mercoledì 30 gennaio 2019

GLI USA VIRANO IL FRONTE DI GUERRA


Risultati immagini per usa world war tour venezuela
La pressione statunitense che si sta esercitando per cominciare un vero e proprio conflitto bellico in Venezuela chiamando a rapporto mezzo mondo,sta aumentando sempre più e la presunta svista del consigliere per la sicurezza nazionale Usa Bolton che fa vedere l'appunto che loro sono pronti per un'invasione,ne è la conferma.
Un incursione possibile dalla Colombia visto che ci sono filmati di assembramenti di militari Usa presso il confine con lo Stato sotto attacco interno,fino a un certo punto perché la marionetta Guaidò è figlio di Sam e della Cia.
L'articolo di Contropiano(dallafganistan-al-venezuela )parla della futura dismissione della missione di"pace"statunitense in Afghanistan,seguita ieri dall'Italia non senza polemiche visto che pezzi del governo non ne sapevano nulla,e di un probabile spostamento del fronte di guerra proprio contro Maduro nel proseguo del world war tour degli Usa che puntualmente trova sempre terreno fertile in nazioni d'importanza o strategica oppure fonte di sfruttamento.

Dall’Afghanistan al Venezuela. Gli Usa si preparano a spostare il fronte di guerra.

di  Alessandro Perri 
Nel dicembre del 1990, il Field manual del Dipartimento dell’esercito degli Stati uniti, definiva le operazioni militari in un conflitto di bassa intensità come «una combinazione di mezzi, [che] adopera strumenti politici, economici, informativi e militari». Ma quando questi mezzi non risultano efficaci al raggiungimento di un obiettivo militare (e dunque, politico-economico), il passo successivo è quello della “guerra guerreggiata”.

È questo il messaggio “scappato” dalla cartellina del Consigliere per la sicurezza nazionale statunitense John Bolton: in Venezuela siamo pronti all’escalation militare, che non è altro che la traduzione nostrana del «all options are on table» rilasciato dalla Casa bianca a seguito della “svista” del Consigliere. E non a caso, il già ridenominato “Piano Bolton” viene annunciato durante la conferenza stampa in cui si pubblicizzavano le sanzioni economiche alla Pdvsa, compagnia petrolifera venezuelana nazionalizzata da Chávez, i cui ricavi sono la fonte delle numerose misiones con cui il governo di Caracas finanzia lo “stato sociale”.

Contestualmente, il presidente Trump ha iniziato il 2019 all’insegna della ridefinizione della politica estera statunitense, non senza creare scompensi all’interno della squadra di governo. L’intenzione di ritirare la metà delle truppe dall’Afghanistan (da 14 a 7 mila) non trova i favori dei capi della National intelligence nordamericana che, con le parole del direttore Daniel Coats, avvertono il presidente del rischio di un Iraq 2.0 in caso di ritirata da Kabul in assenza di un governo capace di mantenere la stabilità nel paese, e dunque di giustificare ex post il quasi ventennale l’intervento a guida stelle e strisce.

Nell’appunto di Bolton, quelle sarebbero le truppe incaricate (almeno nel numero) di “aprire” il fronte venezuelano tramite lo storico alleato colombiano, i cui confini col Venezuela sono terreno privilegiato per ogni operazioni di disturbo alla democrazia dei vino tintos.

A una “democrazia” che promette guerra, una “dittatura” risponde col dialogo. L’appena rieletto presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha annunciato all’agenzia russa Ria Novosti di essere disposto ad aprire all’opposizione politica, anche con la mediazione di paesi terzi. Come dire, non proprio l’atteggiamento di chi ha qualcosa da nascondere nell’armadio di casa propria.

Picche, invece, sull’ultimatum lanciato dell’Unione europea circa la necessità di indire nuove “libere elezioni presidenziali” entro otto giorni, minacciando il «non riconoscimento della leadership del paese». A livello internazionale, la spaccatura è totale, come sancito dal voto Onu (17 a 16), in cui è stato decisivo il Messico guidato dal nuovo presidente Lopez Obrador, stavolta non allineato ai voleri di Washington. Le elezioni, al massimo, possono essere quelle dell’Assemblea nazionale, di cui l’autoproclamatosi “presidente del Paese” Guaidò è il, questo sì, presidente.

Come già scritto in queste pagine, sul sostegno al Venezuela ci si divide, perché nel qui e ora poca importano le contraddizioni presenti nel processo bolivariano che, in quanto processo e realtà che cammina, non può essere esente da errori. È la natura della sperimentazione, peraltro portata avanti dovendo contemporaneamente affrontare la sfida di chi continua a considerarla come “il giardino di casa”, e dei suoi fedeli seguaci.

Insomma, è la natura del momento storico che impone lo schieramento senza esitazioni dalla parte del popolo venezuelano, a cui solo la continuazione del processo chavista può, se non garantire, quantomeno tenere aperto l’orizzonte di un futuro fatto di giustizia sociale e riduzione delle diseguaglianze. Di contro, l’imperialismo targato Donald Trump torna a tuonare sui confini dei Caraibi, incalzato da quell’«America first» che passa, dopo i continui fallimenti in Medio oriente e dal sopravanzare della Cina, dal controllo dell’altra parte dell’America, quella Latina e rebelde.

martedì 29 gennaio 2019

IL DIETROFRONT DEL MINISTRO DI TUTTO SUL SUO PROCESSO


Risultati immagini per nave diciotti processo salvini vignetta vauro
Come nel caso del più classico comportamento berlusconiano il ministro di tutto Salvini ha fatto dietrofront sul caso del processo per la nave Diciotti(madn salvini-indagato-per-il-caso-diciotti)e non è più disposto ad essere giudicato,il tutto nel giro di un giorno.
Ora si nasconde dietro a cavilli tecnici e all'importante ruolo cui ahinoi è stato insignito,e se anche altri leader di questo governo di cadaveri avevano chiesto di essere processati pure loro,dopo la giornata di sbornia ci si è svegliati con un altro sentimento.
Quello del puntare sull'immunità per avere svolto un'azione,o meglio per non averla fatta,nell'interesse della patria in nome(non nel mio)della difesa dei confini nazionali come se avesse dovuto esserci il preludio ad una guerra.
Solo che i soldati contro i quali si combatte sono dei poveracci,sempre la solita mobilitazione bellica contro gli ultimi mentre i veri criminali sono in giro,possibilmente seduti sugli scranni romani,qui di seguito il redazionale di Contropiano:salvini-ci-ripensa .

Salvini ci ripensa: “non fatemi processare per la Diciotti”.

di  Redazione Contropiano 
I dintorni di Palazzo Chigi, in questi giorni, stanno diventando pericolosi. Da lì dentro piove di tutto…

La richiesta di autorizzazione a procedere, avanzata dal Tribunale dei ministri, contro Matteo Salvini per caso della nave militare Diciotti – bloccata per sei giorni sul molo, senza far scendere né naufraghi né l’equipaggio (marinai militari italiani, mica scafisti…) – sta prendendo una piega diversa da quella immaginata nei primi giorni.

Lì per lì molti commentatori l’avevano presa come un “favore fatto a Salvini”, che avrebbe ingigantito la sua capacità di fare la vittima mentre sta “facendo gli interessi degli italiani”. E lo stesso ministro dell’interno ci aveva creduto, tanto da dire sprezzante “non chiedo l’immunità parlamentare” (da senatore eletto in Calabria).

Sulla base di questa valutazione, anche gli alleati pentastellati avevano anticipato un voto favorevole in Giunta autorizzazioni a procedere, certi di non fare un dispetto all’irascibile alleato e, contemporaneamente, di presentarsi come “coerenti” davanti alla propria – e scossa – base elettorale.

Ieri, invece, il ministro ha inviato una lettera ufficiale chiedendo alla Giunta di negare l’autorizzazione. Secondo lui “il processo non va fatto” perché “ai sensi dell’articolo 9, comma terzo, della legge costituzionale n. 1/1989, il Senato nega l’autorizzazione «ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo».”

La Giunta dovrebbe perciò decidere se le decisioni di Salvini a proposito della Diciotti siano o no riconducibili in quell’ambito di discrezionalità puramente politica.

E’ evidente che, leggendo bene le carte inviate dal Tribunale dei ministri, gli avvocati di Salvini abbiano capito di non poter essere totalmente certi dell’assoluzione e quindi abbiano consigliato una linea d’azione meno spavalda. Nei passi formali, almeno…

Tradotto: chiedi che sia fatta valere l’immunità e mettiti al sicuro (prudenza), ma sbraita pure quanto vuoi sul piano della comunicazione politica.

La marcia indietro ha messo nei guai i Cinque Stelle, che a questo punto non possono più votare perché il loro alleato vada a processo, rischiando una condanna. E quindi sono stati costretti per la milionesima volta a giravoltare rispetto ai propri “principi sacri”. “Dopo le ultime posizioni di Salvini, le condizioni sono cambiate: nel Movimento 5 Stelle esiste una prassi, si vota sì all’autorizzazione a procedere. Ma quella della Diciotti è stata una decisione collegiale che ha investito tutto il Governo”, avava commentato un imbarazzatissimo Emilio Carelli durante un talk show su Sky.

E a stretto giro è arrivato il soccorso governativo, con il povero Toninelli immolato sulla linea: “Io sono come ministro dei Trasporti responsabile della navigazione, fino all’attracco. Salvini è responsabile della sicurezza sulla terra ferma. Sulla Diciotti la decisione la abbiamo presa insieme, io, lui, il presidente del Consiglio e tutto il Governo del Parlamento. Se processano Salvini devono processare anche me e tutto il Governo. Se vogliono farlo diventare un processo al Governo ci siamo tutti”.

I rapporti tra potere politico e magistratura non sono mai stati idilliaci, ma che il “governo del cambiamento” sia obbligato a fare esattamente come tutti quelli precedenti, beh… è un fatto politicamente serio. Di quelli che in varia misura si pagano alle elezioni… Come avevamo scritto qualche settimana fa, “Sui migranti Salvini ha costruito in poco tempo la sua personale fortuna. Sui migranti può perderla”.

lunedì 28 gennaio 2019

SALVINI,SAVIANO,IL VENEZUELA E L'IMPERIALISMO


Risultati immagini per salvini saviano
A loro modo Salvini e Saviano sono due cialtroni,differenze tra il modo di porsi e di parlare,di opinioni e di vedute ce ne sono,ma alla fine obbediscono agli stessi ideali del capitale e dell'imperialismo,come si può dedurre dalla stessa reazione di appoggio all'autoproclamato presidente venezuelano Guaidò(vedi:madn guaidonomen-omen ).
Perché nel polverone del Venezuela ognuno vuol dire la sua e il riconoscimento degli Stati che fino dal primo minuto(aizzati da Trump)hanno riconosciuto questo fantoccio contro il legittimo Presidente Maduro,scomodissimo politico che è subentrato al compianto Chavez.
Perché il Venezuela ha tanto petrolio,ha indubbiamente dei problemi ma anche la possibilità di venircene fuori senza golpe e senza ingerenze,che queste provengano dagli Usa o dall'Ue poco cambia,e personaggi che sembrano lontani come Salvini e Saviano trovano la quadra se c'è da pensare contro la libertà dei popoli(contropiano salvini-e-saviano-gemelli-golpisti ).

Salvini e Saviano, gemelli golpisti.

di  Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo) 
Quasi con le stesse parole, uno in italiano, l’altro che è più star internazionale in spagnolo, Salvini e Saviano si sono schierati con il golpe organizzato da Trump contro Maduro.

Non è un caso, Salvini e Saviano sono due facce delle stesso regime, entrambe necessarie al suo sostegno. Quale regime? Ma è chiaro, quello imperialista e finanziario che domina il mondo e che non ammette paesi che cerchino di liberarsi dal suo dominio, come sta facendo il Venezuela da Chavez in poi. Per questo il Venezuela di Maduro é aggredito e affamato da una guerra economica vergognosa guidata dagli USA e dalla NATO.

Per SalviniSaviano uno che si proclama presidente durante una manifestazione, contro quello regolarmente eletto, non è una persona da ricovero sanitario o da arresto immediato, ma un leader della lotta per la la libertà. Che poi il presidente della prima potenza mondiale riconosca l’autonominatosi presidente come legittimo rappresentante del paese, a SalviniSaviano non fa orrore. I due non hanno nulla da dire sul disprezzo per ogni norma internazionale che Trump e i suoi servi manifestano, non pensano minimamente che solo all’epoca delle colonie gli stati imperialisti si comportavano così. No per SalviniSaviano non ci sono problemi, tutto questo è lotta per la libertà dei popoli.

Bene ora sappiamo che Salvini e Saviano sulle questioni di fondo la pensano allo stesso modo, che hanno la stessa idea di popolo e libertà e che, quando serve, Trump può contare su di loro.

Certo Salvini e Saviano continueranno a far polemiche tra loro per sostenere le reciproche audience mediatiche, ma stanno assieme, sono legati da indissolubile unità di vedute, sono due gemelli golpisti.

Due gemelli ai polsini di Trump e Bolsonaro.

venerdì 25 gennaio 2019

SALVINI INDAGATO PER IL CASO DICIOTTI


Risultati immagini per salvini demente
Salvini è riuscito ad essere il primo ministro degli interni(sua carica ufficiale visto che lvi è il ministro di tutto)ad essere indagato nella storia delle Repubblica italiana,e già accostare questo demente alla parola Repubblica fa un certo ribrezzo.
Il caso della nave Diciotti lasciata per una settimana in balia dei suoi mal di pancia nel periodo durante il quale limonava con Orban,alla fine lo ha trascinato verso un processo dove verrà giudicato per abuso d'ufficio e sequestro di persona.
L'articolo di Contropiano(il-vero-problema-del-salvini-indagato-sul-caso-diciotti )parla di quella ignobile guerra contro dei poveretti che alla fine si è vista ancora in decine di altri casi con respingimenti di navi che non potevano attraccare in Italia e degli scontri con Malta,la Spagna e la Francia,per non parlare delle beghe con l'Ue intera.

Il vero problema del Salvini indagato sul “caso Diciotti”.

di  Dante Barontini 
Un ministro sotto processo mentre è ancora in carica, in Italia è una rarità. Se poi si tratta di quello dell’Interno, il caso diventa unico. Se si tratta di Salvini, infine, si scivola rapidamente nella dietrologia da dementi.

Vedere autorevoli commentatori scrivere “i magistrati gli hanno fatto un favore elettorale” ci convince del fatto che in questo paese è saltato ogni ragionamento istituzionale e che, dunque, si naviga a vista in mezzo a una tempesta che acquista forza ad ogni momento.

Andiamo con ordine e vediamo di capire qual’è la questione.

In piena estate, Matteo Salvini dispose che la nave Diciotti – che aveva raccolto 177 migranti naufraghi in mezzo al Mediterraneo – non potesse sbarcare le persone a bordo, equipaggio compreso. La cosa si risolse solo il 25 agosto, dopo sei giorni in porto e altri passati in mare in precedenza, tra proclami altisonanti e un che di ridicolo che ben pochi vollero cogliere: la nave Diciotti, infatti, non era un vascello corsaro di qualche Ong straniera, ma una nave militare della Marina italiana, che aveva agito in base al diritto marittimo (internazionale, per forza di cose), alle normative disposte dallo Stato e agli ordini trasmessi dalla catena di comando (che non dipende dal ministero dell’Interno).

Un groviglio di considerazioni normative e giuridiche che convinse un magistrato siciliano ad aprire un’indagine, poi trasferita per competenza alla Procura di Catania. Ossia nelle mani di quel procuratore – Carmelo Zuccaro – che aveva tenuto per due anni sotto inchiesta alcune navi di Ong che raccoglievano naufraghi da barconi in procinto di affondare. Inchiesta che non produsse mai nulla, neanche degli indagati, ma fu molto usata mediaticamente – dalla Lega e in prima persona da Salvini – per raccontare la storiella delle Ong che erano “d’accordo con gli scafisti”, che “lucravano sul traffico di uomini”, ecc.

Quel procuratore, come previsto, stabilì che non si dovesse procedere contro il ministro perché la decisione di non far sbarcare migranti ed equipaggio per sei giorni era un “atto politico”, in quanto tale insindacabile.

Il Tribunale dei ministri, invece, ha inviato la richieste di autorizzazione a procedere contro il ministro – alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari del Senato, presieduta da Maurizio Gasparri (non facciamo commenti…) – perché “la scelta del ministro di non autorizzare lo sbarco di migranti fino al 25 agosto, non possa essere qualificato come ‘atto politico’ in senso stretto e in quanto tale sottratta al sindacato dell’autorità giudiziaria”.

Al contrario. quello di Salvini “è stato un atto amministrativo che (…) ha determinato plurime violazioni di normative nazionali e internazionali che hanno comportato l’intrinseca illegittimità dell’atto amministrativo“.

Messa così, non resterebbe che vedere l’esito del procedimento, perché risulta davvero difficile decidere – giornalisticamente e politicamente – se si sia trattato di una cosa o di un’altra senza “analizzare le carte”.

Naturalmente Salvini usa questa richiesta nell’unico modo che conosce: fare la vittima su decisioni che lui prende per “difendere gli itagliani”, sparando frasi non sempre ben ponderate. Per esempio, dire “I giudici facciano i giudici, i ministri fanno i ministri ed esercitano i loro poteri” dovrebbe significare – in una democrazia liberale – che se un ministro eccede rispetto ai poteri che la Costituzione e le leggi gli affidano, i giudici abbiano l’obbligo di metterlo sotto inchiesta nelle modalità previste dalla legge. “Abuso d’ufficio”, dal punto di vista formale, e “sequestro di persona” da quello sostanziale.

Nel senso comune mediatizzato, invece, quella stessa frase viene veicolata nel significato opposto: “i ministri” fanno quello che vogliono e i magistrati si occupino di altro.

Ecco, la cosa più grave – da un punto di vista tranquillamente “liberale” – è proprio questa: Salvini e questo governo agiscono consapevolmente per sottrarre la sfera politica ai limiti della legge.

E ancora più grave è che i “sinceri democratici” che si dicono anti-salviniani e “antifascisti” chiedano ai giudici di non occuparsi di quel che fa il governo per “non fargli un favore”.

I buoi sono scappati, il “guardiano della Costituzione” si guarda bene dal segnalare il pericolo, “la legge” c’è solo per tenere sotto controllo i poveracci, si va verso un regime politico dei puri rapporti di forza…

giovedì 24 gennaio 2019

GUAIDO',NOMEN OMEN


Immagine correlata
L'ennesimo tentativo sventato di un golpe in Venezuela avvenuto negli scorsi giorni è stato il preludio dell'autoproclamazione di Juan Guaidò a presidente ad interim dello Stato bolivariano,ennesima provocazione chock del nuovo fantoccio cui dietro ci sono gli Usa che spingono verso la capitolazione di Maduro(primo contributo:contropiano venezuela-maduro-alla-piazza ).
L'infame propaganda dei mass media ha dato la notizia di Trump che ha subito riconosciuto Guaidò come nuovo e legittimo leader venezuelano,cui si sono aggiunti quasi tutte le nazioni sudamericane(Bolivia compresa c'è molto che non va)e il Canada ma non il Messico,ed ha invitato l'Europa a fare lo stesso(secondo articolo:contropiano gli-usa-annunciano ).
Le proteste aizzate dalla Cia hanno provocato già una decina di vittime tra le fila dell'opposizione,mentre pure i sostenitori di Maduro sono scesi per le strade per protestare contro l'ennesima ingerenza statunitense volta a rovesciare il suo governo(per loro dittatura)per potere arraffarsi le ricchezze del territorio del Venezuela,niente di nuovo sotto il sole(vedi:madn la-fissazione-usa-ed-europea-per-il venezuela ).

Venezuela. Maduro alla piazza “Qui non si arrende nessuno, massima mobilitazione contro il golpe”.

di  Redazione Contropiano 
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha annunciato la cessazione delle relazioni diplomatiche con il governo degli Stati Uniti e ha dato 72 ore per rimuovere tutto il suo personale dal paese.
 Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, si è rivolto oggi al paese dal Balcone del Popolo nel Palazzo Miraflores (sede del governo), dove ha annunciato la rottura totale delle relazioni diplomatiche e politiche con il governo degli Stati Uniti per il loro coinvolgimento nel complotto in corso nel paese.
 Il capo dello stato bolivariano ha denunciato che l’esecutivo statunitense sta dirigendo un’operazione per imporre un “governo fantoccio” in Venezuela che consegnerà la nazione agli interessi delle multinazionali.
“Hanno l’ambizione di mettere le mani sul petrolio, il gas e l’oro, diciamo loro: queste ricchezze non sono vostre, appartengono al popolo del Venezuela ed è così che sarà per sempre”, ha avvertito Maduro.

“Solo il popolo venezuelano mette e rimuove i presidenti”, ha detto, respingendo il colpo di Stato nel quadro di “una politica interventista che vuole collocare l’America Latina e i Caraibi come il cortile di casa degli Stati Uniti.
 A questo proposito, il leader venezuelano ha ricordato che “i nostri problemi si risolvono in casa, contando sempre sul popolo, sulla classe operaia, sulle Forze Armate Nazionali Bolivariane, sulle donne. Nessuno deve ingerire negli affari interni del Venezuela!”.

Infine, il presidente Nicolás Maduro ha fatto appello alla calma della popolazione: “Nervi d’acciaio, calma e lungimiranza, qui non si arrende nessuno e noi porteremo alla vittoria della pace”. Diciamo no alla violenza, no al golpismo,   massima mobilitazione e costante lotta popolare in tutte le comunità, parrocchie e stati del Paese”, ha concluso.

Anche il Presidente della Assemblea Nazionale Costituente del Venezuela (ANC), Diosdado Cabello, ha guidato la manifestazione di massa dei chavisti oggi a Caracas in difesa della pace e della sovranità della nazione sudamericana.
 In questo contesto, Cabello  ha denunciato i piani del colpo di stato promosso da un settore dell’opposizione politica che sono al di fuori della legge stabilita dalla Costituzione. “Sono in una grande trappola … credono in un paese fatto di schermi televisivi e social network”, ha detto.
 Egli ha anche avvertito che se l’opposizione prenderà il potere svenderà le risorse naturali del Venezuela alle multinazionali straniere, privatizzerà la Grande Missione sulle abitazioni e il sistema pensionistico statale.
“Crediamo in un futuro di pace”, ma il popolo venezuelano non è un popolo sottomesso, questo è un popolo ribelle che ha imparato a difendersi ed è determinato ad essere libero”, ha detto il capo dell’Assemblea Nazionale Costituente.
 A questo proposito, ha avvertito che fattori stranieri e le minoranze violente “cercheranno di provocarci” e ha chiamato ad una presenza permanente attorno al Palazzo Miraflores (sede del governo) per proteggere il mandato costituzionale del presidente Nicolas Maduro.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Gli Usa annunciano di voler rovesciare il governo del Venezuela.

di  Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana   
Juan Guaidò, capo della destra venezuelana si è autoproclamato “Presidente ad interim nel corso di una manifestazione di piazza. Il presidente Usa Donald Trump ha subito annunciato che riconosce Guaidò come presidente ad interim del Venezuela. Trump ha definito “illegittimo” il presidente in carica Nicolas Maduro e ha detto che il parlamento guidato da Guaidò è “il solo ramo legittimo del governo debitamente eletto dal popolo venezuelano”. In pratica una dichiarazione aperta di sostegno ad un colpo di stato.

Qui di seguito un comunicato urgente della Rete europea di solidarietà con il Venezuela

Ieri sono definitivamente cadute tutte le maschere e l’Impero USA, per bocca del suo vicepresidente Mike Pence, ha promosso apertamente un colpo di stato in Venezuela.

Guarda il video dell’intervento di Pence in televisione

https://www.facebook.com/100010141869738/videos/815246622156726/?id=100010141869738

L’intenzione è quella di dare legittimità alla figura di Juan Guaidó come presidente di un governo di transizione, benché non sia stato eletto dal popolo. Il tutto si accompagna a nuovi scenari di violenza organizzata da gruppi fascisti appoggiati dagli Stati Uniti, ad appelli ai militari affinché rompano l’ordine costituzionale e ai lacchè del Gruppo di Lima, che se ne vanno in giro per i paesi parlando del Venezuela, quando in realtà cercano solo copertura per i loro loschi affari.Uno scenario amplificato dall’apparato mediatico delle grandi corporazioni.

Non possiamo distogliere lo sguardo. Tornano alla mente le violenze (le guarimbas) del 2014 e, più recentemente, quelle del 2017 in cui ad essere colpito è stato soprattutto il popolo venezuelano (morti, feriti, blocchi stradali, attentati alle strutture pubbliche, alle università, agli asili nido, ai mezzi di trasporto, agli spazi culturali, il blocco delle forniture di alimenti, medicine, bancomat, servizi pubblici…). Vediamo che, ancora una volta, si cerca di trascinare il Venezuela in un’altra fase di tensione e scontro senza preoccuparsi del popolo, della democrazia o della libertà, perché ci sono davvero altri interessi in gioco .

Non possiamo tacere.

Ecco perché, dalla Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana vogliamo nuovamente denunciare: le manovre degli Stati Uniti con i loro appelli per promuovere un colpo di stato in Venezuela; l’insistenza dell’Unione Europea nel parlare di “elezioni libere”, quando il popolo venezuelano ha deciso, il 20 maggio 2018, di ratificare nelle urne Nicolás Maduro come legittimo presidente costituzionale. Le oltre 80 organizzazioni che compongono la RED, esigono inoltre che qualunque “gruppo di contatto” eventualmente creato dalla Unione europea solo si adoperi ad accompagnare il popolo venezuelano in un processo di dialogo e di pace, nel rispetto delle azioni e delle misure che egli solo ha il diritto di decidere all’interno delle proprie normative.

Per questo motivo, rifiutiamo l’ingerenza imperialista, esigiamo il rispetto per la sovranità del popolo venezuelano e oggi, 23 gennaio, manifestiamo il nostro sostegno al Venezuela bolivariano.

Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana
Bruxelles, 23 gennaio 2019

mercoledì 23 gennaio 2019

GUIDO ROSSA E LA CACCIA ALLE STREGHE DEI BRIGATISTI


Risultati immagini per guido rossa
Forse perché ricorre una data piena,i quarant'anni,o forse soprattutto perché si è riaperta la caccia alle streghe dopo l'estradizione di Battisti contro i terroristi(rossi),sta di fatto che l'anniversario della morte del sindacalista Guido Rossa per mano di un commando di brigatisti rossi avvenuta il 24 gennaio del 1979 ha avuto un'eco mediatica tale da ricevere l'onore della presenza del Presidente della Repubblica Mattarella.
L'articolo proposto(www.ilsecoloxix.it/p/genova )propone la cronaca della giornata e la commemorazione di Rossa,ucciso dopo avere sputtanato e testimoniato contro Francesco Berardi,un operaio dell'Italsider reo di avere fatto circolare all'interno della fabbrica volantini delle Brigate Rosse e che venne arrestato e morì in carcere per un sospetto suicidio alcuni mesi dopo.
Questo ricordo in pompa magna è l'ennesimo piccolo ma pericoloso passo verso il completo sdoganamento del fascismo che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti ma sembra che solamente in pochi si stiano allarmando.
Vedi anche:madn i-casi-di-gugliardoconcutellie-battisti .

Quarant’anni dal delitto di Guido Rossa, il ricordo di Mattarella a Genova.

Emanuele Rossi,Mario De Fazio,redazione Web

Genova - Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella è arrivato questa mattina a Genova, per commemorare la figura di Guido Rossa, l’operaio e sindacalista ucciso dalle Brigate Rosse quarant’anni fa. 

È la quarta visita del Presidente della Repubblica alla città in un anno, dopo quelle al Gaslini , per le esequie delle vittime del ponte Morandi , al Salone Nautico . 

La cerimonia di commemorazione si è svolta nel padiglione 11 della fabbrica. 

Mattarella: « Guido Rossa reagì alle forze oscure» 
«Onoriamo oggi un uomo un lavoratore un militante politico e un delegato sindacale che di fronte alle forze oscure ebbe la forza di reagire e resistere. - ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento - Il terrorismo è un attacco vile alle persone alle loro idee e alle istituzioni. Guido Rossa non indugiò e seppe cosa fare anche per gli altri».

«La democrazia prevalse e divenne più forte nel rispetto della Costituzione e grazie al movimento dei lavoratori nelle fabbriche. - ha continuato Mattarella - È con emozione che partecipo a questo ricordo qui. Non saremo mai veri protagonisti senza la memoria. Guido Rossa univa l’impegno nel suo lavoro a quello nel sindacato e nel partito comunista. Assumersi le proprie responsabilità è difficile ma è grazie a queste persone che l’Italia può progredire». «A decenni di distanza quell’impegno non è concluso. Si deve assicurare la giustizia. L’azione delle istituzioni per ristabilire piena luce, dove questa è ancora lacunosa, non può fermarsi. Così come una definitiva chiusura di quella pagina richiede che sia resa compiuta giustizia, con ogni atto utile affinché rendano testimonianza e scontino la pena loro comminata quanti si sono macchiati di gravi reati e si sono sottratti con la fuga alla sua esecuzione».

«Morti come quella di Eros Cinti sono inaccettabili, la sicurezza del lavoro è un diritto fondamentale. - ha detto anche il capo dello Stato parlando dell’operaio morto lunedì all’Ansaldo Energia. 

E ha continuato: «Genova è una capitale del lavoro e deve colmare il gap infrastrutturale evidenziato dal crollo del Ponte Morandi. La ricostruzione è una priorità nazionale».

Bucci: «La forza e il coraggio di Guido Rossa ci siano di esempio» 
«Il giorno del funerale me lo ricordo. - ha detto il sindaco di Genova Marco Bucci - Ero a militare e ricordo l’orgoglio di essere genovese di fronte alle immagini di quella piazza. Questa città ha segnato la storia e anche nella tragedia che ci ha colpito con il Ponte Morandi dimostreremo che siamo capaci di fare le cose bene e al giusto prezzo. La forza e il coraggio di Guido Rossa ci siano di esempio per fare di Genova la prima città del Mediterraneo».

Toti: «I terroristi pensavano di avere vinto e invece era la loro sconfitta» 
«È la quinta volta che lei presidente viene a Genova a trovarci. Ci sono giornate in cui il presente cambia il futuro. I terroristi pensavano di avere vinto e invece era la loro sconfitta. Dopo il crollo del Ponte si è rinsaldato il patto sociale che ci fa essere tutti parte di questo paese», sono state le parole del governatore ligure Giovanni Toti.

La figlia di Guido Rossa: «Oggi preferisco non parlare» 
«Oggi preferisco non parlare». Lo ha detto Sabina Rossa, figlia di Guido, avvicinata a margine della commemorazione del sindacalista ucciso 40 anni fa dalle Br. Proprio oggi sono apparse in centro a Genova delle scritte contro l’esponente della Cgil e operaio Italsider.

Le parole degli operai  
Maestripieri (Cisl): «Da Mattarella parole che fanno riflettere» 

«Le parole del Capo dello Stato, che ha ricordato il sacrificio consapevole di Guido Rossa, fanno commuovere, ma anche riflettere. Ha detto che la fabbrica, il luogo di lavoro, ha avuto un ruolo centrale nella sconfitta del terrorismo e che ancora oggi ha un ruolo centrale nella vita di ciascuno di noi», spiega Luca Maestripieri, segretario generale Cisl Liguria che aggiunge: «Sergio Mattarella ha voluto onorare Eros Cinti, l’operaio che lunedì ha perso la vita, schiacciato dal carico di una gru. Sentiamo il Presidente della Repubblica al nostro fianco, baluardo solido e fondamentale dei diritti dei lavoratori. Crediamo che decidendo di citare nel suo discorso questa tragedia aggiungendo che “la sicurezza sul lavoro e’ un diritto fondamentale” abbia inteso mettersi al fianco dei lavoratori, del sindacato, per chiedere tutele e scuotere una politica che non se ne fa carico. Ringraziamo il presidente Mattarella per essere venuto a Genova, per la quarta volta in pochi mesi, in un momento cruciale per questo territorio che ha bisogno di attenzioni non comuni da parte dello Stato mettendo al centro prima di tutto il lavoro», conclude Maestripieri 

Palombo: «Un onore la presenza del Presidente Mattarella»  
Il primo a parlare nella commemorazione è stato il rappresentante Fiom Armando Palombo: «È un grande onore la presenza del Presidente Mattarella che salutiamo con profondo affetto. Questa è la fabbrica di Guido Rossa ma anche una fabbrica con una lunga storia di battaglie sindacali, dal 68 alla riqualificazione ambientale. Negli ultimi 6 anni di amministrazione straordinaria abbiamo difeso il lavoro. Questa fabbrica è stata acquistata dal primo gruppo mondiale dell’acciaio e vogliamo sperare ancora di potere essere orgogliosi di questa fabbrica e di questa città».

Jehl (Arcelor): «I valori di Guido Rossa come un faro che ci guida» 
Dopo di lui è intervenuto l’amministratore delegato di Arcelor Mathieu Jehl: «La storia di questa fabbrica è grande e noi siamo qui da poco ma vogliamo rispettarla. Erano anni difficili ma la storia di Guido Rossa ci insegna i valori che devono essere il faro, anzi la Lanterna che ci guida».

Don Franco Molinari: «Guido Rossa non ha mai agito per interesse personale» 
Il cappellano del lavoro Franco Molinari ha ricordato i suoi 40 anni di servizio in Ilva, la visita di Papa Francesco e l’amicizia personale con Guido Rossa: «Ricordo un uomo che non ha mai agito per interesse personale ma per spirito di servizio e impegno sociale, sindacale e politico».

Ivano Bosco e il ricordo di Eros Cinti morto lunedì all’Ansaldo Energia 
Il segretario della Camera del lavoro metropolitana Ivano Bosco ha ricordato Eros Cinti, l’operaio morto lunedì in Ansaldo Energia . «Incidenti del genere non devono ripetersi. - ha detto Ivano Bosco - Ogni giorno in Italia 3 persone non tornano a casa dal lavoro. Finiamola di parlare di tragica fatalità, la vita delle persone deve venire prima del profitto. Alcune normative inserite in legge di stabilità vanno nel senso opposto». «Genova è ricordata come una delle capitali del terrorismo ma in quegli anni fu anche la capitale della lotta al terrorismo, grazie ai sindacati», ha continuato. «La democrazia ha gli anticorpi senza bisogno di spettacolarizzazioni. - ha aggiunto Bosco - E senza lasciare morire a poche miglia dalle nostre coste centinaia di esseri umani». 

Martina: «Qualche ministro studi la storia» 
«La memoria è futuro e qui c’è la storia tragica ma incredibile di un sindacalista che ha lottato contro le Br e che ha avuto il coraggio di denunciare. È questa la nostra storia, di un Paese che ha reagito con organizzazioni popolari, sociali, alla deriva del terrorismo brigatista. Qualche ministro dovrebbe studiarla questa storia», ha detto il candidato alla segreteria del Pd Martina oggi a Genova per la commemorazione del sindacalista della Cgil Guido Rossa ucciso 40 anni fa dalle Brigate rosse. «Non si calpesta la storia di persone che hanno dato la vita per questo Paese combattendo nelle fabbriche, nelle città da sinistra, contro i brigatisti e contro il terrorismo» ha concluso Martina.

La targa 
Dopo la cerimonia è stata scoperta una targa alla presenza di Mattarella. Ecco la scritta che compare sulla targa: “Contro ogni terrorismo, unità fratellanza e accoglienza fra tutti i lavoratori senza distinzione di provenienza, di religione e nazionalità. In occasione della visita del Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, la rappresentanza sindacale unitaria a nome dei lavoratori di ArcelorMittal Genova pone questo ricordo in memoria del compagno della Fiom Guido Rossa barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse il 24 gennaio 1979”.

martedì 22 gennaio 2019

IL NEOCOLONIALISMO FRANCESE CHE SFRUTTA TERRA E PERSONE


Risultati immagini per neocolonialismo francese
Di tutte le dichiarazioni che i pentastellati,soggiogati al ministro di tutto Salvini,si sono resi protagonisti soprattutto in chiave negativa,l'attacco alla Francia per via del neocolonialismo che sfrutta gli africani è una cosa forse un poco urlata e strumentale ma vera.
Le schermaglie tra Parigi e Roma non nate sicuramente dopo le parole di ieri di Di Maio e Di Battista,e il richiamo dell'ambasciatrice italiana di ieri è solo l'ultimo tassello di un'antipatia che va avanti da secoli verso i cugini d'oltralpe.
L'articolo di Contropiano(parigi-irritata )parla del problema che l'Africa ha con la Francia,o almeno di quelle nazioni che non hanno mai staccato il cordone ombelicale dalla nazione che aveva fatto del continente nero una terra da colonizzare e sfruttare sia con le persone che con le ricchezze del territorio,complici presidenti e politici fantoccio che non hanno mai fatto gli interessi degli indigeni.
Vedi anche:madn il-franco-cfa-emblema-di-un.colonialismo mai terminato .

Parigi “irritata” con il M5S per la denuncia della moneta coloniale in Africa.

di  Rino Condemi 
L’ambasciatore d’Italia in Francia, Teresa Castaldo, è stata convocata al ministero degli Affari Esteri francese, a seguito delle parole del vicepremier e ministro del lavoro Luigi Di Maio sulla Francia, che userebbe “il franco delle colonie” per finanziare il suo debito pubblico a spese dei Paesi africani. Lo ha riferito una fonte del governo locale.

L’ambasciatrice italiana è stata chiamata per chiarimenti sulle parole di Di Maio, che ha accusato la Francia di “impoverire l’Africa” e aggravare la crisi dei migranti, ha spiegato una fonte governativa all’Afp.

Oltre a Di Maio, anche l’altro leader del M5S – Di Battista – ci era andato giù pesante contro la Francia e il suo dominio economico/finanziario sulle ex colonie in Africa.

Ma l’offesa a “le Roi” Macron non è stata digerita dal “partito trasversale dell’establishment”. Infatti i primi a levare gli scudi contro i due M5S non sono state le autorità francesi ma giornali italiani come La Repubblica e Il Sole 24 Ore con titoli e articoli frontali contro Di Maio e Di Battista. Una zelanteria decisamente degna di miglior causa.

Il franco CFA (che significava inizialmente “franco delle colonie francesi d’Africa”) è il nome di due valute comuni a diversi Paesi africani, create per l’appunto nel 1945 dal governo di Parigi nelle colonie, la cui convertibilità esterna è garantita dal Tesoro francese.  Oggi viene utilizzata in 14 Paesi africani, quasi tutti francofoni, e quasi tutti ex colonie francesi (fanno eccezione la Guinea equatoriale, ex colonia spagnola, e la Guinea-Bissau, ex colonia portoghese)

Com’è noto, non siamo affatto teneri con i dirigenti M5S per i disastri politici che stanno combinando in alleanza con la Lega, ma su questo tema dobbiamo ammettere che qualche ragione ce l’hanno. Anche se la banalizzano facendone un uso solo strumentale.*

Negli anni abbiamo documentato ampiamente il tallone di ferro coloniale che la Francia ha mantenuto sulle sue ex colonie, un dominio di cui il Cfa (insieme alle frequenti e ripetute spedizioni militari che Parigi ha inviato in Costa d’Avorio, Mali, Niger, e ancora prima in Ciad e poi in Libia) è uno strumento decisivo.

* Per la precisione: è vero che il franco Cfa è agganciato all’euro, con cambio fisso e quindi “strozza” le economie di quei paesi; è vero che è la Banca di Francia a stampare quelle due monete (Cfa Cemac e Cfa Uemoa) e a detenere il loro fondo comune di riserva di moneta estera, stimato in 10 miliardi di euro. Vero, insomma, che la Francia “ci guadagna” non poco e mantiene forzosamente quei paesi sotto la propria sfera di influenza. Ma da quei paesi proviene una parte non maggioritaria dei migranti che salgono sui barconi. L’assoluta maggioranza viene da Iraq, Siria, Sudan, Eritrea e Somalia (le ultime due ex colonie italiane).

Quindi i due pentastellati hanno detto una cosa vera (sfruttamento francese di una parte dell’Africa) per sostenere una tesi prevalentemente falsa (facendo dello sfruttamento francese l’UNICA causa dell’immigrazione dall’Africa)…

Il mondo è complesso, e ogni riduzione è una deformazione…

Per chi vuole approfondire ecco una breve rassegna degli articoli che abbiamo pubblicato sulla materia.

La generosa spesa pubblica di Parigi grazie al tallone di ferro sulle ex colonie in Africa

Il colonialismo della moneta. Il caso del Cfa in Africa

Due cose sul Franco CFA (sull’euro e l’Africa)

La Franciafrica o l’impero coloniale francese

lunedì 21 gennaio 2019

IL RAPPORTO OXFAM E LA POVERTA' IN ITALIA


Risultati immagini per rapporto oxfam 2019 italia
I numeri che emergono dal rapporto Oxfam riguardo la tematica della disuguaglianza economica che è anche quella che fa scaturire quella sociale,sono sempre migliori per la classe ricca e peggiori per quelli che loro sfruttano.
L'articolo preso da Contropiano(italia-il-paese-piu-ingiusto-e-diseguale )parla inizialmente proprio di queste percentuali che sono sempre più impietose per i poveri,e fa un'analisi di come questo sia accaduto andando indietro nel tempo con la politica italiana di quando c'erano ancora Dc e PCI,e il ladrocinio dello Stato nei confronti della classe operaia in nome di una fantomatica lotta alla disoccupazione.
Un quadro d'insieme sempre più penoso e che non accenna a dare segnali positivi nei prossimi anni con l'odio di classe che aumenta sempre più.

Italia, il paese più ingiusto e diseguale.

di  Sergio Scorza 
L’Oxfam *, nel suo annuale rapporto “Bene pubblico o ricchezza privata”, diffuso come ogni anno alla vigilia del World Economic Forum di Davos, scrive che, in Italia, il 5% più ricco degli italiani è titolare da solo della stessa quota di patrimonio posseduta dal 90% più povero e che il 20% più ricco possiede il 72% del patrimonio totale, mentre il 60% più povero ha appena il 12,4% della ricchezza nazionale.
 Ma come siamo arrivati a questo fantastico risultato? Con un lungo e meticoloso lavoro di distruzione di tutte le conquiste precedenti, durato 40 anni e portato avanti nei decenni invariabilmente da tutti i governi che si sono succeduti in questo lasso di tempo, con il sostegno attivo delle burocrazie sindacali.
 Se facciamo un bel salto indietro nel tempo, ritroviamo quei dirigenti del PCI che, nel 1976, decisero di collaborare con la Democrazia Cristiana e di proporre poi, nel 1978, un proprio ingresso nella maggioranza di governo.
 Il ministro degli Interni, Francesco Cossiga, riteneva che la condizione per far entrare il Pci nella maggioranza fosse data “dalla capacità o meno di far accettare alla classe operaia i sacrifici necessari per uscire dalla crisi economica”, ovvero, l’adesione del PCI alla linea di austerità che era stata imposta al paese a partire dal 1976 dal governo Andreotti.
 Il 24 gennaio 1978, su la Repubblica, comparve la storica intervista di Scalfari all’allora segretario generale della CGIL, Luciano Lama, intitolata “Lavoratori, stringete la cinghia” in cui Lama si dichiarò in “totale accordo” con Andreotti con queste parole: “se vogliamo esser coerenti con l’obiettivo di far diminuire la disoccupazione, è chiaro che il miglioramento delle condizioni degli operai occupati deve passare in seconda linea”.
Dunque, il lavoro per Lama tornava ad essere una semplice variabile dipendente dal capitale. Fu l’annuncio dell’avvio della così detta “politica dei sacrifici” che portò di lì a poco alla “svolta dell’Eur”, formalizzata nella conferenza sindacale della Cgil che si svolse, per l’appunto, al palazzo dei congressi dell’Eur, nel febbraio del 1978.
 La svolta sindacale si realizzò nella Conferenza dei 1.500 delegati che consolidò la linea della moderazione salariale e di una maggiore flessibilità del lavoro con la richiesta di “riforme” nel settore dell’edilizia, dei trasporti, del fisco e della finanza pubblica.
 La “svolta” però morì prima della “solidarietà nazionale” che aveva contribuito a preparare, prima che Andreotti rassegnasse le dimissioni a seguito del disimpegno del PCI nel gennaio ’79. Contro di essa si scagliò una parte consistente della base che fece pesare il suo dissenso nel corso della vertenza per i rinnovi contrattuali del ’78-’79.
 La nuova linea di PCI e CGIL prevedeva moderazione salariale in cambio di un “programma di investimenti per garantire l’occupazione”.
Dicevano che i maggiori sacrifici dei lavoratori avrebbero permesso ai padroni di accumulare il capitale necessario per gli investimenti e favorire, così, l’occupazione.
 Ovviamente la maggiore occupazione non arrivò mai, ma i sacrifici restarono, divenendo anzi una costante nei decenni successivi; e la retorica dei sacrifici in cambio del “miglioramento dell’economia e nell’interesse generale” fu usata per smantellare progressivamente tutto il sistema di diritti conquistato dai lavoratori in precedenza.
 Lo avevano capito benissimo gli studenti ed i compagni che avevano cacciato a pedate dall’università di Roma Lama ed i suoi tirapiedi, nel febbraio del 1977.
 La fine della “scala mobile” ed il successivo accordo sul costo del lavoro del 1993 tra i sindacati Cgil-Cisl-Uil, la Confindustria e il Governo Ciampi, furono il completamento della svolta dell’Eur, con la definitiva cancellazione della scala mobile e l’ancoraggio dei futuri aumenti contrattuali all'”aumento della produttività”. Un accordo che diede l’avvio ad una sfrenata corsa, da parte dei padroni, all’intensificazione selvaggia dei tassi di sfruttamento ed al crollo verticale di salari e stipendi.
 La cancellazione dell’art. 18 dello Statuto del lavoratori, il Jobs Act e lo smantellamento del welfare svenduto alle assicurazioni private hanno fatto il resto ed hanno portato i lavoratori italiani prossimi ad una condizione di semi-schiavitù e ad avere il triste primato delle retribuzioni più basse dell’Europa occidentale, l’età pensionabile più alta e servizi pubblici sempre più cari e scadenti.

 * Oxfam è una confederazione internazionale di organizzazioni no profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo

mercoledì 16 gennaio 2019

L'UCCISIONE DEL SINDACO DI DANZICA


Risultati immagini per pawel adamowicz
Sono buffonate chi dice che il movente politico non esiste dopo la morte del sindaco di Danzica Pawel Adamowicz,assassinato a coltellate sotto gli occhi di una piazza gremita che non ha subito capito quello che stesse accadendo sul palco durante un evento di beneficenza.
Il suo assassino ventisettenne ha motivato il suo gesto per essere stato incarcerato durante la permanenza al governo del partito cui faceva parte il sindaco,Piattaforma civica,(un gruppo di centrodestra liberale ed europeista,una sorta di mix tra Forza Italia e il Pd),ma la storia di minacce verso Adamowicz è lunga ed incentrata sulla sua apertura verso i migranti ed i diritti al popolo lgbt,in uno Stato che forse è il più bigotto d'Europa e sicuramente uno tra quelli dove i rigurgiti nazisti sono tra i più gravi(vedi:www.ilpost.it pawel-adamowicz-danzica-chi-era ).
L'articolo proposto è preso da Infoaut(polonia-dietro-l-assassinio-di-un-sindaco )che ha connotati più politici di quello suggerito sopra che invece spiega chi era l'uomo e le sue tappe della vita privata e pubblica,cui aggiungo quest'altro(madn beata-ignoranza )che parla della vittoria dell'ultradestra alle elezioni polacche dell'ottobre 2015.

Polonia, dietro l'assassinio di un sindaco.

Pawel Adamowicz, sindaco di Danzica, è stato assassinato la scorsa domenica. Il tutto è accaduto durante un incontro di beneficenza in corso nella città portuale del nord dello stato. L'omicidio è stato collegato da alcuni dei principali giornali polacchi al clima politico del paese, dove ha sempre più consenso l'opzione sovranista e nazionalista, in particolare nelle aree rurali.

Sebbene Adamowicz non fosse certo "uno dei nostri", anzi era ben noto per le sue idee liberali e per il suo passato nel sindacato Solidarnosc, la sua morte segnala questa crescente tensione nel paese. Adamowicz aveva infatti dichiarato Danzica città aperta per i migranti e si era espresso più volte a favore dei diritti della popolazione LGBT. Con buona pace dei difensori della libertà di opinione, che darebbero la vita per fare esprimere le peggiori nefandezze xenofobe, Adamowicz è stato assassinato a causa di queste sue posizioni.

Il governo della Polonia è uno di quelli che, insieme all'Ungheria, più ha chiuso ai movimenti migratori e più ha cercato di ridefinire i poteri tra Unione Europea e stati membri in favore di questi ultimi, in particolare rispetto alla difesa dei confini. Una posizione quindi non giocata come critica all'impianto neoliberista della Ue, ma finalizzata solo a guadagnarne dove possibile. Nonché a costruire una finta opposizione con Bruxelles in chiave identitaria e nazionalista.

Varsavia ha infatti beneficiato tantissimo negli ultimi anni dei trasferimenti europei per sviluppare la sua economia. Caratterizzata dall'accoglienza delle imprese delocalizzate dall'Europa occidentale, da un modello di bassi salari e da alto tasso di sfruttamento, anche nei confronti dei migranti tanto odiati. E che quindi vanno tenuti sotto controllo. La stessa Chiesa locale ha organizzato negli scorsi mesi un appuntamento di difesa identitaria dei confini polacchi, noto come "Rosario della Nazione".

La destra reazionaria e xenofoba è molto radicata nel paese, come dimostra anche la grande manifestazione organizzata lo scorso novembre per commemorare i cento anni dell'indipendenza, conseguita dopo la prima guerra mondiale.

Negli scorsi giorni lo stesso Matteo Salvini è andato nel paese dell'Europa orientale a costruire un accordo con il partito Diritto e Giustizia (PiS) attualmente al potere. Il PiS è sempre più orientato ad una politica xenofoba e nazionalista, ammiccante alla destra più reazionaria soprattutto quando si parla di diritti della popolazione LGBT e dei migranti. Eppure, non condivide con Salvini alcuni temi, come la possibile apertura alla Russia e l'ostilità tout court all'Unione Europea. Questa, al di là di quella che è la retorica pubblica, è vista più come mucca da mungere che come nemico.

Chissà se queste divergenze faranno convergere o meno anche il PiS alla riunione delle destre europee paventata da Salvini per la primavera in Italia, in una sede ancora da definire...

martedì 15 gennaio 2019

LA PACCHIA DEI POLITICI ITALIANI SULLA PELLE DEGLI AFRICANI


Risultati immagini per pacchia africa
Lo sfruttamento che da centinaia di anni è stato commesso dall'uomo bianco nei confronti dell'Africa,per rimanere solo nel discorso dei migranti che muoiono nei deserti,nei lager libici o in mare,è noto credo a tutti se solamente non si abbia dormito sui banchi di scuola.
Poi ci sono dei coglioni che con la storia della presunta pacchia finita è diventato pure ministro,e che continua a fare becera propaganda sulla morte delle persone,e onestamente spero che a breve la finisca in una maniera o nell'altra di starnazzare tutte queste boiate.
L'articolo di Contropiano(la-pacchia-la-state-facendo voi )riporta una lettera aperta al pirla di cui sopra ed è un riassunto di quello che la gente dovrebbe almeno pensare di quello che migliaia di persone stanno provando sulla loro pelle,una piccola dose di empatia che ciascuno dovrebbe provare.

“La pacchia la state facendo voi. Sulla nostra pelle. Sulla nostra vita…”

di  Un donna nigeriana 
…. Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore.

Lettera di una immigrata nigeriana al Ministro della Paura e dell’odio.

“Ho visto la sua faccia ieri al telegiornale. Dipinta dei colori della rabbia. La sua voce, poi, aveva il sapore amarissimo del fiele. Ha detto che per noi che siamo qui nella vostra terra è finita la pacchia. Ci ha accusati di vivere nel lusso, rubando il pane alla gente del suo paese. Ancora una volta ho provato i morsi atroci della paura…

Chi sono? Non le dirò il mio nome. I nomi, per lei, contano poco. Niente. Sono una di quelli che lei chiama con disprezzo “clandestini”.

Vengo da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia e sono tutti amici vostri. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di Boko Haram. Nella mia regione, il Delta del Niger non sono arrivati. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa.

Lo conosce il Delta del Niger? Non credo. Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che usa viene da lì.

Io vivevo alla periferia di Port Harkourt, la capitale dello Stato del Delta del Niger. Una delle capitali petrolifere del mondo. Vivevo con mia madre e i miei fratelli in una baracca e alla sera per avere un po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di chi vive lì.
 E’ dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza. Tutto è a pagamento. Tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi pagare. E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre compagne quotidiane.

La vedo già storcere il muso. E’ pronto a dire che non sono fatti suoi, vero?

Sono fatti suoi, invece.

Il mio paese, la regione in cui vivo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori produttori di petrolio al mondo. E invece no.

Quel petrolio arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre economie e le vostre aziende.

Il mio paese è stato preda di più colpi di stato. Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del suo mondo, anche del suo paese. Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via era la nostra vita.

Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori. Si ricorda Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia per noi. Lo avete fatto penzolare da una forca…

Le vostre aziende, in lotta tra loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della nostra ricchezza.

L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conosce. Sono accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco. Con quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali. A casa, la sera, non avrei avuto bisogno di una candela…

Sarei rimasta lì, a casa mia, nella mia terra.

Avrei fatto a meno della pacchia di attraversare un deserto. Di essere derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti. Di essere violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non c’era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla strazianti di chi veniva torturato.

Avrei fatto a meno della vostra ospitalità. Nel suo paese tante ragazze come me hanno come solo destino la prostituzione. Lo sapete. E non fate niente contro la nostra schiavitù anzi la usate per placare la vostra bestialità. Io sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni.

Ancora una volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle nostre vite. Sui nostri poveri sogni di una vita appena migliore.

Vedo che non ho mai pronunciato il suo nome. Me ne scuso, ma mi mette paura. Quella per l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti.

Vuole che torniamo a casa? Parli ai suoi potenti, a quelli degli altri paesi che occupano di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. Se ha un po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta la faccia a loro.

sabato 12 gennaio 2019

BHARAT BANDH


Risultati immagini per bharat bandh comunismo
Anche se l'India più che una nazione è un piccolo continente duecento milioni di persone che hanno scioperato per due giorni sono davvero una cifra da record,e queste proteste che hanno visto in tutto il paese manifestazioni ma soprattutto l'astensione pressoché totale dal lavoro in parecchie regioni soprattutto nel sud sono un segno positivo in un contesto per troppi anni oppresso e dimenticato.
Le politiche neoliberiste del Primo Ministro Narendra Modi che vuole modernizzare il paese ma a scapito degli indiani mentre è più aperto a concessioni a dei capitali esteri con la conseguente dipendenza,non sono andate giù alle principali sigle sindacali dell'India non per contrastare la disoccupazione e l'aumento generale dei prezzi ma anche le privatizzazioni come spiegato nell'articolo preso da Infoaut:conflitti-globali .

Bharat Bandh: 200 milioni in sciopero in India.

Storica mobilitazione contro le politiche di Modi.

I due giorni di sciopero generale nazionale in tutto il paese (Bharat Bandh) chiamato dalle 10 principali sigle sindacali avrebbero coinvolto 200 milioni di lavoratori. Al centro delle proteste le disoccupazione dilagante, l’aumento dei prezzi e, più in generale, le politiche neo-liberali portate avanti dagli ultimi governi con privatizzazione dei servizi pubblici, subappalti, concessioni minerarie a prezzi ridicoli alle multinazionali e compressione del potere d’acquisto. I sindacati attaccano anche la riforma del lavoro che smantella nei fatti il Trade Union Act del 1926, il riconoscimento dei sindacati diventa a discrezione del governo rendendo quindi impossibile una vera contrattazione salariale.

Tutti i settori sono stati coinvolti con una particolare presenza di minatori, insegnanti, personale sanitario, autisti ma anche bancari e impiegati. In piazza, anche se per ora in maniera piuttosto timida, anche le associazioni degli agricoltori che, in 50.000, avevano già invaso le strade di Delhi un anno fa denunciano la depressione economica delle campagne e il peso del debito che sta portando a un’ondata di suicidi senza precedenti tra i contadini.

Incidenti nell’ovest del Bengala con sassi tirati sugli autobus del governo per costringerli a fermarsi. Situazione tesissima nel Kerala dove il blocco dei commerci è stato totale e i manifestanti hanno bloccato in migliaia il passaggio dei treni. A Goa fermi autobus e taxi, mentre nella regione meridionale di Tamil Nadu come in altre città banche e assicurazioni sono rimaste chiuse. A Mumbay i 32'000 dipendenti dell’azienda di trasporto locale sono in sciopero illimitato da martedi per chiedere maggiori salari, a Bangalore alcuni manifestanti hanno fatto irruzione nei depositi degli autobus danneggiandoli e impedendo quindi la circolazione. Nella regione centrale di Madhya Pradesh, 20 distretti hanno visto un blocco totale di attività e trasporti.

È una mobilitazione storica che arriva a pochi mesi dalle elezioni generali e che pone una pesante ipoteca sull’operato del presidente Modi che negli ultimi anni ha tentato una “modernizzazione” del paese tutto incentrata sugli interessi dei grandi capitali, comprimendo i salari e rifiutando il confronto coi sindacati.

venerdì 11 gennaio 2019

IL CAMALEONTISMO LEGHISTA


Risultati immagini per stop a salvini
Fin dagli albori la Lega Lombarda,così si chiamava allora,più che un partito propositivo ha sempre cercato un nemico per fare proselitismo alle spalle dei più deboli e degli emarginati della società,cominciando con i meridionali...effettivamente già i piacentini lo erano perché in principio il fiume sacro Po era il confine tra la"Padania"ed il sud Italia,anzi guai a sentirsi dire italiani.
Dai primi manifesti della gallina dalle uova d'oro del settentrione che ingrassava la Roma ladrona il passo da essere secessionisti a nazionalisti è stato breve,tutta la politica del bruciare la bandiera italiana è andata a farsi fottere e l'avvicinamento sempre più progressivo verso il fascismo ha fatto sì che ora guai a toccare il tricolore.
Ad essere odiati furono poi i vu cumprà,i primi migranti arrivati dal nord Africa,beh con la pelle non scurissima e quindi quasi tollerati,poi gli zingari,ed ora tutti gli immigrati meglio se con la pelle scurissima e se ci aggiungi la fede islamica è proprio il top dell'oggetto(perché nono sono persone per loro,sono cose da sfruttare sia a casa loro che a casa nostra)da mettere nel mirino delle loro armi.
Sono il problema numero uno degli italiani!
L'articolo di oggi è un contributo preso da Facebook e narra in maniera semplicemente veritiera tutto quello che è stata la Lega Nord e l'andazzo verso l'estrema destra che ne sta caratterizzando i pochi argomenti politici cui il loro cervello possono partorire.
E più rincoglioniti sono i milioni di italiani che hanno creduto a questi ladri,perché ci sono sentenze che lo hanno palesemente dimostrato come nel caso dei 49 milioni di Euro frodati allo Stato(madn salvini-salva-bossi-per-i-propri-comodi ),che ancora complice un'ignoranza medievale e un bombardamento dei mass media fanno sì che ci si trovi ovunque quella faccia di merda di Salvini.

Ciao, sono un Leghista semplice.

Per un quarto di secolo ho creduto fortemente che ogni mio problema fosse causato dai meridionali. L’ho creduto perché così mi dicevano i capi del mio partito, che erano tutti onesti. Non come i terroni.

Poi però i capi del mio partito sono stati beccati di nuovo con i nostri soldi in tasca, e sono crollati al 4%. Così i capi del mio partito proprio in quel momento si sono ricordati che i meridionali votano. E sempre in quel momento hanno scoperto che i meridionali non sono poi tanto male.

Così mi hanno detto che per un quarto di secolo si sono sbagliati, e che ora devo credere nell’esatto contrario. Che l’Italia non la devo più odiare ma amare. Che con la bandiera italiana oggi non ci puliamo più il culo, ma anzi la baciamo. E spero che almeno nel frattempo l’abbiano lavata, anche se dubito visto quanto è stato repentino il passaggio tra quando dicevamo “Padania is not Italy” e oggi che diciamo “Prima gli italiani”. Un paio di anni forse.

I miei capi mi hanno detto che la causa dei miei mali ora sono altri. Allora ho pensato subito ai potenti, ai privilegiati, ai padroni. A quelli che ci sono da sempre e rubano da sempre migliaia di miliardi.

Ho pensato agli evasori, i corrotti, i corruttori, i falsi invalidi, gli incapaci, Cosa Nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta, la Scu, il traffico di droga, il pizzo, gli appalti truccati, la burocrazia inefficiente, il divario tra Nord e Sud, i terreni avvelenati, la giustizia lenta, i raccomandati, i truffatori, i bancarottieri, e tutti gli altri problemi e italiani che mi fottono la vita da decenni, e che hanno causato disoccupazione, precarietà, tasse altissime e servizi pessimi.

Invece i capi del mio partito mi hanno detto che mi sbaglio, che non sono loro la causa di ogni mio male. Anzi, che siccome loro sono italiani loro vengono "prima". "Prima gli italiani".

Il mio problema ora sono i morti di fame che arrivano sulle barche. Quando arrivano. I miei capi mi hanno detto che è colpa loro se pago troppe tasse, se le vecchiette rovistano nella spazzatura e i divorziati dormono in macchina.

Che loro in realtà stanno bene, e rischiano la vita per divertimento. Soprattutto i neri. Anche se non lo possiamo dire ad alta voce. E pensiamo che siccome alcuni neri sono delinquenti e maleducati - e lo sono sul serio - allora sono tutti così. E vanno cacciati tutti. Anche quelli che non ci hanno ancora fatto nulla.

Ho pensato che questo sia razzismo. Che etichettare una persona non per quello che ha fatto, ma per il popolo a cui appartiene sia razzismo. Ma mi hanno detto di no.

Così come ho pensato che anche noi italiani siamo migranti economici. Siamo quelli che emigrano di più. A centinaia di migliaia ogni anno. Soprattutto giovani (anche palestrati e con l'iPhone). Andiamo negli altri paesi a cercare lavoro, non scappiamo da alcuna guerra. Ma mi hanno detto che noi siamo "cervelli in fuga". Loro invece sono parassiti. Come i meridionali che vengono dal Sud a rubarc... ah no scusate, mi sono distratto.

E' che sono un leghista semplice. E non riesco a stargli dietro. Ma ci provo. In fondo mi accontento di poco: un padrone da seguire qualsiasi cosa dica e che indossi felpe e mangi arancini per farmi sentire che lui è come me; un popolo da odiare e a cui addossare la colpa di ogni mio problema. E sto bene così. Mi accontento.
L'ho detto. Sono un leghista semplice.

by Emilio Mola

giovedì 10 gennaio 2019

DIVERSI GOVERNI STESSA MERDA


Risultati immagini per salvataggio banca carige
Alla fine il governo gialloneroverde si è rivelato per quel che è,una grande presa per il culo per milioni di italiani e il decreto salvabanca per la Carige è stata la ciliegina su questo tortone di merda.
Negli articoli presi da Contropiano(hanno-salvato-una-banca-con-la-n )e Infoaut(carige-finita-la-luna-di-miele-gialloverde )nero su bianco la disfatta più dei grillini che dei leghisti,questi ultimi da tempo con le mani in pasta con banche e poteri forti,mentre per i pentastellati ormai la verginità è stata persa ormai da mesi.
Anche gli intrallazzi del premier Conte,i suoi conflitti d'interesse con Alpa e Mincione rinnegati ma che prove alla mano ci sono,così come il testo del decreto firmato in pochissimo tempo da quel mattacchione di Mattarella che dopo essere stato simpatico per un quarto d'ora ai più per il discorso di fine anno,il presente governo ha la stessa politica verso le banche di quello precedente.
Cioè statalizzare le perdite mentre i privati guadagneranno parecchi milioni di Euro,alla faccia delle balle sui correntisti ed i risparmiatori che avrebbero perso tutto,e si sentiranno davvero coglioni chi ha votato questi incapaci mentre non si sa se siano peggio i grillini salvabanche o i piddini che glielo rinfacciano.
Vedi anche:madn questione-di-schei .

Hanno salvato una banca (con la “n”).

di  Gianpiero Laurenzano 
Per quanto riguarda Carige le cose sono semplici:

– la banca è di fatto fallita perché come negli altri casi (Monte Paschi, Etruria e venete) ha un eccesso di crediti deteriorati.

– la causa dei crediti deteriorati non è la crisi ma i prestiti che il management ha concesso agli amici degli amici senza le necessarie garanzie e in assenza di adeguati requisiti reddituali.

– sta cosa la sapevano tutti, anche le pietre.

– il decreto del governo è la fotocopia di quello Gentiloni.

– al momento lo stato garantirà le nuove emissioni di obbligazioni.

– il tutto finirà come con le Venete ovvero lo stato si prenderà le perdite e poi la banca sarà acquisita da un grande gruppo bancario (al 90% UniCredit).
 Morale della favola come al solito i profitti sono privati mentre le perdite sono pubbliche.

– i risparmiatori e i correntisti non c’entrano una mazza perché i depositi bancari sono sempre garantiti fino a 100.000 euro. Chi sottoscrive azioni e obbligazioni subordinate sa che il suo capitale è a rischio.

– anche questa volta qualcuno bene informato si arricchirà avendo comprato obbligazioni a prezzi irrisori per poi vedersele rimborsate alla pari.

Il decreto fotocopia per il salvataggio delle banche

*****

Comunicato Stampa Potere al Popolo Genova

Il salvataggio di Carige lo paghiamo noi. A beneficio di padroni e speculatori

Il Sistema Carige era già scoppiato da un bel po’. Abbiamo tutti la memoria corta ma Giovanni Berneschi, l’ex Presidente di Carige è stato condannato nel febbraio 2017. Uno scandalo presto chiuso e raccontato come una normale storia da ladro di quartiere. Evidentemente in città nessuno lo conosceva.

In tutti questi anni, la Carige ha rappresentato l’anello di congiunzione tra politica e affari in Liguria. La cupola era ben nota a tutti, dalle alte sfere della Chiesa a Scajola e Burlando. Un direttorio che ha finanziarizzato l’economia a Genova e in Liguria, lasciando marcire le attività produttive per concentrarsi su grandi opere utili solo a speculare (porticcioli, gronda, terzo valico etc…).

Il meccanismo del salvataggio è chiaro: si risana con i nostri soldi (fino a 4 miliardi secondo il decreto approvato ieri) per garantire che le speculazioni procedano. Non si salvano i correntisti (comunque già garantiti dalla legge fino a 100 mila euro), ci si preoccupa dei dipendenti, che sarebbe anche corretto, non fosse che poi non si muove un dito per frenare i licenziamenti di massa che stanno colpendo tutto il settore con la chiusura delle filiali di tutte le banche. Dopo aver trasformato il debito privato degli speculatori colmi d’oro in debito pubblico (cioè togliendo soldi a chi lavora per darli ai padroni), si regalerà Carige risanata a qualche altro gruppo bancario. Perché di nazionalizzare la Banca, per farne almeno un patrimonio di tutti, proprio non viene in mente né a chi governava prima né a quelli di oggi. Il nuovo governo è perfettamente in linea con i governi precedenti e, in effetti, il PD non può che applaudire. Possono pure continuare a litigare su chi è più amico dei banchieri o su chi ha cominciato prima, tanto, a pagare saremo sempre noi cittadini e lavoratori.

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Carige: finita la luna di miele gialloverde? 

Il tema della vicinanza dei governi agli interessi delle banche è stato probabilmente quello più utilizzato dal Movimento Cinque Stelle negli ultimi anni. Un adagio utile per marcare la propria distanza dagli esecutivi tecnici e a guida PD. Così come per proporsi come alfieri del cambiamento da realizzare una volta arrivati al governo.

 Con il decreto salva-Carige l'esecutivo gialloverde però sembra mettere la pietra tombale sulla percezione pubblica della sua “diversità”. Lo fa con una mossa giocata in maniera pessima anche comunicativamente, con il decreto-fotocopia a rappresentare plasticamente una continuità di azione tra esecutivi rispetto ai salvataggi bancari.

 Una differenza che in termini reali sorprende poco. Che al governo ci siano da decenni burattini del mondo della finanza è infatti un dato noto. Ma ai tempi del governo liquido, tutto fondato sulla comunicazione e sull'abilità di padroneggiare i social, il caso-Carige è probabilmente uno spartiacque.

 Siamo di fronte ad uno step importante nell'immaginabile istituzionalizzazione del “governo del cambiamento”. Da cui l'esecutivo potrebbe iniziare la sua fase discendente, in cui ad una caduta costante nel gradimento dovuta all'usura dello "stare al potere", si accoppierà probabilmente una progressiva divaricazione tra i due alleati.

 Del resto, già in passato sapevamo che gli equilibri tra i due partiti di governo erano condizionati dalla scadenza delle Europee. Un voto dove bisognava arrivare con in mano l'approvazione di alcuni provvedimenti bandiera su cui compattare il proprio elettorato. In particolare, decreto sicurezza e reddito di cittadinanza, da approvare in una sorta di scambio tra le due forze governative.

 Negli ultimi giorni però la situazione è ulteriormente precipitata, e alcune differenze tra gli alleati, in particolare sul caso SeaWatch e sul reddito di cittadinanza. Sviluppi che fanno presagire, oltre all'inizio della campagna elettorale per maggio, la possibilità di una futura divisione.

 La Lega è senza dubbio messa meglio del CinqueStelle. Ciò perchè Salvini, nonostante i primi scossoni nel suo gradimento social, continua a fare quello di cui consiste la sua strategia. Vale a dire, opposizione mediatica totale sul tema dei migranti, comunicazione tarata sul cittadino bianco rancoroso ultracinquantenne, occhi strizzati il più possibile alla provincia.

 Lo dimostra ad esempio la gestione del caso relativo agli scontri di San Siro e alle furbe posizioni pro-ultras del leader leghista. Ben consapevole che spesso soprattutto nelle città di provincia il mondo ultras muove direttamente e indirettamente molti voti. Rappresentando un'importante identità popolare che Salvini ha spesso sfruttato anche grazie alle sue felpe personalizzate.

 I Cinque Stelle invece sono rimasti col cerino in mano. Prima prostrandosi agli interessi internazionali a cedere sulla TAP. Poi piegandosi alle richieste di austerità dell'Unione Europea che hanno "obbligato" a ridurre i fondi per il reddito di cittadinanza. Infine costretti a firmare un decreto salva banche, per giunta ricalcato in maniera idiota su quello Pd per Banca Etruria. E ancora, in assenza di una presa di parola chiara e definitiva sullo stop alla Tav.

 Una contraddizione davvero enorme con la tragicomica posizione pubblica di appoggio ai gilet gialli francesi, in lotta per una redistribuzione della ricchezza sociale proprio mentre i CinqueStelle firmavano l'ulteriore trasferimento di soldi pubblici nelle mani di un istituto di credito. Perfino Renzi e la Boschi sono riusciti a rendere ridicolo il decreto-Carige, plaudendo alla misura del governo al fine di ri-legittimare la loro politica pro-istituti finanziari, travolta all'ultimo appuntamento elettorale.

 I CinqueStelle alla prova del governo al momento sembrerebbero riuscire ad effettuare un doppio capolavoro all'incontrario. Da un lato in pochi mesi adoperandosi nel distruggere tutto il capitale simbolico da loro accumulato in anni di teorica opposizione, dando alle misure del PD tanto criticate un afflato quasi da “there is no alternative”. Dall'altro, sembrando ormai sottomessi nel tirare la volata alla Lega, appoggiandone tutte le peggiori misure reazionarie, securitarie e xenofobe, rischiando di inimicarsi sempre più consensi all'interno della propria base.

 E tutto ciò in cambio dell'assenso leghista ad una misura come quella del reddito di cittadinanza, che definire monca rispetto alle prospettive iniziali è dire poco. Con la conseguenza che in eventuali nuove elezioni generali, Salvini farà quasi sicuramente la parte del leone.

 Ad ogni modo, quello che ci interesserà capire dal caso Carige è se con il salvataggio si chiuderà la luna di miele del governo con il corpo elettorale. Va da sè che il  punto interrogativo del titolo di questo articolo riporta come si rimanga nel campo delle ipotesi. L'assenza di opposizione rende difficile immaginare alcun ribaltone già in occasione delle prossime elezioni regionali ed europee, come del resto confermano i sondaggi. Ma non è ovviamente questo tipo di consenso che ci interessa in particolare.

 Quello che andrà invece colto è il sentimento rispetto al tradimento delle promesse di questo governo, e le possibilità di attivazione sociale che ne potrebbero derivare. In particolare rispetto al tradimento sul reddito di cittadinanza e alla questione delle condizioni di vita nei territori meridionali, potrebbero aprirsi nei prossimi mesi spazi interessanti di intervento a partire dalla crisi di fiducia nei partiti votati il 4 marzo.