sabato 29 ottobre 2011

A BOLOGNA POLEMICA PER LA MOSTRA SUL PCI

L'articolo odierno preso da Senza Soste parla di una querelle di un paio di settimane fà avvenuta a
Bologna a margine di una mostra celebrativa sui settant'anni di vita del Partito Comunista Italiano e che ha visto protagonisti negativi un parlamentare del Pdl Garagnani ed un fascio locale vice coordinatore sempre del partito del predellino tale Bignami che hanno organizzato una contromanifestazione fotografica su quello che secondo loro è stato un movimento pieno di nefandezze,assassinii e spargimenti di sangue.
Un partito che invece(a parte poche eccezioni)pieno di gente onesta e che ha combattuto e si è sacrificata per la causa(e l'ha detto Casini mica Bertinotti)e dopo anche le farneticanti dichiarazioni di ieri del capogruppo della Lega al comune di Varese tal Clerici che ha descritto il Gap come un commando degno delle peggiori Brigate Rosse(e detto da lui è un complimento)e che vuole intitolare una via della città al fascio Gentile(filosofo e ministro del vecchio dvce),si intuisce che questo regime è sempre più pieno di gente con la merda in testa al posto del cervello.

Avanti popolo, contro-mostra dei berluscones: “La storia del Pci è fatta di assassinii”
In sala borsa a Bologna sono esposte foto di settant'anni del "partitone". La risposta arriva da Garagnani (il parlamentare del Pdl che voleva l'esercito in piazza il 2 agosto e che vuole cancellare il 25 aprile) e dal suo collega di partito Bignami
Dopo la proposta di cancellazione del 25 aprile, dopo quella di portare i militari a presidiare Bologna per l’anniversario della Strage alla Stazione, dopo la lezione di storia impartita al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, un “ex comunista” innamorato della Resistenza per motivi di parte, il deputato bolognese del Popolo della libertà Fabio Garagnani lancia la sua prossima idea: una contro mostra in opposizione alla mostra sul Partito comunista italiano allestita in questi giorni a Bologna. Oggi alla presentazione lui non c’era, ma i suoi confermano: l’evento anti Pci è farina del suo sacco.
Di che cosa tratterà l’evento non è ben chiaro. Sabato mattina alle 10, nella centralissima Piazza del Nettuno verranno allestiti alcuni pannelli fotografici che smaschereranno quelle che secondo il vice coordinatore cittadino del Pdl, Galeazzo Bignami, sono state le nefandezze del partito. Un partito, quello fondato da Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga 90 anni fa, che secondo Bignami avrebbe sempre negato la stessa idea di patria: “Se si tiene una agiografia del Pci soprattutto nell’ambito delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, noi reagiamo, soprattutto perché loro la hanno negata da quando esistono”, ha detto Bignami presentando la contro-mostra.
“La vera storia del Pci – ha spiegato Bignami – è fatta di assassinii, sangue e prelevamenti che avvenivano di notte per tutti i non comunisti. Di una sistematica battaglia alla patria e all’unità nazionale. Ma di queste cose nessuno parla”, ha proseguito il giovane consigliere regionale vicino al ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
Dall’altra parte la mostra, quella ufficiale, “Avanti popolo: la storia del Pci in Italia”, racconta i 70 anni del partito ed è allestita nella Sala Borsa del capoluogo emiliano. Organizzata dalla Fondazione Gramsci, rientra nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Sabato, alla inaugurazione, c’era anche Pier Ferdinando Casini, che a margine della mostra aveva dichiarato: “Io non ho di certo condiviso i valori del comunismo ma riconosco che c’è stata una generazione di persone che si è sacrificata, che ha creduto e combattuto”. Troppo per i pidiellini, soprattutto per gli ex di Alleanza nazionale: “Chi ha parlato bene del Pci avrebbe dovuto farsi testimone di uccisioni come quelle del cattolico Giuseppe Fanin” (il sindacalista delle Acli ucciso da tre iscritti al Pci nei mesi caldi del 1948), ha detto Bignami, da sempre militante nella destra giovanile bolognese.
Non paghi di attaccare le ragioni storiche di una mostra sul più importante partito di opposizione della prima repubblica, i giovani del Pdl bolognese preparano anche una interrogazione sui fondi spesi per la mostra. Pare che il Comune non abbia speso nulla, ma che i fondi vengano per lo più dalla Fondazione Gramsci, tuttavia gli ex di An vogliono vederci chiaro sui possibili finanziamenti pubblici. “Per questa mostra sono stati spesi 100 mila euro – ha detto il capogruppo Pdl in Comune Marco Lisei – Sono stati usati per la glorificazione della storia di sangue del Pci, quando potevano essere spesi per una mostra completa e veritiera sulla storia d’Italia, visto che è organizzata in occasione dei 150 anni dell’Unità nazionale, oppure dati in beneficenza”.
Dietro l’operazione è evidente l’impronta di Fabio Garagnani, il deputato fedelissimo del premier, che un giorno per un lapsus freudiano si firmò “Fabio Berlusconi”. Obiettivo di Garagnani, da anni, nel segno di un anti-comunismo viscerale, è quello di avvilire in tutti i modi la Resistenza e i suoi protagonisti. Della scorsa settimana, per esempio, è la risposta a un comunicato di Giorgio Napolitano: “Pur rispettandone il ruolo, prescindo completamente dalla lettera del Capo dello Stato in quanto proveniente da un ex-comunista, che, pur in buona fede, non può evidentemente dimenticare il proprio passato, che lo vide plaudire all’invasione dell’Ungheria e che dal suo punto di vista non può non attribuire alla resistenza quel valore salvifico che in realtà non ha mai avuto”.
Non sappiamo se gli uomini del Pdl sono andati o andranno a vedere la mostra. Di certo Bignami sembra essersene già fatta un’idea chiara. “È una mostra propagandistica che neanche il Minculpop avrebbe fatto”. E detto da lui è quasi un complimento.
12 ottobre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

LA LETTERA INCRIMINATA

E'necessario uno sciopero e chi lo possa indire non me ne importerebbe più di tanto,visto che già si sta discutendo tra i sindacati se farlo uniti o divisi,sempre tormentati con i loro fantasmi presenti e futuri:svelti ad unirsi nel denunciare i manifestanti del 15 ottobre e subito agli opposti quando la politica entra nel mondo del lavoro.
Le dichiarazioni farneticanti riportate nella famosa"lettera"del neodvce Berluscojoni e del regime che esaltano il licenziamento facile(per motivi economici quindi sarà prossima una carneficina di lavoratori),lo slittamento delle pensioni a 67 anni e sempre più potere nelle mani di pochi a scapito della collettività,non possono che aver portato sconcerto verso i veri lavoratori,quelli dipendenti e che pagano le tasse al contrario degli altri(ci sono degli onesti pure tra imprenditori e liberi professionisti ma sono la netta minoranza).
Il ministro Sacconi dice che addirittura ci sarà un aumento di assunzioni con queste nuove regole decise da pochissimi per tutti:ma io mi chiedo se chi ha votato per il regime attuale pensi ancora che le decisioni dell'esecutivo siano sane o meno,che non gli vengano dei leggeri dubbi in mente(sempre che non sia già stata sputtanata dai media del biscione o controllati comunque dal premier pagliaccio)su cosa abbiano combinato nelle urne?
Appurato che l'opposizione attuale è alla canna del gas quasi come la maggioranza,l'ipotesi sciopero che però dev'essere continua e martellante come in Grecia(una bella settimanella a braccia incrociate che comporterebbe a patimenti economici sia a carattere nazionale che personale)è sempre più calda e chi non lo farebbe stavolta non avrebbe la stessa indulgenza ricevuta al confronto con quelli appena passati.
Unica nota è la giusta equiparazione tra dipendenti pubblici e statali,che hanno sempre avuto molti più privilegi di trattamento rispetto agli altri.
Articolo tratto da Indymedia preso dal quotidiano"Liberazione".

Licenziamo i licenziatori ! Avanti verso lo sciopero generale !

È scontro sull'ipotesi di modificare la disciplina sui licenziamenti contenuta nella lettera inviata dal governo al consiglio europeo.
Le opposizioni e i sindacati sono sul piede di guerra. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani parla di «inaccettabile minaccia», la Cgil annuncia che reagirà «con forza», Cisl e Uil promettono che se saranno fatte modifiche senza il consenso delle parti sociali sarà sciopero generale. «L'obiettivo è assumere, non licenziare», chiarisce il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «'Licenziamenti facilì - spiega Sacconi - è un titolo che serve solo a spaventare una società già insicura ma che non rappresenta le misure suggerite dall'Europa ed accolte dall'Italia con altre proprie integrazioni». Sacconi annuncia che sarà aperto «presto un tavolo di confronto con le parti sociali, che invitiamo ad approfondire il merito senza pregiudizi. I »no« - conclude - non fanno nè crescita nè occupazione. E tantomeno aiutano la stabilità». «Non abbiamo introdotto misure così negative come in Grecia, dove ricordo che ci sono state misure come il licenziamento di un numero importante di impiegati pubblici, la diminuzione del 25 per cento degli stipendi», afferma Silvio Berlusconi rivendicando la differenza tra le decisioni in cantiere per i dipendenti pubblici e quelle viste a Atene. «Nulla di tutto questo. Da noi - scandisce - c'è solo la mobilità, e la possibilità che degli impiegati pubblici siano messi in cassa di integrazione per periodi limitati». Bersani taglia corto: «Sono inaccettabili minacce di entrare a piè pari sul mercato del lavoro». Mentre più in generale Fli promette che non farà sconti al premier: «Berlusconi ha scritto la lettera all'Unione Europea da solo, senza alcuna consultazione delle opposizioni. Non cerchi Berlusconi coinvolgimenti ex post, non gli faremo sconti», dichiara Carmelo Briguglio, vicecapogruppo vicario di Fli a Montecitorio. «Norme a senso unico contro il lavoro e il modello sociale italiano sono all'interno di una lettera da libro dei sogni, incubi per la verità». Così invece la Cgil bolla la lettera annunciando che «il sindacato reagirà con la forza necessaria». Il leader della Cisl Raffaele Bonanni promette: «Se il governo dovesse, senza il consenso delle parti sociali modificare l'assetto dei licenziamenti la Cisl andrà allo sciopero. Non siamo d'accordo a mettere mano sui licenziamenti ci sembra una provocazione mentre il Paese ha bisogno di coesione». Fa eco la Uil: Se il Governo decidesse di modificare le norme sul lavoro, unilateralmente, saremmo costretti a promuovere uno sciopero generale«, si legge nella nota della segreteria nazionale.

Uno sciopero unitario? «Dateci il tempo di parlare». Così la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, ha risposto ai giornalisti che le chiedevano se fosse in preparazione uno sciopero unitario con Cisl e Uil, dopo le misure annunciate con la lettera di intenti del governo a Bruxelles. «Ci stiamo pensando - ha aggiunto Camusso - bisogna capire cosa in concreto il governo ha intenzione di fare, valuteremo tutte le possibilità, per il momento rimane certo l'appuntamento del 3 dicembre a San Giovanni a Roma».
www.liberazione.it

martedì 25 ottobre 2011

DI PIETRO E MARONI IN DELIRIO CEREBRALE

Ma vi rendete conto dei deliri post manifestazione del 15 ottobre(e credo anche post sbornia)che Di Pietro e soprattutto Maroni hanno esternato nei giorni scorsi tirando in ballo la Legge Reale degli anni settanta e maggiori impunità per gli assassini in divisa,come se già non avessero abbastanza carta bianca con la loro sporca licenza di uccidere?
Che Di Pietro sia nato sbirro e che morirà sbirro è fatto risaputo prima ancora della sua discesa in politica,garantista di un'ingiustiza tutta italiana(anche se negli anni 90 fece molto per annientare la Prima Repubblica)che vede lo sbirro al vertice della catena di distruzione e alla base il lavoratore,lo studente,il disoccupato,l'immigrato e lo sfruttato che sono schiacciati da questa piramide di prevaricatori e ladri assassini.
Poi Maroni in delirio da festa padana vuole innanzitutto fare lo psicologo sparando a zero sulle presunte condizioni degli sbirri che dal dopo Genova 2001 sono rimasti schiacciati dalla depressione per essere passati da vittime a carnefici:forse il ministro dell'inferno non si ricorda di Carlo Giuliani e la macelleria messicana di Bolzaneto oltre alle centinaia di feriti in città.
Di Pietro e Maroni,così distanti politicamente e così affini quando c'è da leccare palesemente il culo alle forze repressive del disordine dando poteri simili a quelli che sono in atto in Euskal Herria o in altri regimi dittatoriali:articoli presi da Indymedia e Senza Soste.
Maroni - Disegno di legge per "evitare la galera ai poliziotti".

fonte: Lettera43.it 22 ottobre 2011
Uno scudo anti-prigione studiato su misura per la polizia. È l'ultima di Maroni. Dopo gli scontri di Roma sabato 15 ottobre, le misure legislative prima annunciate e poi spiegate in Senato, il ministro dell'Interno ha illustrato l'idea anti-violenza: «È una protezione che voglio dare alle forze di polizia in modo che non ci sia un pm che le mandi in galera. Sono misure che sono pronto a portare al Consiglio dei ministri chiedendo un decreto legge perché quello che è accaduto a Roma non accada più», ha detto Maroni a Salerno al corso di formazione politica del Pdl.
UOMINI E DONNE DISTRUTTI. «Non abbiamo strumenti di prevenzione», ha aggiunto il leghista, «le vittime sono i poliziotti, uomini e donne, che dal G8 di Genova hanno la condizione psicologica di passare per carnefici, perché quando un poliziotto viene processato per aver fatto il suo dovere non solo è uomo distrutto, ma si diffonde una consapevolezza: 'perché dovrei fare qualcosa che mi distrugge la vita?'».

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Si scatena il delirio repressivo: ecco cosa prevedeva la legge Reale.
Il paese era insanguinato dalla violenza di destra e di sinistra. Erano gli anni di piombo quando, il 22 maggio del 1975, il governo Moro decise di ricorrere a «nuove disposizioni a tutela dell'ordine pubblico». Norme che oggi, dopo gli scontri di sabato scorso a Roma, il leader dell'Idv Antonio Di Pietro rimpiange, e che il ministro dell'Interno Roberto Maroni vorrebbe in parte rispolverare. I 36 articoli del testo voluto dall'allora ministro della Giustizia Oronzo Reale ampliavano, e di molto, il potere delle forze dell'ordine, sia per quanto riguarda l'uso delle armi che per il ricorso al fermo preventivo. La legge sanciva di fatto il diritto delle forze di polizia di utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l'ordine pubblico.

E ancora: il ricorso alla custodia preventiva veniva esteso anche in assenza di flagranza di reato, sempre che vi fosse il «fondato pericolo di fuga» di persone nei cui confronti vi fossero «sufficienti indizi di delitto concernenti le armi da guerra o tipo guerra». In questi casi, le forze dell'ordine erano autorizzate a effettuare un fermo preventivo di 48 ore entro le quali dovevano darne comunicazione all'autorità giudiziaria, chiamata a interrogare e a convalidare il fermo entro le successive 48 ore. Consentite, in caso eccezionali di necessità e urgenza, l'identificazione e la perquisizione sul posto, anche senza un provvedimento dell'autorità giudiziaria, per accertare il possesso di armi, esplosivi o strumenti di effrazione. Infine, la legge Reale vietava l'uso di di caschi o di altro per rendere non riconoscibile il volto dei cittadini durante le manifestazioni.

Tali misure furono criticate e contestate da chi le riteneva eccessive, vennero modificate più volte nel corso degli anni e, nel giugno del 1978, sottoposte a referendum. Ma il 76,5 per cento dei votanti decise di non abrogare la legge. La tenaglia della legge Reale fu allentata nel corso degli anni, via via che andava scemando il pericolo del terrorismo interno. Ulteriori modifiche sulla riconoscibilità delle persone nei luoghi pubblici e sulle espulsioni all'estero sono state introdotte nel 2005, con l'entrata in vigore della cosiddetta legge Pisanu per il contrasto del terrorismo internazionale«. Con la pubblicazione del 'Libro Bianco sulla legge Realè, nel 1990, il centro d'iniziativa Luca Rossi ha calcolato che, proprio a seguito dei maggiori poteri attribuiti alle forze di polizia, dal 1975 a metà del 1989 sarebbero state uccise 254 persone e 371 ferite. Nel 90 per cento dei casi - secondo la ricerca - le vittime non possedevano nemmeno un'arma da fuoco al momento del confronto con le forze dell'ordine.
tratto da http://www.controlacrisi.org
18 ottobre 2011

sabato 22 ottobre 2011

I GAS LACRIMOGENI UCCIDONO

La morte del manifestante cinquantatreenne M.Dimitris Kotsaridis avvenuta negli scorsi giorni ad Atene durante i duri scotri contro la polizia per protestare contro la tragica situazione economica greca ha avuto già diverse interpretazioni,passando dall'infarto arrivando al trauma subìto per una pietra lanciata,mentre prende piede l'ipotesi che a causare il decesso del sindacalista del Pame sia stato l'avvelenamento da gas lacrimogeno,usato in abbondanza dalla celere ellenica.
Già qualche mese addietro su questo blog era stato spiegato la nocività di tali artifizi utilizzati dalle forze del disordine per disperdere le folle in occasioni di scontri,e in quel particolare caso si trattava di Chiomonte in Val di Susa(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2011/07/anche-da-noi-armi-chimichese-gia-non-lo.html )e nonostante la provata pericolosità di tali armi chimiche la polizia continua ad utilizzarle nei propri raid omicidi.
I due articoli proposti sono tratti da Indymedia Lombardia e dal quotidiano"Europa",mentre segnalo una news sempre di Indymedia ed i relativi commenti per farsi un'idea degli screzi avvenuti all'interno della manifestazioni greche visto che si è fatta molta confusione sul ruolo che hanno avuto il KKE,il Pame(ed i loro servizi d'ordine)e gli anarchici presenti(http://italy.indymedia.org/node/1635 ).

[Grecia] manifestante muore per effetto del CS sparato dalla polizia.
53-year old demonstrator Dimitris Kotsaridis dies from police chemical warfare – translation of official medical report
LATEST UPDATE, 18.26: The 53-year old demonstrator was a member of the stalinist union, PAME. His name was Dimitris Kotsaridis. It is officially confirmed by the hospital’s report that the 53-year old carried no head injuries as originally reported, and that he has died from inhaling an excessive amount of asphyxiation gas shot by the police.
A rough translation of the official medical report from the Evangelismos hospital:
At 16.45 this evening a 53-year old male was brought to our hospital by the Ambulance Service with no pulse, no breathing mydriasis and an isoelectric line in his cardiogram. He carried no wounds, yet the doctors’ attempts to resuscitate him proved fruitless.

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La Grecia insanguinata.

Un sindacalista comunista è morto ieri durante scontri violentissimi tra manifestanti del Pame, il potente sindacato del Kke, il partito comunista della Grecia, e giovani incappucciati nel momento in cui, a pochi passi, dentro al parlamento in un clima eccessivamente teso si stava discutendo sul maxi disegno di legge che prevede nuovi tagli e sacrifici per i greci.
Fin dalle prime ore di ieri, seconda giornata di sciopero generale, il paese era paralizzato. Decine di migliaia di persone si stavano radunando nella plateia Syntagmatos (piazza della Costituzione) ad Atene e in altre piazze delle principali città greche.
Nonostante le ingenti forze di polizia schierate e gli scontri del giorno precedente tra giovani incappucciati e poliziotti in tenuta antisommossa, che avevavo trasformato il centro della capitale in un vero campo di battaglia, la gente non si è fatta intimidire.
Mercoledì erano 500mila i manifestanti, ieri un po’ meno: dipendenti pubblici, professionisti, commercianti, giovani, pensionati, lavoratori di ogni categoria e addirittura poliziotti che aderiscono alla protesta.
A differenza però dei giorni precedenti, dove gli scontri cominciavano con il solito lancio di sassi e bottiglie molotov da parte di piccoli gruppi di incappucciati e con gli attacchi dei poliziotti contro manifestanti pacifici, ieri il sindacato comunista Pame ha deciso di schierarsi a protezione del monumento al Milite ignoto, che sorge a lato del parlamento.
Al nutrito lancio di pietre scagliate da decine di giovani, vestiti di nero e muniti di maschere anti-gas, contro i manifestanti pacifici, il servizio d’ordine del partito comunista, con dei bastoni in mano, ha reagito, cercando di allontanare gli incappucciati. La polizia solo dopo più di mezz’ora è intervenuta con lanci di lacrimogeni, ma giá la plateia Syntagmatos si era trasformata in un campo di battaglia.
Almeno quaranta i feriti, da entrambe le parti, mentre il 53enne sindacalista del settore edile affiliato al Pame, secondo le prime testimonianze, si sarebbe accasciato al suolo dopo essere stato colpito alla testa da una grossa pietra. I compagni del sindacalista invece sostengono che l’uomo é svenuto a causa di un lacrimogeno scoppiato a pochi passi da lui.
I sanitari dell’ospedale Evanghelismos, dove il 53enne era stato ricoverato, hanno detto che l’ uomo era arrivato già in fin di vita, ma è morto d’ infarto. Più tardi quadri del Kke, riferendosi ai giovani incappucciati, hanno parlato di provocatori e collaboratori dei servizi segreti che mirano alla destabilizzazione del paese.
Intanto, in un clima di altissima tensione è andato avanti fino a sera il dibattito parlamentare sul nuovo programma “lacrime e sangue”. Le critiche più dure contro l’austerità imposta dal governo che «ha lasciato intatti i redditi alti e le reti mafiose che rubano tuttora il denaro pubblico» non sono arrivate tanto dalla sinistra o dai conservatori, ma dagli stessi parlamentari socialisti. «Perché il governo non ha imposto una tassa straordinaria alle seimila imprese che hanno un fatturato sopra ai 200 miliardi di euro, oppure a chi dichiara redditi superiori ai 100 mila o è in possesso di proprietà sopra ai 500mila di euro?», ha detto Alexis Tsipras, leader della Coalizione della Sinistra Syriza.
L’unica buona notizia per il premier Papandreou é arrivata da Berlino. La Grecia, secondo un documento citato dall’ agenzia tedesca Dpa, ha rispettato le condizioni per ottenere la sesta tranche da 8 miliardi del piano di salvataggio.
Ma l’andamento dei conti resta estremamente preoccupante. La sostenibilità del debito greco, recita il rapporto della troika, «è peggiorata notevolmente a causa dei ritardi nella ripresa economica, nel consolidamento fiscale e nel piano di privatizzazioni », ma anche «alle incertezze politiche, alle proteste, scioperi e manifestazioni di massa».
Trent’anni fa, il 18 ottobre 1981, il Pasok, fondato nel 1974 da Andreas Papandreou, padre dell’attuale premier Georgios, vinceva per la prima volta nella sua storia le elezioni. Sul piano politico, l’avvento di Andreas Papandreou al potere segnò la stabilizzazione del sistema democratico con la fine dell’ideologia anticomunista, risultato di una guerra civile vinta dalle forze reazionarie del paese, e l’esclusione dei militanti della sinistra dai meccanismi dello stato.
Sul piano economico, il primo governo di Andreas Papandreou ha contribuito sensibilmente al miglioramento del livello di vita dei greci aumentando il reddito delle classi piú deboli. Oggi Georgios Papandreou si trova a guidare un governo che licenzia i lavoratori, taglia le pensioni e gli stipendi, abolisce i contratti collettivi di lavoro e mette in mobilità oltre 30mila dipendenti pubblici.

venerdì 21 ottobre 2011

EL ALAMEIN E LE SPESE MILITARI

Si terrà domani pomeriggio a Livorno la contromanifestazione in occasione della disfatta italiana che avvenne nel 1942 ad El Alamein in Egitto,dove l'asse nazifascista italo-tedesco tentò di perpetrare l'aggressione e l'occupazione coloniale in Africa cominciata nel primo decennio del secolo scorso(da parte italiana).
Essa non solo è stata organizzata per protestare a fronte dei nostalgici fascisti e folgoratti che sfileranno per la città labronica,ma vuole pur essere un megafono per alzare la voce della gente che protesta giustamente contro lo sperpero enorme di pubblico denaro investito in spese militari che in Italia arriva a parecchi milioni di Euro senza contare i miliardi consumati dagli eserciti degli Stati di tutto il mondo.
Il contributo odierno tratto da Senza Soste spiega meglio i perché di tale manifestazione.

Basta spese militari. Stop El Alamein: sabato 22 manifestazione ore 16.30 piazza Garibaldi.
CONTRO LA CRISI
Basta spese militari. Stop El Alamein
Sabato 22 ottobre ci sarà come ogni anno a Livorno la parata militare dei nostalgici di El Alamein, con l'occupazione mattutina dello stadio e pomeridiana della Rotonda d'Ardenza per il solito sfoggio di armi e strumenti di morte.
Nell'ottobre del 2010 una grande manifestazione unitaria, per la prima volta in quella occasione, portò in piazza l'opposizione al militarismo, alla guerra, alle spese militari, ai tagli e ad ogni nostalgia fascista, contro gli attacchi alla scuola pubblica ed ai lavoratori. Rispetto allo scorso anno la situazione per le fasce più deboli e più povere della popolazione si è solo aggravata. La concertazione e le manovre finanziarie del governo affondano sempre più le mani nelle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici. Con il ricatto del debito si impone a chi già è sfruttato di pagare sulla propria pelle il mantenimento dei privilegi della classe politica, di Confindustria e dei padroni, dell'esercito e dei settori militari.
Le spese per gli armamenti nel 2010 hanno raggiunto i 23 miliardi e mezzo di euro, 29 miliardi sono stati investiti per acquistare aerei caccia, caccia bombardieri F-35 ed elicotteri da guerra. Questa primavera la guerra imperialista alla Libia combattuta anche dalle forze armate italiane, ha portato con le bombe morte e devastazione in Libia e devastazione sociale in Italia con montagne di euro spese per finanziare la “missione”.
In questo contesto non possiamo non rimarcare le responsabilità di questa amministrazione sempre servile nei confronti della Folgore, oltre che ambigua e doppiogiochista nei confronti delle guerre di aggressione che si ripetono di volta in volta.
Quindi la necessità di scendere in piazza il prossimo 22 ottobre è ancora più forte, in quanto ci troviamo di fronte ad un duro attacco agli strati popolari, ai lavoratori, ai precari, agli studenti, ai disoccupati, ai pensionati, ai migranti. E vogliamo farlo costruendo una manifestazione che si inserisca nel più generale percorso di lotta contro la crisi imposta dai governi e dai padroni.
Alla luce delirio mediatico che si è scatenato dopo la giornata del 15 ottobre a Roma, riteniamo che questa manifestazione sia ancora più importante per dimostrare che la reazione dal basso contro questa crisi non potrà certo essere arrestata dalla nuova Legge Reale invocata da Di Pietro, dalle minacce di Maroni o dal linciaggio mediatico di Repubblica.
Sabato 22 ottobre Manifestazione con concentramento P.zza Garibaldi ore 16.30
Comitato promotore 22 ottobre
Adesioni: Centro Politico 1921, Collettivo Anarchico-Libertario, Confederazione Cobas Coordinamento studentesco livornese, Csa Godzilla, Federazione Anarchica Livornese, Federazione della Sinistra, Libera Università Popolare “Alfredo Bicchierini”, Medicina Democratica, Partito Comunista dei Lavoratori, Sinistra Critica, Teatrofficina Refugio, Unicobas, Unione Inquilini, Unione sindacale di Base, Vertenza Livorno
Ha annunciato con un comunicato la partecipazione al corteo: Sinistra Ecologia e Libertà

giovedì 20 ottobre 2011

RAIS!

E via un altro dittatore...così staranno dicendo i capi degli Stati occidentali e la maggioranza della popolazione di tali nazioni vedendo il cadavere insanguinato dell'ex leader libico,sulla cui morte aleggiano ancora misteri partendo dalle fotografie che circolano in rete piuttosto che alla ricostruzione delle ultime sue ore.
E pure la maggioranza dei libici esulta dopo che l'ultimo baluardo dittatoriale del nord Africa è caduto dopo che i suoi maggiori alleati(in primis l'amico Berlusconi)gli avevano girato le spalle in un batter d'occhio pur anelando nello stesso modo alle risorse naturali della Libia.
E sempre il nostro premier che commenta lapidario"Sic transit gloria mundi"(Così passa la gloria del mondo)forse non rendendosi conto che questa tra poco sarà la sua fine(in senso politico)e scambiando nella citazione un Transit per una Escort(licenza satirica).
Il breve articolo tratto da Infoaut racconta presumibilmente la cronaca degli ultimi istanti di vita di un personaggio accantonato prima dagli amici esteri e poi via via dal suo popolo e da molti suoi fedelissimi,già pronti a salire sul carro dei vincitori mimetizzandosi assieme ai miliziani ribelli(alcuni erano riusciti in tale intento anche a casa nostra nel 1945).
Segnalo un paio di articoli sul rais e sulla Libia scritti in questo blog(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2009/06/omar-al-mukhtarpartgiano.html e http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2011/03/in-guerra-sventolando-sorridenti-il.html )
lasciando commenti ed altre argomentazioni in un futuro prossimo.

Gheddafi è morto,ombre sulla sua fine.

Un giornalista di al Jazeera afferma di avere visto immagini girate con un cellulare che mostravano come il colonnello ancora vivo al momento della cattura. Esecuzione sommaria? Certo la sua fine mette al riparo diversi capi ribelli del Cnt che avevano dominato e oppresso la Libia assieme a Gheddafi
Mentre i ribelli del Cnt celebrano con la cattura dell’ultimo bastione lealista Sirte la loro vittoria finale e la fine della guerra civile, resta avvolta nel mistero la morte di Muammar Gheddafi. Secondo la versione data Libya Tv gli avrebbero sparato un colpo alla testa e questo accredita la tesi di coloro che sospettano che il leader libico sia stato ucciso sommariamente da coloro che lo avevano fatto prigioniero. La foto del colonnello morto con il viso insanguinato circola da alcune ore sui media. Il giornalista di al Jazeera Tony Birtley afferma di avere visto delle immagini girate con un telefono cellulare che mostravano come Gheddafi fosse ancora vivo al momento della cattura.
Sono diverse anche le versioni circolate sinora sulla cattura del colonnello libico. Sarebbe stato trovato nascosto in una buca, in una casa privata di Sirte, per altri invece, un convoglio di 40 veicoli di fedeli a Gheddafi è stato colpito da aerei della Nato mentre stava cercando di fuggire da Sirte verso ovest. In uno scontro a fuoco il rais sarebbe stato ferito a entrambe le gambe e portato verso Misurata a bordo di un aereo ma è arrivato morto.
La caduta di Sirte è avvenuta stamani, in seguito all’ultimo assalto lanciato dai ribelli del Cnt alle postazioni dei lealisti. Sono stati arrestati anche il figlio di Gheffadi, Mutassim, il capo dei servizi segreti Abdallah Senoussi e il portavoce governativo Moussa Ibrahim.
Da Nena News

martedì 18 ottobre 2011

GUERRA INDOTTA

Tra l'infinità di commenti post 15 ottobre che stanno proliferando in rete e che spaziano su un pò di tutto ho scelto uno di Indymedia(e anche qui volano parole grosse e minacce tra chi dovrebbe stare sullo stesso fronte almeno sulla carta)che spiega qualcosina su quello che giornalisti,politici e sbirri(gli stessi presi in causa ieri:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2011/10/politici-e-giornalisti-fate-pena.html )stanno facendo,ovvero l'ennesimo tentativo di lacerare il movimento di lotta antagonista di sinistra e antifascista.
E'lapalissiano che un fronte costituito da numerose realtà affini ma talvolta molto distanti non possa trovarsi pienamente d'accordo su tutto quello che possa concernere una linea politica da prendere come esempio,ma da qui a sputtanarsi a vicenda come sta accadendo in queste ore è di una scemenza ed infamia cieca e totale.
Non posso concepire come chi si definisce ancora"compagno"possa aiutare gli sbirri nelle proprie indagini nella denuncia dei rivoltosi che si espongono maggiormente(sia in termini di incolumità personale che giuridica);prima si manifesta contro il regime(e le forze dell'ordine sono il loro braccio armato istituzionale)e poi con la coda tra le gambe ci si rivolge a quelli che stanno calpestando i nostri diritti e libertà:a stronzi svegliatevi!!!
Senza dimenticarsi che anche le merde in divisa in queste ore stanno scioperando e manifestando contro chi da loro il denaro ed il mandato per picchiare,arrestare ed uccidere praticamente rimanendo impunito,che anche questo è un bel dire,non so se rendo l'idea!
Nel caso che la sinistra fosse stata al comando eravamo già in fase colpo di stato?
La lotta è l'unica via possibile per portare avanti un percorso di giustizia sociale e di libertà personale e se questo fa storcere il naso ai"compagni"che sputtanano bene,che si possano inculare e alle prossime elezioni che vadano a farsi rappresentare ancora da rapanelli piddini o simil rappresentatori che vogliano,ed il discorso vale pure con i sindacati che hanno trovato la forza finalmente per ricongiungersi:per diffamare la gente che rischia la vita e la galera per cambiare qualcosa.

L'indignazione sotto al cappello di politici e polizia. I delatori stanno al gioco.
Il movimento si sta rivelando un covo di infami. Il grosso problema posto dagli scontri del 15, e mi riferisco a quelli prima del confronto con la polizia a San Giovanni, con il danneggiamento indiscriminato e senza obiettivi che ha inficiato lo spitrito pacifico della manifestazione, va risolto all'interno del movimento.
Temo di più chi si trasforma in delatore e informatore della polizia che una frangia lucidamente violenta. Quella la puoi contenere, i primi no. Una volta che hai agito da infame è facile commettere il gesto una seconda volta, con meno scrupoli morali.
Tutti sapevano che sarebbe accaduto. Che uno spezzone avesse intenzione di scontrarsi e praticare azioni di guerriglia era noto. Nelle ultime 24 ore circolavano anche dettagli su di esse. Lo sapevano anche i giornalisti e per questo motivo, a quanto pare, alcune non sono state nemmeno eseguite.
Così come mi viene da sospettare che se l'aspettassero i promotori, come dimostra la paura di tradurre in italiano lo slogan internazione e la sua edulcorazione in una versione diversa.
Era una manifestazione senza veri obiettivi e senza piattaforma politica. Non aveva uno scopo preciso e c'è stato dentro di tutto, come rileva la cronaca di SenzaSoste ( http://www.senzasoste.it/nazionale/senza-soste-cronaca-e-commento-sulla-... ).
E' finito il tempo delle manifestazioni oceaniche del passato con funzione di dibattito politico.
La base non riveste più un importante ruolo di indirizzo nelle scelte della politica. Gli stessi partiti e sindacati non l'hanno capito.
E così i movimenti.
Il dibattito è diventato un monologo e la piazza si è riempita di individui, con i propri problemi personali, incapace di porre un discorso unico, inclusivo, solidale. E come individui si comportano.
Dove invece l'obiettivo politico è stato vissuto come un problema collettivo, la popolazione ha tenuto testa alle forze armate e ha rovesciato governi. Senza voler parlare delle dittature arabe, Bolivia e Argentina sono un esempio.
I delatori stanno così raccogliendo l'assist della politica che non han perso l'occasione per far propria a parole l'indignazione dei manifestanti.
Nel mettergli il cappello, i politici hanno spostato il portato semantico. Il loro messaggio è: siamo con voi perchè la crisi è ingiusta e non l'avete prodotta voi.
Probabilmente ci sono anche manifestanti dell'ultima ora che la intendono così, altrimenti si sarebbero svegliati prima che la crisi arrivasse alle proprie tasche.
Ma il concetto dell'indignazione che sta prendendo la scena mondiale è che essa sia stata prodotta da un sistema sbagliato e non da un errore occorso in quel sistema, per fatalità o colpa di un suo elemento.
La polizia ha invece usato scientificamente i disordini per fini sindacali. Gli stanno tagliando le risorse e il casino ingestibile, in larga parte palesemente non gestito a bella posta, è un'arma da rivolgere contro la politica per costringerla a scucire i soldi.
L'empatia improvvisa verso la polizia, con la conseguente corsa alla delazione, è come le fiction sui carabinieri: slegata della realtà.
Anzichè fornirgli fotografie, domanderei con insistenza perchè si sia gestita la piazza in quel modo, accettando un fronteggiamento prolungato che avevano la possibilità di concludere molto prima.
La logistica di San Giovanni permetteva un facile accerchiamento, ma l'hanno nemmeno tentato; i caroselli dei blindati, oltre che il rischio di investire qualcuno, causavano un'evidente euforia e un bersaglio fin troppo semplice da colpire e magari da isolare.
Non c'è stata carica di uomini, nessuno scontro fisico.
Perchè?
Di solito quando si usano i blindati questi servono da sfondamento per agevolare la carica.
Qui non è mai avvenuto. Era un gioco a rimpiattino voluto e caldeggiato.
La prevenzione e le informative dei servizi segreti, di cui si parla sempre, non si sono viste, nemmeno sui giornali, abituati ad amplificarle puntualmente. Come mai, se era tutto annunciato?
Non solo quindi le ff.oo.han contribuito a fomentare il caos che gli indignati hanno subito, ma oggi racolgono anche i frutti della delazione da quelle stesse persone.
Grazie alle soffiate verranno probabilmente arrestate numerose persone che si son lasciate prendere la mano dall'euforia di vedere per una volta la piazza tener testa alle camionette, e magari hanno lanciato un sasso senza nemmeno pensare a bardarsi troppo, perchè il loro intento non era quello ma ci si sono trovati in mezzo.
Temo che pagheranno coloro i quali non avevano messo in conto il proprio coinvolgimento diretto, piuttosto di chi aveva scelto il rischio di esporsi scontrandosi.
La polarizzazione della reazione emotiva, e per niente ragionate, in "polizia buona - incappucciati da denunciare", taglia qualsiasi riflessione sull'insieme della cause che han prodotto il delirio del 15.
Da sabato cambiano i rapporti tra i gruppi del movimento e, se non si risolve la spaccatura tramite un dialogo interno, rimarranno solo le delazioni e le fratture.
Un risultato molto peggiore di 10 anni fa.

lunedì 17 ottobre 2011

POLITICI E GIORNALISTI FATE PENA

Di commenti per lo più superflui dopo la guerriglia di sabato scorso a Roma ce ne sono a bizzeffe on line e quello che posto oggi vuole essere per lo più un riferimento alla condanna unanime che stampa e politica parlamentare hanno tributato alle forze del disordine.
A parte le ragioni degli indignati,dei pacifisti,dei rivoltosi o dei semplici teppisti a Roma ed in tutto il mondo il messaggio è stato chiaro e la voglia di non pagare gli sperperi di pochissimi con i soldi di molti(troppi!)è stata urlata dappertutto.
E le rappresaglie di questi giorni contro gli anarchici in tutto il paese sono lo sfogo personale di un ministro(soMaroni)che evidentemente non è capace di svolgere il suo lavoro strapagato:e solo il fatto di annusare la sottana dello sbirro Di Pietro su un inasprimento delle condanne per i fermati e l'invenzione di altri per soffocare il movimento antagonista getta nuova merda su tutta la politica nostrana.
I politici attualmente al regime ed all'opposizione non mi rappresentano minimamente ed il fatto che tutti si siano uniti al coro in difesa di sbirri e assassini vari è la dimostrazione del mio assoluto schifo verso queste persone(uomini e donne di merda),con Alemanno che ha fatto scontri in piazza e peggio fino all'altroieri e che è già nel codazzo di politicanti e giornalisti che spandono merda sui ragazzi dei disordini e su chiunque non la pensi come lorsignori.
Io condanno loro,tutti i politici di tutti i colori presenti in questa legislatura e tutti i giornalisti di carta straccia che si vendono come troie al padrone,sostengo la lotta ed il movimento e dò tutta la mia solidarietà a tutta la gente che sabato ed in questi giorni è stata fermata,arrestata o massacrata di botte.

La carezza del celerino. Repubblica alla testa del movimento.
In queste ore tutti gli organizzatori che affermano "i black bloc ci hanno rubato la manifestazione" non farebbero male a dare un'occhiata a chi si è preso la testa del movimento. Già perchè settimane di "percorsi", riunioni, scazzi, mediazioni fatte e disfatte sulla composizione e sulla testa del corteo non hanno ovviamente impedito che Repubblica, al momento ritenuto opportuno, si prendesse il movimento.
E' bastato valutare, nel fine settimana, la redditività dell'affare. Stiamo scherzando? Proprio no. Un ala di movimento frammentata, rissosa e confusa che ha puntato tutte le sue carte identitarie sull'estraneità dei "violenti" dalla manifestazione adesso ha solo i media che la tengono in piedi. E che certificano il carattere civile, nonviolento e propositivo della manifestazione. Basta però un clic di mouse, che avverrà quando gli indignati saranno notizia vecchia o dovranno fare posto al processo su Sarah Scazzi, che la visibilità di questo movimento è destinata a dissolversi.
Dopo la giornata di sabato dal punto di vista mediatico, quello che conta in politica altro che la testa del corteo, gli indignati sono una notizia minore. Piaccia o non piaccia in questi giorni le star non hanno la faccia perbene del collettivo che scrive a Napolitano, del creativo che vive a metà tra il mondo pubblicitario e i cortei post laurea, tutta roba che fa audience per il genere pietistico "sono come noi ma non trovano lavoro".
Le star televisive, che per qualche giorno conteranno più di X-Factor, hanno felpe, cappucci, sono agili, veloci. Tv generaliste, satellitari, grande stampa.
Tutto quello che un precario perbene che crede nella mediazione di Napolitano per principio non avrà (giustamente) mai nella vita. Si tratta quindi per Repubblica di gestire una notizia oggi minore, gli indignati, prendendo di fatto la testa di un movimento messo nell'ombra, impaurito e confuso. Perchè le aspiranti star del venerdì possono finire nell'ombra il lunedì , i media sono impietosi, ma la gestione della loro caduta può comportare un certo profitto.
Perchè un giornale e un sito si riempiono anche con le notizie che, giocoforza, sono destinate a scendere in basso nella foliazione o nelle feature. Ma le notizie minori non è detto che non scatenino i creativi.
Primo punto della linea di Repubblica sul movimento: creare un'empatia tra poliziotti e manifestanti pacifici.
Ecco quindi l'effetto carezza del celerino. Recita Repubblica

"in questa sequenza gli occhi di un celerino incontrano quelli di una manifestante e teneramente la mano del poliziotto si poggia sul viso della ragazza quasi ad anticiparle un bacio".

Ecco la fotosequenza
Come si può vedere titolo e didascalia sono completamente inventate rispettoalle foto. Ma la linea è creare empatia tra indignati e forze dell'ordine. E, si sa, le forzature servono a far passare la linea. Il giornale di Ezio Mauro è alla testa di un movimento mica sorbole.
Secondo punto. Creare un recinto per reti e collettivi del movimento pacifico dove si dà loro visibilità in cambio della condanna ai violenti.
Ecco qua

E così il movimento è domato. Contenuti e visibilità per i grandi numeri li regola Repubblica. Empatia con i celerini e condanna infinita per i violenti. Al quotidiano di Ezio Mauro era andata male sabato. Aveva già preparato la candidatura di Mario Draghi come principale sponsor degli indignati. Sarebbe stato come candidare Gianni Agnelli alla guida dei metalmeccanici. Ma allora non funzionava certo, ora si. Basta vedere il lessico: in meno di cinque minuti Alemanno si è già impadronito del termine "indignato". Perchè è troppo generico. Puo' essere usato ma anche stravolto da tutti. Non crea egemonia ma è a rischio di infiltrazioni. E infatti Draghi, con il partito Repubblica, era pronto a scendere in campo per confondere i ruoli, neutralizzare le spinte di lotta, disperdere con la strategia del sorriso. Poi è successo quello che è successo e in poche ore Repubblica ha preso ugualmente il controllo del movimento.

Indignati, ma una forma di lotta contro Repubblica mai eh? C'è chi prende la testa del corteo saltando settimane di sfibranti riunioni e chi la testa di un movimento nel momento più difficile magari decidendolo davanti alla macchinetta del caffè.

(red) 17 ottobre 2011

sabato 15 ottobre 2011

LE BANCHE E LA CRISI

Nel giorno della protesta globale che accomuna molti movimenti e soprattutto quello degli indignados per protestare contro chi vuole farci pagare la crisi,ecco un'articolo di Mazzetta preso da Indymedia  che descrive qualche motivo per avercela con le banche e con i governi che hanno permesso la nascita e la proliferazione di questa crisi economica che sfora nel sociale.
Le banche,coccolate dai governanti ma pronte a girarsi indietro per mordere la mano di chi gli dà loro da mangiare,sono piene di faccendieri e personaggi più o meno noti e più o meno invischiati con la politica che a nome di milioni di persone stringono alleanze con i regimi nazionali da cui ricevono valangate di soldi,spartendosi gli utili se va bene e facendo pagare ad altri se va male.
In parole spicce paesi come l'Italia forniscono soldi a tasso zero alle banche perché non possono fallire loro(troppi amici di amici che hanno mani in pasta di qui e di là)e quando le banche prestano denaro all'Italia vogliono tassi altissimi,intanto ci siamo noi poveri pirla a pagare.
Ma la gente si sveglia,s'incazza e farà di tutto per far pagare a chi di dovere il maltolto,augurandosi la promulgazione di leggi con delle pene severe per questi criminali a piede libero.

Perché ce l'hanno con le banche.

Un monumentale articolo di Mazzetta che spiega con un linguaggio semplice e numeri incontestabili i motivi delle mobilitazioni in corso
Negli ultimi due giorni mi sono imbattuto un un sacco di gente che derideva quelli che parteciperanno alla manifestazione di domani, ormai oggi, perché se la prendono con le banche e perché hanno idee perniciose e confuse come il rifiuto di pagare "il debito".
Curioso, ma ancora più curioso è stato scoprire che persone normalmente informate e sveglie esprimessero punti di vista totalmente infondati. Non so come possa accadere, il rumore nel discorso pubblico nel nostro paese è mostruoso, ma non credevo fosse così potente da abbagliare anche gente normalmente avvertita, che pare venuta su in un mondo di fantasia quando s'arriva a discutere di soldi.
Dev'essere la scarsa abitudine a discutere di questioni politiche serie, la società dello spettacolo offre per lo più occasioni adatte al grande pubblico incentrate di preferenza su questioni bagatellari e quando cominciano a parlare gli economisti tutti tacciono e annuiscono anche se non capiscono.
Poco importa che gli economisti e gli esperti di finanza si siano dimostrati collusi con chi ha combinato il disastro, poco importa che ripetano le stesse ricette che ci hanno spinto al disatro e ancora meno sembra importare che raccontino balle, facilmente verificabili come tali facendo due conti
Dice oggi La Repubblica, purtroppo in un articolo non troppo in evidenza:
MILANO - Il conto per il salvataggio delle banche occidentali dal crac continua ad aggiornare i suoi record. Dal fallimento della Lehman (settembre 2008) fino al 5 giugno scorso – certifica R&S Mediobanca – i contribuenti europei e americani avevano già staccato un assegno da 2.700 miliardi per puntellare i bilanci degli istituti (privati) di credito. Una montagna d´oro pari al debito di Italia, Spagna e Grecia messe assieme. E da allora il tachimetro del salva-banche non ha mai smesso di correre: Parigi e Bruxelles hanno appena messo sul piatto 95 miliardi per evitare il fallimento di Dexia. Copenhagen ha inondato il mercato interbancario nazionale con 54 miliardi di liquidità per scongiurare – come vaticinava il Financial stability board – la chiusura di 75 delle 90 banche danesi.
La bolletta degli aiuti pubblici alla grande finanza è arrivata così a un soffio dai 3mila miliardi in tre anni, qualcosa come 2,6 miliardi al giorno. E il pressing per convincere il nascituro Fondo salva stati a lanciare un salvagente al credito continentale dovrebbe consentire di superare in agilità e in tempi brevi anche questa astronomica soglia.
Josè Manuel Barroso, al riguardo, è stato categorico. La valanga di soldi statali spesi per mettere in sicurezza il settore (1.270 miliardi in Europa e 1.479 negli Usa secondo i calcoli certosini di Piazzetta Cuccia) non è bastata ancora a risolvere i suoi problemi. Anzi, siamo solo all´antipasto: «Gli istituti europei devono essere urgentemente ricapitalizzati», ha ammesso mercoledì il presidente della Commissione Ue. E anche se la priorità è procedere «con finanziamenti privati», è chiaro a tutti che alla fine, con i mercati in fibrillazione, a fare la parte del leone per tappare i buchi saranno di nuovo i fondi pubblici. Quanti soldi servono? Secondo gli analisti un´altra iniezione di liquidità da 200 miliardi di euro circa. Quasi il doppio della cifra necessaria per salvare l´intera Grecia dal fallimento.
A mettere in ginocchio le banche – ancora convalescenti dopo la sbornia dei subprime – è stato negli ultimi tempi un uno-due da brividi: la crisi dei debiti sovrani che ha sforbiciato il valore dei titoli di stato dei paesi più a rischio nei loro portafogli e la difficoltà a raccogliere fondi per finanziare le attività. Sul mercato, sostengono i dati della Bce, c´è un eccesso di liquidità vicino ai 200 miliardi. Gli istituti però – preoccupati ognuno di mettere ordine in casa propria – non si prestano più soldi tra di loro e anche le altre fonti di finanziamento si sono improvvisamente inaridite: il mercato dei bond è congelato, con le emissioni di nuovi titoli scese tra giugno e settembre del 72% rispetto allo stesso periodo del 2010. E i fondi monetari americani, calcola Jp Morgan, hanno ridotto di 700 miliardi i loro prestiti alle banche europee che non sono ritenute più affidabili come una volta.
Risultato: di soldi se ne trovano pochi. E se si trovano è solo a tassi altissimi. E la stretta del credito, questo è il timore delle autorità, rischia di trasmettersi in tempi brevi sui clienti. Bloccando (e alzando il costo) dei finanziamenti a cittadini e imprese con il rischio di mandare in tilt l´economia continentale spingendola verso il baratro della recessione.
L´allarme, come testimoniano le dichiarazioni di Barroso e quelle di Jean-Claude Trichet «servono interventi rapidi per le banche», ha detto il governatore uscente della Bce) è già rosso: la crisi di Dexia, per dire, è figlia proprio di questo circolo vizioso sulla liquidità. E qualche preoccupazione c´è anche per la situazione italiana: i big tricolori – in difficoltà nella raccolta di fondi sul mercato – hanno iniziato a battere cassa sempre più spesso con la Bce. A settembre, ad esempio, hanno chiesto a Eurotower ben 104 miliardi di finanziamenti, un record pari al 235% in più di quanto prelevavano dalla banca centrale la scorsa primavera.
Il futuro, insomma, è già scritto. L´Europa – pena il collasso dell´economia – non può permettersi di abbandonare al loro destino le banche facendole fallire; i privati, con le Borse in crisi, non hanno soldi per sostenerle; i fondi sovrani dei paesi emergenti si sono già scottati le dita realizzando minusvalenze da paura sui big del credito Usa all´epoca dei salvataggi del 2008. A saldare il conto rischiano di essere di nuovo i contribuenti. E il salvagente da 3mila miliardi stanziati finora per tenere in piedi le banche rischia, purtroppo, di essere solo una caparra.
Se non bastasse, per completare il conto della serva c'è un'altra montagna di soldi che si è spostata oltre la frontiera delle "banche occidentali", basti pensare a quanto hanno impegnato i giapponesi, che devono pagare anche i conti dei danni provocati dal terremoto, dallo tsunami e dalle centrali della Tepco, che ovviamente non aveva nemmeno i soldi e le risorse per far fronte alla prima emergenza, figurarsi a rimediare i danni.
Ma ci sono anche esenzioni e agevolazioni fiscali, garanzie e altri valori che sono state trasferite alle banche, ai quali bisogna aggiungere i capitali e ai risparmi dei privati che sono andati in fumo, un'altra montagna di denaro.
Una montagna che però non era e non è stata sufficiente a coprire le scommesse sul tavolo della finanza, così è stato permesso alle banche e alle società finanziarie di mettere a bilancio valori fittizi, per far quadrare i conti nella speranza che "la crescita" e "la ripresa" li avrebbero lentamente riportati vicino alla linea di galleggiamento. Com'era prevedibile e previsto è andata male e adesso servono altri soldi.
I soldi pubblici sono serviti a far ripartire la giostra, con le stesse modalità di prima e con in più la garanzia esplicità d'impunità. Nessuno è stato punito per il disastro del 2008, nessuna regola è stata cambiata, nessuna sanzione draconiana o meno è stata introdotta a minacciare chi volesse di nuovo fare il furbo con i soldi degli altri. Persino i duecento miliardi di "liquidità" necessari urgentemente li devono mettere i governi, anche se le banche hanno in pancia la stessa cifra e non la vogliono impegnare, anche se pure quelli sono soldi ricevuti dai governi.
Ormai diventato uno spettacolo comune vedere i governi che prestano soldi a tasso zero alle banche, che poi chiedono tassi salatissimi per dare quegli stessi soldi in prestito agli enti locali o a quegli stessi governi. Una scena che si è ripetuta in tutto il mondo, una tafazzata mai vista, che contribuisce a far tornare al profitto le banche a spese delle collettività.
Un cosa curiosa, se si pensa che di solito basta un incidente stradale per eccitare le folle e chiedere pene medioevali per i pirati della strada. Chi si è arricchito infrangendo tutte le regole del "buon padre di famiglia" invece di essere, almeno, allontanato dal gioco è stato dotato di soldi e garanzie pubbliche e riaccompagnato al tavolo, dove barano tutti fumandosi i soldi ricevuti dai governi e dove ci sono gli stessi croupier collusi e le stesse regole che si sono dimostrate incapaci dì arginare i criminali.
Sì, criminali, perché e non si fossero commessi gravi reati, non solo contabili, e non si fosse fatto stracci delle poche regole esistenti, non si sarebbe prodotto un disastro di tali dimensioni. Ma nessuno di quelli che abitualmente chiedono l'impiccagione per i drogati e i criminali è andato in televisione a chiedere una retata, ma nemmeno le dimissioni dei responsabili, che tra autorità di controllo ed operatori non è che siano irrintracciabili o invisibili, sono tutti ancora al loro posto. Chi non sarebbe tentato dal delinquere e delinquere ancora a queste condizioni, con l'intorno che non predica altro che il fare profitto?
La delinquenza finanziaria è straordinariamente diffusa e impunita, accanto alla corruzione, ma ben pochi politici in Occidente si sono levati ad opporsi al "salvataggio" incondizionato delle banche "troppo grandi per fallire" e al loro tornare in affari più scalmanate di prima per approfittare dei prezzi di saldo e dei capitali gentilmente offerti dai governi.
Che purtroppo si reggono, insieme alla classe politica, sul finanziamento che proviene proprio dalla finanza e che dipendono per la loro visibilità e spesso per la loro sopravvivenza dai media controllati dalla finanza.
Non c'è da stupirsi se ora la narrazione corrente descrive paesi in difficioltà perché hanno una spesa pubblica o il debito troppo elevati, se oggi come ieri e prima della crisi si propone di risolvere tagliando pensioni e welfare, è vero che non ce li possiamo più permettere.
Va così ovunque, ma è perché quelle migliaia di miliardi ( o milioni di milioni, una grandezza che sfugge troppo spesso al cittadino comune) di perdite virtuali nei bilanci delle banche si sono trasformati in debiti reali nei bilanci degli stati e ancora ne servono. Se paghiamo quelli non abbiamo i soldi per il resto.Abbiamo comprato cartaccia a valori nominali del tutto infondati, in cambio abbiamo ricevuto e riceveremo solo debiti.
Ed erano milioni di milioni assolutamente virtuali, sia perché ormai erano crediti inesigibili da istituzioni finanziarie fallite, che per una curiosa occorrenza: non rappresentavano (se non in parte) alcuna ricchezza reale sottostante, tanto la leva finanziaria usata sconsideratamente oltre ogni ragionevolezza aveva gonfiato il volume delle esposizioni.
Erano tutte scommesse allo scoperto, che farebbe chiunque perché come si è visto finchè si vince s'incassa e non si divide con nessuno e quando si perde, si perdono i soldi di altri.
Fare impresa senza rischio d'impresa, è il liberismo del terzo millennio, si può fare di tutto, se va male il conto lo pagheranno altri, un clima culturale criminogeno, un Far West nel quale dominano i banditi, che però non eccita nemmeno i giustizialisti.
Gli stati devono ridurre le spese per pagare i debiti delle banche, per dare liquidità alle banche, ma il fatto che non esista al mondo una quantità di denaro vero da coprire i buchi fatti scommettendo denaro virtuale, avrebbe dovuto sconsigliare fin dall'inizio d'imbarcarsi in un'impresa del genere, che conduce inevitabilmente a trasferire il fallimento delle banche in capo agli stati e ai cittadini, che poi non saranno comunque in grado di salvare le banche, almeno stando alla dura realtà dei numeri.
Un'operazione che avrebbe forse avuto senso se fosse stata risolutiva, ma l'immenso falò di soldi pubblici è servito solo a nutrire un sistema fallito che potrà solo fallire nuovamente, a rimettere in strada e lanciare in discesa una macchina che si era già schiantata perché priva di freni.
Una decisione presa in fretta da pochissime persone in nome e conto di milioni di persone che non hanno avuto alcuna voce in capitolo o rappresentanza nella discussione, anche se in democrazia sarebbe stato carino che fossero informati e si potessero formare un'opinione, pesare su una scelta di un'importanza del genere.
C'è bisogno fermare immediatamente questo genere di politiche, anche a costo di perdere definitivamente i soldi già buttati, che anche il nostro paese ha buttato pro-quota, perché la direzione intrapresa porta inevitabilmente a un altro baratro, in fondo al quale ci sono sofferenze ancora maggiori per le collettività e per i cittadini.
C'è un evidente e urgente bisogno di mettere mano alle regole e controlli della finanza, un bisogno riconosciuto e subito ripudiato da molti, e c'è di bisogno di farlo a livello globale e occidentale in particolare. C'è da sanare la situazione dei conti, far pagare chi ha non ha pagato e chiedere sacrifici a chi non li ha fatti, c'è da allontanare chi ha fallito e da punire chi ci ha messo del suo e si è distinto nel far danni. C'è da riportare sotto controllo un mondo della finanza ormai anarchico e al di sopra di qualsiasi regola e controllo, a tratti addirittura eversivo, sempre pericoloso per le società come per i singoli cittadini.
C'è da ricostruire una società di persone, perché le società per azioni hanno fallito e le oligarchie si sono dimostrate incapaci di gestire il potere che hanno occupato senza far implodere qualsiasi sistema economico, persino quello statunitense, il paese più ricco e bandiera di tutto quello che è andato male.
Invece non succede niente, negli Stati Uniti si rinnovano addirittura le esenzioni fiscali ai ricchi, concesse quando tutto andava bene perchè avrebbero "creato ricchezza". E mantenute anche oggi che quella ricchezza non l'ha vista nessuno. Così nel nostro paese, dove pagano i soliti, persino il "contributo di solidarietà" sarà più leggero per i più ricchi, che lo potranno pure detrarre.
Per questo "dal basso" s'avanzano proposte come quella del default selettivo o gridano slogan come: "Noi la vostra crisi non la paghiamo". C'è la coscienza che il sistema non vuole o non può riformarsi, consapevolezza supportata dal fatto che non c'è in discussione una sola proposta o piano diverso dal soccorrere le banche, non c'è mai stato nulla del genere e probabilmente non ci sarà mai.
Il sistema così comè non è in discussione, ha dimostrato di essere incapace di riformarsi, non s'avanza nessuna discussione su una possibile rifondazione capitalista e nemmeno un'ombra d'indecisione nel perseverare in errori già più volte dimostrati tali dai fatti, prima ancora che da qualche ostica teoria economica o dall'opinione di qualche guru della finanza.
Continueranno a dire che dobbiamo pagare perché abbiamo fatto la bella vita, che non ci possiamo permettere le pensioni che abbiamo sempre avuto o le cure che ci siamo sempre pagati con i soldi delle nostre tasse. Anche negli Stati Uniti hanno cercato di puntare il dito sui clienti dei mutui sub-prime, nonostante allo scoppio della crisi questi avessero un tasso d'insolvenza inferiore a quello dei mutui di clienti più solvibili.
Serve a farci sentire colpevoli di aver vissuto al di sopra dei nostri mezzi e quindi disporci a pagare il debito che avremmo accumulato noi, lavoratori, imprenditori e cittadini che non hanno accesso al potere decisionale e nemmeno alcuna speranza d'influenzarlo.
Un debito che ora siamo chiamati ad onorare, pena sentirci, noi, indebitati. Delinquenti con i conti fuori posto di fronte ai maestrini che ci sgridano perché abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e noi, gente perbene, sappiamo che i debiti si onorano e facciamo sacrifici per onorarli, a differenza di altri.
Credo che sia per aver assimilato questa convinzione che tanti in queste ore si stupiscono di certe proposte, che poi è lo stesso motivo per il quale quelli sempre pronti a prendere torce e forconi contro gli ultimi, non sono ancora saltati alla gola dei veri responsabili.
La forma mentis media è quella plasmata dalla narrazione dominante, le convinzioni sono marmoree, le affermazioni stentoree, le risposte spesso liquidatorie, prendono per matti quelli non concordano con la necessità di acconsentire all'inevitabile, che è tale perché è da tempo l'unica offerta, non c'è discussione, non c'è spazio per alternative, nemmeno nelle convinzioni di molti dei truffati. Truffati che deridono altri truffati in nome dei truffatori, si può e si deve far meglio.
Anni e anni di unanimismo hanno lasciato il loro segno, il convergere della sinistra verso i modelli economici iperliberisti ha cancellato qualsiasi approccio critico alle grandi questioni economiche, i pochi che hanno percorso questa strada ora si ritrovano stranieri in patria, scambiati per profeti confusi che predicano l'eresia.
Con i soldi buttati finora solo dai governi di USA e UE si azzeravano le montagne di debito dei tre paesi forse messi peggio della UE o, in alternativa, si potevano aggiustare i bilanci dei paesi di mezzo mondo.
Bastava anche lasciarli dov'erano e ci sarebbero ancora o sarebbero entrati in circolo come denaro fresco e attivo nelle rispettive economie, invece non ci sono più e siamo daccapo, con le banche che hanno bisogno di un'altra montagna di denaro per non crollare e con i governi che indebiteranno ancora di più i propri cittadini per dargliela, mentre gli addetti continueranno a martellare il volgo per convincerlo che è stato spendaccione e che ora deve pagare per i suoi vizi e i lussi che si è goduto, lui, indebitamente.
Per questo in parecchi ce l'hanno con le banche. E non solo con le banche.
fonte: http://mazzetta.splinder.com/post/25663115/perche-ce-lhanno-con-le-banche

mercoledì 12 ottobre 2011

CLAUDIO SCAJOLA

L'articolo di Senza Soste fa chiarimento sul soprannome di Claudio Scajola affibiatogli in maniera bipartisan da politici e giornalisti,"sughero",che rappresenta per l'appunto un modo d'essere,ovvero quello di riuscire a tornare sempre a galla nonostante scossoni e colpi da battaglia navale.
Invischiato in scandali fin dai tempi in cui era sindaco ad Imperia(sua città natale)per arrivare alle tristi dichiarazioni post G8 genovese("...Fui costretto a dare ordine di sparare se avessero sfondato la zona rossa")per passare a quelle su Biagi("un rompicoglioni"...le uniche condivisibili)e sulla creazione della linea aerea ad personam(a spese di tutti)Albenga-Fiumicino.
Ma quella che più ha fatto ridere e piangere è stata quella che lo ha fatto dimettere da Ministro dello sviluppo economico dopo lo scandalo della casa al Colosseo("non so proprio chi me l´abbia pagata").
Si trovano maggiori informazioni su Wikipedia(http://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Scajola )mentre l'articolo approfondisce lo spettro politico ultimo,con il Pdl diviso in gang(Scajoliani,Formigoniani,
Tremontiani,etc.)in cui l'ex Dc da buon sughero vuole tornare alla ribalta proponendo alleanze con cani e porci partendo da Pisanu per giungere a Casini...e solo il tempo ci darà il responso di questa ennesima compravendita di voti intestina al Pdl che coninvolge pure i partiti satellite(dagli estremi fasci ai soliti culi di legno).

Compagno Scajola.
Le cronache della politica istituzionale di questi giorni ci indicano il deciso ritorno di un personaggio, Claudio Scajola, che i meno avveduti davano per scomparso nelle retrovie del potere del centrodestra. E´ bene invece ricordare che Scajola ha un nome di battaglia, non proprio irresistibile, che fissa le sue caratteristiche come a volte solo la fisiognomica dei soprannomi sa fare. Scajola è infatti suprannominato "sughero" per la capacità, quasi leggendaria, di tornare a galla dopo esser stato investito da un´ondata. E di ondate Scajola ne ha prese tante: dimessosi nei primi anni ´80 da sindaco di Imperia per uno scandalo legato alla nomina di un primario arrestato nella metà degli anni ´80 per pressioni indebite su un imprenditore; criticatissimo ministro dell´interno alla Pinochet al G8 genovese e poi al centro di pesanti polemiche, che gli sono costate la carica di ministro, per aver definito Marco Biagi, appena morto, "un rompicoglioni". Infine, perla che gli ha fatto scalare tutte le classifiche di fama nella popular culture di questi e dei prossimi anni, Scajola è autore della famosa dichiarazione sulla sua casa nei pressi del Colosseo che "non so proprio chi me l´abbia pagata". Anche questa dichiarazione gli è costata un ministero, quello dello sviluppo economico, ma cosa non si farebbe per restare nella memoria della popolazione.
Eppure "sughero" è sempre tornato regolarmente a galla, con quella conoscenza tipica dei ritmi naturali della politica istituzionale che non manca a un vero democristiano tenace. A suo tempo è stato rieletto sindaco di Imperia, qualche anno prima era stato scarcerato e assolto dalle accuse imputategli dalla magistratura milanese. Dopo la fine della Dc non solo si è buttato in Forza Italia ma è ne è diventato organizzatore, cerimoniere elettorale del ritorno di Berlusconi a palazzo Chigi del 2001. Dopo le dimissioni da ministro degli interni è diventato ministro per i rapporti con il parlamento nella stessa legislatura. Negli ultimi dodici mesi "sughero" ha lavorato sottotraccia, ma anche più volte pubblicamente annunciato a partire da inizio anno, che dopo l´incidente della casa vicina al Colosseo era il momento di tornare a galla con i dovuti onori politici o istituzionali. Il problema che Scajola ha avvertito che l´oggetto dei suoi avvertimenti, il potere berlusconiano verso il quale vanta diversi crediti prima di tutto come ex capo dell´organizzazione di FI, si stava e si sta semplicemente disgregando. Non solo, nella corrente scajoliana del PDL, come testimoniano diverse fonti della carta stampata, si è fatta strada la convinzione che le prossime elezioni possano rappresentare l´azzeramento della sua presenza parlamentare. I conti sono presto fatti: dagli scajolani il prossimo gruppo parlamentare del Pdl (o di come si chiamerà) è visto come capace di raccogliere al massimo 120 seggi. A quel punto calcolato il numero di parlamentari necessari a Berlusconi, e a qualche altra leadership interna inamovibile e avversaria di Scajola, si capisce come per il gruppo di "sughero" non ci siano posti ma solo la via della dissoluzione di fatto. Ecco quindi che Scajola guarda alla situazione politica complessiva, alle richieste che da più parti in Italia, e all´estero, di un governo nuovo, in grado di "fare le riforme" ovvero quei passaggi ultraliberisti che sono richiesti alle classi dirigenti dei paesi deboli del mondo globale come quota per rimanere nel club (dismissioni, privatizzazioni, evaporazione dei residui di stato sociale, deregolamentazione del lavoro).
E Scajola, piano piano, è uscito allo scoperto anche come portatore dell´ipotesi, ben foderata in linguaggio democristiano, di un tipo di governo del genere. Si tratterebbe di una rottura epocale nei rapporti interni al Pdl, che perderebbe oltretutto un organizzatore del sottobosco politico sui territori utile come pochi, tale da confinare il maggior partito del centrodestra addirittura all´opposizione. Si tratta di operazioni da fare con cura, con sponde politiche solide, non a caso Scajola ha parlato dopo le dichiarazioni dei vescovi sulla situazione politica italiana. In sé la manovra avrebbe un senso politico: formare un gruppo parlamentare autonomo,favorire un nuovo governo, una legge elettorale adatta alle proprie esigenze e approfittare della valanga di voti in uscita dal Pdl. Un´operazione Fini, stavolta riuscita, che ci renderebbe il Pdl come un partito che è riuscito a generare proprio al suo interno le opposizioni per lui fatali. Compagno Scajola che ci fa fuori Berlusconi insomma. Oltretutto la situazione nei residui di Pdl, al netto di scandali e processi, non è certo caratterizzata da coesione. Tra fronda antitremontiana, ultima ad aggiungersi la Gelmini, e desiderio dei formigoniani di prendere le redini del partito c´è davvero il clima di scontro tra bande. E si parla anche di responsabili pronti ad entrare nel gruppo di Scajola.
C´è però una questione di cui tener conto: i numeri. Al momento l´eventuale fronda Scajola, ora alleato con Pisanu, ha appena i numeri per far saltare il governo ma non per creare un nuovo esecutivo che arrivi fino a fine legislatura e con gli obiettivi sperati. La prudenza, e la doppiezza, democristiana mostrata da Scajola in questi giorni è dettata da questo problema. Perché senza una crisi pilotata trovarsi nella più classica situazione al buio, senza un governo e senza una reale maggioranza alternativa, per Scajola e il suo gruppo si tratterebbe di un colpo di testa identitario ma del più classico suicidio politico. Troppo per chi ha attraversato le rotte impervie del potere istituzionale della prima e della seconda repubblica. L´altro problema reale per gli scajoliani è quello di avere, chiesa e presindenza della repubblica a parte, un reale referente politico. Troppo presto alcuni fabbricanti di indiscrezioni hanno parlato di Mario Monti come presidente del consiglio del prossimo governo. Il personaggio, che a inizio agosto prima della seconda finanziaria parlava da premier, è stato già bruciato e non si tratta di un buon indizio per le liturgie democristiane delle crisi pilotate. E poi ci sono i partiti: il Pd è spaccato in correnti, le quali a loro volta sono spaccate da correnti trasversali, l´Udc è più interessata a garantirsi un decennio almeno di centralità nella politica italiana che a rischiare nell´immediato. In questa situazione, nonostante che ovunque si desideri la caduta di questo governo, non è facile muoversi e Scajola lo sa.
Di una cosa si può stare però sicuri: nessuna delle istanze promosse dai movimenti in queste settimane è candidata ad essere ascoltata dagli attori sulla scena. Il compagno Scajola può far cadere il governo ma, per il resto, ricordatevi del G8. Perchè il liberismo trasforma le classi dirigenti in fazioni, in lotta tra loro come le cabile della Somalia, che improvvisamente si uniscono quando si tratta di lottare contro la società.

Per Senza Soste, nique la police
9 ottobre 2011

domenica 9 ottobre 2011

SPEZZATINO AI SAPORI D'AUTUNNO

Finalmente il signor autunno è arrivato a farci visita anche se sembra proprio che il suo sia un saluto rapido visto le temperature a picco soprattutto di notte,e voglio ricambiare il ben arrivato con uno spezzatino atipico visto che la carne scelta è il biancostato,normalmente utilizzato per la preparazione di bolliti visto la lunga cottura.
A contorno della pietanza verdure dai sapori e colori autunnali come le patate,i ceci e la zucca,che danno ad ogni boccone una gamma di sensazioni che vanno dal dolce al salato passando dalla consistenza dura dei ceci che sfuma di pastosità nelle patate e nella zucca quasi sciolta al palato.
Come accompagnamento può andare benissimo il pane ma pure polenta e cous cous ben si adattano alla sontuosità dell'intingolo che si fa desiderare un pezzo dopo l'altro,come pure il biancostato,non dimentichiamolo,che dopo molto tempo al calore si scioglie letteralmente in bocca.
Ingredienti:
-biancostato
-patate
-zucca
-ceci
-sedano
-carote
-cipolla
-aglio
-vino nero
-vino bianco
-dado classico
-dado delicato
-olio
-burro
In un ampio tegame si possono rosolare le cipolle,l'aglio tagliato fine,le carote ed il sedano nell'olio e nel burro sfumando dopo qualche minuto col vino bianco e col brodo preparato con i dadi(se non disponibile uno di carne o di verdure),aggiungendo il biancostato che verrà bagnato col vino nero su entrambi i lati.
Intanto che si cuoce per un'oretta abbondante si possono cominciare a tagliare le patate a pezzi grossi e lessare la zucca che anch'essa verrà poi divisa in parti abbastanza grandi:dapprima si aggiungono le patate,poi i ceci e si lascia a fuoco medio-basso per un'altra mezz'oretta,ed alla fine si può aggiungere la zucca che essendo di fibra più sfilacciosa si deve unire alla fine,il tutto naturalmente mescendo ancora il brodo e girando il biancostato ad intervalli regolari.
Verso fine si aggiusta di sale se serve e dopo una cottura complessiva di due-due ore e mezza il piatto è pronto per essere divorato.

sabato 8 ottobre 2011

E SE GUARDIAMO LA MELA DALLA PARTE MARCIA?

Non per cercare il pelo nell'uovo e nemmeno per fare il bastian contrario io sono convinto che la già avviata canonizzazione di Steve Jobs,il defunto capo della Apple,sia per lo meno alquanto azzardata visto che non sono sole rose e fiori quelle che questo imprenditore ha profuso all'umanità.
I due articoli presi da Indymedia Lombardia e "Il peccatore"(http://peccatore.gqitalia.it/ )forniscono una squisita e completa analisi del personaggio Jobs senza esaltarne solo le qualità comunicative e manageriali:se infatti si è reso protagonista di un indubbio progresso nel campo delle telecomunicazioni d'altro canto ciò ha comportato uno sfruttamento estremo di migliaia di lavoratori sottopagati e costretti a turni massacranti,con una scia di suicidi allucinanti.
A parte le proprie scelte familiari che rimangono tali anche se discutibilissime,ha reso una generazione di giovani succubi e prigionieri di tali mezzi che di socializzazione hanno ben poco,di quella faccia a faccia,creando un mondo parallelo e virtuale dove la maggior parte degli utenti(o utonti che suona meglio)è sempre più rincoglionita senza rendersene conto.

Ricordando Steve Jobs:l'altra faccia dell'Apple.
Di Salvatore Santoru
Il "genio" che ha rivoluzionato il mercato globale non c'è più.Steve Jobs,56 anni "visionario" imprenditore e informatico famoso mondialmente per il marchio Apple e i suoi vari prodotti:Ipod,Ipad,Iphone,computers ecc.Lutto globale per i mass media,l'economia globale e per le nazioni capitaliste(anche il premio Nobel della Pace mr Obama ha ricordato il "genio visionario").Anche sul web si condividono link su questa figura così importante del XXI secolo,i suoi "indimenticabili"discorsi(ma come si suol dire tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare).Addio Steve,addio.Rispetto per la persona che non c'è più ma quello che voglio che si ricordi su di te,Steve,non sono solo i tuoi affascinanti discorsi,le tue "geniali" idee o i tuoi faraonici prodotti,ma anche i metodi usati dalla tua azienda per arrivare al successo e al coronamento della tua carriera:sfruttamento di uomini,donne e bambini in Asia,schiavismo legalizzato e censurato,suicidi di lavoratori indotti dalle pessime condizioni nelle fabbriche/prigioni della Foxconn dove i tuoi sogni tecnocratici hanno preso vita.E mentre tu sarai ricordato,pianto,celebrato dai tuoi milioni di clienti sparsi nel globo,chi mai dirà una parola per tutti i morti dovuti all'avidità della tua impresa(ah certo,solo "effetti collaterali" del Sistema),o per la violazione di diritti basilari,la giornaliera repressione routine quotidiana per la Apple(e che dire di quei tuoi operai arrestati solamente per presunta diffusione di dettagli sull'Ipad 2).Intanto il tuo ex amico-nemico Bill Gates si è dichiarato
"davvero addolorato di apprendere" della tua morte ma chissà perchè il signore in questione non si è mai dichiarato "addolorato" per le violazioni dei diritti,le violenze e le guerre con cui si è arricchito,"dettagli" nascosti dal suo "impegno" nella sedicente "organizzazione umanitaria" Fondazione Bill and Melinda Gates,in realtà paravento della Monsanto(famosa per Ogm,Agent Orange, e molto altro ancora)e vicina all'indutria farmaceutica e a petrolieri.Bye Bye.
http://informazioneconsapevole.blogspot.com/2011/10/laltra-faccia-dellap...

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Il lato oscuro di Steve Jobs.
Si sa, da Wojtyla in poi chiunque è “Santo subito”. La canonizzazione di Steve Jobs è già partita. Ma noi, da bravi peccatori, ricordiamo anche la parte marcia della mela!
Sono tempi impazienti e nessuno è disposto ad aspettare anni, se non secoli, per una canonizzazione. Figurarsi i media. Ne abbiamo avuto la riprova ieri, con la reazione che ha avuto la stampa, il web e ogni mezzo di comunicazione di fronte alla morte di Steve Jobs. Gli aggettivi cubitali si sono subito sprecati, e l’ex Ceo di Apple è stato subito etichettato come genio, visionario, angioletto appollaiato su una iCloud, esempio fulgido di imprenditore e innovatore.
Ma noi che peccatori saremmo se non facessimo almeno un po’ la voce fuori dal coro?
Senza voler demonizzare nessuno – proprio come non ha senso fare l’inverso – proviamo a ricordare anche i lati oscuri di Steve Jobs.

Esiste infatti una parte della rete, quella dei pionieri in assoluto, gli hacker e i primi esploratori digitali, che hanno una visione del tutto diversa: Jobs sarà stato un genio del marketing e un’artista della comunicazione, senza dubbio, ma non dell’informatica.
In realtà, l’immagine romantica legata all’azienda di Cupertino – nata in un garage da un gruppo di hacker, e poi spostatasi in uffici dalle quali finestre sventolava la bandiera dei pirati – deve ben poco a Jobs. Nella neonata Apple c’erano due Steve: l’altro era Wozniak, classico esempio di geek, che all’università costruiva i primi prototipi, le cosiddette Blue Box, per semplici incursioni hacker e divertimento. Fu Jobs che, appena conosciutolo, a intuire il potenziale commerciale e a trasformare quello che per Wozniak era un hobbie in lavoro.
Fin qui tutto bene.
Di meno positivo c’è lo scontro avvenuto successivamente tra i due Steve. La mentalità di Wozniak era che tutti i prodotti Apple dovessero adattarsi all’etica del Free Software, all’insegna della condivisione e della possibilità per ciascun utilizzatore di poter eventualmente “metterci le mani dentro”, da bravi meccanici digitali. Per Jobs tutto il contrario. In gergo geek, è la famosa divisione tra utenti e utonti, chi è consapevole di ciò che sta usando e chi lo subisce passivamente. La filosofia di Jobs era quella del Walled Garden, il giardino recintato: un bello spazio dal quale non si può uscire. Portata poi all’estremo dai device, strumenti assolutamente non versatili e che funzionano soltanto grazie alle applicazioni e ai programmi strettamente Apple.
Insomma, un’inversione di tendenza totale, sempre più marcata negli anni.
Di recente, l’impero di Apple ha svelato altri lati oscuri: come la vera e propria incursione stile teste di cuoio nella casa di un blogger di Gizmodo colpevole di aver fatto uno scoop sul nuovo Iphone, oppure il caso della fabbrica di Foxconn dove 24 ore su 24 vengono assemblati i vari iPod e iPhone da operai cinesi che, per un salario di 100 euro al mese, in condizioni talmente allucinanti (come svelato da vari reportage) da portare a un altissimo tasso di suicidi. C’è addirittura stato chi lo ha associato alla primavera araba e alle mobilitazioni via web, dimenticando che lui ha più volte ribadito di “non volere una nazione di blogger”.
Per chi fosse interessato all’argomento, c’è un pamphlet uscito un anno fa che torna alla ribalta, s’intitola appunto Mela Marcia, edito da Agenzia X, firmato un collettivo hacker. Che, secondo il principio free, esiste anche in formato digitale oltre che cartaceo.
Ovviamente, gratuito.