tag:blogger.com,1999:blog-56999604088476864382024-03-05T08:08:23.105+01:00Maschera Azteca e il Dottor NebbiaLillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.comBlogger3488125tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-66088536329610365842023-05-19T17:55:00.000+02:002023-05-19T17:55:08.764+02:00SINDROME CINESE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.affarimiei.biz/wp-content/uploads/2022/12/Perche-la-Cina-fa-cosi-tanta-Paura.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="267" src="https://www.affarimiei.biz/wp-content/uploads/2022/12/Perche-la-Cina-fa-cosi-tanta-Paura.jpg" width="400" /></a></div>Nel giro di poche ore ci sono stati due attacchi nemmeno troppo velati da parte dell'occidente nei confronti della Cina,uno dell’Alto rappresentante Ue per Esteri e Sicurezza Borrell e uno meno di portata globale ma altrettanto minaccioso della premier italiana donna mamma Meloni.<div>Nel primo caso(<a href="https://www.avantionline.it/borrell-la-vera-sfida-per-leuropa-e-la-cina/">www.avantionline.it/borrell-la-vera-sfida-per-leuropa-e-la-cina/</a> )l'ennesima sfida occidentale da parte europea,visto che gli attacchi statunitensi sono praticamente quotidiani,le parole di Borrell tendono ad un inasprimento dei rapporti con la Cina in quanto i cinesi vogliono sovvertire l'attuale ordine mondiale che vedono gli esportatori di civiltà(e guerre)degli Usa al potere.</div><div>Come giustamente detto la Cina parla di bullismo statunitense ed il cagnolino Europa approva tutto quello che in materia geopolitica,sociale ed economica i cinesi sono pronti a portare al mondo,senza attaccare nessuno con la violenza dei conflitti.</div><div>Per quanto riguarda la Meloni(<a href="https://www.affaritaliani.it/esteri/g7-hiroshima-biden-arruola-contro-russia-cina-pressing-su-meloni-855834.html?refresh_ce">www.affaritaliani.it g7-hiroshima-biden-arruola-contro-russia-cina-pressing-su-meloni</a> )proprio durante il vertice G7 di Hiroshima parla di voler sopprimere il patto siglato dal governo Conte(Via della seta)proprio con la Cina.</div><div>La notizia era nell'aria da settimane ma proprio durante l'incontro in Giappone e d'accordo con i partner occidentali la premier italiana parla della paura di Mosca e Pechino unite,e alla faccia di accordi economici ma anche culturali che apportano un mucchio di soldi già siglati vuole interrompere questa collaborazione che porta frutti ad entrambe i paesi.<p>Borrell: “La vera sfida per l’Europa è la Cina”.</p><p>di Salvatore Rondello</p><p>Un nuovo equilibrio geopolitico non è possibile raggiungerlo nel breve senza fare i conti con la Cina. Questo si è capito da tempo come è stato scritto sulle pagine di questo giornale.</p><p>Oggi se ne è accorto anche Borrell, l’Alto rappresentante Ue per Esteri e Sicurezza che a “La Repubblica” ha dichiarato: “La vera sfida per Ue è la Cina. Come rapportarsi alla Cina è questione di cruciale importanza per l’Ue, persino più complessa del tema Russia. Pechino vuole costruire un nuovo ordine mondiale e diventare entro la metà secolo la prima potenza. L’Ue deve ricalibrare la sua politica</p><p>per 3 motivi: i cambiamenti in atto nel Paese,sempre più nazionalista e ideologizzato, l’inasprimento della competizione strategica tra Usa e Cina,l’ascesa della Cina quale attore chiave”.</p><p>In vista del G7 in Giappone, il portavoce del ministero degli esteri cinese, Wang Wenbin, ha detto: “Se i Paesi del G7 si preoccupano davvero della sicurezza economica, dovrebbero chiedere agli Usa di smettere immediatamente di sopprimere e contenere gli altri Paesi in nome della sicurezza nazionale, fermare il bullismo unilaterale indiscriminato, smettere di costringere gli alleati a formare cricche esclusive e di sconvolgere il mondo”.</p><p>Così la Cina ha messo le mani avanti in merito alle indiscrezioni secondo cui il documento finale che i leader del Gruppo dei Sette Paesi più industrializzati diffonderanno alla fine del summit di Hiroshima (19-21 maggio), in Giappone, potrebbe menzionare la sicurezza economica e sottolineare le contromisure contro la coercizione economica della Cina.</p><p>Infatti, Wang ha aggiunto: “Quando si tratta di coercizione economica, questo cappello è più adatto agli Stati Uniti. In quanto vittima degli accordi del Plaza degli anni ’80, il Giappone (che accettò di svalutare la sua valuta) dovrebbe avere la comprensione più profonda di ciò”.</p><p>Dunque, le principali minacce all’economia mondiale, nella necessità di assicurare la stabilità delle catene industriali e di approvvigionamento, sono quelle di dividere il mondo in due grandi mercati e due grandi sistemi.</p><p>Mentre nel fine settimana a Hiroshima il G7 cercherà di trovare un accordo sulle misure contro la “coercizione” economica cinese invocate da Washington, che intende portare la discussione sull’export di tecnologia e di software per impedire a Pechino di accelerare sulla strada dell’intelligenza artificiale, a Xi’an viene inaugurata ufficialmente una nuova era di cooperazione tra la Cina e un’Asia centrale nella quale diminuisce il peso degli Usa, ormai limitato all’assistenza finanziaria, e decresce, seppur ancora fortemente persistente, l’autorità russa.</p><p>Ieri e oggi, Xi Jinping riceve a Xi’an, nella provincia dello Shaanxi, i capi di stato di Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan con cui spera di lavorare per costruire insieme una nuova Belt and Road Initiative (Bri), in modo da promuovere lo sviluppo e la prosperità di tutti i paesi interessati dall’iniziativa.</p><p>I cinque paesi ex sovietici, rimasti nella sfera d’influenza di Mosca dopo il crollo dell’Urss, temono che, prima o poi, potrebbero essere costretti a fare i conti con l’imperialismo di Vladimir Putin. Non a caso, i paesi dell’Asia centrale hanno mostrato una certa irritazione nei confronti dell’azione russa in Ucraina.</p><p>Yu Jun, vicedirettore generale del dipartimento Europa-Asia del Ministero degli Esteri cinese, durante il primo briefing al centro di stampa del summit, ha dichiarato che, attualmente, la situazione in Asia centrale è influenzata da diversi fattori e sta affrontando nuove sfide, per cui i paesi della regione desiderano rafforzare la cooperazione con la Cina a favore dello sviluppo e della sicurezza comune.</p><p>A Xi’an i leader delle cinque repubbliche presidenziali si riuniranno per definire lo sviluppo futuro e costruire insieme una più stretta comunità. Inoltre, ufficializzeranno il loro sostegno al tentativo di mediazione basato sul piano cinese per una “soluzione politica della crisi ucraina”, mal digerito da Mosca.</p><p>Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan hanno visto l’economia del loro ex protettore indebolirsi per effetto delle sanzioni internazionali, perciò le repubbliche centroasiatiche si stanno riavvicinando a Pechino per poter prendere più agevolmente le distanze da Mosca.</p><p>La scelta di Xi’an come sede dell’evento è simbolica. L’ex capitale imperiale era, difatti, il punto di partenza dell’antica via della seta, oltre duemila anni fa e la Cina ha gli occhi puntanti all’Asia Centrale dal lontano 2013, quando dalla capitale kazaka Nur-Sultan Xi Jinping annunciò la nascita della Bri, la nuova via della Seta.</p><p>Secondo il quotidiano Domani: “Pechino sta rafforzando le relazioni con i cinque paesi dell’Asia centrale anzitutto perché essi rappresentano indispensabili partner di sicurezza. Il Tagikistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan hanno frontiere in comune con l’Afghanistan, che a sua volta confina con il Xinjiang popolato dalla minoranza musulmana degli uiguri”.</p><p>La cooperazione nella stabilizzazione dell’Afghanistan è fondamentale per la Cina. Difatti, questo è uno dei temi al centro dell’agenda di Xi’an. L’area, per Pechino, è strategica anche per le sue risorse energetiche, che hanno un potenziale enorme, ma che sono poco sfruttate, a causa della scarsa capacità produttiva locale.</p><p>Negli ultimi anni la Cina ha costruito un oleodotto di 2.200 km che porta il petrolio dal Kazakistan al Xinjiang e, nel 2009, ha lanciato il gasdotto Asia centrale-Cina che la collega a Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan. Nel settembre scorso, Pechino ha annunciato l’avvio dei lavori per un quarto gasdotto tra il Xinjiang e il Turkmenistan attraverso il Kirghizistan e l’Uzbekistan.</p><p>Il commercio bilaterale tra i cinque ‘stan’ e la Cina è in costante aumento. Durante il vertice della Shanghai cooperation organization (SCO), tenutosi a settembre 2022. Sempre su Domani si legge: “Xi ha annunciato che la Cina avrebbe fornito 150 milioni di yuan (24,37 milioni di dollari) in aiuti umanitari ai membri della “Nato dell’est” (di cui fanno parte i paesi dell’Asia Centrale), e “le compagnie di stato cinesi hanno avviato tanti progetti infrastrutturali molto rilevanti, come la nuova ferrovia che collegherà la Cina al Kirghizistan e all’Uzbekistan. L’offerta di Pechino è irrinunciabile: la connettività della nuova via della Seta, che promette di sviluppare le economie dei cinque vicini, e il mercato cinese, pronto ad accogliere le loro esportazioni di materie prime”.</p><p>Gli Stati Uniti ed il G7 rincorrono e nel frattempo, hanno rinnovato le loro promesse di assistenza finanziaria all’Asia centrale, che però “vuole continuare a guardare a Mosca, senza disdegnare il sostegno occidentale, ma avvicinandosi di più alla Cina”.</p><p>Il mondo è sempre più diviso in due con la Russia che, ormai, con la guerra in Ucraina, esce di scena per essere rimpiazzata dalla Cina.</p><p>Così, da una parte gli Stati Uniti a rischio default e dall’altra una Cina opulenta con ingenti risorse di liquidità. In questa situazione non dovremmo stupirci se la Cina potrebbe diventare tra pochi anni la prima potenza mondiale come sostiene Borrell.</p><p>---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------</p><p>G7, piano Biden contro Russia e Cina. Meloni e il nodo Via della Seta</p><p>Via al vertice di Hiroshima. Pechino denuncia: "Un circolo chiuso. divide invece di unire". Gli Usa vogliono nuovi steccati economici, Italia sotto osservazione.</p><p>di Redazione Esteri</p><p>Giorgia Meloni è alla prova del suo primo G7 da presidente del Consiglio. Un G7 ad alto contenuto strategico, visto che si svolge nel bel mezzo della guerra in Ucraina e della contesa a tutto campo tra Stati Uniti e Cina. Non a caso proprio Mosca e Pechino saranno i due temi principali di un vertice che nella prospettiva di Cina e Russia "divide", invece di unire. "Un circolo chiuso", lo definiscono in particolare i media di stato cinesi. </p><p>Meloni è impegnata a mostrare l'affidabilità dell'Italia ai principali partner, Stati Uniti compresi, che si aspettano rassicurazioni sulla partecipazione italiana alla Belt and Road Initiative di Pechino. La premier ha più volte manifestato l'intenzione di uscire dall'accordo firmato dal governo Conte nel 2019, ma non ha ancora preso una decisione definitiva. Secondo indiscrezioni, Joe Biden avrebbe "concesso" qualche altro mese per prendere e soprattutto comunicare la decisione. Forse per consentire a Meloni di annunciare la decisione durante un colloquio con Xi Jinping o una visita in Cina, mossa che potrebbe garantire meno problemi nelle relazioni bilaterali con Pechino. Ma resta improbabile pensare a una permanenza dell'Italia nell'accordo, anche perché nel 2024 raccoglierà il testimone del Giappone per l'organizzazione del summit.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-17071219230418117262023-05-17T17:46:00.002+02:002023-05-17T17:46:20.099+02:00LECCACULISMO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://pbs.twimg.com/media/FwHYl9WWIAA3wAb.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="800" height="210" src="https://pbs.twimg.com/media/FwHYl9WWIAA3wAb.jpg" width="400" /></a></div>Mi diverte l'alzata di scudi a favore di Fabio Fazio,da molti osannato non so proprio per cosa,forse per essere uno zerbino,perché è un bravo giornalista,perché il suo salotto buono di Raitre è costato milioni di Euro per i suoi ospiti da tappeto rosso?<div>La Rai da sempre è politicizzata,è un dato di fatto palese e con l'avvento di donna Giorgia al governo le cose cambiano e cambieranno,in peggio s'intende,ma le dimissioni di Fazio che comunque avviso i suoi cari estimatori di certo non si ritroverà in strada a fare l'elemosina,sono un bene per una rete di Stato sovvenzionata da denaro pubblico.</div><div>Nell'articolo sotto(<a href="https://www.capital.it/articoli/fabio-fazio-addio-rai-intervista-perche-ospiti-ctcf/">https://www.capital.it/fabio-fazio-addio-rai-intervista</a> )se ne tessono le lodi e si parla dello strappo tra Fazio e la Rai,degli introiti pubblicitari che ha portato a mamma Rai senza parlare dei cachet d'oro per gli ospiti,tutti elencati o almeno quelli più famosi e potenti.</div><div>Fazio fa parte di quel radicalismo chiccosissimo come ad esempio Saviano,Benigni e Jovanotti per elencarne qualcuno,che sono personaggi propaggine di una classe politica che da più di un decennio ha perso il senso della realtà come si vivesse dentro una bolla e che ha smarrito il minimo approccio verso milioni di persone che sopravvivono a fatica(ogni riferimento al Pd è puramente casuale).</div><div>Questi autoproclamati progressisti di cui Fazio è uno dei leader,ed uso un termine forte ma alquanto realistico se dico che è il classico culo per tutti i cazzi,hanno a cuore solo il proprio tornaconto e mi lascia basito che molte persone parlino come primo argomento riguardo la sua uscita dalla Rai del mancato ritorno pubblicitario legato alle sue trasmissioni in cui la Rai(mica noi poveri cristi) guadagnava un sacco di milioni(senza parlare dei compensi milionari agli ospiti)proprio come i più biechi capitalisti,altro che compagni e progressisti.</div><div>Che poi la televisione pubblica che ormai sopravvive di pubblicità come una qualsiasi altra rete commerciale non ci piove(ho appena finito di vedere la tappa del Giro d'Italia che si vedevano più spot che biciclette),semmai io toglierei il pagamento del canone,e poi ognuno è padrone del suo tempo e del suo spazio e se vuole cambia canale,o meglio spegne la televisione e va in strada a fare la rivoluzione.<p>PERCHÉ FABIO FAZIO LASCIA LA RAI</p><p>di Capital Web</p><p>FacebookTwitterEmail</p><p>Dopo 40 anni, l’addio di Fabio Fazio alla Rai: Riccardo Quadrano e Andrea Lucatello ne parlano con la giornalista di Repubblica Silvia Fumarola.</p><p>COME SI È ARRIVATI ALLO STRAPPO</p><p>“Erano settimane che si ipotizzava questo addio. Chiaramente con il governo Meloni, sin dall’inizio l’aria era cambiata. Hanno cominciato a spiegare che avrebbero cambiato il servizio pubblico della Rai. Il contratto di Fazio era in scadenza a fine giugno ed era nelle mani dell’ex amministratore delegato Carlo Fuortes ma non era ancora stato firmato. Dopodiché il 5 maggio Fuortes va in consiglio di amministrazione ed espone la questione del rinnovo per Fabio Fazio, senza entrare troppo nel merito, ma due giorni dopo si è dimesso. Erano mesi che il suo manager Beppe Caschetto aspettava di essere chiamato per il rinnovo ma ciò non è mai avvenuto, era evidente che sarebbe successo qualcosa.”</p><p>I COMUNICATI DELLA RAI</p><p>“La cosa più divertente, per non dire triste, è che ieri sera è cominciato uno scaricabarile tra i vertici della Rai: due comunicati a distanza di poche ore, il primo dell’amministratore delegato Roberto Sergio in cui è stato spiegato il fatto del contratto in scadenza e dopo quello della Presidente Marinella Soldi che chiarisce che l’AD aveva comunque il potere per portare avanti il contratto.”</p><p>GLI OSPITI INTERNAZIONALI DI "CHE TEMPO CHE FA"</p><p>Nel corso di tutte le sue edizioni la trasmissione di Fazio ha avuto ospiti di enorme importanza in tutti i campi, dalla politica al cinema, dai diritti civili alla musica. Eccone alcuni fra i più importanti:</p><p>Michail Gorbačëv</p><p>Papa Francesco</p><p>Barack Obama</p><p>Bill Gates</p><p>Bono Vox</p><p>Robbie Williams</p><p>Liliana Segre</p><p>Glenn Close</p><p>Susan Sarandon</p><p>Woody Allen</p><p>Brian May</p><p>Annie Lennox</p><p>Robert Plant</p><p>Phil Collins</p><p>Lady Gaga</p><p>Quentin Tarantino</p><p>Emmanuel Macron</p><p>Tom Hanks</p><p>Madonna</p><p>Daniel Pennac</p><p>Roberta Metsola</p><p>Novak Djokovic</p><p>Diego Armando Maradona</p><p>Jane Fonda</p><p>Greta Thunberg</p><p>Coldplay</p><p>Russell Crowe</p><p>Ryan Gosling</p><p>Charlize Theron</p><p>George Clooney</p><p>Adele</p><p>IL RITORNO ECONOMICO E DI IMMAGINE</p><p>“Il ritorno pubblicitario per l’azienda per “Che tempo che fa“, il programma di Fabio Fazio, c’è sempre stato ed è sempre stato enorme. Il programma non solo si è sempre ripagato da solo ma ha sempre portato nelle casse della Rai svariati milioni di euro. Inoltre c’è da dire che Rai Tre si è accesa con questa trasmissione, in questa stagione alcune prime serate di Rai Tre sono state addirittura il secondo ascolto dell’intera programmazione. Il programma di Fazio ha portato ospiti che nessuno ha mai avuto come Meryl Streep, Papa Francesco, quelli che tutti ricordiamo. Ma soprattutto Fazio si è inventato una trasmissione meravigliosa per il Giorno della Memoria con la Senatrice Liliana Segre, “Binario 21“, che rimarrà nella storia della televisione. Lui può piacere o non piacere ma è sempre stata una grande risorsa e quando ne perdi una così, come fai? Non si è fatto un discorso strategico, mandandolo via perché magari avevano un’ottima carta in mano, no. È un autogol clamoroso e le modalità sono veramente tristi.”</p><p>IL PASSAGGIO DI FAZIO A DISCOVERY</p><p>“Già da ottobre Fazio prenderà tutto il pacchetto e andrà sul 9, su Discovery. Noi siamo dei grandi abitudinari ed è strano per noi cambiare canale, però ad esempio il calcio trasmesso su TV8 è cresciuto molto negli ascolti fa…”</p><p>UN PROGRAMMA CHE NON PIACE AL GOVERNO</p><p>“Ieri sera c’era Maurizio Landini che parlava dei problemi del lavoro e diceva che su questo tema il governo non sta facendo niente. In quali altre trasmissioni trovi un ospite che apertamente e liberamente dice quello che pensa? La cosa che ha dato più fastidio, a parte quello che si può pensare di Fazio, sono stati tutti quei giornalisti che sono andati in quello spazio di confronto sui temi di attualità a parlare, di immigrazione, di diritti. Era stata ventilata l’ipotesi di modifiche in certi punti del programma, ma ovviamente non poteva andare bene.”</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-9724420474834503412023-05-16T17:47:00.003+02:002023-05-16T17:47:29.214+02:00L' EURO PUTTANTOUR DI ZELENSKY<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.corriere.it/methode_image/2023/05/13/Politica/Foto%20Politica%20-%20Trattate/5b773883c0b43b302d9b0071d68c60b8-ku3E-U3420153581321tLI-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="492" data-original-width="656" height="300" src="https://www.corriere.it/methode_image/2023/05/13/Politica/Foto%20Politica%20-%20Trattate/5b773883c0b43b302d9b0071d68c60b8-ku3E-U3420153581321tLI-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg" width="400" /></a></div>Il marchettaro presidente ucraino Zelensky negli ultimi giorni ha battuto le principali capitali europee nella sua ricerca non della pace ma in una guerra sempre più cruenta richiedendo di tutto e di più da carri armati a caccia passando per armi e munizioni,e le puntate a Parigi,Roma,Berlino e Londra però non hanno sortito gli effetti sperati o almeno in parte.<div>Nell'articolo della propagandista Rai(<a href="https://www.rainews.it/articoli/2023/05/zelensky-chiude-il-tour-europeo-piu-armi-e-piu-potenti-di-prima-la-vittoria-si-e-avvicinata--0deca4a1-a79f-42f8-8bc5-92a67e1c6286.html">www.rainews.it zelensky-chiude-il-tour-europeo</a> )sempre vicina fin dall'inizio alla nazista Ucraina c'è un breve resoconto di quello che è riuscito o meno a portare a casa in nome della difesa del popolo che sta ammazzando i suoi abitanti oltre a quelli russi,ed in fondo sono sempre i poveretti a rimetterci la pelle e non i Zelensky,Meloni,Macron,Sunak,Steinmeier per non parlare delle Lagarde e Von der Leyen o degli Stoltenberg.</div><div>Il mio pensiero sul conflitto tra Russia e Ucraina è pesantemente dalla parte russa come già spiegato più volte(vedi:<a href="http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2022/12/parteggiare.html">madn parteggiare</a> )e di certo tutto l'intrallazzo parlamentare italiano dove la stragrande parte dei parassiti che siedono sugli scranni del potere sono dalla parte dei nazisti ucraini fa sempre più schifo e vergogna.</div><div>Nessuno che parla di pace ma tutti pronti ad armare questo folle puttaniere che fa i suoi giretti per l'Europa ripeto come una lurida mercenaria alla ricerca di sangue e di vendetta,e solo pochi protagonisti a livello internazionale tentano di imbastire seri progetti di pace,non quella"giusta"che vuole Zelensky ovvero con l'annientamento della Russia.<p>Le forze ucraine avanzano a Bakhmut.</p><p>Zelensky chiude il tour europeo: “Più armi e più potenti di prima. La vittoria si avvicina”</p><p>Inghilterra e Francia frenano sulla fornitura di aerei da caccia ma garantiscono la formazione agli ucraini</p><p>“Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna. Torniamo a casa con nuovi pacchetti di difesa. Più armi nuove e potenti per la prima linea, più protezione per il nostro popolo dal terrore russo, più sostegno politico”. Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky postando un video a bordo di un aereo. “In tutti gli incontri abbiamo discusso della nostra formula di pace, e ora c'è più disponibilità da parte dei nostri partner a seguirla. C'è più sostegno alla nostra adesione all'Ue, più comprensione sul fatto che l'adesione dell'Ucraina alla Nato sia inevitabile”, ha aggiunto. </p><p>E conclude il video dicendo “Quindi i principali risultati di questi giorni sono: nuove armi per l'Ucraina, rispetto per gli ucraini e la nostra vittoria si è avvicinata. Complimenti a tutti coloro che aiutano!». L'incontro con Papa Francesco è stato “abbastanza incoraggiante”, ha aggiunto il presidente ucraino.</p><p>Ma intanto la Gran Bretagna esita a consegnare all’Ucraina i jet militari, ripetutamente richiesti da Zelensky, anche nella visita di oggi a Londra per ottenere il controllo dei cieli e prende tempo. “Oggi abbiamo parlato di jet. Tema molto importante per noi perché non possiamo controllare il cielo”, rivela il presidente ucraino, al termine del suo incontro con il premier britannico nella sua residenza di campagna. Ucraina e Regno Unito sono “veri partner”, ha aggiunto Zelensky precisando che Sunak viene informato degli sviluppi sul terreno, secondo quanto scrive il Guardian. “Vedo che in tempi brevi sentirete, credo, decisioni molto importanti, ma dovremo lavorarci un pò di più”, avrebbe sempre detto Zelensky al Guardian prima di lasciare i Chequers, la residenza di campagna del premier di Londra, a bordo di un elicottero aggiungendo di aver parlato di “coalizione dei caccia” con Rishi Sunak. Il Regno Unito sarà pronto a contribuire all’addestramento dei piloti ucraini all’uso di caccia “in tempi relativamente brevi”, ha successivamente detto Rishi Sunak. “Saremo una componente chiave della coalizione di paesi che fornisce quel sostegno a Volodymyr e all’Ucraina” ha dichiarato il premier britannico al termine dei suoi colloqui con Zelensky ammettendo, tuttavia, che “non è una cosa semplice, come io e Volodymyr abbiamo detto, dotarsi di una capacità aerea di combattimento. Non è solo la fornitura degli aerei, è anche l’addestramento dei piloti e tutta la logistica connessa, e il Regno Unito può svolgere in tutto questo un grande ruolo. Una cosa che inizieremo a fare relativamente presto è addestrare i piloti ucraini e di questo abbiamo parlato oggi e siamo pronti a mettere in pratica questi piani in tempi relativamente brevi”. Poco dopo, tuttavia, un portavoce del premier Rishi Sunak, citato da SkyNews, ha spiegato che il governo britannico non ha piani per l’invio di caccia in Ucraina in quanto i militari ucraini hanno indicato che preferirebbero usare gli F-16: “Saprete che la Raf non li usa”, ha concluso il portavoce di Suniak , alludendo all’uso di Typhoon e F-35 da parte delle forze britanniche. “Ovviamente, credo, stanno trattando con altri paesi che usano gli F-16, e noi lavoriamo con quei paesi”, ha aggiunto.</p><p>Anche Emmanuel Macron ha detto che la Francia non fornirà aerei caccia all'Ucraina ma garantirà "la formazione di piloti" all'Ucraina. Lo ha precisato lo stesso presidente in un'intervista trasmessa stasera durante il telegiornale di TF1.</p><p>"La nostra strategia - ha detto Macron rispondendo al giornalista che lo intervistava sull'incontro di ieri sera all'Eliseo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - è quello di aiutare l'Ucraina a resistere" e l'obiettivo è sostenere una "controffensiva per riportare tutti al tavolo dei negoziati". </p><p>Un tour fatto quindi di accordi, di annunci, di una realtà che passa attraverso i social e di una diplomazia silenziosa e nell’ombra ma che continua a tessere la sua tela.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-25948310579772245272023-03-28T16:00:00.000+02:002023-03-28T16:00:00.200+02:00IL GIGANTE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://static.sky.it/images/skytg24/it/cronaca/2023/03/27/gianni-mina-chi-era/hero_ansa_fotostoria_mina.jpg.transform/hero-mobile/e2778a604181ddd9a53e365781d6f17d07af3ba0/img.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="235" data-original-width="375" height="235" src="https://static.sky.it/images/skytg24/it/cronaca/2023/03/27/gianni-mina-chi-era/hero_ansa_fotostoria_mina.jpg.transform/hero-mobile/e2778a604181ddd9a53e365781d6f17d07af3ba0/img.jpg" width="375" /></a></div>Il grave lutto che Gianni Minà ha arrecato alla storia del giornalismo italiano ed internazionale è un vuoto del quale ce ne accorgeremo solamente nei prossimi anni anche se l'eco della sua dipartita attraverso gli attestati di stima che stanno riempiendo i notiziari ed i social ci fanno capire fin da subito la caratura dell'uomo prima ancora del professionista.<div>Sempre meno infatti sono i giganti della professione del giornalista,dove troppo spesso essi si presentano imbellettati davanti alle telecamere,venduti,prezzolati al soldo del padrone,leccapiedi, imbarazzanti nei loro commenti carichi d'inettitudine e d'ipocrisia.</div><div>Grazie al ricordo dell'Associazione nazionale di amicizia Italia-Cuba(<a href="https://italiacuba.it/2023/03/28/ci-ha-lasciato-il-piu-grande-giornalista-italiano/">italiacuba.it ci-ha-lasciato-il-piu-grande-giornalista-italiano</a> )voglio lasciare una piccola immagine ed un resoconto minimo di tutto quello che Gianni Minà ha dato al mondo in fatto di storia,cultura,musica, società e sport,un intellettuale eclettico ed uno spirito libero da qualsiasi forma di deviazione e di controllo,sempre alla ricerca della verità e non dello scandalo e dello scoop basato su gossip e voci distratte e distorte.</div><div>Minà ci ha fatto capire tanto di Cuba e in generale di tutto il centro e sud America ostaggio e alla mercé degli Stati Uniti che tanto hanno contribuito per soffocare i movimenti di lotta contro le ingerenze yankee in tutto il territorio(vedi ad esempio:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2017/08/chavismonuoce-gravemente-al-capitalismo.html">madn chavismonuoce-gravemente-al-capitalismo e al neoliberismo</a> )</div><div>Non voglio nominare i personaggi di rilievo mondiale che Gianni Minà nella sua carriera pluridecennale ha intervistato e raccontato attraverso le sue celeberrime interviste ed i suoi libri,fatto sta che era conosciuto ed apprezzato a livello nazionale.</div><div>Nel suo lavoro ci ha sempre messo passione ma anche rispetto per l'interlocutore,allacciando in alcuni casi rapporti di amicizia sincera,operando sempre con un'immensa onestà intellettuale e cercando di dare la voce anche agli ultimi che sosteneva con trasporto.</div><div>Ci mancherà Gianni Minà,ci manca già adesso.<p>Ciao Gianni, che la terra sia lieve.</p><p>Ci ha lasciato il più grande giornalista italiano.</p><p>Un grande amico di Cuba e della sua Rivoluzione. </p><p>Per un lungo periodo ha fatto parte della Presidenza onoraria dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba.</p><p>Lo ricordiamo sempre al nostro fianco nelle battaglie per la difesa della sua amata Cuba. </p><p>Durante il nostro ultimo congresso nazionale ci aveva inviato un suo particolare saluto.</p><p>L'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba si unisce al dolore della sua compagna Loredana Macchietti e di tutta la sua famiglia.</p><p>Grazie per tutto quello che hai dato al nostro paese ed a #Cuba.</p><p>Hasta la victoria siempre! </p><p>Nato a Torino, trascorse parte della sua infanzia a Brusasco, sempre sito nella provincia torinese, per via dei bombardamenti che interessarono la città durante la seconda guerra mondiale.</p><p>Incominciò la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport, di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998. Nel 1960 ha esordito alla RAI come collaboratore dei servizi sportivi per le Olimpiadi di Roma. Nel 1965, dopo aver esordito al rotocalco televisivo di genere sportivo Sprint, diretto da Maurizio Barendson, iniziò a realizzare reportage e documentari per rubriche che hanno evoluto il linguaggio giornalistico della televisione, come Tv7, AZ, un fatto come e perché, i Servizi speciali del TG, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver.</p><p>Minà seguì otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli, diventati storici, dell'epoca di Muhammad Ali.</p><p>Realizzò una Storia del Jazz in quattro puntate, programmi sulla musica popolare centro e sudamericana (come ad esempio "Caccia al bisonte" con Gianni Morandi) e una storia sociologica e tecnica della boxe in 14 puntate, intitolata Facce piene di pugni.</p><p>Fu tra i fondatori dell'altra domenica con Maurizio Barendson e Renzo Arbore. Nel 1976, dopo 17 anni di precariato, venne assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato e iniziò a raccontare la grande boxe e l'America dello show-business, ma anche i conflitti sociali delle minoranze. In quegli anni ebbero inizio anche i reportage dall'America Latina che hanno caratterizzato la sua carriera. Nel 1978, mentre seguiva come cronista il campionato mondiale di calcio 1978, venne ammonito e poi espulso dall'Argentina per aver fatto domande sui desaparecidos al capitano di vascello Carlos Alberto Lacoste (capo dell'ente per l'organizzazione del mondiale) durante una conferenza stampa, e aver cercato poi di raccogliere informazioni.</p><p>Nel 1981 il presidente Sandro Pertini gli consegnò il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell'anno. Nello stesso periodo, dopo aver collaborato a due cicli di Mixer di Giovanni Minoli, dal 1981 al 1984 esordì come autore e conduttore di Blitz, un programma innovativo di Rai 2 che occupava tutta la domenica pomeriggio e nel quale intervennero fra gli altri Federico Fellini, Giulietta Masina, Sergio Leone, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Márquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Léo Ferré e Tito Schipa Jr.</p><p>Nel 1987 intervistò una prima volta per 16 ore il presidente cubano Fidel Castro, in un documentario dal quale fu tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. Da quello stesso incontro fu ricavato Fidel racconta il Che, un reportage nel quale il leader cubano per la prima e unica volta raccontò l'epopea di Ernesto Guevara. L'intervista fu ripetuta nel 1990, dopo il tramonto del comunismo. I due incontri furono riuniti nel libro Fidel. Il prologo alla prima intervista con Fidel Castro fu scritto da Gabriel García Márquez; quello alla seconda, dallo scrittore brasiliano Jorge Amado.</p><p>Nel 1991 realizzò il programma Alta classe, una serie di profili di grandi artisti come Ray Charles, Pino Daniele, Massimo Troisi e Chico Buarque de Hollanda. Nello stesso anno presentò La Domenica Sportiva e ideò il programma di approfondimento Zona Cesarini, che seguiva la tradizionale rubrica riservata agli eventi agonistici.</p><p>Tra gli altri programmi realizzati: Un mondo nel pallone, Ieri, oggi... domani? con Simona Marchini ed Enrico Vaime e due edizioni di Te voglio bene assaje, lo show ideato da Lucio Dalla e dedicato un anno alle canzoni di Antonello Venditti e l'altro a quelle di Zucchero Fornaciari. Fra i documentari di maggior successo, alcuni di carattere sportivo su Nereo Rocco, Diego Maradona e Michel Platini, Ronaldo, Carlos Monzón, Nino Benvenuti, Edwin Moses, Tommie Smith, Lee Evans, Pietro Mennea e Muhammad Ali, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera e al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato Cassius Clay, una storia americana.</p><p>Nel 1992 incominciò un ciclo di opere rivolte al continente latinoamericano:</p><p>Storia di Rigoberta sul Nobel per la pace Rigoberta Menchú (premiato a Vienna in occasione del summit per i diritti umani organizzato dall'ONU),</p><p>Immagini dal Chiapas (Marcos e l'insurrezione zapatista) presentato al Festival di Venezia del 1996;</p><p>Marcos: aquí estamos (un reportage in due puntate sulla marcia degli indigeni Maya dal Chiapas a Città del Messico con un'intervista esclusiva al subcomandante realizzata insieme allo scrittore Manuel Vázquez Montalbán);</p><p>Il Che quarant'anni dopo ispirato alla vicenda umana e politica di Ernesto "Che" Guevara.</p><p>Nel 2001 Minà firmò Maradona: non sarò mai un uomo comune un reportage-confessione di 70 minuti con Diego Maradona alla fine dell'anno più sofferto per la vita dell'ex calciatore. Nel 2004 realizzò un progetto inseguito per undici anni e basato sui diari giovanili di Ernesto Guevara e del suo amico Alberto Granado quando, nel 1952, attraversarono in motocicletta l'America Latina, partendo dall'Argentina e proseguendo per il sud del Cile, il deserto di Atacama, le miniere di Chuquicamata, l'Amazzonia peruviana, la Colombia e il Venezuela. Dopo aver collaborato alla costruzione del film tratto da questa avventura e intitolato I diari della motocicletta diretto da Walter Salles e prodotto da Robert Redford e Michael Nozik, Minà diresse il lungometraggio In viaggio con Che Guevara, ripercorrendo con l'ottantenne Alberto Granado quell'avventura mitica. L'opera, invitata al Sundance Festival, alla Berlinale e ai Festival di Annecy, di Morelia (Messico), di Valladolid e di Belgrado, vinse il Festival di Montréal e in Italia il Nastro d'argento, il premio della critica.</p><p>Collaboratore per anni di la Repubblica, l'Unità, Corriere della Sera e il manifesto, Minà realizzò dal 1996 al 1998 il programma televisivo Storie, dove intervennero tra gli altri il Dalai Lama, Jorge Amado, Luis Sepúlveda, Martin Scorsese, Naomi Campbell, John John Kennedy, Pietro Ingrao; programma dal quale furono tratti due libri. Un suo saggio Continente desaparecido, realizzato con interviste a Gabriel García Márquez, Jorge Amado, Eduardo Galeano, Rigoberta Menchú, mons. Samuel Ruiz García, Frei Betto e Pombo e Urbano, compagni sopravvissuti a Che Guevara in Bolivia, ha dato il titolo a una collana di saggi sull'America Latina edita dalla Sperling & Kupfer.</p><p>Nel 2003 Minà scrisse Un mondo migliore è possibile, un saggio sulle idee germogliate al Forum sociale mondiale di Porto Alegre che hanno cambiato l'America Latina. L'opera fu tradotta in lingua spagnola, portoghese e francese.</p><p>Il suo penultimo lavoro editoriale, edito sempre dalla Sperling & Kupfer, si intitolò Politicamente scorretto, un giornalista fuori dal coro, raccolta di suoi articoli e saggi pubblicati tra il 1990 e il 2007 su la Repubblica, l'Unità, il manifesto, Latinoamerica, costituenti un autentico esercizio di controinformazione sugli avvenimenti più diversi e controversi dei primi anni del terzo millennio. Nel 2007 Minà, per la GME Produzioni S.r.l., Rai Trade e La Gazzetta dello Sport, fece uscire Maradona, non sarò mai un uomo comune, la storia del mitico calciatore argentino in 10 DVD. L'opera, con 1 200 000 copie vendute si è rivelata record di vendite negli ultimi dieci anni.</p><p>Nel 2008 produsse il film documentario Cuba nell'epoca di Obama, un viaggio nella Cuba del passato con interviste a personaggi storici dell'Isola come Roberto Fernandez Retamar o la ballerina classica Alicia Alonso, e in quella del futuro, con interviste alle nuove generazioni nelle scuole d'avanguardia. Questo documentario fece vincere a Minà il suo secondo Nastro d'argento nel 2012. Sempre nel 2008 andò in onda su Rai 3 La stagione di Blitz, un programma in 10 puntate, parziale rivisitazione del primo anno del programma di Minà Blitz, della stagione televisiva 1983-85.</p><p>Nel 2014, con Rai Eri, distribuito dalla Rizzoli, uscì Il mio Alì, un libro-raccolta di articoli scritti da Minà su Muhammad Alì dal 1971 a oggi. Minà ebbe sempre una attenzione particolare per campioni complessi come Maradona, Pietro Mennea, Tommie Smith, Lee Evans, Roberto Baggio, Alberto Tomba, Marco Pantani.</p><p>Nel 2015 Minà produsse Papa Francesco, Cuba e Fidel, un reportage sulla storica visita del Pontefice argentino avvenuta a Cuba nel settembre del 2015 e con il quale vinse, nel 2016, l'Award of Excellence all'ICFF di Toronto, Canada. Infine, nel 2016, Minà produsse L'ultima intervista a Fidel Castro, della durata di 40 minuti, effettuata alcuni mesi prima della scomparsa dello storico leader cubano. Dal 2000 al 2015 Minà diresse con Alessandra Riccio la storica rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo, un trimestrale di geopolitica dove hanno scritto gli intellettuali più prestigiosi del continente americano.</p><p>Nel 2017 uscì il libro-intervista Così va il mondo, con Giuseppe De Marzo, dove Minà raccontò cinquant'anni di giornalismo con un'attenzione particolare ai diritti dei più deboli e a chi si ribella alle ingiustizie in Italia, negli Stati Uniti, in America latina, ovunque.</p><p>Nel 2020 Minà pubblicò il libro autobiografico Storia di un boxeur latino, edito da Minimun fax.</p><p>È morto dopo una breve malattia cardiaca il 27 marzo 2023 a Roma, presso la clinica Villa del Rosario, a 84 anni.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-17797683973962187202023-03-21T17:22:00.003+01:002023-03-21T17:22:39.032+01:00LA FIGURACCIA DELLA CGIL<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://img-s-msn-com.akamaized.net/tenant/amp/entityid/AA18MN30.img?h=315&w=600&m=6&q=60&o=t&l=f&f=jpg&x=266&y=105" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="315" data-original-width="600" height="210" src="https://img-s-msn-com.akamaized.net/tenant/amp/entityid/AA18MN30.img?h=315&w=600&m=6&q=60&o=t&l=f&f=jpg&x=266&y=105" width="400" /></a></div>Non è la prima volta che cerco di rendere l'idea differenza tra il sindacalismo italiano e quello francese,<div>sia dal punto di vista dirigenziale che di quello della platea degli iscritti,(vedi ad esempio:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2016/04/la-francia-insorge-e-noi-abbiamo-dormito.html">madn la-francia-insorge-e-noi-abbiamo-dormito</a> )e bastano le immagini dell'ultimo congresso della Cgil e le manifestazioni di protesta in Francia contro l'aumento dell'età pensionabile che il divario è enorme e soprattutto allarmante.</div><div>Il primo articolo(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2023/03/18/limmagine-del-disastro-del-lavoro-0158445">contropiano limmagine-del-disastro-del-lavoro</a> )parla del surreale invito del segretario Landini,che ha bissato l'incarico,della premier Meloni,che di fatto è stata la prima leader di governo che ha potuto presenziare e parlare ad un congresso,non ad un incontro o durante una manifestazione o qualsiasi altro evento.</div><div>Una scelta disastrosa che ha lasciato basiti numerosi addetti al lavoro che in minima parte hanno protestato,mentre la maggioranza dietro l'allargata democrazia che nulla ha che vedere con personaggi come la Meloni e con quelli della sua specie che sono da trattare come ciò che sono,fascisti.</div><div>Quest'altro articolo(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2023/03/20/cgil-ultimo-atto-0158480">contropiano cgil-ultimo-atto</a> )parla degli ultimi decenni di un sindacato confederale che lentamente ha visto dissolvere tutto quello che di buono con della sana lotta era riuscito ad ottenere per i lavoratori,visto che da troppi anni c'è stato un servilismo de facto verso il padronato e verso il capitalismo,con conseguente emorragia di iscritti e di un deciso abbassamento di sapere cogliere i desideri di chi lavora.</div><div>Il secondo contributo(<a href="https://contropiano.org/news/internazionale-news/2023/03/20/francia-la-motion-ou-le-pave-0158472">contropiano francia-la-motion-ou-le-pave</a> )parla dell'ennesima ondata degli scioperi che andranno avanti certamente visto che le due mozioni di sfiducia contro la premier Borne e il Presidente Macron per soli nove voti(molta polemica su franchi tiratori repubblicani)non sono passate.</div><div>Le manifestazioni di piazza che si sono svolte in tutto il paese e non solo a Parigi per l'aumento dell'età pensionabile da 62 a 64 anni,volendo vedere confrontando la situazione francese con quella italiana neanche così tragica come la nostra,ha scatenato l'ira dei lavoratori che per un soffio non hanno visto l'esecutivo cadere.<p>L’immagine del disastro del lavoro.</p><p>di Giorgio Cremaschi</p><p>Ci sono immagini che sono il lampo di un momento storico. Le lotte operaie , le vittorie e le sconfitte, dai comizi di Di Vittorio al luglio del 1960, dall’autunno caldo alla marcia dei quarantamila, dalla difesa della scala mobile alla rivolta operaia contro i dirigenti sindacali del 1992. Tutti i momenti fondamentali delle lotte con le quali il mondo del lavoro ha conquistato diritti e dignità, che poi ha cercato di difendere, sono stati immortalati in immagini potenti.</p><p>Questi ultimi trent’anni, quelli della lunga ritirata del lavoro sotto l’aggressione della precarietà e dello sfruttamento, hanno tante immagini, di resistenze e di cedimenti. Ma finora non ce ne era una che da sola cogliesse l’ultimo trentennio. Alla fine del quale l’Italia è il solo paese ricco a subire la riduzione dei salari.</p><p>Ora l’immagine del disastro che da noi ha colpito il lavoro c’è. È quella di Giorgia Meloni che comizia sicura e sprezzante al congresso della CGIL, riscuotendo persino qualche applauso da una sala, che tranne una piccola minoranza, è attonita e in fondo dominata.</p><p>La Presidente del Consiglio del più reazionario dei governi che, quando non ubbidisce all’agenda Draghi e agli ordini della NATO, scatena odio di classe contro i lavoratori, i poveri, i migranti. La leader di un partito che vanta la fiamma neofascista nel suo simbolo, ha potuto parlare da padrona al congresso della CGIL perché anni di passività e complicità dei dirigenti sindacali le hanno aperto la via.</p><p>Giorgia Meloni fa il suo mestiere, Landini ed i suoi da anni non fanno il loro. Fanno i furbetti , spiegano che la visita di Meloni è un riconoscimento della loro forza, aiutati in questo dalla stampa di regime che ne amplifica gli inesistenti ruggiti, ma la sostanza di tutto è solo subalternità.</p><p>Landini e i suoi hanno trasformato il congresso della Cgil in una succursale di Porta a Porta, mentre in Francia i lavoratori danno l’assalto ai centri del potere. Non vinceranno, come mormorano tutti i sindacalisti crumiri? Può essere, ma ci provano e se ci si prova qualcosa a casa si porta sempre. Se invece ci si arrende prima ancora di cominciare, si perde sempre tutto.</p><p>Di Vittorio si rivolta nella tomba, dalla quale invece sorge l’immagine di D’Aragona, che nel 1927 sciolse la CGL in ossequio al Presidente del Consiglio di allora.</p><p>Che paragoni sento subito dire, Landini non ha certo intenzione di sciogliere la CGIL. Certo che no, però l’ha resa come minimo inutile per i lavoratori che vogliano risalire la china da dove sono precipitati.</p><p>Se i lavoratori vorranno cancellare questi trent’anni di umiliazioni, dovranno farlo senza e contro i dirigenti sindacali che hanno dato legittimazione e forza a Giorgia Meloni.</p><p>---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------</p><p>Francia: “La motion ou le pavé”.</p><p>di Giacomo Marchetti</p><p>La mobilitazione contro la riforma pensionistica proseguirà questa settimana. L’agenda politica istituzionale non ha “esaurito” il suo corso. Vediamolo da vicino.</p><p>Come abbiamo raccontato, il governo Macron ha deciso di far passare il progetto della riforma licenziato dalla Commissione Mista Paritaria (CMP) senza farlo votare all’Assemblea Nazionale, utilizzando per l’undicesima volta l’artico 49.3 della Costituzione.</p><p>Oggi, lunedì, saranno discusse le due mozioni di sfiducia depositate venerdì dal gruppo LIOT e co-firmata dalla NUPES. Se questa non passasse si discuterà anche quella proposta dal Rassemblement Nationale di Le Pen.</p><p>Stando ai numeri, servono 30 voti – la metà di quelli dei gollisti di LR – oltre a quelli dei tre gruppi che si oppongono alla riforma (LIOT, NUPES e RN).</p><p>Questi gli scenari possibili.</p><p>Una delle due “motion de censure” viene votata dalla maggioranza: la legge viene rigettata ed il governo cade.</p><p>In questo caso, ipoteticamente, il progetto di legge potrebbe essere riesaminato all’Assemblea Nazionale e al Senato con un nuovo esecutivo, ma appare improbabile che dopo uno smacco del genere un futuro governo provi immediatamente a portare avanti tale progetto.</p><p>In caso di sfiducia il Presidente non è obbligato a sciogliere l’Assemblea Nazionale, ma può nominare un nuovo governo. Ne ha però la facoltà, prerogativa attribuitagli dall’articolo 12 della Costituzione previa consultazione del Primo Ministro e dei due presidenti delle Camere.</p><p>In questo caso le elezioni politiche devono svolgersi entro 20/40 giorni.</p><p>Non è detto che tale decisioni possano portare, in questo momento, a numeri in Parlamento più favorevoli per l’attuale Presidente.</p><p>Se nessuna delle due “mozioni di sfiducia” ottiene la maggioranza assoluta, in questo caso la riforma può diventare operativa.</p><p>Che la riforma diventi legge non vuol dire comunque che non possa essere ritirata ed annullata, come è avvenuto nel 2006 con il “contratto primo impiego” (CPE), che creava un Contratto a Tempo Indeterminato con un periodo di prova di 2 anni.</p><p>Allora il braccio di ferro ingaggiato dal governo di Dominique de Villepin – che anche in quel caso era ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione – è stato perso di fronte ad un possente movimento sociale che si è espresso con il blocco delle università e degli istituti superiori, 3 milioni di manifestanti nelle strade, ripetuti scontri di pizza tra oppositori e forze dell’ordine, e – proprio come oggi – un’opinione pubblica fortemente contraria al governo.</p><p>Dopo quell’episodio, nessun movimento sociale in Francia – a parte il movimento dei gilet jaunes – è riuscito a far fare marcia indietro ad un governo su un progetto di legge importante.</p><p>Entro quattordici giorni dall’approvazione definitiva di una legge può essere interpellato il Consiglio Costituzionale, se almeno 60 parlamentari lo chiedono – la NUPES da sola ne ha 149. In questo caso l’applicazione della legge viene sospesa per un mese. L’articolo 61.3 della Costituzione permette di accelerare – su richiesta del governo – un pronunciamento di tale organo in otto giorni.</p><p>Che tale legge possa essere ritenuta non conforme alla Costituzione non è una ipotesi peregrina. E non per questioni di merito ma di metodo. E come si sa, nel diritto, la forma è sostanza.</p><p>L’Esecutivo è ricorso a tutto l’arsenale legislativo utilizzabile per “azzoppare” la discussione parlamentare: l’articolo 47.1 per ridurre i tempi di dibattito, il rifiuto della ricezione degli emendamenti grazie all’articolo 44.2, l’articolo 38 del regolamento del Senato per limitare il dibattito sugli emendamenti, di fatto costringendo – ad un certo punto – ad un voto unico sull’intero pacchetto con l’articolo 44.3. Ed infine l’articolo 49.3, che ha eliminato anche il voto sulla “riforma”.</p><p>Se questi singoli articoli sono costituzionalmente utilizzabili per “forzare” il dibattito parlamentare, la loro sommatoria può essere giudicata contraria all’esigenza costituzionale della “chiarezza e sincerità del dibattito parlamentare”.</p><p>Un dibattito che, ricordiamo, si è concluso con la prima ministra Elisabeth Borne che annunciava il ricorso all’articolo 49.3 tra le urla dei banchi dell’estrema destra, mentre i deputati della NUPES che intonavano la Marsigliese (con tutto l’immaginario giacobino che l’accompagna).</p><p>Se la riforma delle pensioni passasse anche il giudizio del Consiglio, è comunque attivabile la consultazione referendaria attraverso un référendum d’iniziative partagée (RIP), già depositata da 252 tra deputati e senatori della Nupes (ne sarebbero stati sufficienti 185).</p><p>Il referendum abrogativo è previsto però solo per le leggi in vigore da almeno un anno. Il Consiglio Costituzionale, se convalida il RIP prima dell’entrata in vigore della riforma, concede nove mesi per la raccolta dei consensi necessari: almeno il 10% degli elettori, una cifra assolutamente raggiungibile per i suoi promotori, visto il clima nel paese.</p><p>Un iter complesso, quindi, che non esaurirebbe le possibilità istituzionali di lotta contro la riforma nel caso fallisse il voto di sfiducia all’Assemblea nazionale, e altrettanto avvenisse al Consiglio Costituzionale.</p><p>Vista la “contrarietà” della stragrande maggioranza della popolazione, è dunque ipotizzabile la tenuta di un referendum che potrebbe bocciarla “ora” o dopo un anno della sua promulgazione.</p><p>Ma è chiaro che il movimento sindacale e non si è già preparato ad intensificare la mobilitazione.</p><p>Come ha dichiarato il segretario uscente della CGT Philippe Martinez a BFM-TV, parlando degli incidenti nelle manifestazioni che continuano ogni giorno in diverse città ed in differenti forme più o meno sauvages, “è responsabilità di Macron se la collera è a questo livello”.</p><p>Martinez accusa il governo di non avere ascoltato alcun monito e di “giocare con il fuoco”, contestando il divieto di manifestare imposto dalla Prefettura da venerdì sera a Place de La Concorde, a Parigi, dove i manifestanti si erano spontaneamente radunati per la seconda serata consecutiva.</p><p>Oramai è ripresa la pratica delle forze dell’ordine messa in opera durante durante le mobilitazioni dei Gilets Jaunes, ossia il ricorso spropositato ai fermi – garde à vue – senza che nella stragrande maggioranza dei casi abbiano alcun seguito giudiziario.</p><p>Sabato a Parigi, sono state fermate 122 persone, 169 in tutta la Francia. Come nelle serate precedenti, sabato si sono svolte manifestazioni in diverse città: Marsiglia, Lille, Amiens, Caen, Saint-Etienne, Roanne, Bensançon, Digione, Grenoble, Gap, Annecy, Lodève, ecc.</p><p>SNES-FSU – il principale sindacato nella scuola media inferiore (collège) e superiore (lycées) – ha depositato un preavviso di sciopero per questo lunedì e martedì insieme a CGT, FO e SUD, che potrebbe rendere problematica la tenuta delle prime prove della maturità (BAC). Con una presa di posizione sul quotidiano Libération il personale di diverse scuole ha chiarito il senso di questa scelta inedita.</p><p>Le tre maggiori raffinerie della Francia stanno per fermare la produzione di carburante. Altre 6 su 7 hanno scelto questa delicata procedura che tecnicamente ha bisogno di 3/4 giorni di tempo per essere realizzata e due settimane per ripristinarne poi l’operatività. In generale il settore petrolchimico sarà fortemente impattato, dopo aver già fermato la consegna di carburante nelle settimane precedenti.</p><p>Il governo ha detto che procederà a delle “requisizioni”, ma non è affatto detto che riuscirà ad effettuarle.</p><p>La capitale vede circa 10 mila tonnellate di rifiuti non raccolti e tutti gli impianti di trattamento fermi, dopo 14 giorni sciopero dei 7.000 operatori ecologici di Parigi che sciopereranno almeno fino a martedì. Ma anche in diverse altre città va avanti lo sciopero.</p><p>Come ha detto uno scioperante parigino a Francetvinfo: “Se Macron abbandona la riforma, riprenderemo il lavoro”.</p><p>E’ stata disposta la requisizione da parte del Ministero dell’Interno, ma anche qui l’esito è incerto.</p><p>Intanto aumenta vertiginosamente il numero delle stazioni che soffrono di penuria di carburanti: 306 non hanno più completamente carburante e 465 ne scarseggiano.</p><p>Un terzo dei voli saranno cancellati questo lunedì negli scali parigini e a Marsiglia; anche i ferrovieri continuano le mobilitazioni e si annuncia una “giornata nera” per i trasporti questo giovedì, ma non è detto che non ci siano scioperi selvaggi decisi dalle Assemblee Generali locali.</p><p>72 ore di sciopero e diverse “operazioni porti morti” sono state proclamate dalla federazione Ports et Docks della CGT per le giornate del 21, 22 e 23. Diverse Assemblee Generali di lavoratori hanno votato per prolungare lo sciopero fino al ritiro della riforma.</p><p>Numerose “azioni dirette” si sono svolte in questo weekend. Tra queste le operazioni di “pedaggio gratuito” delle autostrade, blocchi stradali e “invasioni” dei centri commerciali. Ma anche azioni più “decise”, come l’incendio della Prefettura di Die e l’attacco alla sede di Eric Ciotti, capo dei dei gollisti a Nizza.</p><p>La settimana che viene si annuncia ancora più calda nelle giornate che precedono lo sciopero inter-professionale e la mobilitazioni nazionali di giovedì 23.</p><p>Come è stato vergato sui muri: “o la sfiducia, o il sanpietrino”.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-33404135837692484282023-02-24T17:35:00.004+01:002023-02-24T17:35:50.951+01:00AMBIENTALISMO PER RICCHI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://cdn-img-o.facciabuco.com/198/x1k1xbxua1-l-ambientalismo-senza-lotta-di-classe-e-giardinaggio-chico-mendes-chico-mendes_a.jpg?c=1" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="369" data-original-width="480" height="308" src="https://cdn-img-o.facciabuco.com/198/x1k1xbxua1-l-ambientalismo-senza-lotta-di-classe-e-giardinaggio-chico-mendes-chico-mendes_a.jpg?c=1" width="400" /></a></div>Nel fracasso dove quotidianamente veniamo coinvolti nei notiziari,con un leit motive che ci accompagna esattamente da un anno e altri che vanno e vengono indirizzati dai giornalisti prezzolati,quello che riguarda l'ambientalismo e l'ecologia va a braccetto con la politica in maniera sempre più legata.<div>Da un lato la decisione di non prorogare il superbonus del 110%(anomalia matematica)legata all'efficientamento energetico delle abitazioni che ha provocato un innalzamento vertiginoso dei costi dei materiali edili e della manodopera e che adesso,dopo mesi di pance piene da parte di imprenditori e palazzinari vede un futuro tracollo fatto di fallimenti e di perdite di posti di lavoro(vedi il primo contributo di Contropiano: <a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2023/02/18/la-lotta-di-classe-tra-i-padroni-mette-in-crisi-il-governo-meloni-0157444">la-lotta-di-classe-tra-i-padroni-mette-in-crisi-il-governo-meloni</a> ).</div><div>Dall'altro la notizia della fine della produzione di auto a combustione benzina e diesel in Europa a partire dal 2035,una decisione nata per fare crollare le emissioni di anidride carbonica(vedi il secondo articolo:<a href="https://www.fanpage.it/politica/stop-auto-benzina-e-diesel-dal-2035-via-libera-definitivo-delleuropa-cosa-cambia/">www.fanpage.it stop-auto-benzina-e-diesel-dal-2035-via-libera-definitivo-delleuropa-cosa-cambia</a> ).</div><div>La prima norma per il supebonus negli ultimi mesi ha favorito,comunque con dei costi minimi per l'utente finale anche se non riconducibili ovviamente alla spesa totale,le classi più abbienti e che hanno la proprietà dell'immobile,con occasioni sprecate da parte delle Aler che potevano ottenere dei benefici quasi gratis e che non hanno avuto nulla.</div><div>Per quanto riguarda il discorso delle auto elettriche o ibride la rilevanza che solamente i più ricchi abbiano la possibilità di guadagnarci è ancora più lampante con autovetture che hanno costi minimi di ventimila Euro(per auto solo elettriche)inclusi bonus di rottamazione e incentivi statali,ma il discorso ormai è andato sui produttori cinesi e con quelli "italiani" che fin da subito hanno chiesto valangate di soldi per essere ancora aiutati(vedi Fiat-Stellantis che elemosina allo Stato,pronto a foraggiare).</div><div>Un vero e proprio regalo all'elite del paese(e dell'Europa)pensata non per i poveri che sono la grande maggioranza della platea di chi può permettersi il lusso ormai di possedere un'auto,che tra assicurazione,costo del carburante e bollo è davvero un'impresa mantenere dopo averla comprata.</div><div>E' questo l'ambientalismo dei ricchi,dove si protesta perché i palazzinari e gli imprenditori edili(non quelli onesti)sfruttano manovalanza anche in nero e in condizioni di sicurezza pari a zero,e quelli della "transizione ecologica"(vedi:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2021/05/ua-spennellata-di-verde-sul-nero.html">madn una-spennellata-di-verde-sul-nero</a> )vogliono farci credere che il problema dell'inquinamento e del cambiamento climatico si possa fare senza che si combatta il capitalismo.<p>La lotta di classe tra i padroni mette in crisi il governo Meloni.</p><p>di Dante Barontini</p><p>In assenza di una mobilitazione di massa di dimensioni adeguate, ci pensano i problemi economici concreti a minare l’egemonia (post?)fascista sul nostro paese.</p><p>Sembra quasi paradossale, ma il primo inciampo serio è arrivato su un terreno che appariva socialmente blindato: i costruttori edili. La decisione presa dal ministro leghista dell’economia, Giancarlo Giorgetti, ha seguito più la logica di Mario Draghi e dell’Unione Europea (ridurre il deficit previsto e quindi il debito pubblico futuro) che non quella caratteristica di tutto il centrodestra (favorire con soldi pubblici i settori sociali di riferimento).</p><p>La materia è parecchio intricata, visto che le norme che regolano il settore edilizio sono in gran parte antiche, derivanti da innumerevoli stratificazioni di provvedimenti susseguitisi nell’arco di 80 anni, ed in buona parte “nuovissime”, dopo la legge che istituiva il “superbonus” del 110% per le ristrutturazioni di case miranti a migliorarne l’efficienza energetica di almeno due “classi”.</p><p>Già Mario Draghi aveva minato questa parte della normativa, riducendo l’entità del superbonus per alcune tipologie di lavori, allo scopo di ridurre anche il carico per i conti pubblici. Generando così una marea di incertezze su quali meccanismi restavano praticabili, in un ginepraio di codicilli che inchiodavano nell’incertezza proprietari di immobili, imprese edili, banche, fiscalisti, commercialisti, geometri, Comuni.</p><p>Giorgetti, e quindi, il governo ha ora decretato lo stop totale alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura (restano attive solo le detrazioni fiscali), anche se non sarà un blocco immediato, perché i lavori già avviati avranno ancora a disposizione la possibilità di liquidare i bonus. Il che ovviamente rischia di far fermare tutti i progetti ancora sulla carta, che però hanno messo in moto impegni, contratti, indebitamenti, fatturato prevedibile, assunzioni, ordinativi. Con altrettanto ovvie ricadute sull’occupazione e le previsioni sulla crescita del Pil. Un bel casino…</p><p>Immediate le ricadute sindacali e politiche. Con Forza Italia che minaccia di non votare il provvedimento in aula neanche con la minaccia della “fiducia” (significherebbe far cadere il governo, o comunque comprometterne pesantemente la credibilità politica a soli quattro mesi dalla nascita).</p><p>Leghisti e fascisti sono più cauti ma comunque “malpancisti”, visto che rappresentano socialmente gran parte delle categorie danneggiate dallo stop al superbonus. I “Grillini” – principali fautori del superbonus, quando erano al governo – sono ovviamente all’attacco per rivendicare la “positività” del provvedimento in termini di Pil e occupazione.</p><p>E infine i sindacati complici – CgilCislUil – che si sono improvvisamente ridestati dal coma profondo che li caratterizza da decenni, al punto da minacciare scioperi accuratamente evitati per ogni altro tipo di problemi del lavoro.</p><p>La materia è complessa, dicevamo, ma rappresenta un primo test sui problemi innumerevoli posti dalla “transizione ecologica” ed energetica. Pochi giorni fa l’Unione Europea ha approvato definitivamente una cosiddetta “direttiva green” che obbligherà a migliorare l’efficienza energetica degli immobili portandoli tutti alla classe energetica “E” entro il 2030 e a quella “D” entro il 2033.</p><p>Uno sforzo e costi enormi per paesi come il nostro, caratterizzati da un patrimonio immobiliare “storico” (la grande tradizione medioevale e rinascimentale dei centri storici), oppure semplicemente sciatto (l’autocostruzione di necessità) o speculativo (i palazzinari” italiani non hanno nulla da invidiare a quelli turchi, alla prova-terremoto).</p><p>Per di più, la folle politica edilizia seguita negli ultimi 40 anni (annullare l’edilizia popolare, liberalizzare il mercato degli affitti, “costringere” chiunque lavorasse a comprare almeno la casa di abitazione) ha creato una situazione in cui quasi l’80% della popolazione risulta ormai proprietario almeno di un appartamento.</p><p>Lavoratori, insomma, ma “proprietari”. Un dato che ha favorito certamente anche l’identificazione di tanti di loro con la “classe media”, i suoi valori reazionari, le sue fisime “securitarie”, il suo individualismo di m….</p><p>Lavoratori, comunque, con i salari fermi a 30 anni fa, o addirittura diminuiti. Che dunque non hanno poche o nessuna possibilità di realizzare i lavori di ristrutturazione edilizia necessari a raggiungere gli obiettivi fissati in sede europea. E che, non mettendosi al passo, si ritroveranno con immobili pesantemente svalutati o addirittura invendibili per legge (ci sono ancora incertezze, sul punto).</p><p>Ergo: come si fa a ristrutturare tutto questo immenso patrimonio?</p><p>La pensata grillina del superbonus sembrava un accenno alla soluzione, addirittura in anticipo sulla tempistica europea (se ne parlava da anni, in quelle sedi), ma con il “piccolo difetto” di scaricare quasi per intero il costo dell’operazione sul debito pubblico.</p><p>Non entriamo ora nei complessi calcoli richiesti dagli “effetti di ritorno” su quegli stessi conti in termini di tasse derivanti dall’aumento del fatturato delle imprese e dai salari dei nuovi occupati, e che riducono anche in modo consistente gli importi per le casse dello Stato.</p><p>Ma è certo che a breve termine sforamenti anche pesanti ci sarebbero stati. Magari non i 110 miliardi sbandierati dal ministro leghista dell’economia, ma cifre grosse sì…</p><p>Non a caso la seconda mossa decisa da Giorgetti ha riguardato il divieto per le pubbliche amministrazioni ad acquistare crediti derivanti dai bonus edilizi. In pratica, proprio per colpa delle “mine” piazzate sotto il superbonus dal governo Draghi, i Comuni – dalla Regione Sardegna a Treviso – stavano cominciando ad acquistare i crediti che le banche non ritenevano più così sicuri, in modo da garantire che le imprese potessero eseguire i lavori già contrattualizzati ma non partiti.</p><p>Anche questo, naturalmente, avrebbe aumentato il deficit pubblico, anche perché molti Comuni – che hanno subito tagli drastici nei trasferimenti dallo Stato centrale – hanno bilanci già disastrati.</p><p>Un caos esponenziale, dunque, che i fascisti di governo hanno cercato di risolvere alla loro maniera: bloccare tutto.</p><p>Sarebbe da ridere se la rivolta sociale partisse grazie alla frantumazione del “blocco sociale reazionario” e piccolo borghese. Ma la Storia fa di questi scherzi…</p><p>---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------</p><p>Stop auto benzina e diesel dal 2035, via libera definitivo dell’Europa: cosa cambia.</p><p>Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente la misura che prevede che, dal 2035, sarà vietato in Europa vendere nuove auto con motore a benzina o diesel. Il voto è arrivato dopo mesi di trattative. Ecco cosa dice la norma e cosa cambierà per gli automobilisti.</p><p>A cura di Luca Pons</p><p>Dal 2035 non si potranno più vendere auto e furgoni con motori a benzina o diesel, in Europa. Il Parlamento europeo ha dato oggi il via libera definitivo alla misura, che ha l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 e fa parte del pacchetto di misure ‘green' chiamato Fit for 55. I voti sono stati 340 a favore, 279 contrari e 21 astenuti.</p><p>La nuova norma stabilisce il percorso che si dovrà seguire per azzerare le emissioni di CO2 delle nuove auto e i nuovi furgoni. È previsto anche un obiettivo intermedio: entro il 2030 le emissioni complessive dovranno essere ridotte del 55% per quel che riguarda le auto e de 50% per i furgoni, rispetto ai livelli del 2021. Entro il 2025, sarà compito della Commissione europea presentare un metodo per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 da misurare. Entro il dicembre 2026, poi, sarà monitorata la differenza tra i valori-limite e i dati reali di consumo di carburante.</p><p>La legge era in lavorazione da tempo, ma l'accordo nella sua forma attuale è stato definito lo scorso ottobre. Il governo italiano di Giorgia Meloni si è detto più volte contrario alla misura, specialmente con il ministro dei Trasporti e leader della Lega Matteo Salvini, che in diverse occasioni ha affermato che la misura sarebbe stata "un regalo alla Cina". Eliminare le auto con motore a combustione entro 12 anni, per Salvini, sarà un "suicidio economico e sociale" che porterà a "distruggere lavoro e industrie europee e italiane per regalarle alla Cina". In campagna elettorale Salvini aveva anche promesso un referendum per bloccare la norma, che poi è sparito.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-33970706214739076992023-02-14T18:03:00.004+01:002023-02-14T18:03:39.325+01:00LA VERITA' DI BERLUSCONI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.ilriformista.it/wp-content/uploads/2023/02/berlusconi-meloni-zelensky-putin-900x600.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="267" src="https://www.ilriformista.it/wp-content/uploads/2023/02/berlusconi-meloni-zelensky-putin-900x600.jpeg" width="400" /></a></div>Con la sua dichiarazione al di fuori del seggio elettorale per le regionali Berlusconi ha esternato il pensiero della maggior parte degli italiani che vogliono la parola fine alla guerra in Ucraina con lo stop immediato dell'invio di armi e di denaro al boia Zelensky e lo fa conoscendo quello che è accaduto in quelle zone sin dal 2014.<div>Se poi prezzemolino vuole proseguire la guerra bisognerà costringerlo a sedere al tavolo delle trattative accantonando le sue ambizioni e agendo anche contro il suo parere:nell'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2023/02/13/sulla-guerra-in-ucraina-berlusconi-dice-quello-che-il-paese-pensa-0157286">sulla-guerra-in-ucraina-berlusconi-dice-quello-che-il-paese-pensa</a> )il piano dell'ex premier puttaniere che stavolta ci ha visto giusto,e quando si parla di Putin raramente parla a vanvera.</div><div>Un governo tutto coeso tranne rare e sporadiche eccezioni vuole l'impoverimento degli italiani che già da quindici anni subiscono una recessione infinita,e quando si era visto uno spiraglio in fondo al tunnel dopo la faccenda pandemia ecco l'illogica difesa degli interessi ucraini che per anni hanno massacrato i russi nel proprio territorio costretti al guinzaglio dell'Ue e dalla Nato.</div><div>E' comunque uno dei pochi politici europei di un certo potere(anche la Merkel)a dire il vero sugli accordi di Minsk e su quello che la contro informazione cerca di portare alla luce nonostante il muro del giornalismo di regime sia nostrano che europeo.</div><div>Lo stesso Zelensky,cocainomane conclamato,continua a fare ribaltoni settimanali nel proprio governo silurando ministri e stretti collaboratori come cambia le mutande,e i recenti sondaggi vedono gli italiani sempre più convinti a porre fine al conflitto senza scendere alle sue condizioni.</div><div>Da far notare che stavolta i guerrafondai,o almeno chi punta di più sull'invio di armi e soldi al burattino ucraino,sono i seguaci del Pd che a braccetto dei loro amici democratici statunitensi sono per i massacri e per l'inasprimento del conflitto,con l'elettorato della destra che nonostante i loro capoccia sbraitino per la vittoria completa dell'Ucraina vedono molto bene la fine della guerra e da ora.</div><div><div><div><p>Sulla guerra in Ucraina Berlusconi dice quello che il paese pensa.</p><p>di S.C.</p><p>“Parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.</p><p>Le parole di Berlusconi all’uscita dai seggi elettorali, sono piovute come una pietra sull’imbalsamato e compulsivo dibattito politico in Italia sulla guerra in Ucraina.</p><p>A pochi giorni dall’incontro, a Bruxelles, tra la premier Meloni e il presidente ucraino, il Cavaliere avanza una chiave di lettura e una via d’uscita completamente diversa da quella fin qui indicata dal “Partito trasversale della guerra”.</p><p>Secondo Berlusconi nel conflitto russo-ucraino “per arrivare alla pace penserei che il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli che è a sua disposizione dopo la fine della guerra con un piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Un piano Marshall dai 6 ai 9mila miliardi di dollari, a una condizione: che tu (Zelensky, ndr) domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare a un cessate il fuoco”.</p><p>Di fronte a queste dichiarazioni che hanno circolato abbondantemente in tutta la sonnecchiosa domenica elettorale, i primi a imbizzarrirsi sono stati i guerrafondai del Pd e della banda Calenda &c.</p><p>La presidente dei senatori democratici, Simona Malpezzi, si è rivolta alla Meloni chiedendole se è d’accordo con le parole pronunciate da Berlusconi sulla guerra in Ucraina. Poi è arrivato anche Carlo Calenda secondo cui “Berlusconi ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani, in totale contrasto con Ue, il governo di cui fa parte e il ministro degli Esteri che è anche espressione del suo partito. Pessimo“.</p><p>A metterci una pezza ci ha provato il ministro degli Esteri Tajani il quale ha ribadito che: “Forza Italia è da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della NATO e dell’Occidente. In tutte le sedi – assicura Antonio Tajani – continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma”. Diversamente da Tajani che nel governo è ministro e vicepresidente, i capogruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato hanno sostenuto le dichiarazioni del loro Berlusconi. M5s e Lega invece hanno preferito non commentare. Un silenzio che non è rimasto inosservato.</p><p>Ma perché Berlusconi – ed è la terza volta – è intervenuto così apertamente contro la guerra in Ucraina e lo stesso Zelenski? Tra l’altro affermando alcune verità sugli accordi di Minsk sabotati da Kiev e dall’Occidente ribadite poi anche dalla Merkel.</p><p>Se è noto il feeling con Putin da parte di Berlusconi, occorre ammettere, diversamente dal resto del ceto politico di destra o del Pd, che il Cavaliere ha dimostrato e dimostra di conoscere meglio degli altri il senso comune prevalente nel paese, anche verso la guerra in Ucraina in cui i governi Draghi e Meloni ci hanno trascinato da un anno.</p><p>Tutti i sondaggi, con una straordinaria continuità da un anno a questa parte, confermano che la maggioranza della popolazione non vuole che l’Italia sia coinvolta nella guerra, non vuole che l’Italia invii armi all’Ucraina e vuole invece che si persegua la strada del negoziato, anche contro il parere di Zelenski.</p><p>Il Cavaliere si vede che i sondaggi li legge ed è più scaltro degli altri nell’adeguarsi al sentiment della società. Una spina in più sul terreno del governo ma anche l’occasione, dopo un anno, per invertire la corsa all’escalation militare in cui l’esecutivo sta trascinando il paese.</p><p>Anche per questo il 25 febbraio saremo in piazza contro a Genova per la manifestazione nazionale chiamata dai portuali che alla guerra si sono opposti concretamente.</p></div></div></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-32433928580954443962023-01-31T18:14:00.002+01:002023-01-31T18:14:39.015+01:00QUANTO FA PAURA UN SOLO UOMO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://citynews-milanotoday.stgy.ovh/~media/horizontal-mid/39862533895746/anarchici-cospito-a-torio-41-bis.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="640" height="225" src="https://citynews-milanotoday.stgy.ovh/~media/horizontal-mid/39862533895746/anarchici-cospito-a-torio-41-bis.jpg" width="400" /></a></div>La grande spettacolarizzazione mediatica che sta avendo la vicenda di Alfredo Cospito suona come un'ostinata campagna di propaganda di odio da parte dello Stato contro gli anarchici e contro le proteste che si stanno allargando non solo in Italia ma nel resto dell'Europa.<div>A farne da megafono un giornalismo quasi tutto schierato dalla parte del governo e della magistratura che hanno gli occhi iniettati di sangue e di vendetta,con discorsi diffamatori e a senso unico in difesa delle istituzioni senza se e senza ma.</div><div>Questo "leader" degli anarchici(già solo questa dichiarazione ci fa capire dell'idiozia di troppi giornalisti)è diventato il mostro da sbattere in prima pagina dopo Messina Denaro,è un simbolo che fa paura e molta allo Stato,perchè se ci si accanisce così tanto contro un uomo devastato nel fisico ma non nello spirito un motivo c'è,ed è che lo Stato si caga in mano perché se ci si unisce tutti questi tracollano.</div><div>L'altro lato della medaglia ampiamente indicato dall'esecutivo Meloni non solamente nei primi cento giorni di vergogna e di accanimento contro i più deboli ma anche durante tutta la campagna elettorale,sta nel fatto che questi ci vanno e ci andranno giù pesante con le manifestazioni poiché ogni protesta sarà giudicata come un atto terroristico con tutto quello che ci sta dietro in fatto di denunce e di condanne.</div><div>Nell'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2023/01/31/alfredo-cospito-il-supplizio-invisibile-della-tecnocrazia-carceraria-0156697">alfredo-cospito</a> )un'analisi corretta sulla sete di rivalsa dello Stato in primis contro gli anarchici,facendo tornare la cronaca indietro non di decenni ma anche di un secolo e più dove non si tratta nulla e non si concede niente,con il regime carcerario del 41 bis che ben presto si allargherà per reati decisamente non gravi e pericolosi come lo faranno percepire sia i servi dello Stato che il giornalisti che gli fanno da stampella.</div><div><p>Alfredo Cospito: il supplizio invisibile della tecnocrazia carceraria.</p><p>di Vincenzo Morvillo</p><p>Alfredo Cospito, in sciopero della fame oramai da mesi, è giunto ad un punto quasi irreversibile per le sue condizioni di salute.</p><p>Una morte lenta ed autoinflitta per inedia, che si sta consumando nel silenzio e nell’indifferenza pressoché totale della maggior parte della comunità e dei media.</p><p>Una morte assurda, direi addirittura quasi grottesca – come quella descritta nel finale de Il Processo da Kafka – causata da una legislazione spietata, tenuta in piedi, per ignobili principi di ragion politica, da un Parlamento e una Magistratura, trasversalmente di destra e di sedicente sinistra, assetati di sangue e vendetta.</p><p>E assurdo, grottesco, cinico – ancor più improntato al godimento sadico che caratterizza, da sempre, la microfisica del potere liberale, con il suo disciplinamento biopolitico – appare il trasferimento di Alfredo, dal Bancali di Sassari all’Istituto detentivo milanese di Opera, predisposto ieri dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.</p><p>Una decisione maturata a seguito dell’allarme, lanciato dalla dottoressa di fiducia di Cospito, Angelica Milia, la quale aveva sostenuto che il detenuto «è a forte rischio fibrillazione», e che ha il solo scopo di monitorarne le condizioni di salute, per poi rispedirlo, sano, al carcere duro.</p><p>Dietro le mura di quella cella nella quale consumarsi. Solo, senza relazioni, senza umanità!</p><p>Lo hanno ribadito, tronfi ed orgogliosi della loro spietatezza, il Ministro degli esteri Antonio Tajani, il quale si augura «che venga confermato il carcere duro a Cospito» e il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, il quale rigetta l’ipotesi di clemenza per l’anarchico detenuto in regime 41 bis nel carcere di Sassari.</p><p>«Per quanto riguarda l’aspetto politico – ha detto Delle Vedove – non si arretra sul 41 bis e sull’ergastolo ostativo. Sono strumenti speciali per affrontare mafia e terrorismo anarchico L’applicazione attiene alla magistratura, ma noi non la priveremo mai di questo strumento».</p><p>Una riedizione aggiornata, ma ben più meschina e surreale – considerate le forze in campo – di quel fronte della fermezza, andato in scena quarant’anni or sono, e che condannò a morte il Presidente della Dc, Aldo Moro, per mano delle Brigate Rosse.</p><p>Le parole sono le stesse: “Senza condizioni”, “Lo Stato non tratta”. Salvo poi averli fatti per tutto il ‘900 e oltre, le trattative e i patti, quando tornava comodo. Con la criminalità organizzata o coi fascisti.</p><p>Cospito insomma, rappresenta – che muoia o meno – l‘ennesima barbarie di uno Stato italiano di matrice ottocentesca che, ergendosi ad entità etica, concepisce sé stesso come un dio infallibile e implacabile, la cui mano belluina può decidere della vita e della morte di chiunque.</p><p>E, come qualunque squallida divinità, si ritiene in diritto di distribuire pene e assoluzioni, costrizioni e libertà, secondo codici che promanano dalla sua stessa empirea crudeltà.</p><p>Per di più, nell’ipocrita presunzione del “rispetto dei diritti umani”. Diritti divenuti sofismi linguistici vuoti e praticati solo secondo opportunismo e convenienza.</p><p>Astrusa cultura giudaico-cristiana, vindice e oscura, modella l’inconscio collettivo di questo Paese. Che parla di amore e compassione, ma si nutre di odio!</p><p>Cultura e codici definiti, ça va sans dire, per garantire e proteggere i soli sacerdoti di questo Stato. Ovverosia, le classi privilegiate e dominanti.</p><p>Un Leviatano hobbesiano che, abbandonate oramai le sue velleità liberali, s’impone come entità assoluta, il cui discorso assume, irrimediabilmente ad ogni pronuncia, incontrovertibile “forza di legge”.</p><p>Kantiana e imprescindibile legge moloch. Ma ciò che più conta, immutabile ed eterna.</p><p>E così, chiunque contesti questa presunta entità spirituale, finisce per essere assimilato, hic et nunc, ad un assassino di dio. Un eretico da punire secondo le più fanatiche norme dell’Inquisizione di Stato.</p><p>Norme scritte sulle tavole in pietra del Capitale, del Mercato, del Profitto. Norme dettate da autoproclamati padroni del cielo, di cui solo i servitori del consumo e il clero in camicia bianca, potranno godere.</p><p>Accolti così, nella luce accecante che emana oltre le Porte della Legge.</p><p>Gli altri, gli eretici, i contestatori, i marginali, gli inadeguati, gli scarti del sistema, gli ultimi, i proletari, sono destinati a rimanerne esclusi e a perire nell’anonimato di classe. O, qualora osassero alzare la voce e bestemmiare, ad essere rinchiusi nelle sacre prigioni del Castello.</p><p>Qui, tra le ombre oscure delle celle, neanche più la rieducazione, la riprogrammazione della coscienza è consentita.</p><p>Solo l’abbrutimento umano e la cancellazione di ogni dignità. Se va bene, naturalmente. Altrimenti, si viene murati vivi.</p><p>Come in un racconto di Edgar Allan Poe, infatti, lo Stato borghese, infallibile e implacabile, ama l’orrore. Dell’orrore fa la sua forza e il suo credo.</p><p>Non espone più, come ci raccontava Foucault in “Sorvegliare e Punire”, il corpo del condannato in pubblica piazza, per lasciare assistere la popolazione al supplizio, quale monito di pena possibile.</p><p>Oggi, “più civilmente”, la tecnocrazia carceraria nasconde agli occhi della comunità, dietro le sbarre di un penitenziario speciale, la carne e la psiche del condannato alla morte in vita.</p><p>Si preserva la società dall’orribile dolore del supplizio, inflitto con sadico piacere benpensante. Attribuendo a quest’orrore, un asettico simbolo matematico: 41Bis.</p><p>Vergogna di un dio raziocinante e scientifico, progredito e tecnologicamente avanzato. La cui bava fetida emana rancido odore di sangue antico. Rappreso sulle mura di ogni Panopticon, di ogni Bastiglia, di ogni Alcatraz, di ogni Asinara.</p><p>Monumenti alla Pena liberale, eretti nel democratico occidente da inquietanti architetti del supplizio, del tormento, dello strazio. Della Morte.</p><p>Alfredo Cospito lotta e lentamente muore oggi, nell’Italia del mantra “democraticista”, in ragione di un reato la cui veste giuridica i tecnici del diritto hanno cucito e confezionato per il suo solo corpo.</p><p>Strage contro lo Stato – e dunque contro dio – laddove strage non vi è stata.</p><p>Quel corpo che lui, in piena coscienza, sta lasciando morire. Tra gli spazi claustrofibici e inumani del 41bis.</p><p>Alfredo -eucarestia non voluta su un territorio culturale sospeso tra laicità mai realizzata e teologia imperante- è un corpo sacrificale che i farisei nazionali stanno immolando sull’altare di un efferato e iniquo senso di giustizia.</p><p>Alfredo s’immola come un “capro che canta” -τράγος ᾄδω- la sua tragedia. Una tragedia non solo personale, ma di tutti i condannati all’ergastolo ostativo e al carcere duro. Senza distinzione di sorta.</p><p>Perché anche Riina, Provenzano, Cutolo, Matteo Messina Denaro hanno diritto ad essere considerati esseri umani.</p><p>L’aver commesso dei reati, anche efferati, non può eliminare lo status di umanità. Uno status che vige a prescindere dal principio di legalità che informa un qualunque Stato.</p><p>Altrimenti, a seconda dei casi, ciascuno può disumanizzare a piacere il proprio presunto nemico. Un criterio di discrezionalità che ha un nome ben preciso. Nazismo.</p><p>Un nazismo tecnocratico, che oggi sembra permeare l’intera società occidentale.</p><p>Per questo, continuiamo ad invocare la libertà per Alfredo Cospito. E continuiamo ad opporci fieramente – marxisti, comunisti o anarchici che sia – al 41 bis. Senza distinguo di sorta!</p><p>Alfredo Cospito Libero. No al 41 bis. No all’ergastolo ostativo. No alle carceri</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-65176339229393109062022-12-09T16:40:00.000+01:002022-12-09T16:40:13.575+01:00PARTEGGIARE<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://img.freepik.com/premium-vector/flag-russia_46342-65.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="418" data-original-width="626" height="267" src="https://img.freepik.com/premium-vector/flag-russia_46342-65.jpg" width="400" /></a></div><br />Questo post più volte rinviato per troppi motivi che non sto qui ad elencare viene dopo un lungo vaglio di poche informazioni obiettive e imparziali,molte di parte(qualsiasi schieramento è stato preso in esame)e quelle che tutt'ora siamo abituati a sentire quotidianamente sia alla televisione che a leggere sui giornali,cioè quelle che indiscutibilmente hanno un senso unico nella stragrande maggioranza dei casi.<p></p><p>Il conflitto che si sta combattendo tra le forze russe ed ucraine per i più è storia recente e iniziate questo febbraio,mentre pochi ma ben informati sanno che la guerra è cominciata sempre a febbraio ma nel 2014,e già da anni le ostilità stavano già fermentando solamente che i mass media internazionali non vi hanno prestato molta se non nessuna attenzione.</p><p>Che la maggior parte della popolazione voglia la pace in questo ed in altri scontri è un fatto assodato,è questa anche la mia speranza,ma da che mondo è mondo ci sono degli interessi che pian piano stanno recependo anche chi non è avvezzo a fare ragionare la propria testolina,che vanno al di sopra dell'armonia tra i popoli,persone e nazioni(ma anche delle congreghe di Stati)che hanno bisogno costante di una guerra,di molte guerre.</p><p>E' per questo che parlando di conflitto,le cifre attuali discordano tra vere e proprie battaglie con morti e feriti a schermaglie o rivendicazioni,(comunque si parla tra una ventina e una cinquantina di guerre in corso in tutto il mondo)prendo per esempio quello che si offre tutti i giorni quello tra la Russia e l'Ucraina,e come immagine per questo contributo ho scelto la bandiera russa perché è da quella parte che sento di dovere parteggiare.</p><p>Ormai in uno Stato e in un occidente che "tifa" per gli ucraini,la mia ricerca personale e la mia raccolta di informazioni,ma anche la mia coscienza nell'evidenza che questo scontro deve comunque avere un vincitore non necessariamente annientando l'altra parte(è quello che mi auguro sinceramente perché dovesse accadere un fatto simile sarebbe una catastrofe planetaria)ma comunque ponendo una bella ridimensionata alle aspettative di una delle parti in gioco,il mio sostegno sta dalla parte della Russia.</p><p>Come si evince da quello scritto fino adesso porre come simbolo la bandiera della pace per non parlare dell'inflazionata effige ucraina sarebbe sbagliato,in quanto quest'ultimo vessillo è ciò che non mi rappresenta in maniera assoluta sia come pensiero ideologico che politico,mentre quella che può essere legittima della pace in realtà nasconde numerose lacerazioni ed ipocrisie,dove spesso chi la sventola e la ostenta in realtà non è imparziale ma vuole la sconfitta russa.</p><p>Quanti di tutti gli uomini e donne che conosciamo e che hanno postato l'immagine della pace sui social o appeso la bandiera sui loro balconi,nelle abitazioni,nei comuni e nei luoghi di lavoro e nelle varie associazioni perseguono veramente il fine pacifista?Quanti di loro appoggiano partiti e movimenti che foraggiano in Parlamento(anche quello precedente alle ultime elezioni)soluzioni per prolungare la guerra,inviare armi,sancire sanzioni contro la Russia,contro il popolo russo,contro la cultura russa?</p><p>E' bene dire che i due governi che si sono avvicendati nel 2022 su questo tema sono sempre stati compatti nelle decisioni russofobe,hanno sempre trovato la quadra senza troppe discussioni e battibecchi,sono sempre stati servili all'Unione Europea,alla Nato ed agli Stati Uniti,che sono i veri vincitori di questa guerra comunque vadano a finire le cose.</p><p>Perché l'abbiamo capito tutti che le sanzioni,le multe ed i divieti imposti a Mosca stanno devastando la nostra economia e quella di gran parte del mondo occidentale,miliardi di Euro per armare l'Ucraina mentre milioni di italiani fanno fatica a fare la spesa e a pagare le bollette,razionano il cibo e il riscaldamento per sostenere una nazione governata da pagliacci e nazisti nelle decisioni sia teoriche che pratiche,che per quasi un decennio hanno compiuto atrocità verso i russi che abitano in Ucraina e nel Donbass.</p><p>La memoria corta è un patrimonio evidentemente non solo italiano ma di tutte le nazioni che hanno visto in questa guerra una fonte sulla quale speculare e lucrare,ovviamente per una ristretta cerchia di criminali(altro che persone),in una campagna d'odio senza precedenti che ha stufato me già dalle prime settimane di notizie false e servizi di giornalisti prezzolati parziali ed unilaterali,ma ogni giorno che passa le fandonie che continuano a passarci per alcuni diventano sempre più verità,ma fortunatamente per altri restano quello che sono:vergognose falsità.</p><p><br /></p>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-40551086881911982492022-08-20T18:00:00.002+02:002022-08-20T18:02:02.634+02:00LA STRAGE DI AYOTZINAPA FU STRAGE DI STATO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.antimafiaduemila.com/images/stories/manifestazioni/2020/ayotzinapa-desaparecidos.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="444" data-original-width="800" height="222" src="https://www.antimafiaduemila.com/images/stories/manifestazioni/2020/ayotzinapa-desaparecidos.jpg" width="400" /></a></div>E' giunta quasi come una sorpresa,almeno noi abituati agli standard italiani,la notizia arrivata dal Messico che vede l'arresto dell'ex procuratore generale Karam e quello di altri 64 criminali tra poliziotti,militari e narcotrafficanti del Guerreros Unidos.<div>Lo stesso Karam era stato messo a capo delle indagini sulla scomparsa di 43 studenti spariti a Ayotzinapa nello Stato del Guerrero nel settembre del 2014 mentre con un pullman si stavano recando per una manifestazione nella capitale Città del Messico(vedi:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2015/06/il-voto-messicano.html">madn il-voto-messicano</a> sulle elezioni del 2015 in Messico dove i comitato dei genitori e dei parenti dei 43 desaparecidos influirono moto sul sabotaggio di quella tornata elettorale).</div><div>Sin dalle prime ore si era pensato ad un sequestro ed alla successiva morte e sparizione dei cadaveri poi bruciati come appurato nelle successive indagini chiuse in fretta e furia da Karam,e dopo "solo" otto anni si è giunti a questo verdetto che ha certificato che la strage di Ayotzinapa è stata ina strage del narcostato messicano.</div><div>Articolo preso da Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/08/20/messico-arrestati-giudice-militari-poliziotti-e-narcos-per-la-strage-di-ayotzinapa-0151840">la-strage-di-ayotzinapa</a> ).<br /><p>Messico. Arrestati giudice, militari, poliziotti e narcos per la strage di Ayotzinapa</p><p>di R.C.</p><p>E’ stato arrestato l’ex procuratore generale nazionale, Jesus Murillo Karam, il giudice incaricato di indagare sulla sorte dei 43 studenti ‘desaparacidos’ nel 2014 ad Ayotzinapa ma che archiviò tutto. Insieme a lui sono stati arrestati anche 64 fra militari, poliziotti e sicari di un cartello del narcotraffico.</p><p>Gli arresti sono avvenuti il giorno successivo alla pubblicazione del rapporto della commissione d’indagine sulla strage di Ayotzinapa che parla di “delitto di Stato”, cioè del sequestro e dell’assassinio degli studenti da parte dai narcotrafficanti ma con la complicità di giustizia e forze dell’ordine.</p><p>Il caso di Ayotzinapa “è stato un crimine di Stato”, in quanto “tutte le autorità federali, statali e municipali sono state informate” di quanto stava accadendo la notte del 26 settembre 2014 senza intervenire per impedire la “sparizione e l’omicidio” dei 43 studenti della Scuola Normale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa, Guerrero, ha dichiarato il sottosegretario ai Diritti Umani dell’Interno, Alejandro Encinas, in occasione della presentazione del rapporto della Commissione per la Verità e l’Accesso alla Giustizia sul caso Ayotzinapa.</p><p>Quasi otto anni dopo i fatti, Encinas ha sottolineato ai genitori degli studenti che la scomparsa dei loro figli è stata “insabbiata ai massimi livelli”, poiché le autorità dei tre livelli di governo sapevano in tempo reale “del prelievo dei camion, del trasferimento degli studenti a Iguala, del loro arrivo al Rancho del Cura e alla stazione degli autobus di Iguala, del loro arrivo alla stazione degli autobus, della persecuzione e della violenza di cui sono stati vittime” da parte del cartello Guerreros Unidos.</p><p>Il giudice arrestato, Murillo Karam nel 2015 (il presidente era Enrique Pena Neto) chiuse l’indagine affermando su di essa la cosiddetta “Verità storica”, che venne respinta e rifiutata dai familiari dei 43 studenti spariti nel nulla la notte fra il 26 e 27 settembre 2014 nello stato di Guerrero dopo aver prenotato dei pullman per partecipare a una manifestazione a Città del Messico.</p><p>Da quanto emerso dalle successive indagini, gli studenti furono arrestati da poliziotti corrotti e consegnati alla criminalità organizzata locale del cartello definito come “Guerreros Unidos” che , per motivi non completamente chiariti, li avrebbe uccisi e fatto sparire i cadaveri bruciandoli in una discarica. Solo i resti di tre di essi furono trovati e identificati.</p><p>Tutti gli arrestati, incluso l’ex procuratore generale Murillo Karam, sono accusati di “collusione con il crimine organizzato, sequestro di persona, tortura, omicidio e ostruzione della giustizia. La ‘Verità storica’ del 2015 avrebbe omesso la responsabilità di militari corrotti e di altre istituzioni pubbliche, che è stata invece accertata dalla “Commissione per la verità su Ayatzinapa”, messa in piedi dall’attuale presidente messicano, Andrés Manuel Lopez Obrador, e guidata dal sottosegretario agli Interni, Alejandro Encinas.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-6205114815211331162022-08-10T18:01:00.001+02:002022-08-10T18:01:21.929+02:00DAL 2007 CONTRO I LAVORATORI E CONTRO IL POPOLO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://static.fanpage.it/wp-content/uploads/sites/28/2022/03/letta-manifesto-fake-russia-pd-1200x1200.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="320" src="https://static.fanpage.it/wp-content/uploads/sites/28/2022/03/letta-manifesto-fake-russia-pd-1200x1200.jpg" width="320" /></a></div>Manca poco più di un mese a quelle che saranno forse,quasi certamente fino ad ora,delle elezioni politiche caratterizzate da continui spostamenti sia di personaggi politici che di partiti,con abbracci fraterni subito cancellati da pugnalate alle spalle e non,con le solite promesse mai mantenute e che pur continuiamo a risentire da quasi trent'anni fin da quando è morta la prima repubblica.<div>Un uso cattivo e spropositato dei termini destra,centro e sinistra,dove personalmente ritengo che le vere forze di sinistra siano ridotte al lumicino sia per candidature che per esposizione mediatica(e va da sé che pure il risultato elettorale sarà proporzionale),dove vedo grandi numeri per la destra estrema e per i partiti vicini mentre il centro galleggia verso una sostanziale sconfitta.</div><div>L'analisi proposta dall'articolo di Left da parte dello storico Piero Bevilacqua(<a href="https://left.it/2022/08/10/breve-storia-del-pd-le-sue-responsabilita-di-ieri-e-di-oggi-per-la-crisi-sociale-del-paese/">breve-storia-del-pd</a> )pur se come evidenziato dal titolo è una piccola parte di quello fatto e soprattutto non affrontato dal Pd dalla sua fondazione avvenuta nel 2007.</div><div>Si parla soprattutto del mondo del lavoro tralasciando la scuola e la sanità e accennando qualcosa alla giustizia ed alla politica estera,e tuttavia nella relativamente breve vita di questo partito nato principalmente dalla fusione dei Ds e della Margherita ha avuto parecchi anni di vita al governo del paese(un'intera legislatura con i vari Letta,Renzi e Gentiloni)e quando non è stato direttamente al potere ha comunque suffragato i governi Monti,Conte(il secondo mandato)e Draghi.</div><div>I disastrosi risultati portati a casa sono sotto gli occhi di tutti,con un partito che al posto di essere al fianco della classe operaia è suo nemico,che al posto di combattere la povertà combatte i poveri e che nelle decisioni topiche ha sempre aiutato le classi più abbienti soprattutto con le tasse.</div><div>Non ci vedo nulla di sinistra in tutto questo,tralasciando i tagli lineari alla sanità e alla scuola pubblica,e vedo nei job acts,nell'abolizione dell'articolo 18 e nella perdita sempre più emorragica dei diritti sindacali(con la complicità attiva e complice delle sigle confederali),per non parlare di personaggi come Minniti che hanno svolto semplicemente una politica di destra riguardo la giustizia sociale.</div><div>Nell'ambito lavorativo in tutta Europa siamo quelli che ce la passiamo peggio sia come reddito che non riesce a tenere il passo del carovita che come normative antinfortunistiche e lavoro in nero e ampiamente sottopagato.</div><div>Un accenno visto che non se ne parla direttamente nell'articolo lo merita anche la questione ambientale con la transizione ecologica al palo ed un ritorno alle energie non rinnovabile strizzando l'occhio al nucleare ed un consumo di suolo sempre bello presente nonostante le troppe parole spese per fare sembrare il contrario.</div><div>Il problema che più si è comunque ampliato e che raccoglie quello descritto qui sopra rimane quello della diseguaglianza sociale ed economica,con la forbice tra il ricco e il povero sempre più ampia e con interventi mirati proprio a far diventare chi se la passa più male a sopravvivere sempre peggio mentre l'abbiente ha sempre più prestigio,con una mano che taglia le risorse al popolo e l'altra che aumenta le spese per la guerra.</div><div>Concludo nel citare pure tutti i partiti messi all'angolo e talvolta riesumati per meri accordi elettorali che sono satelliti che saltuariamente(anche in questa campagna elettorale)girano attorno al pianeta Pd salvo poi saltare fuori la disillusione degli elettori(per quanto riguarda i politici qualche poltroncina risulta sempre libera)per accorpamenti morti già prima di nascere.</div><div>E così che le varie sigle di questo firmamento alcune ancora presenti altre meno (Rifondazione,Si,Sel,Leu,Pci,le varie campagne per Ingroia,Tsipras,De Magistris)pur nella loro lotta non riescano,se non a carattere locale,ad avere voce in capitolo al governo per fare cambiare l'idea ad un popolo che ritengo sempre più compromesso a livello mentale.</div><div><div><p>Breve storia del Pd: le sue responsabilità (di ieri e di oggi) per la crisi sociale del Paese.</p><p>di Piero Bevilacqua -10 Agosto 2022</p><p>Da quando è nato, nel 2007, il Partito democratico si è sempre più allontanato dal mondo del lavoro e dai ceti popolari abbracciando un pensiero neoliberale che ha mostrato tutti i suoi limiti nella difesa dei diritti e nella lotta per la giustizia sociale</p><p>Occorre di tanto in tanto fermarsi e guardare indietro, fare un po’ di storia, per capire come siamo arrivati sin qui. E un buon filo d’Arianna per districarsi nel labirinto della cronaca carnevalesca di oggi è la vicenda del Partito democratico. Nato nel 2007 dalla fusione dei Democratici di sinistra e della Margherita, è stato sino al 2018 il maggiore partito italiano e, con alcune interruzioni, nel governo della Repubblica per quasi 9 anni. L’intera XVII legislatura coperta con i governi Letta-Renzi-Gentiloni. In tutto 15 anni che, per i tempi della politica, per le sorti di un Paese, costituiscono una stagione abbastanza lunga perché sia possibile valutarne le responsabilità.</p><p>Comincio col rammentare che, erroneamente, questa formazione è stata sempre considerata l’amalgama di due grandi eredità politiche, quella comunista e quella democristiana. Non è così. Tanto i dirigenti comunisti che quelli cattolici, prima di fondersi, avevano subìto una profonda revisione della loro cultura originaria. Prendiamo gli ex comunisti. Dopo il 1989 essi hanno attraversato, come tutti i partiti socialisti e socialdemocratici europei, il grande lavacro neoliberale, mutando profondamente la loro natura. Tanto Mitterand in Francia, che Schroeder in Germania, Blair nel Regno Unito, D’Alema ( insieme a Prodi e Treu) in Italia, hanno proseguito o introdotto nei loro Paesi le leggi di deregolamentazione avviate dalla Thatcher in Gran Bretagna e Reagan negli Stati Uniti. In sintonia con Clinton, che nel corso degli anni 90 ha abolito la legislazione di Roosevelt sulle banche, essi hanno liberalizzato i capitali, reso flessibile il mercato del lavoro, avviato ampi processi di privatizzazione di imprese pubbliche e beni comuni, isolato ed emarginato i sindacati.</p><p>Democratici americani, socialdemocratici ed ex comunisti europei hanno sottratto le politiche neoliberistiche dai loro confini americani e britannici e le hanno diffuse più largamente nel Vecchio Continente. Un compito svolto senza incontrare resistenza, perché gli agenti politici si presentavano ai ceti popolari col volto amico e le insegne delle organizzazioni di sinistra. Hanno cosi impedito ogni reazione e conflitto. Negli anni 90 le élites di queste forze, hanno compiuto un capolavoro politico: hanno abbandonato il loro tradizionale insediamento sociale (classe operaia e strati popolari) e hanno salvato se stesse come ceto, mettendosi alla testa del processo della globalizzazione. Serge Halimi ha ricostruito con copiosa ricchezza di particolari questa vicenda (Il grande balzo all’indietro. Come si è imposto al mondo l’ordine neoliberale, Fazi 2006).</p><p>Sarebbe un errore moralistico tuttavia bollare come tradimento tale ribaltamento strategico. Quei gruppi dirigenti, nutriti di cultura sviluppista e privi di ogni sguardo agli equilibri del pianeta, non hanno fatto fatica a convincersi che rendere sempre più libero e protagonista il mercato, togliere lacci e lacciuoli, come ancora si dice, avrebbe accresciuto la ricchezza generale e dunque allargata la quota da distribuire anche ai ceti subalterni. E a questo compito residuale hanno limitato il loro rapporto col mondo del lavoro, ritagliandosi spazio e consenso tra i gruppi dirigenti. Senza dire che nel vocabolario della cultura neoliberista (libero mercato, flessibilità del lavoro, competizione, meritocrazia, ecc) essi hanno trovato il repertorio linguistico per innovare il loro discorso politico, quello più confacente alla loro nuova collocazione. Quella di forze politiche che non dovevano più promuovere e orientare il conflitto sociale, ma ottenere consenso elettorale per politiche di mediazione e di lenimento risarcitorio degli effetti più aspri dello sviluppo derogolamentato.</p><p>Dunque le forze che danno vita al Pd non sono gli epigoni dei vecchi partiti popolari, nati dalla Resistenza, sono forze del tutto nuove, indossano il vestito smagliante del vecchio avversario di classe. Ma quello di Veltroni e degli altri nasce come un progetto invecchiato, perché vuole imporre in Italia il bipartitismo in una fase storica in cui esso è al tramonto negli stessi Paesi in cui ha avuto più fortuna.</p><p>Qualcuno ricorda quando il Financial Times si scandalizzava per i programmi elettorali dei Tories e dei Laburisti nel Regno Unito, che erano pressoché identici? La stessa cosa accadeva negli Usa, fino a quando Trump non ha incarnato l’estremismo del primatismo bianco. Luigi Ferrajoli ha scritto pagine lucidissime su quei sistemi elettorali nel secondo volume dei suoi Principia iuris (Laterza 2007). Ma il tentativo di trasferire nel nostro Paese il sistema politico anglo-americano è poi velleitario non solo perché non tiene conto delle nostre varie culture politiche. Come se bastasse creare un unico contenitore per due contendenti, lasciando fuori tutti gli altri, per assicurare stabilità al sistema politico e conseguire la tanto agognata governabilità.</p><p>La storia non si lascia comprimere dal volontarismo istituzionale. Quella scelta ha contributo col tempo a mettere all’angolo le varie forze di sinistra, Rifondazione Comunista, Sel, Sinistra italiana, ecc (che portano la loro quota specifica di responsabilità), senza tuttavia risolvere i problemi di coesione e stabilità al proprio interno e nel sistema politico. Ma il tentativo nasconde un altro deficit analitico, comune a tutti coloro che ricercano la “governabilità”, accrescendo la torsione autoritaria degli ordinamenti. La fragilità dei governi riflette in realtà quella dei partiti, vuoti di ogni progettualità, privi ormai di forti ancoraggi sociali (tranne in parte la Lega) e trasformatisi in agenzie di marketing elettorale. Essi inseguono gli umori dei gruppi sociali, in parte creati, e non solo veicolati, dai media, protagonisti in prima persona della lotta politica, e perciò sono volatili, scomponibili come giocattoli di Lego.</p><p>Ma ciò che quasi tutti ignorano è che nella stagione di euforia neoliberista i partiti hanno consegnato al mercato, cioè al potere privato, non poche prerogative che erano del potere pubblico. E oggi il ceto politico, si ritrova con strumenti limitati di regolazione e controllo, sempre più costretto a subire la spinta del capitalismo finanziario a trasformare lo Stato in azienda. Le procedure di scelta e decisione dei Parlamenti e dei governi appaiono troppo lente rispetto alla velocità dell’economia e della finanza senza regole. Se un operatore può spostare immense somme di danaro con un gesto che dura pochi secondi, all’interno di società capitalistiche in competizione su scala mondiale, è evidente che la struttura degli Stati democratici appare ormai come un organismo arcaico. E senza un vasto ancoraggio con i ceti popolari, senza essere supportati dalla loro forza conflittuale, i partiti sono fragili e i governi instabili.</p><p>Dunque il Pd è nato come “forza di governo”, emarginando le culture politiche alla sua sinistra, imponendo o caldeggiando il sistema elettorale maggioritario. Ciò ha prodotto una torsione antidemocratica all’interno dei partiti in cui le segreterie hanno accresciuto il proprio potere sulla scelta della rappresentanza parlamentare, sempre più sottratta ai cittadini elettori. Un colpo alla democrazia dei partiti e a quella del Paese, governato da Parlamenti nominati, frutto di leggi elettorali spesso incostituzionali.</p><p>Se poi entriamo nella narrazione storica delle scelte partitiche e di governo compiute in 15 anni di storia nazionale non possiamo non stupirci della capacità manipolatoria dei gruppi dirigenti di questo partito, e della grande stampa, nel celare la sua natura conservatrice, spacciandolo per una forza di centro-sinistra. Si può ricordare il Jobs Act? Alcuni compassionevoli difensori scaricano la responsabilità su Matteo Renzi, quasi non fosse rampollo della stessa casata. Ma dopo di lui il lavoro precario in Italia è dilagato, il Pd non si mai mosso per arginarlo e, meraviglie delle meraviglie, si è insediato anche in ambito pubblico. Nel ministero dei Beni culturali, presieduto per un totale di 7 anni da Enrico Franceschini, siamo al “caporalato di Stato”, con una miriade di giovani che tengono in piedi musei e siti con contratti a tempo determinato e salari da fame. Non va meglio ai ricercatori della Sanità pubblica, 1290 operatori con una media di 10 anni di precariato alle spalle. Sono i nostri giovani più brillanti, quelli che la Tv ci mostra dopo che sono scappati, quando hanno avuto successo nelle Università straniere. Nel 2021 con la ripresa dell’occupazione del 23%, il 68% è di contratti stagionali, il 35% in somministrazione, e solo 2% a tempo indeterminato.</p><p>Ma tutto il mondo del lavoro italiano ha conosciuto forse il più grave arretramento della sua storia recente. «Secondo l’Ocse l’Italia è l’unico Paese europeo che negli ultimi 30 anni ha registrato una regressione dello stipendio medio annuale del 2,9%» (D. Affinito e M.Gabanelli, Corriere della Sera, 11 luglio 2022). E siamo ora al dilagare dei lavoratori poveri. Il rapporto dell’11 luglio del presidente dell’Inps Tridico ricorda che «il 28% non arriva a 9 euro l’ora lordi». Tutto questo quando non muoiono per infortuni: nel 2020 1.270 lavoratori non sono tornati alle loro case. Poveri in un mare di miseria, perché oggi contiamo oltre 5 milioni di poveri assoluti e 7 di milioni di poveri relativi. Ma c’è chi sta peggio. Nelle campagne è rinato il lavoro semischiavile comandato dai caporali. La figura dei caporali era attiva in alcune campagne del Sud negli anni 50, poi travolta dall’onda di conflitti del decennio successivo. Negli ultimi 20 anni è risorta, ma si è diffusa anche nelle campagne del Nord.</p><p>Dobbiamo ricordare le condizioni della scuola? Renzi ha portato alle estreme conseguenze, secondo il dettato neoliberista europeo, avviato in Europa col Processo di Bologna (1999) e introdotto in Italia da Luigi Berlinguer, la trasformazione in senso aziendalistico degli istituiti formativi. Con l’alternaza scuola/lavoro ha portato la scuola in fabbrica e la fabbrica nella scuola. Ma il processo è proseguito con gli altri governi per iniziativa o col consenso/assenso del Pd e prosegue ancora oggi, grazie all’assoggettamento dei bambini e dei ragazzi a logiche strumentali di apprendistato, perché acquistino competenze, non per formarsi come persone. Gli insegnanti vengono obbligati a compiti estenuanti di verifica dei risultati, sulla base di test e misurazioni standardizzate, quasi fossero dei capireparti che sorvegliano gli operai al cottimo. Essi non sono più liberi nelle loro scelte educative e culturali, trasformati come sono in esecutori di compiti dettati dalle circolari ministeriali. Sotto il profilo culturale, la torsione della scuola a strumento di formazione di individui atti al lavoro, al comando, alla competizione, – di cui il Pd è il più convinto sostenitore – costituisce il più sordido e devastante attacco alle basi del nostro umanesimo, della nostra civiltà.</p><p>Ma il giudizio da dare a questo partito non può riguardare solo le scelte di governo. Certo, alcune sono particolarmente gravi. L’iniziativa del ministro Marco Minniti, nel 2017, di armare la Guardia libica per dare la caccia ai disperati che si avventurano nel Mediterraneo, allo scopo di rinchiuderli e torturarli nelle loro eleganti prigioni, rappresenta forse il più feroce atto di governo nella storia della Repubblica. Dal 2017 sono affogati in quel mare oltre circa 2mila esseri umani ogni anno.</p><p>Ma ci sono iniziative meno cruente, non per questo però meno devastanti. La scelta del governo Gentiloni di stabilire “accordi preliminari” con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna per avviare i loro progetti di autonomia differenziata è un passo esemplare. Mostra quale visione del futuro del nostro Paese orienta il gruppo dirigente del Pd. Un’Italia abbandonata agli egoismi territoriali delle regioni più forti, la competizione neoliberista portata dentro le istituzioni dello Stato, per disgregare definitivamente un Paese già in frantumi.</p><p>Ma occorre mettere nel conto dei 15 anni di presenza politica anche il “non fatto direttamente”, le leggi e le scelte accettate, dal governo Monti nel 2011 a quello Draghi appena concluso. E non abbiamo spazio per elencare le scelte avallate, dalla riforma Fornero all’inserimento in Costituzione dell’obbligo del pareggio di bilancio. E tuttavia non possiamo dimenticare che il Pd ha sabotato in ogni modo il referendum vittorioso per la publicizzazione dell’acqua, ha taciuto di fronte al continuo sottofinanziamento della scuola e dell’Università, non si contrappone ancora oggi al sostegno pubblico alla medicina privata. Il Pd non ha preso alcuna iniziativa per sanare un territorio devastato dagli incendi d’estate e travolto dalle alluvioni in inverno, ha anzi taciuto e sostenuto, tramite i suoi presidenti di regione e sindaci, la cementificazione selvaggia del Paese, la più totalitaria d’Europa. Il Rapporto nazionale Ispra 2022 denuncia che nel 2021 abbiamo raggiunto il valore più alto negli ultimi dieci anni di consumo di suolo con la media di 19 ettari al giorno, per effetto di cementificazione, soprattutto per la costruzione di edifici. È una cifra spaventosa, una sottrazione di verde che espone il territorio alle tempeste invernali, accresce la temperatura locale, sottrae ossigeno alle città appestate dallo smog.</p><p>Potremmo continuare ricordando che il Pd non ha mai mosso un dito contro le disuguaglianze selvagge che lacerano il Paese, ha votato la riforma fiscale Draghi che premia i ceti con redditi superiori ai 40 mila euro, mentre il suo segretario, con l’elmetto guerriero in testa, ha prontamente accettato la richiesta Nato di portare al 2% del Pil le nostre spese annue in armi, poco meno di 40 miliardi di euro. Un vero sollievo per le nostre brillanti finanze.</p><p>Ma non abusiamo della pazienza del lettore. Quanto già scritto mostra ad abundantiam come questo partito ha immobilizzato un Paese che sta su un piano inclinato e quindi se sta fermo scende, quando, con le proprie scelte, non lo ha spinto indietro. Ma la difesa dello status quo oggi, mentre tutto precipita e il pianeta mostra segni di collasso, è una strada rovinosa.</p><p>Dunque, al netto degli effetti prodotti dalle scelte dei governi precedenti, è evidente che il Partito democratico, in questi ultimi 15 anni di storia, è il maggiore responsabile del declino italiano. Per tale ragione tutte le rare lucciole di persone effettivamente progressiste che si aggirano disperse nella pesta notte del suo conservatorismo, concorrono, sia pure involontariamente, a nascondere la natura antipopolare di questo partito, i danni storici inflitti all’Italia. Votarlo non è il meno peggio, ma il peggio.</p><p>Ne va dunque dell’onore dei giornalisti italiani continuare a pronunciare il nobile lemma sinistra e alludere al Pd. Così come ne va dell’onore, della coerenza e della ragione di Sinistra italiana continuare a ricercare una alleanza elettorale con questo partito, che ha dimostrato, con ampiezza di prove, di essere un avversario di classe.</p></div></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-68302159488535673862022-08-09T17:57:00.004+02:002022-08-09T18:04:17.201+02:00IL FONDAMENTALISMO DEI GUERRAFONDAI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.ultimavoce.it/wp-content/uploads/2020/01/terror-155754_960_720-1280x720.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="225" src="https://www.ultimavoce.it/wp-content/uploads/2020/01/terror-155754_960_720-1280x720.png" width="400" /></a></div>Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla nascita della gran maggioranza delle guerre in atto in tutto il mondo ecco che la paternità e pure la maternità di questi crimini insensati è da attribuire agli Stati Uniti che nel corso della storia hanno passato ben oltre il 90% della loro esistenza a fare guerre.<div>Nel breve articolo(<a href="https://www.storiauniversale.it/114-bilancio-dell-imperialismo-guerrafondaio-usa-1.htm">www.storiauniversale.it/bilancio-dell-imperialismo-guerrafondaio-usa</a> )ecco servito in poche righe ciò che gli Usa hanno rappresentato fin dalla loro costituzione nel 1776 con un numero impressionante di conflitti scatenati o in cui hanno messo lo zampino e vi hanno partecipato,dove ogni angolo della terra non è stato lasciato fuori.</div><div>E pensare che questo contributo è del 2015 e non vi sono inclusi gli ultimi casi dell'Ucraina(<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2022/02/nuova-tappa-del-war-world-tour.html">madn nuova-tappa-del-war-world-tour statunitense?</a> )e dei supporti vitali in Israele e le provocazioni in Kosovo,per elencare i casi più recenti dell'ennesimo presidente guerrafondaio made in Usa(<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2020/11/giusto-esultare-per-biden.html">madn giusto-esultare-per-biden?</a> ).</div><div>Che se volesse davvero manderebbe truppe regolari dell'esercito in posti come Cuba e Venezuela solo per citarne un paio,mentre per la questione Taiwan-Cina se che perderebbe e male in partenza,e con lui andrebbe a fondo quasi tutta l'Europa servile e complice.</div><div>Mentre in Italia la stragrande maggioranza dei partiti politici che si stanno dilaniando per il voto del 25 settembre si professano convintamente atlantisti e fieri sostenitori degli Stati Uniti,sarebbe meglio scegliere forze che metterebbero al bando la Nato dal nostro paese e che seguisse per davvero la Costituzione italiana con il nostro paese che ripudia la guerra.</div><div><div><p>BILANCIO DELL'IMPERIALISMO GUERRAFONDAIO USA</p><p>«Siamo un popolo di guerra. Noi amiamo la guerra perché siamo molto bravi a farla. In realtà, è l'unica cosa che possiamo fare in questo cazzo di paese: la guerra. Abbiamo avuto un sacco di tempo per fare pratica e anche perché è sicuro che non siamo in grado di costruire una lavatrice o una macchina che vale un coniglio da compagnia; per contro, se avete un sacco di abbronzati nel vostro paese, dite loro di stare attenti perché noi verremo a sbattere una bomba sul loro viso...». (George Carlin, comico statunitense)</p><p>Nel 2015 in un articolo su un blog(29) si tirano due somme che alla luce di quanto riportato finora non stupiscono:</p><p>«Gli Stati Uniti sono stati in guerra il 93% del tempo, dalla loro creazione nel 1776, vale a dire 222 dei 239 anni della loro esistenza. Gli anni di pace sono stati solo 21 dal 1776. […] Per mettere questo in prospettiva:</p><p>-Nessun presidente degli Stati Uniti è mai stato un Presidente di pace. Tutti i presidenti degli USA che si sono succeduti sono stati tutti, in un modo o nell'altro, coinvolti almeno in una guerra.</p><p>-Gli Stati Uniti non hanno mai passato un intero decennio, senza fare una guerra.</p><p>-L'unica volta che gli Stati Uniti sono rimasti 5 anni senza guerra (1935-1940) è stato durante il periodo isolazionista della Grande Depressione.</p><p>Nella maggior parte di queste guerre, gli Stati Uniti erano all'offensiva, in alcune sulla difensiva […]. Il 95% delle operazioni militari lanciate dalla fine della seconda guerra mondiale, sono state degli Stati Uniti, la cui spesa militare è maggiore di quella di tutte le altre nazioni del mondo messe insieme. Nessuna meraviglia quindi che il mondo pensi che gli Stati Uniti sono la prima minaccia del mondo per la pace.</p><p>Eppure ci sono ancora alcuni nord americani (più di quello che sembra) che fanno ancora la domanda: “Perché tutte queste persone nel mondo ci odiano?” E la risposta della propaganda USA è sempre, invariabilmente, la stessa: “...perché sono gelosi di noi, della nostra libertà, della nostra grandezza. Gelosi della nostra cultura...”</p><p>Ecco, soprattutto della loro cultura e del loro squisito modo di rapportarsi col prossimo».</p><p>Leggiamo ora cosa riporta l'autorevole quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 ore(30):</p><p>«Gli Usa si sono cimentati in 64 guerre grandi e piccole negli ultimi cent'anni, in 43 dei casi giungendo solo al pareggio. Troppi pareggi, commenta l'ex diplomatico americano e giornalista James Hansen. Tolte anche le nove sconfitte, hanno vinto meno del 20% dei conflitti. Lo dice il Socom, il comando unificato delle forze speciali americane. Il documento delle forze speciali, che comprendono Navy Seals, Delta Force e Berretti Verdi, esamina i nove conflitti cui hanno preso parte gli americani negli ultimi 15 anni con la presidenza prima di Bush junior e poi di Obama: il risultato stilato in termini calcistici è di zero vittorie, due sconfitte e sette pareggi. L'analisi si intitola A Century of war and Gray Zone Challenges e risale al settembre 2015 ma è stata da poco resa nota dal sito TomDispatch.com grazie a una legge che permette di accedere a documenti riservati se chi le detiene non riesce a motivarne la segretezza. […] Vengono esaminati cento anni di interventi militari americani e dei 64 conflitti considerati solo cinque vengono definiti di primaria importanza. Tre sono stati vinti, la prima guerra mondiale, la seconda e Desert Storm in Iraq nel '91, una sconfitta, il Vietnam, e un pareggio, la guerra di Corea negli anni Cinquanta. Nella zona grigia citata nel titolo del documento ricadono i conflitti minori con un bilancio di nove vittorie, otto sconfitte e ben 42 pareggi».</p><p>È utile notare che i due conflitti «di primaria importanza» che non sono stati vinti dagli USA hanno visto come oppositori forze comuniste sostenute da Cina e URSS. Sono aperte le scommesse sullo schieramento mantenuto dai paesi socialisti negli altri 59 conflitti.</p><p>29. G. Fraschetti, Gli Stati Uniti sono stati in guerra 222 anni su 239 che esistono come Stato, Informare.over-blog.it, 26 febbraio 2015.</p><p>30. A. Negri, La superpotenza Usa? In cento anni ha vinto solo il 20% delle guerre, Il sole 24 ore, 7 ottobre 2016.</p></div></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-39489599543193924572022-07-29T17:13:00.002+02:002022-07-29T17:13:57.664+02:00DRAGHI,LAGARDE E IL TPI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://formiche.net/wp-content/blogs.dir/10051/files/2014/04/lagarde-draghi.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="372" data-original-width="620" height="240" src="https://formiche.net/wp-content/blogs.dir/10051/files/2014/04/lagarde-draghi.jpeg" width="400" /></a></div>Le dimissioni da premier di Draghi sono avvenute nella stessa giornata dove in Europa tramite la Bce presieduta dall'amichetta Lagarde,gha deciso un importante e pericoloso disciplinare fiscale introducendo il Tpi(Transition Protection Instrument)che è il preoccupante scudo anti spread che terrà il nostro paese e le altre nazioni europee(soprattutto quelle più con l'acqua alla gola come la nostra)al giogo sempre più serrato dei poteri forti della finanza.<div>L'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2022/07/23/non-e-successo-niente-draghi-lascia-il-posto-al-suo-pilota-automatico-0151282">non-e-successo-niente-draghi-lascia-il-posto-al-suo-pilota-automatico</a> )e scritto da Coniare Rivolta,un collettivo di economisti che non hanno peli sulla lingua nel dire quello che accade,parla prevalentemente degli aspetti economici e non della bagarre politica da eterna campagna elettorale che ci contraddistingue,e dice di avere molta paura per la nostra situazione.</div><div>La speculazione di cui il nostro paese soffre già da più di un decennio potrebbe aggravarsi ancor più con la scelta di questa impronta finanziaria da ricatto che la Bce ci ha accollato,e costringe non solo noi ma tutti gli Stati membri ad azioni che non promettono nulla di buono.</div><div>Si comincia dalla ferma decisione di non accumulare più debiti e quindi di aumentare tasse e stoppare sul nascere ogni investimento pubblico tagliando sanità,pensioni,scuola e servizi,e allo stesso tempo si pone un netto tetto a un aumento ipotetico dei salari con un'inflazione sempre più grave.</div><div>Inoltre sarà la stessa Bce a determinare la soglia del debito pubblico e non l'esecutivo in forza a ogni paese,con parametri alquanto aleatori senza contare il famoso,tanto decantato eppur malfamato Pnrr,che ora come non mai viene fuori per quel che è e per chi non l'aveva ancora capita:un cavallo di Troia di un'austerità che per ora non se ne vede la fine,altro che miliardi di Euro regalati senza poi non presentare il contro di una speculazione sempre più profonda.<p>Non è successo niente: Draghi lascia il posto al suo pilota automatico.</p><p>di Coniare Rivolta *</p><p>Con un tempismo straordinario, la crisi di governo che si è consumata negli ultimi giorni ha visto il Presidente del Consiglio Draghi presentare le sue dimissioni definitive esattamente nello stesso giorno in cui la Banca Centrale Europea (BCE), per bocca della sua Presidente Christine Lagarde, ufficializzava delle importanti, e funeste, novità per quanto riguarda la politica monetaria dell’area euro.</p><p>La misura più appariscente riguarda un aumento dei tassi di interesse, il primo dopo undici anni e di ammontare doppio rispetto a quanto sembrava nell’aria nelle settimane passate.</p><p>Come già avevamo avuto modo di discutere approfonditamente, questo provvedimento ha due precise implicazioni. Da un lato, è un attacco diretto al potere d’acquisto della stragrande maggioranza della popolazione, sacrificato sull’altare della difesa dei profitti. Dall’altro, è un’ulteriore mazzata alla stagnante economia europea, sempre più avviluppata nelle autoinflitte conseguenze economiche della guerra.</p><p>Non finisce qui, purtroppo. Contestualmente, la BCE ha anche varato un nuovo strumento di politica monetaria, il Transition Protection Instrument (TPI), ossia il famigerato “scudo anti-spread”.</p><p>Il tempismo stupisce, e preoccupa, perché il TPI rappresenta la più aggiornata e rifinita evoluzione del famigerato “pilota automatico”, termine coniato proprio dal Draghi Presidente della BCE per definire quell’insieme di strumenti di disciplina fiscale che avrebbero garantito la rigida applicazione dell’austerità e delle politiche neoliberiste in ciascun Paese membro dell’Unione Europea a prescindere dall’indirizzo politico del governo di turno.</p><p>Con il “pilota automatico”, le istituzioni europee hanno dimostrato di riuscire a condizionare la politica economica dei Paesi membri attraverso il ricatto dello spread: qualsiasi governo, di qualsiasi colore politico e indirizzo ideale, sarebbe stato costretto a conformarsi alle prescrizioni della Commissione Europea dalla minaccia dell’instabilità finanziaria, una minaccia che si materializzava non appena la BCE allentava il suo sostegno monetario.</p><p>Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e poi Italia hanno dovuto applicare – dal 2010 ad oggi – le rigide agende politiche neoliberiste prescritte dalla Commissione per non ritrovarsi abbandonati dalla BCE in balia della speculazione finanziaria.</p><p>Lo strumento tecnico attraverso cui si esercita il ricatto dello spread è rappresentato dagli acquisti di titoli del debito pubblico effettuati dalla BCE: quando questa acquista, ad esempio, i titoli di Stato italiani, ne sostiene la domanda e dunque riduce il tasso di interesse che l’Italia deve pagare ai creditori; specularmente, quando la BCE riduce i suoi acquisti di quei titoli, l’Italia vede crescere il costo del suo debito pubblico e compromette la sua stabilità finanziaria.</p><p>Come dicevamo, il 21 luglio, mentre il premier italiano Draghi presentava le sue dimissioni, la BCE introduceva il TPI, un nuovo strumento attraverso cui acquistare titoli di Stato sui mercati finanziari per governare i tassi di interesse nell’area dell’euro.</p><p>Il TPI consente alla BCE di acquistare titoli pubblici di uno Stato membro solo a condizione che siano verificate quattro condizioni: a) disciplina fiscale, b) stabilità macroeconomica, c) sostenibilità del debito pubblico ed infine d) rispetto delle condizioni del PNRR e delle altre raccomandazioni della Commissione Europea.</p><p>La prima condizione implica sostanzialmente che il Paese in questione non stia accumulando nuovo debito, cosa possibile solo aumentando le tasse e tagliando la spesa sociale, la sanità pubblica, le pensioni ed i servizi pubblici.</p><p>La seconda condizione richiede invece l’assenza di quelli che la Commissione Europea definisce “squilibri macroeconomici”, che includono anche – per fare un esempio – un tasso troppo elevato di crescita dei salari: per carità!</p><p>La terza condizione prevede una valutazione della BCE circa la sostenibilità del debito pubblico: per capire l’arbitrarietà di questa valutazione, basti pensare che la Grecia venne dichiarata prossima al fallimento con un debito pubblico pari al 120% del PIL e, successivamente, venne promossa a Paese virtuoso con un debito pubblico prossimo al 200% del PIL.</p><p>Miracolosamente, la valutazione della BCE era cambiata drasticamente quando la Grecia aveva firmato un memorandum of understanding che ha impegnato i governi che si sono succeduti nel decennio successivo a mettere in ginocchio la società greca attraverso le più rigide politiche di austerità, in quello che potremmo definire come il primo esperimento di “pilota automatico”.</p><p>Infine, il quarto requisito di accesso al TPI richiede che il Paese beneficiario degli acquisti della BCE stia rispettando tutti gli impegni assunti nell’ambito del PNRR (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), cioè le famose 528 condizioni capestro, nonché tutte le prescrizioni della Commissione contenute nelle periodiche Raccomandazioni Specifiche per Paese.</p><p>Finalmente, e si spera in maniera definitiva, viene messa una pietra tombale sopra alla favola, che ci è stata raccontata negli ultimi due anni, circa le “virtù salvifiche” di questo PNRR, che ci era stato venduto come un “regalo” delle istituzioni europee privo di qualsiasi condizionalità, e che invece si rivela essere l’ennesimo cavallo di Troia dell’austerità: mancare un obiettivo stabilito nel PNRR significa perdere lo scudo della BCE sui mercati finanziari e finire in balia della speculazione finanziaria.</p><p>Con il PNRR, dunque, le istituzioni europee sono riuscite ad estendere a tutti gli Stati membri quella camicia di forza che aveva consentito di piegare l’economia greca alle violente politiche di smantellamento dello stato sociale, di attacco alle pensioni e ai salari e di precarizzazione del lavoro.</p><p>Difatti, il PNRR non fa che impegnare i Paesi in un’agenda neoliberista a tappe forzate: se una di queste tappe viene mancata, la speculazione finanziaria può scagliarsi contro il Paese “indisciplinato” nella piena certezza che la BCE non interverrà, perché così funziona il TPI, come d’altronde già abbondantemente previsto.</p><p>Così, proprio mentre Draghi abbandona Palazzo Chigi sbattendo la porta, la sua spregiudicata agenda politica neoliberista rientra dalla finestra attraverso il nuovo strumento di politica monetaria della BCE.</p><p>Davanti al fallimento politico dell’ennesimo governo tecnico imposto al Paese, la classe dirigente europea rispolvera l’arma del ricatto del debito che tanto efficace si è dimostrata, in passato, come strumento di disciplina delle economie europee a suon di spread.</p><p>Gli eventi di questi ultimi giorni ci ricordano anche che, quale che sarà l’esito delle elezioni del prossimo 25 settembre, il programma di governo è già pronto ed è scritto nero su bianco nel PNRR, messo appunto dall’esecutivo Draghi e vincolante per chiunque uscirà vittorioso dalle urne per tutta la durata della legislatura, pena l’esplosione dell’instabilità finanziaria sotto la spinta della BCE.</p><p>Salvini, Letta e Meloni potranno così azzuffarsi sulle briciole e sulle quisquilie, consapevoli che l’agenda di politica economica e sociale sarà la stessa, chiunque di essi prevalga, perché questa è la naturale e unica conseguenza dell’adesione cieca alla politica del pilota automatico di matrice europea.</p><p>E, visto che stiamo entrando in campagna elettorale, è buffo osservare che pezzi degli stessi partiti che hanno sostenuto il governo Draghi ora provino improvvisamente a rimettere i panni barricaderi, con una divisione dei ruoli fra poliziotto buono e poliziotto cattivo che era insopportabile prima ed è intollerabile ora che escono dalla prova del governo.</p><p>Noi da parte nostra ripetiamo che niente di buono potrà venire da questi, ma continuiamo a riporre speranza in chi – finora fuori dall’arco parlamentare – in questi anni ha coerentemente individuato il meccanismo europeo quale uno dei fattori di controllo degli interessi della classe lavoratrice.</p><p>La strada da fare è ancora molto lunga, ma il cammino è iniziato.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-86815013516819484742022-06-29T14:32:00.000+02:002022-06-29T14:32:04.386+02:00PUTTA*NATO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRSE6Asuuxet2wSBtvmEV2fCjJOZiFFvpf4uA&usqp=CAU" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="265" data-original-width="190" height="320" src="https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRSE6Asuuxet2wSBtvmEV2fCjJOZiFFvpf4uA&usqp=CAU" width="229" /></a></div>La due giorni di Madrid,città che ospita il vertice Nato che si presenta come uno di quelli più vergognosi della sua storia,presenta un piano bellico d'indirizzo da qui al 2030 con un ulteriore invasione di militari Usa in Europa e,tralasciando le note vicissitudini ucraine,mette nel mirino la Cina.<div>L'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/06/29/vertice-della-nato-a-madrid-velleita-strategiche-e-sacrificio-dei-kurdi-in-nome-dellallargamento-0150684">vertice-della-nato-a-madrid</a> )ci spiega come la guerra totale contro la Russia sia ormai un punto fermo che va oltre le restrizioni e l'allargamento del Patto Atlantico verso nazioni che se ne sono state alla larga per decenni ma che ora pressate da una campagna menzognera dell'occidente hanno deciso di aderirvi.</div><div>Il caso eclatante della Svezia e della Finlandia è di per se un fatto gravissimo in quanto la Turchia ha posto il veto per l'ingresso dei due paesi scandinavi in ottica Nato in quanto come da buon mercenario Erdogan ha ottenuto il via libera all'estradizione di appartenenti al Pkk residenti lì.</div><div>Il comportamento da puttana della Nato è ormai un proseguire di azioni che alla luce del sole stanno destabilizzando il mondo,altro che mettere fine ai conflitti,in una successione di eventi che relegano la pace sempre più nell'angolo.<p>Vertice della Nato a Madrid. Velleità strategiche e “sacrificio” dei kurdi in nome dell’allargamento.</p><p>di Sergio Cararo</p><p>Accolto sabato scorso da una poderosa manifestazione di protesta contro la guerra, a Madrid oggi si apre il vertice della Nato che durerà fino a domani.</p><p>Secondo l’Ispi, il vertice dell’organizzazione che si tiene a Madrid va considerato un punto di svolta: i paesi membri tracceranno gli orientamenti del prossimo decennio e, con essi, le nuove dinamiche di sicurezza del continente europeo.</p><p>Per saperne le coordinate principali occorrerrà attenderne le conclusioni, ma qualcosa viene già delineato. In primis la Nato punta “al più importante rafforzamento delle proprie capacità dalla fine della Guerra Fredda” e porterà le forze di intervento immediato “oltre la soglia delle 300 mila unità” ha già fatto sapere il segretario Stoltemberg molto preso nel suo ruolo di “falco” nell’escalation della guerra contro la Russia in Ucraina.</p><p>L’Alleanza sarà “rafforzata in tutte le direzioni in ogni ambito: terra, aria e mare”, ha affermato Biden al vertice di Madrid. “Dispiegheremo capacità aeree aggiuntive e altre capacità in Germania e Italia”, ha già fatto sapere il presidente Usa. Forse non gli bastano le 113 basi militari già presenti in Italia.</p><p>Inoltre il nuovo Strategic Concept – il documento di indirizzo strategico verso il 2030 – citerà la Cina come una delle sfide future da affrontare. In realtà lo Strategic Concept della Nato è già in elaborazione dal 2021 ma è inevitabile che dovrà fare i conti con il brusco mutamento delle relazioni internazionali, sia in Europa che nel mondo, a seguito dell’intervento militare russo in Ucraina e della guerra che si trascina da più di quattro mesi.</p><p>Secondo Affari Internazionali, tra gli obiettivi della Nato c’è indubbiamente un aumento delle ambizioni di intervento, ben oltre quelle dell’area europea o propriamente atlantiche. L’Alleanza potrebbe e dovrebbe sostenere gli sforzi militari per stabilizzare Nord Africa e Medio Oriente, fornendo supporto in termini politico-militare, di intelligence, e di capacità specifiche che solo la Nato possiede.</p><p>Ma l’ipotesi di nuove operazioni militari paragonabili a quelle in Afghanistan o in Libia non sembrano incontrare entusiasmi (visti anche i clamorosi fallimenti di entrambe, ndr), si tratta di una velleità che per la Nato si è tragicamente chiusa tra la ritirata da Kabul il 31 agosto 2021 e le prime bombe russe su Kiev il 24 febbraio 2022.</p><p>Ma è evidente, sia come causa e che come conseguenza della guerra in Ucraina, il focus principale della Nato sarà quello a Est. Nel 2022 si è già passati al rafforzamento dei contingenti militari Nato in Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia (con responsabilità ben precise della Francia in Romania e dell’Italia in Bulgaria).</p><p>Ma se l’attenzione e il rafforzamento militare della Nato è prevalente sulla frontiera Est, qualcuno sottolinea però che questo potrebbe provocare una minore attenzione al fianco sud: quello Mediterraneo.</p><p>E’ evidente che in questo quadrante sia cresciuto in modo pesante il ruolo di una potenza Nato come la Turchia.</p><p>E questo peso è leggibile anche nel ricatto che Ankara ha posto sul via libera all’adesione alla Nato di Svezia e Finlandia: l’espulsione e la consegna alla Turchia dei dirigenti e dei militanti del Pkk curdo rifugiatisi in quei paesi e la cessazione di ogni azione diplomatica a supporto della causa kurda. “Non usateci per negoziare con la Turchia” ha affermato Zubeyr Aidar, dirigente kurdo rifugiato in Svezia. Ma martedì è venuto meno il veto di Ankara al via libera della Turchia a Svezia e Finlandia nell’alleanza. E’ stato sottoscritto un memorandum che accoglie le richieste turche sulla lotta contro il Pkk e la fine dell’embargo alle forniture militari svedesi e finlandesi ad Ankara. I kurdi usati dalle potenze occidentali come carne da cannone contro l’Isis adesso vengono di nuovo sacrificati, ma questa volta in nome dell’allargamento della Nato.</p><p>Tra i punti da dirimere nel vertice Nato di Madrid c’è anche quello dei partenariati con i paesi che chiedono di aderirvi. L’azione militare della Russia ha rimosso l’ambizione dell’Ucraina ad entrare nella Nato, restano le domande di Georgia e Moldavia. La prima già nel 2008 rischiò di scatenare un conflitto tra Russia e Nato simile a quello in corso in Ucraina, la seconda sta subendo pesantemente le onde lunghe della guerra in corso.</p><p>Infine, ma non certo per importanza, nel nuovo Strategic Concept della Nato ci sarà un capitolo anche sulla competizione frontale con la Cina. Non si tratterebbe di impegnare apertamente la Nato in operazioni militari nel Indo-Pacifico, ma di rafforzare il vantaggio militare sulla Cina da parte dell’Anzus, in pratica la gemella della Nato nel Pacifico. Non a caso è prevista la presenza al vertice di Madrid dei Primi ministri di Giappone, Corea, Australia e Nuova Zelanda.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-51843867626744366562022-06-14T16:38:00.004+02:002022-06-14T16:43:25.518+02:00ELEZIONI LEGISLATIVE FRANCESI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://static.nexilia.it/micromega/2022/04/elezioni-francia.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="456" data-original-width="800" height="228" src="https://static.nexilia.it/micromega/2022/04/elezioni-francia.jpg" width="400" /></a></div>Le votazioni legislative avvenute domenica scorsa in Francia,oltre ad avere l'importante risultato di un'astensione al pari con quella italiana,ha visto un testa a testa tra le formazioni del Presidente Macron e del leader di una sinistra unita ed ecologista Mélenchon,con la rappresentativa dell'estrema destra Le Pen al terzo posto ma staccata.<div>Al contrario del caso italiano la sinistra francese(non le varie coalizioni piddine di casa nostra)guadagna sempre qualcosa e lo fa in una maniera coesa con forze che rappresentano come dice il nome stesso,la Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale(NUPES),improponibile oggi come oggi in Italia dove ognuno ha il suo tornaconto e l'opportunismo regna sovrano tra i partiti che si dicono "progressisti".</div><div>L'analisi fatta e presa nell'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/06/14/il-significato-delle-elezioni-politiche-in-francia-0150236">il-significato-delle-elezioni-politiche-in-francia</a> )non fa comunque troppi parallelismo con l'Italia a parte il dato dell'astensione,e fa vedere che i giovani sono propensi a votare Mélenchon mentre purtroppo la classe operaia succube anche oltralpe della disinformazione e accecata dall'odio del povero contro povero,vede Rassemblement National come partito di riferimento.</div><div>Renaissance,il nome del partito En Marche del Presidente Macron,è il classico partito centrista che strizza l'occhio alla destra e alla borghesia per la maggioranza dei casi salvo rivolgersi alla sinistra in poche occasione come capitò poco tempo fa per il voto per l'Eliseo vinto per poco appunto dal leader di Amiens.</div><div>Nel secondo turno i repubblicani(LR),neogollisti e figliocci di Sarkozy,potrebbereo essere l'ago della bilancia in molti casi visto che i sovra citati partiti(NUPES,Renaissance,Rassemblement National)si affronteranno in scontri collegiali gli uni contro gli altri in una sorta di balletto elettorale dove per l'appunto LR ma soprattutto la metà dei francesi che non hanno votato potrebbero cambiare drasticamente le sorti delle legislative 2022.</div><div><p>Il significato delle elezioni politiche in Francia</p><p>di Giacomo Marchetti</p><p>Domenica 12 giugno si è tenuto il primo turno delle elezioni legislative in Francia.</p><p>Le urne hanno sancito la crisi di consensi della formazione dell’attuale presidente Emanuel Macron che potrebbe perdere la maggioranza assoluta, e non è detto che ottenga nemmeno quella relativa. I suoi candidati hanno ottenuto meno voti della NUPES, la coalizione della sinistra radicale guidata da Jean-Luc Mélenchon, che raggruppa gli insoumise.es, il “polo ecologista”, il PS e il PCF.</p><p>Il Rassemblent National di Marine Le Pen, si conferma il “terzo polo” ancorandosi nel paesaggio politico francese.</p><p>Il primo partito si conferma quello del “non-voto”, il cui orientamento potrà essere decisivo per la sconfitta o meno del “Presidente dei Ricchi”.</p><p>Astensione record</p><p>Alle urne si è recato solo un francese su due.</p><p>Questa tendenza all’astensione, più spiccata tra le classi popolari ed i giovani, ha cominciato ad essere un dato significativo con cui fare i conti circa 30 anni fa e sottolinea una disaffezione alla partecipazione democratica che si è progressivamente ampliata, nonostante la ridefinizione complessiva del quadro della rappresentanza politica.</p><p>L’astensione, domenica, è stata del 52,6%, più del doppio di quella registrata al primo turno delle elezioni presidenziali.</p><p>Un dato che progredisce inesorabilmente almeno da un ventennio, considerando che nel 2002 – quando è stato cambiato il calendario elettorale “sincronizzando” presidenziali e legislative, “solo” un francese su tre non si recava alle urne.</p><p>Secondo le indagini condotte da IPSOS Sopra-Steria, il 69% della fascia d’età compresa tra i 18 ed i 24 anni non sono andati a votare, dato in aumento nella fascia d’età tra i 25 ed i 34 anni, in cui solo una persona su tre ha partecipato al voto.</p><p>Se si analizza la professione, coloro che si sono meno recati alle urne sono stati “gli impiegati” – 65% di astenuti – e “gli operai”, per il 62%.</p><p>É interessante notare che la NUPES è la più votata tra le fasce giovanili, in particolare quella tra 18-24 anni che si è espressa in suo favore per il 42%.</p><p>In generale, più un elettore è anziano meno vota per la NUPES.</p><p>L’alta astensione ha condizionato le sorti dei candidati al secondo turno, tenendo conto che solo chi ha ottenuto le preferenze di almeno il 12,5% degli aventi diritto al voto – cioè, in media, più del 25% dei suffragi nei 577 collegi elettorali – andrà al secondo turno. Mentre per essere vincitori al primo turno bisognava avere superato il 50% delle preferenze e con con un numero di voti superiori al 25% degli iscritti alle liste elettorali.</p><p>Nonostante questo doppio sbarramento, la NUPES – che ha ottenuto il più alto numero dei voti in assoluto nel primo turno – ha potuto già eleggere quattro deputati che siederanno all’Assemblea nazionale: Alexis Corbière a Seine-Saint-Denis – con il quasi il 63% – , Sarah Legrain, Danièle Obono e Sophia Chikirou.</p><p>Adrian Quatemans, candidato della NUPES di LFI, nonostante abbia ottenuto il 52,05%, dovrà aspettare il secondo turno, così come Manuel Bompard – a cui Jean-Luc Mélenchon ha “ceduto” il seggio – che ha ottenuto il 56,04%.</p><p>Dati “truccati” dal Ministero dell’Interno?</p><p>Nonostante i tentativi abbastanza “farseschi” del ministero degli Interni francese di ritoccare i dati, la NUPES è risultata la formazione più votata, sebbene la coalizione che sostiene Macron sia data avanti – nelle cifre ufficiali – per una manciata di voti, circa 20 mila.</p><p>E qui bisogna fare alcune precisazioni, perché il ministero ha “escluso” dal conteggio dei voti quelli andati a candidati sostenuti dalla coalizione della sinistra radicale nei Territori d’OltreMare – dove la LFI aveva “sbancato” al primo turno delle presidenziali – e in Corsica, dove il 40% delle preferenze su tutte le circoscrizioni dell’isola è andato a candidati “autonomisti” o ad altri.</p><p>In realtà, lo stesso errore sembra si stato commesso nei confronti di alcuni candidati di Ensemble! – la coalizione che raggruppa l’ex LREM di Macron, MoDem e Horizon – ma il conteggio risulta comunque falsato.</p><p>Le Monde, il principale quotidiano francese, ha calcolato che, anche senza contemplare i voti dei candidati in Corsica, alla la coalizione della sinistra radicale sono andati 5.836.202 voti. Meno dei poco più di sei milioni e centomila che NUPES si attribuisce, ma più dei 5 milioni e 400 mila voti che gli attribuisce il Ministero dell’Interno.</p><p>Il dato politico non cambia, ma è chiaro che dare la NUPES come “seconda” formazione più votata – invece che prima – influisce non poco sulla percezione, “relativizzando” la sconfitta della coalizione marconista che ha puntato tutto nel de-politicizzare queste elezioni, mentre Mélenchon ha parlato sin dall’inizio di “terzo turno”, riferendosi a quelli per le presidenziali.</p><p>Il Rassemblement National nel panorama politico francese</p><p>L’estrema destra di Marie Le Pen, nonostante abbia condotto una campagna elettorale decisamente sotto tono, è risultata terza con il 19% delle preferenze, confermando la sua progressione, dopo l’exploit al ballottaggio delle presidenziali, con uno storico 42%.</p><p>Con il 19%, l’ex FN ottiene un 6% in più delle scorse elezioni politiche, e sarà presente al secondo turno in più di 200 circoscrizioni, circa il doppio rispetto al 2017. La formazione sembra proiettata verso la concreta possibilità di formare un gruppo parlamentare, mentre prima poteva contare solo su 8 deputati (meno del numero minimo).</p><p>Le Pen, che ha ottenuto il 55% dei suffragi nell’11esima circoscrizione di Pas-de-Calais – non ha dato alcuna indicazione di voto là dove sarà esclusa al secondo turno e i seggi saranno contesi tra la formazione guidata da Macron e quella capeggiata da Mélenchon.</p><p>Insieme a lei Bruno Bilde, Sébastian Chenu, Caroline Parmentier, Jean-Philippe Tanguy, Philippe Ballard, oltre ad una altra decina, i candidati di RN più votati al primo turno che dovranno andare al ballottaggio.</p><p>RN sembra avere consolidato ed ampliato uno zoccolo duro di elettori ed ha un solido ancoraggio in alcuni territori, oltre ed avere catalizzato i voti “alla sua destra”, senza neanche fare accordi con Zemmour, che ad un certo punto della campagna per le presidenziali sembrava poterle “rubare” la leadership a destra.</p><p>La NUPES è la formazione più votata tra gli impiegati (il 31%) ed i “quadri” (il 28%), mentre è il RN che fa purtroppo incetta di voti “operai”: il 45% in media contro il 18% della NUPES.</p><p>Reconquê di Éric Zemmour esce con le ossa rotte dalle urne. Nessuno dei suoi candidati andrà al secondo turno, nemmeno il suo leader.</p><p>Come ha detto a Mediapart Ugo Palheta, ricercatore specializzato sull’estrema destra: “due mesi fa si poteva immaginare che il RN avrebbe avuto più deputati, e la ragione principale di questo fallimento, è che c’è una sinistra unita, egemonizzata da una sinistra di rottura in grado di affrontare il RN sul piano della radicalità e dell’opposizione politica”.</p><p>Un punto importante, considerato che il “fronte repubblicano” di cui ha beneficiato Macron per fare barrage contro Le Pen sembra vacillare.</p><p>Tutto questo in continuità con le esternazioni piuttosto risibili contro gli “estremismi”, che nelle loro molteplici variazioni sul tema, uscite dalle bocche di importanti esponenti della formazione.</p><p>Infatti nel caso dei duelli tra RN e NUPES in varie circoscrizioni, i macroniani non hanno dato una indicazione di voto chiara, manifestando un cerchiobottismo che si rimangia di fatto la retorica del “voto utile”, sfruttata per il secondo turno delle presidenziali contro lo spauracchio Le Pen.</p><p>I gollisti: futura sponda di Macron?</p><p>I Républicains (LR),riguadagnano terreno rispetto alla pessima prestazione del primo turno delle presidenziali, e conquistano il 12% degli elettori contro il 5% scarso ottenuto da Valérie Pecresse alcuni mesi fa, ma molto meno del 18,7% del 2017.</p><p>Sono destinati a perdere lo status di prima forza d’opposizione all’Assemblea nazionale, ma potrebbero giocare un ruolo fondamentale in caso in cui l’Ensemble di Macron non ottenesse la maggioranza assoluta (289 seggi) e fosse costretta a guardare ai gollisti come possibile sostegno all’opera dell’Esecutivo, facendoli diventare di fatto l’ago della bilancia della prossima legislatura.</p><p>Per i seggi in cui al ballottaggio non sarà presente un candidato di LR, il presidente della formazione ha affermato che non si pronuncerà per “gli estremi”, sostenendo implicitamente Ensemble dove sfiderà il RN o la NUPES. Il possibile appoggio a Macron li toglierebbe dalla marginalità politica, e restituirebbe loro la natura di forza abituata a governare. Ma ne minerebbe in prospettiva il peso politico.</p><p>Le sfide del secondo turno</p><p>Ma guardiamo più nel dettaglio. Ensemble è in testa in 203 delle 577 circoscrizioni, la NUPES in 194.</p><p>La coalizione capeggiata da Mélenchon sarà presente al secondo turno in ben 404 circoscrizioni.</p><p>Le due coalizioni si affronteranno in un duello elettorale o in “triangolari” in più di 250 circoscrizioni.</p><p>La sfida tra Ensemble e RN si giocherà in più di un centinaio di circoscrizioni, e sarà il secondo più frequente tipo di sfida elettorale.</p><p>LR contro NUPES, LR contro RN, LR contro Ensemble ci saranno in una settantina di collegi in tutto, mentre saranno appena una manciata gli scontri tra i dissidenti delle formazioni socialista e comunista contro i rappresentanti della NUPES.</p><p>Conclusioni</p><p>É chiaro che i due fattori chiave saranno la capacità di mobilitare gli astenuti da parte della NUPES e il concretizzarsi di una sorta di “tutti contro Mélenchon”, che potrebbe unire macroniani, gollisti ed estrema destra, Ma va tenuto anche conto che il 60% dei francesi, secondo i sondaggi, non desidera avere un esecutivo capeggiato dalla formazione del presidente.</p><p>La NUPES infatti ha già attinto al bacino di voto della sinistra, riuscendo a sommare i consensi precedenti – tranne per la parte dei socialisti più legati agli “elefanti” ed alla parte più “centrista” dei verdi – ed ora deve mobilitare il suo blocco sociale di riferimento su un programma di rottura anti-liberista: giovani, abitanti dei quartieri popolari, cittadini dei territori d’OltreMare e della parte meno conservatrice della Francia “peri-urbana” e rurale.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-92092000821550137052022-06-13T18:08:00.000+02:002022-06-13T18:08:45.929+02:00DISASTRO QUORUM PER I REFERENDUM<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.tvqui.it/wp-content/uploads/2022/06/IMG-20220612-WA0001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="240" src="https://www.tvqui.it/wp-content/uploads/2022/06/IMG-20220612-WA0001.jpg" width="320" /></a></div>L'annunciato fiasco dei quesiti referendari sulla giustizia è frutto di un sistema che da bravi italiani almeno il triplo del risicato 20% ottenuto alle urne sa già come risolvere andando da un maggiore numero di firme necessarie per il consulto popolare alla decisione finale senza quorum.<div>L'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2022/06/13/lastensionismo-affonda-i-referendum-alle-comunali-vota-la-meta-degli-elettori-oggi-i-risultati-0150190">lastensionismo-affonda-i-referendum</a> )parla dell'alta percentuale degli astenuti oltra la fatto che l'appeal dei quesiti sia stato uno dei più mortiferi e difficilmente relegabili ad una mera consultazione che dovrebbe essere discussa in Parlamento,mentre non è che le amministrative comunali abbiano avuto uno slancio di entusiasmo da parte dell'elettorato con una persona su due che è rimasta a casa(a Crema il 55% ha votato).</div><div>Di certo l'interesse verso i referendum è scemato dopo che la Consulta guidata da Amato ha reso inammissibili le richieste sul fine vita e l'uso della cannabis,ma difficilmente anche con quelle schede in più il quorum sarebbe stato raggiunto.<p>L’astensionismo affonda i referendum. Alle comunali vota la metà degli elettori. Oggi i risultati.</p><p>di Redazione</p><p>L’affluenza per i 5 referendum sulla giustizia si è fermata al 20,95 per cento ben lontano dal quorum richiesto (50 per cento + 1). Secondo il sito del Viminale questi sono i dati definitivi sull’affluenza (7.903 Comuni su 7.903) riferiti alle 23 di ieri sera.</p><p>L’ultimo referendum abrogativo, quello contro le trivellazioni, era stato ad aprile 2016 ed ebbe una affluenza del 23,54% alle 19, e si era poi attestato al 33% alla chiusura delle urne.</p><p>Completamente diversi invece i risultati del referendum costituzionale voluto da Renzi a dicembre 2016. Lì, nonostante non fosse necessario il raggiungimento del quorum, l’affluenza era stata alta (68,48 per cento) dimostrando che la chiamata ai seggi è stata fin dall’inizio un referendum di fatto pro o contro l’esecutivo, era stato capace di mobilitare tutta la popolazione. Il No alla riforma controcostituzionale di Renzi vinse con il 59,5 per cento dei voti contro il 40,4%.</p><p>Il silenzio elettorale ieri era stato rotto da Berlusconi (sostenitore del Si al referendum) che era tornato ad attaccare i magistrati e la “giustizia politicizzata” con toni duri, parlando fuori dal seggio dove ha votato nel centro di Milano. Oggetto della rabbia del leader di Forza Italia sul tema della giustizia sono i fatti di Palermo dove, a pochi giorni dal voto, sono stati arrestati due candidati, uno di Fratelli d’Italia e uno di Forza Italia, con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso. “Questi arresti di candidati un giorno o due prima delle elezioni, potevano anche aspettare due giorni dopo – ha osservato Berlusconi -. Questa è sempre la storia della giustizia politicizzata che non è morta”. Insomma il Cavaliere è tornato a insistere sui suoi soliti cavalli di battaglia dando la cifra del significato con cui la destra ha cercato di strumentalizzare i referendum sulla giustizia promossi da nove consigli regionali di centro-destra e non una raccolta di firme nelle strade.</p><p>Il “garantismo di scopo” della destra era fin troppo evidente, così come la velleità di sottoporre a referendum quesiti su una materia complessa come la giustizia in cui convivevano questioni serie e richieste strumentali.</p><p>Elezioni comunali</p><p>Più alta è stata invece l’affluenza nelle città dove c’erano in contemporanea le elezioni comunali che è stata del 54,72%, ma anche qui si registra un calo rispetto a quelle precedenti. Una conferma che l’astensionismo si va ormando consolidando anche nel caso di quelle “elezioni di prossimità” che storicamente vedevano una partecipazione più alta.</p><p>Oggi alle 14 inizia lo spoglio delle schede per le elezioni comunali. Gli exit poll danno Genova, Palermo e L’Aquila al centrodestra. Al ballottaggio vanno invece Parma, Verona e Catanzaro con il centrosinistra in testa nelle prime due città. Sulle assenze di un centinaio di presidenti di seggio a Palermo, la Procura sta valutando i reati di interruzione di pubblico servizio e rifiuto di atti d’ufficio.</p><p>Sempre a Palermo l’attacco di gruppo hacker al sito del Comune, ha riversato decine e decine di file contenenti dati sensibili. “E’ stata pubblicata la prima parte delle informazioni gentilmente condivise con voi dai rappresentanti di questa società. Ce ne saranno altre domani”, ha scritto il gruppo hacker Vice Society nella giornata di ieri, annunciando la pubblicazione di altre informazioni.</p><p>Secondo l’Ansa nella lunga lista rilasciata dagli hacker c’è un po’ di tutto: relazioni su riscossioni di imposte e tasse, lavorazioni degli stipendi, accrediti al servizio di tesoreria del Comune di multe pagate dai cittadini con nomi e cognomi, ingiunzioni di pagamento, anche in questo caso, con i riferimenti anagrafici dei coinvolti, documenti d’identità di dipendenti Sispi, elenchi del personale coi numeri di telefono segnati accanto. Ma ci sono ancora note interne del comando della polizia municipale, verbali su riunioni di servizio, schede di valutazione di ausiliari dell’Amat e anche l’elenco telefonico del comando della polizia municipale. Su Twitter c’è chi ha pubblicato alcuni screenshot coi nomi dei file sottratti dalla rete di Palazzo delle Aquile.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-31898943949331208912022-06-08T16:50:00.003+02:002022-06-08T16:50:52.399+02:00CULTURA RUSSA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://previews.123rf.com/images/vvoennyy/vvoennyy1307/vvoennyy130700710/21125746-stato-di-bandiera-russa-svolazzanti-nel-vento-con-cremlino-trinit%C3%A0-torre-su-sfondo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="534" height="400" src="https://previews.123rf.com/images/vvoennyy/vvoennyy1307/vvoennyy130700710/21125746-stato-di-bandiera-russa-svolazzanti-nel-vento-con-cremlino-trinit%C3%A0-torre-su-sfondo.jpg" width="267" /></a></div>Mentre la pericolosa caccia alle streghe contro il popolo russo continua imperterrita nella maggior parte del mainstream occidentale,anche se si notano alcune defezioni che man mano che il conflitto si dilata nel tempo hanno più voce(o forse è solo una mia sensazione),la disinformazione o se si vuole l'informazione a senso unico non controllata continua a fluire indisturbata nelle case di milioni di italiani ed europei.<div>E non si toccano solamente Putin e i maggiori pezzi da novanta del governo russo,ma pure personaggi che sono già sotto terra da decine di anni o anche più come i vari protagonisti della splendida letteratura russa degli scorsi secoli,dei musicisti e dei compositori per finire con l'essere presi di mira pure monumenti storici come quelli che compongono il Cremlino.</div><div>Lo si evince nell'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/cultura-news/2022/06/06/no-allembargo-culturale-0149973">no-allembargo-culturale</a> )che parla di questa fastidiosa e vergognosa deriva della guerra che infanga milioni di persone che di questo conflitto ormai non possono più dire nulla,e dello fregio che si fa a tutta la cultura russa con tutte le mille sfaccettature che ciò comporta.</div><div>Associando questa guerra mediatica,che però perde colpi giorno dopo giorno,alla capacità mentale e di comprensione di una popolazione come quella italiana,ormai in fondo a tutte le classifiche europee per quanto riguarda la comprensione di una semplice frase,la propaganda antirussa fa breccia proprio verso quelle persone che un minimo di cultura proprio non ce l'hanno.<p>No all’embargo culturale.</p><p>di Potere al Popolo </p><p>In tre mesi dall’inasprimento del conflitto fra la Russia e l’Ucraina, culminato con l’invasione di quest’ultima da parte della prima, l’Occidente in generale e l’Italia in particolare hanno adottato una politica non volta a cercare a tutti i costi una soluzione diplomatica per arrivare il prima possibile ad un accordo di pace ma, al contrario, una politica belligerante. </p><p>In questo clima di guerra si è cercato in tutti i modi di tracciare una linea fra buoni e cattivi, secondo la quale tutti i russi sono i cattivi. Si dice che le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli, però, a quanto pare, quelli dei governanti possono ricadere sulla popolazione e sulla sua cultura.</p><p>Stiamo assistendo infatti ad una inesorabile cancellazione della cultura russa, sia quella contemporanea che quella passata. Non risulta chiaro di quali colpe si possano essere macchiati in questa circostanza i vari Puskin, Cechov, Cajkovskij, Dostoevskij, Tolstoj. </p><p>Semplicemente nessuna e infatti le motivazioni addotte sono delle più fantasiose, come per la cancellazione del corso su Dostoevskij alla Bicocca, poi rettificata, poiché mancava il contraddittorio! Sarebbe interessante sapere chi sarebbe dovuto essere mandato a sostenere tale contraddittorio.</p><p>Alcuni teatri hanno cancellato le rappresentazioni del Lago dei Cigni che dovevano essere messe in scena da ballerine e ballerini ucraini, adducendo come motivazione quella di voler “tutelare” gli/le artisti/e che avrebbero avuto non pochi problemi al rientro in Patria avendo il governo di Kiev imposto il divieto di interpretare autori russi.</p><p>Ma gli stessi problemi non li avrebbero le artiste e gli artisti russi a cui si chiede di prendere parola sulla guerra, pena l’esclusione dalle varie kermesse?</p><p>Poco importa: ormai, che siano filo-Putin o oppositori, pro-guerra o contrari ad essa, sono stati messi aprioristicamente dalla parte del torto.</p><p>Ecco quindi che il Dublin International Piano Competition ha annullato la partecipazione dei musicisti russi; che nessun film russo potrà gareggiare alla prossima edizione degli Europen Film Award; che Netflix ha cancellato Anna Karenina; che la Philharmonie Haarlem ha cancellato le opere di Ciajkovskij e Stravinsky; che la Biennale di Venezia ha messo al bando le e gli artisti russi, salvo che non siano apertamente oppositori politici; che la Fiera del Libro di Torino ha deciso di boicottare scrittori e scrittrici russe; che la Siae non verserà alla consorella della Federazione Russa il pagamento dei diritti d’autore delle associate e associati russi; dal comitato del Premio Strega è stato escluso, sotto indicazione della Farnesina, Solonovich (esclusione poi rientrata, anche se la vergogna rimane).</p><p>E questi sono solo alcuni dei casi più famosi e più eclatanti perché poi esiste tutta la galassia delle piccole etichette discografiche, piccole case di produzione, piccole case editrici che non possono più operare.</p><p>Questo non vuol dire che non si possa contestare un artista, cosa che abbiamo anche fatto quando all’Arena di Verona si esibì Polunin (in un evento di ballo extra Arena, nonostante fosse stato dismesso il corpo stabile di ballo proseguendo così nella linea della privatizzazione e precarizzazione del lavoro culturale), lui – sì – così talmente filoputiniano da avere tatuato sul petto la faccia del Presidente della Federazione Russa, oltre che essere omofobo e sessista. Ma allora questi problemi non vi erano.</p><p>Questa deriva di totale cancellazione e censura della cultura russa non è un atto volto alla pace, bensì destinato a incrementare una russofobia che nulla gioverà né alla fine del conflitto né alla popolazione ucraina che vive lo scontro armato sul proprio territorio, nelle proprie case.</p><p>Se avessimo dovuto seguire questo modus operandi sarebbero innumerevoli le opere. ,le autrici e gli autori di cui non avremmo potuto fruire in questi anni: quelle provenienti dagli Stati Uniti che hanno fatto innumerevoli guerre invadendo paesi sovrani, quelle di Israele che occupa i territori palestinesi massacrandone la popolazione, quelle della Turchia che perseguita i curdi…</p><p>Così facendo non avremmo più cultura di cui godere.</p><p>Ci sarebbe poi da chiedersi a chi appartiene la cultura. La cultura è universale, e la cultura russa, oltretutto, è parte integrante della cosiddetta cultura europea.</p><p>Se veramente si volesse favorire la pace non si escluderebbero le artiste e gli artisti russi, poiché lo scambio culturale è uno strumento fondamentale per prevenire “guerre di civiltà” di cui fanno le spese solamente le classi popolari. La cultura è l’unica arma che andrebbe finanziata.</p><p>Pertanto ci opponiamo a questa censura e all’embargo culturale nei confronti di un intero popolo, di una intera storia.</p><p>“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza”</p><p>NOI NON CI ARRUOLIAMO! NOI NON CENSURIAMO!</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-87480410751463122362022-05-12T16:30:00.001+02:002022-05-12T16:30:32.249+02:00GLI ORDINI DI BIDEN A DRAGHI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://img-prod.tgcom24.mediaset.it/images/2022/05/11/071830828-db915896-73b6-48ba-9466-e2824462cc08.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="577" data-original-width="800" height="462" src="https://img-prod.tgcom24.mediaset.it/images/2022/05/11/071830828-db915896-73b6-48ba-9466-e2824462cc08.png" width="640" /></a></div>Il tour pancia all'aria del cagnolino Draghi negli States ha riconfermato,se ce ne fosse stato il bisogno,il totale servilismo italiano nell'ambito atlantista e tra i primi schiavi nell'Unione europea,nel giorno in cui altri leader europei hanno ribadito che la Russia non deve essere umiliata ma bisogna trovare al più presto una soluzione pacifica al conflitto ucraino.<div>Meglio senza l'intervento della Nato e degli Usa che continuano a foraggiare con investimenti e armamenti la nazione del fantoccio Zelensky,mentre altre voci fuori dal coro sempre più insistenti sia in Italia che in Ue non vogliono più aiuti militari diretti e cercano sempre più soluzioni diplomatiche senza sanzionare maggiormente la Russia.</div><div>L'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/internazionale-news/2022/05/10/sofferenze-europee-per-la-guerra-a-trazione-usa-0149226">sofferenze-europee-per-la-guerra-a-trazione-usa</a> )parla dell'intervento dall'americano Draghi,che forse vuole un futuro ruolo di prim'ordine nella stessa Nato dopo esserne stato il fido banchiere,che in visita all'amico Joe ha detto quello che tutti si aspettavano,soprattutto gli statunitensi,con maggiori fondi per la guerra e la garanzia del proseguimento di sottomissione atlantista tanto cara a una platea trasversale di partiti politici nostrani.</div><div>Non sarà certamente questa legislatura,e nemmeno le prossime future a meno di clamorosi sviluppi,a farci togliere le basi militari dal nostro paese,anzi aumenteremo ancora le spese militari oltre a quelle per il gas Usa da rigassificare(maggiori costi e impatto ambientale),insomma questa scampagnata a spese nostre è un altro suicidio economico per le tasche degli italiani,sempre più vuote,sempre più logore.<p>Sofferenze europee per la guerra a trazione Usa.</p><p>di Dante Barontini</p><p>Qualcosa scricchiola nella poderosa “unità occidentale” contro la Russia. Sul piano continentale è evidente la differente impostazione tra Francia e Germania da un lato, e Italia (e paesi dell’Est) dall’altra.</p><p>Il giorno in cui Emmanuel Macron e Olaf Scholz si incontrano e delineano una posizione di “attenzione” nei confronti di Mosca (“non umiliare la Russia” pretendendo la sua sconfitta sul campo e il crollo economico), Mario Draghi detto “l’amerikano” sale su un aereo in direzione Washington.</p><p>E’ tradizione che i presidenti del consiglio italiani, nelle situazioni complicate, vadano a prendere indicazioni – o ordini – direttamente alla fonte, in modo da non sbagliare mosse e irritare gli Usa. Cominciò De Gasperi, siamo andati avanti così per 70 anni. E certo il più “euro-atlantico” dei premier europei, e sicuramente non un semplice cameriere ma un “consigliori” molto ascoltato, andrà a rappresentare le difficoltà che attraversano in queste settimane l’Unione Europea.</p><p>Comincia infatti a prendere corpo il costo spaventoso che la guerra in Ucraina impone all’Europa, troncando da un lato le forniture energetiche – al momento insostituibili, in quelle dimensioni e prezzi – e dall’altro parecchi mercati di esportazione (non solo la Russia, ma in qualche misura anche la Cina).</p><p>Non sembra un caso che lo stesso giorno Scholz abbia avuto una riunione in teleconferenza con Xi Jinping, con il leader cinese preoccupato di raccomandare per i due paesi relazioni bilaterali “sane e stabili“, per svolgere un ruolo “di stabilizzazione, costruttivo e di primo piano nella pace globale, soprattutto nel panorama internazionale attuale“.</p><p>Problemi che non riguardano – è stato fatto notare da molti – gli Stati Uniti, che al momento possono usufruire di una larga autonomia energetica, al punto da potersi proporre come fornitore sostituivo almeno parziale ma a prezzi decisamente più alti. Anche oltre il 50% in più. Ma che soprattutto – come emerge da sempre più analisti – hanno deciso di “buttare fuori pista” sia Mosca che Pechino e, nello stesso tempo, anche l’Unione Europea.</p><p>La quale, a sua volta, si ritrova stretta come il vaso di coccio tra potenze dotate di forte potere politico centralizzato, eserciti rodati nei secoli o almeno decenni, e un più chiaro senso strategico.</p><p>Voler partecipare all’”ipercompetizione mondiale” che fa seguito alla stagione della “globalizzazione unipolare” è un’aspirazione che espone a rischi fortissimi, se non si riesce a mettere in campo qualcosa di adeguato.</p><p>Vero è che fin dall’inizio «L’Europa sarà costruita sulle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate di fronte ad esse», come aveva scritto Jean Monnet ai tempi della Dichiarazione Schuman, ma non tutte le crisi sono della stessa natura e dimensione. Una guerra in Europa, che gli Stati Uniti vorrebbero lunga quanto basta a vedere “la Russia indebolita al punto di non poter fare il tipo di cose che ha fatto con l’invasione dell’Ucraina”, rischia di essere uno shock troppo difficile da sfruttare per costruire un’unità più drastica.</p><p>Si è visto proprio in questi giorni con le reazioni alla proposta di Mario Draghi – guarda caso… – di “superare il metodo dell’unanimità” per assumere decisioni comunitarie. Subito ripresa anche da Macron, von der Leyen e Scholz, perché i paesi più grandi ed economicamente forti “soffrono” la lentezza decisionale a causa dei veti nazionali. Che ostacola – com’è ovvio – la reattività della UE alle sfide dell’”ipercompetizione”.</p><p>Ma questo richiede una radicale modifica dei trattati europei, che – in loop – richiede l’unanimità. L’intenzione sarebbe quella di avviare il lungo processo di revisione già a giugno, in occasione del prossimo Consiglio Europeo. Ma, prima ancora di cominciare la discussione su quali temi andrebbero esclusi dall’approvazione all’unanimità, un gruppo di tredici Paesi ha sottoscritto una dichiarazione comune in cui si rifiuta radicalmente questa ipotesi.</p><p>Si tratta di Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia (ma si potrebbero aggiungere anche l’Ungheria e la Slovacchia). Anche qui, in gran parte, si tratta di quei paesi dell’Est che più sono “sensibili” alle sirene statunitensi; chi per antica “russofobia”, che per motivi assai più concreti, come il margine di autonomia decisionale in materia di bilancio, già ridotta quasi a zero dal Fiscal Compact e dal duo Two Pack-Six Pack (sulle procedure per l’approvazione delle leggi di stabilità nazionali).</p><p>Nella loro dichiarazione congiunta questi paesi – non tutti “piccoli”, oltretutto – ricordano che “ciò che conta è affrontare le idee e le preoccupazioni dei cittadini”. Quanto di più lontano immaginabile per i fautori dell’”austerità” che avevano dato forma alle politiche UE fino allo scoppio della pandemia e che mordono il freno per tornare a quell’andazzo.</p><p>In pratica, metà dei paesi UE non è disposto a rinunciare al proprio diritto di veto. E non sarà semplice superare questa opposizione nel bel mezzo di una guerra sul territorio europeo e con gli Usa che lavorano tutti i giorni per incentivare quel “divide et impera” che è da sempre il segreto degli imperi.</p><p>Ma proprio questa evidente pressione di Washington lavora a dividere, anche sul piano nazionale italiano, le forze politiche di governo da Mario Draghi. Forse è un po’ esagerata (e speranzosa) la copertina che Il Fatto Quotidiano ha dedicato oggi al premieri in partenza per gli Usa – “Abbandonato da tutti, Draghi vola da Biden”, ma certo cresce anche nella più miserabile classe politica del mondo l’insofferenza per una politica eccessivamente sdraiata sugli interessi statunitensi.</p><p>Lo avevano fatto capire nei giorni scorsi i lamenti di Confindustria – cone la guerra la produzione industriale a marzo è scesa del 2,9%, quasi del 4 in Germania – al punto che persino “Letta con l’elmetto” ha dovuto moderare il proprio atlantismo smodato e invitare a cercare”le vie del negoziato”.</p><p>Gli ideali, come sempre, “c’entrano una sega”… A parte le poche industrie del settore armi, tutte le altre attività imprenditoriali sono sotto minaccia di crisi nerissima. Come anche le borse in questi giorni stanno ricordando…</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-24710689390540000942022-05-11T16:36:00.002+02:002022-05-11T16:36:28.627+02:00AMMINISTRATIVE BRITANNICHE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://immagini.editorialedomani.it/version/c:MWU2YTA1NzItYTIxMi00:OWI4ZGMy/election-in-northern-ireland-election-poster-in-belfast.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="534" data-original-width="800" height="267" src="https://immagini.editorialedomani.it/version/c:MWU2YTA1NzItYTIxMi00:OWI4ZGMy/election-in-northern-ireland-election-poster-in-belfast.jpg" width="400" /></a></div>La recente tornata elettorale che ha interessato la Gran Bretagna ha portato alla luce un problema per Boris Johnson con la perdita di parecchio elettorato rispetto alle precedenti amministrative,ma a beneficiare di questa emorragia di voti non sono stati i laburisti ma i liberal democratici ed i verdi,oltre che le formazioni separatiste del Scottish National Party e del Sinn Fein al massimo storico di consensi.<div>La debacle dei conservatori è avvenuta per un aumento dei costi della vita nonostante le promesse della Brexit oltre che per gli scandali che hanno colpito il premier inglese durante la pandemia e non per ultima la totale adesione alla causa ucraina che ha proiettato l'Uk come attore principale assieme agli Usa nel muovere guerra alla Russia con una campagna di menzogne degna dei tempi iracheni(vedi:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2016/07/blair-bliar.html">madn blair-bliar</a> ).</div><div>Sottolineo il fatto che nel Nord Irlanda il Sinn Fein abbia conquistato il miglior risultato di sempre e le dichiarazioni della vice premier nordirlandese Michelle O'Neill guardino con maggiore speranza ad un Irlanda unita anche considerato il fatto che i lealisti del Dup siano entrati in conflitto proprio con Johnson come evidenziato nell'articolo preso da Infoaut(<a href="https://www.infoaut.org/conflitti-globali/elezioni-in-uk-disastro-boris-johnson-labour-nelle-secche-netta-vittoria-dello-sinn-fein-in-irlanda-del-nord">elezioni-in-uk</a> ).<p>Elezioni in Uk: disastro Boris Johnson, Labour nelle secche. Netta vittoria dello Sinn Fein in Irlanda del Nord.</p><p>Le elezioni amministrative nel Regno Unito sono state sotto il segno della confusione. Per conservatori di Boris Johnson si è trattato di un quasi-disastro, ma nonostante ciò il Labour non è riuscito a guadagnare terreno portando a casa un risultato peggiore del 2018. Gli unici ad avere avuto delle performance soddisfacenti sono i Liberaldemocratici e i Verdi. In Scozia lo Scottish National Party si consolida ulteriormente (con dietro il Labour) ed in Irlanda del Nord lo Sinn Fein porta a casa il miglior risultato di sempre.</p><p>Per un po’ Boris Johnson dovrà impiegare il proprio tempo a dirimere le beghe di partito scoppiate dopo il crollo dei Tories piuttosto che alimentare con dichiarazioni roboanti l’escalation militare in Ucraina. Il partito infatti ha conseguito un pessimo risultato alle amministrative perdendo anche alcune roccaforti storiche nella città di Londra, come Westminster e Wandsworth, quartieri benestanti di lunga tradizione conservatrice. A determinare la sconfitta secondo quanto sostenuto dai media britannici i ripetuti scandali degli scorsi mesi e l’aumento dei costi della vita.</p><p>Ma anche il Labour non naviga in acque tranquille. Infatti nonostante il crollo dei Tories la riproposizione della minestra del New Labour di matrice blariana da parte del nuovo leader Keir Starmer non convince. Il partito conquista posizioni nel cuore benestante di Londra e in generale ha una buona performance nelle zone urbane, ma non riesce a riprendere alcune roccaforti storiche del Red Wall (il cosidetto muro rosso delle Midlands che fino al 2017 ha avuto una guida prevalentemente Labour per poi passare in gran parte ai conservatori). La speranza dei laburisti moderati che governano il partito in questo momento che un crollo dei Tories in automatico significhi la possibilità di tornare alla guida del paese è stata smentita miseramente, anche se probabilmente non ne prenderanno atto.</p><p>Il quadro istituzionale Uk continua a frantumarsi ulteriormente sia sul piano territoriale che su quello delle appartenenze politiche. Infatti ad uscirne rafforzati da queste elezioni sono i LiberalDemocratici e i Verdi che hanno convogliato la delusione per i due partiti maggiori. Ad emergere sulla mappa inoltre è l’approfondirsi delle questioni territoriali con il consolidamento dello Scottish National Party e la vittoria dello Sinn Fein in Irlanda del Nord.</p><p>Sebbene in questo ultimo caso i conteggi siano ancora in corso sembra abbastanza netta e schiacciante la vittoria del partito cattolico e repubblicano. In tal caso se i risultati fossero confermati lo Sinn Fein potrebbe per la prima volta nominare il primo ministro dell’Irlanda del Nord. A spingere lo Sinn Fein diversi fattori tra cui le conseguenze socioeconomiche dell’hard Brexit, la crescita demografica della popolazione cattolica ed anche la capacità di raccogliere consensi in una minoranza protestante che vede i propri interessi materiali sempre più in conflitto con l’appartenenza storica.</p><p>Michelle O’Neill, vicepresidente dello Sinn Fein ha dichiarato che "La riunificazione è lo sbocco naturale per l'Irlanda del Nord. Il futuro sarà migliore con noi: più soldi per i nordirlandesi, più diritti, più lavoro, più opportunità. Siamo il cambiamento”. </p><p>Nel frattempo il DUP, il principale partito lealista che negli scorsi tempi è entrato in rotta di collisione con il Primo Ministro Boris Johnson per via del pasticcio del protocollo della Brexit che pone i confini nel mare d’Irlanda, ha dichiarato che non parteciperà all’esecutivo e che la politica della condivisione dei poteri è finita, almeno fin quando il protocollo non sarà rivisto.</p><p>Dunque le contraddizioni si moltiplicano e lo scenario di una riunificazione irlandese non è più un tabù.</p><p>Per ora non abbiamo avuto occasione di leggere analisi sul peso della guerra in Ucraina all’interno di queste dinamiche elettorali, ma è significativo comunque sottolineare come la strategia conservatrice di provare a guadagnare consenso interno dopo gli scandali sul fronte dell’esposizione esasperata nel conflitto non sembra aver prodotto risultati, anzi. Il costo sociale della crisi, della pandemia e dell’inflazione sembra essere stato determinante e le spese di guerra, l’ulteriore aumento del costo delle materie prime potrebbero approfondire ancora le contraddizioni all’opera.</p><p>Insieme al ciclo elettorale francese (che può ancora riservare significative sorprese) queste elezioni ripropongono un nuovo rimescolamento dei piani su questioni storiche che si mischiano con le dinamiche determinate dalla crisi pandemica e dal progressivo scongelamento della crisi economica.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-4441093597983441832022-05-05T17:15:00.000+02:002022-05-05T17:15:03.350+02:00SANZIONI CONTRO NOI STESSI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.cosenzachannel.it/wp-content/uploads/2022/03/Sanzioni-contro-Russia-768x461.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="461" data-original-width="768" height="240" src="https://www.cosenzachannel.it/wp-content/uploads/2022/03/Sanzioni-contro-Russia-768x461.jpg" width="400" /></a></div>Il nuovo giro sulle sanzioni alla Russia ci sta mettendo un poco più tempo rispetto alle altre cinque perché alcuni Stati membri dell'Ue hanno forse capito che l'effetto boomerang è molto più grave e sentito di quello che già i cittadini europei stanno subendo.<div>In poche settimane i prezzi alle stelle per carburanti e gas hanno inciso drasticamente sulle tasche degli italiani(per rimanere a casa nostra)e solo uno stupido o uno in malafede può affermare il contrario(o un politico seduto a Roma),e le briciole che il governo vuole dare e se mai le darà di certo non saranno in grado di risanare i conti correnti dei cittadini,figurarsi i conti dello Stato che tra aiuti in armamenti e ulteriori indebitamenti per foraggiare il ministero della guerra stanno collassando,per non parlare da dove arrivano i tagli.</div><div>L'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/interventi/2022/05/04/ucraina-nessuno-intende-negoziare-tutti-hanno-da-guadagnarci-tranne-noi-europei-0149016">tutti-hanno-da-guadagnarci-tranne-noi-europei</a> )mostra in maniera lapalissiana il gioco cui stanno giocando i vari protagonisti in campo partendo dagli Stati Uniti che considerano l'Europa poco più di una colonia e sta sguinzagliando la setta Nato a fare proseliti accumulando nuovi adepti.</div><div>La Russia di Putin non fa un passo indietro e credo non lo farà mai così come l'Ucraina che rischia uno sterminio per il volere di un megalomane arricchito dalla televisione che manda al massacro la sua popolazione(per quanto riguarda le proprie forze militari il pensiero non mi sfiora).</div><div>Parlando di sanzioni la nostra economia già in ginocchio ancora prima della pandemia ora sta crollando letteralmente ed in maniera verticale mentre i nostri politici come pappagalli,assieme ai giornalisti di regime(ricordiamoci che nella classifica per la libertà di stampa siamo scesi dal quarantunesimo al cinquantottesimo posto al mondo)starnazzano quello che Usa,Nato e anche la schiava Unione Europea vogliono inculcare ora dopo ora nelle teste delle persone.</div><div>Nessuno più delle parti citate sopra ormai vuole la pace,i negoziati sono sterili e chi vende armi sta facendo guadagni colossali mentre i politicanti fantoccio europei vogliono praticamente l'Ucraina in ogni dove:Ue,Nato,che se la prendano gli Stati Uniti come cinquantunesimo Stato.</div><div>Per ultima l'inversione di tendenza sugli approvvigionamenti energetici che stanno sempre più ammalando la Terra e stiamo giungendo al punto di non ritorno,mentre si demonizza un'intera nazione e si fa la corte a nazioni dove la dittatura è la vera forma di governo e la libertà è una parola letta solo nei dizionari:meritiamo l'estinzione.<p>Ucraina, nessuno intende negoziare: tutti hanno da guadagnarci. Tranne noi europei.</p><p>di Loretta Napoleoni *</p><p>Ormai è chiaro che né l’Ucraina, né la Russia, né gli Stati Uniti hanno intenzione di negoziare. Per la prima vige il principio che per la patria e per la libertà da Mosca ci si fa trucidare e si resiste fino alla distruzione totale della nazione e della popolazione.</p><p>La seconda è saldamente in pugno a Putin, che non conosce la parola sconfitta e per quanto riguarda gli Stati Uniti – gestiti dal partito democratico, notoriamente guerrafondaio – hanno tutto da guadagnare dal prolungamento della guerra.</p><p>Basta menzionarne i vantaggi economici: si pensi solo ai carichi di metano liquefatto che venderanno a noi europei; senza parlare del trionfo della Nato, creazione loro, che ormai ingloberà anche la pacifista, o meglio ex pacifista, Svezia, la ex diplomatica Finlandia e forse anche la ex neutrale Svizzera.</p><p>Gli unici che da questa guerra hanno solo da perdere siamo noi, gli europei. Avete dato un’occhiata alle bollette energetiche o fatto il pieno di benzina, e che dire dei prezzi dei biglietti aerei per le tanto desiderate vacanze estive…?</p><p>E poi c’è l’inflazione alimentare, i tassi d’interesse che salgono, la stagflazione dietro l’angolo, più di quattro milioni di ucraini da sistemare, da aiutare. La lista è ben lunga.</p><p>Certo l’industria delle armi gongola, ma non è certo un volano per l’economia del vecchio continente. La stragrande maggioranza dei fondi di investimento non la toccano, come non investono nell’industria del tabacco.</p><p>Ma non basta essere tartassati dalle conseguenze negative di una guerra che si poteva e si doveva evitare con la diplomazia, adesso al vecchietto Biden è stato dato un nuovo copione da recitare da chi gestisce il potere in America, e cioè il partito democratico e chi lo dirige, probabilmente la Clinton e il suo seguito. Nel copione c’è scritto di spingere la Nato a entrare nel conflitto.</p><p>La scorsa settimana Victoria Nuland, la poco diplomatica e nota guerrafondaia Under Secretary of State for Political Affairs, ha ufficialmente dichiarato che la Nato deve intervenire per salvare gli assediati dell’acciaieria di Mariupol.</p><p>Alla Nuland, talmente imperialista da far apparire Dick Cheney come un agnellino, dell’Europa interessa poco. Per lei noi siamo una colonia, esiste solo l’America e il nemico, che al momento si chiama Russia. I nemici si combattono con le guerre per procura: quella in Corea, in Vietnam, in Afghanistan, e adesso in Ucraina.</p><p>Un intervento della Nato ci farebbe entrare in guerra. Lo sanno tutti: da Boris Johnson, di nuovo alle corde per le feste durante i lockdown, fino a Ursula von der Leyen che, infilatasi il giubbetto antiproiettile, ha incitato l’Ucraina a combattere fino alla vittoria e ha consegnato a Zelensky il questionario per entrare nell’Ue pur non avendo i requisiti per farne parte (il peggior peccato che un euroburocrate possa commettere).</p><p>Lo sa pure Mario Draghi, che per far vedere che esiste manda armi e chiede l’embargo sul petrolio russo.</p><p>Tutta questa gente gioca con il fuoco, è bene che i lettori lo sappiano. Tante, troppe guerre sono scoppiate per questo motivo. Pensare che questa guerra finirà con la vittoria di Kiev grazie all’eroismo dei suoi cittadini e alle armi che gli stiamo dando è un’illusione pericolosissima che solo chi non conosce la storia può coltivare.</p><p>Siamo insomma nella politica dell’assurdo: mentre sbandieriamo l’importanza della libertà, facciamo affari con i dittatori africani come Al Sisi. Il motivo è punire il super-dittatore Putin.</p><p>Così facendo paghiamo il doppio per le nostre bollette, accettiamo che con le nostre tasse si producano armi e contribuiamo al surriscaldamento della Terra (molte centrali a carbone hanno ripreso a funzionare). Ma che bravi, noi sì che siamo liberi e democratici!</p><p>Ogni sera giornalisti semi-mummificati intervistano colleghi ed esperti altrettanto fossilizzati che ci ripetono questo mantra: “è la cosa giusta da fare”. Accettiamo che tutto ciò che è russo venga cancellato dal mappamondo, persino gli atleti non possono partecipare agli incontri internazionali. Anche lo sport è entrato in guerra.</p><p>Politica e informazione sono a senso unico, proprio come negli anni Trenta in Germania, le voci fuori dal coro vengono stroncate e tacciate di essere a favore di Putin.</p><p>Forse la Nuland ha ragione, siamo una colonia degli Usa. Noi europei non ci siamo mai ripresi dal trauma della Seconda guerra mondiale: con i soldi del piano Marshall l’America ci ha chiuso in un recinto dal quale non siamo mai riusciti a uscire.</p><p>Tutti i tentativi di rifiutare i valori, i modelli – vedi il neoliberismo – che arrivavano dall’altra sponda dell’Atlantico sono stati inutili. La riprova? Il crollo della sinistra europea. Che fine ha fatto quella svedese? E quella italiana? Per non parlare dei laburisti inglesi.</p><p>Dove sono finiti gli intellettuali che difendevano i veri valori della libertà, quelli dell’informazione senza propaganda, della libertà di pensiero, di parola, di opinione? Ma soprattutto la libertà di scegliere la pace?</p><p>* da IlFattoQuotidiano</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-19382318551695284392022-04-13T17:54:00.001+02:002022-04-13T17:54:26.069+02:00PREZZEMOLINO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://formiche.net/wp-content/blogs.dir/10051/files/2022/04/Zelensky-500x500.jpeg?x86357" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="500" height="320" src="https://formiche.net/wp-content/blogs.dir/10051/files/2022/04/Zelensky-500x500.jpeg?x86357" width="320" /></a></div>Ormai presente ovunque nei notiziari,sulle prime pagine di quotidiani e di rotocalchi,negli "speciali" che non sono più tali in quanto giornalieri sulle emittenti televisive,il presidente ucraino Zelensky è una sorta di prezzemolino cui siamo abituati e che certamente in molti di noi vorrebbero vederlo meno.<div>Più che guardarlo direi che è la sua voce e quello che dice che ha stancato e parecchio,uno che nello stesso discorso vuole la pace ma che chiede munizioni e armi,che parla di dialogo ma che ogni santo giorno vuole la morte del nemico,uno che ha fatto soldi e fortuna con la televisione e che ora è un signore della guerra.</div><div>Il pressapochismo politico del presidente Zelensky è proprio del ritrito populismo e qualunquismo della destra(molto estrema)che viene propinata in tutto il mondo e da molti decenni,e che trova ancora proseliti salvo poi capire quando è troppo tardi di aver creduto a delle fandonie.</div><div>L'articolo preso da Contropiano(<a href="https://contropiano.org/interventi/2022/04/10/i-professionisti-della-comunicazione-che-gestiscono-zelenskij-0148265">i-professionisti-della-comunicazione-che-gestiscono-zelenskij</a> )è un piccolo contributo che riguarda la gestione dell'immagine di Zelensky che è ormai ospite in tutti i parlamenti mondiali a cadenza giornaliera e che continua la sua calcolata carità piangendo per se stesso più che per ucraini(che se la passano parecchio male ed è un eufemismo)e che parla di violenze presunte o meno dalla controparte russa mentre il suo esercito è composto di agnellini,tirando in ballo stragi,torture,crimini di guerra,uso di armi chimiche e proibite almeno una volta al giorno.</div><div>La guerra è una brutta cosa e certamente mettendoci il muso e le parole quotidianamente non fermerà questa tragedia che l'Ucraina ha cominciato dal 2014 e che ora ha il sostegno di tutto un occidente che non riesce a capire che gli Usa,l'Ue e la Nato sono i principali artefici di questo conflitto.<p>I professionisti della comunicazione che gestiscono Zelenskij.</p><p>di Pierluigi Fagan *</p><p>Alcuni si sono irritati e sorpresi dai miei recenti toni con cui ho trattato Zelensky. Chiunque abbia avuto esperienze di marketing e pubblicità non potrà non notare come tutta la narrazione Zelensky ricalchi in tutta evidenza una chiara strategia.</p><p>Forse questa affermazione risulterà infondata ai più, ma io ho lavorato in quel campo per due decenni e passa, diciamo ad alti livelli, con una specializzazione professionale specifica proprio in strategie di marketing e comunicazione.</p><p>Non c’è alcuna possibilità che possiate sostenere il contrario, credetemi, la mia non è una convinzione politica è meramente una constatazione tecnica.</p><p>Zelensky è il testimonial (bravissimo) di una strategia di comunicazione (abilissima e molto professionale) che presuppone un abilissimo team che ne cura immagine e testi, team ovviamente non ucraino.</p><p>Ma è anche un PR con un altro team che gli apre porte di parlamenti, interventi nelle piazze pacifiste, interviste, servizi copertina e da ultimo anche merchandising e tutto il noto sistema che accompagna il format “rivoluzioni colorate”.</p><p>E chi lo dirige gestisce anche le sue relazioni internazionali, l’amicizia con i Trimarium in funzione anti-UE, gli attacchi a Germania e qualche volta Israele, l’ambiguo rapporto con la Turchia che sta nella NATO tanto quanto si bilancia con la Russia e molto altro.</p><p>O mi volete dire che un comico ucraino in politica da tre anni con un Paese al 133° posto per Pil, è in grado di far tutto questo da solo?</p><p>Ogni giorno concede qualcosa facendo respirare gli animi pacifisti e ragionevoli, un minuto dopo fa marcia indietro.</p><p>Ogni giorno alza la posta paranoica contro l’inumanità russa (che è per molti versi obiettiva), poi chiede più armi, più soldi, più riconoscimento e più odio per il nemico.</p><p>Ogni giorno noi non abbiamo alcuna informazione terza sui teatri di guerra, ma abbiamo cori di esperti che fanno sperare: “i russi sono impantanati”, “i russi cedono psicologicamente”, “i russi stanno preparando attacchi biochimici ed atomici (quando queste sono pari accuse fatte dai russi nei loro confronti).</p><p>Non vediamo i militari russi, non vediamo i militari ucraini, vediamo solo immagini ucraine e sentiamo solo comunicati ucraini.</p><p>Se c’è speranza, c’è un invio d’armi e tutto il circuito si rilancia.</p><p>Ogni giorno gli europei vanno incontro a questo tsunami emotivo terrorizzante spinti da dirette h24 gestite da professionisti della comunicazione che non hanno mai un dubbio, un’alzata di sopracciglio, un possibile ricordo del necessario bilanciamento quando si stratta di comunicazione di guerra.</p><p>Così i popoli, così i loro intellettuali principali, così i partiti annichiliti.</p><p>Granelli di sabbia in questa abbondante vasellina sono subito coperti di ignominia ed ostracizzati.</p><p>* da Facebook</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-50540527478537086972022-04-11T17:58:00.005+02:002022-04-11T17:58:57.818+02:00L' ERGASTOLO A BELLINI <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2020/08/01/Bologna-330x173.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="173" data-original-width="330" height="210" src="https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2020/08/01/Bologna-330x173.jpg" width="400" /></a></div>L'ennesimo capitolo del processo per la strage di Bologna ha visto negli scorsi giorni la pena dell'ergastolo per Paolo Bellini per concorso in strage e due pene di 6 e 4 anni rispettivamente per Piergiorgio Segantel(carabiniere)e Domenico Catracchia(faccendiere)per depistaggio e false informazioni.<div>L'ex terrorista neofascista di Avanguardia nazionale era l'ultimo in ordine cronologico a venire giudicato come esecutore dell'attentato dopo i già condannati Mambro,Fioravanti,Ciavardini e Cavallini(quest'ultimo ha un processo d'appello l'anno prossimo)mentre il processo ai mandanti,ormai deceduti quasi tutti quelli riconosciuti colpevoli(vedi:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2020/02/il-capitolo-finale-sui-mandanti-della.html">madn il-capitolo-finale-sui-mandanti-della strage di bologna</a> )è terminato del 2020.</div><div>L'articolo proposto(<a href="http://www.ecn.org/antifa/article/6710/strage-di-bologna-ergastolo-all8217ex-terrorista-di-avanguardia-nazionale-paolo-bellini-6-anni-per-l8217ex-carabiniere-segatel-e-4-anni-a-catracchia">www.ecn.org/antifa strage-di-bologna-ergastolo</a> )parla della sentenza e ripercorre brevemente la cronaca di questi quarant'anni e oltre di una delle pagine più tragiche e vergognose della storia italiana.<p>Strage di Bologna, ergastolo all’ex terrorista di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini, 6 anni per l’ex carabiniere Segatel e 4 anni a Catracchia · </p><p>L'ex terrorista di Avanguardia Nazionale è stato imputato dopo che la Procura generale ha avocato l'inchiesta sui mandanti. Accusando, da morti, quindi non processabili, il capo della P2 Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi</p><p>Ergastolo per Paolo Bellini, sei anni per Piergiorgio Segatel e 4 anni a Domenico Cataracchia. La Corte d’assise di Bologna ha emesso la sentenza per la strage di Bologna nel processo che ha portato sul banco degli imputati l’ex terrorista di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980, l’ex capitano dei carabiniere, imputato per depistaggio e l’ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini. Per l’attentato in cui morirono 85 persone e altre 200 rimasero ferite sono stati condannati in via definitiva gli ex Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e in primo grado Gilberto Cavallini il cui processo di secondo grado è stato rinviato al 2023. Bellini – sulla cui figura Paper First ha pubblicato il libro L’uomo Nero e le stragi a cura di Giovanni Vignali – è stato imputato dopo che la Procura generale ha avocato l’inchiesta sui mandanti. Accusando, da morti, quindi non processabili, il capo della P2 Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi.</p><p>Il procuratore generale di Bologna aveva chiesto l’ergastolo e l’isolamento per Bellini, 6 anni per Segatel e 3 anni e mezzo per Catracchia. “Noi abbiamo qualificato il fatto come crimine punito dall’articolo 285 del codice penale, perché si tratta di un crimine contro la personalità dello Stato” aveva detto il rappresentante dell’accusa. “La strage non colpisce soltanto le vittime malcapitate ma offende un valore, il valore principale della nostra Repubblica, che è la democrazia. Perché se io col sangue tento di condizionare la vita democratica, i flussi di voto, il consenso – aveva aggiunto Umberto Palma – tento di far scattare una reazione che possa influenzare la vita politica del Paese e offendo la Costituzione, il Paese stesso, l’Italia”. Ecco perché questa “strage è un crimine contro la personalità dello Stato, perché parti offese non solo solo le vittime, ma anche la comunità, Bologna, la democrazia e la personalità dello Stato e l’articolo 285 del codice penale tratteggia la strage come delitto contro la personalità dello Stato”. Bellini è accusato di essere uno degli autori della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, in concorso con gli ex Nar già condannati e con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti e non più imputabili, ma ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato.</p><p>Gli inquirenti – che nel gennaio del 2021 avevano chiuso le indagini su mandanti – avevano rintracciato un filo nero che dal Maestro Venerabile della P2 è passato, secondo la loro ricostruzione, dal cuore dello Stato per finire agli estremisti di destra, incrociando agenti dell’intelligence e faccendieri, assoldati per depistare le indagini. Quella che era stata una suggestione era quindi diventata una vera ipotesi investigativa e infine un processo. Per l’accusa infattu fu la loggia massonica Propaganda 2 a organizzare e finanziare la strage di Bologna. E dietro alla bomba alla stazione c’erano quattro menti nere: quelle di Licio Gelli, del suo braccio destro Umberto Ortolani, del potentissimo capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e del piduista senatore del Msi, Mario Tedeschi. Tutti morti e quindi non imputabili. A processo invece erano andati Bellini, Segatel, Catracchia e l’ex generale del Sisde Quintino Spella morto un anno fa.</p><p>Per tre testimoni e altrettanti consulenti, tra i quali tre tecnici della polizia Scientifica, i giudici hanno disposto di inviare i verbali al Pm per valutare eventuali ipotesi sui reati di falsa testimonianza, e frode in processo penale e depistaggio. Si tratta dell’avvocato Stefano Menicacci, ex deputato dell’Msi e già difensore di Stefano Delle Chiaie, che presentò Bellini, all’epoca latitante, all’aeroclub di Foligno. Poi Giancarlo Di Nunzio, cointestatario, insieme allo zio Giorgio, di un conto corrente sul quale sarebbe transitata la prima tranche di soldi poi utilizzati per finanziare la strage. E infine Piercelso Mezzadri, personaggio vicino agli ambienti dell’estrema destra emiliana, legato a Bellini.</p><p>Rischiano un’indagine anche i tre tecnici della polizia Scientifica, Fabio Giampà, Stefano Delfino e Giacomo Rogliero, che chiamati dalla Procura generale a ripulire una intercettazione ambientale del leader veneto di Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi, in cui secondo l’accusa si faceva riferimento ad un ‘aviere’ che avrebbe portato la bomba in stazione a Bologna, nella loro relazione hanno affermato che in realtà la parola potrebbe non essere ‘aviere’, ma bensì ‘corriere’. Secondo la Procura, però, questa interpretazione, visto che i tecnici della Scientifica hanno ammesso di aver consultato anche fonti aperte (come articoli di giornale che parlavano del processo), è influenzata dalle ipotesi poi archiviate sulla pista palestinese, soprattutto quando fa riferimento allo scoppio per errore della bomba in stazione, trasportata proprio da un corriere.</p><p>Alla lettura della sentenza nel nuovo processo sulla Strage di Bologna l’aula della Corte di assise, gremita di familiari delle vittime, ha reagito con gioia composta. Abbracci e sollievo, con gli avvocati di parte civile e con il sindaco Matteo Lepore e la vicepresidente della Regione Elly Schlein, presente alla lettura del dispositivo. “Ottimo, bene. Confido nel fatto che la mole di documenti uscita da questi processo potrà essere utile anche per altri processi riguardanti le stragi e non solo. È l’inizio del percorso verso la verità, mancano le responsabilità politiche” commenta con l’Adnkronos di Paolo Bolognesi, presidente del comitato familiari delle vittime della strage di Bologna.</p><p> https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/04/06/strage-di-bologna-la-sentenza-ergastolo-a-paolo-bellini-6-anni-per-segatel-e-4-a-catracchia/6550508/</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-85647107588943558242022-04-06T17:32:00.001+02:002022-04-06T17:32:13.655+02:00UNA GIUSTIZIA ROSICCHIATA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://pbs.twimg.com/media/EJY-AHOW4AAaXqI.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="565" data-original-width="715" height="316" src="https://pbs.twimg.com/media/EJY-AHOW4AAaXqI.jpg" width="400" /></a></div>E' difficile pronunciare la parola giustizia dopo dodici anni di infamie e di accuse,di depistaggi riusciti ed altri svelati,di lotta strenua di una sorella e del suo avvocato,di carabinieri cattivi e criminali e di altri con una coscienza.<div>La storia di Stefano Cucchi,della sua vita,delle sue debolezze,del suo arresto e del suo assassinio è ormai nota e riassunta nel redazionale di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/malapolizia-news/2022/04/05/giustizia-per-stefano-cucchi-dopo-dodici-anni-0148164">giustizia-per-stefano-cucchi-dopo-dodici-anni</a> e vedi anche un articolo dell'ottobre del 2009:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2009/10/ci-sara-la-verita.html">madn ci-sara-la-verita?</a>)che ci racconta la fine dell'iter giudiziario di una lentezza disarmante e che in pochi si possono permettere se non con la tenacia e l'aiuto di molti,che ha siglato tra le pene principali i dodici anni di carcere ai carabinieri Di Bernardo e D'Alessandro rei di omicidio preterintenzionale dopo avere massacrato di botte Cucchi sotto la loro custodia.</div><div>La foto di presentazione che vede Stefano Cucchi sorridente è affiancata da quelle di quattro rifiuti umani che hanno prestato servizio in politica che corrispondono ai nomi di Salvini,Tonelli,Giovanardi e La Russa,che hanno le mani insanguinate come quelle dei carabinieri condannati assieme a coloro che hanno gettando fango(sto tranquillo)a Cucchi e altre persone ammazzate dallo Stato e difeso senza se e senza ma i loro aguzzini.</div><div>Anche se rimangono ancora troppi lati oscuri e ci sono i vertici dell'arma che hanno tentato di gettare tutto lo sporco sotto al tappeto che ne sono usciti(speriamo momentaneamente)puliti,è tuttavia una sentenza definitiva che è una mosca bianca in un paese come l'Italia,prodiga ad usare violenza e tortura sia durante gli arresti che durante la carcerazione.<p>Giustizia per Stefano Cucchi, dopo dodici anni.</p><p>di Redazione Contropiano</p><p>La Cassazione ha condannato in via definitiva a 12 anni – un anno in meno rispetto alla sentenza di appello – i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale per il pestaggio e alla morte di Stefano Cucchi.</p><p>Per i due carabinieri condannati dovrebbero a questo punto aprirsi le porte del carcere. Per puro caso, le condanne sono della stessa dimensione del tempo passato a combattere i depistaggi che l’Arma dei Carabinieri – a diversi livelli – ha messo in atto, fino a costringere a ben dieci processi per arrivare infine a stabilire questa verità che appariva evidente fin dal primo momento.</p><p>Prima della sentenza, il procuratore generale della Cassazione, Tomaso Epidendio ha dichiarato che i carabinieri hanno “voluto infliggere a Cucchi una severa punizione corporale di straordinaria gravità, per il suo comportamento strafottente. Tutto qui è drammaticamente grave ma concettualmente semplice: senza i calci, gli schiaffi, le spinte, ci sarebbe stata la frattura della vertebra? La risposta è palesemente negativa”.</p><p>La ricostruzione dei fatti – che riprendiamo per semplicità da Wired – è, nella sua dinamica abbastanza semplice, ex post.</p><p>Stefano Cucchi, la sera del 15 ottobre 2009, veniva arrestato da una pattuglia di carabinieri per il possesso di circa 20 grammi di hashish, 2 grammi di cocaina e due pastiglie di ecstasy.</p><p>Prima di essere portato in caserma, il giovane deve condurre i carabinieri a casa dei suoi genitori, dove viveva, per la perquisizione dell’alloggio. L’operazione non porta a nulla, tranne alla constatazione da parte della coppia che loro figlio si trova in buone condizioni fisiche e di salute. Un dettaglio che si rivelerà fondamentale nei successivi 13 anni.</p><p>Quella notte, Stefano la passa in caserma, da dove viene allertato il 118 per verificare il suo stato di salute. In poche ore, insomma, le sue condizioni passano da “buone” a “critiche”, tanto da dover essere chiamata un’ambulanza (cosa che, in una caserma dei carabinieri, avviene solo in casi davvero estremi).</p><p>In base ai resoconti e ai verbali dei carabinieri, Cucchi avrebbe rifiutato la visita medica, cosa che appare comprensibile solo per chi conosce da vicino le dinamiche e i comportamenti “obbligati” della detenzione (“sono caduto per le scale”, si usa dire dopo aver subito un pestaggio).</p><p>Il giorno successivo, prima dell’udienza per la conferma dell’arresto, il ragazzo viene consegnato alla polizia penitenziaria. Gli agenti a quel punto pretendono che Stefano sia sottoposto a una visita medica, dalla quale emergono forti lesioni alla regione sacrale, cioè alle vertebre più basse della colonna, e alle gambe.</p><p>Di nuovo, i verbali sostengono che Stefano abbia rifiutato una controllo più accurato.</p><p>Appare chiaro, insomma, che i “secondini” – vendendolo in condizioni critiche – abbiamo voluto una certificazione sanitaria che escludesse fossero loro gli autori del pestaggio pestaggio. Un detenuto, in questa trafila, viene trattato come un “pacco”: ogni nuovo “lavorante” che lo prende in carico vuole che siano precisate le condizioni in cui gli arriva…</p><p>Durante l’udienza l’arresto viene convalidato, ma Stefano Cucchi, invece che in un ospedale, viene spostato nel carcere di Regina Coeli a Roma.</p><p>Segue subito l’ennesima visita medica e, questa volta, il dottore ne richiede l’immediato ricovero presso l’ospedale Fatebenefratelli. I verbali riferiscono che Stefano Cucchi avrebbe rifiutato il ricovero, venendo dimesso con la diagnosi di diverse fratture e numerosi ematomi.</p><p>Ufficialmente, i referti sostengono che la causa delle lesioni sarebbe stata una caduta dalle scale.</p><p>Passa un altro giorno e Stefano non può non andare in ospedale. Gli viene così imposto il ricovero, presso il reparto di “medicina protetta” del Pertini (in realtà una sezione specifica per detenuti).</p><p>Nonostante le sue condizioni precarie, l’amministrazione penitenziaria impedisce ogni visita alla famiglia Cucchi. Tre giorni dopo, alle 6 del mattino del 22 ottobre 2009, Stefano muore da solo, senza aver nemmeno potuto salutare i genitori e la sorella.</p><p>Il lunghissimo iter processuale non è però ancora arrivato al punto finale. O almeno non per tutti i carabinieri coinvolti nell’omicidio.</p><p>Ci sarà un processo di appello bis per il reato di falso nei confronti dei carabinieri Roberto Mandolini e per Francesco Tedesco, condannati in appello a 4 e a 2 anni e mezzo. Per questo reato però la prescrizione è ormai imminente, a maggio.</p><p>Tra pochi giorni, giovedì 7 aprile, è inoltre prevista la sentenza del processo sui presunti depistaggi dopo il decesso di Cucchi, che vede imputati otto carabinieri con diversi gradi – anche alti – accusati a vario titolo di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia e per i quali il pm ha chiesto condanne che vanno da 1 anno e 1 mese fino a 7 anni.</p><p>Giustamente soddisfatte, dopo la sentenza definitiva della Cassazione, le dichiarazioni dei familiari e del loro avvocato, Fabio Anselmo, autentico protagonista di questa lunghissima battaglia giudiziaria.</p><p>“A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di coloro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui”, ha detto Ilaria Cucchi dopo la sentenza.</p><p>“Finalmente è arrivata giustizia dopo tanti anni almeno nei confronti di chi ha picchiato Stefano causandone la morte“, ha aggiunto Rita Calore, madre di Stefano Cucchi, riportate dal suo legale Stefano Maccioni.</p><p>“Questi occhi hanno visto finalmente Giustizia. Stefano Cucchi è stato ucciso dai due carabinieri che lo arrestarono la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009. Questa sentenza la dedichiamo ai medici legali Arbarello e Cattaneo che parlarono di caduta probabilmente accidentale e di lesioni lievi. Ora i responsabili dell’omicidio di Stefano saranno incarcerati”.</p><p>Così in un post su Facebook l’avvocato Fabio Anselmo, legale di Ilaria Cucchi, dopo la sentenza.</p><p>Ma non è finita, dicevamo. I carabinieri – tra cui alcuni alti ufficiali – responsabili dei depistaggi devono subire anche loro, se non altro per la semplice logica degli eventi, una condanna proporzionata.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-83763580519463835092022-04-01T15:37:00.003+02:002022-04-01T15:37:30.883+02:00UN MESE DALL' AGGRESSIONE MORTALE A YVAN COLONNA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://i.la-croix.com/x/2022/03/13/1201204692/Rassemblement-hommage-Yvan-Colonna-6-Corte-suite-agression-militant-independantiste-prison-Arles_0.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="534" data-original-width="800" height="267" src="https://i.la-croix.com/x/2022/03/13/1201204692/Rassemblement-hommage-Yvan-Colonna-6-Corte-suite-agression-militant-independantiste-prison-Arles_0.jpg" width="400" /></a></div>E 'passato un mese dall'aggressione che si è rilevata mortale ai danni di Yvan Colonna,uno dei nomi dell'indipendentismo corso più conosciuti e rispettati,avvenuta nel carcere di Arles dove un detenuto jihadista lo ha strangolato provocandone la morte sopraggiunta il 21 marzo.<div>Ed è da quel 2 marzo che la Corsica e soprattutto a Bastia ci sono proteste contro quello che è istituzionalmente francese perché l'omicidio di Colonna è visto come un intervento diretto dello Stato vista la dinamica della violenza e l'assenza d'intervento delle complici guardie carcerarie.</div><div>Yvan Colonna,militante dell'FNLC(il fronte di liberazione nazionale corso),era stato condannato in via definitiva all'ergastolo per il presunto omicidio del prefetto Érignac avvenuto verso la fine degli anni novanta con prove circostanziali in un processo farsa in cui si è sempre professato innocente.</div><div>L'articolo di Agi(<a href="https://www.agi.it/cronaca/news/2022-03-27/rivolta-giovani-corsica-francia-assassina-mito-yvan-colonna-16151854/">rivolta-giovani-corsica-francia-assassina-mito-yvan-colonna</a> )racconta dell'ultimo mese tra l'aggressione,le proteste scaturite,la morte ed il funerale di Yvan Colonna,cui hanno presenziato molti politici indipendentisti e tanti corsi di tutte le età per manifestare la propria vicinanza ad una figura storica ed ormai leggendaria della lotta all'autodeterminazione del popolo della Corsica dal giogo francese(vedi:<a href="https://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2017/12/la-corsica-e-il-silenzio-di-parigi.html">madn la-corsica-e-il-silenzio-di-parigi</a> ).<p>La rivolta dei giovani in Corsica contro la Francia "assassina" del mito Yvan Colonna.</p><p>Viaggio nell'isola scossa dall'omicidio in carcere di Yvan Colonna, una delle figure più carismatiche dell'indipendentismo. Proteste di piazza, guidate dalla ‘Ghjuventù Corsa’, e feriti negli scontri con la polizia, accompagnano le richieste di autonomia sempre più pressanti a Parigi, a poche settimane dalle elezioni</p><p>di Manuela D'Alessandro</p><p>27 marzo 2022</p><p>AGI - A Cargése ci sono due chiesine una di fronte all’altra: una è latina, l’altra greco-ortodossa. Per trenta minuti le campane di entrambe suonano a morto nella valle ammutolita dove splendono gli elicrisi colore del sole.</p><p>Quello a Yvan Colonna potrebbe sembrare l’assurdo funerale di Stato a un uomo che per lo Stato è un criminale. Perché sono presenti quattro parlamentari, il presidente della Regione, Gilles Simeoni, i vigili del fuoco che attendono la bara all’ingresso della chiesa latina accanto a un’opera in legno che raffigura il defunto e perché le bandiere sventolano e un prete indica chi non c’è più come “esempio di passione e attaccamento alla sua terra”.</p><p>Invece è un funerale ‘contro’ “lo Statu francese assassinu”, così hanno scritto in rosso e nero sui muri e sugli striscioni appesi alle finestre. Il saluto a Colonna, aggredito il 2 marzo da un compagno di cella mentre stava scontando l’ergastolo per aver ucciso il prefetto Claude Erignac nel 1998, segna una pausa di raccoglimento dopo giorni di dolore e rabbia rovesciati nelle strade della Corsica col bilancio di una sessantina di feriti a Bastia.</p><p>In nome del suo ‘enfant du pays’, una parte dell’isola, tra cui tantissimi giovani uniti nel movimento separatista ‘Ghjuventù Corsa’, ripropone con una forza nuova i temi antichi dell’autonomia e, in misura minoritaria, dell’indipendenza.</p><p>Nessuna delle cinquemila persone che trattengono il fiato mentre il feretro avvolto dalla bandiera col Moro scende lentamente verso la chiesa da una strada scoscesa crede che l’ex pastore di pecore abbia ammazzato il prefetto e tutti sono convinti che la polizia francese abbia assistito per una decina di minuti, senza voler intervenire, al suo strangolamento nel carcere provenzale di Arles. </p><p>Nelle prime file ad aspettare la bara c’è Renato Corti, 78 anni, considerato uno dei più importanti intellettuali corsi e un raffinato poeta. Tutti lo salutano con rispetto e ammirazione. “Come da 150 anni a questa parte lo Stato francese tortura gli innocenti e li assassina - dice all’AGI -. Ricordiamoci che nel diciottesimo secolo, quello dei lumi, qui i francesi impiccavano i giovani ai lecci e ai castagni”. Corti sembra commosso: “La morte di Yvan è per me devastante. Non ci siamo mai visti ma abbiamo tenuto una corrispondenza lunga 19 anni in cui ho avuto modo di conoscere la sua lucida visione politica”. Ora sta pensando di pubblicare queste lettere come testamento dell’amico.</p><p>In un bar al centro del paese il deputato nazionalista Paul - André Colombani discute coi suoi elettori con grande familiarità. In Corsica ci sono 340mila abitanti, il rapporto tra chi vota e i rappresentanti è molto stretto. “E’ la sola isola del Mediterraneo che non ha uno statuto di autonomia, come per esempio la Sardegna e la Sicilia - spiega -. Tutto viene deciso a Parigi. I giovani che hanno manifestato a Bastia non se la sono presa coi negozi, non hanno distrutto le automobili, se la sono presa coi simboli dello Stato. Questo vuol dire che hanno una profonda cultura politica alle spalle”.</p><p>Tra le richieste alla Francia, sottolinea, c’è quella di far tornare a ‘casa’ a scontare la pena Alan Ferrandi e Pierre Alessandri, gli altri due corsi accusati dell’omicidio di Erignac che sono in carcere nell’Île-de-France. </p><p>Il giorno del funerale è stata proclamata una giornata, come la chiamano qui, di 'Isula morta’. Trasporti pubblici fermi, negozi chiusi. Ovunque da Bastia ad Ajaccio, sui vagoni dei treni, sui muri degli edifici pubblici e dello stadio, in tutti i colori, è apparsa la scritta: ‘Gloria à te, Yvan” accompagnata dall’immagine del suo volto giovane e fascinoso coi lunghi capelli e l’aria di sfida negli occhi.</p><p>La bandiera col Moro bendato di bianco, affiancata al funerale da quella sarda dei 4 Mori e dai vessilli basco e catalano, viene posata perfino tra gli arbusti delle ginestre appena esplose nei prati di questa montagna aspra ingentilita dai fiori in mezzo a un mare favoloso.</p><p>E’ stato aperto anche un ‘livre d’or’ online dove migliaia di persone stanno lasciando un messaggio d’affetto per la moglie e i due figli di Colonna che, poco prima delle esequie, si sono stretti in un momento intimo sotto agli ulivi che il pastore piantò prima di andarsene dalla Corsica. Il più giovane dei ragazzi ha deciso di diventare pastore come Yvan che invece si distanziò dal padre deputato autonomista, assumendo posizioni molto più radicali di separatismo.</p><p>“Colonna è diventato il simbolo di quella che viene percepita come un’ingiustizia generale - riflette il politologo André Fazi, docente all’Università di Corte -. Ventimila persone che manifestano per la Corsica è un numero enorme. La sua morte fa venire a galla la attese deluse soprattutto dopo i successi dei nazionalisti sempre crescenti alle ultime elezioni che Macron, peraltro, non si aspettava. Il Governo non ha mai risposto alle domande democraticamente legittime di questi anni. Tra le ragioni dello scontento c’è anche la difficoltà per i giovani con un’istruzione qualificata a trovare un lavoro perché l’economia è dominata solo dal turismo, dalla grande distribuzione e dal settore immobiliare”. Secondo Fazi, “il discorso dell’indipendenza non è pensabile se non a medio termine perché prima ci vorrebbe uno sviluppo economico. Ora la questione è l’autonomia e Macron sembra essere più aperto. Anche se sembrerebbe voler concedere un’autonomia ‘monca’ sotto un controllo politico che passi da Parigi, il che la svuoterebbe di senso”. </p><p>Chi era Yvan Colonna per il popolo? “Era la nostra identità, un uomo d’onore attaccato alla sua terra” risponde sicuro Thomas, sorseggiando una birra al tavolo con Colombani. “La Francia ha sempre parlato di noi come del problema corso, ma sbaglia prospettiva. Il problema sono loro. Come prima cosa, dovrebbero riconoscere la nostra lingua e la nostra cultura” dice Lisandro, che lavora per una delle tre imprese isolane che imbottigliano le acque minerali locali.</p><p>Cosa succederà adesso? Pierre Savelli, il sindaco di Bastia del partito autonomista Femu Corsica, guarda alle promesse di Parigi. “Penso che, per il momento, la calma debba tornare. E' la volontà espressa dalla famiglia Colonna e il governo ha annunciato che i due prigionieri politici a metà aprile saranno trasferiti nelle carceri corse. E’ stata chiesta la verità sulla morte di Colonna e ci sono un’inchiesta giudiziaria e una commissione parlamentare che la cercheranno. Infine, Parigi ha promesso che si farà insieme un percorso per lo statuto di autonomia i cui tempi saranno comunicati a breve. Il governo ha assunto degli impegni che devono essere seguiti”.</p><p>Bastia guarda molto avanti e lavora per essere tra le candidate al ruolo di capitale europea della cultura nel 2028. “Per costruire l’Europa ci vogliono regioni più autonome” sostiene il sindaco.</p><p>La prospettiva dell’indipendentista Ghjuvan Guido Talamoni, anche lui a Cargese, è diversa ma deve trovare una sponda che al momento non ha per diventare praticabile: “Parigi si è svegliata dopo anni di sonno grazie alle manifestazioni dei giovani dietro ai quali, posso assicurarlo, non c’è nessun partito. Ha mandato subito il ministro dell’Interno per spegnere il fuoco perché tra poco si svolgeranno le elezioni presidenziali, promettendo un’autonomia il cui contenuto però non è stato svelato e noi con le parole non ci facciamo niente. Per i giuristi di tutto il mondo autonomia significa trasferimento del potere legislativo, qui sembra che si debba passare ancora dal centro. Abbiamo capito che lo Stato reagisce solo alle dimostrazioni di forza. Quello che sono riusciti a ottenere i giovani in pochi giorni è molto di più di quanto abbiamo avuto noi e gli autonomisti nonostante abbiamo vinto tutte le elezioni degli ultimi 20 anni anni con un largo margine. Ora vorremmo che i nostri alleati autonomisti in Assemblea regionale abbiano il coraggio politico di proseguire su questa strada. Basta prostrarci per chiedere a Parigi di riceverci e discutere, possiamo bloccare tutto e ribaltare i rapporti di forza se si fermano i nostri agricoltori, i nostri marittimi e se i nostri eletti smettono di riferire al Prefetto che è il vero potere della Corsica. Simeoni, al suo cospetto, non comanda niente”. </p><p>In queste ore gira sui social un video in cui si sentono i militari della caserma ‘Furiani’ di Bastia cantare l’inno francese. Sarebbe avvenuto, ma su questo non ci sono certezze, proprio durante il funerale. “Gli ignobili cani da guardia dello Stato hanno gioito per la morte di un patriota” è stato il commento di Ghjuventù Corsa che ha annunciato nuovi presidi davanti alle prefetture nel frattempo impegnate a erigere muri anti sommossa.</p><p>Difficile prevedere cosa accadrà ma l’immagine finale dell’addio a Colonna, ora consegnato al mito dei corsi, racconta l’intensità di questo momento storico. Dopo le esequie, tutti i partecipanti al funerale hanno camminato in corteo silenzioso alcuni chilometri per raggiungere il cimitero e dare un’ultima carezza a Yvan.</p><p>Nella prima oscurità della sera, tutti hanno intonato, quelli che sono riusciti a entrare nel camposanto e gli altri rimasti fuori, anche molto lontano, il canto popolare che si impara da bambini, ’Corsica nostra’. “Terra d’eroe rizzati libera, fallo per noi/I to figlioli pronti a à marchjà/Portanu u nome di libertà/ i to figlioli pronti à luttà”. </p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5699960408847686438.post-39237125178511145432022-03-24T18:10:00.004+01:002022-03-24T18:10:49.957+01:00IL PARLAMENTO EIACULANTE PER LA GUERRA<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://www.lapressa.it/articles/041199/draghi-zelensky.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="493" data-original-width="700" height="282" src="http://www.lapressa.it/articles/041199/draghi-zelensky.jpg" width="400" /></a></div>Il tour mondiale del presidente ucraino Zelensky ha toccato recentemente anche l'Italia dove in poco meno di venti minuti ha parlato a una folla di politici eiaculanti sciorinando non la solita aggressiva invettiva contro la cattivissima Russia e per la santificata Ucraina,ma bensì usando termini più diplomatici.<div>Come si evince nell'articolo di Contropiano(<a href="https://contropiano.org/news/politica-news/2022/03/22/il-prudente-zelensky-e-lo-squallido-draghi-0147735">il-prudente-zelensky-e-lo-squallido-draghi</a> )non si è parlato direttamente di invio di armi e di proclami sensazionalistici su futuri e tragici conflitti mondiali,e nemmeno ha accostato la Resistenza italiana e l'attuale guerra ucraina,cosa che ha fatto un sempre più imbarazzante Draghi seguito da un confuso Mattarella oggi nel giorno della commemorazione della strage delle Fosse Ardeatine.</div><div>Come detto i presenti in Parlamento hanno elogiato con applausi scroscianti l'intervento di Zelensky arrivato al potere alla fine di un golpe,in un'unione quasi totale a parte poche e singole eccezioni che riguardano politici che hanno ancora un'opinione immune dall'ingerenza statunitense ed europea.</div><div>Perché nonostante i guai di casa nostra con un carovita sempre più opprimente si è deciso di aumentare la spesa pubblica per la guerra,con tutti(quasi come detto sopra)ben felici di approvare questi nuovi stanziamenti in barba alla Costituzione italiana e al pensiero della maggior parte degli italiani che sono contro la guerra e che vogliono una soluzione diplomatica al conflitto.</div><div>Il Pd che è il "volto umano" della destra più reazionaria e guerrafondaia approva il tutto confermando quello che fecero i loro antenati proprio nell'anniversario del bombardamento di Belgrado nel 1999:il voto è alle porte ed è necessaria un'alternativa a tutta questa accozzaglia di politicanti che parlano di pace e che hanno il fucile nascosto dietro la schiena.<p>Il prudente Zelensky e lo squallido Draghi.</p><p>di Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo) </p><p>È stato un discorso più prudente, rispetto ai suoi soliti standard, quello di Zelensky al Parlamento italiano. Secondo alcuni commentatori ciò sarebbe dovuto al fatto che il presidente ucraino, dopo la telefonata con il Papa, abbia ritenuto controproducente parlare, come sinora ha sempre fatto, di No-fly-zone e Terza guerra mondiale, proprio là dove il Papa risiede. </p><p>Zelensky non ha neppure usato il paragone, che tutti aspettavano, tra Resistenza antifascista e guerra in Ucraina. Dopo lo scandalo e le proteste in Israele per l’accostamento della condizione degli ucraini a quella degli ebrei sterminati da Hitler, il presidente ucraino ha ritenuto di non fare quei discorsi che da noi urlano ogni giorno i peggiori guerrafondai del PD.</p><p>L’intervento di Zelensky è stato un passo di diplomazia, vedremo se puramente tattico, visto anche che il governo italiano non conta nulla nelle decisioni importanti. Oppure perché fondato su trattative che non conosciamo. Vedremo. </p><p>In ogni caso è stato Draghi a pavoneggiarsi in un stupido e ridicolo intervento guerrafondaio. Lui ha parlato di Resistenza e armi agli ucraini, mentre Zelensky aveva fatto solo rifermento alle sanzioni. Un gioco delle parti? Può essere, ma con il governo italiano che svolge il ruolo dell’utile idiota. </p><p>C’è da vergognarsi di Draghi e della nullità che rappresenta, quando un ruolo davvero di mediazione dell’Italia oggi sarebbe stato fondamentale, per fermare la guerra e per un vero aiuto al popolo ucraino. Ma invece inviamo armi, in un clima di interventismo dannunziano, nel quale la grande stampa sta toccando vertici di ignominia. </p><p>Una cosa è chiara: la fine della guerra non passerà certo per la nostra indecente classe politica. Per questo oggi più che mai mobilitiamoci contro la guerra e la partecipazione italiana alla guerra. Chiediamo noi il cessate il fuoco. Possiamo fare di più noi che i nostri squallidi governanti.</p></div>Lillohttp://www.blogger.com/profile/11936662333973425793noreply@blogger.com0