lunedì 30 giugno 2014

STUDENTE ROMANO AGGREDITO DA NEOFASCISTI



Breve articolo che purtroppo parla di una nuova aggressione nei confronti di un compagno attivo nell'antifascismo romano soprattutto in ambito scolastico,preso a botte da tre neofascisti che lo attendevano nelle vicinanze della propria abitazione.
Fortunatamente è riuscito a fuggire ed ha trovato aiuto poco distante,mentre gli aggressori per timore dell'arrivo della polizia chiamata da un passante sono scappati dileguandosi nelle fogne:il giovane studente se la caverà con il naso rotto e varie contusioni,articolo preso da Infoaut.

Roma: gravissima aggressione neofascista ai danni di uno studente.

Venerdì sera a Roma si è verificata una gravissima aggressione di stampo neofascista: verso mezzanotte un liceale del Mamiani è stato aggredito da tre neofascisti. Il ragazzo tornava verso la sua abitazione quando ha notato due giovani fermi in strada che lo fissavano. Non appena il giovane raggiunge una zona un po' più isolata, uno dei due aggressori gli viene incontro chiedendogli se fosse antifascista. Lo studente risponde di sì, dato che da diversi anni è attivo nel collettivo della sua scuola, il quale promuove valori antifascisti; i due neofascisti iniziano a insultarlo e riprenderlo per questa rivendicazione fino a quando da dietro non sopraggiunge il terzo aggressore che colpisce il ragazzo in piena faccia, rompendo gli occhiali.
Il liceale cade a terra sanguinante, ma i tre neofascisti continuano a sferrare calci. Il pestaggio avrebbe avuto conseguenze ben più gravi se il giovane non sarebbe riuscito a rialzarsi e fuggire via. Più avanti ha incontrato un altro giovane, il quale ha chiamato l'ambulanza per soccorrere lo studente che continuava a sanguinare. Poco dopo i neofascistelli hanno raggiunto i ragazzi con l'unica preoccupazione se i due avessero chiamato la polizia per poi scappare a gambe levate, dando ancora una volta prova del loro scarso coraggio che gli permette di aggredire solo quando sono in branco.

Attualmente il liceale del Mamiani si trova ricoverato all'ospedale San Giovanni con il naso rotto e diverse contusioni. L'aggressione di questo venerdì dimostra come questi gruppuscoli attaccano quando sono in maggioranza numerica e in maniera vile e infame coloro che da sempre si sono adoperati a praticare e portare avanti la lotta e la consapevolezza della necessità di pratiche antifasciste. Tutta la nostra solidarietà va al ragazzo aggredito e il gravissimo episodio dimostra come non ci possa essere alcun tipo di tolleranza nei confronti di questi loschi figuri, i quali fin troppe volte hanno agito impuniti, pestando e accoltellando attivisti “colpevoli” di rifiutare e combattere fermamente la loro stomachevole ideologia.



Fuori i fascisti dalle città, scuole e università!

sabato 28 giugno 2014

ARTSHOT 2014 A CREMA

Prende il via oggi pomeriggio alle 18 l'undicesima edizione di Artshot,rassegna di arte,creatività ed improvvisazione che vede presso il Centro culturale di Sant'Agostino in Crema il fulcro di una settimana di eventi,teatro,concerti ed un'esposizione di opere come sculture,quadri,installazioni,poesia e fotografia,il tutto non solo presso la sede principale ma anche in altri luoghi della città.
A coronare questa edizione ai Sabbioni presso il Parco Bonaldi il prossimo sabato ci sarà il grande concerto May Rock spostato per cause metereologiche un mese fa:per info sulle edizioni passate,alcune condite da polemiche anche a livello nazionale,vedi questo link ed i relativi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2010/03/artshot-2010.html mentre questo è il link ufficiale dell'evento(http://artshotcrema.wix.com/artshotfestival )e questo quello di Crema on line da dove è stato preso il contributo odierno(http://www.cremaonline.it/cultura/19-06-2014_ARTshot,+a+Crema+una+settimana+di+spettacoli+e+concerti,+poesia,+cinema,+musica+e+fotografia/

ARTshot, a Crema una settimana di spettacoli e concerti. Al Sant'Agostino e nei quartieri poesia, cinema, musica, fotografia.

Tutto pronto per l'undicesima edizione di ARTshot, che anche nel 2014 torna con un calendario ricco di eventi, dalla musica al teatro, dalla danza all’arte. Oltre 120 gli artisti coinvolti per una settimana di spettacoli e concerti rivolti a tutti, grandi e piccini.

I chiostri del Sant'Agostino
Nella tradizionale cornice degli splendidi chiostri duecenteschi del Sant’Agostino, dalle ore 18 di sabato 28 prenderà il via l’edizione 2014 con l’inaugurazione della mostra e un ricco aperitivo concerto accompagnato dalla musica de L’ora del poi. A seguire, alle 21, la big funky band The Mellow Yellow.

Poesia, foto, musica e caccia al tesoro
Domenica 29, dalle 17, una caccia al tesoro porterà il pubblico alla scoperta di insoliti luoghi della nostra città, mentre in contemporanea al Sant’Agostino si terrà il reading poetico di Valentina Barbieri. Dalle 18 aperitivo con il duo Giorg & Saimon e iioo project, progetto fotografico, a cura di Andrea Riboni, fatto di dialogo e confronto tra le due metà di noi stessi. Chiuderanno la giornata, a partire dalle 21, Suonincorpo (danza su musica dal vivo), The Delicate (trio pop-rock), Striù (quartetto acustico di musica etnica).

Nei quartieri della città
“ARTshot porterà la sua energia non solo al Sant’Agostino – spiega l’assessore alla cultura Paola Vailati – ma anche in altri quartieri della città, grazie alla collaborazione con altre associazione locali. Giunto alla sua undicesima edizione, il festival è ormai un'attesa tradizione. La sua peculiarità sta nell’essere promotore della libera espressione, sostenitore della cultura inclusiva”.

Cortometraggi e Murder party
Martedì 1, dalle ore 22, in collaborazione con Cremonapalloza, presso il Circolo ARCI di
Ombriano, rassegna di cortometraggi del progetto D.E.S.I.C.A.. Mercoledì 2, alle 21, si farà ritorno ai chiostri del Sant'Agostino per un intrigante Murder Party, presentato da Il cristallo dell’Aleph e per la presentazione del libro di Gabriella Pizzulli, Il canto delle streghe, in collaborazione con l’antropologa Michela Zucca.

Giovedì 3 serata tutta da ridere nella piazza dell’Housing sociale dei Sabbioni con Antonello Arabia e il suo spettacolo di cabaret. Venerdì 4 le performance degli artisti di strada animeranno le vie del centro a ritmo di musica, danza e teatro (spettacolo di mimo di Matteo Cionini, ritratti dal vivo ad opera di GiuF, Lolita Acoustic Duo e Limen Teatro-atto I: comico round). In contemporanea, nei chiostri del Sant'Agostino, in sottofondo al live painting di Jester, serata a ritmo di musica con Leonessa feat. The Joe (duo hip-hop/pop-rock), Collywobbles (gruppo ska di nove elementi) e il dj-set di EJ.

I monologhi ed il MayRock
Sabato 5, Artshot chiuderà la sua undicesima edizione con un doppio appuntamento. Alle 21.30, nei chiostri del Sant’Agostino andrà in scena La ballata di Benni, riproposizione teatrale dei monologhi del celebre autore bolognese, mentre al parco Bonaldi, sul palco del MayRock si alterneranno ai nomi selezionati dall’associazione Scream, tre gruppi musicali di ARTshot: Artery Noise, Carnage Hall e Bluebirds.

#scattARTshot
ARTshot 2014 diviene anche contest! Occorre cercare gli adesivi di ARTshot sparsi in città, mettersi in posa, scattarsi una foto e pubblicarla la foto su facebook usando l’ hashtag #scattARTshot prima del 5 luglio. A 50 “mi piace” si otterrà una consumazione gratuita. Le foto che otterranno più voti saranno esposte nei chiostri.

venerdì 27 giugno 2014

LA VERGOGNOSA SENTENZA DELLA CHIESA SU MAURO INZOLI(NUOVAMENTE DON)

Proprio ora mentre sto scrivendo sento le voci amplificate venire dall'oratorio del mio paese e mi ricordo degli anni splendidi vissuti ai tempi del Grest,anni spensierati dove il gioco era l'attività principale della vita di numerosi ragazzi e bambini della mia parrocchia.
Begli anni che furono,tra partite di calcio,piscina,gite in bicicletta e spaghettate con i miei amici coetanei,i ragazzi più grandi che facevano gli animatori(e successivamente lo feci pure io)ed i frati cappuccini che organizzavano il tutto con tanta fatica ma con molta soddisfazione(e aggiungerei zero spese da parte nostra,non come accade oggi).
Ma per qualche ragazzino questo bel mondo di rose e fiori non è stato così.
Questo è il breve incipit al contributo odierno che riguarda la parola fine da parte della chiesa sulla questione di Mauro Inzoli,(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/12/linzolente-disinformazione-cremasca.html e http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/12/altra-accusa-infame-per-mauro-inzoli.html ),cui è stata applicata la pena medicinale perpetua,una sorta di tre Ave Maria e due Padre Nostro dopo una confessione,insomma dietro la lavagna e via.
Oltre a questo,non dimentichiamoci che l'accusa gravissima è quella di abusi sessuali su minorenni,al buon Mauro Inzoli è stato ridato il privilegio di farsi chiamare di nuovo"Don",con tutti gli onori e i disonori che ciò comporta.
In uno Stato veramente laico questo personaggio degno di un romanzo di Sciascia che ha fatto carriera tramite la politica prima con la Dc e poi aprendosi porte e portone con la setta di Cielle,diventando presidente del banco alimentare e compagno di merende di Formigoni,sarebbe in carcere senza se e senza ma,ed alcuni politici cremaschi e non,se non si trattasse proprio del Padrino della mafia ciellina cremasco-lombarda-italiana,proporrebbe subito trattamenti come la castrazione chimica.
Ed invece no,il nuovamente don Mauro Inzoli come da comunicato ufficiale avallato da Papa Francesco che parla e parla ma che comunque mai ha mosso un dito realmente contro lo scandalo e la vergogna della pedofilia nella chiesa,non passerà un giorno in carcere e seppur con restrizioni sarà un uomo libero anche forse di sfrecciare nuovamente col macchinone con i vetri oscurati cui era solito scorrazzare per le vie di Crema e del circondario.


Abusi su minori, pena medicinale perpetua per don Mauro Inzoli. Dovrà seguire un'adeguata psicoterapia per almeno 5 anni, non potrà entrare nella Diocesi di Crema.


Si è conclusa oggi la vicenda di don Mauro Inzoli, con la sentenza definitiva della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal prefetto cardinale Müller, che recepisce quanto Papa Francesco ha deciso in merito. La prima sentenza della Congregazione, resa nota nel dicembre del 2012, prevedeva che don Mauro Inzoli venisse dismesso dallo stato clericale. Don Mauro ha fatto ricorso alla Congregazione la quale, recependo quanto Papa Francesco ha stabilito accogliendo il suo ricorso, ha emanato il decreto definitivo".

La lettera del vescovo 
Pubblichiamo in merito la lettera del vescovo monsignor Oscar Cantoni a tutta la diocesi e il comunicato ufficiale. "Crema, 26 giugno 2014. Cari Fratelli e Sorelle: la Congregazione della Dottrina della fede, su incarico di Papa Francesco, mi ha fatto pervenire un decreto con il quale infligge una “pena medicinale perpetua” nei confronti di don Mauro Inzoli. Molti e da tempo, si attendevano un pronunciamento definitivo e chiarificatore. Da parte mia, in questo momento in cui la nostra Chiesa è di nuovo provata, condividendo i sentimenti delle persone ferite, sento il dovere di intervenire perché la voce del Pastore aiuti a interpretare nella giusta prospettiva il pronunciamento ecclesiale che viene ora diffuso in forma di “comunicato”.

Verità e misericordia
"Come cristiani – scrive il vescovo - siamo invitati ad accogliere sempre con un atteggiamento di fede le indicazioni che ci vengono offerte dalla santa madre Chiesa e a tradurle subito in preghiera, così da evitare inutili, quanto dannosi giudizi, che certo non contribuirebbero a creare un clima di distensione e di pace. L’invito che rivolgo è dunque di considerare il giudizio nei confronti di don Mauro alla luce di un binomio inscindibile: quello della verità e della misericordia insieme. Senza queste due componenti, a cui la Chiesa si rifà nella sua azione pedagogica, ci ridurremmo a classificazioni di parte, tipiche di una “mentalità mondana”, ma ben lontane da quello spirito ecclesiale, la cui finalità è sempre di accompagnare maternamente i suoi figli, anche quando sbagliano, piuttosto che far prevalere giudizi di condanna. In nome della verità, in questi anni, sono state eseguite rigorose ricerche, che hanno comportato pazienti e sofferti confronti con le persone che hanno riferito i fatti".

Un passaggio purificatore
"La Chiesa ha preso atto della situazione, ha condiviso le sofferenze riportate, ha aiutato le vittime a ritrovare serenità e speranza, e ha concluso che don Mauro potesse riparare responsabilmente le ferite causate dal suo comportamento attraverso “una vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza”. La pena inflitta dalla Chiesa, che doverosamente ha fatto verità, va coniugata, però, insieme alla misericordia, dal momento che Dio vuole la salvezza di tutti e non esclude mai nessuno dal suo amore. “Nessuna miseria è troppo profonda, nessun peccato terribile, perché non vi si applichi misericordia” (W. Kasper, Misericordia, concetto fondamentale del Vangelo, chiave della vita cristiana, Queriniana, 2013, pag. 208). Questa è la prospettiva a cui invito ciascuno a fare riferimento perché anche questo momento, doloroso e triste, che il Signore permette nei confronti della nostra Chiesa, sia considerato come un passaggio purificatore, ma insieme benefico e fecondo, dello Spirito di Dio". + Oscar Cantoni, vescovo.

Comunicato ufficiale
In data 12 giugno 2014 è giunto al vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Decreto recante le disposizioni del Santo Padre a conclusione del caso del reverendo Mauro Inzoli, che diventano vincolanti a partire dal giorno di notifica del Decreto all’interessato (25 giugno 2014). Tale Decreto recepisce quanto Papa Francesco, accogliendo il ricorso di don Mauro, ha stabilito. In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza".

Le restrizioni
"Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale. Don Mauro non potrà celebrare e concelebrare in pubblico l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, né predicare, ma solo celebrare l’Eucaristia privatamente. Non potrà svolgere accompagnamento spirituale nei confronti dei minori o altre attività pastorali, ricreative o culturali che li coinvolgano. Non potrà assumere ruoli di responsabilità e operare in enti a scopo educativo. Non potrà dimorare nella Diocesi di Crema, entrarvi e svolgere in essa qualsiasi atto ministeriale. Dovrà inoltre intraprendere, per almeno cinque anni, un’adeguata psicoterapia".

giovedì 26 giugno 2014

JUNCKER QUASI PRESIDENTE

Do spazio al lungo contributo proposto da Senza Soste che analizza con un editoriale la probabile nomina di Jean-Claude Juncker a presidente della commissione europea dopo aver proposto articoli riguardanti il tema ed un breve saggio.
Elencati retroscena più o meno noti,il nulla osta di Renzi,il sicuro appoggio tedesco soprattutto della Merkel,il no assoluto di Cameron che minaccia l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue in caso della scelta del lussemburghese alla guida europea.
Tutti aspetti che dovrebbero vedere chiusa la questione della poltrona della presidenza della commissione con Schulz presidente del parlamento europeo,d'altronde i popolari hanno vinto le ultime elezioni continentali seppur con un breve margine sui socialisti:ultreriore spinta verso Juncker l'assenso convinto di Draghi,messo proprio dal candidato leader del Ppe a guida della presidenza Bce.
Come si suol dire ecco un altro compromesso se non inciucio,sembra che l'esempio italiano faccia scuola anche in Europa.

Juncker e l'Europa affonda?


La probabile, salvo terremoti dell’ultimo momento, elezione di Jean-Claude Juncker a presidente della commissione europea merita diverse considerazioni. Non prima naturalmente di qualche parola su Matteo Renzi. Sembra infatti già proverbiale l’ubiquità politica del presidente del consiglio italiano in Europa. Tanto che sul Journal du Dimanche Renzi appare tra i più convinti dell’elezione di Juncker mentre sul Guardian viene citato citato da Osborne, che non è Ozzy il metallaro ma George il ministro delle finanze britannico, come fortemente scettico e critico proprio sulla candidatura dello stesso Juncker. Ma queste oscillazioni di Renzi, un colpo alla subordinazione italiana a Berlino e un altro ai consigli degli amici della borsa di Londra, sono totalmente inavvertite a Roma. Tanto, con una comunicazione politica a reti unificate, dei giornali che funzionano solo da ufficio stampa (con licenza di foto di lady Renzi in bikini, prospettiva fondoschiena) qualcosa agli italiani si racconterà. Oltretutto la poca stampa di opposizione esistente quando si occupa di qualche scandalo locale, o di definire cosa è politicamente corretto, è già soddisfatta. Nel frattempo, dopo il colloquio con Hollande, Renzi è stato letteralmente scaraventato come oggetto contundente, contro le politiche di austerità della Merkel, da un lanciatore di eccezione. Quel Financial Times, a suo tempo critico verso il Monti pro Merkel ma anche verso il Renzi quando è sembrato pro austerità, che ha scritto un editoriale impegnativo proprio a favore del presidente del consiglio italiano dando una propria lettura della candidatura Juncker. Lettura che sostiene un Renzi che ha appoggia Juncker per allentare il patto di stabilità, rivedere il fiscal compact, rilanciare gli investimenti in Europa in accordo con l’influente SPD Gabriel oggi numero due del governo tedesco. Ma è corretta questa lettura del Financial Times? Possibile che dove ha fallito la Francia, invertire le politiche di austerità dettate da Berlino, riesca l’Italia sotto la guida di Renzi?
Di sicuro l’ubiquità politica del presidente del consiglio italiano serve per dichiarare vittoria in qualsiasi modo finisca il semestre italiano di presidenza. O anche per mediare tra le due anime del governo, quella più filo Londra rappresentata da Renzi e quella maggiormente filo Berlino incarnata da Padoan, in modo che non vi siano fibrillazioni interne.
Il punto è quindi capire, una volta appurato che con lenti italiane si vede poco o nulla di quello che sta accadendo, il significato politico, nel senso più largo della parola, della candidatura Juncker. Meglio farlo in capitoli. Da qui qualcosa di sensato sull’Italia si finisce per capirlo.
E’ L’ECONOMIA, STUPIDO. E POI C’E’ LA FINANZA
La presidenza Juncker alla commissione Ue, la prima di nomina diretta da parte del parlamento europeo di Strasburgo, avverrà in un contesto di ribasso delle stime della “crescita” mondiale. La Banca mondiale, proprio in questo mese le ha riviste al ribasso. Significativo che che abbia riviste di ben sette decimi di punto in un anno per l’economia americana. Stiamo parlando del paese che, per riprendere la “crescita”, ha sconvolto la finanza e l’economia mondiali, dopo la crisi Lehman, con le politiche di Quantitative Easing. Ovvero di gigantesca immissione di liquidità nel sistema finanziario americano e globale per sostenere banche ed acquistare debito sovrano negli Usa e nel mondo. Che una così gigantesca politica di immissione di liquidità, che ha comportato effetti collaterali da nulla come l’aumento dei prezzi dei cereali alla base delle rivolte arabe, generi una crescita “debole” è un bel problema. Che riguarda, se si va a leggere nel profondo, i fondamenti stessi di ciò che oggi è chiamato economia. Ma è anche una questione che presenta almeno due possibili effetti collaterali. Il primo, per governare le bolle speculative generate dall’immissione di liquidità, quello di un parziale raffreddamento della politica di Quantitative Easing americano in grado, a causa della conseguente restrizione del denaro circolante, di far aumentare i tassi di interesse a livello globale e quindi ogni debito sovrano (tra cui quello dell’Italia). Il secondo è quello di radicalizzare la politica di impoverimento del vicino, ovvero la guerra al ribasso tra sistemi monetari, per accaparrarsi comunque quote di mercato nella concorrenza tra sistemi economici in assenza di “crescita”.
La presidenza Juncker non avviene quindi in un periodo di ricostruzione possibile dopo la voragine economico-finanziaria del 2008. Ma in un periodo dove le conseguenze della voragine Lehman sono ancora pienamente in atto. Non solo, circolano analisi, provenienti dalla Banca dei regolamenti internazionali (che ha come azionisti ben 55 banche centrali e funziona da “banca delle banche”) sull’esistenza di bolle speculative finanziarie simili, se non peggiori, a quella del 2007-8. Come, e se, verranno governate queste bolle non è chiaro. Di sicuro l’Europa di Juncker ha davanti a se squilibri strutturali interni, possibili tempeste finanziarie globali, delle quali il governo non è certo, e una concorrenza tra aree economiche pronte ad accaparrarsi quote di mercato con la logica del maggior ribasso.
IL CONTRASTO INGLESE ALLA CANDIDATURA JUNCKER
Diviene quindi chiaro il contesto di forte opposizione inglese alla candidatura Juncker. Londra ha un punto di integrazione con Bruxelles e due forti punti di contraddizione. Il primo è legato dalla possibilità di sfruttare il mercato unico europeo, e tutte le sinergie neoliberiste possibili, gli altri due punti, quelli di contraddizione, però non sono da poco: Londra ha una moneta sovrana, e una propria banca centrale, e inoltre ha metà del Pil determinato da prodotti finanziari. Furono questi due elementi a provocare rotture a livello di vertice Ue tra Germania e Inghilterra. Non tanto quindi per la questione della portata del budget europeo, che l’Inghilterra vuole tradizionalmente ridimensionato, ma per limitare l’invadenza Ue sulla piazza finanziaria londinese e garantire la politica della Banca di Inghilterra. Che è quella di un quantitative easing e di una concorrenza monetaria, con l’Euro, a favore della propria economia. Nell’esigenza di usare il mercato comune Ue. Come si vede, un percorso non privo di forti contraddizioni, quello dell’Inghilterra di Cameron, ma non stupefacente nelle società capitalistiche dove, per natura, le esigenze economico-finanziarie e le alleanze di un paese sembrano più un trattato di illusionismo giuridico che qualcosa dettato da patti certi (che esistono a livello di linguaggio comune non di politica reale).
Ogni modo, l’ipotesi di una presidenza Juncker è stata caricata pubblicamente, a testa bassa proprio da Cameron. Il Telegraph l’ha detto chiaramente: Cameron punta a impedire uno sviluppo compiuto di una Europa sovranazionale, preferisce una “frammentazione di stati” federatati piuttosto che una governance invasiva come quella pensata alla Juncker. Senza domandarsi quale sia il vero Renzi, quello che appoggia Cameron e l’investimento via Londra che bypassa i poteri europei o quello che appoggia Gabriel-Juncker sugli investimenti regolati dalla Ue, si capisce che l’Europa è di fronte ad un bel nodo. O un pieno sviluppo della governance continentale, che di fatto finisce per assorbire l’Inghilterra, o il radicalizzarsi della contraddizione con la Gran Bretagna. Mercato comune vs. autonomia della moneta e indipendenza del pil finanziario inglese dal resto d’Europa. E su questo, sia chiaro, deve essere definito un aspetto. Dietro Juncker c’è Draghi, e qui si comprende come il processo di estensione dell’Europa celi una serie di conflitti economico-finanziari. Con l’Inghilterra in mezzo.
PARLAMENTO, COMMISSIONE, BANCHE E GOVERNANCE EUROPEA: IL TROMPE-L’OEIL DI UN’EPOCA
Come si comprende che dietro Juncker c’è Draghi? Ma nel modo più semplice: il disco verde alla nomina di Draghi alla presidenza della Bce. Fu infatti Juncker, sciogliendo le tensione politica alzatasi dopo la vicenda Strauss-Kahn, a dare la luce verde pubblica proprio alla nomina di Mario Draghi a presidente della Bce nel maggio 2011. E di fronte alla nuova sfida regolazionista della Bce, quella dell’Unione bancaria (partita ancora tutta da definire con la Germania) non ci può non essere una commissione Ue che perlomeno non veda prospettive simili. Ma la convergenza Juncker-Draghi, vista a questo modo, altro non sarebbe che banale organicismo dell’analisi. In verità sulla candidatura Juncker si sovrappongono, oltre che a quelle della Bce, altre esigenze. Due, tra queste sono esemplari: la prima è tutta tedesca, quella di finire di armonizzare le esigenze della grande coalizione in Germania a livello continentale. Non a caso quindi su Juncker si trovano d’accordo CDU-CSU e SPD. E si trova agilmente stampa berlinese che parla di grande coalizione in Europa con gli stessi aggettivi usati per descrivere quella nazionale. E’ vero che per adesso, più che di grandi articoli su Juncker, si trova stampa influente, come recentemente la Frankfurter Allgemeine, che si allarma quando Italia e Francia cercano di porre limiti alla politica di austerità. Ma è anche vero che se, sulla candidatura Juncker, c’è il sigillo della grande coalizione tedesca certi tentativi di limitare l’austerità possono essere posti a freno. C’è poi un’altra esigenza che si sovrappone a quelle della Bce e della Germania: il funzionamento del governo vero e proprio dell’Europa.

Un interessante, recente saggio di Sara Hagemann,
http://www.sieps.se/sites/default/files/version2_2014_3epa_0.pdf
di un istituto svedese di studi politici, fa capire, e bene, quale sia stata la grande contraddizione della governance europea: quella di un compromesso tra visione e interessi sovranazionali sull’Europa e organismi intergovernamentali dove conta la mediazione tra interessi dei singoli paesi che sostengono l’Ue. Ad un certo punto, una volta che la crisi è più forte e soprattutto duratura è evidente che questo compromesso, che ha tenuto in piedi l’Ue per anni, va rotto o riformulato. Il fiscal compact è stato uno dei segni della rottura di questo compromesso. Juncker, la Bce, la grande coalizione tedesca entrano in questo processo di rottura o riformulazione da protagonisti. Poi si capirà se potranno, o sapranno giocare questo ruolo fino in fondo. Intanto il parlamento di Strasburgo sembra, paradossalmente, recuperare proprio sovranità. Quella continentale. Anche qui è il Financial Times a dettare la linea interpretativa: Juncker fa recuperare sovranità al parlamento europeo, nel momento in cui Strasburgo lo nomina, perché usa il potere politico di un parlamento per rompere il compromesso ormai insostenibile a livello di governance Ue: quello tra interessi sovranazionali e rappresentazione di quelli nazionali. In questo senso, secondo la lettura del quotidiano londinese, la candidatura Juncker spacca il vecchio compromesso della governance Ue mortificando gli interessi nazionali (tra cui il nostro welfare, la sanità, i beni pubblici ndr) a favore di quelli sovranazionali riavvicinando parlamento di Strasburgo e governance multilivello europea.
Non è quindi difficile capire il processo in corso: Juncker serve a tenere assieme istituzioni europee, interessi tedeschi, interessi sovranazionali locali in Ue. Per non dire delle esigenze di governance finanziaria della Bce, guidata da Draghi, sullo sfondo di questo processo.
Parlamento, Commissione, tutto tenuto quindi in ultima istanza dalla Bce? Allora l’Europa esiste, trova forma grazie alla Bce? Non cadiamo nel trompe-l’oeil della sovranità dell’Europa che poggia, in ultima istanza, sulla politica della Bce. Infatti è oramai maturo, nel dibattito politico, un problema potente, e particolarmente rimosso a sinistra: ovvero quello del declino dell’indipendenza delle banche centrali dal mercato finanziario. Molto spesso in questi anni abbiamo sentito curiose proposte (“la Bce deve” o “non deve” etc.) o generose quanto bizzarre analisi con l’istituto di Francoforte al centro della tenuta di ciò che si pensa essere l’Europa. Tutte queste proposte o analisi poggiavano, e ancora oggi poggiano, su un assunto: l’indipendenza della Bce dal mercato globale. Troppi Spinelli (Altiero, e a volte troppi nel senso di quelli con la “s” minuscola) fanno immaginare fantasiose costruzioni europee magari che poggiano sul potere, in ultima istanza dell’istituto di Francoforte. E’ invece vero il contrario, nonostante la Bce non abbia ancora formalmente fatto politica di Quantitative Easing, come la Fed o la Boj o la Banca di Inghilterra, ormai è in essere un fenomeno riassumibile in poche parole. Le banche centrali hanno alimentato la finanza globale, e la governance bancaria privata, in modo così vertiginoso da esserne dipendenti. Tanto che le banche centrali, come segnalava nemmeno tanto velatamente il Financial Times non solo Zero Hedge, si comportano come veri e propri fondi speculativi. E non è possibile essere indipendenti da ciò che si è diventati.
La saldatura possibile Jucker-Draghi non serve così solo la riattivazione della trasmissione liquidità all’economia, che dopo anni di politiche solo bancarie ha bisogno di una reale sponda politica continentale, ma è anche riflesso di questo declino dell’indipendenza delle banche centrali. Da regolatrici del mercato a regolate dal mercato. Oppure imbastardite dal mercato. Per cui, dopo il trompe-l’oeil, quando questo sfuma ecco la realtà: il parlamento europeo ritrova, via Juncker, una vicinanza con la governance europea e la Bce. Ma è solo perché chi domina in ultima istanza, il mercato finanziario globale, è in grado di condizionare la Bce che, a sua volta, condiziona le ristrutturazioni del governo europeo. Con buona pace dell’Inghilterra che deve pur ritrovare il proprio posto in questa dimensione di scenario.
La verità è che, in mezzo ad euroscettici la cui confusione politica sembra largamente prevalente, abbiamo cantori di una cattedrale Europa le cui fondamenta del potere non poggiano affatto sul continente. Ma su quelle di un vertiginoso gorgo di carta e di numeri digitali, detto mercato finanziario globale che è un fenomeno molto diverso da quanto pensato dai “padri federalisti” come costituente del parlamento europeo. I padri federalisti vengono inoltre sempre citati quando si parla di Europa ma, come accadeva a Don Chisciotte, là dove si parla di un continente già pronto, integrato ed esistente probabilmente risiede la realtà di un luogo finanziario . Dove, al rialzo di qualche tasso di interesse i suoi spazi apparentemente inacessibili e quieti ma in realtà si rivelano in grado di sinistrare ogni certezza. L’Europa sovrana di Spinelli è così legata al futuro di qualche, per carità enorme, flusso di hedge fund. Quando si dice che la politica manca di immaginazione. Ogni modo, suggestioni di scenario a parte, il futuro di Juncker sarà determinato da processi, fin da adesso, prevedibili. O la Ue-Bce sono in grado di cavarsela in mezzo alle bolle finanziarie o sarà messa di nuovo a discussione la tenuta, politica e sociale, di un continente. O la Ue-Bce sono in grado di affrontare le nuove sfide economiche, quelle evidenziate dai motivi profondi della revisione al ribasso della crescita da parte della Banca Mondiale, o il continente rischia una crisi strutturale di proporzioni serissime e forse epocali.
Fermo restando, come sappiamo, che gli interessi sovranazionali Ue, quelli rappresentati da Juncker vanno contro ben definiti interessi nazionali: sanità, educazione, trasporti, beni comuni ancora sotto controllo pubblico. Si fa presto quindi a parlare di Europa e spesso, come si vede, a sproposito.
Infine come Renzi possa sembrare pro Cameron, filo Hollande, e pure rispettoso dei patti con Angela Merkel, altro non è che un compito di patafisica politica che va lasciato a quell’Alfred Jarry collettivo che è la redazione che scrive il quotidiano chiamato La Repubblica. I prossimi mesi in Italia sono già scritti: aumento della tassazione dei beni immobili, furbescamente travestita sotto la diminuzione delle aliquote (grazie alla revisione degli estimi catastali), deregolazione quanto più marcata possibile dei diritti (visti come costi) del lavoro. Degradazione del pubblico e nuove scorribande del privato. Questo a prescindere da come andaranno le trattative europee di Renzi, perché questo è previsto, per l’Italia, comunque vadano giochi. Questo è previsto dal livello attuale di comando del capitale, quello finanziario, e dalla crisi del valore a livello produttivo. Il resto è chiacchiera. Questo per i prossimi mesi. Poi, anche qui, si tratterà di raccontare nuove narrazioni agli italiani. E meno male, per l’establishment italiano, che la memoria collettiva è stata azzerata. Basterebbe infatti qualche confronto sui livelli di ricchezza diffusa all’entrata dell’euro nel 2002, per tacere di quella pubblica, con quella di oggi. Allora chi avesse parlato di un aumento della disoccupazione tra il 30 e il 40 per cento delle forza lavoro in 12 anni sarebbe stato internato o dannato come un velenoso provocatore. Oggi, parlano da sole le statistiche. Se le si legge.
Allora con Juncker affonderà l’Europa? L’Europa sembra vastissima, enorme spazio per dispositivi politici, o qualcosa come la bandiera del re Borbone ai tempi di Fra’ Diavolo, uno terreno sul quale al massimo poter piantare una bandiera, grazie all’egemonia dei mercati finanziari globali. Può anche darsi che un processo nato su spinte finanziarie globali, come la territorializzazione dell’Europa attuale, trovi un giorno una reale costituente politica. Come che crolli, come una torre gemella, in quanto effetto collaterale di una guerra finanziaria. O si estingua lentamente, irrimediabilmente grazie a difetti strutturali interni non rimediabili o alla concorrenza tra aree economiche. Oppure che, in qualche modo, si lasci drammaticamente trascinare in guerre reali come quella civile ucraina. Il romanticismo politico direbbe che quest’Europa non è dei popoli. Più clinicamente possiamo dire che esiste, da un quarto di secolo, un processo di governamentalità continentale nel quale le popolazioni non esercitano alcun potere reale. Il biologo francese Rostand, famoso anche per i suoi aforismi, affermava che l’esistenza delle dittature militari suggerisce la moderazione delle critiche nei confronti delle democrazie esistenti. Nel nostro mondo è solo da una critica spietata nei confronti dell’evoluzione delle democrazie esistenti che è possibile difendersi da un altro sottile e pericoloso livello di dittatura. Quello dei sacerdoti della moneta. Un genere di magia nera i cui pericoli sono così forti tanto che il loro ricordo è depositato nella memoria ancestrale delle popolazioni che l’hanno subita.
Per Senza Soste, nique la police
24 giugno 2014

mercoledì 25 giugno 2014

CIRO ESPOSITO

Per ora mi soffermo a scrivere solo due appunti per rispetto dei parenti e degli amici di Ciro Esposito,il ragazzo ammazzato a Roma nel prepartita della finale di Coppa Italia lo scorso tre maggio da un fascista romano(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2014/05/gastone-fascista-primo-della-lista.html ),Daniele de Santis,già noto per i suoi precedenti politici e criminosi.
Ciro è stato ferito a morte dai colpi sparati da questo pezzo di merda mentre stava tentando di difendere altre persone coinvolte in quello che vogliono far passare come un atto di uno squilibrato,un episodio a se stante ma che oltre alla responsabilità di De Santis si celano altri colpevoli ancora da individuare,o già conosciuti e tenuti nascosti.
Chi è andato a Roma a tifare la propria squadra sa di come le forze del disordine appoggino spudoratamente la tifoseria di casa e che spesso si divertano a guardare(se non provocare)gli scontri per poi infierire sulla tifoseria ospite.
Non so e non voglio sapere la fede politica di Ciro,non interessa,quello che importa è che il suo è stato un gesto istintivo di difesa verso persone più deboli pagata con la vita.
Articolo preso da Infoaut.

Ciro Esposito,morto per mano fascista.


Non ce l’ha fatta  Ciro Esposito, il tifoso napoletano ferito a Roma lo scorso 3 maggio prima della finale di Coppa Italia. E’ morto questa notte all’ospedale Gemelli di Roma dove era ricoverato da 50 giorni. “Insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali”, ha spiegato Massimo Antonelli, direttore del Centro rianimazione. Ieri le condizioni  di salute di Ciro si erano improvvisamente aggravate. A complicare il quadro clinico, dopo un ultimo intervento al polmone venerdì scorso, è arrivata un’infezione polmonare.
Esposito era stato gravemente ferito da colpi di pistola. A sparare Daniele De Santis, alias Gastone, esponente negli anni passati della Curva Sud della Roma e noto neofascista legato al gruppo il Trifoglio, i cui esponenti nel 2003 occuparono indisturbati i vecchi impianti sportivi della Lazio in Via Tor de Quinto, dai quali De Santis uscì per affrontare i tifosi partenopei, avviati all’Olimpico. De Santis è attualmente detenuto per l’accusa di tentato omicidio, che ora si è tramutato in omicidio volontario.

“Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte” è l’appello della famiglia di Ciro che aggiunge ”Daniele De Santis non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi, nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto”. ”Nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta. Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni che si sono nascoste in questi 50 giorni di dolore”. Proclamato il lutto cittadino a Napoli.

martedì 24 giugno 2014

ABORDATZERA!

Oggi comincia a Milano un'iniziativa legata ai Paesi Baschi che girerà per tutta la penisola fino a domenica prossima proseguendo a Bergamo,Napoli e Fiumicino(Roma).
Sarà presentato il documentario"Abordatzera!Pirati a bordo! "che è una grande festa cominciata nel 2003 a Donostia(San Sebastian)quando un gruppo di ragazzi sfidando le direttive del comune basco organizzarono una festa con decine di imbarcazioni tra le più fantasiose,da vere e proprie zattere a pedalò e gonfiabili fino a imbarcazioni più raffinate e dettagliate,il tutto con l'intento di dare visione alla causa basca.
Da allora,con poche centinaia di compagni che parteciparono all'evento,si è arrivati a contare migliaia di presenze e centinaia di natanti sempre più costruiti con immaginazione e passione,uno spettacolo di forme e di colori che animano il porto di San Sebastian.
Oggi a Milano presso lo spazio comune Cuore in gola(che ha ospitato tra l'altro le lezioni di euskera per un semestre)sito nel quartiere Ticinese in zona navigli in Via Gola,ci sarà a partire dalle 19.30 un aperitivo seguito dalla proiezione del documentario e dall'intervento delle registe di questo lavoro.
Qui sotto in dettaglio tutte le altre date con orari e indirizzi...Jo ta ke!


Abordatzera! Pirati a bordo!" è un documentario che racconta una curiosa iniziativa che si effettua durante le vacanze estive a Donostia (San Sebastian) nei Paesi Baschi, organizzata a partire dal 2003 da un gruppo di giovani che, sfidando il Comune, proposero una festa più popolare e creativa e ricca di impegno politico... Da allora, il porto accoglie oltre 5000 partecipanti, che con le zattere provano a raggiungere la spiaggia, ricordandoci ogni estate che... tutti i cambiamenti sono possibili!


Il calendario delle iniziative: martedì 24 giugno 2014 Milano - spazio comune Cuore in Gola - via Gola - Quartiere Ticinese dalle ore 19.30 • aperitivo ore 21.30 • proiezione del documentario "Abordatzera! Dokumental Etnografikoa" (2013, 59'. V. O. sottotitolata in italiano) ore 22.30 • incontro con le registe del film


mercoledì 25 giugno 2014 Bergamo - via monte Grigna - occupazione di Celadina alle ore 19.00 • cena con grigliata ore 21.30 • proiezione del documentario "Abordatzera! Dokumental Etnografikoa" (2013, 59'. V. O. sottotitolata in italiano) ore 22.30 • incontro con le registe del film


venerdi 27 giugno 2014 Napoli - Mensa Occupata - Via Mezzocannone, 14 ore 18.30 • Proiezione "Abordatzera! Dokumental Etnografikoa" (2013, 59'. V. O. sottotitolata in italiano e dibattito con le registe) a seguire • grigliata e dj set domenica 29 giugno 2014


Fiumicino - Bilancione occupato - Via del Faro (vecchio faro di Fiumicino) Dalla mattina • porta il materiale e costruisci la tua zattera! ore 16.00 • all'abbordaggio, con le zattere costruite la mattina ore 19.00 • aperitivo e incontro con le autrici del documentario "Abordatzera! Dokumental Etnografikoa" ore 21.00 • proiezione del documentario "Abordatzera! Dokumental Etnografikoa" (2013, 59'. V. O. sottotitolata in italiano)

lunedì 23 giugno 2014

L'ASSASSINO INVISIBILE

L'articolo preso da Senza Soste parla dall'inquinamento nei paesi del sud del mondo,quelli più poveri tra i più poveri,visto che l'andazzo anche nel"civilizzato"e"ricco"nord del pianeta sta peggiorando la qualità economica ed ambientale di milioni di persone.
Da sempre meta dei rifiuti tossici tra i più disparati è l'Africa il continente principe che mira a contendere lo scettro di questo poco invidiabile primato nell'essere il contenitore della spazzatura dei paesi ricchi,relegando il sud est asiatico ed il sud America dietro sé.
Nello specifico si parla di milioni di persone morte a causa dell'inquinamento in questa grande porzione del pianeta,facendo più vittime delle malattie causate dalla malaria e dall'Aids,in un tempo dove ancora i decessi dovuti alla fame sono ancora orribilmente elevati ed attuali.
Qui sotto si parla di divere organizzazioni mondiali che cercano di lottare per far comprendere alle persone il livello tragico di avvelenamento di aria,terra ed acqua(quando c'è)scaturito dai materiali tossici e chimici sotterrati o bruciati,e tali sensibilizzazioni se non supportate da interventi materiali sarebbero solo degli studi fini a se stessi.
In primis i"grandi"del mondo devono al più presto cercare di decidersi a trovare soluzioni per contrastare questo stato d'inquinamento che avvelenando la terra uccide l'uomo.

Nel Sud del mondo l’inquinamento uccide più delle malattie
Stephen Leahy
IPS
L'inquinamento, e non le malattie, è la principale causa di morte nel Sud in via di sviluppo, dove secondo nuove analisi e studi uccide ogni anno più di 8,4 milioni di persone. Questa cifra è quasi il triplo della quantità di morti causate dalla malaria e supera di quattordici volte la mortalità causata dal virus HIV e dall’AIDS. Ciò nonostante, l’inquinamento riceve appena una minima parte dell’attenzione che si dedica a queste malattie.
Questi documenti sono stati presentati da lunedi 16 a venerdi 20 giugno 2014 al Gruppo di Lavoro Aperto sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (ODS), che prepara a New York la nuova agenda di sviluppo globale che sostituirà a partire dall’anno prossimo gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (ODM).
“I siti tossici, insieme all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, impongono un carico enorme sui sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo”, ha detto Richard Fuller, presidente dell’organizzazione ecologista Pure Earth/Blacksmith Institute, con sede a New York, che ha preparato l’analisi nel quadro dell’ Alleanza Mondiale sulla Salute e contro l’Inquinamento (GAHP la sua sigla in inglese).
La GAHP è un organismo a cui collaborano organismi bilaterali, multilaterali e internazionali, insieme ai governi nazionali, al settore accademico e alla società civile.
L’inquinamento aereo e chimico cresce rapidamente in queste regioni, e se si tiene conto anche dell’impatto totale sulla salute della popolazione “le conseguenze sono terribili”, ha dichiarato Fuller a IPS.
Questo futuro è totalmente prevenibile dato che la maggioranza dei Paesi industrializzati ha in grande misura risolto i suoi problemi di inquinamento. Il resto del mondo ha bisogno di aiuto, ma l’inquinamento -ha aggiunto Fuller- non è incluso nell’attuale progetto degli ODS.
Gli ODS rappresenteranno la nuova agenda di sviluppo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) dopo che nel 2015 scadranno gli ODM. Ci si aspetta che i Paesi, gli organismi di assistenza e i donatori internazionali decidano la destinazione dei loro fondi di aiuto in funzione di questi obiettivi, dopo che verranno annunciati nel settembre 2015.
“A volte l’inquinamento viene chiamato l’assassino invisibile… la sua ripercussione è difficile da calcolare perché le statistiche sanitarie misurano le malattie e non l’inquinamento”, ha spiegato Fuller.
Di conseguenza, spesso l’inquinamento viene rappresentato erroneamente come un problema minore, mentre invece c’è davvero bisogno di provvedimenti seri e immediati, ha affermato.
L’analisi della GAHP comprende gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di altri organismi per concludere che 7,4 milioni di morti si devono a fonti inquinanti dell’aria e dell’acqua, ai servizi igienici e all’igiene. Un altro milione di persone è morto a causa dei rifiuti tossici chimici ed industriali che i piccoli e medi produttori dei Paesi poveri scaricano nell’aria, nell’acqua, nel suolo e negli alimenti.
L’inquinamento ambientale è il principale fattore di malattia in questi Paesi, al di sopra delle malattie infettive e del tabagismo, ha dichiarato Jack Caravanos, professore di Salute Ambientale dell’Università della Città di New York e assessore tecnico dell’Open Air/Blacksmith Institute.
È molto difficile stimare le conseguenze prodotte sulla salute da migliaia di siti tossici inquinati da piombo, mercurio, cromo esavalente e pesticidi obsoleti, ha detto Caravanos a IPS.
Ma è probabile che il calcolo di un milione di morti sia una sottovalutazione dato che le ricerche sulle dimensioni del problema sono iniziate da poco. “Recentemente abbiamo scoperto siti pieni di pesticidi obsoleti in Europa orientale che contengono sostanze chimiche molto tossiche”, ha affermato.
Questi prodotti chimici non rimangono al loro posto. La pioggia li trascina nella terra e nei corsi d’acqua, e il vento porta le particelle tossiche a lunghe distanze, che talvolta ricoprono le coltivazioni e gli alimenti, ha detto Caravanos.
Uno studio che l’Open Air/Blacksmith Institute ha realizzato nel 2012 ha calcolato che le miniere in disuso, le fonderie di piombo, le discariche industriali e altri siti tossici danneggiano la salute di 125 milioni di persone in 49 Paesi in via di sviluppo.
“Abbiamo individuato più di 200 siti con inquinamento dell’aria, della terra o dell’acqua che mettono a rischio circa sei milioni di persone”, dice John Pwamang, dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente del Ghana.
“Tra questi ci sono luoghi con avvelenamento da piombo per il riciclaggio di batterie al piombo-acido di automobili usate, e zone di smantellamento di rifiuti elettronici, dove si bruciano cavi all’aria aperta e il fumo tossico avvelena interi circondari”, ha spiegato Pwamang in un comunicato.
Una crescente quantità di prove scientifiche rivela i legami tra il numero in espansione di prodotti chimici tossici nei nostri corpi e una sorprendente varietà di malattie che includono cancro, malattie cardiache, diabete, obesità, disturbo da deficit di attenzione con iperattività, autismo, Alzheimer e depressione, a quanto assicura Julian Cribb.
Cribb è l’autore del libro “Poisoned Planet: How constant exposure to man-made chemicals is putting your life at risk (Il pianeta avvelenato: come la costante esposizione ai prodotti chimici fabbricati dall’uomo mette in pericolo la sua vita)”.
“Ci sono almeno 143.000 sostanze chimiche artificiali, oltre a un numero ugualmente enorme di prodotti chimici non intenzionali che vengono liberati dal settore minerario, dall'utilizzo di combustibili fossili e dall’eliminazione dei residui”, ha precisato Cribb in una comunicazione scritta a IPS.
“Ogni anno vengono messi in circolazione circa 1.000 prodotti chimici industriali nuovi, che secondo l’ONU in gran parte non sono stati testati per la salute e la sicurezza delle persone e dell'ambiente”, ha aggiunto.
Membri della GAHP in tutto il mondo hanno esortato l’ONU a dare all’inquinamento un posto di rilievo negli ODS e hanno redatto un documento di presa di posizione e un progetto di proposta di testo per l’alleanza sugli ODS.
Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo, 22 giugno 2014

sabato 21 giugno 2014

MAHMOUD JIHAD MUHAMMAD DUDEEN


Dopo l'articolo di ieri dedicato al ragazzino curdo Ibrahim Aras ucciso da una bomba assordante dalla polizia turca,oggi tocca purtroppo ad un altro giovanissimo,in questo caso ci si sposta un poco più a sud nella striscia di Gaza in un villaggio della zona di Hebron.
A perdere la vita ucciso da un proiettile sparato in pieno petto dai militari israeliani è stato il tredicenne Mahmoud Jihad Muhammad Dudeen,nella rappresaglia del caso dei tre giovani israeliani forse rapiti da una cellula di Hamas,fatto ancora non ancora provato.
Questa rappresaglia,chiamata operazione Brother's keeper,ha già provocato numerosi feriti e la seconda vittima(la prima un diciannovenne),mentre a Gaza un bimba di sette anni era stata assassinata da un drone"per errore",ed orrore.
L'articolo preso da Infoaut parla di tutte le azioni compiute dall'esercito israeliano,ci sono noni di città e villaggi devastati,decine di arrestati e la testimonianza di una cooperante italiana che ha assistito in prima persona all'incursione ed al saccheggio di un centro sociale a Dheisheh.

Cisgiordania, ucciso 13enne palestinese. Raid e scontri a Dheisheh, bombardamenti su Gaza.


di Michele Giorgio - Nuova notte di arresti e raid dell’esercito israeliano. Bombardamenti su Gaza. Sale la tensione. Nessuna traccia dei tre adolescenti israeliani scomparsi la scorsa settimana 
Gerusalemme, 20 giugno 2014, Nena News - Un ragazzo di 13 anni, Mahmoud Jihad Muhammad Dudeen, e’ stato ucciso durante la notte dal fuoco dei soldati israeliani nel villaggio di Dura (Hebron) nell’ambito dell’operazione “Brother’s keeper” avviata in Cisgiordania dopo la scomparsa di tre ragazzi ebrei che, secondo i servizi di sicurezza israeliani, sarebbero stati rapiti da una cellula del movimento islamico Hamas. Dudeen è stato centrato in pieno petto da un proiettile esploso dai militari. Si tratta del secondo palestinese ucciso dall’inizio di “Brother’s keeper”. Nei giorni scorsi era caduto sotto il fuoco dei soldati Ammar Arafat, un 19enne del campo profughi di Jalazon (Ramallah).

La scorsa notte un pesante bombardamento aereo israeliano ha colpito la Striscia di Gaza, dopo il lancio di razzi palestinesi verso il territorio meridionale dello Stato ebraico. Fonti locali hanno riferito del ferimento di almeno sei palestinesi, uno dei quali un bambino. Qualche giorno fa a Gaza una bambina di sette anni era rimasta uccisa in un attacco di un drone israeliano contro un presunto miliziano jihadista. Secondo il portavoce militare israeliano ha detto che i raid, cinque in tutto, hanno colpito campi di addestramento e depositi di armi di Hamas.

In una settimana l’esercito ha effettuato raid e perquisizioni in  1.100 case ed edifici in Cisgiordania e ha arrestato almeno 330 palestinesi. Si segnala in particolare nelle ultime ore l’incursione avvenuta nel campo profughi di Dheisheh (Betlemme) dove gli scontri tra soldati e giovani che lanciavano sassi sono andati avanti per quasi tre ore. Dheisheh è il campo per rifugiati dove meno di un mese fa papa Francesco ha incontrato un gruppo di un centinaio di bambini palestinesi.

Almeno cinque palestinesi sono rimasti feriti (quattro da proiettili, uno è stato investito da una jeep militare), mentre gli arrestati sono stati 35. I militari avevano inizialmente fermato anche Isa Abdel Rabbo, un ex detenuto rilasciato nei mesi scorsi per lungo tempo conosciuto come il prigioniero politico più anziano nelle carceri israeliane. Dopo un breve interrogatorio Abdel Rabbo è stato rilasciato.

Testimone del raid a Dheisheh è stata una cooperante italiana, che ha rilasciato dichiarazioni in condizione di anonimato. La donna ha riferito che i soldati hanno fatto saltare la porta d’ingresso del centro sociale “Ibdaa” dove lei era ospitata la scorsa notte. I militari, ha aggiunto, sorpresi di trovarsi di fronte una cittadina straniera, hanno cominciato a perquisire il centro confiscando computer e file cartacei, non mancando di provocare intenzionalmente danni. “La loro volontà apparente era quella di devastare “Ibdaa” – ha proseguito la testimone – ma la mia presenza devi averli spinti a limitare le loro azioni. Io stessa mi sono attivata per impedire danni maggiori, seguendoli mentre entravano nei locali del centro sociale. Hanno spaccato o portato via persino alcune delle foto incorniciate che ritraevano persone del campo scattate nel corso degli anni passati”. La cooperante ha detto di aver visto dalla finestra di una stanza, situata a uno dei piani alti dell’edificio, alcuni giovani palestinesi arrestati e incappucciati dai soldaSempre la scorsa notte, i bulldozer militari hanno demolito nel villaggio di Arura (Ramallah) la casa di Saleh al-Aruri, un dirigente politico di Hamas, da molti anni in Turchia, che fonti dell’intelligence israeliana indicano come l’ispiratore del sequestro dei tre adolescenti scomparsi una settimana fa. Il movimento islamico ha negato il suo coinvolgimento.

venerdì 20 giugno 2014

IBRAHIM ARAS

Nei giorni scorsi in Turchia e più precisamente nel sud est del paese in piena zona curda,c'è stato un susseguirsi di scontri e di violenze che hanno causato vittime durante degli scontri con la polizia,e il caso citato oggi è quello di un ragazzino di Adana,Ibrahim Aras,che è stato ammazzato per l'esplosione di una bomba assordante scoppiatagli a poca distanza dalla testa,come si può vedere nella cruda immagine sotto l'articolo preso da un sito che si occupa della questione turca e curda(http://turchia.over-blog.com/2014/06/adana-manifestazione-solidale-con-lice-muore-una-persona.html ).
Giorni prima altre due vittime erano state uccise durante delle proteste a Lice,una piccola città nella zona di Diyabakir,considerata la capitale curda della Turchia,dovute alla costruzione di una caserma della polizia:anche nello scorso maggio un altro ragazzino,Uğur Kurt,era stato colpito a morte da colpi di pistola ad Istanbul durante una manifestazione.
L'articolo spiega i tentativi della polizia di insabbiare l'omicidio tentando di prelevare il corpo di Aras,andato a vuoto per l'intervento delle persone che hanno voluto attendere l'arrivo del prefetto:i risultati delle indagini e dell'autopsia hanno evidenziato la colpa diretta della polizia e non il fatto che Aras stesse maneggiando lui stesso un ordigno come le sporche divise turche volevano far intendere.

Adana; manifestazione solidale con Lice, muore una persona.

Ieri(domenica 15 Giugno 2014) nella città di Adana sono state organizzate manifestazioni di protesta per contestare l'uccisione di due persone in località Lice/Diyarbakir l'8 Giugno 2014. Le persone protestavano a Lice da 15 giorni la costruzione di una caserma della polizia.
La persona che ha perso la sua vita ieri ad Adana aveva 15 anni. Secondo alcuni testimoni, come riporta il quotidiano nazionale Taraf, la morte è stata causata da un mezzo della polizia che ha sparato un oggetto. Sempre secondo Taraf dopo la morte di Ibrahim Aras la prefettura di Adana ha rilasciato un comunicato in cui si dichiarava la causa della morte del giovane. Secondo la prefettura Aras è morto perché gli è esplosa in mano un oggetto esplosivo.
Secondo l'agenzia di notizie DHA la manifestazione era senza permesso e la polizia ha dovuto intervenire con i mezzi idranti e le lacrimogeni. Una volta che la morte del ragazzo è stata accertata l'intervento della polizia si è fermata. Sempre secondo la DHA il presidente cittadino per Adana del partito BDP, Ugur Bayrak, presto si è recato all'ospedale dove è stato portato Aras ed ha parlato così: "Oggi nella nostra città è stato commesso un altro omicidio e la responsabile è la polizia. Il mezzo della polizia ha sparato il ragazzo prendendolo in mira".
Secondo il portale di notizie online Sendika.org Aras aveva 14 anni ed è stato colpito con un candelotto di lacrimogeno sparato da un mezzo della polizia in una zona in cui non c'erano le proteste e Aras stava giocando per strada con i suoi amici. Sempre secondo Sendika.org dopo la morte del ragazzo la polizia ha provato a portare via il corpo ma la cittadinanza gliel'ha impedito ed ha voluto che arrivasse il procuratore per analizzare le cause della morte e fare la necessarie denuncia. Secondo Sendika.org oggi(16 Giugno) alle ore 11:00 locali ci saranno i funerali.
Secondo il portale di notizie SoL alcuni avvocati hanno avuto un colloquio con alcuni medici legali nell'ospedale in cui è stato portato il corpo di Aras e secondo quello che gli hanno riferito la morte è stata causata da un oggetto che gli è stato sparato verso la testa.
Secondo il portale di notizie Sendika.org gli avvocati rivolti all'ospedale per incontrare i medici legali hanno saputo dai medici che Aras non aveva nessun segno di esplosione oppure tracce di prodotti chimici sul suo corpo quindi diversamente da quanto è stato comunicato dalla prefettura.
Il collettivo liceale Liseli Genç Umut ha invitato tutte le persone solidali a scendere in piazza per protestare la morte di Aras, oggi(16 Giugno) alle 18:00 ad Ankara/Guvenpark ed ad Istanbul/Besiktas. Liseli Genç Umut ha diffuso sulla sua pagina Facebook le fotografie della relazione dei medici legali in merito alla morte di Aras. Nella documentazione non si specifica un netto motivo della morte e si legge che i medici richiedono degli ulteriori accertamenti. Tuttavia si specifica in vari punti che il corpo di Aras quando è stato portato all'ospedale aveva la testa distrutta.

giovedì 19 giugno 2014

CREMA E LA MOSCHEA

Il comunicato diffuso dalla sede del Partito della Rifondazione Comunista di Crema punta a sensibilizzare tutti i cittadini cremaschi e non solo riguardo alla costruzione di un luogo di culto islamico nella città,evento prossimo futuro che da sempre fa discutere molto la cittadinanza che in troppi casi è mele informata e se lo è riceve disinformazione da parte di ambienti legati alla destra razzista e xenofoba che ha nei suoi sostenitori più accaniti la Lega,ma anche altri partiti di destra e di centro destra non sono esenti dal fomentare odio.
Come perfettamente spiegato qui sotto in un articolo preso da Crema on-line(http://www.cremaonline.it/politica/16-06-2014_Crema,+%22s%c3%ac+al+luogo+islamico+di+preghiera%22/ )il diritto per una religione riconosciuta dallo Stato italiano di poter avere un centro di culto,in questo caso una moschea,è sancito dalla Costituzione Italiana e pure la chiesa cattolica cremasca ha più volte espresso il suo parere favorevole a tale edificazione(con spese a carico dei fedeli)nonostante la politica cremasca sia piena di bacia balaustre che la domenica vanno a messa e nel resto della settimana ne combinano di ogni.
Quindi bene fanno i compagni del Prc,noti mangia preti,e qui a Crema,uno dei territori dove la setta di Comunione e Liberazione tutt'ora regna sovrana in molti ambiti lavorativi,sociali e culturali,a mettere nero su bianco le proprie idee di libertà e di uguaglianza tra tutti i popoli della terra,anche se personalmente penso che le religioni intese non come unità e fratellanza siano la causa di troppi mali a questo mondo.


Crema. Rifondazione "a favore del luogo islamico di preghiera, un diritto costituzionale". Critiche alla "gretta politica di centrodestra, legata a pulsioni populiste".


"Come Federazione Cremasca del Partito della Rifondazione Comunista vogliamo esprimere con grande nettezza e forza il nostro appoggio alla individuazione di un luogo di culto e preghiera per la comunità islamica del Cremasco, distintasi in tutti questi anni per una grande civiltà e rispetto delle regole, civiltà non dimostrata invece da politici e amministratori di centrodestra sempre pronti ad alimentare pulsioni e odi ingiustificati in una popolazione già arrabbiata per la crisi economica". Così Andrea Serena, a none della segreteria cremasca del Partito della Rifondazione Comunista.

Il diritto costituzionale
"In questi giorni per esprimere in modo visibile questo nostro pensiero abbiamo fatto esporre in tutta la città dei manifesti che rivendicano questo diritto costituzionale di avere un luogo di culto. Faremo anche delle ulteriori iniziative sul tema, consci che una nuova società più giusta e solidale può nascere solo superando paure e intolleranze per quanti ritenuti Altri, ascoltandosi reciprocamene per comprendere le difficoltà e insieme trovare una soluzioni".

L'amore verso il prossimo
"La ricchezza dell'ascolto reciproco, della condivisione di un percorso e di una unità di intenti, saranno il nostro atteggiamento propositivo verso la risoluzione di problemi che, non dobbiamo scordarlo mai, hanno dietro delle rispettabilissime persone che vogliono vivere nell'amore verso il prossimo, al contrario di una gretta classe politica di centro destra, legata a pulsioni populistiche, individualistiche, egoistiche ed intolleranti che come sentimento di riferimento hanno l'odio verso gli Altri".

A fianco della comunità islamica
Noi – conclude Serena - siamo quindi a fianco della comunità islamica nel giusto diritto a richiedere un luogo di culto a loro spese,  ma siamo anche altrettanto contro tutte le forme di intolleranze che gli ambienti di centrodestra cremasco hanno  palesato, scordandosi spesso perfino le frasi dette da Gesù a favore della fratellanza. Assomigliano a quei sepolcri imbiancati che esternamente si professano cristiani ma dentro hanno solo un cuore arido e insensibile all'amore per l'Altro, noi non barattiamo per trenta voti la dignità e i diritti umani".

mercoledì 18 giugno 2014

LA FRALIB SBANCA LA UNILEVER

L'articolo preso oggi da Senza Soste parla di un piccolo miracolo avvenuto in Francia dove dopo quasi quattro anni di lotta un'azienda locale,la Fralib di Géménos sita in Provenza,ha sconfitto la multinazionale anglo-olandese Unilever,colosso nei settori dell'alimentazione,bevande e di prodotti per la casa e l'igiene.
La Fralib produce il tè Lipton e le tisane a marchio Elephant(poco conosciuto in Italia ma famoso oltralpe),e dopo un contenzioso molto lungo,una lotta e una grande solidarietà non solo tra i lavoratori ma anche con i cittadini della piccola cittadina francese e di quelli della zona,hanno vinto la voglia di delocalizzazione(verso la Polonia)dell'Unilever,che dovrà risarcire poco più di 19 milioni di Euro per i danni causati dallo stop dello stabilimento di Géménos.
Che nel corso degli anni si era organizzato con un'occupazione impendendo lo smantellamento dei macchinari produttivi e scioperando appoggiati dalla cittadinanza,supportati dai politici locali e nazionali,dal sindacato Cgt e dal Front de Gau­che,oltre che da una massiccia campagna di boicottaggio a livello francese dei prodotti Unilever.
Ora si passa dallo stato di fabbrica in lotta a quello di fabbrica recuperata,ed i lavoratori hanno già pianificato il futuro aziendale investendo parte della loro liquidazione per ricapitalizzare la società,ed il cospicuo risarcimento aiuterà l'azienda che diventerà una cooperativa denominata"Thé et infu­ses"a formare il personale e fare ricerche di mercato.
Gli unici dubbi rimangono sul marchio Elephant che potrebbe essere perso,per il resto una notizia che anche viste le recenti catastrofi aziendali qui in zona a Casale Cremasco con la chiusura prossima della Danone può dare un'iniezione di fiducia ai lavoratori coinvolti ed alle loro famiglie.

Francia: vincono i fralibiens. Battere le multinazionali e le delocalizzazioni si può.

Nella Fran­cia con­qui­stata dal Front Natio­nal è acca­duto qual­cosa di signi­fi­ca­tivo, non solo dal punto di vista sim­bo­lico ma per­sino mate­riale: dopo 1.336 giorni di lotta, Davide, vale a dire 76 lavo­ra­tori della Fra­lib di Gémé­nos, in Pro­venza, ha scon­fitto fra­go­ro­sa­mente Golia, cioè la mul­ti­na­zio­nale anglo-olandese dell’alimentazione Uni­le­ver. La big com­pany, che aveva deciso da un giorno all’altro di delo­ca­liz­zare la pro­du­zione del tè Lip­ton e delle tisane con il mar­chio Ele­phant in Polo­nia, ha dovuto infatti arren­dersi alla resi­stenza ope­raia: pagherà 19,1 milioni di euro per i danni cau­sati dallo stop all’azienda, men­tre i ter­reni e i mac­chi­nari, già bloc­cati dalla muni­ci­pa­lità di Mar­si­glia (un equi­va­lente delle nostre pro­vince, a guida socia­li­sta) al prezzo sim­bo­lico di un euro e valu­tati altri sette milioni, saranno tra­sfe­riti alla nuova coo­pe­ra­tiva, messa in piedi dai lavo­ra­tori. In totale fanno oltre 26 milioni di euro, ai quali andrà som­mato il soste­gno della mul­ti­na­zio­nale alla ven­dita dei pro­dotti della Fra­lib, almeno nella prima fase.
Una noti­zia a dir poco incon­sueta, di que­sti tempi in Europa. È figlia di una lotta ini­ziata nel 2011, quando la Uni­le­ver, pro­prie­ta­ria del mar­chio Lip­ton e di quello Ele­phant (brand molto cono­sciuto Oltralpe), aveva deciso di chiu­dere lo sta­bi­li­mento fran­cese e di tra­sfe­rirsi armi e baga­gli in Polo­nia. I dipen­denti ave­vano però occu­pato la fab­brica, impe­dendo che i mac­chi­nari fos­sero smon­tati e che i locali fos­sero ven­duti o, peg­gio, abban­do­nati. La lotta dell’«ele­fan­tino» aveva imme­dia­ta­mente tro­vato il soste­gno «mili­tante» dei lavo­ra­tori delle fab­bri­che dell’area indu­striale di Gémé­nos, un comune di sei­mila abi­tanti della Pro­venza. Si erano mobi­li­tati in cen­ti­naia, da ven­ti­cin­que aziende di set­tori diversi, otte­nendo l’appoggio del sin­da­cato Cgt, non­ché di asso­cia­zioni e movi­menti locali. Tutti insieme ave­vano par­te­ci­pato a scio­peri e pic­chetti, e ave­vano con­tri­buito anche a pre­si­diare lo sta­bi­li­mento durante l’occupazione. Anche la poli­tica era stata costretta a muo­versi: prima che diven­tasse Pre­si­dente della Repub­blica, Fran­cois Hol­lande era venuto alla Fra­lib a pro­met­tere che, in casi estremi, la fab­brica sarebbe stata requi­sita dallo Stato. La bat­ta­glia dell’elefantino (gli abbiamo dedi­cato una coper­tina di Alias) è pro­se­guita per tre anni e mezzo, tra minacce azien­dali, ten­ta­tivi di sgom­bero con con­trac­tors pri­vati adde­strati nelle guerre bal­ca­ni­che e allet­tanti offerte eco­no­mi­che indi­vi­duali per rom­pere il fronte della protesta.
La resi­stenza della Fra­lib ha fatto il giro del mondo, al punto che, alla fine di gen­naio, nelle cam­pa­gne pro­ven­zali sono arri­vati lavo­ra­tori recu­pe­rati da tutta Europa per orga­niz­zare una rete fra loro. L’ultima arma nelle mani degli ope­rai è stata la cam­pa­gna di boi­cot­tag­gio dei pro­dotti della Uni­le­ver, che ha preso piede in men che non si dica. Pro­ba­bil­mente è stata quest’ultima a con­vin­cere la mul­ti­na­zio­nale che il danno d’immagine rischiava di essere più pesante della resa a Géménos.
«Tutti ci dice­vano che era­vamo pazzi a sca­gliarci con­tro dei miliar­dari, ma la nostra fol­lia alla fine ha pagato», ha com­men­tato un lavo­ra­tore. Già si pensa a come ripar­tire. Gli ope­rai hanno costi­tuito una coo­pe­ra­tiva che si chiama Thé et infu­ses e stretto accordi con pro­dut­tori locali di erbe bio­lo­gi­che. Non si use­ranno più aromi arti­fi­ciali e addi­tivi chi­mici con i quali l’azienda aveva sosti­tuito i pro­dotti locali natu­rali per rispar­miare sui costi e che alla Fra­lib con­ser­vano ancora in un capan­none, ma la pro­du­zione sarà di grande qua­lità: le tisane al tiglio, gli infusi alla lavanda pro­ven­zale, il mate. Gli ope­rai rica­pi­ta­liz­ze­ranno la società inve­stendo parte della liqui­da­zione, men­tre i soldi della Uni­le­ver ser­vi­ranno a finan­ziare la for­ma­zione dei lavo­ra­tori e una ricerca di mer­cato. La mul­ti­na­zio­nale aiu­terà anche la nuova società a muo­vere i primi passi sul mer­cato. È una vit­to­ria su tutta la linea, per l’elefantino imbiz­zar­rito della Pro­venza, in cui ognuno ha fatto la sua parte: la soli­da­rietà ope­raia innan­zi­tutto (estesa anche al di fuori della Fra­lib, come abbiamo visto), le orga­niz­za­zioni che hanno ade­rito alla cam­pa­gna di boi­cot­tag­gio (in pri­mis l’Associazione per l’autogestione che ha orga­niz­zato il mee­ting delle fab­bri­che recu­pe­rate), il sin­da­cato Cgt e il Front de Gau­che. Infine, le isti­tu­zioni: per costrin­gere la Uni­le­ver all’accordo sono dovuti scen­dere in campo Hol­lande e il mini­stro del Lavoro Arnauld Montebourg.
Rimane ancora aperta la que­stione del logo: i lavo­ra­tori Uni­le­ver vor­reb­bero che l’elefantino rima­nesse di loro pro­prietà, per­ché «mar­chio regio­nale tipico» e in quanto tale non delo­ca­liz­za­bile. Una fac­cenda di non poco conto, sia per la nuova impresa, che potrebbe appog­giarsi a un brand rico­no­sciuto, che dal punto di vista giu­ri­dico: se i giu­dici doves­sero ricon­se­gnare l’elefantino ai lavo­ra­tori la vit­to­ria sarebbe totale e cam­bie­rebbe lo sta­tuto giu­ri­dico della pro­prietà pri­vata nel con­ti­nente. Ma l’impressione è che su que­sto punto i lavo­ra­tori della Fra­lib siano stati costretti a cedere.
Ora i «fra­li­biens», come ven­gono defi­niti in Fran­cia, annun­ciano che a fine giu­gno a Gémé­nos ci sarà una grande festa per cele­brare l’inizio di una nuova sto­ria. Poi dedi­che­ranno una gior­nata alla pre­sen­ta­zione dei nuovi pro­dotti. Non più «da fab­brica in lotta», come reci­tava il logo prov­vi­so­rio che si erano inven­tati durante l’occupazione, ma sta­volta «da fab­brica recuperata».
Angelo Mastrandrea
tratto da il Manifesto del 16 giugno 2014

martedì 17 giugno 2014

BENI COMUNI IN MANO ALLE GESTIONI PRIVATE

Sperperi e privatizzazioni? Due facce della stessa medaglia
L'articolo preso da Senza Soste parla della difesa dei beni comuni contro le privatizzazioni e le speculazioni e lo fa parlando specificatamente del caso di Roma ma tuttavia questo discorso lo si può allargare a tutta l'Italia dove una campagna di sputtanamento internazionale partita dall'Europa vuole far entrare nella testa della gente lo slogan che il privato è meglio del pubblico.
Dati alla mano,facendo riferimento anche alla situazione locale di Crema,questi servizi che si vogliono e che si stanno svendendo ai privati non sono per nulla in passivo e dopo periodi di perdita dovuti ad investimenti non proprio oculati i conti dei servizi pubblici sono in attivo.
L'articolo spiega i passi indietro che potrebbero esserci visto che poi gli azionisti delle aziende facilmente peggioreranno i servizi tagliando in molti casi il personale e addirittura correndo il rischio di aumentare le bollette e le tariffe in barba alla maggior concorrenza che verrebbe a crearsi.
Altro punto che nell'articolo non è elencato,è che l'Europa non ha imposto paletti e regole fisse,in quanto la gestione di servizi pubblici può avvenire direttamente in house da parte dei comuni,in modalità mista o come nella maggioranza dei casi fin qui visti con la gestione totalmente in mano a soggetti privati.

Sperperi e privatizzazioni? Due facce della stessa medaglia.

Il conto alla rovescia per una nuova ondata di privatizzazioni è cominciato. Nel centro del mirino adesso ci sono le società municipalizzate o partecipate dai Comuni e dagli enti locali. Migliaia di lavoratori e servizi primari come acqua, energia, trasporti dovranno dunque “andare sul mercato” e rispondere agli azionisti e non più agli utenti/cittadini. Il pretesto per questa svendita legalizzata dei servizi pubblici – ovviamente su indicazione delle direttive dell’Unione Europea – è che le municipalizzate e le società partecipate degli enti locali producono perdite, sperperi e quant’altro.
In buona parte questa è un'altra manipolazione dei “bloody lear”, i sanguinari mentitori che da anni diffondono nel paese false notizie e falsi allarmi per spianare la strada alle privatizzazioni.
Il motivo è che gli interessi privati erano già ben radicati dentro i servizi pubblici snaturandone le funzioni e alimentando proprio quegli sperperi ai quali la privatizzazione afferma di voler porre fine. Potremmo rammentare – nel caso di Roma – gli alti stipendi “secretati” dei dirigenti dell’Ama, l’alto numero di dirigenti con alti stipendi all’Atac o la produzione “parallela” di biglietti dell’autobus che hanno stornato milioni di euro dalle casse pubbliche a tasche private (un’inchiesta sulla quale è sceso un assordante silenzio che sembra eccessivo per la Procura di Roma nota come il porto delle nebbie).
Ma un esempio ancora più calzante del nesso tra interessi privati-sperperi-privatizzazioni, ci viene dai dati forniti dal Cerved, una sorta di cervellone delle società pubbliche, il quale rivela che la maggior parte delle società partecipate dagli enti locali che drenano risorse pubbliche, non sono società di servizi primari da fornire ai cittadini (trasporti, energia, acqua, raccolta rifiuti) ma società di “consulenza”. Anzi spesso sono società private o semi-private di “consulenza amministrativo-gestionale” ad enti come Comuni e Regioni (le Province si sa sono in via di scioglimento), i quali, proprio sul piano amministrativo e gestionale non solo sono (o dovrebbero essere) ampiamente autosufficienti, ma dovrebbero essere soggetti di consulenza all’esterno in materia come questa.
Il Cerved ci rivela che il 17,7% delle 5288 società partecipate dai Comuni, sono infatti società private di consulenza, sia sul piano dell’immagine o delle pubbliche relazioni dei sindaci o nella gestione degli “eventi”. Le società di gestione della raccolta rifiuti – ad esempio – scendono al 9,8%, mentre quelle dei trasporti pubblici sono solo il 6,1% di questo bottino da privatizzare.
Settore di attività
% su società partecipate
Consulenza
17,7
Energia e gas
12,1
Rifiuti
9,8
Trasporti pubblici
6,1
Fornitura acqua
3,9
Altro
10,3
(elaborazioni del Cerved, da Sole 24 Ore del 16/6/ 2014)
Il problema è che il bottino per gli appetiti dei privati sta proprio qui e non nella riduzione degli sperperi. Sono infatti le società di utilities (energia, acqua, trasporti, rifiuti) a fare gola agli investitori privati che sanno di aver una margine di profitto assicurato dalle bollette (sempre più care nonostante la “concorrenza”), dagli abbonamenti e dal sistema di riscossione e sanzioni che sta diventando sempre più vessatorio nei confronti degli utenti e della gente.
Ci sarebbe da fare a botte ogni volta che si legge un articolo o si sente qualche intervento che evoca la privatizzazione dei servizi pubblici come unica soluzione perché sono fonti di sperpero.
Stefano Porcari
16 giugno 2014

lunedì 16 giugno 2014

IL FLOP DI GREENPEACE

Questa notizia presa da Contropiano(http://contropiano.org/ambiente/item/24664-anche-greenpeace-ha-il-vizietto-in-fumo-quasi-4-milioni-di-euro )è una pugnalata alle spalle da parte di un'associazione per l'ambiente tra le più famose,importanti ed influenti al mondo,forse seconda solo al WWF.
Sto parlando di Greenpeace e della notizia di uno sperpero di 3,8 Milioni di Euro male investiti in un'azione che una Ong non potrebbe nemmeno sognare di fare,confermata dal portavoce Townsley in un comunicato che riguarda il settore finanziario dell'organizzazione.
L'inchiesta del settimanale tedesco Der Spiegel è impietosa nello svelare questi retroscena di una sconfitta non solo economica ma soprattutto morale,di un'operazione finanziaria frutto del capitalismo sempre più presente e pressante anche in organismi che dovrebbero fare di tutto tranne che economie di speculazione e di guadagni.

Anche Greenpeace ha il "vizietto"? In fumo quasi 4 milioni di euro.

E’ una inchiesta decisamente clamorosa quella realizzata dal settimanale tedesco Der Spiegel che ha infranto l’autorevolezza di Greenpeace, rivelando come la più famosa associazione ecologista del mondo abbia pagato il conto – “sui mercati” - di una fallimentare operazione finanziaria e dunque speculativa: una scommessa contro l'euro.
Di fronte agli articoli del settimanale, la stessa Greenpeace ha dovuto ammettere la perdita (a conti fatti di circa 3,8 milioni di euro). Il suo portavoce Mike Townsley , in un comunicato, ha chiesto scusa “a tutti coloro ( e si tratta di circa 3 milioni di sostenitori nel mondo, ndr) che ci appoggiano con le donazioni, per il grave errore commesso dal dipartimento finanziario di Greenpeace Internacional, con sede ad Amsterdam”.
Townsley ha cercato di limitare i danni spiegando che si si è trattato di un'iniziativa personale di un suo dipendente che, a suo dire, sarebbe già stato licenziato, anche se “Nulla, al momento, lascia pensare che abbia agito per un tornaconto personale, ma secondo un grave errore di valutazione”, ha specificato ancora il portavoce.
Al momento sul sito internazionale e su quello italiano di Greenpeace non c’è traccia né replica su questa vicenda. In quello ufficiale (Greenpeace.org) è segnalato come fare donazioni all’organizzazione: “Greenpeace Fund, Inc. è registrato con l'Internal Revenue Service come (c) (3) entità 501 e promuove la missione di Greenpeace attraverso l'educazione pubblica e le sovvenzioni ad altre organizzazioni ambientaliste. Contributi a Greenpeace Fund, Inc. sono deducibili dalle tasse. Greenpeace Fund, Inc.”
La preoccupazione dei vertici di Greenpeace è sia d’immagine che finanziaria: i quasi 4 milioni di euro perduti sono una cifra rilevante anche per una Ong, con un budget annuo che sfiora i 300 milioni. Ovvio che il coinvolgimento nelle speculazioni finanziarie faccia sorgere qualche legittima domanda nei suoi 3 milioni di donatori sparsi nel mondo.
Anche perché proprio sulla questione delle risorse finanziarie – scrive il sempre ben informato quotidiano online Lettera 43 -  si sono sommate nel corso degli anni una serie di accuse. Lo stesso Der Spiegel nel 1991 aveva rivelato che in Germania operava una fitta rete di società ombra controllate al 100% da Greenpeace, ma che non apparivano in bilancio, così da permettere all'organizzazione di mantenere il suo status di organizzazione senza scopo di lucro e accedere alle esenzioni fiscali. Non solo. Altre rivelazioni, non meno clamorose, erano emerse in un documentario della tivù danese nel 1993, nel quale si affermava l'esistenza di una serie di conti bancari segreti su cui transitavano decine di milioni di dollari provenienti dalle donazioni per specifiche campagne e che erano accessibili soltanto ai leader di Greenpeace.
Le conclusioni a cui giungeva il servizio della tv danese erano decisamente strumentali (il finanziamento agli “eco-terroristi!!!”) ma la impermeabilità tra le grandi Ong e gli ambienti dei mercati e della speculazione finanziaria è tutt’altro che cristallina, anzi l’opacità molto spesso sembra prevalere. Molte Ong ormai sono anche marchio, marketing, merchandising, gadget, che facilitano il famigerato “fund rising” (raccolta di donazioni) e talvolta sponsorizzano le attività economiche di altri soggetti più commerciali. La partecipazione volenterosa e motivata delle persone alle attività delle Ong funge spesso da garanzia pubblica per attività con un sapore assai più privatistico e talvolta ancora più inquietante sul piano del depotenziamento dei conflitti sociali, soprattutto nei rogues states (gli stati-canaglia, Ndr) finiti nella lista nera di Washington o di Londra o di Parigi.
In fondo cosa c’è di meglio del business della motivazione etica? Soros ci ha costruito sopra un impero finanziario, una immagine pubblica e una funzione politica, destabilizzante ovviamente.