venerdì 29 gennaio 2021

IL TEAM DI BIDEN:MOLTI FALCHI,POCHE COLOMBE

La squadra preparata dal Presidente Usa Biden è quasi pronta e molti dei nomi che contano soprattutto per quanto riguarda la politica estera più che quella nazionale non lascia di certo buoni auspici per quattro anni di tranquillità.
Come da tradizione quando i democratici sono al potere l'istinto già innato per gli statunitensi di attaccare qualcosa o qualcuno con massicci bombardamenti lievita maggiormente(vedi:madn giusto-esultare-per-biden? )e dopo l'esultanza del primo mandato conferito ad Obama bisogna stare con i piedi per terra nonostante l'indiscusso cambio di passo dopo la presidenza dello sciacallo Trump.
Gli articoli proposti(contropiano biden-alla-casa-bianca e contropiano un-falco-liberale-per-la-biden-squad )parlano dei possibili scenari con alcuni personaggi,Blinken e la Nuland su tutti,che hanno un passato di aggressioni e di coperture importanti,dalla guerra contro Assad in Siria alla legittimazione dei nazi al potere in Ucraina.
Perché anche se i repubblicani con molto rumore ormai sono stati detronizzati,non è che la sinistra è salita d'un tratto al potere negli Usa,non se ne sono andati gli zoticoni conservatori razzisti per l'arrivo di un nuovo rinascimento americano,ma è salita al potere un nuovo tipo di destra diciamo più progressista ma sempre lontana anni luce da quello che potrebbe rappresentare una reale forza socialista.

Nessuno si faccia illusioni con Biden alla Casa Bianca.

di  Atilio Boron*   

Può sembrare un consiglio vano, ma dobbiamo ricordare il torrente di aspettative illusorie che il trionfo di Barack Obama aveva suscitato nel 2008.

Riflesso della profonda penetrazione del messaggio neocoloniale, i canti trionfalisti che hanno cantato importanti intellettuali del “progressismo” europeo e latinoamericano alla vigilia dell’inaugurazione del loro mandato, sono stati rapidamente messi a tacere non appena l’afroamericano si è messo al lavoro (affiancato proprio da Joe Biden) ed ha dedicato enormi sforzi per salvare le banche dalla “crisi dei mutui subprime” dimenticandosi del milioni che sono stati truffati da quelli.

Dato che si stanno già ascoltando alcune litanìe simili a quelle del 2008, seppur con un tono soffice, sembra opportuno richiamare questi antecedenti per non cadere in nuove – e prevedibili – frustrazioni.

Biden arriva alla Casa Bianca con una squadra etnicamente più diversificata rispetto a quella di Donald Trump, che era quasi interamente composta da maschi bianchi.

Ma in tutti i casi sono persone che, al di là della loro diversità etnica e culturale, sono strettamente legate al grande capitale nordamericano. Il Dipartimento di Stato sarà guidato da Anthony Blinken, un falco moderato, ma comunque un falco, che ritiene che il suo Paese avrebbe dovuto rafforzare la sua presenza in Siria per impedire l’arrivo della Russia. 

Blinken ha sostenuto l’invasione dell’Iraq del 2003 e l’intervento armato in Libia che è culminato nella distruzione di quel paese e nel linciaggio di Muammar El Gheddafi. Ha detto che “la forza deve essere un necessario complemento della diplomazia”, ​​in linea con il pensiero dell’establishment tradizionale, tanto per intendersi.

Il capo del Pentagono proposto da Biden è un afro-discendente, Lloyd Austin, un generale a quattro stelle con 41 anni di servizio nell’esercito e la cui ratifica al Senato potrebbe essere compromessa per due motivi. Primo, perché la legge stabilisce che questa posizione può essere ricoperta solo da un militare che ha lasciato il servizio almeno sette anni prima, e Austin lo ha fatto solo nel 2016. 

Secondo, perché fino a poco tempo fa era un membro del Consiglio di amministrazione di Raytheon, uno dei giganti del complesso militare-industriale, grande fornitore delle forze armate statunitensi. Inoltre, Austin, uomo con un buon fiuto per gli affari, è anche partner di un fondo di investimento dedicato alla vendita di attrezzature militari. 

Piccole incompatibilità, diranno i media egemonici, sempre così compiaciuti di quanto sta accadendo a Washington.

La seconda linea del Dipartimento di Stato ha come protagonista, nella posizione di sottosegretario agli Affari politici, nientemeno che Victoria Nuland. Questo personaggio è un super falco che, nella piazza Euromaidan di Kiev, ha incoraggiato e distribuito bottigliette d’acqua e dolci alle orde (simili a quelle che hanno devastato il Campidoglio il 6 gennaio a Washington) che hanno assediato la casa governativa dell’Ucraina e, nel febbraio 2014, hanno rovesciato il governo legittimo di quel paese.

Una conversazione telefonica tra l’ambasciatore statunitense in Ucraina e Nuland, trapelata inaspettatamente alla stampa, rimarrà per sempre negli annali della storia diplomatica, perché quando l’ambasciatrice gli ha fatto sapere che l’Unione Europea non era del tutto d’accordo con il rovesciamento del governo di Yanukovych, la Nuland ha risposto con un secco “Fanculo l’Unione Europea!” 

Vale la pena aggiungere che questa bella persona è sposata con Robert Kagan, autore di estrema destra di diversi libri dove esalta il destino manifesto degli Stati Uniti, difende apertamente l’occupazione israeliana della Palestina e rimprovera ai governi europei la loro codardia nell’accompagnare gli Stati Uniti nella loro crociata universale di civiltà. Tutto è in famiglia.

Come se quanto sopra non bastasse a dissipare ogni speranza in relazione alla sostituzione presidenziale negli Stati Uniti, concludo con due citazioni da un articolo che Joe Biden ha pubblicato sulla rivista Foreign Affairs: [1] Si intitola “Perché gli Stati Uniti dovrebbero guidare di nuovo. Salvare la politica estera dopo Trump ”e lì lancia un furioso attacco contro Russia e Cina. 

Del primo, afferma che la società civile russa resiste coraggiosamente all’oppressione del “sistema autoritario e alla cleptocrazia di Vladimir Putin”. Sulla Cina ribadisce la necessità di “inasprire la nostra politica” nei confronti del colosso asiatico. In caso contrario, dice, la Cina continuerà a “rubare tecnologia e proprietà intellettuale” alle nostre aziende. [2]

È difficile che con persone come quelle che ha assunto per posizioni chiave nella sua amministrazione e con una retorica come quella che scaturisce da quanto ha scritto, il mondo possa respirare facilmente e avere fiducia che, ora senza Trump, le tensioni del sistema internazionale diminuiranno notevolmente.

[1] In Foreign Affairs, marzo-aprile 2020, volume 99, n. 2, pagg. 64-76. 

[2] Il giornalista Rick Gladstone, in un articolo pubblicato sul New York Times del 7 novembre 2020, dopo il suo articolo su Foreign Affairs, assicura che Biden si riferiva a Xi Jinping come “un bullo”.

*Pagina12.com.ar

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Antony Blinken, un falco liberale per la “Biden squad”.

di  Alberto Negri *   

Insieme a Biden sulla Casa Bianca è planato il nuovo segretario di stato Antony Blinken, definito dal New York Times un «interventista liberale», ovvero un «falco democratico» che per non smentirsi è subito passato all’attacco di Europa, Russia e Cina. Linea dura con i nemici e anche con i presunti alleati, trattati da sottoposti.

Del resto Sanders ci aveva avvertito, sfoggiando alla cerimonia di insediamento voluminosi guantoni di lana che hanno spopolato sui social network: forse un suggerimento che questa amministrazione va trattata con una certa cautela, soprattutto in politica estera. L’entusiasmo degli europei per Biden potrebbe presto raffreddarsi.

Il «falco» Blinken infatti ha subito sfoderato gli artigli. Che per altro già conoscevamo.  Come consigliere del vicepresidente Biden nel 2011 si pronunciò per una intromissione nella crisi egiziana e appoggiò con convinzione i raid contro Gheddafi: ce lo conferma lo stesso ex presidente Obama nel suo libro “Una Terra Promessa”. 

Non solo. Blinken, secondo il Financial Times, nel 2013 era un convinto sostenitore dell’intervento militare contro Assad, senza neppure passare dal Congresso, dopo il presunto uso di armi chimiche da parte di Damasco: una strada che Obama si rifiutò di seguire. 

Il nuovo segretario di stato ha inoltre apprezzato pubblicamente la decisione di Trump di colpire la Siria nel 2017 con un’azione dimostrativa. Mai ovviamente da lui una critica per l’assassinio ordinato da Trump del generale iraniano Soleimani, oppure per quello dello scienziato di Teheran Fakhrizadeh a opera del Mossad.

L’«interventista liberale» nell’audizione al Senato, alla vigilia dell’insediamento, ha preso subito di mira il gasdotto russo Nord Stream 2 minacciando sanzioni a Berlino. «Bisogna utilizzare ogni strumento persuasivo anche verso la Germania per impedire il completamento di Nord Stream e se serve imporre sanzioni ai partner europei». 

Blinken ha espresso la stessa posizione di Trump e Pompeo per sanzionare le compagnie che lavorano alla pipeline, ormai in via di completamento. Non c’è da meravigliarsi. Michael McFaul, ex ambasciatore Usa in Russia che ha lavorato a stretto contatto con Biden, ha detto che Blinken e altri democratici, dopo la sconfitta di Kerry contro Bush jr. nel 2004, avevano fondato un gruppo chiamato “Iniziativa Phoenix”, sostenendo che il partito democratico avesse bisogno di un approccio sulla sicurezza nazionale più «duro». Un interventismo perfettamente in linea con i neoconservatori del partito repubblicano.

Blinken ha attaccato anche gli accordi commerciali europei con la Cina appena firmati dalla cancelliera Merkel con Macron. La Cina, ha detto, è l’avversario principale con il quale «bisogna assumere una posizione di forza». E per fugare ogni dubbio dei senatori ha aggiunto: «Credo che il presidente Trump avesse ragione. Non sono molto d’accordo con il modo in cui ha affrontato la questione cinese in una serie di settori ma il principio di base era quello giusto e penso sia utile alla nostra politica estera». 

Blinken non è stato neppure turbato dall’ultima mina vagante lanciata da Pompeo contro Pechino: la decisione di definire la condotta cinese contro gli uiguri «genocidio». «Questo sarebbe stato anche il mio giudizio», ha tagliato corto.

Quanto all’Iran Blinken è apparso meno ottimista del suo capo per un rientro nell’accordo sul nucleare del 2015 cancellato da Trump. «È ancora molto lontano – ha detto – e qualora dovesse accadere, ci consulteremo prima con Israele e gli stati del Golfo». 

Blinken ha messo subito i paletti per una nuova intesa: «Qualsiasi accordo con Teheran dovrà includere il programma missilistico e la fine del sostegno alle milizie “per procura” in Medio Oriente». Esattamente come avrebbe voluto Trump che aveva già incassato il rifiuto dell’Iran a un negoziato sui programmi militari.

È evidente che il Patto di Abramo in funzione anti-iraniana tra Israele e le monarchie arabe e il riconoscimento di Gerusalemme capitale con il trasferimento dell’ambasciata Usa non sono in discussione. Ma queste eredità di Trump renderanno ancora più inestricabile il dossier palestinese.  

In realtà alle mine vaganti lasciate da Trump – sanzioni rafforzate all’Iran, lista nera per Cuba e gli Houthi yemeniti – se ne è appena aggiunta un’altra: Avril Haines, nuova direttrice dell’intelligence, ha annunciato che il governo declassificherà una nota segreta della Cia sull’assassinio, nell’ottobre del 2018, del giornalista saudita Jamal Khashoggi.

Per la Cia l’ordine di ucciderlo sarebbe arrivato direttamente dal principe ereditario Mohammed bin Salman. Biden, oltre a detestare Erdogan, non ama neppure i sauditi verso i quali ha avuto parole poco affettuose in campagna elettorale lasciando intendere che gli Usa potrebbero ridurre la vendita di armi a Riad, il maggiore cliente di Washington. 

Se come diceva Frank Zappa «la politica in Usa è la sezione intrattenimento dell’apparato militar-industriale», questo evento, qualora si verificasse, sarebbe davvero una novità planetaria.

 * da il manifesto

mercoledì 27 gennaio 2021

CHE CI SIA MEMORIA PER I LAGER DI IERI E DI OGGI

In occasione della Giornata della Memoria,istituita per l'appunto per non dimenticare e preservare per il presente ed il futuro il ricordo dello sterminio di milioni di ebrei,comunisti,gay,handicappati e rom,si deve capire come mai ancora nel mondo l'odio e la crudeltà siano ancora presenti e ben radicati in troppe situazioni,dove anche l'uno è già il troppo.
C'è una lapide a Marzabotto,teatro di uno degli eccidi più vergognosi e cruenti compiuti dai nazifascisti in Italia,che dice:"Auschwitz:solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana,solo allora potrete dimenticarci"lo dice chiaramente,ma gli episodi che quotidianamente ledono la dignità umana sono molteplici e molto più vicino a noi di quanto ci si possa immaginare.
Prendo l'esempio della situazione dei campi profughi in Bosnia Erzegovina dove questi nuovi lager ospitano centinaia di migranti che arrivano soprattutto dalla zona afgana e pachistana e che subiscono soprusi dalla polizia che dai confini croati,sloveni ed italiani li ribattono in un limbo di punizione e di controllo(vedi:www.fanpage.it perche-a-nessuno-interessa-della-catastrofe-umanitaria-dei-migranti-in-bosnia )
Hanno fatto scandalo a giorni alterni le immagini ed i reportage da Bihac e Lipa dove le persone sono costrette al gelo ed alla fame in condizioni disumane dove la vita è realmente al limite della sopportazione e dove i più elementari diritti umani non esistono.
Ebbene che questo giorno della Memoria nato dalla liberazione da parte dell'Armata Rossa del campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz(vedi:madn non-dimentichiamoci-nemmeno-dellarmata rossa )sia valido sempre e per tutta l'umanità,in ogni luogo del mondo partendo dalla città dove viviamo.

Perché a nessuno interessa della catastrofe umanitaria dei migranti in Bosnia.

È un disastro umanitario che non ha ancora trovato una soluzione, quello dei migranti di Lipa, abbandonati al gelo della Bosnia dopo che un incendio ha distrutto il campo profughi nella città di Bihac. Ormai è passato un mese, ma centinaia e centinaia di persone continuano a non avere un riparo, né acqua calda o energia elettrica. E se da una parte le autorità di Sarajevo non sono state capaci di trovare una soluzione per queste persone, dall’altra l’Unione europea continua a finanziare la Bosnia affinché la crisi migratoria continui ad essere gestita fuori dal suolo comunitario.     

di Annalisa Girardi  

Ai confini dell'Unione europea centinaia di migranti continuano ad affrontare una crisi umanitaria che li costringe a sopravvivere senza un riparo mentre le temperature da settimane ormai sono crollate ben sotto lo zero, senza elettricità o acqua corrente. Nella zona a Nord-Ovest della Bosnia ed Erzegovina, a pochi chilometri dalla frontiera con la Croazia, a un mese dall'incendio che ha devastato il campo profughi di Lipa a Bihac, circa 1.500 persone vivono in condizioni disastrose. Non hanno servizi igienici né un tetto sopra la testa: sono costretti a lavarsi nei torrenti di montagna, nell'acqua ghiacciata, circondati dalla neve e di notte, con temperature di decine di gradi sotto lo zero, rimangono all'aperto.

Provengono per lo più da Afghanistan, Pakistan, Bangladesh. Per loro una soluzione ancora non è stata trovata. Dopo che le fiamme, divampate per cause ancora non chiare, hanno bruciato la tendopoli di Lipa molti migranti hanno cercato riparo nelle foreste vicine, mentre altrettanti sono rimasti nel campo semi-distrutto in condizioni invivibili.

Da Bruxelles non sono mancate le pressioni al governo bosniaco che però, ad oggi, non è riuscito a risolvere questa tragedia umanitaria, ostacolato soprattutto dalle autorità e delle comunità locali che si rifiutano di accogliere i migranti sfollati. Il commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha detto che un tale disastro avrebbe potuto "essere evitato se le autorità avessero creato sufficienti capacità di riparo per l'inverno, anche utilizzando le strutture esistenti disponibili". Il riferimento è al centro di accoglienza di Bira, che si trova sempre a Bihac: la struttura ha ricevuto 3,5 milioni di euro dall'Unione europea, ma non è mai stata ancora utilizzata sempre a causa dei residenti e delle comunità locali, che non vogliono che i migranti vengano ospitati nel centro.

Sarebbe semplicistico, però, scaricare tutte le responsabilità sulle autorità bosniache. L'Unione europea, pur essendosi attivata in finanziamenti e appelli al governo di Sarajevo, sembra comunque essere decisa a non affrontare la crisi sul suolo comunitario.

In altre parole, la responsabilità di quello che sta accadendo lungo la rotta balcanica non può essere attribuita solamente alla Bosnia ed Erzegovina. Come racconta l'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), che a sua volta cita il Danish Refugee Council, anche la polizia di frontiera sarebbe responsabile della violenza sui migranti, respingendo la maggior parte delle persone che cerca di entrare nell'Unione europea.

La Bosnia ed Erzegovina, infatti, non è la meta finale di chi intraprende la rotta balcanica. I migranti cercano di arrivare in un Paese comunitario, ma spesso vengono respinti prima al confine con la Croazia, poi a quello sloveno e infine a quello italiano. Secondo dei dati dello stesso ministero dell'Interno, elaborati da Altreconomia, tra il 1° gennaio e il 15 novembre dell'anno scorso, l'Italia avrebbe "riammesso" in Slovenia ben 1.240 migranti e richiedenti asilo. Sempre a quanto riferito dal Danish Refugee Council, da marzo 2019 sarebbero state respinte dalla Croazia alla Bosnia almeno 21 mila persone. Di queste, oltre mille, solo a novembre 2020.

Dal 2018 l'Unione europea ha versato circa 88 milioni di euro nelle casse di Sarajevo per gestire i campi profughi sul suo territorio. In piccolo, un'operazione simile a quella stretta con la Turchia nel 2016. "Non possiamo chiedere a quel Paese di gestire tutto il flusso migratorio di cui noi non vogliamo occuparci sul nostro territorio", ha commentato la presidente della sottocommissione per i Diritti umani, Maria Arena, durante una conferenza organizzata lo scorso 15 gennaio.

Il piano di Bruxelles, ancora una volta, sembra voler impedire l'accesso a migliaia di migranti ai Paesi dell'Unione, dove avrebbero il diritto di presentare una domanda di asilo, segregando queste persone in Paesi appena al di là della frontiera comunitaria, come appunto la Bosnia ed Erzegovina. Che di certo non manca di responsabilità per la catastrofe umanitaria che si sta verificando a Lipa. Ma che, in ultima istanza, viene finanziata proprio dall'Unione europea per accogliere persone che Bruxelles non vuole.

martedì 26 gennaio 2021

MA QUANTO FANNO SCHIFO

L'arroganza e la determinazione con la quale si ribadiscono menzogne da parte della Lega sulla questione degli errori(e non riqualificazioni come dicono loro)in merito ai dati sbagliati della regione Lombardia che hanno determinato quest'ultimo lockdown spero che siano state ben recepite dalle persone,di qualsiasi ideologia politica esse appartengano,per ribadire lo schifo che gente come Salvini e Fontana facciano,in pensiero presente e futuro quando saranno davanti ad una scheda elettorale.
In questi giorni per quello che è possibile fare c'è stata una forte contestazione a Milano appunto per denunciare tutta la gestione della pandemia fin dallo scorso anno,con processi che si stanno imbastendo in più luoghi contro gli orrori commessi nella prima fase dell'emergenza coronavirus ma anche fino ai giorni nostri quando evidentemente anche un poco più di esperienza la si avrebbe dovuta avere.
Perché nel resto d'Italia questi errori sul calcolo dei malati,dei sintomatici,dell'RT(l'indice di trasmissibilità di una malattia)non si sono avuti,ma purtroppo gli altri governatori delle giunte leghiste e della destra hanno comunque difeso in maniera ignobile le bugie raccontate da Salvini e dai ladroni che rappresenta.
L'articolo di Left(e-la-lega-bellezza )parla di quest'ultimo caso che mette la Lombardia dietro la lavagna in Italia e in Europa,con una caccia alle streghe,ricorsi al Tar(chi li paga?)che anche se cassati avrebbero dato comunque la stessa sentenza del fine settimana scorso,la regione in zona arancio senza nessun impugnamento,con ancora danni milionari alle attività che hanno dovuto tenere chiuso(con ora relative denunce di risarcimento danni)per non parlare del prezzo di vite umane.
Un partito proprio così,nato per destabilizzare la Prima Repubblica per poi riuscire a sostituire i partiti allora con la loro cialtroneria e le ruberie che siamo avvezzi a leggere ogni giorno,i loro inteci con la malavita ed il malaffare,criminali che danno degli incompetenti agli altri,un partito di furbi che viene votato da fessi.

È la Lega, bellezza.

di Giulio Cavalli

Lombardia in zona rossa: nonostante una mail che conferma l’invio di dati errati da parte della Regione, anche Matteo Salvini, dopo il presidente Fontana, dà la colpa al ministro Speranza. E lo seguono i governatori leghisti che chiedono una «revisione immediata delle procedure». Che finora hanno sempre funzionato

Altra giornata convulsa ieri per Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, il suo capo Matteo Salvini e la distintissima Moratti, assessora al Welfare che non sta per niente bene dalle parti della Lombardia. Mentre Salvini si sbraccia e arranca e si affanna per dare la colpa dei dati sballati della Lombardia al governo nazionale ora ci sono anche le mail che testimoniano come proprio la Regione non avesse compilato tutti i campi che doveva compilare nei moduli da inviare all’Istituto superiore della sanità, esattamente come quelli che non leggono le noticine dei contratti che firmano e poi si ritrovano la casa debba di enciclopedie.

Il 22 gennaio il direttore generale del Welfare in Regione Marco Trivelli invia una mail all’Iss che dice chiaramente:

«Gentilissimi, tenuto conto della integrazione nel flusso dati trasmesso mercoledì 20 us rispetto al flusso trasmesso mercoledì 13 us, effettuata a seguito del confronto tecnico tra Iss e Dg Welfare e relativa alla riqualificazione del campo stato clinico da assenza di informazioni in merito alla presenza di sintomi in stato asintomatico nei casi con data inizio sintomi, si chiede la rivalutazione dell’indice Rt sintomi per la settimana n.35 ora per allora. Cordiali saluti».

Quella che Trivelli chiama “riqualificazione” è semplicemente un errore. E a causa di quell’errore l’Rt della Lombardia risultava 1,4 invece che 0,88 poiché a causa del mancato aggiornamento dello stato clinico risultavano molti più sintomatici.

In un Paese normale il presidente di una Regione che commette un errore del genere (l’erronea zona rossa sarebbe costata 600 milioni alla Lombardia, di cui ben 200 solo a Milano) avrebbe provocato le immediate dimissioni dei cialtroni al governo. E invece?

Invece la Lega, per bocca del suo prode Salvini, decide di buttarsi sulla strada della menzogna e addirittura rilancia. Sentite cosa ha detto Salvini ieri: «C’è stato un clamoroso e drammatico errore di calcolo sulla pelle dei cittadini fatto dal ministero della Salute. Speriamo che Speranza sia ministro ancora per poco. Di danni ne ha fatti abbastanza». Tutto falso, ovviamente, nessuna prova a supporto della tesi, niente di niente. E se pensate che sia un comportamento solo del segretario vi sbagliate di grosso: ieri tutti i presidenti di Regione leghisti sono accorsi al fischio del padrone firmando tutti insieme una lettera in cui chiedono una «revisione immediata delle procedure» per determinare il colore dei territori in modo da «affrontare con serenità maggiore una grave situazione». Fa niente che quelle stesse procedure funzionino dall’inizio della pandemia, fa niente che solo la Lombardia abbia sbagliato mentre le altre regioni non hanno avuto problemi. Niente di niente. Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia), Christian Solinas (Sardegna), Nino Spirlì (Calabria), Donatella Tesei (Umbria), addirittura Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto) hanno deciso di esporsi al pubblico ludibrio. Ah, a proposito: proposte? Nessuna.

È il metodo leghista: dire una bugia, ripeterla, farla ripetere a tutti gli scherani, gridarla in coro, insistere fino a ammaestrare i propri elettori; ridurre una questione tecnica a una barzelletta di propaganda; non entrare mai nel merito delle questione ma rilanciare sempre un nuovo nemico da additare, senza nemmeno passare dalla verifica dei fatti. Poi c’è il viscido gioco delle loro amicizie perverse: Matteo Salvini, quello che indossa la mascherina che raffigura il giudice Borsellino, ha avuto il coraggio di proporre Berlusconi presidente della Repubblica. Per dire cosa riescono ad essere, dove riescono ad arrivare. Ora chiudete gli occhi e immaginate al governo delle persone così.

Buon martedì.

lunedì 25 gennaio 2021

IL BRASILE CHIEDE IL PROCESSO PER BOLSONARO


In Brasile sono giorni che c'è una protesta molto sentita nel paese e che ha varcato i confini coinvolgendo tutto il mondo e nella giornata di ieri c'è stato un invito tramite il web per chiede l'impeachment per il presidente Bolsonato.
Che ha già addosso quasi sessanta richieste di processi politici per tutte le nefandezze compiute da quando è al potere in Brasile e che riguardano la maggior parte l'inefficace se non addirittura assenza di un reale piano di emergenza sanitaria per la crisi pandemica,con lo stesso Bolsonaro negazionista della prim'ora e che poi si era ammalato,ed una gestione della pandemia alla lombarda con un piano vaccinale pressoché ancora da creare.
Anche le denunce di molti gruppi di attivisti per i diritti dell'uomo e dell'ambiente hanno contribuito alla massiccia presentazione delle richieste in quanto l'Amazzonia negli ultimi anni ha visto un territorio devastato assieme a parte della sua popolazione indigena.
E ora che non ha più le spalle coperte dall'idolo Trump(vedi:madn il-trio-degli-incapaci )anch'esso pronto a subire un processo per via degli scontri di Capitol Hill,i brasiliani hanno alzato la voce nonostante la forte repressione poliziesca e militare che il paese sta subendo dal suo insediamento.

Il Brasile ci mette la faccia.

Laura Burocco

Così come avvenne durante la dittatura, ma con il dovuto adeguamento delle forme proprie del periodo della pandemia, la società civile brasiliana invita a una grande mobilitazione internazionale online (in attesa di poterlo fare con corpi vivi – o… superstiti) per la richiesta di impeachment per Jair Bolsonaro. Oggi, domenica 24 gennaio, dalle 14 alle 4 del mattino (orario italiano). Solidarietà internazionale Bem Vinda.

Oggi, domenica 24 gennaio tra le ore 10 e le 24 (in Italia dalle 14 del 24 alle 4 del mattino del 25 gennaio) si terrà un evento online chiamato #100millivespeloimpeachmentdebolsonaro”.

La mobilitazione digitale in difesa della democrazia è indetta dal movimento Ocupa MinC RJ e Reage Artista. Il primo è un gruppo di artisti, personalità della cultura e società civile organizzata di Rio de Janeiro che da sempre si rifiuta di riconoscere il governo, mentre il secondo si definisce come un territorio libero per la riflessione e il dialogo sull’arte, le politiche pubbliche e la cultura. L’intenzione è quella di fare pressione popolare per l’impeachment di Jair Bolsonaro.

La scorsa settimana – quando a Manaus mancava letteralmente l’ossigeno negli ospedali pubblici – la risposta di Rodrigo Maia alla ennesima richiesta di impeachment del presidente Bolsonaro è stata “in questo momento, penso che con così tante vite perse in Brasile e il drammatico caso di Manaus, questo deve essere il nostro obiettivo” quando tutti sanno che una delle principali cause degli effetti drammatici della pandemia in Brasile è esattamente l’assenza di gestione da parte del governo. 

Ricordando che il Brasile continua tuttora senza piano di vaccinazioni, con un militare incapace come ministro della sanità e un presidente che, oltre a fare campagna contro la vaccinazione, una settimana prima della tragedia di Manaus aveva alzato la tassa di importazione sull’ossigeno.

L’iniziativa segue il fenomeno delle lives che si é diffuso in modo straordinario durante la pandemia, e l’entusiasmo per la rimozione dell’incubo americano Trump – uno degli idoli del cosiddetto mito brasiliano Jair Bolsonaro e figli, che più volte hanno dimostrato ossequiosa sottomissione. È nata quindi l’idea di invitare ognuno a donare un poco del proprio tempo, e delle proprie capacità, per la richiesta di impeachment di un altro ignobile ‘presidente’. 

Un’idea che fa pensare al movimento brasiliano Diretas Já che per un anno (1983-84), durante la dittatura, mobilitò milioni di persone – rappresentanti della società civile, artisti, intellettuali e partiti politici, in manifestazioni e marce che, attraverso lenti progressi, portarono alla fine della dittatura nel 1985, e alle elezioni dirette del 1989 che sancirono l’effettiva fine (istituzionale) della dittatura militare brasiliana.

L’appello.

# 100millivespeloimpeachmentdebolsonaro vuole essere una storica mobilitazione digitale in difesa della democrazia per testimoniare la PRESSIONE POPOLARE PER L’IMPEACHMENT DI BOLSONARO.

Il nostro “D-DAY” è oggi, domenica 24 gennaio, quando occuperemo in maniera massiccia i social network con manifestazioni a favore dell’impeachment, specialmente negli audiovisivi.

Durante la pandemia, abbiamo visto i video dal vivo diffondersi in modo straordinario. E se ogni voce che si è amplificata nell’era delle lives potesse donare parte della sua rete di mobilitazione alla richiesta di impeachment?

Per partecipare non è necessario registrare un video dal vivo. Vale qualsiasi AZIONE LIVE sulle reti. Può essere una chat con la tua rete, può essere una conversazione online con un gruppo di amici, un’intervista, un musical dal vivo o un recital di poesia, ma può anche essere un semplice post, un meme, una storia.

Sentiti libero di esprimerti in modo più informale o di usare della tua creatività. Ciascuna di queste pubblicazioni, però, deve lasciare impressa la tua posizione a favore dell’impeachment di Bolsonaro. È di massima importanza che sia fatta pressione sull’attuale presidente della Camera dei Deputati, Rodrigo Maia. Da mesi si occupa di 60 richieste di impeachment. Dobbiamo esigere una azione per l’apertura immediata di un processo di impeachment. La nostra pressione può creare una uscita storica da questa situazione per il Brasile.

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Brasile. Pandemia e Amazzonia, le piazze chiedono l’impeachment per Bolsonaro.

di  Rino Condemi  

La popolarità del presidente brasiliano Bolsonaro è in caduta verticale, soprattutto in presenza dell’aggravamento della pandemia di Covid 19.

Secondo una indagine realizzata dall’istituto Datafolha, da dicembre, il tasso di disapprovazione del governo è aumentato di 8 punti percentuali ed è arrivato al 40%. Anche l’indice dei consensi è sceso, dal 37% a dicembre al 31% attuale. Secondo il quotidiano Folha de Sao Paulo, che ha divulgato il sondaggio, il tasso di impopolarità di Bolsonaro è tornato a superare dunque quello di approvazione.

Intanto con caroselli di veicoli e carovane in strada in una cinquantina di città, i movimenti sociali e sindacali del Brasile hanno chiesto che il presidente Bolsonaro, uno dei leader più negazionisti sulla gravità del nuovo coronavirus, sia sottoposto a impeachment per la sua gestione disastrosa di fronte alla pandemia.

Le sfilate di auto che suonavano il clacson per richiamare l’attenzione dei passanti, portavano bandiere e cartelli con messaggi contro Bolsonaro e a favore di misure efficaci contro la pandemia con slogan come “Fora Bolsonaro” (Fuori con Bolsonaro), “Impeachment Já!” (Impeachment Ya) o ‘Vacina para todos Já’ (Vaccine para todos Ya). Le manifestazionii hanno anche protestato contro la fine degli aiuti di emergenza con i quali 68 milioni di brasiliani, quasi un terzo della popolazione, sono riusciti a far fronte agli effetti devastanti della pandemia da aprile a fine dicembre.

I manifestanti chiedevano che il Congresso esamini alcune delle 57 richieste di apertura di processo politico destituente contro Bolsonaro, richieste che sono state presentate alla Camera dei deputati e che accusano il capo dello Stato per il suo negazionismo di fronte alla gravità della pandemia.

Le manifestazioni sono state convocate dai partiti della sinistra, dalle centrali sindacali e da coalizioni sociali come Frente Brasil Popular e Pueblo Sin Miedo, che riuniscono organizzazioni estese e popolari come il Movimiento dei Sem Terra e la Unión Nacional de los Estudiantes.

Ma per il presidente Bolsonaro si profila anche un’altra rogna: la denuncia di fronte alla Corte penale internazionale per danni ambientali, persecuzioni e uccisioni in Amazzonia. Bolsonaro è stato denunciato da gruppi per i diritti umani e comunità indigene per danni ambientali senza precedenti, uccisioni e persecuzioni nell’ambito della deforestazione dell’Amazzonia.

L’avvocato William Bourdon ha presentato alla corte dell’Aja una richiesta di indagine nei suoi confronti e il capo procuratore, Fatou Bensouda, dovrà decidere se ci sono gli estremi per procedere. “E’ una corsa contro il tempo, considerata la devastazione dell’Amazzonia”, ha commentato il legale.

Da quando Bolsonaro è entrato in carica due anni fa, “la distruzione della foresta amazzonica ha subito un’accelerazione smisurata”, si legge nella denuncia. La deforestazione è aumentata del “34,5% in un anno, l’assassinio di leader indigeni è ai massimi da 11 anni e le agenzie ambientali sono crollate o subiscono minacce”. Il trasferimento forzato delle popolazioni locali, insieme alle persecuzioni e gli omicidi, costituiscono “crimini contro l’umanità”, hanno sostenuto i querelanti. Le multe per crimini ambientali sono crollate del 42% nel 2019 e il bilancio federale ha subito un taglio del 27,4% quest’anno.

martedì 19 gennaio 2021

LA CINA STACCA TUTTI

Nonostante le profonde difficoltà avvenute a livello planetario nello scorso anno causa Covid-19 la Cina tra i paesi più"grandi"e potenti a livello economico è l'unico ad avere un segno positivo al Pil nel 2020 mentre tutti gli altri"grandi"Stati occidentali arrancano o sono proprio in crisi nera.
Nell'articolo di Contropiano(solo-la-cina-cresce-anche-nel-2020 )i numeri in crescita soprattutto nell'ultimo trimestre a fronte di un calo fisiologico proprio ad inizio anno visto l'origine dal coronavirus nel territorio cinese che è stato il primo epicentro a livello mondiale,e dopo i pochi ma seri mesi di lockdown totale il paese è riuscito a riemergere nonostante il dato dei consumi abbia segno negativo dopo oltre quarant'anni.
Tutti gli altri dati export compreso sono molto buoni e anche le prospettive future adottate nel prossimo piano quinquennale danno adito ad un continuo progresso incentrando le forze del lavoro soprattutto nella tecnologia e nella ricerca scientifica,due argomenti di cui molti paesi occidentali si riempiono la bocca ma alla fine dei fatti non riescono ad ottenere nulla.
Risultati ottenuti non solo nel nome del socialismo cinese ma anche di importanti azioni di partnership ottenute a livello internazionale come per esempio l'accordo RCEP recentemente stipulato tra i paesi asiatici e dell'Oceania con lo sbocco sul Pacifico(vedi:madn il-regional-comprehensive-economic partnership ).

Solo la Cina cresce anche nel 2020.

di  Claudio Conti   

I conti si fanno sempre alla fine. E l’Occidente neoliberista, a fine 2020, deve registrare un dato che fa male: la Cina è l’unico Paese al mondo (tra quelli più grandi, ma anche Taiwan e Vietnam sono in zona positiva) a far crescere il Pil nonostante la pandemia.

Nell’ultimo trimestre del 2020, confermando la ripresa dopo i lockdown del primo trimestre (in cui il Pil era sceso a -6,8%), la Cina ha registrato una crescita del 2,3% nel 2020 e del 6,5% nell’ultimo trimestre dello scorso anno, secondo i dati diffusi dall’Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino. Sono state persino battute, sia pur di poco, le attese degli analisti. La crescita era prevista infatti al 2,1% su tutto il 2020 e del 6,1% per gli ultimi tre mesi.

Conta poco, ma è comunque un segno di successo, il fatto che l’economia di Pechino abbia superato per la prima volta – in un anno difficilissimo – la soglia dei centomila miliardi di yuan (101.598,6 miliardi (15.661, pari a 12 miliardi di dollari). 

Un risultato “molto importante e simbolico”, ha commentato Ning Jizhe, direttore del’Ufficio Nazionale di Statistica, “per costruire una società benestante e un moderno Paese socialista a tutto tondo”. 

“L’economia nazionale si è ripresa stabilmente, il tasso di impiego e gli standard di vita sono migliorati fortemente e i principali obiettivi e compiti di sviluppo economico e sociale sono stati raggiunti meglio delle aspettative”, si legge nella nota di accompagnamento ai dati. 

Il dato negativo riguarda i consumi, scesi per la prima volta dal 1968, un calo del 3,9%. Ma è anche abbastanza normale, visti i due mesi di lockdown completo della provincia di Hubei (quella che comprende Wuhan, oltre 60 milioni di abitanti e centro della produzione automobilistica cinese) e i numerosi altri blocchi temporanei per estirpare i focolai di covid-19.

Hanno però nuovamente guadagnato le esportazioni, “grazie” ai continui lockdown degli altri paesi industrializzati, i quali – per non interrompere mai le attività produttive anche in piena pandemia – hanno poi dovuto farlo lo stesso, più spesso, più a lungo. 

L’export a dicembre è addirittura volato (+18,1%) e la produzione industriale che ha segnato un +7,3% rispetto allo stesso mese del 2019, al di sopra delle attese e al massimo da marzo 2019. Una crescita peraltro “non pianificata”, visto che da tempo il governo di Pechino sta cercando di sviluppare il mercato interno e ridurre l’importanza delle esportazioni.

Anche gli investimenti fissi hanno continuato a correre, con una crescita del 2,9% nel 2020, al di sotto del previsto (+3,2%), ma in accelerazione rispetto al +2,5% dei primi undici mesi del 2020.

Con queste premesse, l’anno appena iniziato si annuncia trionfale. Il Fmi ha previsto una crescita al 7,9%, appena sotto rispetto all’8,2% stimato a ottobre scorso. In questo pesano soprattutto i rischi legati agli ultimi colpi di coda di Trump (che ha avviato il decoupling tecnologico con gli Stati Uniti, vientando la vendita di una serie di tecnologie a Huawei e altre società cinesi).

Ma gli stessi vertici di Pechino si tengono su una linea prudenziale. Le basi della ripresa “non sono ancora solide“, avevano detto solo un mese fa, al termine della Conferenza Centrale del Lavoro Economico; e la situazione economica mondiale rimarrà “complessa e grave” anche nel nuovo anno.

Il governo promette però il “sostegno necessario” alla ripresa nel 2021 – primo anno del 14esimo piano quinquennale di sviluppo, ritenuto fondamentale per evitare di cadere nella “trappola del Paese a reddito medio” – e durante il quale la Cina punta a rafforzarsi sui piani scientifico e tecnologico come motori della crescita. 

Solare la differenza con quel che avviene sulle due sponde dell’Atlantico, dove l’incapacità di tenere otto controllo la pandemia sta affossando anche le attese di ripresa per il nuovo anno, mentre ancora non sono stati pubblicati i dati definitivi per il 2020.

Una differenza che spiega probabilmente l’astio iettatorio con cui alcune testate riferiscono dei nuovi focolai di Covid in Cina. Numeri piccolissimi, rispetto a quelli che quotidianamente vengono sfornati nel resto del mondo “occidentale”, e a cui Pechino reagisce nel modo che è risultato fin qui vincente: lockdown totali e tamponi per tutta la popolazione (milioni di persone, in tutti i territori bloccati), in modo da arrestare la circolazione del virus. E anche lì sta partendo la campagna di vaccinazione…

Le attese economiche per la Cina si spostano ora sul mese di marzo, quando verrà approvato il nuovo piano economico quinquennale, 2021-2025, che contiene anche le prospettive fino al 2035. Per quella data Xi Jinping ha indicato l’obbiettivo del raddoppio del Pil pro capite, il che richiede un tasso medio di crescita annuale intorno al 4,7%. Meno di quanto fatto in passato, ma del resto è normale “correre molto” partendo da condizioni arretrate, e rallentare il ritmo quando le dimensioni sono molto più grandi.

In conclusione, viene da ricordare i tempi in cui i media cantavano le lodi del capitalismo – rispetto agli ultimi anni dell’Unione Sovietica – portando proprio i dati economici a dimostrazione della “superiorità” del modello neoliberista occidentale.

Oggi, giustamente, tacciono o fanno gli scongiuri…

venerdì 15 gennaio 2021

QUAL E' LA NOVITA?

Lo sdegno che la bozza del piano pandemico italiano per il periodo 2021-23,cioè questo periodo,ha giustamente scatenato dibattiti e reazioni schifate al fatto che se le risorse per affrontare queste emergenze,vedi pandemia coronavirus,fossero limitate si dovrebbe scegliere chi curare o meno.

Tradotto serve fare una cernita tra chi vive e chi deve morire e spiegato ancor meglio vedere chi è ancora produttivo o no,con buona parte dei pensionati e dei malati cronici che non vedranno di certo di buon grado questo regolamento.

L'articolo di Contropiano(piano-pandemico-2021-23-sceglie-chi-salvare )parla di questo e del fatto che il piano pandemico precedente era del 2006,quindi non aggiornato minimamente e concausa alle migliaia di vittime che il Covid-19 sta mietendo da noi.

Tutto questo frutto ovviamente di tagli sempre più lineari alla sanità pubblica con le risorse che invece vanno per quella privata,per gli F-35 e per le grandi e inutili opere mentre le cure di prim'ordine se la possono permettere solo i ricconi che tra l'altro ora tipo Berlusconi sono ricoverati fuori dai confini nazionali.

Come detto da tempo ormai la sanità in Italia è basata sulla logica del profitto,è diventata un'industria e come tale deve esserci un ricavo,e più zeri ci sono meglio è,e non importa se ormai il diritto a curarsi è sempre per più poche persone e anche i controlli e gli esami per una medicina preventiva ormai sono un ricordo passato(vedi anche:madn i-costi-della-sanita ).

Per questo non c'è da stupirsi per il fatto che ora di parli di chi viva o muoia,di chi possa ricevere o meno le cure adeguate:sono anni che i tagli lineari alla sanità pubblica fanno morire in silenzio migliaia di persone e forse in tutto questo tempo nessuno se n'era accorto.

Piano pandemico 2021-23: “scegliete chi salvare”…

di  Redazione Contropiano   

Il Dipartimento Prevenzione del Ministero della Salute ha pubblicato la bozza del Piano Pandemico 2021-2013, che è ora sottoposta al vaglio delle Regioni. Ricordiamo che tale piano non veniva colpevolmente aggiornato dal 2006, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. 

Tale piano contiene un punto estremamente inquietante, poiché vi si dice che in caso di “risorse insufficienti” i medici dovranno scegliere di sottoporre alle cure i pazienti che hanno la maggiore possibilità di beneficiarne. 

In pratica, si sceglierà chi curare e chi no. I diabetici, gli ipertesi, i trapiantati, i cardiopatici, i sofferenti di insufficienza epatica o renale, i cronici e gli anziani in genere sono avvertiti: evitate di ammalarvi perché, nel caso, potrebbe non esserci posto per voi in ospedale. 

Peraltro, evitare di ammalarsi è difficile, dato che – a parte i provvedimenti individuali di mettersi la mascherina e lavarsi le mani– altre misure non ci sono, poiché i tamponi e il tracciamento non si fanno e la medicina preventiva in generale è stata dismessa. 

Il governo perde tempo con l’inutile gioco delle regioni, un giorno rosse, l’altro arancioni, l’altro ancora gialle, aspettando miracolisticamente una campagna vaccinale che non sembra prendere forma mentre ogni giorno ci sono dai 500 ai 900 morti. 

Un paese che si vanta di essere la settima potenza economica del mondo è arrivato al punto, penoso, di dover scegliere chi curare, in seguito ad anni di politica di tagli, di sacrifici “ce li chiede l’Europa”, di acquisti di bombardieri “ce li chiede la Nato”, di sprechi, ruberie e politiche demenziali. 

Ancora più sconcertante è che un ministro che si pretende di “sinistra” possa apprestarsi a firmare un simile documento, senza interrogarsi sul fatto che, se le risorse per le cure sono insufficienti, si debbono aumentare, magari anche trasferendo alla Sanità spese di altri ministeri (la Difesa, per esempio) o facendo pagare le tasse ai miliardari. 

Questa tragica situazione è il risultato dell’accettazione della logica delle compatibilità capitaliste e dei compromessi politici che da esse sono dettate per cui tutto è opinabile e aleatorio tranne i profitti degli industriali, della finanza e del grande commercio 

É la stessa logica che ha portato alla folle strategia del convivere con il virus che significa che si deve a tutti i costi continuare a produrre e consumare, anche se questo costa centinaia di migliaia di vite umane messe a rischio sul posto di lavoro. 

Nei giorni scorsi l’INAIL ha comunicato che solo nella “seconda ondata” si sono avuti oltre 100.000 contagi sul lavoro, ma che si tratta di una cifra certamente per difetto, poiché molti cosiddetti infortuni Covid non vengono denunciati come causati da quel virus… 

I casi di Covid nei luoghi di lavoro sono stati molti di più nella seconda ondata, durante la quale tutte le attività produttive sono rimaste aperte, rispetto alla seppur insufficiente chiusura della scorsa primavera. 

Non è massimalismo dire che questa pandemia è stata ingigantita in gran parte dalla logica del profitto e dallo sfruttamento selvaggio della natura da parte dell’uomo, dalle produzioni inquinanti, da un rapporto aggressivo e squilibrato con le altre specie. Tutto ciò ha portato l’equilibrio del mondo alla rottura; per questo molti scienziati hanno parlato di sindemia. 

Come era lecito attendersi, tale realtà non provoca nessun ravvedimento nel nostro governo e in una classe politica ignorante, cialtrona e serva. Ora siamo arrivati anche alla scelta dei malati da curare, un’onta etica e politica – attuata in genere solo negli ospedali al fronte, in guerra – che è l’ultimo oltraggio ai più deboli, in una società che anziché proteggerli li lascia morire, in quello che ormai passerà alla storia come il grande sterminio dei vecchi e di chi aveva “patologie pregresse”. 

Può darsi che quella frase terribile, nella stesura definitiva, sia modificata, ma ormai il segnale è dato: la difesa della vita non è più un vincolo etico irrinunciabile, ma dipende dalle “risorse” disponibili. 

giovedì 14 gennaio 2021

LA CRISI ANNUNCIATA

Come era prevedibile siamo entrati in crisi di governo grazie al giullare fiorentino Renzi che dopo avergliela giurata a Conte da tempo,nonostante le promesse di estromettersi dalla politica e di essere stufo dei partitini che tengono per le palle gli esecutivi,con le dimissioni delle"sue ministre"che non hanno proferito parola nella conferenza stampa di ieri ha dato via ad un grande punto interrogativo.
Ci è capitata proprio nel momento di crisi più profonda dal dopoguerra una classe politica che è la peggiore di questi settantacinque anni di Repubblica,con una crisi dovuta alla pandemia che ormai compirà a breve un anno durante il quale ciò che andava fatto per avere liquidità immediate non lo si è fatto.
Dal possibile taglio alle spese militari passando per un nulla di fatto per la tassazione patrimoniale per i più ricchi arrivando ad un misero aumento delle spese pubbliche sanitarie lasciando quella privata sul piedistallo mentre per quanto riguarda l'istruzione meglio stendere un velo pietoso.
E quando ci sono di mezzo i soldi europei nel bene o nel male tutti sono concordi ad averli ma si litiga sul come gestire quella svagonata di miliardi di Euro,tutti vogliono metterci le mani sopra e si litiga,ma quando c'è da obbedire ai diktat di Confindustria le forze politiche ritornano d'accordo.
Nel primo articolo(contropiano crisi-di-governo-lo-spettacolo-imbarazzante-della-politica-italiana )c'è proprio quello che si diceva proprio sopra,con Renzi esecutore ma la pistola fumante gliel'hanno data in mano anche altri,sia cospiratori alle spalle di Conte che personaggi in un periodo storico dove la politica è brutto avanspettacolo.
Nel secondo(left gli-ultimi-barlumi-di-narciso )si parla nel dettaglio di un oche in politica ha sempre tradito tutto e tutti,complice il popolo del Pd quando gli hanno dato la guida del partito nonostante avvertimenti sia dall'interno dei democratici che dall'esterno,ma ognuno ha fatto le proprie scelte col voto e se hanno voluto santificare lo stronzo di Firenze(vedi anche:madn addio-renzinon-ciao )adesso sono affari loro,anzi nostri.

Crisi di governo: lo spettacolo imbarazzante della politica italiana.

Sembrerebbe il preludio della fine del Governo Conte, ma non poniamo limiti alla ‘creatività parlamentare’ della politica italiana, infatti nonostante il ritiro della delegazione, Renzi ha subito affermato che non ci sono pregiudizi nei confronti di Conte e che è possibile ricreare la stessa maggioranza di governo.

Non sono indovinelli è la cronaca politica del ‘Bel Paese’.

Siamo tutt* abituati alle crisi di governo, ai rimpasti, alle ammucchiate di scopo, ma la vera novità è che il tutto si svolge in un contesto ben più disastroso del solito. Un teatrino talmente inopportuno che risulta irraccontabile. Le manovre tra Renzi e Conte sono talmente subdole ed egoiste che rendono trasparente quanto la classe dirigente italiana sia indegna e affarista.

L’Italia vive una condizione sospesa sul baratro di un rapido peggioramento delle condizioni materiali di vita della sua popolazione. Un ridimensionamento prossimo che potrebbe rendere la pandemia, con i suoi ristori e gli scostamenti di bilancio per manovre emergenziali, un momento quasi da rimpiangere.

La tragedia pandemica con 80 mila morti da Covid 19 continua a premere e il comparto sanitario è allo stremo dopo 9 mesi di lavoro estenuante, l’emergenza occupazionale e abitativa, testimoniata dall’impennata di richieste di sfratto per morosità, si configurano come ben più gravi della ‘grande recessione’ del 2008, mentre il mondo della formazione secondaria e delle università nel suo stato di sospensione si sta sgretolando.

Tuttavia la ‘normalizzazione’ del virus sta andando talmente bene che i partiti politici e le lobby capitaliste hanno ricominciato a lottare per il perseguimento dei propri interessi a scapito di quelli collettivi.

In questo caso la materia del contendere non è di poco conto e può sintetizzata in tre ambiti:

Il primo è di facciata ed è la solita barzelletta del MES ‘sanitario’, ossia prestiti per 36 miliardi erogati all’interno del meccanismo europeo di stabilità per sopperire a deficienze sanitarie causate dalla pandemia.

La seconda questione che a Renzi (e ad altri sia chiaro) non è mai andata giù è stata l’auto-assegnazione di Conte alla delega ai servizi segreti. La scelta dei vertici di intelligence non è questione di poco conto anzi questi sono uno dei pilastri sui quali si regge lo stato liberale italiano.

I servizi segreti valgono ben più del Ministero degli Esteri quando si parla di trattative bilaterali tra le grandi potenze e soprattutto quando guardiamo agli Stati Uniti.

Alcuni vociferano che Renzi, la cui impopolarità mina la stessa rielezione, si stia pian piano dirigendo a svolgere attività di carattere più internazionale, la NATO, la cui governance si rinnoverà il prossimo anno. Potrebbe essere un pensionamento politico di suo gradimento.

Tuttavia si può affermare con serenità che il cuore della crisi di governo innescata da Renzi, e da chi lo sostiene nel capitalismo italiano, sono i 209/222 miliardi del Recovery Fund e davanti a questo banchetto non si fanno sconti a nessuno, figuriamoci a Conte.

Gli altri protagonisti di governo e il Quirinale guardano sgomenti. Tutti sanno che andare a votare sarebbe un massacro.

Nel bel mezzo di una pandemia che corre parallela al piano di vaccinazione nazionale, si dovrebbe andare a votare per un parlamento modificato dal referendum sul taglio del numero di deputati e senatori, con una legge elettorale che non è stata nemmeno revisionata in funzione del nuovo assetto istituzionale.

E' abbastanza chiaro che non si andrà a votare e la schiera dei franchi tiratori di Conte non è certo composta dal solo Renzi.

Come abbiamo scritto in passato pezzi di capitalismo italiano hanno chiarito fin dall’inizio della pandemia che questi tempi emergenziali si sarebbero dovuti gestire con qualcuno che rappresentasse "l’unità nazionale", o per meglio dire l'unità degli interessi delle classi dirigenti.

Draghi e Cottarelli erano e rimangono i nomi più blasonati per irrompere nella scena e stringersi tutti a coorte, sarebbe già successo se i 5S non avessero avuto la maggioranza relativa.

Conte e i 5stelle erano già considerati delle mine troppo vaganti, figuriamoci in tempi duri come questi.

Conte, si fa per dire, ha dei meriti, ha ottenuto il Recovery Fund con un approccio rigido ai tavoli europei di trattativa, ha sfruttato la convergenza degli interessi francesi per aprire una breccia nell’ordoliberismo nord-europeo.

Conte nella pandemia ha ottenuto troppo capitale politico che ha provato a spendere nella verticalità decisionale con cui voleva strutturare la governance del Recovery Fund. Consapevole della considerazione italiana del binomio politica-opacità sta tentando di imporre una governance che sia parzialmente indipendente dalle logiche politiche-ministeriali. Istituzioni che sono pervase dall’azione di lobby di Confindustria e di tutte le forme di rendita italiana.

Con questo non si vuole difendere l’operato di Conte o la progettazione del Recovery Fund, che abbiamo già descritto come viziata, manchevole e retorica, tuttavia è utile constatare come il suo tentativo di ‘tecnicizzare’ il Recovery fund con pool di esperti per singoli progetti e aree di investimento abbia prodotto un vero e proprio subbuglio nelle clientele politico-industriali. Come sempre però tentare di tecnicizzare un problema eminentemente politico in chiave riformista è un segno di debolezza e di un rapporto di forza molto sbilanciato. 

Dopo aver ‘normalizzato’ il virus, la politica italiana accantonerebbe volentieri anche Conte il cui capitale politico senza partito è diventato qualcosa di non completamente governabile dalle solite logiche di palazzo.

La crisi politica del secondo esecutivo di questa XVIII legislatura sembrerebbe terminale, la crisi sociale si agita silenziosa. Quale destino per un governo di larghe intese o un altro guazzabuglio istituzionale degno della prima repubblica?  

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Gli ultimi barlumi di Narciso.

di Giulio Cavalli

Il più grande pregio di Renzi è anche il suo più grande difetto: riesce a irrompere nella scena politica dicendo parole sconclusionate che funzionerebbero in bocca a qualcuno che non abbia la sua storia, le sue alleanze, il suo ruolo e quello del suo partito e invece lui, con calma serafica, riesce veramente a farci credere che sia convinto davvero di quello che dice.

Così ieri Renzi, quello che vorrebbe spersonalizzare la politica, annuncia il ritiro dei suoi componenti del governo (le ministre Bellanova e Bonetti più Scalfarotto) accusando Conte di averle usate solo come “segnaposto” e lo fa usando i suoi compagni di partito come segnaposto al suo fianco mentre rovescia sugli altri le sue stesse politiche patologiche. Fa un po’ senso come trucco però evidentemente funziona. Meglio: lui è convinto che funzioni nonostante tutti i numeri di tutti i sondaggi dicano che questa crisi non l’ha capita nessuno e che la maggioranza degli italiani sia convinta che sia tutta una mossa personale dell’ex Matteo.

Però lui, Renzi, ieri è riuscito con il suo risicato 2% a tenere incollati i giornali e le televisioni come piace a lui, con quell’aspettativa che evidentemente gli procura l’adrenalina che gli serve per sentirsi vivo e con il suo bel faccione che oggi campeggia su tutti i giornali. A lui basta questo, a lui serve questo, del resto il suo scambiare la visibilità per consenso l’ha già portato a boicottarsi con le sue stesse mani.

Comunque il punto politico è che Renzi ritira le ministre e poi si dice pronto a qualsiasi scenario. Tradotto: ho fatto casino ma mi raccomando se riuscite tenetemi dentro. Poi dice di non avercela con nessuno. Tradotto: io amo me stesso e odio chi non mi ama, non è questione di contenuti o di persone ma è solo una questione della mia persona. Poi dice che non spetta a lui decidere il futuro. Tradotto: ho combinato caos per farvi rumorosamente sentire che esisto anch’io ora sta a voi provare a ricomporre le macerie. Però dice di essere pronto a discutere di tutto. Tradotto: dai, va bene, continuiamo a parlare di me.

Fuori intanto crescono i numeri di contagi e continua il tragico conto dei morti. Poi ci sono le aziende che chiudono, le attività in sofferenza e una caterva di rinchiusi che conta i danni dei propri tormenti. Ma Narciso sorride specchiandosi. C’è di buono che sono gli ultimi barlumi. Del resto per riuscire a specchiarsi ha dovuto inventarsi un partito che non esiste là fuori ma rimane un’esperienza extraterrestre favorita dai meccanismi parlamentari.

Buon giovedì.

mercoledì 13 gennaio 2021

CORONAVIRUS E AMBIENTE

Le notizie non incoraggianti che arrivano dagli studi del programma europeo di osservazione della terra che accoppia il 2020 assieme al 2016 come anni più caldi da quando ci sono le rilevazioni a livello planetario e comunque dalla rivoluzione industriale,fanno capire che il riscaldamento globale che ha portato ad un numero considerevoli d'incendi con relative scomparsa di ghiacciai(madn ghiaccio-bollente )siano un problema che di nuovo non viene recepito da tutte le potenze mondiali.
L'articolo odierno(contropiano nemmeno-la-pandemia-ha-fermato-il-cambiamento-climatico )ci ricorda il primo periodo post restrizioni dove sia in Italia che sul pianeta vi furono cambiamenti positivi ed oggettive in territori prima vittime dei nefasti effetti dell'inquinamento,con aria più respirabile ed una natura più in salute(madn la-giornata-mondiale-della-terra ).
Purtroppo questo non è durato molto e siamo ritornati ad una qualità dell'ambiente pessima come i numeri hanno certificato,ci vuole ben altro e per molti decenni per potere cambiare qualcosa in positivo per avere l'ambiente che ci circonda migliore.
Già il continuo sfruttamento della terra,l'allargamento delle metropoli e la scomparsa degli habitat dove gli animali selvatici vivono sono stati una concausa del Covid-19(madn il-principio-del-virus )e un proseguimento di questo passo con ancora l'uso elevato dei combustibili fossili a fronte delle energie rinnovabili senza tenere conto che la sostenibilità dev'essere ad emissioni zero,ci farà sprofondare in un mondo sempre più malato con un proliferarsi sempre maggiore di pandemie diverse.

Nemmeno la pandemia ha fermato il cambiamento climatico.

di  Sergio Scorza   

Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello mondiale – a pari merito con il 2016 – e il sesto di una serie consecutiva eccezionalmente calda. Secondo il Copernicus Climate Change Service (programma di osservazione della terra dell’Unione Europea) il 2020 ha fatto registrare 1,25 gradi centigradi in più rispetto al periodo preindustriale, proprio come avvenne 4 anni fa.  

Per il direttore di Copernicus, Vincent-Henri Peuch: «Fino a quando le emissioni non si ridurranno a zero, l’anidride carbonica continuerà ad accumularsi e a condizionare ulteriormente i cambiamenti climatici». 

Dunque, il CO2 in atmosfera è in continuo aumento e, nonostante le limitazioni sugli spostamenti imposte in molti paesi a causa della pandemia da coronavirus, non ci sono state riduzioni rilevanti di anidride carbonica e degli altri gas che causano l’effetto serra. 

L’aumento della temperatura media globale ha causato prolungati periodi di siccità e la moltiplicazione di grandi incendi che hanno colpito duramente vaste zone del pianeta. E’ quel che è successo in Siberia dove sono andate a fuoco enormi foreste di conifere con la conseguente liberazione nell’atmosfera di circa il 30% di anidride carbonica in più rispetto all’anno precedente.

E sono state immagini impressionanti quelle che abbiamo visto sul web ed in tv degli incendi  occorsi in Australia a gennaio 2020. Colonne di fumo altissime, fiamme che divampavano tra gli alberi e spesso arrivavano fino alle case, il cielo di un intenso arancione e i corpi carbonizzati degli animali che non riuscivano a fuggire alle fiamme. 

Peraltro, proprio il premier australiano Scott Morrison, come Trump e Bolsonaro, fiero negazionista dei cambiamenti climatici e schierato, senza riserve, a favore del carbone e delle fonti fossili, non aveva voluto assumere alcun impegno significativo in ordine agli obiettivi di Parigi 2015 di ridurre le emissioni di gas serra australiane, che hanno visto, invece, un continuo incremento negli ultimi quattro anni. 

E, al di là delle dichiarazioni ad effetto, non è che il nostro paese abbia fatto e faccia molto meglio in tal senso. L’italianissmo “Piano Integrato per l’Energia e il Clima”, inviato alla Commissione europea in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999, a gennaio 2020, è davvero scarsamente ambizioso essendo ancora incentrato, in buona parte, sul gas fossile.

Ed altrettanto impressionanti sono state le immagini degli incendi che hanno messo in ginocchio la California, la scorsa estate, e che hanno raggiunto dimensioni da record. Secondo i maggiori esperti di variazioni del clima, gli effetti del riscaldamento globale sono direttamente collegati allo sviluppo di incendi più numerosi e vasti ed hanno avuto un peso rilevante in ambedue i casi. 

In uno studio, pubblicato su Advancind Earth and Space Science, gli scienziati hanno analizzato proprio le connessioni tra i cambiamenti climatici di origine antropica e gli incendi nello stato della California. 

L’effetto più evidente del riscaldamento globale è la minore umidità dell’aria che fa seccare la vegetazione e rende molto più facile lo sviluppo di incendi estivi, specialmente nelle zone forestali. Le temperature eccezionali delle ultime estati hanno californiane hanno contribuito, inoltre, a ridurre le dimensioni dei ghiacciai, fattore che, a sua volta, contribuisce a seccare la vegetazione.

Secondo quanto riportato dal Guardian, quest’anno, soltanto nell’oceano Atlantico, si sono verificati 29 tra uragani e tempeste tropicali: si tratta di un record e, per la comunità scientifica mondiale, il notevole incremento di questi fenomeni meteorologici eccezionali, nel corso del 2020, è certamente correlato all’aumento delle temperature causato dal riscaldamento globale. 

La più grande deviazione annuale della temperatura media rispetto al periodo di riferimento è concentrata sull’Artico e nella Siberia meridionale dove, sovente, ha superato i 6 gradi centigradi. Questo non solo ha determinato un notevole ritardo nella formazione dei ghiacci, ma ha anche causato lo scioglimento del permafrost, l’aumento dei livelli dei mari e la modifica delle correnti oceaniche.

Purtroppo l’aumento di 1,25 gradi centigradi è molto vicino alla soglia massima di 1,5 gradi centigradi indicata dall’Accordo di Parigi del 2015. Il servizio meteorologico nazionale britannico, Met Office, sostiene che, nel 2021, la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera sarà più alta del 50% rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale(1850-1900). 

Per aumentare quei livelli del 25% ci erano voluti più di 200 anni. Quei numeri sono invece aumentati fino a quasi il 50% soltanto negli ultimi 30 anni.

A novembre del 2018, l’ONU ha lanciato l’allarme definitivo, accompagnato da una sorta di ultimatum: se non ci fermiamo entro il 2030, il mondo, per come oggi lo conosciamo, non esisterà più. Se non verranno limitate drasticamente le emissioni di gas serra, il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia di 1,5 gradi fra 10 anni, ovvero, nel 2030. 

E’ lo scenario più grave tratteggiato dal rapporto dell’ONU-IPCC(Intergovermental Panel on Climate Change) commissionato all’IPCC dalla Conferenza di Parigi del 2015 e frutto di due anni di lavoro svolto da 91 ricercatori di 44 paesi diversi che hanno esaminato 6.000 studi sulle  variazioni del sistema climatico terrestre determinate prevalentemente da interferenze antropogeniche (DAI, Dangerous anthropogenic interference), provocate dall’emissione in atmosfera di alcuni gas.

martedì 12 gennaio 2021

RIFERIMENTI STORICI SULL' ARMA E L' ANTIDEMOCRAZIA

I più di duecento anni di attività l'arma dei carabinieri ha contribuito molto alla storia dell'Italia,dal periodo risorgimentale a quello dell'Unità arrivando al fascismo e al dopoguerra,numerosi i suoi appartenenti valorosi e pronti anche al sacrificio estremo per il bene della collettività ma anche parecchi che hanno indossato la divisa disonorandola e commettendo episodi criminosi e delittuosi.
L'articolo di Comune Info(carabinieri-a-difesa-dellordine-feudale )parla delle ombre e di un episodio in particolare,il"Piano Solo"del 1964,un tentativo di colpo di Stato,da"loro"chiamato piano d'emergenza,(vedi anche il paragrafo relativo a questo link:madn la-genesi-del-disastro-greco )che vide il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo(poi passato di livello arrivando ad essere nominato capo di Stato maggiore)in combutta con l'allora presidente Segni,garante delle destre in un periodo di riforme epocali per il paese.
Fu proprio quello il contesto storico e la paura che i comunisti salissero in maniera schiacciante al potere che i servizi segreti ed i carabinieri protagonisti di pressioni(minacce)ai socialisti che sarebbero andati a formare una maggioranza al governo,cosa non andata in porto in quell'anno assieme ad altre riforme importanti,con i carabinieri pronti a prendere il potere ed arrestare gli oppositori su tutto il territorio nazionale.
Il resto sono anche una serie di domande sul come i carabinieri e le divise in generale facciano paura,non tanto per il loro lavoro in nome della legge ma contro la legge,la nascita di una legge ancora acerba sulla tortura mentre l'abuso di potere è ancora palese così come la battaglia per i numeri identificativi sulle divise è ancora lontana da vincere.

Carabinieri e ordine feudale.

di Ascanio Celestini 

Perché abbiamo impiegato trent’anni per partorire una zoppicante legge sulla tortura? Perché gli agenti sono contrari all’identificazione sulla divisa? Perché in Italia c’è stato un omicidio come quello di Stefano Cucchi? Ci sono prima di tutto ragioni storiche, scrive Ascanio Celestini, che hanno a che fare non solo con la repressione sabauda prima e fascista poi, ma con i casi in cui le forze dell’ordine, nel dopoguerra, sono state protagoniste di azioni fortemente antidemocratiche: dal colpo di stato organizzato dal generale De Lorenzo a Genova 2001.

Leggo le parole di Ilaria Cucchi e mi torna in mente un articolo di Luigi Manconi su Internazionale. Il titolo era “Perché in Italia tutti hanno paura della polizia”. La questione è spiegata in una frase: “Resiste nel paese, e nei suoi gruppi dirigenti, una forma diffusa di preoccupazione non per ciò che le polizie, in nome e in forza della legge, possono compiere, ma per ciò che possono compiere contro la legge”. E continua specificando che forse la classe politica non si fida “della lealtà delle polizie”, dubita “della loro dipendenza in via esclusiva dalla legge”. Che insomma ne teme “le reazioni incontrollate”.

Per questo ci abbiamo messo trent’anni per partorire una zoppicante legge sulla tortura. Per questo gli agenti sono contrari all’identificazione sulla divisa. E considerano un’offesa la possibilità di individuare chi tra loro compie violenze al punto che un loro sindacato vede una cosa tanto normale alla stregua di un marchio per il bestiame (fonte: FSP 13.11.’20).

Tenendo fuori gli anni della repressione sabauda prima e fascista poi, il dopoguerra ci ha mostrato in alcuni casi le forze dell’ordine protagoniste di azioni fortemente antidemocratiche. Vale la pena citarne due che hanno avuto un peso enorme. La più recente ha colpito direttamente la mia generazione e è relativa alle violenze compiute nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto a Genova. Ma la più esemplare fu il colpo di stato organizzato dal generale De Lorenzo.

Il 1960 segnò un momento di passaggio nel nostro paese. La crisi della DC era sfociata nel governo Tambroni appoggiato dai post fascisti del MSI. La propaganda delle destre aveva pompato sull’anticomunismo e in piazza si sparava sui manifestanti. Una canzone ricorda i morti di Reggio Emilia, ma non furono i soli. Alla fine di luglio nasce il terzo governo Fanfani e comincia la manovra per la costituzione del centro sinistra. Siamo in tempo di “convergenze parallele”. Il PSI passerà dall’astensione all’appoggio esterno per andare al governo con Moro nel ’63. Sei mesi dopo, per la sfilata del 2 giugno del ’64 Roma si riempie di militari. Mezzi e uomini in quantità visibilmente superiore a quella che serve a una passerella patriottica. Le conquiste dei mesi precedenti sono troppe e si chiamano: scuola media obbligatoria, nazionalizzazione dell’energia elettrica, imposta sui titoli azionari, diritto della donna di accedere a tutti i lavori compresa la magistratura, commissione anti-mafia, legge 167, abolizione della censura…. Il 1° luglio il presidente Segni, garante per le destre, accoglie il generale De Lorenzo. I suoi carabinieri possono controllare l’intero paese e sono pronti a occupare sedi Rai, partito e prefetture, arrestare gli oppositori e deportarli in Sardegna. Due settimane dopo è Moro a salire al Colle. Il primo governo di centro-sinistra si chiude dopo 231 giorni. E con esso naufraga il progetto di riforma del paese. Gli anni successivi saranno esasperati. Il PCI cresce come elettorato, ma perde gli attivisti. Nel ’47 un elettore su due è iscritto al partito. Vent’anni dopo solo un elettore su sei ha la tessera. Chi si impegna a sinistra sta sempre di più fuori dai partiti. Il disimpegno degli anni Ottanta che porterà all’analfabetismo politico dei nostri giorni… nasce anche da lì. Gli artefici del colpo di stato saranno, come sempre, premiati. De Lorenzo, che proveniva dai servizi segreti, verrà promosso capo di stato Maggiore. Nel ’67 un’inchiesta giornalistica di Scalfari e Jannuzzi svelerà i piani, ma il protagonista del fattaccio continuerà la sua carriera in politica fino alla morte, prima coi monarchici e poi coi missini. Una storia antica, come ci ricorda il professor Angelo d’Orsi in uno dei suoi primi libri (Il potere repressivo: La Polizia, Feltrinelli). Vittorio Emanuele I fonda il Corpo dei Carabinieri Reali per una “esigenza delle forze feudali di ricostituire le condizioni della propria esistenza e del proprio predominio, sconvolte nel profondo dall’invasione francese. Quella che entra in scena è dunque una forza che è espressione e sostegno di un ordine sociale in gravi difficoltà di sopravvivenza: un segno, codesto, destinato a caratterizzare l’intera storia dell’arma, fino ai nostri giorni”.

lunedì 11 gennaio 2021

VIAREGGIO,TUTTO COME SEMPRE

Le immagine dei parenti delle vittime della strage di Viareggio in lacrime in uno stato di profonda disperazione e di rabbia sono lo sfogo giustificabile di persone che da più di dieci anni vivono senza i loro cari persi in modo doloso ma essendo in Italia questo fatto può non essere meritevole di giustizia.
La lista alle altre stragi dello Stato si allunga e altre vittime non troveranno giustizia ma diciamocelo tutto questo era ampiamente preventivato in quanto se si toccano dei vertici di importanti aziende come lo può essere Ferrovie dello Stato il potere dato dalla posizione acquisita nonché il denaro contano eccome.
E come nei peggiori incubi anche qui la prescrizione è arrivata a dettare la parola fine almeno per questo processo,infatti la Cassazione di Firenze ne ha disposto un altro ma con l'accusa ben più lieve del disastro ferroviario colposo,praticamente una sentenza già scritta e lo si sapeva già dal giorno del giudizio di primo grado(madn la-prima-sentenza-per-la-strage-di.viareggio ).
Si parla spesso di vittime innocenti,ma se non lo sono queste 32 che stavano in casa per lo più a dormire o sul posto di lavoro allora si parla a vanvera,e la classica indignazione italiana di cinque minuti è fine a se stessa e per riempire per qualche giorno le pagine dei giornali.
L'articolo che è un comunicato sindacale dell'Usb(contropiano )parla giustamente di scandalo,l'ennesimo,e della lungaggine burocratica della"giustizia"italiana che permette anche per i reati più odiosi la possibilità,rimandando all'infinito i lavori in aula da avvocati ben pagati e senza scrupoli,le sentenze di colpevolezza,vedasi i vari politici(su tutti Andreotti e Berlusconi)invischiati a rotazione nei tribunali del belpaese.

Strage di Viareggio, lo scandalo della prescrizione per 32 omicidi.

di  Unione Sindacale di Base  

Dal 29 giugno 2009 i familiari delle vittime della strage di Viareggio aspettano giustizia. Invano, perché oggi la quarta sezione della Corte di Cassazione ha riservato loro una triste doccia fredda: le condanne a Moretti e soci della Corte d’Appello di Firenze non valgono, dovrà esserci un nuovo processo.

Non però per il reato di omicidio colposo, chissenefrega se sono morte 32 persone, ma per l’accusa di disastro ferroviario colposo. In buona sostanza la Cassazione ha stabilito che la strage di Viareggio equivale al deragliamento senza vittime della scorsa estate a Carnate, per il quale è stata mossa la stessa imputazione.

Tutto ciò accade perché gli ermellini, specialisti in acrobazie giuridiche, hanno stabilito che a Viareggio non c’è stata la violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro, che aveva fatto scattare per Moretti e soci la condanna per omicidio colposo. Come è noto, infatti, gli impianti ferroviari italiani sono il paradiso della sicurezza dei lavoratori.

La scandalosa sentenza della Cassazione è l’ennesima dimostrazione che le norme vigenti non sono sufficienti, tutelano aziende e capitale ma non la vita e l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Occorrono leggi stringenti, strumenti concreti come l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro. Servono nuove leggi e normative che possano mettere di fronte alle proprie responsabilità i datori di lavoro.

In quest’ottica la proposta dell’Unione Sindacale di Base per una legge per l’omicidio sul lavoro è una necessità non più rimandabile. Le responsabilità degli imprenditori e delle grandi ditte non possono più essere messe continuamente in secondo piano, mentre chi lavora piange ogni giorno nuovi morti.

In un contesto in cui diminuiscono le tutele del lavoro, in cui la sicurezza e la vita valgono poco più di zero, siamo convinti che l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro possa rendere giustizia alle troppe vittime e porre un freno a questa continua strage sui luoghi di lavoro. USB rilancerà, con rinnovata determinazione, la battaglia per una legge sull’omicidio sul lavoro.

giovedì 7 gennaio 2021

LA RIVOLTA DEI REDNECK

Parlare oggi dell'assalto a Capitol Hill a Washington è come sparare alla Croce Rossa ma è un atto dovuto e necessario da fare anche perché l'imbecillità letta in alcuni commenti in Italia e credo nel resto del mondo che prendono sotto gamba quello accaduto ieri negli Usa o addirittura che appoggiano quello che è stato un vero e proprio tentativo di golpe nel paese esportatore della democrazia a forza in tutto il pianeta.
Da quando il cancro Trump si è insediato negli Usa tutti sappiamo cosa ha realizzato sia all'interno della nazione che all'estero,con proclami nazionalisti associabili facilmente al triste periodo nazifascista con muri e repressioni violente e mortali e con la condanna verso altri Stati per le loro politiche come Iran e la Corea del Nord,la Cina e la Bielorussia,il Venezuela,Cuba e la Russia solo per citare alcuni paesi che sol solo numero della popolazione sono già più la metà del mondo.
Ed ovviamente il plauso verso i rivoltosi di Hong Kong,quelli come già detto della Bielorussia e altri in Ucraina dove è giusto protestare anche violentemente contro i vari"regimi"cinesi e russi,mentre la guerra civile pian piano cresceva di più nelle intenzioni dei filo trumpiani già da parecchi mesi(vedi:madn linizio-di-unaltra-guerra-civile-negli.usa? e madn nessuna-folliasolo-uninsana.premeditazione ).
In un paese dove se sei nero rischi la pelle ad ogni ora del giorno e praticamente dappertutto,se scendi in piazza a protestare,vedi Antifa e Black Lives Matter(madn sempre-piu-morti-nelle-strade-usa )che se non vengono attaccati direttamente dalla polizia lo sono dai gruppi di ultradestra filonazisti wasp e trumpiani,non c'è da meravigliarsi che dei bifolchi armati e politicizzati siano riusciti ad entrare nel Campidoglio centrale degli Usa con la polizia che lascia fare o che usa manganelli o spray urticante.
Proprio i redneck-bifolchi del titolo odierno non devono fare pensare comunque a gente che non sa quello che fa,ma che anzi è sempre comunque organizzata e foraggiata da gente potente e altamente pericolosa e spinta,anche per l'effettiva ignoranza e facilità di essere plasmati,anche ad assalire il Congresso Usa nel giorno dell'ufficializzazione dell'insediamento del Presidente eletto Biden.
Il parallelismo degli hillbillies Usa con i leghisti nostrani è spontaneo e alquanto azzeccato,chi non si ricorda i sudditi delle Liga,i Serenissimi che volevano andare a Venezia con un carro armato(beh un qualcosa del genere)e qualche pistola per sovvertire l'ordine(madn guerrierigiochiamo-fare-la-guerra? )nonché la scenario- bestiario che annualmente si vede a Pontida?
Comunque il fomentatore alla violenza Trump che mai ha accettato e nemmeno ora vuole lasciare la Casa Bianca sta ancora asserragliato ed è pronto a tutto pur di non lasciare la sua presidenza,anche a combattere nonostante ormai la maggior parte dei repubblicani l'abbiano scaricato e anche il resto del mondo sta gridando allo scandalo e alla vergogna per quello accaduto nella giornata di ieri(contropiano le-reazioni-internazionali ).
Tornando alle intenzioni nella stesura del post chi fa orecchie da mercante,sottovaluta o difende ancora Trump,ci ricordiamo ancora Salvini e Meloni grandi sostenitori del pagliaccio miliardario,sono per l'appunto razzisti e di destra,se non del tutto ignoranti molto plagiati,contro i vaccini e negazionisti del coronavirus e anche dell'olocausto,complottisti e semplicemente stupidi o coglioni se vogliamo usare un rafforzativo.
Qui sotto(contropiano washington-chi-ha-seminato-vento-raccoglie-tempesta )un riassunto di quello che il mondo è stato partecipe,nel paese più bello,ricco e devastato del mondo,dove se si dovesse soffiaare ancor di più sul fuoco ci sarebbe molto da stare attenti,cui aggiungo la cronaca(contropiano una-notte-da-guerra-civile )con l'insurrezione,l'assalto e la tolleranza zero usata dagli agenti...ah no quella non si è vista.

Scenari da Majdan a Washington. Chi ha seminato vento raccoglie tempesta.

di  S.C.   

Le scene che gli Stati Uniti sono abituati sistematicamente a provocare e vedere in altri paesi, questa volta sono avvenute nel cuore stesso degli Usa. A Washington centinaia di sostenitori di Trump che contestano i risultati elettorali e l’elezione di Biden a presidente, hanno abbattuto una barricata sul lato ovest del Campidoglio e hanno marciato su per i gradini, gridando “prendete il Campidoglio!” 

Alcuni sono riusciti a raggiungere le porte dell’edificio. Gli agenti hanno cercato di contenere la folla mentre alcuni dei manifestanti si sono arrampicati sulle impalcature fuori dal Campidoglio che erano state erette per l’imminente inaugurazione del presidente eletto Biden. 

La polizia del Campidoglio degli Stati Uniti ha chiesto agli occupanti di evacuare due edifici degli uffici del Congresso.Ma diversi video mostrano che proprio la polizia ha spalancato le porte ai supporte di Trump, secondo uno schema evidentemente preparato in precedenza.

I lavori del Congresso sono stati sospesi ed alcune zone del Campidoglio evacuate.

Appare evidente come l’atteggiamento della polizia all’esterno e all’interno del Campidoglio contro gli assalitori sia stato tutt’altro che deciso, sicuramente all’opposto della brutalità con cui interviene contro le manifestazioni di Black Live Matters o degli Antifa.  In questo caso ha addirittura consentito che manifestanti armati entrassero fin dentro il Congresso. 

Dalle notizie che arrivano si parla anche di colpi di arma da fuoco sparati all’interno dell’edificio e di una donna ferita, mentre alcune immagini mostrano gli agenti dei servizi di sicurezza che attendono con le pistole spianate dietro la porta la possibile irruzione dei sostenitori di Trump.

Scontri erano avvenuti a Washington già da ieri sera quando un gruppo di sostenitori di Trump si è scontrato con la polizia. Due agenti di polizia e un civile hanno riportato ferite lievi e sono stati trasportati negli ospedali intorno alle 23:30. 

Sei persone sono state arrestate in relazione ai disordini alla fine di martedì, ha detto una portavoce della polizia.Una donna, data inizialmente per ferita, è morta in ospedale.

Molti sono stati accusati di molteplici violazioni del possesso di armi, incluso il trasporto di un fucile e il possesso di un dispositivo di alimentazione di munizioni di grande capacità. Altri sono stati accusati di aggressione, compreso un agente di polizia, ha detto la portavoce.

I sostenitori mainstream di Trump, i gruppi di milizie private, i suprematisti bianchi, i Proud Boys di estrema destra e teorici della cospirazione come quelli che sostengono Qanon  hanno dichiarato con numerosi post che avrebbero partecipato alle proteste.

Le manifestazioni di martedì hanno visto gli interventi del teorico della cospirazione Alex Jones e di Roger Stone, un consigliere di lunga data di Trump che il presidente ha recentemente perdonato dopo la sua condanna nell’indagine sulla Russia.

Nel giorno in cui il Congresso Usa si è riunito per certificare la vittoria del candidato democratico Migliaia di sostenitori del presidente degli Stati Uniti Donald Trump si erano radunati oggi nel centro di Washington per protestare contro i risultati delle elezioni del 3 novembre scorso, che hanno portato alla vittoria di Joe Biden.

Il presidente Donald Trump aveva parlato davanti ai suoi sostenitori, tra cui secondo la stampa locale anche esponenti di gruppi di estrema destra, affermando che “non si riconosce la vittoria quando è in ballo un furto”. Il capo dello stato ha quindi tirato in ballo il vicepresidente Mike Pence: “Spero che Mike farà la cosa giusta. Lo spero. Perché se Mike farà la cosa giusta vinceremo le elezioni”.

Secondo fonti citate dalla “Cnn” Trump avrebbe detto a Pence che sarebbe politicamente “pericoloso” per lui rifiutarsi di bloccare la certificazione di Biden al Congresso. Ma il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence ha ribadito che non è nei suoi poteri respingere i voti del collegio elettorale. E comunque è stato portato via dai servizi segreti poso dopo aver chiamato la Guardia Nazionale per sgomberare (forse) l’edificio.

Mentre scriviamo però i lavori del Congresso che dovrebbero sancire il passaggio di poteri da Trump e Biden sono bloccati. Chi in questi decenni ha seminato vento sta raccogliendo tempesta. 

Ma è chiaro che stasera muore il mito della democrazia liberale, che aveva proprio nella capitale statunitense il mito e “il tempio”.

mercoledì 6 gennaio 2021

GHIACCIO BOLLENTE

Gli eventi catastrofici che stanno segnando gli ultimi decenni sono naturali solo in parte,perché l'intervento umano che si"prodiga"ad interferire con l'ambiente è la causa principale di un aumento do questi fenomeni che hanno caratterizzato la vita della Terra fin dalla sua nascita.
Alluvioni,frane,incendi,un drastico peggioramento della qualità dell'aria che respiriamo sono all'ordine di tutti i giorni nelle cronache anche italiane,mentre altri eventi come eruzioni vulcaniche e terremoti(in questi ultimi il fracking -madn shale-gas- è comunque sotto la lente d'ingrandimento)fanno molti danni per via delle costruzioni compiute dall'uomo in territori dove è meglio non edificare.
L'antropizzazione sempre più spietata da parte dell'uomo di città con periferie oramai immense,intere zone adibite a immondezzaio dell'umanità"civile"come gli esempi dell'Africa unite ad una politica inefficace se le potenze economiche del mondo non vi aderiscono,sono concause dell'annientamento ambientale.
Nello specifico l'articolo proposto(https://comune-info.net/addio-ai-ghiacci/ )parla della sparizione dei ghiacciai in tutto il mondo,nessuna zona esclusa e pure l'Italia vede anno dopo anno ridurre di parecchio i ghiacciai perenni storici,ed in tutto il mondo non si parla dell'equivalente di un tot di campi di calcio come superficie persa ma di milioni di chilometri quadrati.
Si parla degli eventi naturali estremi come gli incendi tra i quali quelli dell'agosto 2019 nelle terre dell'estremo nord del mondo(madn lestremo-nord-del-pianeta-in-fiamme )ed in Brasile nello stesso periodo(madn la-terra-bruciadi-nuovo )e in Australia un anno fa(madn lo-sterminio-degli-animali-in-australia )oltre che cicloni e tifoni,alluvioni e una planimetria dei territori devastati.

Addio ai ghiacci.

Alberto Castagnola 

Già nel 2005 la riduzione dei ghiacci nella zona artica del pianeta aveva cominciato a raggiungere dimensioni impressionanti di milioni di chilometri quadrati, oggi, con gli aumenti record delle temperature medie registrate, la situazione è diventata naturalmente sempre più grave. Tra le conseguenze ancora non del tutto accertate scientificamente ma certo più che probabili, c’è la possibilità che lo scioglimento dei ghiacci possa liberare virus antichi, rimasti in ibernazione per molti secoli e capaci di sopportare l’alternanza di caldo e freddi estremi.

Nel mese di settembre l’estate, in Italia e nell’Artico, non era certamente ancora finita, ma già si moltiplicavano le previsioni relative a un 2020 tra gli anni più caldi degli ultimi decenni, anche se forse non sarà stato il più caldo di sempre. Vediamo quindi, con lo sguardo necessariamente retrospettivo delle nostre rilevazioni d’insieme, le informazioni disponibili nel settembre scorso sulla crisi climatica. 

Nel Circolo Polare Artico gli incendi di questa estate hanno battuto il record raggiunto nell’anno passato, producendo nuvole di fumo che hanno coperto una superfice equivalente ad un terzo del territorio del Canada. 

La maggior parte degli incendi si è verificata nella Repubblica Russa del Sakha, Siberia orientale, dove hanno percorso milioni di acri di terra e causato un picco di anidride carbonica, stimata in 208 megatonnellate nel 2019 e in 395 nel 2020. Inoltre una massa di ghiaccio di 113 chilometri quadrati si è staccata dalla piattaforma 79N, situata nel nord ovest della Groenlandia. 

Riportiamo inoltre i dati ripresi da un testo di grande interesse per la comprensione dello stato e delle prospettive delle aree più ghiacciate al Polo Nord e al Polo Sud (Peter Wadhams, “Addio ai ghiacci”, due edizioni in italiano, che è stata allegata alla rivista Le Scienze del settembre 2020) del quale consigliamo vivamente la lettura, in quanto completo nelle analisi e quasi profetico nelle previsioni.  

Secondo questa fonte, attualmente il ghiaccio marino dell’Artico (cioè gli strati di ghiaccio che si formano non sulla terraferma ma sul mare) raggiunge la sua massima estensione e spessore a febbraio, e quella minima a settembre. 

Già nel 2005 si registrava una grande riduzione dei ghiacci e quello marino si staccava dalle coste della Siberia e dell’Alaska agevolando l’attraversamento del mitico Passaggio a Nord  Ovest. In termini quantitativi il ghiaccio si riduceva a 5,3 milioni di chilometri quadrati rispetto ad una media stagionale di circa 8 milioni di chilometri quadrati. 

Nel 2007 si è registrata una ulteriore riduzione a 4,1 milioni di kmq. E nel 2012 si è pervenuti a 3,4 milioni sempre di chilometri quadrati. In previsione, è probabile che avremo nei prossimi anni durante l’estate solo delle sacche di ghiaccio per meno di un milione di chilometri quadrati complessivi. 

Sempre secondo questo autore, la situazione dell’Antartide è un po’ diversa, l’accumulazione di ghiaccio marino durante l’inverno su coste sempre battute dalle onde e dai venti  è molto maggiore, e le diminuzione dello spessore procede più lentamente, mentre dalla banchisa si staccano invece iceberg di grandi dimensioni (uno era grande come la Liguria e la frattura che ha causato il distacco era lunga 160 chilometri). 

Infine, da una fonte giornalistica, ogni tanto si ricorda la possibilità che lo scioglimento dei ghiacci potrebbe liberare virus antichi, rimasti in ibernazione per molti secoli e che quando emergono potrebbero liberare antichi virus capaci di sopportare l’alternanza di caldo e freddi estremi. 

L’ipotesi che siano ancora attivi e quindi particolarmente pericolosi per gli esseri umani  attuali sembra sia ancora da dimostrare sul piano scientifico. Infine, può essere utile ricordare i livelli massimi e minimi raggiunti dalle temperature gli ultimi giorni di agosto: il termometro ha raggiunto a Herat, in Afghanistan i 55,2 gradi centigradi, mentre allo stesso 25 agosto a Dome A, in Antartide si registravano  meno 69 gradi centigradi.

Tra i meccanismi globali di danno è da ricordare un dato fornito dall’Agenzia Europea per l’Ambiente: il 13% dei decessi in Europa è dovuto alle diverse forme di inquinamento. 

In Cina la situazione è decisamente più grave perché il solo inquinamento dell’aria causa tra 1,2 e 1,5 milioni di morti ogni anno. I dati si riferiscono la concentrazione registrata tra il 2000 e il 2016 delle polveri sottili Pm 2,5, e quindi in complesso circa trenta milioni di morti premature tra gli adulti.

I dati disponibili riguardano le emissioni globali di gas serra. Tra il 1990 e il 2015 sono state emesse 722 gigatonnellate di gas serra, per circa la metà dovute ai consumi del 10%  più ricco della popolazione mondiale (630 milioni di persone ( in Usa, Ue, Cina e India) che hanno un reddito netto di almeno 38mila dollari all’anno. 

L’1% della popolazione con un reddito di almeno 109mila dollari,  è responsabile del 15% delle emissioni. La classe media, 2,5 miliardi di persone, è responsabile del 40% delle emissioni, mentre la metà più povera causa solo il 7% delle emissioni.

◾Eventi estremi

Naturalmente, questi cambiamenti climatici hanno causato un numero  impressionane e crescente di eventi meteorologici estremi.

Cicloni. Durante il passaggio dell’uragano Laura, si sono contati 29 morti, di cui 20 in Louisiana, 8 in Texas e 1 in Florida. Lo stesso evento aveva già causato la morte di 35 persone nei Caraibi,  in particolare ad Haiti e nella Repubblica Dominicana. I venti hanno raggiunto i 240 chilometri orari e quindi si è trattato dell’uragano più forte degli ultimi 150 anni. L’uragano Sally, con venti fino a 155 chilometri orari, ha raggiunto Alabama e Florida, causando alluvioni e interruzioni di corrente elettrica.

Il tifone Haishen, in Corea del Sud, con venti fino 180 chilometri orari, ha causato alluvioni e la cancellazione di centinaia di voli. 

In precedenza , aveva causato due morti in un’isola a sud-ovest del Giappone. Il ciclone Ianos, nel Mediterraneo con 120 chilometri all’ora ha colpito la Grecia nella Tessaglia e ha causato tre morti , mentre almeno 5000 case sono state danneggiate.

Incendi. Dall’inizio dell’anno, in California, gli incendi hanno distrutto più di 8000 chilometri quadrati di vegetazione, una superficie uguale a quello dello Stato del Delaware, è il dato più alto dal 1987. Gli incendi senza precedenti che dall’inizio dell’estate si sono propagati in California, Oregon e Stato di Washington hanno distrutto più di due milioni di ettari di vegetazione e hanno causato 35 morti. 

In Argentina, secondo alcune associazioni ambientaliste locali, gli incendi hanno distrutto più di  350mila ettari di zone umide nel delta del fiume Paranà e 48mila ettari di foreste nella provincia di Cordoba. Per il 95%  sarebbero di origine dolosa. Secondo il programma europeo Copernico, gli incendi di quest’anno in Siberia hanno prodotto emissioni record di anidride carbonica, e precisamente 244mila tonnellate , contro le 181mila del 2019.

Un incendio in Andalusia, Spagna, ha distrutto circa 10mila ettari di vegetazione e costretto 3200  persone ad abbandonare le loro case.

Alluvioni. A seguito di estese alluvioni, in Niger sono morte 35 persone dall’inizio di giugno e 300 mila sono state costrette a lasciare le loro abitazioni. In Pakistan sono state almeno 38 le persone morte a causa delle forti piogge, mentre in Burkina Faso i morti  per la stessa causa sono stati 13. 

In Sudan sono morte 99 persone  e le case danneggiate oltre 100mila, e il Nilo ha fatto registrare il più alto livello raggiunto dalle sue acque da quando sono iniziate le rilevazioni. Molta pioggia è inoltre caduta su 5 delle 10 regioni dell’Etiopia, con almeno 200mila persone rimaste senza casa. Infine in Senegal le vittime delle piogge sono state 5.

Fulmini. In Uganda sono stati colpiti a morte 9 bambini.

Carenze idriche. Acqua generalmente sfruttata in modo insostenibile, con le acque fossili in netta riduzione in Africa.

Invasione di meduse. Anche se in realtà sono gli esseri umani ad invadere il loro habitat. A livello mondiale, sono circa diecimila le specie di meduse conosciute e vivono da oltre 500 milioni di anni sul pianeta, in quanto sono i primi animali pluricellulari ad essersi affermati nei mari. 

Possono superare i due metri di diametro e pesare più di 200 chili. Quali sono le cause principali dell’invasione di mari diversi? La pesca intensiva di cetacei, tartarughe e tonni e il riscaldamento generale delle acque dei mari.

◾Aree colpite da disastri.

Dal mese di luglio l’Arcipelago delle Mauritius ha affrontato un grave disastro ambientale. A metà del mese una nave cargo, la MV Wakashio si è prima incagliata e poi spezzata in due parti a Grand Salle, una delle isole, e da essa sono fuoriuscite almeno 1000 tonnellate di petrolio. 

Il 31 agosto, un vecchio rimorchiatore, uscito per trainare una chiatta che doveva raccogliere il petrolio, è affondato causando la morte di tre uomini dell’equipaggio. 

Può sembrare che nel mondo vi siano meno incidenti che coinvolgono petroliere, ma in realtà il petrolio che fuoriesce  è in quantità molto maggiori perché le navi hanno ormai dimensioni sempre più grandi. 

Con le maggiori dimensioni, i percorsi più a rischio sono quelli attraverso gli stretti di Hormuz, Malacca, Bosforo, Suez, Bab Al  Mandeb e quelli vicino alla Danimarca.

Il campo di accoglienza per immigrati di Moria, sull’isola di Lesbo, che ne accoglieva quantità molto maggiori della sua  capienza e li manteneva in condizioni miserevoli, è bruciato nel mese di agosto. Alcuni paesi europei sono intervenuti per ricollocare almeno in parte gli immigrati, però hanno accettato solo 400 bambini, ben poca cosa rispetto alle 13.000 persone che affollavano il campo.

In Kenya, le grandi aziende petrolchimiche che producono la plastica stanno cercando di far modificare le norme in vigore nel paese, ma in realtà sono interessate anche ad altri paesi africani. 

Queste imprese hanno investito 200 miliardi di dollari nelle attività produttive. Inoltre nel 2019 hanno spedito quasi 700mila tonnellate di rifiuti di plastica in 96 paesi, dove solo una parte sarà riciclata secondo modalità corretta, mentre il resto sarà disperso nell’ambiente. 

I flussi di rifiuti verso l’Africa sono quadruplicati dopo che la Cina nel 2018 ha bloccato queste importazioni. E’ tuttavia importante notare che in Africa 34 paesi su 57 hanno vietato l’uso dei sacchetti di plastica.

Kobalt Belt, la grande area dove si estrae il cobalto, un minerale prezioso per costruire le batterie di auto e telefonini, la richiesta mondiale ammonta  200mila tonnellate. 

A 2000 chilometri dalla capitale del Congo, nella regione del Katanga, oltre ai minatori ufficiali che lo estraggono, lavorano oltre 40.000 tra bambini e adulti che scavano a mani nude o con strumenti rudimentali le pietre incrostate del prezioso minerale, che sarà poi purificato nell’impianto di una multinazionale inglese, la Glencore. 

Per reperire e raccogliere dieci chili di pietre servono due giornate di lavoro pagate da 3 a 5 dollari ciascuna, mentre i prezzi internazionali del minerale aumentano ogni giorno.

◾Politiche dannose per l’ambiente

In Egitto, sono molto discussi i progetti di due autostrade che sembra debbano attraversare la zona turistica delle Piramidi

E’ in corso la costruzione della Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che costerà all’Italia 4,5 miliardi di euro e attraverserà la Puglia, per far arrivare il gas dal Mar Caspio e dall’Azerbaigian.

Il reddito garantito, volto ad eliminare il lavoro nero In Italia, ha fatto emergere 200mila cameriere e badanti, ma un numero molto ridotto di braccianti agricoli.

L’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile chiede che siano cancellati i 19 miliardi di sussidi alle imprese che con le loro attività produttive e commerciali continuano a causare rilevanti danni all’ambiente.

Un articolo riporta che almeno il 43% delle spiagge italiane  è colpito da forme di erosione e sottolinea che la possibilità di procedere ad un arretramento degli stabilimenti balneare e degli altri locali impiantati sulle spiagge è stata finora completamente ignorata, mentre le cifre pagate dai concessionari per l’uso del demanio pubblico continuano ad essere ridicolmente basse.

L’Eni e il governo annunciano su molti giornali la creazione vicino Ravenna del più grande centro di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica già presente nell’atmosfera, che verrà quindi bloccata ad almeno tremila metri di profondità, negli spazi lasciati liberi dal petrolio e dai gas estratti in precedenza.  

Le fonti non precisano le quantità da prelevare e immagazzinare e i costi complessi di tutta l’operazione. E’ bene ricordare che queste soluzioni tecnologiche a uno dei più gravi problemi ambientali sono state pochissimo sperimentate e potrebbero risultare eccessivamente costose. 

Ma l’aspetto più preoccupante  è quello del rapporto tra le emissioni che continuano ad aumentare e le quantità di CO2 che in quantità crescenti si accumulano nell’atmosfera. 

In altre parole, la priorità assoluta dovrebbe essere data a una rapida riduzione delle emissioni di gas serra, fino a farle sparire entro pochissimi anni (e su questo versante  ancora si agisce  in misura praticamente irrilevante): vi è cioè il rischio che le soluzioni tecnologiche distraggano dagli obiettivi reali da perseguire subito. 

Mancano inoltre indicazioni precise sulle reali possibilità di trasformare l’anidride carbonica in sostanze utili e sui costi relativi. Infine un dato che dovrebbe essere approfondito e confermato. Su un giornale, che faceva riferimento alla “lentocrazia” c’era un dato preoccupante: i decreti finora emanati contenenti misure anticovid sembra siano stati attuati solo nella misura del 28%! C’è solo da sperare che si tratti della immaginazione troppo fervida di un giornalista poco scientifico…