martedì 30 aprile 2013

NAPOLITANO BIS

L'articolo è datato di una settimana così come lo è ancor di più l'insediamento bis di Napolitano,unica eccezione di un Presidente della Repubblica rieletto nella storia italiana:questo insediamento che ha fatto molto discutere soprattutto quelli che considerano violazioni alla democrazia le lunghe rielezioni come nel caso del defunto Chavez su tutti,è il risultato pessimo di una contrattazione avvilente per la politica italiana.
Berlusconi è stato forse uno dei più felici della rielezione di Napolitano in quanto potrebbe assicurarsi un posto a senatore a vita ed un'immunità giudiziaria che sembrava parecchio minata da una possibile elezione di Rodotà.
Pdl,Pd e Scelta Civica(i montiani)praticamente hanno riattaccato la spina all'ultimo esecutivo e vedere un presidente del consiglio come Letta affiancato da ciellini e fascisti come ministri mi fa venire il vomito più dell'ultimo esecutivo di Berluscojoni,uno schifo che potrebbe stare anche in piedi per molti mesi,anche se ora come ora delle nuove elezioni con una nuova legge elettorale sembrano un fatto necessario.
L'articolo preso da Senza Soste parla più ampiamente di Re Giorgio facendo ricadere la scelta sul suo nome ad un progetto più ampio dal sapore europeo e non certo si parla di politica ma di soldoni.

Napolitano chi lo ha eletto. Renzi o Christine Lagarde?
Nella comica, pessima rappresentazione delle elezioni presidenziali da parte del mainstream è completamente mancata la copertura delle notizie su come si è mossa la diplomazia internazionale. D'altronde l'Italia formalmente è uno stato sovrano e quindi i media tendono a rappresentare questa forma. Quindi inviati da Montecitorio, dal Quirinale, dalla piazza.
Ma l'elezione di Napolitano non è stato un evento solamente romano o italiano. Tutto il focus rappresentativo è rimasto invece sul comportamento dei peones, delle correnti, sulle possibili decisioni di qualche capobastone. Sostanzialmente lo stesso modo di rappresentare l'elezione presidenziale dai tempi dell'affossamento di Fanfani a favore di Leone. Quando l'Italia, che era un paese
a sovranità limitata per motivi molto più geopolitici che finanziari, in qualche modo doveva essere rappresentata come uno stato sovrano in mano ai protagonisti della democrazia rappresentativa.
Oggi che l'Italia è un paese a sovranità limitata per motivi più finanziari che geopolitici, e nel cambio ci ha pure perso molto, i media danno modalità di rappresentazione dell'elezione della presidenza della repubblica molto simili (a parte il full hd e twitter che qui sono forme e non contenuti) del mondo della tv in bianco e nero dei primi anni '70. Certo, un giornalista watchdog, non uno scendiletto, a Washington, Bruxelles e Berlino sulle elezioni italiane avrebbe potuto dire molto di più di Cristina Vergara che sorrideva solo prima di annunciare la possibilità di un raggiungimento del quorum. Di qui è completamente mancata la possibilità, e anche l'intenzione, di fare la domanda giusta da parte di media tradizionali. Ma non solo a quelli. I blog traboccano di commenti sulle presidenziali come gioco di ruolo del genere "ma se D'Alema..". Una domanda giusta ad un personaggio giusto, a nostro avviso, si sarebbe potuta fare a Christine Lagarde, presidente del fondo monetario internazionale. Oppure a Bil Gross, che gestisce il colosso di investimenti finanziari tedesco-americano Pimco, che a sua volta gestisce Total Return accreditato come il più grosso complesso di hedge fund al mondo, che ha disinvestito sull'Italia nel 2011 ma dal governo Monti-Napolitano investe stabile sull'Italia nonostante il difficile passaggio elettorale e presidenziale.
Già perchè, come abbiamo visto, lo spread in tutta la fase di stallo politico istituzionale è aumentato ma non di molto. In parte tutto questo è dovuto all'aumento di liquidità, nel circuito finanziario globale, a seguito della politica della banca del Giappone. In parte, oltre al comportamento della Bce, dalla tenuta di colossi come Pimco sull'Italia. Segno che la soluzione delle larghe intese è ampiamente scontata da tempo sui cosiddetti mercati internazionali.
E che si sarebbe, al limite, andati alle larghe intese il mercato lo sapeva ufficalmente già dall'estate. Ufficialmente, con un discorso di Napolitano ampiamente sottovalutato anche dai media a supporto corale del presidente. Ma i media nazionali si sono, per i motivi che accennavamo, interessati più a cosa faceva Renzi, inseguendolo per le strade di Firenze ricavando dichiarazioni inutili, piuttosto che a capire cosa avveniva nel mondo dove, per motivi di peso finanziario, si può esercitare egemonia su questo paese. In quel mondo, che poi è quello reale, chi pubblicamente ha attaccato di più sul caso Italia, chi si è mosso scopertamente chiedendo rapida soluzione alla crisi è la presidente del Fmi Christine Lagarde. Gli altri paesi, spece la Germania dopo la gaffe del candidato SPD sui clown eletti dal parlamento italiano, hanno mantenuto diplomatico riserbo. A parte che la Lagarde ha problemi propri, un'inchiesta in Francia, il Fondo Monetario Internazionale mostra delle frizioni evidenti con la Bce. Lo ha fatto anche sul caso greco: preferisce una Bce sul modello Federal Reserve. Diciamo una istituzione che crei bolle più velocemente di quanto possa fare la Bce (che è comunque strutturata i modo da deprimere i paesi dell'eurozona con una moneta demenziale).
Bene, la domanda da fare alla Lagarde, se si potessero ottenere risposte non criptiche, sarebbe: "ma, con tutto il suo muoversi pubblicamente sull'Italia, è soddisfatta della rielezione di Napolitano?"
Si legga una parte della lettera di auguri che la Lagarde ha spedito a Napolitano. SI parla dell'auspicio sul fatto il presidente della repubblica italiana si carichi "il compito di contribuire a superare l’impasse politica prima e quella economica successivamente". Non c'è alcun accenno a tutta la gabbia procedurale fiscal compact-two pack-pareggio di bilancio costruita a livello di eurozona. Ed è un silenzio che conta. E non è un caso, visto che della rottura parziale di questa gabbia non solo è importante per Washington, attore principale del FMI, ma anche per la Francia da cui proviene la Lagarde.
A questo punto viene quindi spontanea una domanda. La Lagarde ha mandato questo messaggio a Napolitano per felicitarsi della rielezione di un presidente favorevole a questa nuova, comunque non nuovissima, impostazione FMI oppure per lanciare un avvertimento sulle necessità del fondo internazionale? La risposta ci farebbe capire molto del futuro di questo paese. Come ci farà capire molto quanto Roma seguirà Berlino nelle prossime settimane e quanto Parigi. O quanto, nell'ipotesi peggiore, starà stretta tra il farsi vampirizzare le risorse da Berlino, con il rigore, o dover pagare il primo creditore (Parigi).
Quindi alla domanda se Napolitano lo ha eletto Renzi o Christine Lagarde possiamo rispondere che, comunque sia andata, nella scelta la posizione della Lagarde ha contato più di quella del nuovo ospite di "Amici". Certo, ora lo spread scende ma se una volta scontato l'effetto annuncio il governo delle "larghe intese" non decolla si potrebbero intravedere nuovi problemi interni ed internazionali. Ma questo è altro problema. Per adesso il disastroso ceto politico degli ultimi 20 anni si è barricato dentro il quirinale e, a loro, tanto basta.
redazione
22 aprile 2013

lunedì 22 aprile 2013

UNA GRANDE OCCASIONE

Nel giorno dell'insediamento ufficiale di Napolitano come Presidente della Repubblica italiana per un altro settennato,su cui spenderò qualche parola domani,voglio fare un paio di ragionamenti che sono stati incoraggiati dall'articolo di Senza Soste dove si celebrano le esequie del Pd,dilaniato tra varie correnti di pensiero con tre nomi su tutti gli altri che negli ultimi mesi hanno posto questioni e proposte che non sono andate per niente bene a tutto il movimento:Bersani,Renzi e Barca.
Siccome fin dal principio,dalla nascita stessa di questo agglomerato di persone che racchiudeva assieme agli estremi ex democristiani ed ex comunisti,la storia e soprattutto la fine del Pd era già stata segnata,in un susseguirsi anche di successi dettati solo dal fatto che l'altra parte era molto peggio di quella messa in campo da quelli che sostengono il mito della sinistra facendo poi politica di destra.
La grande occasione,vista la probabilissima emorragia di voti alle prossime elezioni che magari saranno tra sei mesi ma anche più in avanti nel tempo,è quella per la sinistra vera e pura di poter veder confluire nelle proprie fila una considerevole forza elettorale,anche se molti di questi potenziali elettori saranno attratti dalle sirene grilline(cosa già accaduta)e dalle eventuali nascite di nuovi partiti o movimenti scaturite dall'implosione del Pd.
La sinistra comunista che fa politica di sinistra ha questo grande assist che deve sfruttare da subito,perchè sono convinto che parecchia gente che ha votato il Pd creda ancora nel comunismo e nei suoi valori e princìpi,gente esasperata e stufa di personaggi e di una non politica che praticamente da più di un anno ha paralizzato la scena economica e sociale italiana.

Pd, la tragedia di un partito ridicolo.
Definire il Pd un partito ridicolo è, in termini retorici, una sineddoche. Significa porre l'accento sull'aggettivo (ridicolo) piuttosto che sull'oggetto (il partito) per descrivere il partito nel suo complesso. Ma è anche vero che il PD, dalla sua fondazione, ha fatto veramente di tutto per rappresentarsi come ridicolo.
Dalle cerimonie fondative a pacchiana imitazione di uno senso della scenografia che vive altrove, Veltroni al Lingotto, alle primarie su Sky concepite come un clone sedato di X-Factor. E si sa, a parte i gridolini dei giornalisti di Repubblica (pagati per lanciare prodotti inguardabili), un così vertiginosamente ridicolo senso dell'estetica rivela immediatamente un oggetto politico instabile e informe.
E qui facciamola breve: si tratta di un oggetto instabile e informe perchè, oltre alle carenze strutturali presenti dalla fondazione (mancanza di un sapere adeguato alla complessità del presente, un'organizzazione veloce, capillare), si è strutturato secondo esigenze completamente differenti tra loro. Esigenze che non sono inconciliabili a causa delle subculture politiche fondative, ex pci assieme ad ex dc, visto che queste avevano già ampiamente interiorizzato quella riduzione della politica all'immediato presente, e alla banalità comunicativa, che è prerequisito per la presenza di quote di rappresentanza elettorale nelle istituzioni. Piuttosto questa inconciliabilità di fondo tra esigenze diverse, che ha spaccato il PD nell'ora politicamente più seria ad appena sei anni dalla fondazione, sta tra la necessità di rappresentare, da una parte, le esigenze di una parte del lavoro, di una porzione significativa di richiesta di diritti e di welfare mentre dall'altra si è un ceto politico bulimico di potere e affari che, per mantenere la propria rendita di posizione, si è venduto agli agenti di quel dispositivo disastroso di governance che si chiama eurozona.
Anche in termini di stretta esigenza capitalistica il Pd è un assurdo. Da una parte chiede di rappresentare la piccola, piccolissima e media impresa, per non dire delle partite iva, dall'altra è il partito della stretta al credito, a meno che Mussari all'Abi non ce l'avessero messo i marziani, del patto di stabilità che deprime l'economia e della paralisi degli investimenti pubblici. E su quest'ultimo punto, basta seguire il comportamento del Pd quando era al governo con Monti e tutto il dibattito della stampa, dei blog e dei media specializzati degli ultimi dodici mesi.
Poi c'è stato chi ha dato grande rilievo, da sinistra, al ruolo di Fassina nel Pd ma di fronte ai fenomeni di credulità popolare, si sa, si è impotenti. Che un partito così agitato da esigenze contraddittorie, che si vuole giovane ma è persino ingessato nel linguaggio dei suoi giovani, dovesse esplodere era qualcosa che stava nel novero delle possibilità. E' accaduto nel momento più delicato della vita istituzionale degli ultimi decenni e anche questo depone a sfavore dello spessore fondativo
del PD.
Ma perchè il PD è esploso, frammentandosi in diversi tronconi e perdendo segretario e presidente in 24 ore, nelle due prime giornate di elezione del presidente della repubblica?
Anche qui fa bene esporre i fatti in estrema, brutale sintesi. Il PD, partito che ha venduto l'anima alle esigenze peggiori della governance dell'eurozona, doveva (e, se rimane in vita, deve) eleggere un "custode" della costituzione compatibile con la metabolizzazione del fiscal compact, del pareggio in bilancio messo in costituzione (un processo di regressione economica a firma Pd) e con il recepimento del two pack (in sostanza il potere dell'eurozona di porre il veto ai bilanci nazionali). Un vero e proprio liquidatore della costituzione reale messa all'incanto sui mitici mercati internazionali. Il primo candidato proposto da Bersani, ovvero Marini, garantiva queste esigenze in accordo con il Pdl sostanzialmente rappresentante il pacchetto di voti di un mondo televisivo (Berlusconi) minacciato da problemi giudiziari e dalla crisi del mercato. E' saltato tutto, con tanto di occupazioni delle sedi del Pd da parte degli stessi militanti del partito, proprio perchè questo accordo umiliava chi ha dato il grosso dei voti al Pd per tutelare lavoro e welfare e contro Berlusconi. Certo, ci si può domandare su quale galassia vivessero gli elettori e i militanti Pd mentre il loro partito governava con Berlusconi, garantendo i voti per Monti, ma le dinamiche di psicologia sociale hanno una propria misterica autonomia.
Fallito, con perdite, il lancio della candidatura di Marini si è passati a quello della candidatura di Prodi. Inversione nelle alleanze interne, rottura con il Pdl (magari sanabile in futuro), ma stessa logica sul piano europeo: Prodi, già commissario Ue, garantiva verso l'eurozona sostanzialmente gli stessi processi garantiti da Marini. Magari con maggior capacità di trattare un qualche sforamento del deficit annuale di cui l'Italia ha bisogno e che invece, da quel che si legge, l'eurozona potrebbe concedere solo alla Francia (creditrice forte dell'Italia, che rischia di sacrificarsi sia per Berlino che per Parigi). La candidatura Prodi è esplosa in modo più devastante rispetto a quella Marini. Perchè non ha dato una chiara indicazione al Pd per il futuro. La liquidazione della candidatura Marini, a modo suo, sembrava dare un segnale al Pd: "no all'accordo con Berlusconi". La liquefazione di Prodi non dà nemmeno quella, visto che Prodi perde voti sia da destra che da sinistra persino, al netto delle dietrologie, in termini strettamente numerici.
In 36 ore il Pd si è quindi bruciato, in ordine cronologico, per la rielezione del presidente della repubblica:
a) la strada per le larghe intese
b) quella dell'egemonia del centrosinistra
c) la credibilità come king maker, visto che ha proposto candidati votati, in giorni differenti, da tutti i partiti di centrodestra e di centrosinistra meno che dal Pd
d) la catena di comando formale visto che segretario e presidente si sono dimessi.
E' chiaro che qualcosa di nuovo dovrà accadere, che prima o poi un presidente verrà eletto. Ma uno schema simile di sbandamento può riproporsi in caso di tentativo di formazione di un nuovo governo. Con il Pd dilaniato dall'ipotesi di soluzioni differenti. E' la tragedia di un partito ridicolo, costruito da un marketing politico di bassa qualità, senza alcuna infrastruttura di scienza della politica che lo sostenga, aggregando ceti politici famelici, giocando sul mito della sinistra (facendo politica di destra) e rappresentando interessi tra loro divaricanti. Ora questa divaricazione fa sentire il suo peso. Il modo forse fatale.

redazione
20 aprile 2013

sabato 20 aprile 2013

L'ILLEGALIZZAZIONE SISTEMATICA DELLE ORGANIZZAZIONI GIOVANILI BASCHE

Ieri a Donostia(San Sebastian)nei Paesi Baschi c'è stato l'arresto di sei giovani militanti di Segi dopo tre giorni di protesta popolare che ha avuto nell'installazione di un tendone presso una delle vie prinicipali della città e nel suo presidio di centinaia di persone il fulcro centrale della protesta.
Lo Stato fascista di Madrid ha nel mirino tutte le organizzazioni giovanili basche che a turno vengono illegalizzate con l'accusa fin troppo facile per loro che tutto ciò che porti al movimento indipendentista abbia il marchio di fabbrica di Eta,e le leggi di chiaro stampo franchista create dai reazionari del governo spagnolo fanno di tutto affinchè ci sia lo stroncamento di tali movimenti.
L'articolo di Infoaut,cui aggiungo quello di Contropiano che contiene anche links di video con i momenti degli arresti(http://www.contropiano.org/esteri/item/15988-paese-basco-una-muraglia-umana-contro-la-repressione )spiega e fa vedere l'enorme spiegamento di forze della famigerata squadriglia di merde incappucciate dell'Ertzaintza e il loro approccio di affrontare la resistenza passiva dei dimostranti,a manganellate,calci e pugni.
Dopo questa ennesima infame e vergognosa figura di queste merde e l'ancor più grave intervento del governo spagnolo,la lotta per la libertà di Euskal Herria non potrà che essere ancor più forte e determinata di prima.

Arrestati 6 giovani baschi circondati da un muro popolare.
Circa un centinaio di poliziotti hanno impiegato più di due ore nell'arrestare quest'oggi sei giovani baschi condannati dieci giorni fa dal Tribunale Supremo di Madrid a 6 anni di carcere con l'accusa di appartenenza all'organizzazione giovanile basca illegalizzata Segi. Più di due ore per portare via, trascinandole, più di 800 persone che hanno passato la notte nella strada principale di Donostia, per proteggere con i propri corpi i giovani baschi condannati, sui quali da 3 giorni pendeva un mandato di cattura.
Da quando la sentenza del tribunale di Madrid ha decretato il loro arresto, sin da subito nel Boulevard di Donostia è stato allestito, da centinaia di giovani, uno spazio chiamato Aske Gunea (zona libera) per mostrare il loro appoggio ai condannati. In questi giorni, numerose iniziative in solidarietà sono state portate avanti, molti i messaggi di appoggio provenienti da diverse città per l'ennesima operazione giudiziaria che continua a criminalizzare il movimento giovanile basco con il sempreverde teorema “tutto è Eta”. E la solidarietà e l'appoggio dimostrato lo hanno dimostrato sin da subito le centinaia di persone che non solo riempivano quotidianamente la zona liberata nel centro di Donostia e che con mobilitazioni denunciavano l'atteggiamento repressivo da parte dello Stato spagnolo, ma che tutti i giorni hanno accompagnato i giovani condannati nel loro tragitto verso casa e da casa attraverso colonne umane per evitare il loro arresto che sarebbe potuto avvenire in qualsiasi momento.
All'alba di questa mattina, l'ingente dispiegamento di forze di polizia, ha fatto quindi irruzione nella zona del Boulevard di Donostia, con la chiara intenzione di arrestare gli otto giovani, dopo i fallimentari tentativi di giovedì scorso quando per due volte nel corso della mattinata, il muro popolare evitò gli arresti. La polizia ha trascinato quindi una ad una le centinaia di persone che si sono sedute intorno ai giovani; un'operazione violenta che ha causato alcuni feriti tra i presenti decisi a non abbandonare la zona. Dopo più di due ore, la polizia ha arrestato Oier Lorente, Mikel Arretxe, Aitor Olaizola, Egoi Alberdi, Adur Fernández e Ekaitz Ezkerra, inizialmente portati tutti e sei nel carcere di Martutene e successivamente trasferiti in altre prigioni.
Durante il blitz messo in atto oggi, altri due giovani presenti sono stati arrestati con l'accusa di “attentato alle autorità” e successivamente rilasciati. La polizia ha continuato durante la mattinata a controllare gli accessi alla zona e a identificare i giovani. Intanto per le 20 di stasera è previsto un presidio in solidarietà ai giovani arrestati a Barcellona, mentre dalle 19, si sta svolgendo a Donostia una manifestazione alla quale stanno partecipando migliaia di persone.

venerdì 19 aprile 2013

IL PD AGLI SGOCCIOLI

Nell'articolo scritto ieri pubblicato da Senza Soste ancor prima delle votazioni per decidere il prossimo Presidente della Repubblica italiana si respirava già l'aria di disfatta di Bersani in primis e quindi del Pd successivamente,fatto che ora come non mai sembra ovvio.
Il tris di fallimenti che Bersani ha incamerato in meno di due mesi,partendo dal risicato successo elettorale che doveva essere nelle sue intenzioni ben più ampio,l'incapacità di aver formato un governo e la bocciatura netta di Marini al Quirinale,non possono aver altro sbocco se non nelle dimissioni da leader del Pd.
L'incapacità di votare Rodotà,una persona stimata e comunque meno peggio degli altri nomi in circolazione,solo perché è stata proposta da Grillo che di certo è tutto meno che un santo,è l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso in casa Pd,con un Renzi che sembra quasi simpatico e con un partito ormai al collasso e diviso irrimediabilmente.
Il nome di Prodi,certamente meglio di Marini,di certo non accontenterà tutti gli italiani sin da quando si è detto che il Presidente deve essere di tutti,e detto papale papale il professore sta sulle balle a tutta la sinistra quella vera,non quella piddina che ormai straborda di ex democristiani che hanno annacquato il rosso con cui ogni tanto si vogliono travestire i propri capoccia e alcuni elettori.
Sta di fatto che oggi o al più tardi domattina si avrà un nome che non accontenterà tutta la popolazione italiana,e spero,anche se mai ho votato il Pd ma proprio per il rispetto che ho verso persone che ci lavorano e che lo votano,che Bersani faccia le valigie perché tutte queste batoste sono colpa sua.

Pd e Quirinale: sorprende chi si sorprende.
Sono ore convulse per l'elezione del Presidente della Repubblica, talmente convulse che c'è nell'aria la netta sensazione che questa elezione darà il colpo di grazia al Partito Democratico. Siamo di fronte a una semirivolta da parte di militanti di base, simpatizzanti, elettori e tutta una serie di illusi di sinistra che ruotano intorno a Sel e alla stella polare del Pd come centro della politica. Basta leggere la posizione della segreteria livornese del Pd uscita su facebook per capire a che livello d'imbarazzo è arrivata la questione:
Condividere una scelta con la maggioranza del parlamento è giusto. Ancora di più è farla in sintonia con il paese. Fare un accordo con il pdl di Berlusconi a danno della coalizione di csx No! Non possiamo accettarlo. Marini è una persona stimata e perbene ma non è la persona giusta. Con le nomine dei presidenti di camera e senato avevamo sognato. Ora siamo piombati in un incubo! La segreteria territoriale del PD di Livorno.
La rinuncia da parte di Gino Strada e di Milena Gabbanelli nelle fila del Movimento 5 Stelle hanno spianato la strada a un candidato "di bandiera" come Rodotà che con il passare dei giorni è diventato una figura spendibile, cioè una figura con un significato di rottura con un certo tipo di elite politica ma allo stesso tempo con un profillo istituzionale che non avrebbe rivoluzionato un ruolo di garanzia internazionale come quello del Presidente della Repubblica.
Nonostante che consideriamo la figura di Marini addirittura peggiore di quella di Napolitano, non sappiamo se sorprenderci più di questa scelta o di chi si è sorpreso della scelta. Marini è un uomo di apparato, ex democristiano ed ex Partito Popolare/Margherita ma soprattutto ex segretario della Cisl che ha aperto le stagioni degli accordi separati e che ha preparato l'evoluzione della Cisl affinchè diventasse quell'obbrobrio diventato poi la Cisl di Bonanni.
Allo stesso tempo ci viene da sorridere pensando che un buon numero di italiani pensassero veramente che la rosa di candidati delle quirinarie dei grillini potesse veramente destare un certo tipo di interesse da parte del Pd (eccetto Prodi naturalmente). Probabilmente molti di quelli che si sorprendono, oltre alla natura del Pd, non hanno ben chiaro quale sia il ruolo del Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica in Italia ha un ruolo di garanzia costituzionale (e fin qui si può ragionare di tante figure) ma anche un ruolo di garanzia internazionale rispetto a questioni geopolitiche, militari ed economiche. Vale a dire che il Presidente della Repubblica che è a capo del CSM e della difesa difesa racchiude in sè tutte quelle responsabilità internazionali fatte di impegni formali e informali, trattati economici e militari e subordinazioni geopolitiche, Nato in testa. E' uno quindi che quando c'è da concedere le basi militari per bombaradare la Libia senza passare dal Parlamento o quando c'è da partecipare a qualche guerra deve far sì che il sistema fili liscio senza tanti discorsi.
Il Pd e tutti i suoi predecessori, dal 1999 in Kosovo ad oggi, ha sempre seguito la linea Nato così come ha votato gli impegni internazionali come il Fiscal Compact stipulato dal governo Monti. E' normale che i loro referenti politici siano il PdL e Monti e di rimbalzo la Nato, la troika e i poteri finanziari europei a cui anche il Presidente della Repubblica deve fare da garanzia.
Il Pd dunque è coerente per il motivo per cui esiste. Rassicurare e sostenere i poteri finanziari forti, i vertici militari Nato, i poteri internazionali che chiedono guerre o interventi geopolitici. Perchè dovrebbe screditarsi di fronte ai loro riferimenti costitutivi? Per chi? Per cosa? Il loro orizzonte è quello con PdL e Monti per un blocco che difende un mondo che questi poteri garantiscono. Non c'è nulla di strano. Ci sembra molto più ingenuo o incoerente chi continua a chiedere al Pd quello che non è e non sarà mai. Naturalmente tutto ciò al netto del borioso paraculo fiorentino che cavalca la delusione popolare in modo strumentale.
Infine una riflessione storica. Pensate davvero che un paese a sovranità limitata come l'Italia, che viene dalla strategia della tensione, da Gladio e da tentati golpe possa davvero scegliere un Presidente della Repubblica senza il benestare di quei poteri economici e militari che la ritengono loro colonia? Certo, non è Rodotà una scelta rivoluzionaria, anche se migliore, che romperebbe questi assetti ma sicuramente romperebbe gli assetti interni di quel naturale asse di governo (PdL, Pd e Monti) che fa da garanzia ai suddetti poteri e che in parlamento potrà sempre avere quella maggioranza che serve per dare le garanzie che servono.
Quindi chi è più fuori dal mondo? Il Pd che va avanti per una strada intrapresa fin dalla sua funesta nascita o chi pensa sempre che il Pd possa cambiare e intraprendere delle rotture storiche ed ascoltare la cosiddetta base?
p.s: al primo turno di votazioni ho preso due voti. Grazie per la fiducia accordatami
per Senza Soste, Franco Marino
18 aprile 2013

giovedì 18 aprile 2013

DOPO LA VITTORIA DI MADURO

Non erano passate nemmeno ventiquattrore dal risultato delle elezioni presidenziali in Venezuela dopo la morte di Hugo Chàvez che lo sconfitto esponente di destra Capriles,con le proprie dichiarazioni di presunti brogli elettorali a favore del neo presidente Maduro,ha fomentato gravi scontri soprattutto a Caracas dove sono stati picchiati centinaia di appartenenti al Partito Socialista Unido e sono state buciate alcune sedi del movimento politico bolivariano stesso.
Fin'ora si parla di quattro vittime e di centinaia di militanti della destra che sono scesi in strada armati per quella che potrebbe essere la prova di un futuro colpo di stato,in un clima infuocato dopo la risicata vittoria del delfino di Chavez Nicolàs Maduro che tra l'altro non si è mai opposto ad un nuovo conteggio dei voti degli elettori:elezioni che comunque sono state monitorate da organismi internazionali come spiegato nell'articolo preso da Infoaut.
C'è da dire che in poche settimane il partito e il totale degli elettori dell'ex presidente Chàvez hanno perso parecchi punti percentuali a favore della destra,e le sirene statunitensi che vorrebbero Maduro aprirsi verso il governo Usa per futuri rapporti economici hanno contribuito a questa perdita di voti:la rivoluzione venezuelana deve andare avanti e la popolazione è consapevole di questo.

La destra di Capriles scatena la violenza reazionaria in Venezuela.

E' passato poco più di un giorno dalla caldissima tornata elettorale, che ha segnato la continuità del chavismo al Governo in Venezuela. Un risultato risicato, insufficiente per garantire una stabilità all'ex-dirigente sindacale Maduro, che si trova davanti a sé il difficile bivio se approfondire il solco culturale tracciato da Chàvez e/o cercare una baldanzosa contrattazione con i suoi diretti avversari e Washington sul piano di non minare la stabilità del processo di integrazione regionale di cui il Venezuela è primo promotore, conflittualmente con gli interessi della Casa Bianca e delle corporazioni che vi soggiaciono.
La destra venezuelana, che esce esasperata da un risultato nel complesso beffardo, non appena passata la campagna elettorale, tutta curvata su un populismo che richiamava anch'esso al registro retorico del sempre odiato Chavez, ha deciso di gettare la maschera democratica e di portare a fondo il suo intento di destabilizzazione profonda del Paese.
Dapprima il candidato di destra Capriles ha gridato al broglio elettorale, rifacendosi a presunte irregolarità documentate (eppure lo stesso presidente USA Jimmy Carter, a capo dell'osservatorio internazionale “Centro Carter”, già a suo tempo dichiarava su questo sistema elettorale: “Delle 92 elezioni che abbiamo monitorato, io direi che il processo elettorale in Venezuela è il migliore al mondo”). Il Venezuela possiede un sistema di voto totalmente automatizzato sin dal 2004. Utilizza un sistema con 16 consultazioni durante tutta la fase del processo elettorale che sono accordate e approvate da tutti i partiti politici partecipanti. E' apparso da subito evidente agli occhi dei latinoamericani quanto la destra reazionaria stesse tentando di destabilizzare i dettami e gli stessi quadri interni del chavismo,effettivamente riuscendo in alcune zone dall'alta concentrazione di benessere e possidenti privati ad aumentare il proprio peso politico.
Il risultato ha scatenato i gruppi della destra reazionaria in appoggio a Capriles, che ieri notte (ora italiana) si sono riversati per strada con il coltello tra i denti, decisi a mettere a soqquadro Caracas e dintorni. L'ondata di violenza scatenatasi con pestaggi e attentati incendiari ha portato già a quattro morti (ma le notizie statunitensi per gli europei hanno da sempre rilevanza maggiore...). Tre sedi del Partito Socialista Unido sono state date a fuoco, così come numerosi ambulatori gratuiti nei quartieri dove perlopiù operavano medici cubani. Questo e non solo; sono state segnalate anche minacce dirette a dirigenti bolivariani e tentativi di incediare loro case e proprietà, in un crescendo di tensione che sta degenerando. Numerose le autostrade bloccate dai reazionari, che si sono distinti per aggressioni e sparatorie contro giornalisti delle emittenti “pubbliche” e sedi dei collettvi sociali, il vero zoccolo duro dell'organizzazione popolare cresciuta e rinforzatasi sotto l'egemonia chavista.
Lo stesso schieramento colluso col neoliberismo in salsa yankee lamentava fino a qualche giorno fa un deficit di democrazia nel Paese venezuelano, evidentemente rivolgendosi in maniera autoreferenziale... Supinamente il sistema mediatico nazionale e internazionale, incapace di piegare attraverso la tornata elettorale il popolo bolivariano, ha colto un'altra occasione per tacere sui fatti odierni, e questa tendenza sembra dover proseguire nelle prossime settimane, che preannunciano una violenza a tutto campo e che saranno l'ennesimo banco di prova per la resistenza bolivariana, a partire dal mondo contadino.
Tra le sfere intellettuali dei quadri chavisti, intanto, emerge la necessità di impostare sulla scia di quanto seminato dal compianto Hugo Chavez un nuovo passaggio egemonico che limi i difetti passati e permetta di rivitalizzare il progetto socialista anche durante questo incerto e traballante mandato presidenziale Maduro.

mercoledì 17 aprile 2013

UNA SENTENZA ASSURDA

La notizia dei giudici romani incaricati dell'emissione della sentenza sull'estradizione del prigioniero politico basco Lander Fernandez Arrinda,hanno deciso contrariamente alle previsioni e soprattutto alla legislatura internazionale,di concedere allo Stato terrorista spagnolo di averlo"ospite"nelle proprie galere dove la tortura,le minacce e purtoppo anche gli assassinii sono all'ordine del giorno.
Nonostante le vibrante protesta di tutti gli amici dei vari comitati di amicizia col popolo basco di tutta Italia e non solo,i giudici hanno deciso questa assurda estradizione figlia di un'ancor più assurda condanna di un ragazzo che è stato punito per aver venduto dei biglietti di una lotteria in cui si presumevano favori economici all'Eta(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/06/lander-askatu.html ).
L'articolo preso da Infoaut spiega la cronaca della giornata di ieri e di quella odierna ed ospita un comunicato di Euskal Herriaren Lagunak che continuano la loro lotta per questo ragazzo e non solo in quanto il calpestamento dei trattati internazionali da parte di Madrid per un'ipotesi di reato tra parentesi anche prescritto,è palese,con la stampa iberica che già alcune ore prima della lettura della sentenza ne sapeva già i contenuti.

Solidarietà a Lander! No all'estradizione!

Questa mattina la Corte di Cassazione si è trovata a decidere se confermare la decisione presa il 16 gennaio scorso dalla Corte d'Appello di Roma, riguardo all'estradizione del militante basco Lander Fernandez, tutt'ora agli arresti domiciliari. L'udienza iniziata nella tarda mattinata di oggi si è conclusa, mentre bisognerà aspettare ancora prima di avere un responso. Intanto questa mattina, mentre nelle aule dei tribunali, la Corte si trovava a discutere ancora una volta sul caso Lander, fuori dall'edificio è stata organizzata una conferenza stamapa e un presidio di solidarietà da parte del Comitato "Un caso basco a Roma". Numerose le realtà cittadine presenti in piazza che hanno fatto sentire la propria vicinanza a Lander.
Anche in altre città italiane, come Napoli e Torino, i comitati di solidarietà con i Paesi Baschi (Euskal Herriaren Lagunak) hanno organizzato in contemporanea azioni di solidarietà nelle diverse città. Molti gli striscioni appesi in luoghi simbolici della città, anche qui per non far sentire Lander solo e per dire no all'estradizione.

Qui sotto, il comunicato di solidarietà da parte della rete Amici e Amiche dei Paesi Baschi
Come compagne e compagni della rete italiana dei comitati di amicizia col popolo basco EHL ITALIA, siamo a fianco di Lander, dei suoi compagni e dei suoi familiari nel giorno in cui la Corte di Cassazione dovrebbe esprimersi sulla richiesta di estradizione verso lo Stato Spagnolo, il 16 di Aprile. Da oltre dieci mesi infatti, Lander Fernandez Arrinda cittadino basco, è costretto a subire gli arresti domiciliari, da quando il 13 Giugno scorso,venne arrestato a Roma nella sua dimora con un’imponente, quanto grottesca, operazione di polizia e trasferito nel carcere di Regina Coeli dove fu costretto a trascorre due giorni in completo isolamento giudiziario, senza ora d’aria né pasti per il primo giorno; un fenomenale sequestro di persona eseguito dalla polizia e dalle autorità italiane sotto le pressioni dello Stato spagnolo, che poi si convertirà in mesi di domiciliari, con un mandato internazionale che lo accuserebbe di terrorismo.
Conosciamo sin troppo bene la cieca violenza repressiva che le autorità madrilene, e sovente quelle francesi, rivolgono al popolo basco per tentare di far tacere, impaurire e disgregare un movimento che rivendica il diritto del proprio popolo ad autodeterminarsi, a vivere in un territorio libero da speculazioni e devastazioni ambientali, che è costretto a subire la militarizzazione forzata da parte di Francia e Spagna, che lotta per costruire un Paese Basco libero, non solo dall'occupazione straniera, ma anche dalle logiche di profitto e sopraffazione.
Per questo non ci stupiamo delle accuse inconsistenti, faziose e false che dipingerebbero Lander come un criminale terrorista, che si basano addirittura su alcune dichiarazioni estorte sotto tortura a un suo conoscente nel periodo di isolamento che segue all’arresto, un'altra pratica aberrante più volte denunciata da numerosi organismi internazionali nonché dagli attivist* basch*. Lander era già stato perseguitato nella sua Euskal Herria, sequestrato e minacciato dalla polizia spagnola, così come aveva già subito processi dai quali era stato assolto.
Ribadiamo la nostra vicinanza a Lander, ai suoi compagni di Roma e di Euskal Herria, denunciando ancora una volta lo stato di eccezione permanente e di criminalizzazione verso chi lotta nel Paese Basco. Cammineremo a fianco di Lander sino alla sua liberazione, per dire con forza che la repressione non scalfisce la solidarietà, che siamo e saremo sempre a fianco di chi lotta, in Italia e in Euskal Herria.
No all'estradizione! Lander Libero! Libertà per i prigionieri politici baschi!

Rete EHL Italia (Euskal Herriaren Lagunak-Amiche e amici del Paese Basco)

martedì 16 aprile 2013

ANCORA ALEMAGNO

Tale padre e tale figlio,ed anche se la notizia è già datata di qualche anno,gli sviluppi degli ultimi giorni confermano che due sbirri insabbiarono il caso dove il figlio del podestà di Roma Alemanno,l'allora minorenne Manfredi,fu presente ad un raid fascista di blocco studentesco in cui si picchiarono dei ragazzi durante una festa della"Roma bene"tenutasi in una villa.
Invece le news che riguardano il padre,che s'è incazzato non poco per il servizio del settimanale di Rai 3 Report,vedono ancora l'amicopoli e la parentopoli del pirla con la fascia tricolore che hanno magnato per bene sulle spalle dei romani e degli italiani.
L'articolo è preso da Indymedia Lombardia.
 
Roma 15 aprile 2013
Mafia, ‘ndrangheta, criminalità vicina alla destra estrema e un giro di tangenti che lambisce il Comune di Roma. Sono questi gli appetiti obliqui scatenati dalla linea C della metropolitana e raccontati nella puntata di Report dal titolo “Romanzo Capitale” andato in onda domenica 14 aprile.
Al centro la più grande opera pubblica italiana oggi in costruzione: un costo di 3,5 miliardi di euro per 21 chilometri che uniscono la periferia al Colosseo. E degli affari sulla metro C (rivela Report) avrebbero parlato in una cena l’ex-ad di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, il suo superconsulente Lorenzo Cola, il sindaco Gianni Alemanno e l’ex-delegato alle politiche agricole del Campidoglio Pietro Di Paolantonio. I diretti interessati smentiscono, ma sia gli inquirenti che altre fonti sentite nell’indagine confermano che oltre alla metro si sarebbe discusso della dismissione del patrimonio immobiliare del Campidoglio.
E oggi le briciole di pane lasciate dai protagonisti di questa vicenda portano alla crosta di affari sedimentata intorno ai cantieri dell’opera realizzata dal consorzio costituito da Astaldi, Vianini Lavori, Ansaldo Sts, Cmb e CCC. L’attenzione degli inquirenti si concentra su alcune aziende, alla ricerca dei legami col mondo criminale. Tra queste il Consorzio Stabile Roma Duemila che, in Ati con la Marcantonio Spa, ha ottenuto appalti per16 milioni di euro. Presidente del Consorzio è Maurizio Marronaro, membro della stessa famiglia di imprenditori di Lorenzo Marronaro, che fino al 9/2/2011 è stato socio di Marco Iannilli, il commercialista di Cola indagato sia per le tangenti Enav che per quelle dell’appalto romano sui filobus affidato a Finmeccanica. E i legami col mondo vicino all’amministrazione comunale vengono confermati a Report da un imprenditore. «Dal 2008 è Riccardo Mancini (l’uomo di fiducia di Alemanno arrestato 20 giorni fa per le tangenti sui filobus pagate da Finmeccanica) che si mette al tavolo con le imprese e spartisce subappalti per realizzare la metro C».
Tra queste – secondo la fonte – ce ne sarebbero alcune espressione degli interessi di Massimo Carminati, già membro della banda della Magliana considerato oggi uno dei boss più potenti della Capitale. E proprio l’Ati Marcantonio-Consorzio Stabile Roma Duemila ha affidato diversi subappalti ad aziende intrecciate alla criminalità organizzata. Tra loro la Fravesa, di proprietà dell’imprenditore Giovanni Tripodi di Melito Porto Salvo, in Calabria. Secondo gli inquirenti, la forza della Fravesa e di Giovanni Tripodi è legata «all’appoggio derivante dall’appartenenza ad una cosca ben radicata sull’intero territorio nazionale, qual è la cosca Iamonte».
L’informativa interdittiva della Prefettura di Roma nei confronti della Fravesa arriva il 28/1/2010 a lavoro già affidato. La famiglia Tripodi di Melito Porto Salvo entra nei cantieri della metro anche attraverso un’altra azienda, la Tripodi Trasporti. E anche questa partecipazione viene bloccata dopo l’intervento della Prefettura. La Palma srl, specializzata nell’affitto di macchinari e movimentazione di terra, ottiene invece quattro appalti, tre dei quali arrivano dall’Ati Marcantonio-Consorzio Stabile Roma Duemila. I subaffidamenti vanno dal 29/7/2008 al 10/6/2009 e vengono interrotti il 2/2/2010 dall’interdittiva antimafia. Nel documento interno della Prefettura si legge: «la famiglia Farruggio (Angelo Farruggio è proprietario e procuratore de La Palma srl) è notoriamente vicina alla mafia di Palma di Montechiaro, contando su vincoli di parentela con esponenti di spicco della criminalità organizzata locale».
Negli ultimi anni la Prefettura di Roma ha risposto a 5.265 richieste di informative antimafia sulla metro C; 12 sono stati gli interventi per bloccare gli appalti e 11 le informative atipiche su aziende vicine ad ambienti criminali. Un’attività intensa che non è bastata a fermare le infiltrazioni e a saziare gli appetiti.
Roma 13 aprile 2013

Il figlio troglodita di Alemanno
Un raid fascista senza colpevoli e due poliziotti, che hanno coperto quel blitz in cui era presente il figlio del sindaco di Roma Gianni Alemanno, indagati per falso in atto pubblico, favoreggiamento e omessa denuncia.
A finire sotto accusa per una vicenda che ha coinvolto Manfredi Alemanno, figlio di Gianni e nipote di Pino Rauti, sono due agenti della questura di Roma: Roberto Macellaro, autista personale nel tempo libero del sindaco e consorte, e Pietro Ronca, ispettore capo prima del commissariato Flaminio, poi trasferito a Primavalle.
Nel giorno della festa della Repubblica del 2009, Manfredi Alemanno, allora quattordicenne, partecipò insieme a 4 coetanei e 4 ragazzine, a una festa nella piscina di un condominio della Camilluccia, quartiere della Roma bene. I giovani, una volta nel comprensorio, iniziarono cori che inneggiavano al duce e alzarono le mani per il saluto romano. Un gesto a quanto pare molto caro al rampollo della famiglia Alemanno, visto che, nell'estate 2012, alcune fotografie di un viaggio in Grecia con gli amici lo ritraggono, fiero, nella stessa posa.
Il pomeriggio di quel 2 giugno, però, le esternazioni di estrema destra furono bloccate da chi aveva organizzato quella festicciola: uno degli adolescenti presenti zittì i canti fascisti e invitò il gruppetto a lasciare la festa. A questo punto la situazione degenerò: uno degli amici di Manfredi, dopo aver fatto presente di far parte del Blocco Studentesco (l'organizzazione giovanile di CasaPound della quale Alemanno jr diventerà nel 2011 rappresentante nel suo liceo) annunciò vendetta. Col suo cellulare cominciò a fare decine di chiamate. Di lì a poco arrivò un gruppo di maggiorenni, 4-5 ragazzi secondo i testimoni, che iniziò a picchiare, anche con un casco, l'adolescente che si era opposto alle loro manifestazioni fasciste. Manfredi Alemanno è stato presente alla spedizione punitiva ed è fuggito soltanto quando il raid punitivo è terminato.
Ma questa verità viene coperta. E qui entrano in gioco i due agenti. Il poliziotto autista, Macellaro, che era proprio fuori dal cancello del comprensorio, fa salire in macchina Manfredi e lo porta a casa senza mai far parola con nessuno della vicenda e negando persino ai pm di aver visto entrare e uscire gli autori del pestaggio. L'altro ispettore, invece, Ronca, in forza al commissariato Flaminio, prende a verbale una delle ragazzine che aveva assistito dall'inizio alla fine al blitz, e la convince a dichiarare nero su bianco che non era sicura se nel comprensorio, insieme agli aggressori, ci fosse Manfredi. Così, la presenza del figlio del sindaco nel raid viene insabbiata.

venerdì 12 aprile 2013

LA MARCHA ESTUDIANTIL IN CILE

I nomi ed i partiti di appartenza cambiano,ma la sostanza della voglia di cambiare l'educazione in un paese è la stessa,e la storia dell'Italia e del Cile scorrono parallele in questi ultimi anni,con una fortissima frenata sullo sviluppo della scuola pubblica a favore di quella privata che allo stesso tempo è sovvenzionata dai soldi delle tasse pagate da tutta la collettività.
In tutto il Cile l'altro giorno si sono svolte manifestazioni studentesche con un contributo da parte di lavoratori della classe operaia,ci sono stati scontri soprattutto nella capitale e questa non è che l'ultimo corteo in risposta al cancellamento della scuola pubblica e di denaro investito in ricerca in un settore che dovrebbe essere tutelato maggiormente rispetto ad altri settori.
L'articolo di Infoaut racconta ciò che è accaduto a Santiago con le forze del disordine che sparano ad altezza uomo i proiettili di plastica pieni di vernice per poi sapere chi ha fatto parte ai disordini ed essere arrestato,sempre che non venga ferito gravemente o ucciso:che si tratti della Gelmini o di Beyer chi è a capo dell'istruzione si rivela la prima persona in classifica per la propria ignoranza.

Cile, 150.000 in piazza a Santiago per la marcha estudiantil.

Non si ferma la mobilitazione degli studenti cileni che in queste settimane sono tornati a riempire le strade di tutto il paese contro le politiche neoliberiste del governo che stanno attaccando anche il mondo della formazione: dopo le due manifestazioni tenutesi nel mese di Marzo, quest’oggi studenti medi e universitari si sono dati appuntamento a Santiago per una nuova marcha estudiantil.
150.000 persone hanno invaso le strade della capitale con un lungo corteo composto da giovani e giovanissimi ma anche da molti genitori, insegnanti e lavoratori della formazione che nei giorni scorsi hanno raccolto l’invito alla mobilitazione lanciato dagli studenti.
La manifestazione si è snodata lungo una delle arterie principali della città, via Alameda, fino a raggiungere la stazione Mapocho: proprio qui sono scoppiati scontri tra alcuni encapuchados che hanno iniziato a rimuovere le transenne ‘di contenimento’ poste all’arrivo del corteo e le forze dell’ordine, che hanno reagito duramente con idranti, lancio di lacrimogeni e di pallottole di gomma ripiene di vernice, usate per riconoscere chi ha partecipato agli scontri. Queste ultime in particolare hanno causato diversi feriti perché sparate all’altezza del viso da parte dei carabineros; almeno 6 persone sono state fermate.
Grosse manifestazioni si sono tenute anche in diverse altre città del Cile, come a La Serena, Valparaiso, Concepción e Temuco y Valdivia.
All’esplosione di scontri al termine del corteo della capitale è seguita ancora una volta la presa di distanza dei sindacati studenteschi che dall’inizio del movimento studentesco hanno sempre cercato di marginalizzare e criminalizzare la sua parte più conflittuale, quella dei giovani encapuchados che animano le piazze cilene.
La giornata di oggi ha comunque rappresentato una prova importante di come il movimento degli studenti, dal 2011 ad oggi, abbia tutt'altro che esaurito la propria spinta e ha lanciato un messaggio chiaro al governo di Pinera e al ministro dell'istruzione Beyer che con le loro politiche a base di ricette neoliberiste stanno facendo dell'istruzione un mero strumento di lucro, innalzandone sempre più i costi e restringendone le possibilità di accesso. La manifestazione ha anche lanciato una sfida al governo in vista delle prossime elezioni di novembre, durante le quali le promesse elettorali non potranno non tenere conto delle rivendicazioni dei diversi movimenti sorti in questi anni in Cile.

giovedì 11 aprile 2013

PURGHE MARONIANE

Dell'epurazione del cremasco Torazzi e di altri nomi altisonanti della Lega Nord sinceramente non è che m'interessi molto,ma le enormi beghe interne nate dagli scandali che hanno visto coinvolti personaggi come il Trota,la stessa moglie di Bossi e numerosi altri corrotti e ladri in salsa verde sono importanti per definire lo stato di disgregazione di quelli"che ce l'hanno duro".
Dopo la discesa in campo delle scope a Bergamo di maroniana memoria Bossi e Maroni hanno fatto una pace a tempo determinato in occasione delle ultime elezioni nazionali e regionali,dove nonostante un'emorragia di voti la Lombardia se la sono portati a casa e ancora con nomi nell'esecutivo regionale di condannati e di indagati.
Il solito tiramolla con Berlusconi e il Pdl alla fine come ampiamente previsto ha portato ad un romanesco"volemose bene"e nulla è cambiato rispetto a qualche mese fa,con una Lega nuovamente allo sbando con un Maroni vendicativo che dopo aver tutto sommato tenuto nonostante percentuali pessime portate a casa,sta elargendo scomuniche a tutti i bossiani della grande ex famiglia padana che da più di un ventennio continua a spalare merda e balle.
Articolo preso da Crema on-line(http://www.cremaonline.it/articolo.asp?ID=22106 ).
 
Alberto Torazzi espulso dalla Lega Nord. La decisione presa nella riunione del consiglio nazionale della Lega Lombarda. L'ex deputato cremasco: "farò ricorso per rispetto a Bossi"
di Andrea Galvani
(direttore@cremaonline.it)
Crema - Durante la riunione del consiglio nazionale della Lega Lombarda presieduto da Matteo Salvini, è stata approvata l'espulsione di alcuni militanti della Lega Nord non graditi all'ala maroniana. La notizia era nell'aria da qualche settimana; in molti infatti, tra i militanti del Carroccio, avevano lasciato trasparire l'imminente scontro frontale tra le due aree del partito. L'ipotesi era stata quindi messa per iscritto dal quotidiano Libero, con un articolo firmato da Matteo Pandini.

Gli epurati
L'allontanamento delle persone non gradite al vertice, una decisione presa tempo fa, era stato rimandato in vista dell'appuntamento di Pontida. Oltre al consigliere federale Marco Desiderati, ex deputato ed ex sindaco di Lesmo, all'ex parlamentare di Busto Arsizio Marco Reguzzoni è stato espulso anche l'ex deputato cremasco Alberto Torazzi, attualmente tra i banchi dell'opposizione nel consiglio comunale di Crema.

La conferma di Torazzi
Contattato telefonicamente, lo stesso Torazzi ha dato conferma della notizia: "A me non è ancora arrivato nulla di ufficiale ma effettivamente la richiesta di espulsione c'è stata. Perché? Qualcuno mi ha detto che avrei fischiato Maroni a Pontida. Io sinceramente non mi ricordo di averlo mai fatto, però ora staremo a vedere quando arriverà il verbale con le motivazioni". In realtà i motivi d'attrito sarebbero altri: "elogiavo sempre Bossi - aggiunge Torazzi - e ho più volte affermato che a mio parere non dovevamo mandare sempre i messaggi dell'economia ma delle Riforme".

L'appello a Bossi
Pare assodato che gli epurati non porgeranno l'altra guancia, ma daranno battaglia ed a tempo debito si appelleranno ad Umberto Bossi, che presiede il Comitato di disciplina e garanzia del Carroccio ed in sostanza dovrebbe avere l'ultima parola per quanto riguarda le espulsioni dal partito. "Sì - conclude Torazzi - credo proprio che farò ricorso, anche per rispetto a Bossi, che presiede il Comitato".

mercoledì 10 aprile 2013

TENTATIVO DI ATTACCO AL CSA VITTORIA

Due giorni fa,lunedì,c'è stato un tentativo di attacco al Csa Vittoria di Milano in Via Muratori,uno degli storici e più rappresentativi del capoluogo lombardo in attività da parecchi anni con militanti sia di vecchia che di nuova generazione,tutti pronti ad organizzare eventi nei propri spazi e non,con la voglia di fare politica e lotta nel territorio guardando nello stesso tempo anche sempre oltre,verso i conflitti internazionali che attanagliano i compagni sparsi in tutto il mondo.
La causa di tale tentativo d'incendio dove per fortuna i danni non sono stati troppo gravi visto il pronto intervento di alcuni abitanti della zona,con i quali si hanno ottimi rapporti di vicinato e che hanno sempre condiviso e solidarizzato con le attivià del centro sociale,devono ritrovarsi come evidenziato nel comunicato in ambito fascistoide o in quello mafioso della cooperazione.
Infatti negli ultimi anni il Csa Vittoria è sempre stato al fianco dei lavoratori di cooperative(assieme ad alcuni sindacati"seri")schiavizzati nelle condizioni di lavoro indescrivibili,e la mano lunga della 'ndrangheta emigrata a Milano che controlla magazzini e depositi di grandi multinazionali non vede di buon occhio tali manifestazioni.
L'articolo è preso dal sito del Vittoria(http://www.csavittoria.org/ ).

PROVOCAZIONI E REPRESSIONE NON CI FERMERANNO MAI !
 
Oggi lunedi 8 aprile abbiamo subito l'ennesima provocazione che per il pronto intervento di qualche abitante del quartiere non ha avuto conseguenze più gravi.
Sono state incendiate alcune bottiglie di liquido infiammabile che hanno danneggiato sciogliendolo una dei finestroni del nostro centro sociale.
Non sappiamo chi sia stato, se un fascista o un prezzolato dalla mafia delle cooperative. Certo è che questo atto provocatorio per noi si inserisce in un clima repressivo che sta particolarmente colpendo compagni e realtà impegnate sul terreno dello conflitto di classe al di fuori della compatibilità politica ed economica borghese.
Sabato infatti eravamo in corteo a Piacenza con centinaia di compagni e lavoratori in solidarietà con i 3 compagni, tra cui il coordinatore nazionale del SiCobas, a cui è stato comminato il divieto per 3 anni di entrare nel territorio piacentino dove sono situati i magazzini dell' Ikea e di altri hub strategici del comparto della logistica, siamo tutt'ora sotto processo per la lotta vincente ai magazzini della Bennet di Origgio del 2008, perchè il movimento di lotta che si è sviluppato in questi anni tra i lavoratori delle cooperative, ritrovando un protagonismo di classe, sta facendo sempre più paura ai padroni e ai loro servi di ogni razza.
Questa provocazione va inquadrata in questo contesto e, come già scrivevamo nel nostro appello alla partecipazione al corteo di Piacenza, la repressione è un elemento strutturale del dominio di classe, per cui ci interessa poco correre dietro al provocatore di turno.
Ma il modo migliore per rispondere è continuare sempre con maggior determinazione il percorso intrapreso mella prospettiva di una trasformazione rivoluzionaria dell'esistente.

i compagni e le compagne del C.s.a. Vittoria

martedì 9 aprile 2013

LA LADY DI(TOCCO)FERRO...RUST IN PEACE

Solo la vecchiaia ci ha portato via l'ex lady di ferro Margaret Thatcher,premier britannico per undici anni dal 1979 al 1990,periodo in cui grazie alla sua visione reazionaria della politica e della vita ha contribuito a fare della Gran Bretagna un posto peggiore e che ha influito pure sulla società al di fuori dei confini del Regno,Europa compresa ed Irlanda in primis.
La sua linea ultraconservatrice e liberista ha contribuito in maniera tragica a decine di morti,a migliaia di licenziamenti e a milioni di impoverimenti della working class britannica,una donna che ha preso per le palle e non in mano un paese,che già con la sua prima decisione di togliere il latte ai bambini delle scuole fece capire di che pasta era fatta:reazionaria.
Le campali lotte contro i minatori furono il suo biglietto da visita che la classe operaia tutta ebbe come sigillo per l'inizio di uno degli scioperi più lunghi e drammatici nella storia inglese,con massacri della polizia che ammazzò una decina di persone e provocò il ferimento di centinaia.
Altri morti furono provocate durante gli hungry striker,i famosi scioperi della fame promossi da centinaia di detenuti quesi della totalità irlandesi che vennero reclusi e troturati senza la possibilità di ricevere cure e le visite di avvocati,senza dimenticare la guerra in Argentina per le Malvinas-Falkland e le tasse(la poll tax la più distruttiva)che come al solito impoverì la working class per far arricchire la borghesia.
Per tutto questo e per molto di più da ieri nel Regno Unito in maniera principale ma anche in altre varie parti di tutto il mondo la scomparsa della Thatcher è stata salutata con più festeggiamenti che rimpianti o momenti di commozione,e ora andrà a trovare personaggi più consoni a lei come Pinochet e Reagan...in un inferno di reazionari,dittatori e ultraliberisti.
Per concludere un pensiero di Ken Loach,che ha dedicato un paio di film sulla iron lady(a proposito da vedere la bella pellicola del regista Mark Herman"Grazie signora Thatcher"):"Margaret Thatcher è stata il primo ministro più controverso e distruttivo dei tempi moderni.La disoccupazione di massa,la chiusura di fabbriche,le comunità distrutte:questa è la sua eredità.Era una combattente e il suo nemico era la classe operaia inglese.Le sue vittorie sono state aiutate dai capi politici corrotti del Partito laburista e di molti sindacati. È a causa di politiche avviate da lei che siamo in questo casino oggi"
'When Maggie Thatcher dies...'. Morta l'Iron Lady del neoliberismo.
L’ex premier inglese Margaret Thatcher è morta lunedì 8 aprile 2013 colpita da un ictus nella suite dell’hotel Ritz di dove viveva da anni. L’ex Lady di ferro aveva 87 anni ed era malata da tempo. E’ stata la prima ed unica donna primo ministro a , dal maggio 1979 al novembre 1990. Il premier conservatore Cameron, che ha appena fatto approvare dal Parlamento un piano di tagli sociali degno di quelli approvati dalla Thatcher negli anni ’90, ha interrotto il suo tour in Europa per rientrare a Downing Street.
Alfiere dell’ultraliberismo conservatore, la storia si ricorda di Margaret Thatcher soprattutto per la sua battaglia – sanguinosa – contro i minatori e i loro sindacati impegnati nello sciopero più drammatico della storia moderna inglese, un anno intero di lotta con cui gli operai si opponevano alla chiusura delle miniere di carbone.
MINATORI - Tutto cominciò nel marzo 1984 quando l’ente minerario nazionale, la Ncb, annunciò un piano di chiusura dei pozzi che implicava la riduzione della produzione di 4 milioni di tonnellate e la perdita di 20.000 posti di lavoro. Si apriva un anno di lotte, violenze (dieci persone furono uccise dalle violenze poliziesche, oltre a migliaia di feriti) , arresti, processi, picchetti duri ma anche di straordinaria solidarietà dal basso. La Thatcher, in tutto l’anno di scontro, non indietreggiò un millimetro arrivando a definire i minatori sindacalizzati “il nemico interno”.
La ‘guerra’ delle miniere finì il 3 marzo 1985 con la sconfitta dei minatori e del loro principale sindacato, la Num, che non riuscirono a fermare il piano di chiusure e che ripresero il lavoro in attesa del loro turno di essere definitivamente mandati a casa. L’opera thatcheriana fu poi proseguita dal suo successore, John Major, che nel 1992 annunciò un altro giro di chiusure di pozzi e nel 1994 privatizzò definitivamente la società pubblica del carbone. La battaglia dei minatori ebbe profonde ripercussioni anche nel partito laburista, che in quegli anni iniziò la sua parabola di avvicinamento alle politiche socialdemocratiche sfociate poi nel cosiddetto “New Labour” di Tony Blair ed epigoni vari.
POLL TAX & HOOLIGANS - Privatizzazione fu anche la parola d’ordine per le aziende pubbliche di vario tipo, mentre mano libera veniva data alle imprese, in particolare in termini di licenziamenti ed assunzioni. Il risultato fu una super-precarietà di tipo ‘reaganiano’ del mercato del lavoro, con pochi eguali in Europa occidentale, e un guadagno tumultuoso per i capitalisti inglesi, tornati ad accumulare dopo una lunga stagnazione.
Oltre all’economia, la Thatcher ha lasciato pesanti tracce di sè nel campo dei diritti civili e politic, oltre che negli stadi di mezza Inghilterra con la cosiddetta “guerra contro glihooligans“, di cui ancora oggi si trovano lasciti nei cori dei supporters del Liverpool, molti dei quali portuali e minatori, prima che tifosi dei Reds (clicca qui). Alla Thatcher gli “hools” attribuiscono inoltre le responsabilità e le azioni di insabbiamento legate al disastro di Hillsborough (1989) nel quale morirono un centinaio di supporter del Liverpool.
Singolarmente, per una conservatrice, la Thatcher vide l’inizio della fine con l’introduzione di una controversa tassa ‘sulla cittadinanza’, la poll tax, che suscitò una violenta opposizione nelle strade con scontri durati mesi che avviarono il suo tramonto politico nel 1990.
FALKLAND E BOBBY SANDS - Disastroso il suo lascito anche in politica estera, dalla guerra per il controllo delle Malvinas – Falkland, al largo delle coste argentine, alla politica criminale tenuta nei confronti dei militanti repubblicani irlandesi.
Non a caso oggi lo Sinn Fein ha sostenuto che “Margaret Thatcher ha fatto un gran male al popolo britannico e irlandese durante il suo mandato da primo ministro”. Proprio la Thatcher era a Downing Street quando Bobby Sands, attivista socialista e repubblicano dell’Ira, morì il 5 maggio del 1981 nella prigione speciale di Long Kesh, dopo un lungo sciopero della fame. Alla Camera dei Comuni la Thatcher dichiarò impunemente: “Bobby Sands era un criminale. Ha scelto di togliersi la vita. Una scelta che l’organizzazione alla quale apparteneva non ha concesso a molte delle sue vittime”, tornando poi a difendere l’infame Emergency Provision Act, che istituiva i tribunali speciali, le Diplock Courts, prive di giuria e costituite da un unico giudice competente per i reati di cosiddetto “terrorismo”. L’Epa prevedeva l’ampliamento dei poteri di arresto e di perquisizione attribuiti alla polizia ed ai militari; il prolungamento del fermo di polizia sino a 72 ore senza l’obbligo di fornire alcuna giustificazione da parte dell’autorità giudiziaria; la presunzione di colpevolezza nel caso di possesso illegale di armi e l’accettazione di testimonianze senza possibilità di interrogatori o confronti. A questi provvedimenti furono affiancate condizioni di detenzione e di interrogatorio durissime, mai viste nell’Europa post-lager. Per questo nel 1981 i prigionieri politici repubblicani iniziarono lo sciopero della fame. La Thatcher fece spallucce e dieci di essi morirono di fame, primo dei quali proprio Bobby Sands. Ci vollero 217 giorni per far cessare lo sciopero della fame e per far reintegrare alcuni dei diritti dei detenuti.
Il commento di Nicola Montagna, ricercatore alla Middlesex University e nostro corrispondente dall’Inghilterra.

da Radio Onda d'Urto

lunedì 8 aprile 2013

FOGNA DORATA

Visto che le ultime elezioni hanno sancito l'andazzo in negativo degli ultimi anni del movimento(del cazzo)dei fascisti di Fogna Nuova,ecco che il leader storico Fiore rilancia un'alleanza con i nazisti di Alba Dorata che in Grecia hanno avuto maggior consensi.
Quest'ultima trovata per la verità è un fatto che va avanti da un pò di tempo ed il nuovo impulso a trovare sponsor all'estero è l'unica cosa che è venuta in mente visto che nelle ultime elezioni il peso politico di tutta la destra neofascista può contare su 400mila voti,una quota bassa ma pur sempre significativa,secondo me anche 400 voti in tutta Italia sarebbero già troppi.
Solo che le aspettative dei vari La Destra,Forza Nuova,Casa Pound e Fiamma Tricolore erano molto maggiori,si sa che molti di loro hanno optato per il loro"voto utile"verso il Pdl,mentre alcuni hanno voluto premiare Grillo ed il M5stelle:quindi il ritorno di fiamma verso un'organizzazione che va in parlamento con le pistole e picchia le donne,massacra omosessuali e intimidisce il popolo praticamente ogni giorno secondo la loro ristretta mente è la strada da seguire.
Articolo preso da Senza Soste.
 
Alba Dorata e il neo-fascismo italiano: storia di un amore.
 

Da quando gli effetti della crisi economica hanno cominciato a palesarsi in Italia, la parola “Grecia” ha progressivamente cessato di definire un paese per divenire sinonimo di minaccia, cattivo presagio, una mazza politica con cui colpire le teste degli oppositori.
Ho sentito innumerevoli volte i politici italiani dire cose del tipo “noi non siamo la Grecia”, “non finiremo come la Grecia”, e così via. Per esempio, lo scorso febbraio il primo ministro uscente Mario Monti e il leader del PD Bersani hanno entrambi accusato Beppe Grillo di “voler far fare all’Italia la fine della Grecia”. Durante la sua campagna elettorale, lo stesso Grillo ha urlato ripetutamente che “se non avremo successo, ci dirigeremo verso un nuovo tipo di fascismo, un’Alba d’Oro all’italiana”.
Mentre queste prospettive sono realmente terrorizzanti per la maggior parte delle persone, alcune frange dell’estrema destra anelano ad uno scenario di tipo “greco”, e si stanno impegnando per riprodurre i successi di Alba d’Oro.
“Dobbiamo agire come loro”, ha detto qualche mese fa Daniele Lopolito, un candidato di Forza Nuova alle prossime venture elezioni comunali di Roma. E lo intendeva davvero. Il 19 marzo, una delle tante sezioni locali di FN ha lanciato un’iniziativa volta a “proteggere i settori più deboli della società” – anziani la cui sicurezza personale è “minacciata dall’immigrazione e dalla microcriminalità” – tramite la scorta di gruppo durante la spesa al supermercato e il ritiro della pensione. “Garantiremo personalmente la sicurezza degli anziani”, asserisce il comunicato rilasciato dal partito.
Il 6 dicembre 2012, le notizie hanno riportato che alcuni parlamentari di Alba d’Oro avevano cercato di entrare in parlamento con delle pistole ma, fermati dal metal detector, gli era stato chiesto di andarsene. Prontamente, FN ha twittato: “GoldenDawn porta pistole in Parlamento? Dato lo scenario devastante, sarebbe appropriato portarle anche in Italia”.
Il 2 febbraio 2013, una delegazione di FN è volata in Grecia per manifestare nelle strade di Atene con Alba d’Oro. I militanti neo-fascisti hanno addirittura caricato un video su Youtube, in cui si coglie lo “stile Weimar” dell’evento.
In quest’ultima occasione, Roberto Fiore - leader di FN ed ex-latitante dalla giustizia italiana, stabilitosi a Londra negli anni ’80, che una volta ebbe a dire: “se mi chiamano neo-fascista, non ne farò uno scandalo” (vedi qui un breve profilo del Guardian) – ha fatto notare come “ad oggi, la relazione tra Forza Nuova e Alba d’Oro si sia rafforzata”.
Infatti. Non è la prima volta che neo-nazisti greci e neo-fascisti italiani passano un po’ di tempo assieme; i due partiti hanno una relazione di lunga durata. Nel 2005, Alba d’Oro tentò di organizzare un “Eurofest 2005”, un festival così vergognoso da costringere persino le autorità greche a vietarlo. Secondo il report del New York Times, questo avrebbe dovuto essere il parterre del Nazi-Pride: “membri dell’estrema destra, tra cui Udo Voigt, capo del Partito Nazional Democratico in Germania, e Roberto Fiore del partito italiano Forza Nuova, sono in programma per arringare le folle. Gli organizzatori hanno dichiarato martedì che sperano in un’apparizione a sorpresa di Jean-Marie Le Pen, il leader francese di estrema destra che ebbe a definire le camere a gas naziste un “mero dettaglio” della Storia”.
Nel 2010, il Fuhrer di Alba d’Oro Nikos Michaloliakos restituì il favore partecipando ad una manifestazione di Forza Nuova a Milano. Diede anche un discorso (in italiano), che, alla luce di quello che poi successe nei 3 anni successivi, ha qualcosa di inquietante:
Camerata Fiore! Camerati italiani! Camerati europei, dall’Ungheria! Dalla Spagna! Da tutta l’Europa! Dalla Grecia, una terra devastata dai padroni del mondo, vi porto il mio appassionato saluto. Volevo congratularmi con la dirigenza di Forza Nuova in questo appuntamento contro il capitalismo globale. […] Noi rigettiamo i loro progetti [capitalisti] di devastazione con voce alta: “Non passeranno!” La pressione che questi padroni hanno messo su di noi sveglierà i popoli europei. […] Molti anni addietro, qualcuno disse: “ritorneremo, e allora la terra tremerà”. Quell’ora sta arrivando.
È curioso; ma come tutti noi sappiamo, queste persone hanno una tormentata relazione col lessico e la logica.
Al di là di Forza Nuova, un paio di mesi fa due mezzi matti neo-fascisti (Alessandro Gardossi, un ex-militante di FN, e Bruno Berardi, un intelligentone che definì Behring Breivik “un eroe”) hanno provato – senza molto successo – a sfruttare il brand di Alba d’Oro fondandone (senza autorizzazione) una sezione italiana. Il loro tentativo sorpassa il comico: i due non sono riusciti nemmeno ad ottenere le firme necessarie per correre alle elezioni, cadendo nel meritato oblio mediatico.
Forza Nuova, invece, si è presentata alle ultime elezioni italiane di febbraio, ma ha raccolto un misero 0,26% dei voti. Un risultato coerente con quelli degli altri partitini neo-fascisti: La Destra ha preso 0,7%, Casa Pound Italia 0,1%, Fiamma Tricolore 0,1%. Messi assieme, questi quattro partiti hanno raccolto circa 400'000 voti: a questo corrisponde – per ora – il peso elettorale del neo-fascismo italiano.
Ieri, Confcommercio ha dichiarato che oltre 4 milioni di italiani (cioè il 6% della popolazione) vivrà in condizioni di assoluta povertà per la fine del 2013, e ha modificato al ribasso le stime di caduta del PIL del 2013, dallo 0,8% di cinque mesi fa sino al presente 1,7%.
Queste notizie mi hanno riportato alla memoria una battuta dell’albadorato Theodoros Koudounas. Intervistato dal settimanale italiano Panorama, Koudonas disse: “in questo processo di risveglio collettivo, l’Italia e la Spagna sono 5 anni dietro di noi. Voi siete solo più ricchi e meno corrotti. Ma siate preparati: il momento sta per arrivare.”
Il peggioramento della crisi economica ci farà scoprire se un’Alba d’Oro italiana sia destinata a rimanere un sogno dei neo-fascisti, o a trasformarsi nel nostro peggiore incubo.
Traduzione di Atene Calling
6 aprile 2013

domenica 7 aprile 2013

LO SPREGEVOLE DI CANIO

La storia ha un pò di giorni ed è stata ripetuta già parecchie volte,e le polemiche che giustamente accompagnano la vita lavorativa e non del bastardo fascista Paolo Di Canio hanno ancora bussato alla porta della cronaca sportiva e non solo da quando è stato assunto dal club britannico del Sunderland,che milita in Premier League.
La reazione della maggior parte dei tifosi e di alcuni dirigenti è stata di sconcerto e di vergogna al punto che il vicepresidente David Miliband si è dimesso dall'incarico per motivi morali di principio:la città portuale di Sunderland come tutte quelle di approdo sul mare,sono più portate ad essere di sinistra in quanto la multietnicità è presente da diverse generazioni,anche se problemi di tolleranza esistono sempre.
L'ex laziale definendosi sempre fascista ma non razzista,si arrampica nuovamente sugli specchi sembrando perennemente in imbarazzo a dover spiegare l'amore per la sua spregevole ideologia,tra l'altro pure se non dovesse parlarne vedendo i numerosi tatuaggi si capirebbe tutta la sua ignoranza solo da quello,ha perso un'oretta fa col Chelsea ancora tre punti indispensabili per una salvezza difficile da raggiungere.
E se gli ultras del Sunderland fossero scontenti di tale chiamata solo perché Di Canio sia solamente un incapace nel suo mestiere?
Allora si sarebbe creato solo una grande incomprensione,d'altronde uno che professa di essere un fascista ma non un razzista è come un astemio che beve vino o un vegano che ogni tanto si mangia una salsiccia e una costata.
L'articolo è del Corriere della Sera.it(http://www.corriere.it/sport/13_aprile_05/sunderland-di-canio-jonathan-wilson_7b41397c-9dc5-11e2-9da0-834a30d18cb2.shtml ).

L'ALLENATORE ACCUSATO DI FASCISMO
Noi del Sunderland e Di Canio: un matrimonio difficile (e non solo per ragioni politiche)
La nostra è una città di sinistra, anche se non sempre tollerante. E lui è un allenatore ancora inesperto.

Jonathan Wilson, l'autore di questo articolo, è una delle più importanti firme del «new football writing» inglese. È autore di «La piramide rovesciata», una storia del calcio attraverso i più importanti moduli tattici (edizioni Libreria dello Sport). Nel 2011 ha fondato il trimestrale di calcio «The Blizzard», di cui è anche direttore. Proprio su quella rivista Wilson ha raccontato (partendo dalla morte del padre) del suo tifo per il Sunderland, la squadra della città in cui è nato nel 1976 e alla quale ha dedicato un libro uscito in Inghilterra nel 2008. In occasione del debutto di Di Canio sulla panchina della squadra inglese, sabato pomeriggio, Wilson (che collabora con i quotidiani The Guardian e The Independent, il settimanale «Sports Illustrated» e il mensile «World Soccer») ha scritto per il «Corriere della Sera».
La mia reazione istintiva quando Di Canio è stato ingaggiato come manager del Sunderland è stata di intontimento. Vedevo lo scoppio dell’incendio e sapevo che non c’era niente da fare per fermarlo. Ho cercato di elaborare una risposta razionale scoprendo di non riuscirvi, in parte per via della mia ignoranza, in parte a causa della rabbia per la miopia e stupidità di altri, e in parte perché sono un tifoso sfegatato: la mia natura, quando si parla del Sunderland, è difensiva, e so che ciò obnubila il mio giudizio. Partiamo dunque dei fatti nudi e crudi: avendo fatto tre punti nelle ultime otto partite, il Sunderland sta precipitando in classifica, verso la retrocessione, che sarebbe ancora più onerosa del solito, visto il nuovo accordo sui diritti televisivi dell’anno prossimo, più remunerativo del 70% rispetto al precedente.

Paolo Di Canio con una sciarpa del Sunderland (Ap/Heppell)
Sabato notte Martin O’Neal,
senza il suo solito brio, è stato licenziato come manager, sebbene non fosse stato particolarmente contestato dai tifosi. Di Canio, che aveva guidato lo Swindon dalla League Two alla lotta per la promozione dalla League One, prima di andarsene sbattendo la porta, è stato ingaggiato scatenando furore, in gran parte per un’intervista rilasciata nel 2005, in cui si definiva «un fascista, non un razzista». Il vicepresidente del Sunderland, l’ex ministro degli esteri David Miliband, si è dimesso presumibilmente per principio. È ebreo e perse molti famigliari nell’Olocausto, per cui forse c’è veramente un principio dietro questa scelta. Dato che Miliband sta lasciando il suo incarico di deputato per trasferirsi però a New York, e dato che è il leader di un’élite politica neo-liberale che privilegia l’immagine rispetto alla sostanza, e dato che non ha esitato ad accettare la sponsorizzazione di «Invest in Africa», un’organizzazione no-profit accusata di esistere solo per legittimare socialmente lo sfruttamento del continente da parte della Tullow Oil, è difficile non sorprendersi se la nomina di Di Canio gli abbia semplicemente offerto una scusa conveniente per andarsene.
Nondimeno, al di là delle ragioni di Miliband, i principi sono importanti. C’è una data, che sancì l’ideologia – se non è, come è, un termine troppo fine – del Sunderland di oggi, ed è il 1° gennaio 1985. Il Sunderland perse 3-1 nel derby contro il Newcastle United, con Peter Beardsley che mise a segno un numero brillante del coniglio fuori dal cappello, facendo espellere Howard Gayle e Gary Bennet. Erano entrambi neri, e furono entrambi provocati dai cori razzisti.
Sunderland è una città di sinistra. Lo è sempre stata (mio nonno fu l’ultimo consigliere conservatore della metà cittadina a sud del fiume Wear, e persino lui parlava come un socialista; suo fratello era Presidente del Congresso nazionale dei sindacati). Era una città industriale orgogliosa, uno dei centri mondiali di cantieristica navale, tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. Era così socialista che la notte delle elezioni, i collegi elettorali di Sunderland erano invariabilmente i primi a dichiarare, soprattutto perché non dovevano contare scrupolosamente: la vittoria schiacciante dei laburisti è scontata.
Tuttavia, città di sinistra non vuol dire sempre che sia tollerante, ma che il derby del primo dell’anno confermò nella testa dei tifosi del Sunderland che eravamo il club non razzista del Nord-est. Bennet diventò poi una leggenda del club. Non siamo sempre stati perfetti, ma c’è sempre stata una decenza di fondo. Nel 2001, in alcune parti del Lancashire ci furono delle rivolte razziali, in seguito a cui il Fronte nazionale di destra cercò di fomentare il malcontento in altre città post-industriali in declino. Puntarono su Sunderland, in quanto impoverita e popolata da molti emigrati del Bengali – ma i loro agenti hanno finito per essere cacciati dalla città da un gruppo di tifosi diretti allo stadio. Pertanto non è naturale dichiararsi fascista.
L’Associazione dei minatori di Durham, un’istituzione locale influente anche se oggi le miniere sono in gran parte chiuse, ha chiesto di togliere il suo striscione allo Stadium of Light per tutto il mandato di Di Canio. Ma a farmi male è la marmaglia di larghe vedute liberali, che compare così spesso quando si sollevano questioni di razzismo (e in Inghilterra è molto difficile districare il fascismo dal razzismo, per quanto Di Canio ci abbia provato). Troppi giornalisti inseguono storie facili, troppi sbeffeggiatori nelle loro confortevoli case borghesi sono pronti a condannare gli altri per non avere i loro valori liberali, troppi sono pronti a giudicare sulla base di una o due frasi, spesso prese fuori dal contesto. Leggendo l’autobiografia di Di Canio, nessuna delle sue idee sembra particolarmente eccessiva. Ma in Gran Bretagna il termine «fascista», fa scattare un allarme in un modo in cui non scatta come con «comunista».
Il padre di Miliband era comunista, ma sembriamo felici di
L'ex ministro degli Esteri inglese David Miliband (Reuters/Melville)
distinguerlo dallo stalinismo; nessuno pensa che abbia sostenuto gli stermini e i gulag. Ciononostante, in Gran Bretagna «fascismo» significa Hitler. Ma mentre aborrisco la marmaglia – e, in realtà, se parliamo di negare a una persona il diritto di avere un lavoro sulla base del suo credo politico, chi è allora l’autocrate?- non sono sicuro di volerlo difendere particolarmente, soprattutto perché non so cosa pensi Di Canio. Mi piacerebbe sentirlo spiegare, ma l’occasione è passata; l’isteria significa che non avrà mai un giusto ascolto, che non è stato favorito dall’ufficio stampa del Sunderland, notoriamente confusionario.
E poi, ovviamente, c’è l’aspetto calcistico di tutto il business. Quando Niall Quinn all’inizio della stagione 2006 fu per poco tempo sia presidente che manager del Sunderland, disse che il club era assediato da folletti maligni. Se qualcosa avesse potuto andare storto, sarebbe andato storto. L’apatia e la negatività erano diventate parte del Dna. Nel 2001-02 vinsero tre delle loro ultime 19 partite, lasciando presagire un 2002-03 disastroso, in cui fecero un solo punto nella seconda metà della stagione, realizzando un basso punteggio record di 19 punti totali nella Premier League. Nel 2005-06 infransero il record, racimolando 15 punti in tutta la stagione. Nel 2008-09 vinsero una delle loro ultime 13 partite e la stagione successiva inanellarono una serie di 14 partite senza vincere. All’inizio del 2011 fecero un punto in nove partite e la scorsa stagione non vinsero nessuna delle loro ultime otto partite. Quinn, che fu pure presidente, decise che l’unico modo per liberarsi dei folletti maligni fosse di spaventarli, quindi ingaggiò Roy keane.
Fu una grande scommessa, ma funzionò e il Sunderland fu promosso. Da allora, tuttavia, sono tornati i folletti maligni. Sembra che Ellis Short, il proprietario del Sunderland, pensi che Di Canio sia l’uomo giusto per metterli in fuga. Short fece fortuna scommettendo sui fondi hedge, ma questo sembra essere un rischio stupefacente. Di Canio è inesperto. Non ha mai gestito una squadra nella Premier league. Il suo periodo allo Swindon fu così pieno di controversie e rotture, che l’ex direttore generale del club, Nick Watkins, definì il suo stile come di «gestione a colpi di granate a mano». Dietro il tumulto per le idee politiche di Di Canio rimane il fatto che il suo ingaggio rappresenta un ultimo disperato lancio di dadi.
(modifica il 6 aprile 2013)