giovedì 29 agosto 2013

SERATA BASCA A BRESCIA

Questa sera(ma anche ieri mi hanno detto che si è fatta festa)ci sarà una serata dedicata alla lotta del popolo basco per l'indipendenza del proprio territorio e per la libertà dei prigionieri politici che gli stati spagnoli e francesi con l'aiuto anche di altri e del nostro tengono imprigionati con pene e condanne a dir poco vergognose ed ingiuste.
Ovviamente parlo di Brescia dove nel contesto della Festa di Radio Onda d'Urto presso la Fiaska ci si potrà divertire e informarsi sulla situazione di Euskal Herria e si può vedere il concerto degli Ska-P e fare molto altro.
Gora Euskal Herria Askatasuna!

sabato 24 agosto 2013

35 ANNI DI CARCERE PER LA VERITA'

La condanna a 35 anni di reclusione del soldato(ormai ex)Bradley Manning da parte della corte marziale statunitense di Fort Meade è la vendetta silente di Obama nei confronti di colui che avrebbe rivelato le prove di uccisioni volontarie e dirette di civili nelle guerre di Afghanistan e Iraq oltre che i documenti finali in cui si prova che queste guerre siano state combattute solo per lo sfruttamento delle risorse naturali e non per cercare armi di distruzioni di massa o"liberare"le popolazioni civili.
L'articolo preso da Infoaut racconta di questa disumana e vergognosa condanna e delle torture,dei maltrattamenti e le minacce che Manning in questi tre anni di detenzione ha dovuto subire.
Ulteriori riferimenti si possono trovare su Wikipedia:http://it.wikipedia.org/wiki/Bradley_Manning .

La vendetta di Obama: Bradley Manning condannato a 35 anni.

È questo il prezzo che Bradley Manning dovrà pagare per aver diffuso il video “Collateral Murder” e 750000 documenti riservati dell'esercito statunitense. Ma la vittoria della Casa Bianca nella guerra ai leaks sembra più lontana che mai. E l'immagine di Obama va in pezzi.

Sono le 10.18 a Fort Meade, Maryland, quando il martello del giudice Denise Lind si abbatte sul destino di Bradley Manning. Trentacinque anni. Tanti ne dovrà trascorrere, sepolto tra le mura di una prigione, il confidente di Wikileaks, colpevole di aver consegnato all'organizzazione di Julian Assange 250000 cablo diplomatici ed oltre mezzo milione di dossier militari segreti che contenevano le prove delle atrocità perpetrate dagli Stati Uniti in Iraq ed Afghanistan. Un verdetto accolto in lacrime da David Coombs, avvocato di Manning, che durante una conferenza stampa in serata dichiarerà come questa pena sia la più pesante mai comminata ad un suo cliente: in passato a nessun altro dei suoi assistiti, neanche a soldati macchiatisi dell'omicidio di civili inermi, era mai stato inflitto un trattamento altrettanto duro. Si tratta in realtà della pena più alta mai imposta negli Stati Uniti ad un informatore degli organi di stampa.
Dal cuore dell'impero – Fort Meade è infatti il quartier generale dell'NSA – la sentenza fa il giro della rete in un lampo. E provoca reazioni durissime. Pochi minuti prima della sua lettura si scatena in rete un tweetstorm veicolato dall'hastag #BecauseofBradleyManning che raccoglie iniziative di solidarietà nei confronti del soldato statunitense: si propagherà fino a tarda notte entrando nei trending topics globali. Amnesty International si appella ad Obama perché la pena di Manning sia commutata e venga fatta luce sui crimini da lui rivelati. Il Center for Constitutional Rights, storica organizzazione sorta negli anni '60 per la difesa dei diritti civili, si dichiara «indignata» per il ricorso all'Espionage Act – una legge del 1917 considerata «arcaica e screditata» – pur di raggiungere una condanna. L'ACLU (American Civil Liberty Union) denuncia la sproporzione della sentenza rispetto a quelle emesse contro chi si rende protagonista di crimini di guerra. Ad usare i toni più duri però è Gleen Greenwald, giornalista del Guardian, che dal suo account twitter scrive «Obama admin: we aggressively prosecute those who expose war crimes, and diligently protect those who commit them». Parole queste che rispecchiano un sentiment trasversalmente diffuso in rete e che accomuna in modo unanime giornalisti, Anonymous, organizzazioni per i diritti civili, attivisti e semplici cittadini.
A dispetto di tanto sdegno però, la durezza con cui la corte ha condannato Manning era tutto fuorché inaspettata. Il procuratore militare Joe Morrow l'aveva preannunciata chiaramente due giorni fa quando aveva dichiarato che il tribunale era chiamato ad «inviare un messaggio a qualunque altro soldato che riferisca in pubblico informazioni riservate. Se si tradisce il proprio paese» aveva aggiunto «non ci si merita alcuna pietà da parte della legge». Parole che racchiudono la cifra della sentenza Manning: non solo una vendetta terribile impartita al soldatino di Crescent (piccola cittadina dell'Okhlaoma da cui proviene l'ex analista dell'intelligence) che con il suo gesto ha ridicolizzato il Leviatano, ne ha mostrato gli scheletri nell'armadio e l'ha fatto apparire vulnerabile, a tratti impotente, di fronte ad un pugno di hacker ed attivisti armati solo del loro laptop. Proprio a loro infatti è rivolta questa sentenza: una punizione esemplare, monito e minaccia per quanti volessero seguire le orme tracciate da Manning sul sentiero del whistleblowing.
Secondo Kevin Gosztola, autorevole reporter ed autore del libro Truth & Consequences: The US vs. Bradley Manning , il verdetto di ieri ha segnato un altro punto a favore della Casa Bianca nella sua «aggressiva guerra contro i leaks». Eppure nonostante l'accurata strategia con cui questa guerra è stata predisposta – non ultima la martellante campagna mediatica lanciata quest'inverno dall'amministrazione Obama sulla cybersicurezza – essa non sembra essere stata in grado di centrare gli obbiettivi designati. Al contrario, sostiene Wikileaks in un comunicato diffuso in serata, «ha clamorosamente fallito, come gli ultimi mesi» e l'affaire Snowden «hanno dimostrato».
Quel che è certo è che, specchiandosi nella sentenza emanata ieri, l'America di Barack Obama non potrà che inorridire, guardando la propria immagine, deforme e grottesca, ridotta ormai a una caricatura di se stessa. Dell'America del change, dell'intenzione di mettere fine alla barbarie di Guantanamo, della voglia di voltare pagina dopo gli 8 anni terribili dell'era Bush, non rimangono che gli slogan sui manifesti elettorali sbiaditi. Lo testimonia la dignità composta di un ragazzo di 25 anni condannato a scontarne 35 per aver denunciato al mondo gli orrori di una guerra fatta per il petrolio. Lo dimostrano i mille giorni da lui espiati in condizioni detentive prossime alla tortura, in attesa di un processo iniquo, celebrato a porte chiuse e avvolto dalla cortina del segreto militare.
L'America del 2008, attraversata dalla speranza, incalzata dai movimenti sociali e dal risveglio della cosiddetta società civile, sembra oggi aver lasciato il passo a quella dei droni e degli omicidi mirati, di Trayvon Martin e di PRISM. Un paese che #BecauseofBradleyManning sta scoprendo che la libertà d'espressione ed il primo emendamento contano meno delle ragioni del dollaro e dei giganti della Silicon Valley. Che trasparenza non è sinonimo di open governement ma di sorveglianza totale sui cittadini. Che il giornalismo indipendente è un nemico da combattere con una guerra fatta a suon di intimidazioni mafiose e iniziative neo maccartiste (vedi il caso Miranda).
Un paese che, leak dopo leak, sta scoprendo che la democrazia come sistema politico ha fallito.

#FREEBRADLEYMANNING

InfoFreeFlow (@infofreeflow) per Infoaut

venerdì 23 agosto 2013

MA CHI E' STATO?

Il dibattito e le voci su di un possibile intervento delle forze di"liberazione"occidentali in Siria sono sempre più alte dopo la questione di un attacco in cui si possa presumere l'utilizzo di armi chimiche,in particolar modo del gas nervino.
L'Onu ha aperto l'ennesima inchiesta per sapere chi avrebbe utilizzato questo gas,se il governo di Assad o i ribelli integralisti,come se l'uso di altri armi fosse lecito per ammazzare la gente,e alcuni Stati tra cui Francia,Gran Bretagna e Usa premono sempre più sull'acceleratore per cominciare un'altra"missione di pace".
Così dopo che in più di due decenni gli Usa,alla ricerca di armi di distruzione di massa,hanno massacrato le popolazioni pachistane,irachene ed afgane,la Siria si vede ora in pole position scalzando l'Iran per il suo prossimo war world tour(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/07/iran-o-siriaquale-la-prima.html ).
L'articolo di Senza Soste parla dell'intervento Onu in cui si prospetta un nulla di fatto sulla paternità del bombardamento chimico di cui sopra,ed in questa sporca guerra(non è che ce ne siano di pulitissime)a parer mio nel meno peggio vedrei meglio ancora una soluzione politica con nuovamente Assad al potere piuttosto che un manipolo di fanatici religiosi pronti a comandare col Corano in mano.
Nessuna religione al potere in nessuno Stato.

Siria. L'ONU vuole vederci chiaro su chi ha usato le armi chimiche . 
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiede che sia fatta ''chiarezza'' sull'accusa di uso di armi chimiche in Siria, rivolta dai gruppi anti-Assad al governo di Damasco ha detto il presidente di turno del Consiglio, l'argentina Maria Cristina Perceval, precisando che i Quindici ''accolgono la determinazione del segretario generale (Ban Ki Moon) ad assicurare un'indagine pronta, approfondita e imparziale'' sulla vicenda. Il Consiglio di Sicurezza, riunitosi ieri sera a New York, non ha però trovato l'accordo sull'avvio di un'inchiesta per il no di due dei membri permanenti, Cina e Russia. Ma questa posizione dell'Onu scontenta i "falchi" che vorrebbero un intervento militare contro la Siria. "Se il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non sarà in grado di prendere una decisione sugli attacchi chimici in Siria, queste dovrebbero essere prese ''in altri modi'' ha dichiarato ad esempio il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. In Siria "è stata superata la linea rossa" ha affermato oggi il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu.
Nel maggio scorso però Carla del Ponte, membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria ed ex procuratore del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, fece un annuncio clamoroso secondo cui "Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto sono state utilizzate armi chimiche, in particolare gas nervino. Dalla nostra indagine emergerebbe che sono state usate dagli oppositori, dai ribelli", aveva dichiarato alla radio svizzera. Testimonianze e seri sospetti, anche indizi. Ma anche in quel caso non sono state prodotte prove inconfutabili. Il governo siriano dal canto suo ha ribadito la propria totale estraneità all'utilizzo di armi chimiche nel Paese denunciato ieri dalle opposizioni. ''Sarebbe stato un suicidio politico usarle proprio nel primo giorno di lavoro degli esperti Onu in Siria", ha dichiarato all'Afp un alto funzionario dei servizi di sicurezza. ''Tutti gli analisti - ha aggiunto - concordano sul fatto che non è nel nostro interesse, date le circostanze attuali, utilizzare armi chimiche con gli ispettori sul posto''.
tratto da http://www.contropiano.org 22 agosto 2013
vedi anche

giovedì 22 agosto 2013

I DUBBI DI LETTA

Dopo qualche giorno di apertura del Pd a un'eventuale rientro in politica di Berluscojoni direttamente dalla porta principale passando direttamente dal via senza passare letteralmente dalla prigione,le ultime news parlano di attacchi politici sempre più violenti da parte dei sudditi del neoduce pronti a lasciare questo governo già alla frutta da quando è nato.
Il presidente Letta stavolta riesce a nascondersi dietro ad un dito e fa scaricabarile lasciando la decisione sulla grazia per l'ex premier puttaniere direttamente a Napolitano,mentre sulla questione dell'incandidabilità ammette che una legge per evitare ai ladroni e i truffatori di rappresentare gli italiani c'è e l'ha votata pure il Pdl.
L'articolo preso da Senza Soste parla un po' della possibile sorte del governo che è stato creato in una maniera incomprensibile e vergognosa per gli elettori di tutti gli schieramenti,aggiungerei anche valutando il fatto che per un'altra maggioranza di governo del Pd con altri è molto dura(ovvero si andrà al voto con la stessa legge elettorale?).

Letta e il PD alle strette sul salvacondotto per Berlusconi.  
Parlando da Vienna dove si trova in visita di Stato, il premier Enrico Letta – a proposito della grazia per Berlusconi - aveva puntualizzato: ''Non sono il presidente della Repubblica e quindi non è un mio potere''. Le dichiarazioni di Letta però non sono piaciute al vertice del Pdl che ieri sera si è riunito nella villa di Berlusconi ad Arcore. Il Pdl pare orientato a chiedere un ''approfondimento'' sulla vicenda Berlusconi nella riunione della Giunta delle elezioni e punta a rimandare alla Corte Costituzionale la ''legge Severino'' (approvata anche dal Pdl durante il governo Monti) che stabilisce l'incandidabilità in caso di condanna per reati come la frode fiscale. Alla fine del vertice ad Arcore, Berlusconi avrebbe deciso di dare incarico al fido Alfano e a Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera, di incontrare Letta per comunicargli ufficialmente che se non sarà risolto in tempi brevi il nodo della sua agibilità  politica la crisi di governo sarà inevitabile. Le indiscrezioni sulla riunione del Pdl parlano di un Berlusconi disposto a correre il rischio delle elezioni anticipate.
Enrico Letta continua ad ostentare ottimismo (anche se la faccia dice ben altro). In una intervista alla tv austriaca ha ribadito che: ''Il mio è un governo parlamentare di grande coalizione e deve la sua fiducia al presidente della Repubblica e al Parlamento e lavorerà finche' avrà la fiducia del presidente della Repubblica e del Parlamento''. Il ritornello è quello di sempre ma ormai potrebbe essere un disco incantato e non più fruibile ''Sono convinto che gli italiani sappiano i costi che avrebbe l'interruzione di un processo virtuoso che da' la possibilità di agganciare la ripresa. La ripresa è a portata di mano, sarebbe un errore non coglierla”.
Ieri Letta aveva pranzato con Epifani. Le agenzie parlano di intesa perfetta sulle scelte da compiere ma dentro il PD qua e là crescono le preoccupazioni (rese note oggi dal Corriere della Sera) di una fronda che in nome della prosecuzione del governo in carica sarebbe disponibile a concedere una qualche via d'uscita a Berlusconi in sede di voto segreto al Senato o magari nella Giunta che deve decidere sulla decadenza del cavaliere dal mandato di senatore. I prossimi venti giorni ci diranno quale sarà lo scenario:  il 31 agosto, il governo deve prendere la decisione sull'Imu; il 9 settembre, ci sarà il voto sulla decadenza di Berlusconi da senatore. Due scadenze che serviranno solamente a stabilire chi, tra Pd e Pdl, potrebbe staccare prima la spina all'esecutivo. Che dire? Dura minga!!
Alessandro Avvisato
tratto da http://www.contropiano.org
22 agosto 2013

mercoledì 21 agosto 2013

SFRUTTAMENTO LAVORATIVO MADE IN ENGLAND

La notizia del giovane stagista britannico morto dopo un estenuante turno di lavoro è l'esatto appiglio su cui si poggia l'articolo tratto da Infoaut che spiega la situazione di sfruttamento che gli inglesi subiscono e si trovano parallelismi con le nostre di problematiche.
A parte che gli stagisti di un istituto bancario(non lo so ma lo credo)o di qualsiasi altro settore lavorativo non prenderebbero uno stipendio così corposo in Italia,le situazione contrattuali che esistono in Gran Bretagna sono simili alle nostre per quanto riguarda il livello di precarietà.

Londra. Stagista, muore dopo 72 ore di lavoro senza pausa.

Una notizia che arriva da Londra e cha ha davvero dello sconcertante. Uno stagista all'età di 21 anni è morto ed è accaduto dopo aver lavorato per 72 ore senza mai fermarsi.
Il suo nome è Moritz Erhardt e stava facendo un tirocinio proprio nella sede britannica di Bank of America. Gli mancavano sette giorni dalla fine del suo stage estivo. Secondo le testimonianze raccolte dall'Independent, il giovane, affetto da epilessia, è  stato trovato morto nella doccia nel dormitorio per studenti di Bethnal Green, nell'est di Londra. Sul suo decesso, le circostanze sono ancora poco chiare, ma la sua morte ha anche aperto un dibattito, soprattutto su internet, a proposito degli stage nelle grandi banche che sottopongono troppo spesso gli aspiranti manager a massacranti orari di lavoro.
Un ex banchiere ha rivelato all'Independent che i tirocinanti lavorano in genere 14 ore al giorno. ''Di solito arrivano a 100-110 ore di lavoro alla settimana - ha aggiunto - ma la gente sa quanto sia difficile e stressante questo tipo di impiego''. Gli stagisti della Bank of America sono pagati circa 2.700 sterline al mese, oltre 3.100 euro. Ma non vale la vita! La situazione dei lavoratori precari in Gran Bretagna è letteralmente bestiale: 1 milione di lavoratori britannici hanno, intatti, contratti a zero ore. Come è venuto fuori nei giorni scorsi, stiamo parlando di persone che lavorano a chiamata senza nessuna garanzia di un orario minimo e prendono il salario base, circa 7 euro e 30 l'ora. Così nel 14% dei casi non guadagnano abbastanza per arrivare a fine mese, secondo un'analisi dell'ufficio studi Cipd riportata dalla stampa inglese. Un quarto dei datori di lavoro afferma di usare contratti a zero ore. Persino la Regina avrebbe assunto 350 lavoratori iper flessibili per i negozi delle residenze reali. Mentre da McDonald's è a zero ore il 90% dei dipendenti, circa 82 mila persone nel Regno Unito. Come arrivare a fine mese con contratti così precari? Una risposta arriva dalla stessa catena di fast food, che ha distribuito ai suoi dipendenti negli Stati Uniti una guida per far quadrare i conti con uno stipendio da 1.105 dollari. Il primo consiglio è "trovare un secondo lavoro".
da Controlacrisi

martedì 20 agosto 2013

VIOLENZA POLIZIESCA FRANCESE

Il video seguente preso da Infoaut è vergognoso e degno di pochi commenti e di molte risposte,che spero e sono convinto che i parigini che sono stati toccati anche indirettamente dal pestaggio poliziesco che si vede sappiano dare visto che gli sbirri implicati si possono identificare e sarebbero rintracciabili personalmente.
Perché le indagini subito disposte dal ministro dell'interno francese sembrano servino più a tutelare i macellai che le vittime della loro ordinaria follia,e spero che per un bel po' i due poliziotti violenti(gratuitamente)non possano dormire sonni tranquilli.
Perché queste manganellate contro donne grandi la metà di loro ed un abuso dello spray urticante che poi si ripercuote anche contro queste due volpi d'intelligenza non si possono dimenticare tanto facilmente.

Francia. Ordinaria follia poliziesca (video).

Un video dal titolo “Vergogna alla polizia francese” sta facendo il giro della rete per le sue immagini che ritraggono il comportamento della polizia in un ordinario controllo, nel caso specifico ad una macchina su cui viaggiavano diverse persone. Succede a Joué-lès-Tours, nelle banlieue parigine, e ad essere presi di mira sono nello specifico un uomo e una donna che davanti all'arroganza e al sopruso da parte della polizia, reagiscono. Dalle immagini si può vedere l'accanimento speciale nei confronti della donna, mentre l'uomo a terra rimane immobilizzato da un altro agente. Al tentativo della donna di avvicinarsi verso l'uomo inerme, il secondo poliziotto sferra diverse scariche di manganellate, utilizzando successivamente lo spray urticante in pieno volto per immobilizzare la donna che poco dopo si allontana, accasciandosi per terra pochi metri dalla macchina della polizia, per poi essere trascinata e portata via con un'altra macchina della polizia.
Non ha da che stupirci questo video che mostra la vera natura di un'istituzione a cui quotidianamente è data la gestione della “sicurezza” nelle strade. Ancor più ridicole appaiono però le parole del Ministro dell'Interno francese che sperando di garantirsi una facciata di finto legalitarismo, esterna dichiarazioni assurde affermando di non accettare la violenza dentro le forze dell'ordine. Il Ministro ha successivamente ordinato l'apertura di un'inchiesta, azione in sintonia con la logica del proteggere e nascondere. D'altronde, la patata bollente dovrà pur essere gestita in qualche modo, e per fortuna (per loro) filmati che ritraggono il comportamento violento della polizia, non capitano spesso. Per noi, la natura violenta della polizia è intrinseca al suo corpo istituzionale e allo scopo che persegue e il video uscito in rete in questi giorni non fa altro che testimoniare questo stato di cose.

lunedì 19 agosto 2013

ROGER WATERS E LA PALESTINA

Nel  breve intervento odierno prendo lo spunto di un articolo preso qualche settimana fa da Infoaut per evidenziare ancora il fatto che Israele giochi sporco e pianga lacrime di coccodrillo con le storie distorte dell'antisemitismo e dell'antisionismo.
Lo scorso mese,per l'ennesima volta,il componente della band dei Pink Floyd Roger Waters è stato accusato di antisemitismo per aver fatto volare il loro leggendario maiale volante con l'immagine,tra le altre,della stella di David simbolo dello stato mediorientale.
Per maggiori delucidazioni rimando ad un post del 2009:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/02/antisemita-o-antisionista.html .

Roger Waters (ex Pink Floyd) accusato di antisemitismo.

Nuova polemica sulla figura dell'ex bassista e cantante dei Pink Floyd Roger Waters. Durante un concerto celebrato sabato 20 luglio in Belgio, ha fatto librare in aria un grosso maiale gonfiabile  decorato con una stella di David e numerosi simboli di multinazionali e del consumismo tra cui il logo della compagnia petrolifera Shell, due martelli incrociati e due scritte: “Tutto sarà ok se continuerete a consumare” e “Cosa c’è che non va nella gente?”
La posizione di Waters nei confronti di Israele non è certo una novità, ma evidentemente i media israeliani traggono sempre occasione per tacciarlo di antisemitismo. Questa volta a trarre spunto è stato il giornale israeliano Yediot Ahronot, che parla di messaggi antisemiti lanciati durante lo spettacolo di Waters
Non è la prima volta che l'ex Pink Floyd viene accusato di antisemitismo. Nel 2010 infatti, l’Anti-Defamation League ha contestato a Waters la proiezione durante una sua performance di immagini di aerei dalle quali cadevano bombe a forma di stella di David. Il bassista si trovò a dover difendere la sua posizione mandando una lettera all'Independent, nella quale precisò che le immagini da lui scelte durante il concerto, erano “rappresentative di interessi religiosi, nazionali e commerciali, tutte con l'influenza maligna sulle nostre vite e che ci impediscono di trattarci bene l’un l’altro”.
In passato Waters ha apertamente espresso il suo dissenso verso il muro israeliano, definendolo “un’oscenità” che “andrebbe abbattuta”. Nel 2009 ha inoltre sostenuto la Marcia per la Libertà di Gaza. Stando a quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz, in una lettera aperta del 2011 la rockstar ha invitato altri artisti a combattere contro l’occupazione della Palestina aderendo ad un boicottaggio anti-Israele.

sabato 17 agosto 2013

AI LIMITI DELLA GUERRA CIVILE

Ripesco questo articolo che ho "congelato" più di un mese fa e che riguarda la rivoluzione egiziana che settimana dopo settimana da allora sta diventando una vera e propria guerra civile con centinaia di vittime soprattutto tra i fratelli musulmani che protestano per la cattura del loro leader Morsi.
Per notizie più recenti,a parte l'assalto alla moschea Al-Fath che è stata sgomberata proprio ora si pensa senza vittime,si possono trovare qui(http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/egitto-il-ministero-della-sanita-conferma-la-morte-di-235-persone-e-2-000-feriti-dichiarato-lo-stato-d-emergenza-per-un-mese )sempre preso da Senza Soste.
La protesta è legittima,l'esercito ormai fa il bello e il cattivo tempo anche se è sempre auspicabile avere uno stato laico,se poi i risultati elettorali sono diversi e la maggioranza delle persone vuole un cambiamento radicale allora lo spettro di un intervento internazionale sarà sempre più imminente.

Egitto, a chi appartiene la "Rivoluzione"?
L’articolo che segue rappresenta un tentativo di inquadramento delle nuove vicende egiziane, che cerca di dar voce all’Egitto “altro”, a fronte della caratterizzazione di un paese di cui oggi si racconta solo del nuovo bagno di sangue. Vogliamo – non per dare risposte, ma per cercare nuovi spunti di analisi sulla complessa situazione – provare a leggere le dinamiche egiziane secondo il punto di vista di quella piazza che per due anni e mezzo non ha mai smesso di lottare. Di quella piazza che non si accontenta di dire che “la rivoluzione è stata tradita”, di quella piazza che, nonostante le contraddizioni che vive e che ha vissuto nell’ultima settimana, continua a lottare e a darsi prospettive, attraverso nuovi esperimenti rivoluzionari. Di quella piazza che – tra i Fratelli Musulmani e l’esercito – prende sempre più coscienza e non si accontenta di “scegliere il male minore”.
L’immagine che ci viene oggi dall’Egitto è quella di un paese sull’orlo del burrone, un clima da quasi guerra civile: piazze contrapposte, da una parte quella galassia che si schiera contro l’Islam dei Fratelli Musulmani, e dall’altra i tanti che continuano a innalzare le ormai vecchie gigantografie di Morsi.
Piazze che certe volte si scontrano, come nella battaglia che ieri ha insanguinato la periferia del Cairo, quando la capitale egiziana è stata per tutta la notte teatro di scontri che hanno provocato decine di morti (una cinquantina quelli accertati).
Questo episodio, al di là delle dinamiche dello scontro - siano stati i militari ad uccidere a sangue freddo manifestanti anti-Morsi, oppure se abbiano invece ucciso uomini armati che volevano attaccare manifestanti pacifici – ci pone di fronte a quello che potrebbe essere il potenziale rivoluzionario della piazza, in uno scenario che cambia di ora in ora e di cui dare prospettive chiare risulta adesso più che mai difficile.
La questione che salta agli occhi è quella della “protezione della rivoluzione”. Mentre i Fratelli Musulmani incitano alla “rivolta del grande popolo d'Egitto” contro coloro che vogliono “rubargli la rivoluzione con i carri armati”, le forze armate giustificano invece l’attacco di ieri affermando di essere stati costretti ad intervenire, contro un gruppo di facinorosi che “minacciavano la rivoluzione” - come tante volte affermato quando ad essere attaccati erano invece i manifestanti di Piazza Tahrir.
Ciò che vien da chiedersi è di chi sia la “Rivoluzione”, quella che i militari dichiarano di voler proteggere e la stessa che i Fratelli Musulmani affermano, col Corano in mano, di voler difendere con un attacco che sa molto di Jehad.
A queste domande risulta ancora più difficile rispondere guardando alla società egiziana – 90 milioni di persone la cui maggioranza continua a mostrare fiducia al potere militare, ma anche una società fortemente religiosa, dove forte è tuttora l’influenza delle moschee, su cui tanto ha giocato il potere islamista.
Adesso le carte in gioco sono però cambiate. I Fratelli Musulmani hanno mostrato la loro vera faccia, il popolo egiziano si è mosso e ha fatto cadere Morsi con una mobilitazione di 17 milioni di persone. Poi è arrivato l’esercito che, in larga parte acclamato, è riuscito a scippare al popolo un forte potenziale rivoluzionario. La piazza egiziana non si dimentica però della lunga transizione militare, durante la quale l'apparato dell'esercito ha adoperato strumenti repressivi non certo minori di quelli di un Morsi o di un Mubarak; quello stesso regime che ancora oggi utilizza le tanto contestate corti militari per i civili, quello stesso regime che è stato oltremodo lontano da quelle aspirazioni rivoluzionarie che dice di voler proteggere.
La piazza egiziana è una piazza che ha preso coscienza e che – nonostante il potere militare sulle masse – appena un anno fa ha duramente contestato le forze armate. La stessa piazza che – nonostante l’influenza religiosa – ha saputo riconoscere e combattere l’Islam del Fratelli Musulmani.
In questa composizione vi è certamente quella delle masse egiziane che hanno accolto i soldati, che ne hanno invocato un intervento contro il nemico più grande – l’esercito che salva li paese dalla deriva islamista – ma vi è anche quella che in Piazza Tahrir si organizza, si interroga, che prende coscienza nelle università, nelle piazze e nei posti di lavoro.
Una piazza che continua ad autorganizzarsi, a mettere in campo nuove lotte nelle fabbriche, a sperimentarsi e a cercare un alternativa alla politica istituzionale, ai due unici poteri finora conosciuti – Islam ed esercito – che sempre di più si mostrano essere facce della stessa medaglia, entrambe parte di quel sistema che l’Egitto di Piazza Tahrir si è riproposto, dal gennaio 2011, di voler abbattere.
Una piazza che ha ben mostrato ciò che vuole, in cui i militari hanno saputo inserirsi a loro vantaggio, ma anche una piazza che prende sempre più coscienza, che non dimentica quali sono i nemici, una piazza pronta a battersi e ad innescarsi di nuovo.
tratto da http://www.infoaut.org
8 luglio 2013

venerdì 16 agosto 2013

MA NOLEGGIA DEI CANADAIR PIRLA!

La pagliacciata di mezza estate che ha visto aerei noleggiati da Berluscojoni volare lungo troppe spiagge italiane autoproclamandosi per l'ennesima volta il salvatore della patria,è l'ennesima favoletta propostaci dalla politica e dai mass media italiani.
Sfiorando azioni di dannunziana memoria,due vate(r) intesi come cessi,i volantini stavolta non sono stati lanciati dall'alto ma in alcune parti il Pd di contro ne ha elargiti ai passanti e ai bagnanti come in Versilia per far conoscere alla gente che l'articolo numero tre della Costituzione italiana dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
L'articolo preso da Senza Soste parla più di alcuni aspetti come la falsa notizia di una ripresa economica,dell'ineleggibilità dell'ex premier burattinaio e della sua possibile grazia avallata da Napolitano e anche da Letta nelle ultime ore,nonché dell'azienda familiare che è sempre in bilico tra un probabile crollo o un aumento di introiti...dipenderà dalle prossime settimane.

Le meravigliose storie d'agosto tra invenzione della ripresa economica e grazia a Berlusconi.
L'estate, si sa, è il tempo dell'intrattenimento all'aperto. Le storie si raccontano e si ascoltano più volentieri. Oltretutto la società dello spettacolo, anche quella con il mobile e il wireless, si basa sul potere dell'intrattenimento. Ci sono quindi tutte le condizioni per cui, nella comunicazione politica, si passi l'agosto a raccontare storie. Fatte apposta per essere più fantastiche quanto più si è nel culmine delle ferie. Per voi, in breve, ne abbiamo scelte due.
LA STRAORDINARIA CHIMERA DELLA RIPRESA ECONOMICA
Far leggere ai media i dati sull'economia, come se fossero numeri dettati dal caso, al di fuori di qualsiasi contesto di analisi è prassi consolidata. Capita in Birmania come sulla Fox News americana. Deve far riflettere però il fatto che i principali media italiani, da almeno un quarto di secolo (prima della caduta del muro), trasmettono in coro la stessa concezione dell'economia e la medesima modalità propaganda nella lettura dati. Il tutto consiste nel "rassicurare" nei picchi di crisi e nel cogliere, o meglio produrre a reti unificate, i "segnali" di ripresa. Ultime puntate di questa lunghissima serie quelle dedicate alla straordinaria chimera della ripresa economica italiana. Ma quando si trasmette l'economia a reti unificate, giornali compresi, produrre la ripresa economica è possibile. Almeno nel mondo mediale. Per cui il rallentamento del -0,2 annuo del Pil nazionale è stato trasmesso come segnale di ripresa perché si prevedeva un -0.4 nello stesso trimestre. Peccato che le stime sulla recessione su base annuale, quindi non trimestrale, si attestino sul -2. Peggio di quanto previsto dal governo a inizio anno (-1,3), e peggio della revisione al ribasso delle stime recessive sull'Italia di Standard & Poor's (1,8) e del Fondo Monetario Internazionale (1,9). Come un rallentamento trimestrale delle stime recessive possa far pensare ad una ripresa, quando è unito al peggioramento delle previsioni su base 12 mesi, né Repubblica né l'Unità né il Tg1 riescono a spiegarcelo. C'è poi la narrazione sull'uscita tecnica dell'Eurozona dalla crisi". Più 0,3 di Pil a livello eurozona su base trimestrale. Verissimo. Solo che la previsione annuale è -0,7. Qualsiasi cosa
sia un'uscita "tecnica", qui i pareri sono controversi, in Europa non c'è nemmeno quella. Si guardi poi i dati disaggregati nell'eurozona. Crescono i paesi forti (Francia e Germania) e non quelli periferici (tipo Italia e Spagna). Commento a reti unificate "l'Italia si attarda perché deve fare le riforme". Basta invece vedere lo storico dei dati sulla crescita e sulla recessione nell'eurozona. Quando c'è crisi i due paesi chiave dell'eurozona perdono comunque meno degli altri. Quando la crisi e minore gli altri "si attardano".
Già perché l'eurozona è costruita a tutela, quando possibile del surplus dei paesi "core". Aspirando risorse dai paesi periferici. Basta vedere come sono nati i parametri di Maastricht. E' il colonialismo, bellezza. Chi pensava esistesse solo per altri paesi ecco servito il colonialismo come economia interna all'Europa. Continente  che pure il colonialismo lo ha inventato finendo per rivolgerlo contro sé stessa.
Se i dati sul rallentamento della "crescita" cinese sembrano troppo esotici (per quanto importanti) si guardi a Wall Street. Seduta in rosso, quella del 14/8, a causa della stimata futura contrazione della liquidità della Federal Reserve (la banca centrale che immette, assieme a quella giapponese e a quella inglese, denaro usato anche per abbassare lo spread in Italia). Contrazione che è destinata, pena l'esplosione inflattiva, a durare. Quindi a creare condizioni di stretta creditizia che non potranno che rallentare la "crescita" americana, motore storico di quella mondiale, e anche l'acquisto di Btp italiani (non a caso il potente fondo americano-tedesco Pimco ha annunciato di alleggerirsi di titoli italiani: occhio alle potenzialità speculative di questa manovra). In queste condizioni di, nel migliore dei casi, stagnazione mondiale futura parlare di ripresa imminente è solo esercizio di propaganda. Una meravigliosa storia d'estate costruita un pò per intrattenere la gente sotto l'ombrellone, orimasta a casa, e puntellare il consenso attorno al governo Letta.
Resta lo stupore su come si possa produrre questo Orwell economico, dove si omettono le puntate precedenti (quando si parlava del "2012 come anno della ripresa" poi è toccato al 2013 ora al 2014..) in un eterno presente. Del quale è meglio occuparsi come momento temporale privilegiato visto che il FMI comincia a stimare il 2040 come anno in cui l'Italia recupererà pienamente occupazione e ricchezza perdute nei primi sei anni di crisi.
LA VICENDA DELL'AGIBILITA' POLITICA DI BERLUSCONI
La fola della ripresa economica in atto, oltre a nascondere la gravissima crisi italiana e le responsabilità dell'allenza PD-PDL nel disastro nazionale, serve per dare una immagine di efficienza a un governo che, nell'ottica Napolitano, "non si può far cadere". Insomma, propaganda non solo verso la popolazione italiana, che va convinta a tranquillizzarsi come ad investire e a spendere, ma anche a fini di equilibrio interno nel governo PD-PDL. Equilibrio minacciato dalla richiesta di una "soluzione politica" per Berlusconi dopo la condanna Mediaset. Ma serve davvero una grazia a Berlusconi per fare politica? Naturalmente no.
Prima di tutto perché un parlamentare assente a quasi il 99% delle sedute, come è Berlusconi da statistica, non ha evidentemente bisogno della presenza a Palazzo Madama per fare politica. Secondo perché, come ha fatto Grillo, l'assenza in parlamento non impedisce certo la crescita elettorale della propria lista. Allora perché nel Pdl parlano di provvedimenti che ripristino l'agibilità politica di Berlusconi? Per quanto ai lavori socialmente utili (uno spot unico per la nuova Forza Italia) o ai domiciliari, Berlusconi sarebbe in grado di governare, e alla grande, il partito.
Ma la costituzionalizzazione del problema Berlusconi, tramite il problema dell'"agibilità politica" del leader del Pdl, guarda alla produzione di argomenti su due questioni: l'agibilità, quella si, economica di Mediaset nel nuovo contesto politico-giudiziario e il peso di centrodestra-Mediaset nelle riforme istituzionali ancora oggi prefigurate da Napolitano tramite l'asse Pd-Pdl.
Più si agita la propaganda sul tema dell'agibilità politica di Berlusconi più si guadagnano, o si crede di guadagnare, punti su questi due terreni. Non a caso quindi la giornata del discorso di Napolitano sulla possibile grazia (sentiero comunque spinoso) a Berlusconi la figlia Marina ha dichiarato di
voler stare lontana dalla politica. Segno che, in qualsiasi modo, che azienda e politica sono legate, come potrebbe essere altrimenti, e che la modulazione della catena di comando dei Berlusconi tra Mediaset e centrodestra è affare che parla direttamente al presidente della repubblica. Come garante del governo e delle eventuali riforme istituzionali. Come una multinazionale, come Mediaset, sistematicamente dedicata al trasferimento di fondi off-shore (perché 360 milioni di "trasferimenti" non sono stati processati grazie all'auto indulto concessosi da Berlusconi) possa essere potere costituente va poi chiesto al Pd e a Napolitano.
Intanto il Corriere della Sera si balocca sulla necessità della "pacificazione", l'Unità è possibilista sulla grazia, Repubblica segue comunque Napolitano. Quando la favola dell'agibilità politica da concedere a Berlusconi svanirà assieme all'estate i problemi sul campo resteranno tutti. Da risolversi con una ennesima campagna elettorale da giorno del giudizio, Berlusconi minaccia elezioni ogni anno che sia al potere o meno, oppure con un governo blindato sulle prossime scadenze: finanziaria, fiscal compact (stimata una prima rata di 60-80 miliardi), semestre presidenza europea e "riforme" istituzionali.
E così l'agosto scorre, dietro le chimere, a reti unificate, si nasconde la realtà. Shakespeare nel sogno di una notte di mezza estate scriveva: "il dissennato l'amante e il poeta non son composti di nient'altro che di fantasia".
Oggi possiamo dire che il mainstream mediale italiano ha le stesse caratteristiche: è composto di fantasie. L'importante è non crederci.
(Redazione)

giovedì 15 agosto 2013

CORAGGIO COMPAGNO GIOBBE

La notizia di un altro arresto di un compagno varesino per la vicenda No Tav è stata un pugno dentro in quanto a parte la conoscenza di Giobbe i capi d'imputazione sono allo stesso tempo inauditi e molto gravi,come il sequestro di persona(che i pm infami Rinaudo e Padalino dovranno ben supportare).
Questi ultimi,artefici di una demonizzazione mai vista e che in tutto il mondo ha creato vergogna e proteste(vedi l'appello internazionale:http://www.infoaut.org/index.php/blog/no-tavabenicomuni/item/8690-appello-internazionale-contro-la-criminalizzazione-del-movimento-notav )sono gli alfieri di uno Stato che se ne infischia della popolazione intera di una valle che da anni lotta contro questo scempio ambientale ed economico.
Mi unisco all'appello unanime di tutti i compagni di differenti organizzazioni che si stringono vicini attorno al compagno ultimo arrestato Giobbe e a tutti quelli che sono ancora in carcere,indagati o che lo saranno in futuro perché purtroppo almeno nel breve penso che la repressione non si fermerà così come non si arresterà il movimento No Tav.

Nuovi arresti in Val Susa.

Ieri pomeriggio, a Varese, è stato arrestato Giobbe. Dopo aver trascorso le ultime settimane qui con noi in val di Susa era tornato a casa per lavorare. Le accuse sono gravi, tentata rapina, sequestro di persona, concorsi con altri e accuse varie di resistenza aggravata tutti risalenti ai fatti del 16 aprile 2012. Insomma tutto un bel pacchetto “vacanze” che ha permesso alla questura di Varese e pare anche agli agenti della sezione digos di Torino di togliere momentaneamente Giobbe dalle mobilitazioni in valle di Susa e non solo.
La regia della operazioni come sempre arriva dalla procura Torinese, Rinaudo e Padalino , i due pubblici ministeri di punta che ormai come ragione di vita hanno la “distruzione” del movimento no tav. Una regia anomala però, su cui una riflessione va aperta e anche seriamente. Giobbe per tutti noi, per il movimento no tav non è nè colpevole nè innocente, è un no tav che ha resistito e continua a resistere con il suo corpo con le sue idee alla devastazione della valle di Susa. Oltre a questo che è il punto di partenza possiamo affermare che in questo caso la procura di Torino ha percorso a ritroso quello che normalmente viene considerato un iter giuridico.
Succede un episodio che evade dai perimetri della legge, la procura indaga e cerca i colpevoli, qui, per Giobbe, per il movimento no tav e quindi per moltissimi suoi attivisti la procura ha i colpevoli e cerca dei fatti e degli eventi “delittuosi” da cucire sulle spalle dei “mostri”. Non è lontano dalla realtà pensare agli uffici della sezione digos di Torino e quelli della locale procura intenti a scambiarsi le “figurine” segnaletiche degli attivisti più attivi alla ricerca di filmati e eventi di resistenza no tav  con l’unico intento di costruire operazioni giudiziarie di questo tipo. Misure cautelari del tutto arbitrarie affidate ai soliti pm del pool no tav o meglio si tav in grado di imprigionare e allontanare dalla valle di Susa gli attivisti più scomodi.
Giobbe per tutti noi,  per il movimento no tav è un ragazzo generoso, sempre pronto a correre in valle ogni volta che può. E’ un no tav molto attivo che dedidca tutte le sue energie e il suo tempo libero alla lotta no tav. Giobbe, come altre decine di giovani parte da lontano, dalla sua terra per lottare. Nel suo lavoro quotidiano a Varese cura e ama le montagne, le protegge e le fa rinascere con le mani di chi da tempo ha scelto di investire in un futuro migliore, diverso e per tutti. In valle di Susa partecipa alle assemblee, le sue parole sono un fiume in piena che danno morale, coraggio e soprattutto tante idee. Un’eresia di fronte a chi nel nome del progresso porta la distruzione dei territori e della natura.
Tutto il sostegno e la forza del movimento oggi vanno a Giobbe e alle persone a lui care in questa nuova e difficile situazione di lotta. Come molti altri no tav saprà continuare la lotta anche lì, da dietro le sbarre o con restrizioni delle libertà, scrivendo, portando la bellezza e la speranza che questa lotta sa dare a chi la incontra e ancora non la conosce.
E’ un valsusino e tutta la valle oggi lo sostiene, tutti i no tav lo devono sostenere e molte iniziative verranno messe in campo per proseguire la lotta, per la salvezza della valle di Susa, per la sua liberazione e per la liberazione di tutti i no tav che a causa delle loro idee vedono  e vedranno purtroppo la loro libertà ridotta e diminuita.
La valle non si arresta, Giobbe Libero Subito!
Per scrivere e mandare telegrammi:
Davide Giacobbe
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno
via M.A. Aglietta 35   10151 Torino


Leggi il comunicato dei compagn* di Varese:
Oggi martedì 13 agosto, verso le 19, Giobbe, un compagno molto attivo nella lotta contro il tav, è stato arrestato mentre si trovava a casa propria, a Dumenza (VA), su mandato della Procura di Torino. L'arresto è stato eseguito da agenti della Digos di Varese e pare anche di Torino.
L'abitazione è stata perquisita. Sono stati sequestrati due pc, materiale stampato, appunti, una maglietta, un foulard da ciclismo. Leggendo il verbale, prima di aver consultato un avvocato, i reati per i quali risulta indagato, in concorso con altri, sarebbero: tentata rapina, sequestro di persona, violenza e minacce contro pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale (articoli 110, 605, 61 nº2, 61 nº10)
Si tratterebbe di un presunto episodio riguardante un poliziotto che scattava fotografie, a Chiomonte (Val Susa) nel novembre 2012. A quanto sappiamo dovrebbe trovarsi nella casa circondariale di Torino.

Questo è l'indirizzo. Raccomandiamo di scrivere il nome corretto per far giungere i telegrammi (non Giobbe).

Davide Giacobbe
Casa Circondariale di Torino Lorusso  e Cotugno
Via Maria Adelaide Aglietta 35
10151 Torino

A sara' dura (per loro).

Compagne e compagni della provincia di Varese

Per approfondire l’episodio del 16 novembre 2012 proponiamo una lucida analisi del comitato no tav di Vaie
Ieri mattina martedì 16 aprile, 4 solerti poliziotti sono andati a dare la sveglia ad Andrea, abitante di Vaie e attivista del locale comitato. Perquisizione in casa e in macchina, sequestro di varie cose tra cui telefono, agende, computer e notifica di obbligo di firma giornaliero alla stazione dei C.C. di Borgone.
Il tutto perché il 16 novembre 2012 (esattamente 5 mesi fa!) Andrea era stato fermato durante un blocco ai cancelli di Chiomonte e aveva passato l’intera giornata in stato di fermo.
Vediamo i fatti: quel giorno c’è stato un alterco vivace tra un poliziotto in borghese che faceva foto e alcuni no tav che presidiavano via dell Avanà. Andrea all’ alterco non ha partecipato, se non per pochi minuti, in quanto si trova davanti al cancello della centrale, mentre il tutto si svolgeva sulla strada a parecchi metri di distanza. Ma le forze dell’ordine, infastidite dall’episodio, decidono di prendere i primi malcapitati che trovano: ed ecco che Andrea e Claudio si ritrovano in stato di fermo.
Oggi, a distanza di 5 mesi, le indagini vengono chiuse e il pm richiede l’arresto per Andrea a causa di gravi fatti di cui è accusato. Ma andiamo a leggere l’ordinanza fatta dal tribunale di Torino consegnata ad Andrea: “La natura della sua partecipazione è, però da individuare in termini di mera assistenza all’altrui condotta… ” il poliziotto in questione dichiara:
“Non hanno proferito alcuna parola o minaccia (Andrea e Claudio n.d.r.) né attuato nessun comportamento violento nei miei confronti. Si sono limitati a rimanere sul posto e ad assistere all’accaduto”
Poi c’è l’operaio che tentava di entrare al cantiere: “A riscontro di tale conclusione (circa il ruolo NON ATTIVO di Andrea nei fatti in oggetto) si richiama la condotta tenuta dallo stesso indagato come emerge anche dalla visione dei fotogrammi…nelle dichiarazioni dell’operaio non vengono attribuite all’indagato alcuna delle condotte minacciose e/o violente descritte e chiaramente attribuite agli altri soggetti presenti…”
Pertanto, per sintetizzare, il p.m. richiede l’arresto nonostante le dichiarazioni dei due teste (poliziotto e operaio) il giudice rigetta la richiesta e dà “solo” l’obbligo di firma. Quindi, semplificando: Andrea a detta loro (e non nostra!) non ha fatto nulla: né minacce né niente ma è un no tav e quindi è colpevole comunque e si merita una perquisizione alle 6 della mattina e l’obbligo di firma.
Commenti è dura farne se non che la nausea e la rabbia aumentano ogni giorno.
Ad Andrea va tutta la nostra solidarietà e vicinanza, Andrea è uno di noi, un valsusino generoso che lotta per un futuro dove nessun tav devastatore e nessuna ingiustizia kafkiana possano avere futuro.
Comitato no tav Vaie
 

mercoledì 14 agosto 2013

LITIGIO GRAN BRETAGNA-SPAGNA PER GIBILTERRA

L'articolo preso da Infoaut spiega come le notizie in Italia,soprattutto nei mass media principali ovvero la televisione e i quotidiani,ruotino attorno ai cazzi nostri(di lor signori vabbeh!)in una maniera molto ingessata e col paraocchi,parlando qua e là dell'Egitto se proprio si vuole valicare i confini.
In tutto il resto dell'Europa invece prende sempre più piede l'importanza della notizia che la Gran Bretagna e la Spagna siano ai ferri corti per la contesa di Gibilterra(meglio dire sulla gestione del confine),enclave della regina in veste Union Jack posta in un territorio molto strategico all'imbocco del Mar Mediterraneo.
Alla fine magari non succede niente,ma Londra da lunedì è pronta a far salpare due fregate militari per tenere sott'occhio la situazione più da vicino,e tutto questo rimanda alla memoria la contesa delle Malvinas/Falklands con l'Argentina che si tramutò in una sporca guerra.
Fatto sta che a livello europeo ci si stia domandando quanto questo litigio possa nuocere alla situazione economica e politica di tutta la zona,con eventuali ripercussioni sulle nostre di tasche,e questo deve per forza interessarci.

Nave da guerra inglese contro la Spagna. Non è notizia in Italia
Da anni sosteniamo che il mainstream italiano viva in un cono di realtà autoreferenziale incapace rappresentare i fatti del mondo e, di conseguenza, anche di affrontare la complessità del mondo globale. Altrimenti non sarebbe stato possibile che il modello, informativo e antropologico, Berlusconi abbia occupato il paese per oltre un ventennio.
Da molti anni fatti clamorosi, oppure importanti ma "silenziosi", sono regolarmente mancati dal nostro paese.
E anche i blog, o le pagine facebook, si tende più a commentare prodotti informativi provenienti dalla bolla speculativa nazionale delle notizie che i fatti reali. Così siamo arrivati a produrre un'improbabile "ripresa economica" alle porte con l'autunno e leggi di assoluta inefficacia statistica (come quella sul femminicidio) come fatti di civiltà.
L'ultima clamorosa mancanza del sistema di comunicazione nazionale, dove le notizie sono sempre le stesse, è quella sul conflitto apertosi tra Spagna e Inghilterra sul controllo delle frontiere di Gibilterra. Conflitto che da giuridico si fa materiale visto che l'Inghilterra ha inviato la nave da guerra HMS Westminster verso Gibilterra per far capire alla Spagna che, per risolvere il contenzioso, è disposta anche a seguire l'esempio Malvinas. Il governo inglese ha informato che è disposto, a partire da lunedì, a mandare altre due fregate da guerra nella zona.
La notizia campeggia, con una foto grande di nave da guerra, sul Guardian e, per fare un esempio, è in prima del sito, e in grosso rilievo, di Die Welt, Der Spiege e su quello della Frankfurter Allgemeine. Perché è evidente che un conflitto Spagna- Inghilterra, anche senza sfociare in eventi clamorosi e pure su questioni di confine, può avere conseguenze serie su tutta l'architettura Ue, innescare una eventuale crisi di fiducia sull'euro etc.
Non si tratta quindi di vendere le cannonate che non ci sono ma di informare su cosa sta accadendo. Ma l'opinione pubblica italiana è plasmata solo secondo esigenze di propaganda domestica: allora vai con l'Imu, gli stalker, la diminuzione dei costi della politica, le possibili leggi antiomofobia (che non sposteranno di un millimetro il fenomeno). La comunicazione politica in Italia non è fatta per capire il mondo, anche da un punto di vista ideologico, ma per trasmettere compulsivamente esigenze di propaganda della campagna elettorale prossima ventura (più prossima che ventura, visto il caso). Il tutto ricavato secondo il linguaggio e la simbolica
del berlusconismo.
Il rapporto tra piccolo mondo dell'informazione italiana e declino del paese è stretto. Per chi vuol vederlo. Magari come come la crisi Spagna-Inghilterra. Con un minimo di sforzo, tra una polemica sul calendario dei lavori parlamentari e un servizio su Renzi, la pericolosità della chiusura culturale dell'informazione italiana la si potrebbe anche scorgere.
(redazione) 12 agosto 2013

martedì 13 agosto 2013

L'ASSOCIAZIONE "DALLA PARTE DEL TORTO"QUERELATA DALLA CELERE ASSASSINA

Lo scorso venerdì un altro tassello d'infamia si è aggiunto al mosaico repressivo poliziesco e fascista con la querela e le indagini aperte sul sito e sull'associazione"Dalla parte del torto",che si occupa prevalentemente del mondo ultras ma anche di abusi e magagne delle merde in divisa.
Uno dei responsabili è stato convocato dalla polizia e sicuramente intimato e torchiato per qualche articolo pubblicato,tra cui quello che parla della sentenza dell'ultrà bresciano Paolo Scaroni massacrato dalla celere a Verona.
L'articolo di Infoaut parla della situazione citando proprio un comunicato della stessa associazione che è pronta a lottare per divulgare notizie scomode che da altre parte vengono insabbiate o modificate a seconda dei propri comodi.

Querelati e indagati il sito e l'associazione 'Dalla parte del torto'.

Venerdì 9 Agosto 2013, uno dei responsabili (preferiamo non fare nomi o specificare alcuna generalità per ovvie ragioni) del nostro sito e dell’Associazione “DALLA PARTE DEL TORTO” è stato convocato, di prima mattina, negli uffici della Polizia per rispondere in merito al sito dallapartedeltorto.tk e di alcuni contenuti pubblicati su di esso.
Siamo quindi venuti a conoscenza di un indagine condotta dalle forze dell’ordine nei confronti del nostro progetto, e dell’attività ad esso correlata, a causa di una querela sporta verso la nostra Redazione per un presunto articolo diffamatorio, per altro ripreso da un altro sito, pubblicato in merito al processo per il caso dell’Ultras del Brescia, Paolo Scaroni.
Dalle informazioni in nostro possesso, in pratica, abbiamo saputo che qualcuno, ritenendo diffamatorio e lesivo per la sua persona l’articolo intitolato “VII REPARTO MOBILE DI BOLOGNA – APPELLO ALLA SOCIETA’ CIVILE“, abbia deciso di presentare una querela nei nostri confronti e nei confronti dei nostri responsabili.
Per questo motivo è scaturita una vera e propria indagine in merito all’attività della nostra testata giornalistica e della nostra Associazione Culturale.
Il nostro collaboratore è, nel frattempo, già tornato a casa e noi abbiamo già provveduto a contattare i nostri legali al fine di tutelare il nome e l’attività del progetto “dallapartedeltorto.tk”.
Approfittiamo per ringraziare tutti coloro i quali hanno manifestato, e lo stanno facendo tutt’ora, vicinanza e solidarietà al nostro progetto, alla nostra redazione e al nostro collaboratore, anche con un semplice messaggio, una mail o un commento sulla nostra pagina facebook, e sottolineiamo a voce alta che se qualcuno stesse cercando di intimorirci o di farci tacere in qualche modo, non riuscirà assolutamente nel suo intento!
Fieri di essere apertamente schierati DALLA PARTE DEL TORTO!
All'associazione "dalla parte del torto" la sincera e viva solidarietà da parte di tutti noi dell'Osservatorio Repressione

lunedì 12 agosto 2013

SOLDI AGLI EXTRACOMUNITARI?

L'articolo preso da Senza Soste parla di una delle favole che razzisti e anche persone non proprio così cattive e rincoglionite amano raccontare e farsi sentir dire,ovvero i soldi che lo stato italiano da agli extracomunitari senza che loro lavorino.
Una boiata che però se detta molte volte e soprattutto alla televisione diventa verità,perché inculcata nelle menti non certo di prima brillantezza e intelligenza:il racconto qui sotto parla di un dialogo avvenuto su un treno tra due signore italiane.
Tra una battuta e l'altra esce proprio il discorso sui sussidi che l'Europa fornisce ai soli rifugiati(2,5 Euro al giorno se arrivano),con l'Italia che ci guadagna sopra alla grande,e sono proprio le persone da cui non ti aspetteresti mai essere intolleranti e xenofobe(quelle del classico"ma io non sono razzista")che sono pericolose alla pari di quei casi conlcamati da ignoranza cavalcante.

Gli extracomunitari prendono il sussidio. O no?
Un viaggio in treno forse non basta a smontare una delle peggiori leggende metropolitane razziste. Un racconto di Sara Elter per Popoff.
La donna seduta davanti a me, in treno, lavora per le mense degli ospedali, fa la cuoca. Ha l'aria buona, materna, come le donne di Botero: è molto bella. Mi racconta la sua vita, io le racconto la mia di disoccupata, precaria, a 50 anni.
Si dice preoccupata - meno male che uno su cento capisce - del fatto che in Italia ci sono tanti disoccupati over 35 e nessuno dice o fa nulla. Semplicemente non esistono. Poi mi confessa di aver votato Movimento Cinque Stelle, perché lei sperava cambiasse qualcosa. Un po' si è pentita, dice.
Così il discorso scivola inesorabile, frana al suolo, grazie alla solita, triste e anche un po' vera, frase: "Sì, però, potrebbero far lavorare gli italiani. Agli stranieri lo danno il sussidio di disoccupazione, sì" mi dice soddisfatta.
Così tiro il fiato e inizia la mia spiegazione, che dura quanto il viaggio Milano-Torino. Le spiego che lavoro mi sono trovata a fare: sei mesi in una comunità di accoglienza per rifugiati. "Proprio quelli che arrivavano da Lampedusa", le dico.
Le spiego della questione del pocket money, quella cifretta data ogni mese e solo per due anni, quando non glieli hanno rubati, di 2,5 euro al giorno. Le racconto che quelle le paga l'Europa, migliaia e migliaia di euro che si prende lo Stato e lo spartisce tra questo e quell'altro amico o amico dell'amico. Perché c'è un accordo tra Stati che chi li fa entrare se li tiene anche. Viene schedato. E poi le dico come ora siano tutti per la strada. Senza lavoro e senza poter andare via dall'Italia, verso altri paesi più fortunati in Europa, dove magari hanno parenti e amici.
Le spiego che non tutti possono rimpatriare. Alcuni rischiano la vita, altri guerre sanguinarie e fratricide. Le racconto ciò che mi hanno raccontato i ragazzi afghani. Le racconto che per il passaggio dalla Turchia alla prima isola greca, una manciata di ore di navigazione a bordo di un canotto di quelli che si gonfiano a pedale e due soli remi, si pagano circa 8 mila euro.
Si arriva a Venezia aggrappati sotto i camion dalla Grecia, pregando tutto il tempo che non ti trovino. Mai. A volte si rischia anche di essere massacrati di botte, dagli autisti e dai marinai dei traghetti. Poi si sta nascosti a Marghera, sperando di non venire identificati e schedati, per raggiungere l'Austria ed il resto d'Europa. Perché se ti fermano in qualunque paese europeo, tu "appartieni" al paese dove sei entrato e dove ti hanno identificato e ti accompagnano molto gentilmente alla frontiera.
Non le racconto di più, ci sarebbe un romanzo da scrivere al riguardo. Scendo a Torino Porta Susa sperando di non averla annoiata. Sperando che da domani, quando guarderà i somali, i congolesi, i nigeriani, gli afghani, gli iraniani e gli iracheni e tanti altri ancora, si faccia qualche domanda in più, magari si faccia spiegare. Magari direttamente da loro, che sono certamente più bravi di me.
Sara Elter
tratto da http://popoff.globalist.it
11 agosto 2013

sabato 10 agosto 2013

SOLDATI AMERICANI IMPUNITI A VICENZA

Il fatto risale a dieci mesi fa e solo ora,non c'erano dubbi,i tre soldati americani di stanza alla caserma vicentina Ederle che avevano investito tre pedoni e che poi erano fuggiti rintanandosi della loro fogna,non subiranno nessun processo per il misfatto compiuto.
Accordi di forma tra Usa e Italia infatti hanno fatto sì che questi tre mercenari abbiano ricevuto uno status diplomatico,ovvero da intoccabili per qualunque nefandezza possano compiere,e l'articolo preso da Infoaut spiega i fatti con più dettagli.

Vicenza. Niente processo per tre soldati Usa . 
Dieci mesi fa avevano investito dei pedoni ed erano fuggiti dentro la base militare di Ederle. Gli inaccettabili vincoli imposti dagli accordi “unilaterali” tra Stati Uniti e Italia.
Il tribunale di Vicenza alcuni giorni fa avrebbe dovuto giudicare tre militari statunitensi di stanza nella base di Ederle ma non ha potuto farlo in base agli accordi bilaterali tra Italia e Usa che risalgono a più di sessant'anni fa. I tre soldati Usa saranno processati ma davanti ad un tribunale statunitense e non italiano, cioè nel paese dove hanno commesso il reato.
Il 7 ottobre scorso una vettura Honda con a bordo tre militari americani di stanza alla base Ederle di Vicenza, aveva investito un gruppo di pedoni che stavano attraversando la strada. Il conducente però non si fermò a prestare soccorso, ma dopo qualche secondo ingranò la marcia e ripartì di gran carriera. I feriti finirono in ospedale, fortunatamente con lesioni lievi o di media gravità. Dai riscontri compiuti dalle forze dell'ordine, venne individuata la vettura che risultava essere utilizzata da militari americani. I carabinieri riuscirono a rintracciarli e a denunciarli in procura. Nel frattempo, giunsero i referti medici dei quattro feriti: gli immigrati Nikola Milicevic, Aleksandar Mladenovic, Ilja Ilic e Lazar Roskic furono giudicati guaribili fra i 3 e i 30 giorni.
Il procuratore del tribunale di Vicenza, Antonino Cappelleri, aveva aperto un'inchiesta iscrivendo sul registro degli indagati i cittadini americani Dax Xavier Board, 33 anni, Kyle Michael Rascon, 25, e Jahgary Indiana Ruiz, 24, tutti domiciliati nella base militare di Ederle in via della Pace. Ovviamente i tre investitori non saranno processati al tribunale di Vicenza, così come non lo sono stati i piloti responsabili della strage del Cermis. Un ennesimo esempio di impunità e un nuovo affronto a Vicenza che adesso ospiterà anche la nuova base del Dal Molin.
tratto da http://www.contropiano.orgù
5 agosto 2013

venerdì 9 agosto 2013

FASCI IN RETE

Avete presente le reti imposte sotto al pontile di Forte dei Marmi dal sindaco piddino per impedire agli ambulanti di ripararsi dal sole e dalla calura durante le ore più torride del giorno?
Ebbene vari comitati versiliesi e semplici cittadini antifascisti e antirazzisti l'altro giorno hanno manifestato e sono riusciti a strappare pezzi di rete(vedi:http://www.infoaut.org/index.php/blog/migranti/item/8614-versilia-antirazzista-taglia-le-reti-della-vergogna )prima di essere stati fermati,intimiditi ed allontanati dalle forze del disordine,con un gruppetto di neofascistronzi che in lontananza salutavano romanamente e intonavano coretti da bimbiminchia(a debita distanza,eh...a proposito se qualcuno riconosce le merde sotto...).
L'articolo di Infoaut parla della situazione della zona tramite un comunicato del Coordinamento Anticapitalista Versiliese dove si spiega che Forte dei Marmi,zona frequentata ed anche abitata seppur in maniera minore,da molti destronzi e arricchiti alle spalle proprio di persone come i migranti,e che con una dura e pronta azione sono pronti a rovesciare questa situazione.

Forte dei Marmi: reti, lusso, razzismo, neofascismo e…PD.
 
Riceviamo e publichiamo il comunicato del Coordinamento Anticapitalista Versiliese in merito al tentativo di tagliare la rete installata dal PD sotto il pontile per negare l’ombra ai venditori ambulanti
L’azione antifascista di Sabato contro la rete anti-immigrati, sotto il pontile di Forte dei Marmi, ha svelato realtà culturali e politiche ben più gravi e oltraggiose, rispetto alla decisione di togliere l’ombra, unica fonte di riparo dal torrido caldo estivo, agli ambulanti che cercano di sopravvivere alla povertà creatali dagli stessi stati sovrani di potere in cui si trovano attualmente. La simbologia del taglio della rete, come a Chiomonte per i cantieri della TAV, stava a denunciare l’atto razzista di una amministrazione, ma largamente approvato dalla cittadinanza, di ricorrere a sistemi xenofobi e di chiaro stampo nazi-fascista, per un problema che non si risolverà mai con la tolleranza zero.
La vicenda che crediamo esser ancor più grave, è ciò che è avvenuto sopra il pontile, dove il gruppo antifascista, è stato accolto da bagnini, bagnanti e giovani provocatori di dichiarata matrice fascista. Ciò che ci siamo trovati davanti sono stati saluti romani, inni al Duce, totale disprezzo per il diverso e addirittura frasi che millantavano approvazione per il narco-traffico russo rispetto alla presenza di ambulanti sulla spieggia.
Ormai Forte dei Marmi si è svelata nella sua realtà fascista, da sempre storicamente la destra ha governato uno dei posti più in e di lusso della Versilia, da sempre il lusso il disprezzo per la povertà, il menefreghismo culturale dei frequentatori e gli abitanti di quella città ha caratterizzato le scene politiche del comune fortemarmino, ma con ieri si ha la riprova che al Forte come nel resto d’Italia il fascismo e l’ignoranza culturale dilaga a macchia d’olio di pari passo con la crisi, che il sacrificio dei nostri antenati, che son morti per la libertà e per un mondo antifascista, sul quale poi si è creata la nostra costituzione, è offeso e disprezzato dall’indecenza fascista che non merita il minimo rispetto.
Questo non farà che rafforzare la militanza antifascista, questo sarà sinonimo di lotta persistente contro la xenofobia e il nazismo culturale, questi loro gesti queste loro parole saranno il pane per le nostre battaglie. Come Antifascisti versiliesi chiediamo che i diretti interessati nella foto, i partecipanti allo schifoso teatrino da camerati e l’amministrazione comunale, si scusino con la comunità locale e con l’intera Nazione, per aver commesso reato di apologia di fasciamo, per aver ridicolizzato la Versilia marchiandola come nera e fascista e per aver dichiaratamente espresso l’appartenenza all’ideologia razzista che va contro ogni trattato per i diritti umani.
C.A.V (Coordinamento Anticapitalista Versiliese)
CARACOL Viareggio (Circolo R@P)
Brigata Sociale Anti Sfratto Unione Inquilini Viareggio


da CortoCircuito

mercoledì 7 agosto 2013

ANCORA UNA MORTE DURANTE UN FERMO

L'articolo preso da Infoaut parla del risultato autoptico sul corpo del ragazzo tunisino Bohli Kayes che è stato assassinato la sera di un mesa fa durante un'operazione di fermo da parte dei carabinieri avvenuto a Santo Stefano al Mare,vicino a Sanremo,come descritto nel contributo stesso.
Non passano mesi che le forze del disordine si rendano protagoniste di questi omicidi e sempre,anche se le parole del Procuratore che ha parlato di gravissime responsabilità dirette da parte dei tre militare dell'arma indagati per omicidio colposo sono molto pesanti,negli ultimi anni praticamente questi casi sono stati insabbiati e se si è arrivati al processo nessuno ha mai pagato.
Ora ci manca solo che lo schiacciamento della cassa toracica della vittima,causa dell'asfissia mortale,sia stata causata da un tentativo di rianimazione dei tre carabinieri assassini.

Asfissia violenta: così i carabinieri hanno ucciso un tunisino.

"Arresto cardiocircolatorio neurogenico secondario ad asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica". Non riusciva a respirare, Bohli Kayes, il tunisino morto la sera del 5 giugno scorso in seguito ad un arresto particolarmente concitato - per spaccio di droga - da parte dei carabinieri di Santo Stefano al Mare, poco distante da Sanremo. Un caso Aldrovandi, un altro caso Rasman, l'ennesimo fatto di mala polizia in questo Paese. «C'è una grossa responsabilità - dice stavolta un Procuratore - da parte dell'Istituzione dello Stato. Al di là di quello che il soggetto ha commesso la vita è sacra ed è una morte di cui lo Stato deve farsi carico e deve chiedere scusa alla famiglia. C'è qualcuno che è responsabile di aver impedito a Bohli Kayes di respirare».
Era la sera del 5 giugno scorso a Riva ligure, il 36enne, dopo essere stato bloccato dai militari mentre spacciava nel piazzale davanti a un supermercato, ha cercato di fuggire e, una volta preso, di liberarsi ad ogni costo, anche scalciando: a questo punto, durante la colluttazione i carabinieri lo avrebbero schiacciato a terra per tenerlo fermo. Poi, una volta trasferito in caserma, il malore. Ma, escluso un infarto e l'assunzione di droga, sarebbe stato ucciso dallo schiacciamento meccanico che non lo avrebbe fatto respirare autonomamente.
I risultati dell'autopsia sono stati depositati ieri dai medici legali. «I risultati degli esami tossicologici hanno dato esito negativo - ha detto in conferenza stampa il Procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone - quindi si esclude che il ragazzo abbia assunto sostante stupefacenti. Da subito il medico del pronto soccorso della città dei fiori, dove Bohli Kayes è morto aveva escluso un infarto». Tutto è durato almeno un minuto o, al massimo, tre minuti tra il momento dell'arresto e il trasporto nella caserma, a 500 metri di distanza dal piazzale dell'arresto.
Ora ci sono tre carabinieri indagati per omicidio colposo e durante l'interrogatorio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Quanto prima un comunicato di qualche sindacato o di qualche esponente di centrodestra proverà ad inquinare l'aria di Sanremo. Per ora spicca l'onestà di un magistrato che ammette in pubblico, pochi istanti dopo aver letto la perizia, che «Di questa morte lo Stato deve farsi carico. Si tratterà di un brutto processo"».
Il corpo di Bohli Kayes mostrava escoriazioni alle mani, alle ginocchia e, un'ecchimosi all'altezza dello zigomo destro, dovuti all'arresto animato.
Pochi giorni dopo l'arresto, nel centro smistamento delle poste centrali di Genova, il 17 giugno, viene intercettata una busta contenente una lettera di minacce accompagnata da alcuni proiettili. E' indirizzata ad un carabiniere che ha partecipato all'arresto di Bohli. Verrà trasferito per motivi di sicurezza. Previsto il trasferimento anche per gli altri due colleghi indagati. La busta è al Ris di Parma per gli esami per rilevare eventuali tracce di Dna. Resta il giallo delle foto su facebook che sarebbero state postate dopo il pestaggio da un collega dei tre, forse sconvolto dalle modalità dell'operazione.
Checchino Antonini