martedì 27 febbraio 2018

CHE DISASTRO I TRASPORTI PER QUALCHE FIOCCO DI NEVE


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I danni ed i ritardi nei trasporti,in particolar modo quelli ferroviari,già di per loro cronici grazie alla svendita del patrimonio pubblico,stanno diventando più accentuati con l'arrivo delle correnti fredde che dalla Siberia si stanno portando verso tutta l'Europa.
Nonostante temperature basse,siamo comunque in inverno,e precipitazioni nevose anche di basso profilo ma capaci di mettere in ginocchio un intero sistema nazionale,con situazioni più gravi a Roma e Napoli,quello che sta accadendo in questi giorni è stato sempre sorpassato con disagi ben minori già decine di anni fa.
Quando i ferrovieri ed i soldi stanziati per la manutenzione delle tratte ferroviarie e dei vagoni erano più elevati(sia numericamente che a livello d'investimenti)dei dirigenti di oggi super stipendiati,quando non c'era il progetto Tav che devasta l'ambiente e che arricchiscono mafiosi e politici di tutte le provenienze,quando non c'era il gioco al ribasso economico per appaltare e subappaltare i sovra citati lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
L'articolo di Contropiano(nevica-governo-ladro )parla di questi fattori che hanno fatto delle ormai ex Ferrovie dello Stato italiane,una volta vanto dei trasporti pubblici italiani(come l'Alitalia ex fiore all'occhiello delle compagnie a livello mondiale)oramai diventate lo spettro dei tempi che furono.

Nevica governo ladro. Si blocca l’italia di tav, grandi opere e privatizzazioni.

di  Giorgio Cremaschi 
La neve di di Roma ferma i treni. Pochi centimetri e tutti gli aghi degli scambi vanno in blocco perché gli apparati di riscadamento, le “scaldiglie”, non funzionano, ammesso che davvero ci siano. Anche la linea elettrica ha problemi e anche su molti dei treni ad alta velocità pare ci siano guasti. Insomma un disastro e la circolazione ferroviaria si ferma, da Reggio Calabria a Torino un treno arriva addirittura con 29 ore di ritardo. E dopo una giornata il caos ancora continua.

Guardate fuori, vedete metri di neve, tempeste siberiane, glaciazioni epocali? No, una spolverata di neve ed un po’ di freddo. Le Ferrovie dello Stato di quarant’anni fa, con il loro personale di manutenzione diffuso sulle linee e nelle stazioni e con la loro più arretrata, ma più controllata e meglio gestita tecnologia, non avrebbero avuto certo questi problemi.

Poi le ferrovie sono state spezzettate in tante aziende, chi gestisce binari e stazioni non fa viaggiare i treni, quelli merci sono di un’azienda e quelli passeggeri di un altra e tra breve le frecce saranno di un’altra ancora, quotata in Borsa. L’Unione Europea a sua volta ha spinto per la cosiddetta liberalizzazione ferroviaria. Così, anche se formalmente ancora in mano statale, queste aziende sono state tutte gestite con logica privatistica e non di servizio pubblico. Quindi sono stati più che dimezzati i lavoratori mentre si sono moltiplicati a dismisura i manager, strapagati.

I lavori di controllo, manutenzione e riparazione che rendevano le ferrovie italiane tra le più sicure del mondo sono finiti in appalto e subappalto, spesso con la clausola criminale del massimo ribasso. Sfruttamento e rischio sono diventati normali per chi lavora in questa aziende che dovrebbero garantire il buon funzionamento delle ferrovie.

E poi le spese folli per trasformare le grandi stazioni in colossali centri commerciali, anche qui in attesa di venderle a qualche multinazionale dei supermercati. Così a Termini mentre aspettate invano di partire potete vedere tutte le vetrine alla moda. E infine i soldi buttati sul TAV Torino Lione e su altre Grandi Opere inutili e dannose.

Ora lo stesso governo ammette che le previsioni di traffico sulla ferrovia i cui lavori stanno devastando la Valle Susa, quelle previsioni sono sbagliate. Ma i lavori andranno avanti, una montagna di miliardi buttata per far risparmiare qualche minuto a pochi treni al giorno.

Ecco, questo conto bisognerebbe fare. Nel paese dove tutti i governi sono stati fanatici finanziatori dell’alta velocità, la velocità reale media di tutti treni, regionali e frecce assieme, è probabilmente in calo. La somma di privatizzazioni con Grandi Opere utili solo a chi le fa, ha prodotto disastri ovunque, nelle ferrovie in particolare. Come in Gran Bretagna, il paese con le migliori ferrovie del mondo prima che la Thatcher le spezzettasse e privatizzasse. Ora in quel paese non solo Corbyn, ma la grande maggioranza dei cittadini vuole e il ritorno alle ferrovie di stato.

Tra qualche giorno il traffico ferroviario ripartirà, i mass media riprenderanno ad esaltare privatizzazioni ed alta velocità e centrosinistra e centrodestra pure. Fino al prossimo disastro. Solidarietà e ammirazione per tutti i ferrovieri che, nonostante chi li dirige, fanno l’impossibile per far funzionare il servizio ferroviario.

Nevica, governo ladro!

lunedì 26 febbraio 2018

FOLCO QUILICI


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Uno dei più importanti documentaristi mondiali è morto l'altro ieri dopo una vita lunga e piena di emozioni e di avventure,e ciò per cui Folco Quilici verrà ricordato lo potremo rivedere e leggere grazie alle sue opere.
Nell'articolo di Bergamo news(morto-documentarista-folco-quilici )il ricordo e alcune curiosità su questo personaggio grande divulgatore della natura e uno dei miei primi"miti"da bambino quando lo sentivo parlare alla televisione o leggevo suoi articoli su riviste dedicate al mondo animale.
Il suo mestiere l'avrei sempre voluto fare ma la vita poi offre o toglie sempre qualcosa,fatto sta che la sua figura rimarrà sempre cara nei miei ricordi soprattutto quelli dell'infanzia e dell'adolescenza:aggiungo il ricordo di Fulco Pratesi,altro ambientalista e divulgatore della natura e fondatore di WWF Italia(www.corriere.it ).

È morto il documentarista Folco Quilici, sfollato in Val Brembana durante la guerra.

Sfollato in Val Brembana durante la guerra, il piccolo Folco girava su una bicicletta cui aveva legato un tricolore, che gli evitò di essere fucilato da partigiani e fascisti; divenne amico di Pjotr, un cosacco nostalgico dello zar e odiatore dei comunisti, cui ha dedicato un romanzo.

di Davide Agazzi
È morto all’ospedale di Orvieto Folco Quilici, uno dei più importanti ambientalisti e documentaristi italiani. Aveva 87 anni ed era originario di Ferrara.

Quilici aveva da oltre 40 anni un casale nelle campagne di Ficulle, comune di 1.600 abitanti dell’alto orvietano. Era ricoverato all’ospedale di Orvieto da qualche giorno e lì è morto stamani.

Scrittore, naturalista e divulgatore, uno dei più influenti pensatori al mondo (come riconobbe Forbes nel 2006) in tema di ambiente e culture, è ricordato per i suoi tanti film pluripremiati dedicati al rapporto tra uomo e mare. Nel 1971 uno dei suoi documentari della serie L’Italia vista dal cielo “Toscana” gli è valsa una candidatura agli Oscar.

Con “Oceano” si era aggiudicato il Davide di Donatello. Non ha avuto una vita facile; ma ha avuto una vita bellissima. Il padre, Nello, morì sull’aereo di Italo Balbo, abbattuto dal fuoco amico nel cielo di Tobruk.

Sfollato in Val Brembana durante la guerra, il piccolo Folco girava su una bicicletta cui aveva legato un tricolore, che gli evitò di essere fucilato da partigiani e fascisti; divenne amico di Pjotr, un cosacco nostalgico dello zar e odiatore dei comunisti, cui ha dedicato un romanzo.

domenica 25 febbraio 2018

SE I LIBRI BRUCIANO


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Non c'è molta differenza,anzi sono tanti gli elementi in comune,per quello accaduto a Brescia presso il Magazzino 47 ed i roghi dei libri che nel 1933 diedero ancora più spinta al potere nazista in Germania.
Nella notte tra venerdì e sabato scorso c'è stato un grave attacco di matrice fascista presso il centro sociale bresciano dove sono andati in fumo parecchi libri della libreria,epicentro assieme all'enoteca dell'attentato incendiario che avrebbe potuto avere ben più gravi conseguenze.
Nell'articolo di Radio onda d'urto(brescia-gravissimo-attentato-incendiario-al-csa-magazzino-47 )la cronaca dei danni e le manifestazioni convocate per la giornata di ieri oltre che lo stato permanente di mobilitazione antifascista per quello che non è stato il primo attacco al Csa Magazzino 47 e ultimo di una serie di attentati nella zona.

+++ BRESCIA: GRAVISSIMO ATTENTATO INCENDIARIO AL CSA MAGAZZINO 47 +++

+++ GRAVISSIMO ATTENTATO INCENDIARIO FASCISTA AL CSA MAGAZZINO 47  DI VIA INDUSTRIALE, 10 A BRESCIA +++

AGGIORNAMENTO SERALE – A seguito dell’attentato di questa notte, venerdì 23 febbraio, contro la libreria del csa Magazzino 47, è confermato questa sera, venerdì,  l’appuntamento per la presentazione del libro Non è lavoro è sfruttamento con Marta Fana+PastasciuttataBenefit, alle 18.30 di oggi in via Industriale 10 a Brescia. A seguire, verso le 20.30 sempre di oggi, “Pastasciuttata Arrabbiata” per sostenere i lavori di ripristino dell’agibilità nell’Enoteca-Libreria del Magazzino.

DOMANI, SABATO 24 FEBBRAIO – Forza nuova ha annunciato l’annullamento del banchetto elettorale previsto n città. Confermato invece l’appuntamento antifascista, a partire dalle ore 8.00 del mattino, davanti alla chiesa di Via San Faustino, quartiere Carmine. Il Carmine, via S. Faustino e Brescia contro fascismo e razzismo.

Ne parliamo con Michele, del Magazzino 47, raggiunto alle ore 19. Ascolta o scarica qui

Sempre domani, sabato alle 14.30 in Piazza Rovetta, Corteo contro gli attentati fascisti e razzisti, promosso dalle comunità Sinti e Rom. Dosta! DOVAL Razzismo!

AGGIORNAMENTO MATTINO – La diretta Facebook della conferenza stampa dal csa Magazzino 47 delle ore 11.30: clicca qui

L’audio della conferenza stampa, in podcast: clicca qui per ascoltare o scaricare.

A Brescia nella notte di venerdì 23 febbraio mani fasciste hanno appiccato il fuoco all’enoteca-libreria del centro sociale Magazzino 47 di via Industriale, 10 a Brescia. Verso le tre di notte i fascisti si sono introdotti nel centro sociale e, dopo aver forzato una finestra, hanno appiccato un incendio all’interno del locale che ospita la libreria e l’enoteca, ammucchiando libri al centro del locale e dando fuoco al tutto. La finestra forzata, gli evidenti segni di effrazione e un intenso odore di benzina non lasciano dubbi sulla natura dolosa, come immediatamente notato dagli stessi Vigili del fuoco. Centinaia i libri bruciati.

La pronta reazione di un compagno che si trovava all’interno dello spazio sociale ha fatto sì che i Vigili del fuoco siano potuti intervenire tempestivamente estinguendo le fiamme prima che queste potessero provocare danni ben peggiori. Diversi mobili e una grande quantità di libri sono comunque andati distrutti, oltre al ritratto realizzato da Zerocalcare per ricordare Giulia, compagna del Magazzino scomparsa nel 2012.

Non è la prima volta che i fascisti danno fuoco al Magazzino 47. Era già accaduto nel 2006, con tre molotov. Per quell’attentato, nel 2011, furono condannati tre neofascisti, all’epoca di Forza Nuova: Matteo Pasotti a 2 anni e 8 mesi, Giorgio Andreassi e Alessandro Foglia a 4 anni, in quanto lanciatori materiali delle molotov. Pene poi leggermente ridotte in appello, nel 2013. E proprio questa notte, sopra la galleria Tito Speri, in città, è comparso uno striscione fascista firmato Brescia Identitaria.

Dopo le fiamme di stanotte, il Magazzino 47 ha diffuso già all’alba una nota: “Dichiariamo già da ora uno stato di mobilitazione permanente antifascista in città”.

Domani, sabato 24 febbraio, sono due gli appuntamenti antifascisti in città: una chiamata larga e popolare a cui stanno rispondendo tante realtà cittadine e della provincia. Si inizia alle ore 8 la mobilitazione davanti alla chiesa di via San Faustino contro l’annunciato banchetto di forza nuova alle porte settentrionali del quartiere popolare, proletario e meticcio del Carmine. Sabato pomeriggio, dalle ore 14.30, corteo da piazza Rovetta contro l’ondata di violenza incendiaria fascista e razzista che colpisce, nel sostanziale disinteresse di istituzioni e cosiddette forze dell’ordine, Brescia, dalle Casette Occupate colpite da due bombe carta all’incendio nel campo Sinti di via Orzinuovi fino, stanotte, alle fiamme nella libreria del Magazzino 47.

Ai nostri microfoni Michele, del csa Magazzino 47 di Brescia.

Di seguito, il comunicato del csa Magazzino 47:

“Questa notte, venerdì 23 febbraio 2018, dei topi di fogna si sono introdotti nel centro sociale e, dopo aver forzato una finestra, hanno appiccato un incendio all’interno del locale che ospita la libreria e l’enoteca. La finestra forzata, gli evidenti segni di effrazione e un intenso odore di benzina non lasciano dubbi sulla natura dolosa, come immediatamente notato dagli stessi Vigili del fuoco.
La pronta reazione di un compagno che si trovava all’interno dello spazio sociale ha fatto sì che i Vigili del fuoco siano potuti intervenire tempestivamente estinguendo le fiamme prima che queste potessero provacare danni ben peggiori.
Diversi mobili e una grande quantità di libri sono andati distrutti.
Il nostro compagno, unica persona presente, per fortuna sta bene.
Possiamo affermare con certezza che si è trattato dell’ennesimo infame attacco di fascisti e razzisti che cercano di seminare un clima di odio razziale e intolleranza in città.
Gli stessi che nelle scorse settimane hanno colpito le Casette occupate di via Gatti e il campo Sinti di via Orzinuovi.
Gli stessi che inneggiano a Luca Traini, autore dell’attentato razzista di Macerata.
Per questo reagiremo di conseguenza. Con rabbia, determinazione e orgoglio”.
Dichiariamo già da ora uno stato di mobilitazione permanente antifascista in città.

Alle ore 11.30 CONFERENZA STAMPA al CSA Magazzino47, via Industriale 10, Brescia.

Sabato 24 febbraio mobilitazione antifascista:
•ore 8.00 in via San Faustino, davanti alla chiesa dei SS. Faustino e Giovita, contro il banchetto annunciato da forza nuova
•ore 14.30 corteo da piazza Rovetta “Dosta! Doval razzismo!” contro i recenti attacchi incendiari al campo sinti di via Orzinuovi, le casette occupate di via Gatti e il csa Magazzino 47

venerdì 23 febbraio 2018

TORINO STANA CAGAPOVND


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Nonostante la serata fredda e sotto la pioggia un centinaio di cittadini torinesi hanno contestato formando un corteo uno dei comizi elettorali di Caga Povnd con il loro boss Di Stefano che avrebbe parlato in un hotel nel centro della città.
Una Torino che si è dimostrata all'altezza e che di contro ha trovato come al solito una barricata di celere e sbirraglia a protezione dei quattro ratti protetti e coccolati:scontri e lanci reciproci di oggetti hanno reso l'atmosfera più calda anche se alla fine non ci sono stati danni seri.
L'articolo di Infoaut(antifascismonuove-destre )parla dell'ennesima provocazione fascista difesa dallo"Stato democratico"mentre la politica fa scudo ai suoi alfieri mentre pronta è stata un'altra volta la risposta dei compagni che vogliono stanare questi stronzi del terzo millennio.

Torino. I fascisti negli hotel, gli antifa nelle strade.

In 800 sotto la pioggia e il freddo. Un tempo partigiano. E una Torino che è riuscita a dimostrare un'altra volta che l'antifascismo non si delega, ma si pratica con coraggio e determinazione.

Il corteo è partito da piazza Carlo Felice e si è diretto verso l'hotel dove il candidato premier per Casa Pound, Di Stefano, avrebbe tenuto il suo deplorevole comizietto pre elettorale. Un’idea chiara in testa: il razzismo è l’ultima spiaggia di un sistema marcio e i fascisti sono gli utili idioti che garantiscono che ci scanni in basso per la gioia di chi sta in alto.

Una piazza ricca di giovanissimi tra studenti dei licei e delle università, poi lavoratori, qualche faccia più anziana e qualcuna di quel nero che tanto manda fuori di testa i difensori della razza.
Tanta gente che si è convocata dal basso, mentre la sinistra italiana gioca al gioco dell’equidistanza e degli “opposti estremisimi”. A quanto pare, però, c’è ancora in Italia chi pensa che antifascismo non sia discutere coi fascisti nei salotti TV, ma contrastarli ogni giorno nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle strade. 

Mentre da Renzi a Boldrini ci si affretta a portare solidarietà al leader di Forza nuova scotchato a Palermo, dal corteo è partito un caloroso saluto a chi in questi giorni sta pagando con la propria libertà aver fatto dell’antifascismo non solo un valore ma anche una pratica: Giorgio, Moustafa, Lorenzo, Gianmarco, Carlo e Donato, giovane torinese arrestato stamattina durante una perquisizione intimidatoria .

Il corteo ha imboccato corso Vittorio Emanuele e dopo circa un chilometro tra cori e interventi si è trovato schierato un numero improbabile di Digos, celere, camionette e addirittura un idrante.
I manifestanti però non hanno esitato e hanno proseguito contro le forze dell'ordine che hanno caricato e azionato l’idrante, respingendo di qualche metro il corteo e fermando una giovane lavoratrice, poi rilasciata in serata.
Come dire: il grande classico della democrazia che difende pubblicamente i fascisti.

Di certo non è bastato questo a fermare il corteo che anzi più determinato di prima è ripartito. Ed è qui che succede l’incredibile. Il mastodondico apparato di sicurezza mosso dalla questura a difesa dei vigliacchetti del terzo millennio prende una clamorosa cantonata. Si aspettano gli antifascisti di lì e invece arrivano di qui. Fin sotto l’hotel dove parla Di Stefano. I manifestanti lo chiamano, urlano di scendere ma del candidato di Casa pound manco l’ombra. Si starà abbuffando al minibar dell’albergo a 4 stelle? Com’è come non è, la polizia fa arrivare l’idrante che attacca di nuovo i manifestanti. Ma a quanto pare nessuno si fa intimorire (“solo la doccia, ci fate solo la doccia” tra gli slogan in risposta all’autobotte celerina)

Qualche cassonetto in mezzo alla strada per proteggersi dalle cariche e partono i primi lacrimogeni. Il corteo quindi riparte e continua l’assedio intorno all’NH hotel per quasi un’ora. 

Solo verso la fine, ormai quasi in piazza Statuto la polizia ha tentato di inserirsi nel corteo, caricandolo da dietro, cercando di fare fermi a caso nel mucchio.

Il dato politico resta quello di una sempre maggiore consapevolezza che la risposta antifascista o sarà contro questa democrazia  – quella che lascia ai fascisti soldi, pistole, media e poltrone – o non sarà. Partiti, Istituzioni e Forze dell'Ordine tutti arroccati a difendere manu militari i cantori della guerra tra poveri. C’è la Grande coalizione da preparare? Per noi non c’è pace elettorale. Con buona pace di Minniti.

NON TOCCATE LE NOSTRE ARMI


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Dopo l'ennesima strage avvenuta in un liceo negli Usa a Parkland in Florida e costata la vita a 17 persone,Trump non fa un passo indietro sulla vendita delle armi e anzi rilancia,sembrerebbe una battuta ma è vero,dicendo che insegnanti armati,qualificati ed addestrati potrebbero stroncare questi avvenimenti sul nascere.
Forte dell'immenso potere nell'Nra(Nationl Rifle Association)che ha ampiamente foraggiato la sua campagna elettorale e che da sempre è parte integrante del tessuto economico nonché formativo dei repubblicani da eleggere,il folle presidente non si piega alle accuse che piovono da ogni dove.
L'articolo di Contropiano(trump-sparatorie-nelle-scuole )parla di questa ennesima provocazione e di alcuni suggerimenti proposti,oltre a quelli elencati vi è la possibilità di vendere armi solo a chi abbia più di 21 anni,che comunque non ledono il diritto sacrosanto degli americani di poter acquistare armi e soprattutto di poterle usare.

Trump: “Sparatorie nelle scuole? Armiamo gli insegnanti”.

di  Alessio Ramaccioni 
A pochi giorni dall’ennesima strage in un liceo, sono due le soluzioni concrete proposte da Donald Trump: la prima è la messa al bando dei “bump-stock”, che sono dei dispositivi che permettoni di trasformare le armi a colpo singolo o semiautomatiche in automatiche, ossia in grado di sparare raffiche di colpi causando evidentemente molti più danni. Per essere precisi, questi dispositivi (uno dei quali è stato utilizzato dal killer di Parkland) sono ancora in commercio: Trump si è limitato ad emettere una direttiva che “ordina di varare al più presto un provvedimento di messa al bando”.

La prima riflessione che viene da fare è che anche un’arma a colpo singolo può causare immensi danni, e che il problema semmai è la diffusione incontrollata delle armi all’interno di una società ipercompetitiva, ingiusta, totalmente disomogenea dal punto di vista sociale ed economico e satura di contraddizioni e repressione. Nessuno sano di mente consentirebbe il libero accesso ad armi di ogni tipo in un paese del genere, eppure è esattamente quello che avviene, per due motivi principali: uno di natura culturale, l’altro di natura speculativa ed economica.

Il business delle armi è enorme, negli Usa, ed infatti la National Rifle Association (NRA) – l’associazione di categoria dei produttori di armi – è una delle lobby più politicamente influenti.

Barack Obama, in uno dei rari tentativi di discontinuità con le politiche delle precedenti amministrazioni, ha più volte provato ad inserire delle moratorie nella vendita delle armi, anche a fronte dei frequenti casi di stragi. Non ci è riuscito.

Adesso, all’indomani della mattanza di Parkland, l’opinione pubblica statunitense è scossa, ed aspetta delle risposte da Trump: ed è qui che la più oscena delle fantasie irrompe nella realtà.

Il presidente degli Stati Uniti, nel corso di un incontro con i superstiti di Parkland, ha indicato la seconda soluzione al vaglio: si è detto disposto a considerare l’ipotesi di armare gli insegnanti nelle scuole. “Se ci fossero insegnanti esperti di armi, potrebbero porre fine ad un attacco molto velocemente” ha dichiarato, facendo propria una proposta partita da ambienti vicini alla NRA.

La risposta da parte delle famiglie delle vittime e dei sopravvissuti è arrivata immediatamente, : “Armare gli insegnanti non è la soluzione”, ha dichiarato la madre di una vittima di un’altra strage, quella della scuola elementare Sandy Hook.

Uno studente del liceo Douglas di Parkland ha aggiunto: “Non capisco come sia possibile che io sia ancora in grado di acquistare un’arma d’assalto. Come è possibile che sia così facile acquistare questo tipo di armi da guerra dopo Columbine, dopo Sandy Hook”.

In un paese in cui la corsa al profitto è il vero motore delle scelte politiche – e vendere armi di profitto ne assicura a volontà – è possibile.

mercoledì 21 febbraio 2018

CHI DI SPRANGA FERISCE...


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"Autodifesa popolare"si legge sotto un manifesto dei fognanuovisti palermitani con tanto di facce truci,da broncio come da selfie turbato,in cui compare anche il volto di tale Massimiliano Ursino,dicono dirigente di spicco di Fogna Uova in Sicilia che è stato oggetto di attenzioni non troppo coccolose da parte di un numero imprecisato di persone che lo hanno legato e pestato.
Trattamento accaduto anche nel ragusano in altri ambiti(ci si tornerà sopra)e che ha visto il ratto uscire malconcio da questo incontro avvenuto non distante dalla fogna di sede del suo partito che assieme a Fiamma Tricolore si presenterà nella coalizione Italia agli italiani alle prossime elezioni.
Il fatto è raccontato nell'articolo sotto(ecn.org/antifa palermo-aggressione )dove ci sono anche altri legami di cronaca che coinvolgono l'Ursino già arrestato in passato per aver rapinato e sprangato degli immigrati in ben due occasioni,con l'aggravante razzista,e per aver colorito una campagna informativa in maniera pesante sempre qualche anno addietro.
Ma di questo non si parla,si stracciano le vesti per l'aggressione squadrista ad un fascista,che l'antifascismo(a detta di alcuni antifascisti di comodo)dev'essere il contrario del fascismo,quindi pacifico e in poche parole stare sempre a prenderle,dimenticandosi che quando furono cacciati e sconfitti nel 1945 non lo si è fatto a rose e fiori ma con mazzate e grandi calci in culo.
Ma c'è qualcuno nel Pd,ma anche il Leu e in quelle orbite di rapanelli che sono democristiani in salsa arraffa voti,che censura l'episodio,sta dalla parte dell'aggredito e della polizia(beh questo sempre)e poi si lamenta,o meglio si lamenterà tra quindici giorni,che la destra ha vinto perché la sinistra non è riuscita ad unirsi.
Rispondo subito che questi partiti o partitelli fotocopia non meritano il voto,almeno il mio,ma è pensiero comune di molti compagni,troppi dei quali purtroppo non voteranno nemmeno,che il voto a loro è un voto legato allo stato politico attuale che ha permesso a queste merde(i fasci)di rimettere fuori le loro teste vuote ma piene di odio e di ignoranza dalle fogne dove erano stati relegati.

Palermo, aggressione a segretario provinciale di Forza Nuova: legato e pestato ·

Massimiliano Ursino è stato picchiato violentemente tra via Dante e piazza Lolli, non lontano dalla sede di Fn. L'agguato a pochi giorni dall'arrivo in città del leader nazionale di Fiore. Il dirigente di Fn era stato arrestato in passato per aver rapinato e preso a sprangate degli immigrati.

20 febbraio 2018
Legato mani e piedi e pestato a sangue. Massimiliano Ursino, segretario provinciale di Forza Nuova a Palermo è stato aggredito questo pomeriggio vicino alla sede di Forza Nuova, tra piazza Lolli e via Dante. Alcuni testimoni avrebbero indicato alla polizia quattro responsabili, altri una dozzina che avrebbero legato mani e piedi in strada Ursino. Poi avrebbero cominciato a picchiarlo.

La vittima ha riportato delle serie ferite alla testa ed è stata trasportata all'ospedale Civico ma non dovrebbe essere grave. Il pestaggio è avvenuto intorno alle 18,45, non lontano dalla sede di Forza Nuova che si trova in via Villa Florio. Le indagini sono state affidate alla Digos. "Sono stato legato in strada", ha avuto la forza di confermare a Repubblica Massimiliano Ursino.

Sarebbe stato accerchiato da una mezza dozzina di persone, vestite di nero e con i volti coperti da sciarpe o da passamontagna. Del gruppo farebbe parte chi ha documentato il pestaggio con le immagini video di un telefonino. Il dirigente di Forza Nuova, titolare di un laboratorio di tatuaggi nella vicina via Marconi, è stato legato con del nastro da imballaggio e picchiato a sangue.

In serata una violenta rivendicazione anonima è stata inviata agli organi di stampa: "Chi afferma che esista una "minaccia fascista", a Palermo come in tutta la Sicilia, dovrà ricredersi - c'è scritto - Sul territorio palermitano esiste chi ripudia il fascismo e non ha timore di lottare per bloccarlo e schiacciarlo, a partire da questi protagonisti del forzanovismo, guerrieri a parole, violenti nelle immagini che evocano forse, ma incapaci di proteggere la propria incolumità e di conquistare qualsiasi forma di potere politico. Palermo è antifascista, nelle pratiche e nella quotidianità di chi la vive. A Palermo non c'è spazio per il fascismo".

Un militante di Forza Nuova, Giuseppe Provenzale, dice: "Sappiamo tutti chi può essere stato. E lo sa anche il sindaco Orlando". Proprio oggi il movimento di estrema destra aveva lanciato l'allarme: "A Palermo - si legge in una nota - dopo gli attacchi incendiari avvenuti nel febbraio dello scorso anno, sempre ai danni di Forza Nuova, e la recente irruzione armata ai danni della sede di un'associazione d'area, si sta verificando un allarmante e unilaterale tentativo di alzare il livello dello scontro, a pochi giorni dall'arrivo in città di Roberto Fiore, che non può essere ignorato".

E proprio Roberto Fiore ora attacca: "Dopo una campagna d'odio seminata dal Gruppo Espresso e seguita da tutta la sinistra inclusa Liberi e Uguali, si scatena l'odio comunista contro Forza Nuova".
Aggressione Palermo, vicesegretario Forza Nuova: "Non è un fatto isolato''


Massimiliano Ursino, il dirigente di Fn pestato a Palermo, venne arrestato nel luglio 2006 per aver rapinato e picchiato due immigrati del Bangladesh nel centro di Palermo di fronte al teatro Massimo. Dopo aver subito la rapina, una borsa e articoli di bigiotteria, le due vittime avrebbero inseguito Ursino e due suoi complici (anche loro di Forza nuova) ma questi avrebbero tirato fuori delle spranghe e picchiato a sangue gli immigrati. Ursino venne condannato in primo grado a due anni e mezzo di carcere. Ma quello con i due venditori ambulanti non è stato l'unico episodio violento e a sfondo razzista a cui Ursino avrebbe partecipato. Nel giugno 2005, sempre con altri due complici, aggredì con pugni e bastonate un nigeriano e un altro giovane originario di Siracusa in via Candelai, sempre nel centro di Palermo. I tre vennero rinviati a giudizio per lesioni aggravate per aver agito in base a ''motivi razziali''. Il dirigente di Forza Nuova nel 2008 partecipò al confezionamento e alla spedizione dei pacchi choc, inviati a varie redazioni giornalistiche, contenenti una bambola sporcata con sangue e interiora di animale per la campagna di Forza Nuova contro la legge 194.

Nel febbraio dell'anno scorso qualcuno tentò di incendiare lo studio di tatuaggi di Ursino provocando danni alla saracinesca. Il dirigente di Fn disse ai poliziotti di avere avuto la notizia da un suo amico mentre si trovava nella sede del movimento, in via Villa Florio, durante una riunione. Mentre si trovava lì, qualcuno lanciò una bomba carta sulla porta della sede provocando l'annerimento dell'infisso ma senza causare feriti.

Sull'aggressione è intervenuto anche il sindaco Orlando, con un comunicato diffuso a tarda sera. "Quanto avvenuto con l'aggressione ai danni del segretario provinciale dell'organizzazione
neofascista Forza Nuova a Palermo - si legge nella nota - è il segno della degenerazione che la politica italiana sta subendo, dopo avere sottovalutato la recrudescenza di fenomeni e comportamenti fascisti e razzisti, che rischiano di infettare culturalmente la società civile, anche quella che antifascista e antirazzista si proclama. Il fascismo non si combatte con lo squadrismo, bensì con la cultura e la resistenza".

L'ASSEDIO DI AFRIN


Le frasi dure del sultano Erdogan sulla situazione che si sta vivendo ad Afrin con le truppe di Assad costrette ad indietreggiare ad una distanza di sicurezza dalla città situata nei pressi del confine con la Turchia che sta resistendo alle milizie daesh grazie alle forze curde,sono un preambolo ad una guerra d'invasione proprio contro il popolo del Kurdistan(vedi:madn afrin-santificata-e-subito-dimenticata ).
Mentre gli Usa si stanno spazientendo e la Russia sembra quasi fare un doppio gioco(difende sì i curdi ma allo stesso tempo legittima Erdogan nella sua azione militare),il resto del mondo sta alla finestra ma guarda da altre parti mentre più a sud,praticamente a Damasco nel sobborgo di Goutha est vengono bombardati quattro ospedali con centinaia di morti,molti bambini.
In una guerra che non è più civile riferita solo alla Siria perché le forze in gioco provengono da differenti Stati,quel che sembrava una fine ora è un miraggio abbastanza lontano,mentre i poveracci sono le vittime predestinate nei giochi geopolitici delle nazioni in campo(articolo di: huffingtonpost.it erdogan-bombarda-le-truppe-di-assad ).

Erdogan bombarda le truppe di Assad che entrano a Afrin. Strage di civili a Goutha: 300 vittime, tantissimi bambini

Gli Stati Uniti hanno invitato la Turchia a mostrare moderazione, avvertendo che l'offensiva rischia di diluire la lotta contro i terroristi.

di Umberto De Giovannangeli 
Giornalista, esperto di Medio Oriente e Islam 

La battaglia di Afrin è iniziata e il suo esito è destinato a cambiare il corso degli eventi nella seconda guerra siriana. E ridisegnare le alleanze in Medio Oriente. Il "sultano di Ankara", il presidente Recep Tayyp Erdogan, contro il raìs di Damasco, Bashar al-Assad. E in mezzo colui che dovrebbe essere il "Garante" di ambedue: il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin.

Cronaca di guerra. Una guerra internazionalizzata. Ammainate le stinte insegne della pace e violati ripetutamente gli accordi di Astana, Ginevra e quant'altro, gli eserciti di Russia, Turchia, Damasco, Iran e Israele sono pericolosamente giunti sull'orlo dello scontro diretto. La Turchia ha bombardato le aree vicino al valico di Ziyara, a sud-est di Afrin, nel nordovest della Siria, dove è in transito il convoglio di "forze popolari" filo-siriane partite da Aleppo e dirette verso l'enclave curda teatro dal 20 gennaio di una campagna militare lanciata da Ankara e dai ribelli alleati dell'Esercito libero siriano. Anadolu, agenzia di stampa di Ankara, riferisce che dopo i colpi di artiglieri turca i miliziani filo-Assad si sono ritirati a 10 chilometri di distanza.

"I gruppi terroristici pro regime che si sforzano di avanzare verso Afrin hanno indietreggiato di circa 10 chilometri rispetto alla città a causa di spari di avvertimento", afferma Anadolu. La Turchia aveva messo in guardia Damasco da qualsiasi forma di sostegno alla Unità di protezione popolare (Ypg), milizia curda alleata degli Stati Uniti ma che Ankara considera organizzazione terroristica.

Secondo diverse fonti, le milizie alleate di Damasco avrebbero iniziato a convergere verso la regione: "Gruppi di forze popolari siriane cominciano a entrare nella regione di Afrin nel Rif settentrionale di Aleppo", riferisce la tv al-Manar degli Hezbollah libanesi, alleati delle forze di Bashar al-Assad. Lunedì i media ufficiali siriani avevano annunciato "l'arrivo nelle prossime ore delle forze popolari ad Afrin per sostenere la tenacia degli abitanti contro l'operazione di repressione lanciata il mese scorso dal regime turco".

La notizia dell'ingresso delle milizie alleate di Damasco nella zona di Afrin viene riportata anche dagli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, citati dall'agenzia di stampa tedesca Dpa. Immagini diffuse dalla tv libanese al-Mayadeen mostrano mezzi con le bandiere siriane, con miliziani a bordo e carichi di armi, mentre entrano nell'area di Afrin.

Nelle immagini i combattenti fanno il segno della vittoria. Sull'evoluzione del conflitto è intervenuto nel pomeriggio Erdogan in persona: il presidente turco da un lato ha confermato che l'avanzata dei siriani verso Afrin è stata bloccata ma dall'altro ha lanciato una dura minaccia ad Assad. Erdogan ha dichiarato infatti di aver concordato con il presidente russo Putin e con quello iraniano Rouhani che "le organizzazioni terroristiche pagheranno un alto prezzo per i loro errori". Il riferimento è ovviamente alle organizzazioni curde che Ankara continua a considerare per l'appunto alla stregua di terroristi. L'intervento militare di Ankara sta sottoponendo a un insostenibile sforzo però i rapporti già sfibrati non solo con gli Stati Uniti ma anche con la Russia, alleato chiave di Damasco.

La decisione di Damasco potrebbe deteriorare ulteriormente i rapporti Ankara-Mosca, Erdogan aveva già avvertito il suo omologo russo Vladimir Putin che qualsiasi sostegno dal regime siriano all'Ypg, "avrà delle conseguenze". E l'assedio annunciato rientra nella strategia preventiva di Ankara. Al leader del Cremlino, Erdogan ha ribadito un proposito non negoziabile: "La Turchia non si fermerà". Mosca, dal canto suo, sembra voler dare ragione al presidente siriano, che difficilmente si muove senza una via libera preventivo della Russia, e teme una presenza turca nel paese mediorientale: "Abbiamo ripetutamente affermato - ha dichiarato il ministero degli Esteri, Serghei Lavrov - che sosteniamo pienamente le legittime aspirazioni del popolo curdo". "Riteniamo sbagliato - ha aggiunto riferendosi alla situazione ad Afrin - che qualcuno approfitti delle aspirazioni del popolo curdo per i suoi giochi geopolitici che non hanno nulla a che fare con gli interessi dei curdi e della sicurezza regionale". Tensione tra Ankara e Washington L'operazione "Ramoscello d'ulivo" ha messo a dura prova anche i legami già difficili tra Ankara e Washington, che aveva supportato i combattenti di curdi di Ypg nella sua lotta contro i jihadisti dello Stato islamico in Siria.

Gli Stati Uniti hanno invitato la Turchia a mostrare moderazione, avvertendo che l'offensiva rischia di diluire la lotta contro i terroristi. Per risposta, Erdogan ha minacciato di estendere l'offensiva alla città di Manbij, controllata dalle Ypg. .Nel tentativo di allentare la tensione con un alleato di Washington nella Nato, il segretario di Stato americano Rex Tillerson aveva fatto una visita ad Ankara la settimana scorsa durante la quale aveva tenuto un lungo colloquio con Erdogan e il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu. Ne erano usciti con l'intenzione di lavorare "insieme" in Siria per superare la loro crisi, con "priorità" alla ricerca di una soluzione per la città strategica di Manbij.

II prezzo più alto del conflitto continua comunque a essere pagato dalle popolazioni civili. Per il terzo giorno consecutivo, i raid aerei delle forze lealiste siriane hanno continuato a martellare Ghouta Est. Il bilancio è ormai a 300 morti e l'Onu avverte che la situazione è fuori controllo. L'Unicef ha diffuso un comunicato in bianco a indicare che, per tanto orrore, non ci sono parole: "Nessuna parola renderà loro giustizia".

Il comunicato è stato diffuso dopo i feroci bombardamenti delle forze lealiste sull'enclave ribelle, alla periferia di Damasco. "Nessuna parola renderà giustizia ai bambini uccisi, le loro madri, i padri e i loro cari", ha detto Geert Cappelaere, direttore dell'agenzia Onu per l'area mediorientale. Parole seguite da una pagina in bianco. E nel postscriptum, un'aggiunta: "Non abbiamo più parole per descrivere la sofferenza dei bambini e la nostra indignazione. Coloro che stanno infliggendo queste sofferenze hanno ancora parole per giustificare i loro atti barbarici?". Circa 200 civili, tra cui circa 60 bambini, sono stati uccisi da domenica da violenti bombardamenti "Posso dirvi che è stato un inferno, abbiamo visto bambini morire nelle nostre mani a causa di gravi ferite quando sono arrivati tardi all'ospedale", ha detto alla "Dpa" Mohammed, medico in uno degli ospedali della Ghouta orientale.

Secondo il medico, almeno quattro ospedali della zona sono stati presi di mira lunedì sera. "Perché il mondo è ancora in silenzio? Questo non è un film, questa è la realtà", ha aggiunto Mohammed, auspicando l'intervento della comunità internazionale.

Nell'area è in corso anche una grave crisi umanitaria poiché gli aiuti arrivano con il contagocce e mancano medicinali e generi di prima necessità. "Il governo siriano, sostenuto dalla Russia, sta intenzionalmente colpendo i suoi cittadini della Gohuta orientale.

Non solo questa popolazione soffre a causa di un assedio crudele che si protrae da sei anni, ma ora è anche intrappolata sotto intensi bombardamenti quotidiani che hanno lo scopo di uccidere e ferire civili e che per questo costituiscono evidenti crimini di guerra", dichiara Diana Semaan, ricercatrice di Amnesty International sulla Siria. "Da sei anni la comunità internazionale sta a guardare di fronte ai crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal governo siriano nella completa impunità", ha aggiunto Semaan. "Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – sottolinea Semaan -deve far applicare le sue stesse risoluzioni che chiedono la fine degli assedi delle zone abitate dai civili, la cessazione degli attacchi nei loro confronti e l'accesso senza ostacoli degli aiuti umanitari.

Gli stati membri permanenti, Russia inclusa, non dovrebbero impedire l'adozione di misure per porre fine a queste atrocità di massa". Ma questa più che una speranza, è una illusione. Perché in Siria l'umanità è morta.

martedì 20 febbraio 2018

GENTAGLIA


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Il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda agli sgoccioli del suo mandato vuole sembrare pure simpatico indicando con un lapsus i dirigenti dell'Embraco Whirlpool come gentaglia,parzialmente a ragione se tra quella categoria di persone includa se stesso e alcuni dei ministeri strategici concausa del tracollo non solo dell'azienda di Riva di Chieri(To)tipo quello delle infrastrutture e trasporti(Del Rio)e del lavoro(Poletti)solo per citarne un paio.
L'articolo proposto(contropiano embraco-ministro-inutile-chiassoso )spiega bene la situazione quindi farò solo un breve riassunto soprattutto degli antecedenti spesso negativi,come Ilva(madn chi-gioca-sullilva ),Alitalia(madn ha-vinto-la-dignita-dei-lavoratori alitalia ),Vivendi-Mediaset(madn berlusconi-vittima-del-libero-mercato )e Fca(madn in-difesa-dei-potenti ).
Per il resto una dura critica alle politiche sugli ammortizzatori sociali dopo la chiusura di un'azienda,delle nuove politiche che permetteranno nuovamente l'invasione delle locuste straniere che vedono l'Italia come terreno di conquista per poi scappare quando tutto è bruciato(madn la-tassa-per-i-ricchi )e la continua sottomissione ai dettami Ue e le sterili chiacchiere che non portano a nulla.
Da non dimenticare che situazioni simili in Germania e Francia(vedi ex Stx e Fincantieri:madn francia-italia-2-0 )con i due Stati che in alcuni casi non danno denaro pubblico come supplica per tenere sul proprio suolo(a mala voglia)le imprese estere,ma che lo utilizzano per nazionalizzare le imprese in crisi.

Embraco e il ministro inutile, ma chiassoso.

di  Giorgio Cremaschi 
L’Embraco Whirlpool licenzia, butta in mezzo alla strada 500 operai e le loro famiglie, mandando a stendere il ministro Calenda e tutto il governo italiano.

Hanno spiegato che non possono fare altro perché hanno degli impegni in Borsa. Il ministro ha commentato che questo non l’aveva mai sentito. Ma dove vive, non lo sa che questa motivazione – dare valore agli azionisti – è alla base di ogni ristrutturazione, di ogni taglio di personale in tutte le grandi imprese?

Il ministro Calenda è tanto inutile quanto chiassoso. Quando Almaviva ha licenziato 1666 dipendenti il ministro ha scandito: inevitabile visto che quei lavoratori hanno rifiutato di tagliarsi i salari (di 700 euro al mese).

Quando la Regione Puglia e il Comune di Taranto sono ricorsi al TAR per difendere la salute dei cittadini e dei lavoratori dell’Ilva, il nostro ha esclamato: così fate chiudere la fabbrica e fuggire la multinazionale che vuole rilevarla ( e che si prepara all’affare del secolo).

Anche sull’Alitalia crediamo che il ministro si preparasse a gridare: basta indugi, diamola ai tedeschi (che la faranno a pezzi). Ma qui i suoi lo hanno fermato, meglio aspettare dopo le elezioni.

Calenda ha mostrato tutta l’autorevolezza sua e del governo quando, con Padoan, ha firmato un appello agli azionisti di Italo chiedendo loro di quotarsi in Borsa. Non se li è filati nessuno e dopo due giorni Montezemolo e soci vendevano tutto agli americani.

Le multinazionali da noi fanno come le cavallette: vengono, divorano e poi vanno altrove. In Germania o in Francia non potrebbero farlo, lì i governi lo impedirebbero, Avete visto che Fincantieri ha dovuto rinunciare al controllo dei cantieri navali francesi.

Da noi il governo è invece un tappetino ove le multinazionali posano i piedi e allora Calenda urla. Ridicola la scena di un ministro che dice ad un’azienda: non vi voglio più vedere! E allora che ci sta a fare? In realtà la proposta del governo per Embraco era destinata al fallimento perché priva di qualsiasi credibilità.

Intanto Calenda si è dimenticato che il suo collega Poletti ha abolito la cassa integrazione per crisi e l’indennità di mobilità. Fino a poco tempo fa, quando un’azienda voleva chiudere, c’erano i cosiddetti ammortizzatori sociali, cioè almeno due anni di cassa e poi altrettanti di mobilità, che permettevano ai lavoratori di reggere nel tempo e di trovare una soluzione per il futuro.

Oggi in nome dei tagli alla spesa pubblica tutto questo è stato abolito, il licenziamento è diventato una sorta di obbligo di legge. E per i lavoratori c’é solo la NASPI, una misera indennità di disoccupazione che dura un anno. È una catastrofe sociale provocata dal governo Renzi: ci sono 200.000 lavoratori che entro la fine dell’anno rischiano di finire come quelli dell’Embraco.

Calenda ha dunque proposto alla multinazionale di mettere i lavoratori Embraco in cassa per preparare la riconversione, ma la multinazionale ha opposto al ministro la sua stessa legge: vogliamo chiudere quindi dobbiamo licenziare.

A questo punto cosa avrebbe dovuto fare un governo di uno stato degno di questo nome? Avrebbe dovuto rispondere che allora la fabbrica sarebbe stata requisita ai sensi della legge e della Costituzione e posta sotto gestione commissariale. Nazionalizzata insomma.

Lo stesso avrebbe dovuto affermare quel fantasma balbettante del presidente della Regione Piemonte Chiamparino. Invece Calenda ha gridato: “non li voglio più vedere…” ed è corso a Bruxelles. Dove gli faranno un breve corso sul principio fondante della UE, la libertà di movimento dei capitali. Poi il ministro ha assicurato l’intervento di Invitalia, una struttura pubblica che interviene nelle crisi, dimenticando però che questa può agire solo con il consenso della proprietà, cioè di Whirlpool.. Che magari sarà pure tentata di prendere altri soldi dallo stato, dopo aver licenziato.

Per Embraco, come per tutte le altre drammatiche crisi industriali che sconvolgono il paese, mentre Gentiloni e Renzi vantano la ripresa, il nodo è sempre lo stesso. O lo stato torna ad intervenire direttamente nell’economia e nel sistema produttivo, mettendo vincoli e controlli alle multinazionali e obbligandole a finanziare la ripresa e la riconversione coi loro soldi, oppure c’è il massacro sociale.

O nazionalizzazioni o massacro sociale e devastazione industriale, queste le alternative reali, il resto sono chiacchiere. E per queste ultime Calenda è l’uomo giusto al posto giusto.

lunedì 19 febbraio 2018

I MANIGOLDI


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Dopo i casi eclatanti di Macerata,Piacenza,Bologna e Venezia ecco che le manifestazioni antifasciste indette in un clima sempre più nero hanno provocato scontri e tensioni a Napoli,dove la questura ha deciso di pestare a sangue dei compagni che volevano negare l'agibilità politica a Caga Povnd che invece blindatissima faceva i propri comodi nel centro del capoluogo campano.
Naturalmente protetti a spese della collettività da un imponente dispiegamento di forze del disordine che puntualmente hanno manganellato e messo al muro una ventina di ragazzi che volevano in fondo difendere la carta costituzionale.
Nell'articolo di Popoff(napoli-chi-sono-i-manigoldi )la cronaca di questa domenica dove gli antifascisti e antirazzisti sono stati aggrediti senza che vi fossero state motivazioni ai margini della zona rossa garantita ai fascisti del nuovo millennio(vedi anche:contropiano napoli-la-vendetta-minniti-cariche-brutali-decine-fermi-gli-antifascisti ).

Napoli, antifascisti caricati a freddo. Chi sono i manigoldi?


Napoli, un pezzo di città sequestrata per garantire lo spazio a Casapound e un corteo antifascista caricato a freddo

da Napoli, Nicola Angrisano
Chi sono i “manigoldi”!?
Il Questore di Napoli (su mandato del ministro dell’Interno?) ha sequestrato ieri un pezzo di città con un costoso e imponente dispositivo militare: centinaia di poliziotti, blindati, idranti, elicotteri e le reti metalliche che chiudevano totalmente via Galileo Ferraris. La strada di accesso a Napoli interdetta al traffico dal primo pomeriggio come se fosse in programma un qualche vertice internazionale. E invece tutto questo era per permettere la vergognosa esibizione del leader di un gruppo neofascista come Casapound a pochi giorni dalla tentata strage razzista di Macerata e dal suo personale e pubblico sostegno alle “ragioni” del pistolero fascioleghista Luca Traini. E poi De Iesu dice che gli antifascisti non hanno rispettato la città!?
Ciò malgrado centinaia di antirazzisti e antifascisti hanno risposto a un appello d’urgenza e in una piovosa domenica pomeriggio hanno dimostrato che come a Macerata e in decine di altre città c’è un pezzo di questo paese che si ribella all’idea di considerare “normale” l’agibilità a neofascisti e neonazisti, mazzieri e pistoleri razzisti.
Un corteo sicuramente determinato ad affermare il proprio diritto a manifestare malgrado una presenza asfissiante e pressante di polizia (chissà perché visto che via Galileo Ferraris era sicuramente inaccessibile), che però ha percorso pacificamente le strade del quartiere per fare informazione antirazzista e antisessista. Chi c’era, compresi gli operatori dell’informazione, hanno visto come la manifestazione ha evitato sistematicamente lo scontro frontale con l’apparato militare disposto dalla Questura e ad un certo punto lo ha semplicemente aggirato, con vari cambi di direzione, superando piazza Garibaldi e arrivando di fronte alle reti di ferro, per denunciare la blindatura della città in favore dei neofascisti. In quel momento, raggiunto l’obiettivo, abbiamo semplicemente chiesto al dirigente in piazza di lasciar passare e far continuare e defluire il corteo lungo Corso Arnaldo Lucci. Invece “senza alcun motivo scatenante” i manifestanti sono stati caricati sia dalla testa che dalla coda, chi era andato ad interloquire ha rischiato l’investimento dai mezzi blindati.
Giovani aggrediti e pestati a freddo e soltanto dopo un pezzo di corteo che cercava di proteggersi verso il parcheggio dei pullman ha lanciato alcuni petardi per rallentare la carica (quindi correttezza vorrebbe che i giornali scrivessero non “bombe carta contro la polizia” ma “cariche e pestaggi della polizia, i manifestanti reagiscono lanciando dei petardi” se non avete qualcuno sul posto almeno non informatevi solo con le veline della questura). I pochi fotoreporter ancora presenti (e gli stessi video) potranno testimoniare.
Quando il Questore de Iesu parla di “manigoldi” (!) forse si riferisce a un suo vicequestore dirigente di piazza che esibiva nei comportamenti un palese stato d’alterazione mentale. Forse si riferisce alle cariche a freddo, ai manganelli al contrario, alla testa aperta di una ragazza, al naso spaccato di un altro, alla mano spaccata di un altro ancora. Forse si riferisce alla vergognosa esibizione muscolare con cui il suo vicequestore ha messo 23 persone faccia al muro con il reparto celere alle spalle, come in una brutta parodia di uno Stato totalitario!
23 ragazze e ragazzi che sono parte della migliore gioventù, quella che non si rassegna al cinismo e al quotidiano avvelenamento televisivo che invita a far la guerra a poveri e migranti. E che tutte e tutti noi dobbiamo preoccuparci di sostenere ancora di più se non vogliamo invece finire col vivere in uno Stato sempre più preoccupante…

venerdì 16 febbraio 2018

LA TASSA PER I RICCHI


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Non ci vuole troppo a capirla,se una proposta fiscale esce dalla bocca di Berluscojoni non può che essere a favore dei ricchi,ed i poveri che voteranno per questo motivo principale la sua coalizione vuol dire che lo sono anche d'intelletto.
Perché non bisogna nemmeno spiegarlo troppo che con un'aliquota unica e più bassa i benefici maggiori li avranno quelli con un reddito dai 50mila Euro in su,che in numero sono parecchio inferiori a quelli che ne prendono sui 20-30 mila(per non parlare di quelli ancora più tanti che guadagnano meno,visto che si parla di classe media).
L'articolo(www.infoaut.org )parla correttamente di una rapina di classe solo che quest'ultima abbocca alle avance fraudolente di quell'idiota che è ancora incandidabile tra l'altro,e di tutti i furbacchioni che pur litigando quotidianamente stanno ancora sotto alla campana di vetro del pagliaccio di Arcore.
Tutto questo non solo porterà vantaggi ai padroni ed ai ricchi(già quasi tutti evasori fiscali),ma anche aziende estere che vorranno godere diciamo per almeno un decennio di tale tassa salvo poi approfittare andando in un altro paese per gli stessi motivi come accade tutti i giorni da noi,per non parlare che i soldi per mantenere questo status quo verranno da ulteriori tagli alla spesa pubblica.

Una rapina di classe chiamata flat tax.

Per quanto in secondo piano rispetto alla strumentalizzazione del tema dell'immigrazione, nel contesto della presente campagna elettorale il tema del reddito sta assumendo una indubbia centralità, diventando cuore di alcune proposte in campo economico da parte dei partiti. Tra queste proposte va menzionata la "flat tax", propugnata dalla coalizione di centro destra.

Essa riecheggia il recente provvedimento adottato da Trump in America, ed è disegnata a partire da una visione pesantemente reazionaria in materia fiscale, imponendosi come punto cardine del programma economico di Berlusconi and co., ed è interessante analizzarla per quello che rappresenta: una vera e propria rapina su base di classe.

Ideata negli anni cinquanta da Milton Friedman, uno dei più importanti ideologi del neoliberismo e maitre a penser della politica economica di Pinochet in Cile, la flat tax sul piano teorico prevede un sistema di tassazione ad aliquote fisse, che cioè non aumentano con la crescita dell'ammontare del reddito. Questa idea generica può essere declinata secondo una pluralità di metodi. Per quanto riguarda le proposte effettive in campo nelle circostanze a cui ci riferiamo, essa dovrebbe comportare una trasformazione delle modalità di imposizione sul reddito, costituendo una tassa unica al 15% o al 24% che andrebbe a sostituire l'attuale sistema di tassazione IRPEF basato su aliquote progressive.

Secondo i suo sostenitori, la flat tax dovrebbe segnare un importante momento di svolta per l'economia italiana rispetto a molti punti di vista. Da un lato consentirebbe un complessivo alleggerimento della pressione fiscale, cosa che andrebbe a vantaggio sia dei cittadini meno abbienti, per i quali si allargherebbe contemporaneamente la no tax area nell'ottica di preservare una qualche progressività della tassazione. Dall'altro, ne beneficerebbe il sistema produttivo, nella misura in cui la riduzione dell'imposizione potrebbe costituire un importante incentivo per nuove assunzioni o aumenti salariali ai lavoratori.

Allo stesso tempo, sempre secondo i sostenitori di questa riforma, essa sarebbe anche un importante mezzo di lotta all'evasione fiscale, nella misura in cui la riduzione delle aliquote porterebbe naturalmente all'emersione di una significativa parte di redditi in nero o dichiarati all'estero. Ma conosciamo benissimo la realtà dietro questa retorica, sappiamo bene che il problema non è mai stato reperire le risorse per programmi sociali, bensì la volontà politica di implementare per davvero questi ultimi.

Dietro questo meraviglioso paradiso ci sono tutta una serie di implicazioni meno sbandierate. Il rientro di liquidità nelle casse statali in ragione della supposta riduzione dell'evasione, ad oggi indicato come principale fonte della copertura della flat tax secondo i suoi sostenitori, non sembra in alcun modo costituire un supporto sufficientemente stabile per garantire questo tipo di operazione. Negli USA la Apple ha riportato diversi miliardi dopo la flat tax di Trump, ma tutti quelli che gli sono stati "condonati" avrebbero potuto offrire ben altro sostegno economico alla middle class impoverita di cui Trump si è eretto ad alfiere. Il punto diventa allora capire da dove verranno tirati fuori i soldi per coprire il taglio delle tasse ai ricchi.

Come dimostrano la maggior parte dei paesi in cui si è tentato di applicare un sistema del genere, l'unico meccanismo in grado di compensare un tale abbassamento del gettito fiscale diventa allora, in tendenza con le riforme degli ultimi anni, un'ulteriore riduzione della spesa per i servizi pubblici e per le prestazioni di welfare nel loro complesso.

Da questo punto di vista risulta evidente come la flat tax non sia altro che un progetto marcatamente classista, atto ad abbassare in proporzione i costi per i ricchi a discapito delle fasce sociali a basso e medio reddito, su cui peserebbe l'ulteriore riduzione del paniere di servizi pubblici garantiti. Per fare pagare a un industriale che guadagna un milione di euro annui 200.000 euro invece di 400.000, si taglieranno fondi a scuole, ospedali, piccole opere di messa in sicurezza dei territori?

Nell'ovvia mancanza di un meccanismo che imponga un utilizzo sociale delle risorse guadagnate dal rientro dei capitali all'estero, non sarà quindi assolutamente sicuro il miglioramento complessivo delle garanzie sociali per i ceti più svantaggiati. Un progetto che mira sostanzialmente ad un alleggerimento della pressione fiscale soprattutto indirizzato ai redditi da capitale all'interno della drammatica condizione del mercato del lavoro prodotta dal Jobs Act non potrà che che restituirci la sola immagine di un nuovo tentativo di spostare l'equilibrio della contrattazione sociale a vantaggio delle classi padronali.

In sintesi possiamo dire che la flat tax risulta essere un'ottima cartina di tornasole dell'attuale campagna elettorale in cui i politicanti non propongono niente di più che una prospettiva di inasprimento delle medesime politiche di impoverimento e aumento della diseguaglianza prodotte con particolare durezza nell'arco di questo decennio di crisi.

Non è un qualcosa di riferibile al solo centro-destra: la campagna sociale contro i lavoratori e i poveri promossa dal PD non è altro che il brodo di coltura di provvedimenti così reazionari, che vanno compresi all'interno della messa in discussione dei criteri di redistribuzione della ricchezza sociale. Riprendere il "chi decide sulle risorse pubbliche?" affermato in primis dal movimento notav durante il suo percorso politico ritorna così ad essere punto di vista preliminare per poter muovere battaglia contro la sostanziale rapina di classe di cui consisterebbe una riforma economica del genere.

mercoledì 14 febbraio 2018

STRONZA CIAO

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Livorno come al solito è una città,forse la Città,che su tutto il territorio nazionale ha ancora nel suo dna un meraviglioso antifascismo non solamente blaterato a parole ma anche sanguigno e militante,un affascinante popolazione che da sempre accoglie e lotta il capitalismo e il fascismo,e soprattutto chi viene in città(poi in campagna elettorale)se non è ben accetto lo fa capire a dovere.
Tanti i casi(su tutti Borghezio:madn porchezio-rimane-nel-suo-porcile )che hanno suscitato vergogna e clamore per i tentativi,non sempre riusciti,di arrivare a Livorno in pompa magna da parte di esponenti della destra italica.
Nel primo articolo(ecn.org sputi-e-insulti )l'accoglienza alla Meloni appena arrivata in città ma anche l'esempio del sindaco di Pontedera Millozzi che nei giorni scorsi aveva impedito un banchetto su suolo pubblico dei nostalgici di Fratelli d'Italia,per aver cancellato dalla comunicazione di richiesta "la parte sul rispetto delle norme che vietano la ricostituzione del partito fascista e l'istigazione all'odio razziale".
Nel secondo(contropiano viola-carofalo-solidarieta )un breve commento di Viola Carofalo in solidarietà con la popolazione livornese per il tentativo d'infezione provocato dalla Meloni con le sue parole di odio e di razzismo che fomentano la guerra tra poveri.

Sputi e insulti a Giorgia Meloni: "Io aggredita a Livorno".

La leader di Fratelli d'Italia in città per un evento elettorale è stata contestata da alcuni esponenti dei centri sociali

13 febbraio 2018

Giorgia Meloni contestata a Livorno. La leader di Fratelli d'Italia, in città per un'iniziativa elettorale, è stata oggetto di insulti, sputi e lanci di bottigliette da parte di manifestanti appartenenti ad alcuni centri sociali.

Tutto è accaduto in piazza Garibaldi, nel quartiere popolare di Sant'Andrea, durante un incontro tra Meloni e residenti e commercianti, preoccupati per il degrado e l'abbandono della zona. Alcuni manifestanti le hanno cantato "Bella ciao" e intonato cori come "Livorno è antifascista". I contestatori hanno anche esposto un cartello con la scritta "Livorno i fascisti non li vuole. Meloni vattene!".

All'indirizzo della leader di Fdi sono partiti anche diversi sputi. Giorgia Meloni, che era circondata da esponenti del suo partito e dalle forze dell'ordine, ha accennato una sorta di balletto al ritmo dei cori, rispondendo "Loro sono questi" e riprendendo i contestatori con il cellulare. Alla Fortezza nuova sono apparsi striscioni con la scritta "Livorno non ti vuole". "Questa non è una contestazione, è un'aggressione", il commento di Meloni.

Nel pomeriggio, intorno alle 17.30, Meloni è attesa a Pontedera per un comizio elettorale sotto la sede del Comune. Comune che pochi giorni fa aveva respinto, e poi multato, la richiesta di suolo pubblico da parte di Fratelli d'Italia per un banchino. L'autorizzazione era stata negata, aveva spiegato il sindaco Pd Simone Millozzi, perché nei moduli era stata sbianchettata "la parte sul rispetto delle norme che vietano la ricostituzione del partito fascista e l'istigazione all'odio razziale".

Poche ora fa Millozzi, che oggi non è a Pontedera per impegni istituzionali, ha postato sul suo profilo Facebook una foto in cui annuncia di aver lasciato in Municipio una copia della Costituzione e un bianchetto per la leader di Fdi: "Qualora volesse passare dal Municipio mi sono premurato di lasciarle in portineria un piccolo pensiero: gli estratti della Costituzione, della legge Scelba e Mancino (sul divieto di ricostituzione del partito fascista e di istigazione all'odio razziale), che i suoi rappresentanti locali hanno cancellato da un modulo predisposto dal comune in ragione di chissà quale imbarazzo" , ha scritto il sindaco. "A Pontedera le regole valgono per tutti e per rispetto del principio di uguaglianza la loro trasgressione viene sanzionata", ha concluso Millozzi ribadendo che "non è accettabile “sbianchettare” su nessun modello norme in vigore poste a presidio delle nostre libertà e della nostra storia".

Simone Millozzi Sindaco

Un Martedì grasso ma di sana e robusta “Costituzione”.

Oggi sarò impegnato prima a Firenze all'assemblea Anci e poi a Pisa ai lavori del tavolo provinciale sull'antifascismo; non potrò accogliere di persona l'onorevole Giorgia Meloni che ha annunciato la sua visita a Pontedera. La città è sempre lieta di ospitare ogni Deputato o Senatore della Repubblica. Qualora volesse passare dal Municipio mi sono premurato di lasciarle in portineria un piccolo pensiero: gli estratti della Costituzione, della legge Scelba e Mancino (sul divieto di ricostituzione del partito fascista e di istigazione all'odio razziale), che i suoi rappresentanti locali hanno cancellato da un modulo predisposto dal comune in ragione di chissà quale imbarazzo. Mi aspetto che l'iniziativa di Fratelli d'Italia non tradisca lo spirito "carnevalesco" che si respira in città durante il Martedì grasso. Se oltre alla manifestazione sarà occupato il suolo pubblico con gazebo, pedane.... spero inoltre che gli organizzatori abbiano presentato agli uffici la domanda con la forma ed il contenuto che ciascuno è tenuto a rispettare, si chiami Meloni, Millozzi o Pinco Pallino. A Pontedera le regole valgono per tutti e per rispetto del principio di uguaglianza la loro trasgressione viene sanzionata. Aggiungo infine, soprattutto per i più smemorati, che il diritto di manifestare il pensiero, garantito dall'art. 21 della Costituzione, è scolpito nell'identità di questo territorio. E tutti sanno anche che tale diritto è tutelato dalla nostra bellissima Costituzione proprio perché una delle innumerevoli vergogne del ventennio fascista fu la censura e la limitazione della libertà di espressione, attraverso il controllo dei mass media, della stampa, della radiodiffusione, della parola, fino ad arrivare alla soppressione della libertà di associazione. Ecco perché la Repubblica italiana, con la sua Costituzione e le sue leggi, non ha mancato di sancire, espressamente, il ripudio dell'ideologia fascista. Ecco perché non è accettabile “sbianchettare” su nessun modello norme in vigore poste a presidio delle nostre libertà e della nostra storia.

 http://firenze.repubblica.it/cronaca/2018/02/13/news/meloni_contestata-188769715/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1

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Viola Carofalo: “Solidarietà alla popolazione livornese!”

di  Viola Carofalo 
“Purtroppo sotto elezioni i cittadini devono subire le peggiori vessazioni da parte di politici in cerca di voti, che si svegliano all’improvviso e cercano a tutti i costi di fare un po’ di rumore, di ritagliarsi un po’ di visibilità.

Oggi è toccato ai cittadini livornesi che, in una città storicamente antifascista, si sono visti piombare Giorgia Meloni, esponente di un partito razzista, classista e militarista. Esprimo quindi la mia massima solidarietà alla popolazione livornese che ha subito questa passerella invadente ma che, come al solito, ha dato grande prova di dignità. Stanno facendo di tutto per non parlare dei problemi reali di questo paese: la disoccupazione di massa, il ricatto che in milioni subiscono sui posti di lavoro, la ricchezza che si concentra nella mani di poche persone lasciando poche briciole a tutti gli altri, il taglio dei servizi, la compressione dei diritti.

Potere al popolo! è anche il potere di fischiare e contestare chi inganna e fomenta la guerra fra poveri!”

 * portavoce nazionale #PoterealPopolo

martedì 13 febbraio 2018

VOGLIONO DIFFERENZIARCI SIN DAI BANCHI DI SCUOLA


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Gli ultimi esecutivi che hanno comandato gli italiani hanno decretato che la scuola dovesse diventare un'azienda con propri manager,dirigenti ed operai,e la clientela finale,gli alunni ma ancor prima nella caccia all'iscrizione i loro genitori,sono trattati e istruiti sempre peggio,parlando ovviamente non delle colpe degli operai-insegnanti ma di un sistema che privilegia il privato e crea discriminazioni in quello pubblico.
Le vergognose campagne pubblicitarie di alcuni dei licei più famosi in Italia,qui sotto elencati nell'articolo di Contropiano(presidi-manager-della-scuola-classista-razzista ),si vendono come prostitute puntando sul fatto di avere una clientela-studenti provenienti dall'alta società,medio alta borghesia,non vi siano alunni portatori di handicap o disabili oppure non meglio specificati gruppi particolari.
Della buona scuola si è già parlato(madn cantiere-scuola e madn azienda-scuola ),e sia insegnanti che studenti ogni tanto si sono trovati dallo stesso lato della barricata a protestare e manifestare assieme in tutto il paese.
I potenti che ora sono al comando vogliono che la differenza tra ricco e povero,agiato e disagiato,cominci sin dai banchi delle scuole e non solo dalla scelta della scuola dopo le elementari e le medie,dando ovviamente un'istruzione peggiore ed in condizioni più difficoltose a chi non se lo possa permettere(vedi anche:madn insegnare ).

I presidi-manager della scuola classista e razzista.

di  Enrico Campofreda 
C’è un filo perverso nell’Italia che peggiora, quello di credere di migliorare tornando al passato. Come se le conquiste d’un cinquantennio addietro, ricordato solo per scadenza e moda retrò intervistando giovani-simbolo di quel Sessantotto che ha scosso costumi e pensieri dell’intera società, fossero tutte fasulle o peggio. Ovviamente le contraddizioni mostrate da quell’epoca e dalle successive annate sono state numerose, ma l’attuale spirito di rivalsa, che da sempre caratterizza i cicli storici, si spinge talvolta a umiliare anche la ragione più pura.

Accanto al riemergere di quegli spettri finora bollati da superficiali quanto velleitari “mai più”, crescono intolleranza e razzismo addirittura in strutture preposte a istruzione e cultura: le scuole. Non parliamo del bullismo del branco, purtroppo maledettamente radicato, o di forme di pseudo autogestioni che degradano la funzione propositiva di queste iniziative in ambito didattico. Ci riferiamo alla “vendita” del prodotto scolastico da parte di certi presidi-manager diventati più realisti del re. In una struttura che, com’è giusto, dev’essere efficiente ed efficace nella formazione delle nuove generazioni alcuni licei italici si lanciano in un’esaltazione del proprio passato, rispolverando un blasone classista.

Il “Giuseppe Parini”, liceo storico milanese creato da Maria Teresa d’Austria dove fra gli altri studiarono Manzoni e Cattaneo, Manara e Cavallotti, Gadda, che ne fu anche docente, e Buzzati e Sraffa, si presenta sul sito del Miur ricordando che: “Gli studenti del classico, per tradizione, hanno provenienza sociale più elevata. Ciò nella nostra scuola è molto sentito”.

La dichiarazione d’intenti lascia trasparire più che un classicismo un classismo di ritorno, che fa tabula rasa non tanto della tradizione interna di una “Zanzara” ormai archiviata, ma di decenni di apertura della didattica a ogni ceto. Perché è questo che certuni presidi-manager detestano quando affermano, come fa il liceo pariolino “Santa Giuliana Falconieri”: “Gli studenti del nostro istituto appartengono prevalentemente alla medio-alta borghesia romana… Negli anni sono stati iscritti figli di portieri e custodi di edifici del quartiere. Data la prevalenza quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la presenza seppur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri e custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di vita molto diversi”. E sì, anche l’operaio vuole il figlio dottore: non c’è più morale, Contessa…

E non basta, poiché non contenti si vuole alzare l’asticella. Un altro liceo classico romano, il “Quirino Visconti”, in pienissimo centro storico, a poche centinaia di metri da Camera e Senato di quella Repubblica che garantisce a tutti il diritto allo studio, così si pubblicizza: “Tranne un paio, gli studenti sono italiani e nessuno è diversamente abile. Tutto ciò favorisce l’apprendimento”. Capiamo bene, l’apprendimento dei “normodotati”. Rotto ogni tabù si va a ruota libera e si propone il modello dell’apartheid, sentite come si presenta il liceo genovese “Andrea D’Oria”: “L’assenza di gruppi particolari (ad esempio nomadi o provenienti da zone svantaggiate) dà un background favorevole”.

Il pensiero vola a quel passo della “Lettera a una professoressa”, dove gli studenti montanari della scuola di Barbiana parlando delle pluriclasse cui erano costretti dal disagio e dall’abbandono statale chiosavano: “E’ il sistema che adoperano in America per creare le differenze fra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri sin da piccini”. Se il Miur ha un Ministro, ma ne dubitiamo leggendo sul sito istituzionale simili oscenità, può organizzare fra i suoi presidi-manager corsi di lettura e commento di quel testo. Nell’Italia che torna al passato, don Milani resta profeticamente attuale.

MAI PIU' MINNITI AL POTERE

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Da giorni giravano su vari siti di controinformazione articoli,redazionali e commenti su possibili colpi di coda di Minniti,capo del suo ministero qualunque esso sia,del terrore,dell'interno,del decoro urbano,della riabilitazione del fascismo,tutte queste voci sono comunque veritiere e rappresentano il canto del cigno di troppi governi nati da inciuci ed imposti e non votati.
Comunque Minniti,che vorrebbe uscire a testa alta da questi governi catastrofici e vergognosi dove un pseudo partito di centrosinistra è riuscito a fare tutte le politiche immaginabili e non,che la destra di Berluscojoni non è riuscita ad attuare negli anni precedenti,vuole dire,anzi urlare,ancora la sua.
Negli articoli sotto,un redazionale di Contropiano(minniti-miglior-amico-dei-fascisti )ed un altro del Manifesto ripreso dallo stesso sito(minniti-facta-nel-1922 )parlano dello sdoganamento fascista avvenuto con governi targati Pd e del primo atto compiuto ai danni del questore di Macerata Vuoto sostituito da Pignataro,per via del permesso alla manifestazione antifascista di sabato scorso che era stata minacciata di repressione da parte proprio del Viminale.
Minniti proprio non va giù a chi ha il rispetto della libertà e della democrazia,a chi è a difesa della Costituzione italiana e non la vuole cambiare o aggirare secondo i propri comodi e fini,Minniti è veramente una persona truce e cattiva,un nemico dei poveri e dei diversi,uno che utilizza il suo tempo a coccolare le forze del disordine e gli amici della destra,è uno che la stessa coalizione Salvini-Berluscojoni-Meloni vedrebbe bene come premier nonostante tutto quello che si stia dicendo contro possibili grandi alleanze,Minniti è fascista ed ancora non lo sa(?)(madn minnitiluomo-del-manganello-e-dellolio di ricino ).

Minniti, il miglior amico dei fascisti.

di  Redazione Contropiano 
Ancora una volta, il miglior amico dei fascisti si è dimostrato Marco Minniti. E con lui tutto il Pd.

In un paese democratico, con una Costituzione antifascista elaborata a partire da lutti inenarrabili (dittatura, guerra, bombardamenti a tappeto delle città) e da una Resistenza tra le più forti d’Europa, una “tentata strage aggravata dalla motivazione razzista” da parte di un fascista armato richiede una risposta decisa.

Una risposta in termini di repressione diretta, certamente, con l’arresto immediato dello stragista e l’avvio del procedimento giudiziario relativo; e fin qui nulla da dire.

Ma soprattutto richiede una risposta di massa, che funzioni come riferimento politico-culturale chiaro e deciso per una popolazione sottoposta a un bombardamento di fatti negativi (l’austerità aggrava la crisi impoverendo una quantità crescente di figure sociali) e dunque scossa nelle sue certezze esistenziali.

Giustamente, dunque, molte forze politiche e sociali – a partire dall’associazione dei partigiani – avevano promosso una manifestazione popolare da tenere sabato 10 a Macerata, nelle strade in cui il fascioleghista Traini aveva cercato la strage.

In un paese democratico questo è il minimo. La normalità piena sarebbe il rendere effettivo il divieto di riorganizzazione del partito fascista previsto dalla Costituzione, sciogliendo tutte le organizzazioni che apertamente si rifanno a simboli, slogan, obiettivi propri del fascismo. Ma sappiamo che l’ipocrisia istituzionale, su questo fronte, fa orecchie da mercante fin dal momento dell’approvazione della stessa Carta Costituzionale.

In queste ore sta però avvenendo qualcosa di molto peggio.

Il cosiddetto “appello a sospendere tutte le manifestazioni” da parte del sindaco Pd di Macerata, Romano Carancini, era già una vergogna chiaramente concordata col governo Minniti-Gentiloni. Non è un mistero che Minniti sia candidato alle elezioni proprio in quel territorio, e che dunque sia altamente sospettabile di star esercitando i poteri di ministro in sostegno di una personalissima campagna elettorale.

A questa vergogna si è aggiunta quella di Anpi, Cgil, Arci e Libera, che hanno incredibilmente ritirato la loro adesione alla manifestazione antifascista, limitandosi – in cambio – a pretendere “che Macerata non diventi un luogo di attiva presenza neofascista”.

Per oggi era infatti stata annunciata una “fiaccolata” da parte di Forza Nuova, che ha peraltro appoggiato apertamente il mancato stragista offrendosi anche di pagarne le spese legali. Vedremo se almeno questo sfregio sarà risparmiato a una città che non lo merita affatto. Ma c’è da dubitarne, visto che ieri pomeriggio in città è stata consentita una “conferenza stampa” ai picchiatori di Casapound, con tanto di “passeggiata” scortata dalla polizia.

Come sempre, il ministro dell’interno uscente, Marco Minniti, ha colto al balzo l’occasione per vietare… la manifestazione antifascista! Una provocazione che si somma a quella dei fascisti, di fatto, anche perché la polizia nelle stesse ore – a Pavia – procedeva a cariche nei confronti degli antifascisti insieme agli squadristi radunati in una piazza della città.

Nessuno può parlare di semplici ”coincidenze”, perché un corpo militare dello Stato non agisce a casaccio, ma in base a precise indicazioni provenienti per via gerarchica. Dal ministro dell’interno, in ultima istanza.

In questa situazione, mantenere l’impegno a manifestare a Macerata è un dovere politico. E quindi invitiamo tutti gli antifascisti a partecipare, evitando ovviamente qualsiasi provocazione inventata per rovesciare sulla parte sana del paese il dispositivo di criminalizzazione.

Condividiamo dunque in pieno la nota stampa rilasciata in queste ore da Viola Carofalo, portavoce nazionale di Potere al Popolo:

“Nelle ultime ore le segreterie di ANPI, ARCI, CGIL e LIBERA hanno sottoscritto una nota in cui si dice che la manifestazione organizzata a Macerata è stata sospesa.

Questa notizia è falsa. Sabato 10 Febbraio alle ore 15:30 partirà dalla stazione di Macerata una manifestazione antirazzista e antifascista, pacifica e di massa in risposta all’attentato terroristico avvenuto lo scorso sabato. Ci sembra assurdo che in questi giorni si sia data la possibilità a organizzazioni fasciste, xenofobe e anticostituzionali come Casapound e ForzaNuova di fare conferenze stampa e presidi a Macerata, quando invece si tenta di impedire una manifestazione a tutti quei comitati, organizzazioni, collettivi, realtà di base, uomini e donne,  antifascisti e antifasciste che da sempre difendono la costituzione, la solidarietà, la convivenza civile. Noi riteniamo che ci debba necessariamente essere una risposta forte e unitaria contro la barbarie che avanza, contro le dichiarazioni e le politiche che da Minniti a Salvini stanno soltanto fomentando odio, terrore e guerra tra poveri. Riteniamo che chi in questo momento si appella all’equidistanza e alla moderazione sia complice della deriva fascista e xenofoba che sta investendo l’Italia e l’intera Europa. E’ il momento in cui decidere chiaramente da che parte stare. Lo scorso sabato sei persone sono state sparate a freddo mentre semplicemente camminavano per strada. Per favore, restiamo umani.“

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Minniti come Facta nel 1922

di  Carlo Freccero - Andrea Del Monaco   
Macerata. Le istituzioni, oggi come ieri, non garantiscono il rispetto della legalità costituzionale e aprono i varchi al neofascismo, ritirandosi dalla piazza di Macerata. I fatti di Reggio Calabria del 1972 videro la risposta coraggiosa dei sindacati metalmeccanici di Trentin, Carniti e Benvenuto in piazza contro le bombe nere 

«Il fascismo è morto per sempre» sostiene il ministro degli interni. Mercoledì scorso, per Marco Minniti, ci avrebbe pensato il suo ministero dell’interno a impedire che la manifestazione antifascista di Macerata si facesse. Per fortuna alla fine il governo Gentiloni ha autorizzato tale manifestazione.

Minniti avrebbe dovuto ricordare che il 22 ottobre 1972, un suo predecessore, Mariano Rumor, l’allora ministro democristiano degli interni, consentì la più grande manifestazione antifascista nella nera Reggio Calabria: Minniti è nato proprio a Reggio Calabria, allora aveva 16 anni e si sarebbe iscritto alla Fgci.

Purtroppo oggi non si è ispirato a Rumor. E tantomeno si è ispirato al Pci del 1972. Minniti sembra incorrere nell’errore del presidente del consiglio Luigi Facta nell’ottobre 1922.

Il neofascismo oggi si ripropone per due ragioni.

In primo luogo lo Stato non garantisce il pieno rispetto della legalità costituzionale; il governo Monti e i successivi governi del Pd varano politiche di austerità alle quali si oppongono solo le destre razziste. E così l’operaio impoverito, l’esodato, lo sfrattato o il disoccupato votano a destra perché considerano il centrosinistra complice dell’austerità.

La memoria del 1900 dovrebbe aiutare su tre nodi.

1) DOPO IL 1945, la determinazione antifascista di Pci, Psi e Pri e il rispetto della Costituzione da parte della Dc hanno fermato il neofascismo. Non l’ignavia, bensì il coraggio ha fermato il neofascismo.

Ecco un celebre esempio. Dopo le prime elezioni regionali del 1970 il governo nazionale avrebbe voluto nominare Catanzaro capoluogo della regione Calabria. Al contrario i reggini volevano la loro città capoluogo.

Dall’agosto 1972 il sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, guidò a Reggio Calabria la rivolta neofascista del “boia chi molla”, rivolta che ambiva a rappresentare gli emarginati da destra. Squadristi fascisti assaltarono sezioni del Pci, del Psi e la Camera del Lavoro. Nel contempo il Fronte Nazionale, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale presero parte ai cosiddetti “moti di Reggio Calabria”: il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il treno “Freccia del Sud” e morirono 6 persone.

Il 4 febbraio 1971 venne lanciata una bomba contro un corteo antifascista a Catanzaro. Malgrado le bombe e il terrore fascista fossero ben più pericolosi del nazista Luca Traini oggi, Claudio Truffi, leader degli edili Cgil, Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, alla guida dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, organizzarono due cose a Reggio Calabria: una Conferenza sul Mezzogiorno e una grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori calabresi il 22 ottobre del 1972.

I neofascisti provarono ad impedire ai manifestanti di arrivare a Reggio Calabria: nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono poste sui treni che portavano i metalmeccanici da tutta Italia a Reggio Calabria.

Cgil, Cisl e Uil non ebbero paura. Oltre 40000 manifestarono a Reggio Calabria. Giovanna Marini immortalò il coraggio degli operai e degli edili nella sua celebre canzone “I treni per Reggio Calabria”. Oggi cosa rimane di quel coraggio?

2) NEL 1922 UN’IGNAVIA analoga a quella attuale e la complicità della monarchia portarono il fascismo al potere. Di fronte a Mussolini che organizzava la marcia su Roma, il presidente del consiglio Luigi Facta molto tardivamente nella notte del 27-28 ottobre 1922 stilò e proclamò lo Stato d’assedio.

Secondo lo storico Aldo Mola, autore del saggio Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce, la mattina del 28 ottobre, Facta, a colloquio con il re Vittorio Emanuele III, esordì con le seguenti parole: «Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri».

Il re si rifiutò di firmare lo Stato d’assedio e chiese al Generale Diaz, Capo di Stato Maggiore, se l’esercito sarebbe rimasto fedele alla corona in caso di repressione delle camicie nere. Diaz rispose al re così: «L’esercito farà il suo dovere, come sempre, ma è meglio non metterlo alla prova».

Al contrario, qualora l’esercito avesse bloccato la Marcia su Roma ci saremmo risparmiati vent’anni di dittatura.

3) IL CONSENSO AL NEOFASCISMO e alle destre razziste ha origine nel neoliberismo.

Oggi l’austerità europea è l’ostetrica di nuovi fascismi come il Trattato di Versailles del 1919: esso, vessando economicamente la Germania dopo la prima guerra mondiale, favorì l’ascesa di Hitler durante la Repubblica di Weimar.

I nazisti prevalsero non tanto per l’esplosione dell’inflazione bensì per l’alta disoccupazione.

Oggi l’austerità dei vincoli Ue di bilancio in Italia produce esodati (riforma Fornero) disoccupati e precari dei voucher: costoro, i colpiti dalla crisi, ritenendo il centrosinistra corresponsabile dell’austerità, voteranno Salvini e Meloni.

L’austerità morde anche in Germania.

Analogamente, chi guadagna 450 euro al mese con i minijobs non vota più la Spd di Schultz perché ricorda che i minijobs sono stati ideati dall’ex manager Wolkswagen Peter Hartz e varati dall’ex cancelliere socialdemocratico Schroeder.

Nel 2018 la situazione si incrudelirà per poche semplici ragioni.

L’addendum della Bce di ottobre impone indirettamente alle banche italiane la svendita dei loro crediti deteriorati ai fondi avvoltoio; essi compreranno aziende in crisi e faranno licenziamenti; rileveranno mutui non pagati, acquisiranno le case su cui insistevano i mutui e sfratteranno i morosi. Quindi aumenteranno sfratti e licenziamenti.

Nel contempo il Presidente della Bundesbank, Weidmann, chiede alle banche italiane di svendere i loro Btp, i titoli di Stato italiani, e comprare Bund, i titoli di Stato tedeschi.

Tale operazione farà aumentare lo spread Btp-Bund e i tassi di interesse sul nostro debito e imporrà nuovi tagli alla spesa pubblica. Infine i tedeschi vogliono trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo strumento Salva-Stati, in Fondo monetario europeo affidandolo ad un teutone.

Non si fidano della Commissione europea considerata troppo flessibile.

Il Fondo monetario europeo sarà il definitivo cavallo di Troia della Troika in Italia.

Le manovre di finanza pubblica saranno risibili e l’intervento dello Stato azzerato. Se le classi dirigenti di sinistra accettano tutto ciò e lasciano la lotta contro l’austerità alle destre si candidano alla scomparsa.

E spalancano le porte al neofascismo.

da ilmanifesto.info