.30 ci sarà inoltre un'assemblea al Volturno occupato.

Vedi anche: Le (non) proposte del Ministro Lupi e le ragioni dell'assedio per il contesto a Roma e nei territori nelle giornate di avvicinamento

mercoledì 30 ottobre 2013

LA MORTE DI CESARE PARDINI:IL PRELUDIO DI UN AUTUNNO CALDISSIMO

Articolo preso da ecn.org che ricorda la morte dello studente pisano Cesare Pardini ucciso dalle forze del disordine durante i violenti scontri che segnarono Pisa e che furono i primi di un lungo autunno caldissimo che culminò con la strage di Piazza Fontana.
La battaglia che scoppiò nella città toscana tra fascisti e antifascisti è spiegata qui sotto,maturata nell'ambito universitario e inoltre sono segnalati antefatti che in quel periodo sfociarono negli scontri che caratterizzarono un'intera generazione ed un intero paese.

27 Ottobre 1969 muore lo studente Cesare Pardini durante i giorni della battaglia di Pisa. ·
21 –27 Ottobre 1969 la “battaglia” di Pisa

In ricordo di Cesare Pardini, il primo morto della strategia della tensione.

Quell’ottobre di 40 anni fa a renderlo incandescente non furono solo i temi delle rivendicazioni sindacali, studentesche ma anche le provocazioni dei gruppi neofascisti, dell’estrema destra e dei loro alleati e sostenitori dei colonnelli greci e relativi servizi segreti. Trame che fecero da sfondo alla stagione delle stragi fasciste che da lì a poco sarebbe cominciata con Piazza Fontana e dove il ruolo di provocatori, fascisti e agenti segreti infiltrati e cellule neonaziste fu svelato solo grazie alla controinformazione militante e la battaglia per la libertà di Valpreda.
 In quell’ottobre 1969 la strategia della tensione comincia la sua folle e micidiale corsa. A Reggio Calabria il principe nero Julio Valerio Borghese tesse i rapporti con la destra calabrese affinché essa si doti delle capacità politico-militari per essere alla testa di una prossima rivolta popolare, in una regione del Sud dove il consumismo è un sogno e l’emigrazione una realtà.
Il 25 ottobre 69 le prime prove : al rifiuto del questore di svolgere un comizio presenziato dall’excapo della Decima Mas e dirigente del “Fronte Nazionale”, i fascisti calabresi si scontrano con la polizia con lanci di pietre petardi e contrapposti a cariche con lacrimogeni. Quella sera Piazza del Popolo a Reggio fu un campo di battaglia. Decine di feriti, molti arrestati e oltre 80 denunciati tra i fascisti rendono l’idea dell’ampiezza dello scontro .
Ma in quel mese si avvia anche la stagione delle bombe sui treni, prove generali per le stragi fasciste future. Nella notte del 26 ottobre, due attentati combinati , con le stesse tecniche, con lo stesso esplosivo (donarite) e con la stessa volontà di cercare la strage, sono compiuti contro le linee ferroviarie sulla Torino –Milano , in località borgo Regio e la Torino-Genova -Milano in località Novi Ligure.
Nel primo caso l’esplosione avviene quasi in concomitanza del passaggio di un treno con mille passeggeri. Si cerca a tutti i costi di creare il precedente che porti ad una manovra repressiva contro tutto il movimento operaio e studentesco ed è nella ricerca della provocazione che si inquadra la terribile vicenda della morte dello studente Cesare Pardini durante i giorni della “battaglia” di Pisa.
A far scoccare al scintilla è la pretestuosa assemblea dei giovani fascisti universitari del FUAN presso la facoltà di lingue dell’università di Pisa , per costituire “La Lega degli Studenti Greci” presso la stessa. Gli studenti di sinistra ritenendo questa associazione una diretta emanazione dei golpisti e torturatori colonnelli greci si scontrano con i giovani di destra.. Dopo alcuni giorni nella notte tra il 25 e il 26 c’è una battaglia di tre ore tra i giovani di sinistra e la polizia e i missini che si sono barricati nella loro sede storica di Via San Martino.Decine sono le molotov lanciate e molti feriti e contusi da manganellate e lacrimogeni quella sera.
Il giorno dopo la tensione è altissima e il comitato unitario Antifascista che comprende anche i partiti ufficiali indice una manifestazione con 8000 presenti. Poi, quelli che vennero definiti filocinesi o anarchici riprovano di nuovo a chiudere definitivamente la sede del MSI
Lo scontro è terribile poiché il numero dei “filocinesi” è di alcune centinaia e ben “attrezzati”, ma dall’altro lato trovano i carabinieri in una specie di trappola. Sul ponte di Mezzo, Cesare Pardini cade colpito probabilmente da un lacrimogeno sparato a bruciapelo.Alla fine si contano centinaia di feriti tra ufficiali e non ufficiali e alcune decine di arrestati ai quali se ne aggiunsero altri in seguito. Anche grazie a questo episodio, nei giorni a venire, da parte dei partiti della sinistra ufficiale prese avvio la campagna della richiesta di isolamento degli opposti estremisti con tutte le conseguenze future. Una replica che vedremo a Bologna nel marzo del 1977.
Cesare Pardini , un giovane universitario praticante di lotta libera presso il CUS di Pisa, ritenuto non militante nei gruppi di sinistra di Pisa, fu accompagnato a spalla dai suoi amici atleti tra migliaia di persone. La stagione di sangue andava a cominciare.

Nella pagina troverete alcune foto e ritagli dei giornali dell’epoca e link utili

La redazione dell'Archivio Storico Benedetto Petrone
28 ottobre2009
pubblicato su
http://www.sinistracomunista.it/
http://www.pugliantagonista.it/archivio/cesare_pardini.htm

martedì 29 ottobre 2013

OCCHIO ALLA TECNOLOGIA E ALLA PRIVACY

Breve commento ad un articolo che parla dello scandalo del Datagate che ha portato alla luce milioni di intercettazioni telefoniche che gli Usa nel corso degli ultimi anni hanno attuato nei confronti in pratica di tutto e di tutti:oltre a questo anche la certezza di essere spiati durante il nostro tempo trascorso in Internet.
Come evidenzia il contributo preso da Senza Soste sono decenni che per scopi tra i più diversi,prevalentemente quello pubblicitario,veniamo guardati e spiati ogni volta che facciamo la spesa,che accendiamo il computer e che parliamo al telefono:tramite le nuove tecnologie siamo praticamente rintracciabili ovunque,"grazie"a Bancomat,Gps,carte di credito e tessere sanitarie,e se proprio si vuole una maggiore privacy meglio evitare o utilizzare al minimo indispensabile tutti quegli strumenti che possono permettere ad"altri"di entrare nel nostro mondo privato.

Datagate. Il valore strategico dei dati. 
Dopo quella di giugno, è arrivata la seconda ondata delle rivelazioni di Edward Snowden, l'ex collaboratore della National Security Agency (NSA) rifugiatosi in Russia. Le reazioni alla notizia delle intercettazioni delle comunicazioni di decine di capi di Stato e di Governo non sono andate oltre un'ipocrisia di comodo e le minacce - solo annunciate - di bloccare o rallentare l'accordo di libero scambio attualmente in discussione tra Europa e Usa. Più che far finta di scandalizzarsi per il lavoro dell'intelligence americana e di altri paesi, che da sempre svolgono il proprio ruolo con le tecnologie a disposizione, e indignarsi (ma non troppo) per le "violazioni della libertà e della democrazia" varrebbe la pena cercare di capire un pò di più dei motivi di questa enorme raccolta di dati ad opera degli Usa ma non solo.
Che scopo ha raccogliere i dati delle comunicazioni di decine di milioni di persone? Certamente il controllo, mediante dei software dedicati alla ricerca di parole chiave che possono evocare gli intenti del cosiddetto "terrorismo internazionale". Ma vista la quantità di dati che vengono classificati e analizzati non pare essere la sola spiegazione. Il generale Keith Alexander, capo della NSA e del United States Cyber Command, un paio di anni fa fece la seguente dichiarazione: "E' nel cyberspazio che dobbiamo usare la nostra visione strategica per dominare l'ambiente delle informazioni". E per informazioni non intendeva solo quelle militari e politiche. Si riferiva ad ogni tipo di informazioni economiche, industriali, commerciali e sociali. In altri termini, con le tecnologie attuali non è più un problema la raccolta, la "processazione" e l'archiviazione di miliardi di dati. Il messaggio che veniva lanciato era: per comprendere il mondo bisogna innanzitutto quantificarlo. Altri prima di lui hanno avuto la stessa idea e non è un caso che successivamente abbiano stabilito relazioni reciproche abbastanza strette. E' il caso di Google, Microsoft, Facebook, Twitter, Apple, Yahoo che hanno accesso, secondo la rivista Wired, a più dell'80% delle informazioni che viaggiano su internet e in altri circuiti informatici.
L'uso di carte di credito, bancomat, tessere sanitarie, cellulari, tablet, sistemi Gps, badge, tessere magnetiche di negozi, centri commerciali, catene di supermercati alimentari, i siti web visitati, le mail, le chat, gli acquisti online, i "mi piace" cliccati su Facebook lasciano una traccia che permette di scannerizzare una quantità enorme di comportamenti, scelte, propensioni. Secondo Mayer-Schonberger e Cukier, autori di Big Data, stiamo uscendo dall'epoca in cui predominava la logica del campionamento di quantità modeste di dati per approdare in quella della correlazione di miliardi di dati. Non ci si chiede più quale effetto può produrre una certa causa, si va alla ricerca delle correlazioni, di qualsiasi genere e natura, tra un'infinità di dati. In sintesi, una correlazione quantifica la relazione statistica tra i valori di due dati o pacchetti di dati. Una correlazione elevata si registra quando al variare di uno dei valori, tende a variare anche l'altro. Non importa il motivo delle variazioni, delle coincidenze, degli scostamenti. L'importante è la tempestività nel rilevare i fenomeni e le strategie messe in opera per monitorarli e possibilmente indirizzarli e condizionarli.
Google, quattro anni fa, ha fatto da battistrada a queste modalità di trattamento dei dati combinando alcuni miliardi di ricerche sul proprio sito con 450 milioni di modelli matematici, che analizzavano alcune frasi chiave, per giungere a prevedere in quali zone degli Usa ci sarebbe stata una maggiore diffusione dell'influenza invernale. In quel caso l'obiettivo era anche nobile, sta di fatto però che questo ha aperto delle possibilità inimmaginabili nell'uso dei dati. Si possono fare correlazioni tra merci acquistate e stili di vita, tra siti web visitati e orientamenti politici, sessuali, religiosi; tra il tipo, la quantità, la localizzazione delle comunicazioni in certe zone, quartieri e città. Da qui la "fame" di dati delle grandi Internet Company e delle Intelligence più potenti. Va da sé che si è sviluppato un grande business di dati e sono nate innumerevoli società di raccolta e vendita. I dati sono una merce, hanno un valore e possono essere usati più volte per diverse correlazioni. Siamo probabilmente alla vigilia di un salto di paradigma nell'uso dei grandi dataset pur senza prefigurare esiti alla Minority Report, il film di qualche anno fa in cui venivano arrestati coloro che probabilmente stavano per commettere un reato. I software Tempora dell'intelligence britannica e Prism di quella americana hanno obiettivi meno fantascientifici, sono pensati per il monitoraggio su vasta scala dei comportamenti collettivi che, a maggior ragione, in un periodo di crisi hanno una maggiore imprevedibilità. In uno scenario del genere le leggi attualmente in vigore per la protezione della privacy sono a dir poco inutili, possono essere bypassate con facilità, a meno di non usare più telefoni, computer, carte di credito, bancomat ecc.
Di certo non ci salveranno nemmeno le rivelazioni di Edward Snowden o di Wikileaks perchè pur avendo messo in tensione i cosiddetti "sistemi di sicurezza e controllo" veicolano - per citare "Nell'acquario di facebook" del collettivo Ippolita - un'immagine di cavalieri senza macchia e senza paura, di sacerdoti-custodi di tecnologie e di informazioni liberatrici, appartenenti a organizzazioni semi-segrete dalle gerarchie opache, pronti a sfidare il sistema a costo della propria libertà. I percorsi collettivi, aggiungiamo noi, sono più difficili e tortuosi ma probabilmente i soli in grado di scardinare le tecniche di controllo che producono l'assoggettamento al sistema dominante.
 
Felice Mometti
28 ottobre 2013

domenica 27 ottobre 2013

REPRESSIONE PREVENTIVA

Che la repressione del tifo negli stadi sia sempre più accanita è una fatto appurato da anni,con leggi speciali,decreti vari,intere branche legislative nate apposta per quello che succede dentro e fuori gli stadi,prima ,durante e dopo le partite.
Ma i casi ultimi accaduti a Livorno e a Sarzana sono l'apice dell'interferenza della sbirraglia che sconfina dal mero rapporto legge-ultrà e invade la vita quotidiana:infatti fioccano Daspo e denunce nei confronti di persone che si organizzano viaggi e trasferte e che vengono fermate da pattuglie intere anche a distanza di chilometri dagli impianti sportivi.
E'quanto accaduto ai tifosi della Sampdoria e del Brescia nelle ultime settimane,con complessivamente più di cento persone daspate in quanto la repressione preventiva permette tutto questo e molto di più,con la possibilità di arresti differiti nel tempo e una sorta di accanimento atto ad ammansire il tifoso per tenerlo a casa al comodo davanti alla televisione.
Del caso dei cori discriminatori sia per motivo razziale che territoriale non ne parlo ora,ci vorrebbe più tempo,anche se le conclusioni mi sembrano ovvie tenendo conto le enormi differenze tra offese e offese.
L'articolo è preso dal sito di Radio Onda d'Urto(http://www.radiondadurto.org/2013/10/22/36-diffide-a-bs-1911-leggi-speciali-ieri-e-oggi-per-gli-ultras-oggi-e-domani-in-tutte-le-citta/ ).

36 DIFFIDE A “BS 1911″: LEGGI SPECIALI, (IERI E) OGGI PER GLI ULTRAS…(OGGI E) DOMANI IN TUTTE LE CITTA’.

36 diffide – praticamente, tutto il pullman – ai danni del gruppo ultras “Brescia 1911 – ex curva nord”, lo stesso che da anni porta avanti la battaglia per la verità e giustizia sul massacro di Paolo Scaroni, pestato e spedito in coma dalle manganellate dei “soliti ignoti” alla stazione Fs Verona Porta Nuova nel settembre 2005, al termine di Hellas Verona – Brescia.
La messe di provvedimenti repressivi, non ancora ufficializzati ai diretti interessati, arriva dal lavoro “congiunto” delle Questure di La Spezia e Brescia.
Sabato 12 ottobre 2013, a La Spezia, era in programma la partita La Spezia – Brescia. Per accedere allo stadio, come da alcuni anni a questa parte, era necessario possedere la famigerata “tessera del tifoso”, uno strumento di schedatura preventiva da sempre rifiutato da molti gruppi ultras, fra cui i “Brescia 1911″.
Nel tardo pomeriggio di sabato 12 ottobre, i 36 ultras sono stati bloccati dalle “forze dell’ordine” mentre si trovavano a Sarzana, cioè a ventidue chilometri di distanza dallo stadio “Picco” di La Spezia.
Tanto è bastato per procedere alla loro identificazione e, ora, anche all’emissione del cosiddetto “Daspo“, ossia la diffida dall’entrare in qualsiasi impianto sportivo per un tempo che può andare fino a tre anni.
Stessa sorte, a quanto parte, riguarderà 80 ultras della Sampdoria, fermati sabato 19 ottobre 2013 prima del match contro il Livorno.
Il tutto, senza alcun processo o accusa specifica: basta in sostanza la (presunta) “intenzione”, trattandosi di un dispositivo di “repressione preventiva” imposto a partire dal 1989 (e poi ulteriormente indurito dal cosiddetto “Decreto Amato” del 2007).
Oltre trent’anni di repressione hanno purtroppo esteso questo provvedimento liberticida dall’ambito delle curve a quello del dissenso tout court, come dimostrano fin troppo ampiamente gli ultimi fatti di cronaca: dal fioccare di “fogli di via”, dalla val di Susa fino a Brescia (clicca qui), oppure ai compagni e compagne rispediti indietro da Roma prima della giornata di #sollevazionegenerale dello scorso 19 ottobre.
Di seguito, invece, il resoconto della trasferta di sabato 12 ottobre 2013 fatto dagli stessi ultras sul loro sito internet:
Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo…”
Le ali della Libertà – Non dovevamo esserci. Non potevamo andare. Eppure, se non fosse stato per una mera coincidenza, probabilmente oggi vi potremmo raccontare una delle più belle trasferte vissute dal nostro gruppo.
Non certo per i numeri (eravamo al massimo una quarantina); e nemmeno per l’attesa della partita, giacché ci eravamo ripromessi di ascoltarla alla radio nel caso in cui non fosse andato tutto per il verso giusto; bensì per il semplice fatto di avere affrontato questa avventura in piena Libertà, senza scorta e -soprattutto- senza subire la tipica arroganza delle guardie di turno (almeno per metà percorso).
Una autonomia che ha moltiplicato le nostre sensazioni e le nostre emozioni, nonché la tensione, aumentata a dismisura al solo pensiero di arrivare dove volevamo con le nostre gambe (paura di nessuno, ma rispetto per tutti!, sempre); sebbene -sia chiaro- il nostro traguardo non fosse la Curva dello Spezia o i suoi tifosi (certe “illusioni” le lasciamo agli internauti).
Al contrario, poiché i rischi di questa trasferta non autorizzata erano già molto elevati, l’obiettivo minimo era quello di spingersi fino ai confini della Liguria senza troppi intoppi e senza fare cazzate (siamo Ultras, non kamikaze impazziti).
Purtroppo, per quanto uno possa credere nelle proprie convinzioni, non sempre ciò che si desidera si realizza automaticamente, in particolare quando si ha contro tutto e tutti, perfino la sorte.
Eh sì, perché spesso anche le trasferte “perfette” possono avere un punto debole.
A volte basta un errore di percorso; altre la solerzia dei funzionari di turno; altre ancora un battito di ali di farfalla.
Nel nostro specifico caso, possiamo affermare che sia stato un avvistamento “fortuito” avvenuto in autostrada per mano della DIGOS bresciana che -probabilmente- seguiva da lontano il resto della tifoseria.
Morale della favola: siamo stati intercettati, fermati, prontamente schedati, tenuti in ostaggio per alcune ore da una ventina di solerti poliziotti, e per finire accompagnati fin quasi alle porte della nostra splendida città da ben cinque pattuglie.
E tutto ciò proprio quando eravamo giunti a un passo dal nostro obiettivo (il mare e la spiaggia, ovviamente).
Una sconfitta? Forse per chi non sa cogliere il valore di certe scelte, ma di certo non per noi.
Infatti, il sapore di questa trasferta (a metà) ci ha ricordato -per l’ennesima volta- la vera essenza Ultras, quella secondo cui la Dignità, l’Amicizia e la Libertà vengono prima di tutto, anche della partita stessa.
E non importa quante trasferte ancora saranno -nostro malgrado- interrotte.
Non importa nemmeno se i nostri tentativi ci dovessero costare anche più cari.
La cosa importante è non arrendersi.
La cosa importante è sbattere le ali, per sentirsi vivi, e per dare un futuro migliore ai nostri figli.
Fino alla prossima diffida!
 Diciamo quel che pensiamo, facciamo quel che diciamo, sempre – Ora, se qualcuno avesse letto questa prima parte del resoconto senza la dovuta preparazione o la giusta Mentalità, potrebbe di certo pensare che siamo dei pazzi incoscienti e poco maturi, oppure dei coglioni irrecuperabili, poiché è ormai prassi comune andare in trasferta con la tessera del tifoso, senza la quale i rischi di denunce e diffide sono inversamente proporzionali al grado di “simpatia” che ci riservano gli sbirri di turno (a questo punto, per avere il quadro completo si deve considerare anche la nostra innata refrattarietà a certi sistemi/personaggi).
Naturalmente, a tutti quelli che ci giudicano con una sistematica superficialità abbiamo già risposto in mille maniere e in tempi non sospetti, quando cioè vi erano ancora i margini per una lotta comune contro i codici etici, i ricatti istituzionali, i divieti, le discriminazioni e gli abusi di potere (perché la tessera del tifoso, non lo dimenticate mai, è uno degli strumenti repressivi peggiori mai sviluppati sulla pelle di tifosi e cittadini, un tempo liberi).
Perciò, lasciate da parte i vostri malsani giudizi e facciamoci tutti un bell’esame di coscienza.
La Libertà non ha prezzo, la Dignità nemmeno!

sabato 26 ottobre 2013

UNO SCIOPERO FARSA?

La notizia del prossimo sciopero indetto dalle sigle storiche del sindacalismo italiano è apparso a molte persone come un mezzo modo di fare una mezza protesta contro la legge di stabilità che il governo dove ci stanno dentro un po' tutti ha deciso di portare avanti in parlamento.
L'articolo preso da Senza Soste è un comunicato di Usb che analizza polemicamente questa decisione di Camusso & co. che hanno scelto di attuare forse controvoglia per non intralciare troppo il lavoro del Pd e di Letta in prima persona,con motivazioni anche in parte accettabili ma che ormai non vengono nemmeno troppo presi in considerazione dai lavoratori stessi perché si sta capendo che purtroppo in certi ambiti del sindacalismo sempre più spesso una mano lava l'altra.

E ci risiamo con i finti scioperi!
CGIL CISL UIL hanno deciso di rispondere con un finto sciopero generale al malessere che la nuova Legge di Stabilità, alias vecchia finanziaria, sta evidentemente provocando tra i loro iscritti.
Una manovra da far pagare ai pensionati, ai quali non si applicherà neppure quella miseria di sgravio fiscale che frutterà ai lavoratori attivi forse 30 centesimi al giorno, ma che in compenso si vedranno ridotta di un punto l’aliquota delle spese detraibili per interessi dei mutui, spese mediche e per l’istruzione; ai dipendenti pubblici che da cinque anni non vedono uno straccio di contratto e a quanto pare non lo vedranno fino al 2017 e che per questo periodo hanno già perso una media di 5.000 euro e che comporterà un ulteriore taglio ai loro salari pari al 10%.
Da far pagare a tutti i cittadini con una nuova tassa sulla casa, la TRISE, che potrebbe anche superare l’IMU, con un taglio di 1 miliardo nel 2014 alla spesa pubblica, che significa sforbiciate pesanti ancora alla sanità, già annunciate sotto forma di blocco del turnover, che significa privatizzazione dei pochi servizi locali rimasti pubblici e abbattimento di quello che rimaneva del welfare.
E ora CGIL CISL UIL rispondono con un poderoso sciopero di quattro ore da realizzare nell’arco di un mese a livello locale?
Ma chi vogliono continuare a prendere per fessi, dopo aver annunciato neppure tre settimane fa di essere pronti a mobilitarsi per difendere Letta ed il suo governo?
Qualcuno può spiegarci perché mai, dopo anni e anni di finanziarie lacrime e sangue, di tagli alla spesa sociale, di privatizzazioni, di diminuzione del numero dei dipendenti pubblici, il debito pubblico aumenta invece di diminuire? Perché l’evasione fiscale aumenta mentre si fanno ampi sconti agli evasori e chi esporta capitali all’estero? Perché i burocrati europei continuano a finanziare le banche che praticano l’usura nei confronti dei cittadini inermi mentre riempiono i loro caveau di Titoli pubblici, i cui interessi vanno ad aumentare i deficit pubblici nazionali?
Le due giornate di sciopero generale e di manifestazioni nazionali del 18 e del 19 Ottobre hanno dato il segno che ormai costoro, veri e propri rottami della storia, sono fuori da un mondo di giovani e anziani, precari/e, di lavoratrici/ori, di migranti e rifugiati, di chi lotta per i bisogni primari a partire da casa e reddito, da tutti coloro insomma che portano sulle spalle il peso di una crisi che l’Europa Unita, il FMI, la BCE fanno pagare interamente alle fasce più deboli di quei paesi che la logica del capitale condanna alla marginalità e di cui il mercato ha bisogno per alimentare economie basate sullo schiavismo e su salari di fame.
Agli scioperi finti rispondiamo con una nuova alleanza sociale che si profila all’orizzonte, un blocco sociale che dovremo saper alimentare con intelligenza sulla strada dell’opposizione a questo Governo e a tutti quelli per i quali i diktat e le imposizioni della Troika sono legge.
Unione Sindacale di Base

venerdì 25 ottobre 2013

IL NAZISTA PENTITO

Breve articolo preso dal sito ecn.org che parla della strana storia di un personaggio sconosciuto ai più e che non conoscevo nemmeno io,tale Csanad Szegedi,ragazzotto neonazista numero due nell'organigramma del partito Jobbik,movimento di stronzi nostalgici dei tempi di quando Hitler furoreggiava in mezza Europa,Ungheria compresa.
Paladino del negazionismo e dell'antisemitismo spulciando nel proprio albero genealogico scopre d'incanto di essere ebreo,e quindi fa scuse pubbliche in televisione facendo un passo indietro su tutto quello che aveva continuato a dire,uscendo dal partito(terza forza politica ungherese)e pentendosi delle stronzate pronunziate.
Questo è un altro duro colpo ai neonazisti di Jobbik che ultimamente hanno subìto molti colpi dal governo Orbàn che ha introdotto nella legislazione magiara pesanti condanne per i reati per l'appunto di negazionismo ed antisemitismo in un percorso di riavvicinamento alle direttive europee.

Ungheria, leader neonazista scopre d'essere ebreo e 'si pente' ·

L'incredibile vicenda di Csanad Szegedi, numero 2 di Jobbik e accanito antisemita: dopo la 'rivelazione' del suo albero genealogico va in tv e chiede scusa. Un brutto colpo per il suo partito dell'ultradestra già in difficoltà per la svolta antirazzista del governo Orbàn
dal corrispondente ANDREA TARQUINI

21 ottobre 2013
Ungheria, leader neonazista scopre d'essere ebreo e 'si pente'

BUDAPEST - Era il numero due del partito neonazista e antisemita Jobbik, terza forza politica del paese. Solo il capo, Gàbor Vona, vantava più carisma e capacità oratoria di trascinare le folle come lui. Poi all'improvviso qualcosa è cambiato, radicalmente e per caso: Csanad Szegedi ha scoperto di essere di origini ebraiche. E allora, alla ricerca della coerenza perduta, ha abbandonato ogni incarico dirigente ed è uscito da Jobbik.
Come un pentito insolito, un pentito per motivi etnici. E adesso i suoi ex camerati non sanno più che fare, se minacciarlo e disprezzarlo oppure ignorarlo per limitare i danni pesanti del caso alla loro immagine.
Dura perdita per i neonazi di Jobbik, proprio mentre il governo nazionalconservatore ed euroscettico del premier Viktor Orbàn e del suo partito (la Fidesz) comincia finalmente ad ascoltare consigli e pressing di Angela Merkel, Barack Obama o José Manuel Durao Barroso, e a correggere la rotta: controlli più morbidi sulla stampa, atteggiamento più 'friendly' verso gli investitori stranieri e, soprattutto, nuove, dure leggi contro l'antisemitismo e il negazionismo. Concessioni importanti, segno che l'Unione europea quando alza la voce con i suoi membri sui valori costitutivi del mondo libero postbellico può anche farsi ascoltare.
Csanad Szegedi era tra i propagandisti antisemiti più accaniti nello splendido, fortunato paese. E' stato anche tra i fondatori della Magyar Garda, la guardia magiara, organizzazione paramilitare in uniforme cui non dispiacciono azioni-pogrom contro i rom né la nostalgia dei decenni d'oro, l'alleanza tra l'Ungheria autoritaria di Horthy e poi di Imre Szalasi con la Germania di Hitler.
Una conversione dolorosa. Fino all'ultimo il camerata Szegedi ha attaccato ogni aspetto della vita e della cultura ebraica: no al divieto di mangiare maiale, "perché è una tradizione ungherese", no alla Finanziaria del governo Orbàn "perché è fatta per impoverire tutti tranne gli ebrei". Poi lo shock sulle sue origini lo ha scosso come una doccia fredda, ed è andato in tv a confessare in pubblico il suo dolore: "Io sono stato una persona che procurava dolore agli altri, e peggio ancora quando parlavo di Rom o di ebrei istigavo all'odio anche contro i bimbi di quei gruppi".
Allora ha preso contatto col rabbino Shlomo Koeves, esprimendo pentimento via sms. Ha scritto: "Non è questione di quello che voglio essere, l'albero genealogico lo dice chiaramente , io sono ebreo".
Disfatta mediatica enorme per il partito neonazista e antisemita Jobbik, successo mondiale per le comunità ebraiche. Ma anche successo per il governo Orbàn. Il cui 'spin doctor' Ferenc Kumin ha appena approntato leggi durissime di condanna di ogni forma di antisemitismo e di razzismo. La destra nazionale, anche quella di Orbàn, può adattarsi e ritrovare un dialogo e un savoir faire col resto del mondo, gli estremisti no. Orbàn tra l'altro ha scelto coraggiosamente di rischiare sul caso del camerata di Jobbik pentito: condannando e punendo con nuove norme l'antisemitsmo può alienarsi l'elettorato più nostalgico, parte del quale alle elezioni dell'aprile 2010 aveva aiutato a dare alla Fidesz del premier la maggioranza dei due terzi con cui egli cambia a piacimento Costituzione e istituzioni, normalizzando tutto.
Persi o perdibili quei consensi, Orbàn cercherà forse di venire a patti in modo migliore con l'Europa, il mondo libero, i suoi valori costitutivi. C'è solo da rallegrarsene: parafrasando l'inno nazionale polacco ma cambiando nella prima strofa solo il paese, si può dire 'Jeszcse Wengri nie zginiela', l'Ungheria non è ancora morta. Certo è solo che Orbàn vuol rendersi pienamente recuperabile, astuzia e capacità di manovra non gli fanno difetto. E per le numerose, influenti comunità ebraiche a Budapest e Rom in tutto il paese, il caso del pentito Szegedi insieme alle correzioni di rotta del premier possono solo essere buone notizie.
E incoraggiamenti alla Ue, soprattutto alla zarina sorridente Angela Merkel, a continuare col pressing soft e amichevole con Budapest. L'alternativa, dicono qui fonti diplomatiche occidentali, sarebbe isolare l'Ungheria, lanciarla nelle braccia dei neoradicalpopulismi, dalla Lega alla Fpoe austriaca di Strache, dagli olandesi antiislamici in modo razzista di Geerd Wilders alla scandalosa risuscitazione di Pètain e Laval da parte del Front National di Marine le Pen in Francia.
Se la cara, preziosa, vivacissima e dinamica, sofferta Ungheria saprà sottrarsi a questi abbracci mortali sarà solo meglio per tutti nella casa comune europea. Altrimenti sarebbe triste, e immeritato per i magiari, parlare di loro dicendo 'cry, the beloved country', piangi terra amata, da un titolo della grande scrittrice bianca e antirazzista sudafricana Nadine Gordimer. Via, un po' d'ottimismo, nella contraddittoria, ma dinamica metropoli del Danubio (anche a causa di grandi successi nella cooperazione economica con Berlino) la speranza davvero non è ancora morta, una primavera può annunciarsi, anche con un Orbàn cambiato e ragionevole.

mercoledì 23 ottobre 2013

MA CHI RUBA IL LAVORO A CHI?

L'episodio del ragazzo della provincia di Lecco assassinato in Inghilterra a soli diciannove anni,Joele Leotta,sta destando vasto cordoglio e commozione perché è frutto dell'ignoranza e del razzismo stavolta accaduto al di fuori dei nostri confini.
Con le stesse scuse che spesso fascisti,leghisti e tutta quella merda di quella specie accampano per difendere i loro interessi,il giovane che era su suolo britannico da appena dieci giorni e che già lavorava presso un ristorante,è stato massacrato da una decina di bestie dicendo che gli stava rubando il lavoro.
Assieme alla vittima,seguita fino a casa ed accoltellata a morte,vi era pure un suo amico che è scampato al massacro,e che ha testimoniato alla polizia inglese i futili motivi dell'aggressione:dalle prime notizie ci sono stati nove fermi,due scarcerati dietro cauzione e dalle prime notizie sarebbe coinvolto solo un cittadino di nazionalità britannica,con le indagini che stanno proseguendo tutt'ora.
L'articolo è preso da"Repubblica",cui allego un altro link del 2009 dove si evince che l'avversione verso gli italiani e altri stranieri visti come invasori pronti a rubare posti di lavoro è purtroppo diventata di attuale rilevanza:http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/esteri/gb-raffinerie-italiani/gb-raffinerie-italiani/gb-raffinerie-italiani.html .

Lecchese di 19 anni ucciso nel Kent:"Voi italiani venite a rubarci il lavoro".
      
Joele Leotta si era trasferito a Maidstone per imparare l'inglese e aveva trovato lavoro con un amico in un ristorante. Sono stati aggrediti da nove ragazzi fra i 21 e i 25 anni, solo uno è inglese. Il padre: "Non era un attaccabrighe".
 
Un diciannovenne di Nibionno (Lecco), Joele Leotta, è stato ucciso a calci e pugni a Maidstone, capoluogo del Kent, da un gruppo di nove ragazzi tra i 21 e i 25 anni che volevano impartire una lezione a lui e a un suo amico "perché - questo il motivo come raccontato dal quotidiano Il Giorno - rubavano il lavoro agli inglesi". I nove fermati dalla polizia sono stranieri, solo uno è inglese. Due di loro, un uomo di 45 anni e un giovane di 23, sono poi stati rilasciati su cauzione. Subito dopo l'agguato Joele è stato trasferito al King's College Hospital, dove è morto poco dopo. Sconvolti i genitori e il fratello in un paese che da quando si è diffusa la notizia, è diventato meta di un pellegrinaggio fino alla frazione di Tabiago. La famiglia Leotta è giunta in Inghilterra ed è assistita dal personale del consolato. Il padre ha detto: "Era arrivato solo una settimana fa, escludo abbia avuto il tempo di infilarsi in situazione di rischio". La notizia della morte del ragazzo in pochissimi minuti è dilagata sui social network, con decine di messaggi di cordoglio lasciati nella bacheca di Facebook da amici e conoscenti.
In trasferta per imparare l'inglese. Joele Leotta era andato in Inghilterra per imparare l'inglese. Per mantenersi aveva trovato impiego con l'amico Alex Galbiati, anch'egli di Nibionno, in un ristorante della zona, il Vesuvius. E' qui che una banda di balordi ha cominciato a importunare i due amici, accusandoli di rubare lavoro agli inglesi. Quando i due ragazzi lecchesi erano nel loro alloggio, i nove hanno fatto irruzione e li hanno massacrati, Uno di loro avrebbe anche usato un coltello contro Leotta. L'amico ha avuto lesioni al collo, alla testa e alla schiena, dopo un ricovero di due giorni è stato dimesso dall'ospedale. Il console generale d'Italia a Londra, Massimiliano Mazzanti, sta seguendo da vicino la vicenda: "Sono in corso le indagini di polizia e siamo in attesa di capire esattamente cosa sia accaduto".
"Urlavano: italiani di m...". Il sindaco di Nibionno, Claudio Usuelli, parla di "comunità sconvolta" dalla notizia dell'omicidio. Usuelli racconta che, da quanto ha appreso da "fonti qualificate", le nove persone che hanno aggredito Joele e il suo amico "hanno sfondato la porta della loro camera urlando: italiani di m..., ci rubate il lavoro". Il sindaco polemizza anche con le autorità inglesi che hanno avvisato con ritardo quelle italiane. "Dobbiamo prendere lezioni di efficienza tutti i giorni da inglesi, tedeschi e altri, quando in questo caso i carabinieri di Costa Masnaga e la Farnesina si sono impegnati al massimo per dare informazioni alla famiglia di Joele. "I familiari sono stati informati da un'amica del ragazzo dall'Inghilterra - ha spiegato il sindaco - Solo grazie ai carabinieri e alla Farnesina sono riusciti a capire che cosa era successo. Non dagli inglesi, che si sono mossi in ritardo".
La polizia: dubbi su movente razziale. "Sono state originariamente fermate nove persone, sette rimangono in stato di arresto" ha detto il portavoce della polizia del Kent, Richard Allan, precisando che delle due persone rilasciate, che dovranno presentarsi alle forze dell'ordine a dicembre quando verranno sentite sulla base degli sviluppi delle indagini, solo una è di nazionalità britannica. Sul movente, Allan dice che le indagini stanno continuando a tutto campo per capire cosa davvero ci sia all'origine di quanto accaduto e ci sono "diversi dubbi" sull'ipotesi investigativa del movente razziale, "al momento non siamo convinti che all'origine dell'episodio ci sia stata una disputa legata al lavoro" ha spiegato. Avanza un'ipotesi Omar Galbiati, fratello di Alex. Sulla sua pagina Facebook scrive che c'è stato "uno scambio di persona".
Il padre: "Ucciso da un gruppo di bestie".  "L'unica cosa certa è che mio figlio è stato ammazzato da un gruppo di bestie... sul movente non posso ancora dire nulla" ha detto Ivan Leotta, il padre di Joele, da Londra. "Era arrivato solo una settimana fa - ha continuato - escludo abbia avuto il tempo di infilarsi in situazione di rischio" e il ristorante "se non sbaglio è gestito da italiani". Leotta ha detto anche di aver cercato di parlare con Galbiati, "ma è ancora sotto shock oltre che malridotto per il pestaggio subito". E sull'omicidio del figlio: "Siamo tutti talmente frastornati che non riusciamo neppure a pensare, ora vogliamo capire, poi vedremo cosa fare. Mio figlio non era uno a cui piaceva far l'attacabrighe e comunque era appena arrivato, non avrebbe neppure avuto il tempo per venire in attrito con qualcuno".  "Non si può morire a vent'anni per cercare lavoro" è stato il commento di Andrea Augutini, il cugino del ragazzo ucciso: "I genitori di Joele hanno saputo della morte del figlio dai genitori di Alex. I carabinieri ci hanno avvertito 24 ore dopo l'omicidio".
Il diario su Facebook. Joele era cresciuto a Tabiago e aveva frequentato l'asilo di Cibrone (altra frazione del paese), le elementari a Nibionno e le scuole medie a Costa Masnaga, sempre nel Lecchese. Dopo la maturità all'istituto Gandhi, a Villa Raverio, era riuscito a trasformare in realtà il desiderio di trasferirsi in Gran Bretagna alla ricerca di un futuro migliore. Il 17 ottobre scorso scriveva sulla sua pagina Facebook: "Sono in Inghilterra, sto cercando di sistemarmi qui. Ho trovato lavoro in un ristorante italiano, con origini napoletane, e ora sto imparando a fare il cameriere, davvero tutto perfetto". Dai post in bacheca si evince che il ragazzo amava il rap, era tifoso dell'Inter e aveva 1.223 amici sul social network. Aveva modificato la sua 'città attuale' in Maidstone e aggiunto il nuovo lavoro al Vesuvius Restaurant.
Il ricordo dell'istruttore di basket. "Lo conoscevo bene perché giocava nella squadra di basket che io seguo come istruttore. Era un ragazzo socievole, tranquillo. Conosco bene anche il padre: non riusciamo a credere a una tragedia simile", racconta Enrico Oldani uno dei responsabili della squadra di basket di Nibionno in cui giocava Joele. Il ragazzo, secondo quanto racconta il suo tecnico, aveva un sacco di amici, stava volentieri in gruppo e soprattutto era uno a cui non piaceva mettersi nei guai. "Lo conosco da quando era un ragazzino, mai saputo che avesse avuto problemi - ha aggiunto Oldani - Ora assieme a noi c'è il suo fratellino".
Gli sfoghi sulla bacheca di Joele. Tante parole di condoglianze, di tenerezza, ma anche di rabbia sul profilo di Joele, il ragazzo lecchese di 19 anni ucciso in Inghilterra. "Noi pensiamo sempre che all'estero siano più civili di noi... non è così, non solo in Inghilterra ma in generale, dobbiamo toglierci dalla testa che siamo un Paese sottosviluppato" scrive Giulia. "Bastardi, vogliamo giustizia", aggiunge Patrizia. Sul suo profilo ci sono tante fotografie di Joele, cappellino in testa, sguardo aperto, gli occhi scuri e profondi. Appena si è diffusa la notizia della sua morte la pagina si è riempita di frasi e commenti. Non solo di amici, ma anche di genitori, come Loredana,che hanno un figlio in partenza per l'estero. "Mio figlio è in procinto di partire per la Germania, vivo con dolore la violenza subita - scrive - questi nostri figli che vogliono fare qualcosa per superare le difficoltà di lavoro in Italia". O un conoscente che scrive in inglese. "My friends always told me 'Never go to England. There's the italians hunting (I miei amici mi hanno sempre detto non andare in Inghilterra, c'è la caccia all'italiano)".

martedì 22 ottobre 2013

DOTTRINA PAROT?NO,GRAZIE,LO DICE L'EUROPA

La notizia molto importante per quanto riguarda tutti i prigionieri politici baschi arriva direttamente dal tribunale europeo per i diritti umani di Strasburgo ed è la bocciatura della dottrina Parot in quanto vìola per l'appunto i diritti delle persone che prevalentemente in Spagna sono state condannate per più reati assommati senza tener conto che nel paese iberico non esiste la pena dell'ergastolo ma al massimo sono previsti trent'anni di reclusione.
L'articolo di Infoaut,cui allego pure uno di Contropiano(http://www.contropiano.org/documenti/item/15321-sulla-dottrina-parot-la-voce-dei-prigionieri-politici-baschi )e di Un caso basco a Roma(http://uncasobascoaroma.noblogs.org/post/2013/10/21/dottrina-parot-la-corte-europea-condanna-la-spagna/ ),parla della decisione dell'immediata scarcerazione della compagna basca Ines Del Rio che secondo l'introduzione di questa magagna in materia di giurisprudenza aveva avuto una condanna di circa 3000 anni(nulla in confronto a chi ha dato il nome a questa dottrina,Henry Parot con una somma di 4800 anni!)e che ora rivedrà il cielo senza le sbarre davanti.
Ora Rajoy ed il suo governo di destra sono indaffarati per poter trovare ancora qualche astrusa soluzione affinché questa sentenza europea non possa venire applicata e nel caso inventarsi qualche altra decisione repressiva nei confronti dei prigionieri politici baschi e delle altre realtà indipendentiste spagnole.
Altre info in castigliano sulla dottrina Parot sono qui:http://es.wikipedia.org/wiki/Doctrina_Parot .

Panico a Madrid: la corte di Strasburgo boccia la ‘dottrina Parot'.
 
Duro colpo per il governo di destra e per un’intera classe politica che continua imperterrita la sua guerra contro la sinistra basca. Una guerra fatta di arresti, illegalizzazioni, torture, violazioni dei diritti umani e politici.
Dopo mesi di attesa, infatti, questa mattina il Tribunale Europeo dei Diritti Umani ha respinto il ricorso presentato dall’esecutivo di Madrid contro una sentenza emessa dallo stesso tribunale internazionale nel luglio del 2012. Più di un anno fa infatti la Corte di Strasburgo aveva bocciato il carattere retroattivo di una legge spagnola – la 197/2006 – che viola il Trattato Europeo sui Diritti Umani. Con il pronunciamento di oggi il Tribunale Europeo conferma la sua decisione e ordina l’immediata messa in libertà della prigioniera politica basca, arrestata 26 anni fa e rimasta in carcere a causa della ‘dottrina Parot’, un meccanismo repressivo adottato da Madrid alcuni anni fa e che conteggia i benefici penitenziari sul totale degli anni di condanna inflitti ai prigionieri – nel caso di Ines del Rio circa 3000 (!) – e non sul numero massimo di anni di carcerazione previsti dalla legge spagnola, cioè 30.
Alla militante dell’ETA, che da anni soffre di una forma molto aggressiva di cancro, la ‘dottrina Parot’ venne applicata a partire dal giugno 2008, quando secondo le leggi vigenti mancava poco alla sua scarcerazione. Il ricorso al tribunale internazionale, accettato da Strasburgo, accusava la Spagna di violare vari articoli del Trattato Europeo sui Diritti Umani, in particolare il 14 che proibisce leggi discriminatorie applicate per motivazioni politiche solo ad una certa categoria di prigionieri, in questo caso i prigionieri politici baschi.
Il ricorso del governo spagnolo è stato respinto all’unanimità da tutti e diciassette i giudici del tribunale internazionale, mentre dieci di loro – contro sette – hanno deciso che l’esecutivo di Madrid debba risarcire entro 3 mesi Ines del Rio con 30 mila euro, in quanto la prigioniera politica di Tafalla ha subito un danno morale. All’unanimità i giudici impongono al governo spagnolo di pagare le spese processuali per un totale di 1500 euro.
La notizia risuona a Madrid come un vero e proprio affronto, una bocciatura netta di una delle ennesima leggi d’emergenza inventate ad hoc dai governi degli scorsi anni per inasprire una legislazione speciale già pesantemente criticata da alcune istituzioni internazionali (non da UE e USA naturalmente, che hanno sempre appoggiato incondizionatamente la repressione contro la sinistra basca).
La sentenza di Strasburgo, oltretutto adottata all’unanimità, delegittima la politica ‘della fermezza’ del governo Rajoy e soprattutto crea una potenziale spaccatura all’interno della destra spagnola. Già nel settembre del 2012 i settori più reazionari del Partito Popolare, raccolti attorno a Jaime Mayor Oreja e alle varie associazioni delle ‘vittime del terrorismo’, avevano scatenato una forte campagna contro la decisione da parte del governo di scarcerare un prigioniero politico basco - Josu Uribetxeberria Bolinaga – perché malato terminale di cancro ed in fin di vita.
L’accoglimento del ricorso di Ines del Rio non avrà effetto solo nel suo caso, ma anche su altre decine di prigionieri politici della sinistra indipendentista tenuti in carcere attraverso l’applicazione della Doctrina Parot, introdotta nel 2006. Già nei giorni scorsi, consapevole della bocciatura da parte del Tribunale dei Diritti Umani, Rajoy e i suoi avevano lanciato una campagna allarmistica denunciando che la decisione di Strasburgo avrebbe rimesso in libertà 61 ex militanti dell’ETA, sei membri del gruppo armato antifascista spagnolo Grapo, un militante dell’Esercito Guerrigliero del Popolo Galiziano Libero ed altri 15 prigionieri ‘sociali’. Annunciando comunque che l’esecutivo avrebbe adottato tutte le misure a sua disposizione per non obbedire ad una eventuale sentenza sfavorevole puntualmente giunta.
Per il pomeriggio di oggi ministri e dirigenti del Partito Popolare hanno annunciato riunioni straordinarie e conferenze stampa: l’intenzione del PP è rifiutare l’applicazione in blocco della sentenza del tribunale internazionale ma far si che la magistratura spagnola – la stessa che ha inventato la Doctrina Parot – analizzi uno per uno eventuali ricorsi presentati dai condannati tenuti in carcere sulla base di un procedimento contrario alla legge. La preoccupazione del Partito Popolare è grande. In particolare il timore è che un suo eventuale ‘cedimento’ di fronte alla sentenza proveniente da Strasburgo sollevi una ondata di indignazione nei settori più reazionari e fascistoidi dell’opinione pubblica spagnola, che di risolvere il conflitto basco con giustizia e attraverso una via politica e democratica non ne vogliono proprio sapere e che potrebbero far pagare cara a Rajoy una sua eventuale posizione ‘accomodante’ nei confronti di quanto deciso dal Tribunale dei Diritti Umani.

lunedì 21 ottobre 2013

BUFALE RAZZISTE

Voglio ritornare su una notizia commentata qualche settimana addietro (http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2013/08/soldi-agli-extracomunitari.html )in cui dei fantomatici soldi venivano regalati ad extracomunitari nullafacenti,e anche tanti e troppi secondo molti,quando la notizia era proprio una grandissima falsità.
Ancora periodicamente girano in rete e soprattutto sui social network delle bufale scritte e postate da fomentatori razzisti e anche molto ignoranti,sia loro e sia chi crede alle loro frottole in maniera così totale,senza entrare nel merito di cifre e di veridicità delle notizie.
Il contributo preso dal sito Giornalettismo(http://www.giornalettismo.com/archives/1165109/lultima-bufala-sui-soldi-regalati-agli-immigrati/ )elenca l'esempio che gira ultimamente e che ha come presunta fonte la cifra che la provincia di Trento elargisce alle famiglie in difficoltà,con tutti i chiarimenti del caso.

La bufala dei soldi «regalati» agli immigrati

di - 15/10/2013 - La tragedia di Lampedusa sembra aver stimolato la produzione di falsi contro gli immigrati da parte dei razzisti.

Per dire che nella Provincia di Trento alle famiglie degli “extracomunitari” vanno quasi 2.000 euro al mese, qualche astuto ha sommato tutto il welfare Trentino per i disoccupati e i casi sociali in un’unica soluzione.

CHE FORTUNATI GLI EXTRACOMUNITARI - Il volantino fotocopiato e poi fotografato e messo su Facebook dice che «Un cittadino extracomunitario sposato con 4 figli, arriva a percepire dalla Provincia Autonoma di Trento» 1.918 euro al mese più 1.350 euro una tantum.  Tipica la chiusura: «Tutto questo senza lavorare!»

UNA TIPICA BUFALA - Com’è già capitato in altri casi simili si tratta di una rozza bufala, il volantino mescola diversi contributi che non hanno come destinatari “gli extracomunitari”, ma qualsiasi famiglia che abbia i requisiti richiesti, che variano per ogni contributo, rendendo altamente improbabile che in capo a una sola famiglia possano andarsi a concentrarne tanti, che nel volantino sono calcolati sempre al valore massimo.
NON È COSÌ – Per accedere al reddito di Reddito di garanzia ad esempio servono tre anni di residenza e il contributo dura solo 4 mesi, oltre ad essere condizionato alla perdita del lavoro per cause a lui non imputabili di un membro della famiglia. Il contributo all’affitto è proporzionale alla spesa che va ad abbattere e ovviamente è erogato solo a fronte di contratti regolari. Il rinnovo può avvenire max tre volte nei due anni decorrenti dalla prima concessione (= max 16 mesi su 24) ed è condizionato a un percorso di reinserimento e a verifiche periodiche. Queste le condizioni relative al nucleo.
Se tutti i componenti in grado di assumere un ruolo lavorativo,
risultano in una delle seguenti condizioni:
• non hanno prodotto alcun reddito da lavoro negli ultimi 24 mesi
• nello stesso periodo abbiano cessato l’occupazione per:
• dimissioni non per giusta causa
• licenziamento per giusta causa o giustificato motivo
• sono in cerca di prima occupazione, ad eccezione del caso che essa sia
iniziata da meno di 12 mesi per sostituire un reddito da lavoro prodotto da
un componente fuoriuscito dal nucleo nei 3 mesi precedenti l’inizio della
ricerca.
TUTTO INSIEME - Il contributo regionale (1/2005) invece ha regole ancora più stringenti, richiedendo 5 anni di residenza. Tutti i contributi sono erogati solo a seguito di «preventiva verifica del servizio sociale territorialmente competente, che nel caso di bisogni sociali complessi
predispone un progetto individualizzato al quale il nucleo richiedente deve aderire ovvero nel caso di mero bisogno economico indirizza il nucleo all’automatismo dotandolo di idonea certificazione.» Contributo peraltro che non si può sommare a quello relativo al “minimo vitale”, che è incompatibile con il reddito di garanzia o con redditi che non siano effettivamente da miseria.
SOLDI PER I BISOGNOSI ITALIANI E NO - I contributi non fanno distinzione di nazionalità, sono rivolti ai nuclei poveri e sono stati concessi per il 48% ad italiani, per il 47% ad extracomunitari e il resto ai cittadini, nessuno dei quali probabilmente è riuscito a mettere insieme le cifre esposte nel volantino, che comunque per mantenere una famiglia di 6 persone in Trentino, affitto compreso, non sarebbero uno scandalo. Il volantino è chiaramente l’ennesimo tentativo di costruire e diffondere queste leggende metropolitane di stampo razzista, che subito si diffondono come virus tra i razzisti in rete, anche quest’orrore è stato condiviso da 2.600 persone solo su Facebook.

domenica 20 ottobre 2013

CRIMINALIZZAZIONE PREVENTIVA

La giornata della grande manifestazione indetta contro l'austerità imposta all'Italia dall'Europa da vari movimenti tra i quali quelli per il diritto per la casa,i No Tav,No Muos,i migranti,studenti e lavoratori precari e non,ha avuto un grande successo nonostante parecchi giornalisti abbiano "gufato"e"tifato"per scontri e tafferugli da parte dei partecipanti al corteo che non ci sono stati a parte poche schermaglie.
Gli unici momenti di tensione si sono avuti vicino alla fogna di Cagapound con i ratti neri aiutati dai loro colleghi in divisa a dare fastidio ma solo come delle fastidiose zanzare(http://www.senzasoste.it/anti-fascismo/19-ottobre-casa-pound-provoca-ma-la-stampa-non-vede ),cosa che i giornalai hanno quasi tutto omesso sui mezzi d'informazione di regime ma anche su altre testate storiche.
Altri piccoli disordini davanti al Ministero dell'Economia ma solo scaramucce e tutti a casa con molta gente contenta e pochi contusi,con i messaggi dei manifestanti ancora una volta offuscati da deliri giornalistici che hanno trovato il culmine della giornata in un pericolosissima cartuccia calibro 12 in una busta che poteva provocare una strage,ridicoli!

18-19 ottobre. I media alla guerra immaginaria .
Ma chi controlla i media? Diciamo meglio: che cavolo ha in testa chi li governa? Lo spettacolo mediatico intorno al 18 e 19 ottobre è stato così indegno che persino un signore perbene e molto governativo come Enzo Foschi, capo segreteria del sindaco di Roma Ignazio Marino ed esponente del Pd romano, è stato costretto a twittare: "I veri Black bloc sono tutti quei giornalisti infiltrati nel corteo... delusi dal fatto che non scorra sangue...".
Migliaia di ore di registrazione video, decina di migliaia di foto, centinaia di ore di interviste volanti ai manifestanti... tutto materiale buttato nel cesso per privilegiare cinque minuti si schermaglia davanti al ministero dell'economia, una fioriera spostata, la nuvola di qualche fumogeno, il "botto" di un petardo da stadio. Fino all'inarrivabile "disinnescamento di un ordigno contenente una pallottola calibro 12 che poteva fare molto male". Basta un vecchio cacciatore (o Wikipedia, non richiede uno sforzo intellettivo eccessivo) per spiegare che la "micidiale pallottola calibro 12" è la normale cartuccia da fucile da caccia, contenente pochi "grani" (nemmeno "grammi") di polvere da sparo; e che la sua "pericolosità" esiste solo se usata con un fucile corrispondente (della lunghezza di circa un metro, difficile portarselo dietro in manifestazione) e con una tipologia di pallini che non sia quella utilizzata per la caccia ai tordi...
I due maggiori quotidiani sono uno spettacolo a parte.
Repubblica lascia sfogare i suoi cronisti con improvvisazioni sullo spartito preparato da giorni. Hanno dovuto solo cambiare i nomi ai fantasmi evocati dalla loro necessità di creare paura. E quindi via i "No Tav", scesi a Roma con un pullman (60 persone anche un po' attempate non sono il massimo per simulare l'arrivo degli Unni), e avanti con i "black bloc", che non si sentivano più nominare da anni.. E' la stampa, bellezza; se non parlano tutti con le stesse parole, scrivendo tutti lo stesso articolo, non si sentono a posto. E la concorrenza, che fine fa?
Il più maturo, esperto e "ammanicato" Carlo Bonini segue invece la giornata dall'interno della sala operativa della questura e la vede come un wargame dove tutto è complessivamente sotto controllo. I poliziotti e i dirigenti vengono dipinti come "vecchi saggi" che "lasciano giocare" un po' i manifestanti, vedendo dalle telecamere che "il settore a rischio" è numericamente poca cosa. E soprattutto che i servizi d'ordine dei vari spezzoni funzionano davvero bene, per la prima volta dopo anni. Un segno di grandissima maturità politica dei movimenti, capaci di riappropriarsi davvero dell'intera mobilitazione (fin da venerdì mattina) e non farsi più giocare da altri la partita.
Idem per il Corriere della sera, dove ai cronisti di "nera" viene dato l'onore di aprire le pagine (agghiacciante quel catenaccio "Trovati tre ordigni, uno poteva uccidere", ovvero la povera cartuccia calibro 12 trovata in una busta!), mentre un altro esperto come Giovanni Bianconi - che nel corteo ci è stato davvero, altra classe... - arriva a conclusioni molto simili, ma dal lato dei manifestanti. Che hanno saputo decidere del proprio risultato politico senza esitazioni.
Nessuno spiega però il perché di questa determinazione double face: durissima con il potere, ma poco tollerante con le "forzature" tentate dall'interno del corteo. In piazza non c'erano persone che dovevano testimoniare di una qualche ideologia (c'erano anche quelle, naturalmente, in spezzoncini risicati da cui uscivano slogan atemporali, quindi "impolitici"), ma movimenti "vertenziali", che vogliono raggiungere risultati tangibili. La forza delle famiglie con bambini, sia italiane che di migranti e rifugiati, è tutta qui. Un "blocco sociale" disposto a lottare, non "a giocare"; tantomeno a "farsi giocare" da altri. Qualsiasi sia il gioco. Si fa sul serio, quindi si fa anche seriamente; pensando la lotta come un percorso, fatto di tappe, di momenti di scontro e altri di trattativa. Per rompere il fronte nemico, quelle "larghe intese" che sembrano l'unico marchio di fabbrica per i governi della Troika, e avanzare per cambiare il quadro sociale e anche la storia. L'antagonismo come pratica di vita, non "un giorno da leoni".
Questo ha spiazzato tutti i media, un po' meno le molte polizie di questo paese, abituate ormai tutti i giorni a fare i conti con un malessere sociale vero, fatto di persone in carne e ossa; con pratiche sociali dettate dal bisogno e quindi non affrontabili nei termini ridicoli della "fermezza" da talk show. Per dirla con una battuta paradossale: se a guidare la piazza (lato "forze dell'ordine") ci fossero i Calderoli o le Santaché, in Italia ci sarebbero decine di bagni di sangue al giorno.
Un briciolo di professionalità giornalistica sembra albergare ancora nei cronisti de La Stampa online, che ci consegnano almeno due notizie vere: "le devastazioni che tutti temevano - e qualcuno forse auspicava facendo scrivere di fantomatiche macchine idropulitrici utilizzate per sparare vernice addosso agli agenti - non ci sono state". Quel "facendo scrivere" è una vera notizia, perché è una confessione del clima in cui lavorano in redazione, sotto la spinta di input interni o esterni che indirizzano ad arte la fattura dei giornali.
La seconda è il riconoscimento al servizio d'ordine ("i" servizi d'ordine, sarebbe più esatto); "soprattutto, gli organizzatori della manifestazione hanno tenuto la piazza, predisponendo un servizio d’ordine e rispondendo anche a brutto muso a chi, tra loro, voleva agire in maniera diversa da quanto concordato". Anche la titolazione del giornale torinese, comunque, non enfatizza più di tanto "le violenze" immaginarie e prova a concentrare l'attenzione sul contenuto sociale - molto meno quello politico, oggettivamente e soggettivamente contro il governo e le politiche imposte dall'Unione Europea.
Il nuovo "manifesto" viaggia invece nella schizofrenia più completa. L'edizione online, a quest'ora del giorno dopo, spara ancora in apertura un pezzaccio a là Messaggero, con un titolo assolutamente indistinguibile da quelli meinstream ("Roma blindata nel giorno degli 'antagonisti'"; tra virgolette, come se invece avessero un'identità diversa... ma chi gliel'ha fatto passare l'esame a certa gente?).
Di fianco resiste ancora l'editoriale del giorno prima, in cui la direttrice giudica una "bella piazza" quella sindacale di venerdì, perché... non ci sono stati scontri. Nessun accenno ai contenuti, ma una allucinante assimilazione alla manifestazione del 12 (Landini e Rodotà in difesa della Costituzione ma senza citare chi la attacca e perché...); il tutto per ricondurre il "fermento sociale" al più ordinario tran tran politico ("il palazzo" come alfa e omega del ristretto orizzonte di Norma Rangeri).
Il quotidiano in edicola oggi, invece, ha un resoconto ai Roberto Ciccarelli che riconosce almeno alcuni dei fattori fondamentali di questa riuscitissima due giorni di mobilitazione, che il suo giornale nei giorni scorsi ha evitato accuratamente di trattare e spiegare. "Questo può essere un primo passo verso una politica contro l'austerità, che ha chiare basi sociali e mette al centro la richiesta del blocco degli sfratti per morosità, la riforma del Welfare e la richiesta di un reddito minimo. Potrebbe essere questo un primo, serio, tentativo per superare lo choc provocato dalla sconfitta politica del 15 ottobre 2011 che hanno fatto implodere il movimento, mentre negli Stati Uniti nasceva Occupy Wall Street, in Spagna si affermavano gli indignados e in Italia ci si è rinfacciati il risentimento e le responsabilità. Settantamila persone, forse anche di più, hanno partecipato al corteo della «sollevazione generale», parola che ha acquisito un nuovo significato". 
Ma il resto del giornale pensa ancora e pervicacemente al "palazzo" e alle sue guerriglie interne, fin dall'editoriale stanco di Piero Beviilacqua "L'avversario non c'è più", tutto incapsulato dentro i malesseri... del Pd.
I quotidiani di destra erano troppo scioccati dalla contemporanea sentenza della Corte d'Appello di Milano, che ha fissato i due gli anni di interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi. E quindi si sono limitati al solito elenco di insulti contro i manifestanti in genere, tutti comunisti e black bloc.
Il Fatto si pente almeno in parte dell'oscena rappresentazione fatta nei giorni scorsi, in cui sembrava preoccupato di scavalcare a destra la stampa berlusconiana e presenta un coro di voci dalla tendopoli di Porta Pia. Tardivo, ma almeno utile a riportare al centro dell'attenzione i temi veri, buttando nel cesso quelle ossessioni "legalitarie" che inevitabilmente "buttano" sempre a destra. Alla fine, a denti stretti, anche il quotidiano del duo Padellaro-Travaglio deve ammettere che "Per il resto hanno avuto ragione Cobas, Usb, movimenti No Tav e No Muos, gruppi di “inquilinato resistente”, anarchici, singoli esasperati dalla crisi, immigrati (tantissimi). La manifestazione è riuscita, finita a tarda sera con l’accampamento sociale a Porta Pia. C’è una frase che può offrire una sintesi della due giorni di cortei a Roma, è quella urlata da uno speaker dal camion musicale che apriva il corteo: “Siamo tanti, la crisi ci uccide ma non siamo più soli”.
20 ottobre 2013

sabato 19 ottobre 2013

L'ATTACCO FASCISTA ALL'ANPI DI LEGNANO

L'altra notta a Legnano c'è stato un atto vandalico contro la seda Anpi dovuta a una ritorsione fascista visto che nella zona ultimamente sono state vietate degli incontri e degli eventi dei soliti quattro ratti che si sono sentiti credo offesi e messi al margine della società come loro vorrebbero per altri.
Per fortuna pochi i danni causati da due molotov e da una bomboletta che verranno al più presto aggiustati,ma il fatto che la notizia abbia avuto abbastanza rilevanza sui media è dovuta allo strascico di polemiche legato al caso Priebke,dove la maggioranza della gente ha eseguito un piccolo esame di coscienza e forse ha capito finalmente che tutte quelle testoline vuote che ogni tanto emergono dai tombini debbano essere decapitate e ricacciate morte nelle fogne.
L'articolo di ecn.org racchiude un link(l'ultimo in basso)dove c'è la cronaca di una raccolta firme di Fogna Nuova dove tra l'altro chiedeva il taglio di fondi pubblici per associazioni citando l'Anpi come la prima della lista da radiare,con ovvie reazioni antifasciste.

Legnano. Due bottiglie incendiarie contro la sede dell'Anpi.

Atto vandalico nella sede dell'Anpi di Legnano: ignoti, nella notte, hanno lanciato due bottiglie incendiarie all'entrata della struttura in via Menotti e imbrattato il muro con la scritta: "partigiani boia".
Il fatto è accaduto verso la una: sconosciuti hanno prima cercato di appiccare fuoco alla saracinesca, non riuscendoci hanno lasciato le due bottiglie di plastica riempite di liquido incendiario tra la serranda e la porta d'entrata. Le fiamme sono divampate ma fortunatamente non è stato causato alcun danno grave.
Brutto risveglio, quindi, per il presidente Luigi Botta che, stamane, è stato chiamato sul posto dagli uomini della Polizia di Stato: "Sono cose che a Legnano non sono mai accadute ma neppure ai tempi del MSI di Colombo Bolla. Anche nel 1968 non è mai successo qualcosa di simile - afferma il presidente -. Mi trovo impreparato! Non abbiamo ricevuto alcun segno che facesse presagire un fatto del genere, perciò non abbiamo sospetti. Ma ritengo non sia casuale soprattutto dopo gli ultimi accadimenti e tenendo poi conto che stasera abbiamo un incontro, in sala consigliare del Municipio, con ragazzi e insegnanti che hanno partecipato al viaggio ad Auschwitz. Penso che anche le diversità politiche vadano trattate in altro modo, solo chi non ha idee può comportarsi così".
Sul caso stanno indagando gli agenti del vice questore aggiunto dr. Francesco Anelli dirigente del Commissariato della città.
In mattinata, tra i primi a chiamare Botta, il prefetto Francesco Tronca che gli ha manifestato tutta la sua solidarietà.
Anche il sindaco Alberto Centinaio, durante una conferenza stampa attualmente in corso, ha parlato di un atto da condannare nella maniera più decisa e forte: "Sono preoccupato - ha affermato il primo cittadino -poiché sto legando una serie di fatti. Spero di sbagliarmi, ma sto vedendo una serie di movimenti, di gruppi, di partiti che si ispirano all'estrema destra i quali stanno avendo un' attenzione per la città che prima non avevano. Il fatto accaduto stanotte si va a sommare a queste considerazioni perciò sottolineo: se si vuole portare a Legnano una tensione di questo tipo hanno capito male perché noi su queste cose non scherziamo. Quello di stanotte è stato un atto vigliacco in quanto significa gettar fango su chi ha sacrificato la vita per la libertà della città e della nazione: è un'ingiuria".
Gea Somazzi
18/10/13
http://www.legnanonews.com/news/63/32291/