lunedì 31 marzo 2014

GRASSO CONTRO RENZI

Persino Grasso striglia Renzi: "abolizione del Senato pericolosa"
Se lo dice pure l'ex magistrato Grasso,che ha fatto fortuna e carriera sotto qualsiasi governo sia capitato,che l'abolizione ora come ora sia pericolosa per la democrazia significa che sotto sotto qualcosa di antidemocratico e di golpista c'è nell'aria.
Il lavoro di Renzi che tanto piace alla Troika,all'Europa,agli Usa e ai piduisti,insomma a tutti gli avvoltoi a parte gli italiani,vede calare la scure sul Partito Democratico che è destinato alle prossime elezioni europee a prendere una bella mazzata.
L'articolo preso da Senza Soste spiega bene la voglia di riforme del fiorentino che in una parola sola chi firma l'articolo definisce senza mezzi termini fascista:e la destra si sfrega le mani.

Persino Grasso striglia Renzi:"abolizione del Senato pericolosa".

Quanto è golpista la riforma costituzionale che Matteo Renzi sta imponendo al paese? La domanda può ricevere molte risposte, ma se dobbiamo prendere a metro di misura il tasso di “moderazione” da sempre esibito da chi la contrasta, non possiamo che trarre una sola conclusione: è un riforma strettamente fascista.
Non stiamo naturalmente parlando dell'estetica di questo regime, che ha molto del “paninaro” ignorante e presuntuoso e ancora non manda in giro squadracce a distribuire olio di ricino ai dissidenti, né ha ancora elaborato un format del "bravo giovane di regime" (stile "libro e moschetto"). Parliamo invece della sostanza istituzionale, della meccanica “regolativa” dell'equilibrio dei poteri. Ovvero del cuore della democrazia liberale.
Naturalmente è un fascismo del XXI secolo, al passo con quello dell'Unione Europea, di cui ricalca fin nei dettagli l'assetto istituzionale (Tutti i poteri all'esecutivo, un parlamento senza poteri e senza legittimazione democratica, dipendenza diretta dalle multinazionali della manifattura e della finanza).
Le categorie di “destra” e sinistra” qui, in effetti mordono un po' meno, perché stiamo andando decisamente oltre il confine delle “regole condivise” da tutte le parti in un regime parlamentare; stiamo – stanno – manomettendo il “motore”, per accedere direttamente ad un altro regime.E' un po' più grave di una riforma "di destra", è un rovesciamento reazionario in grande stile, come sognato un tempo dalla P2.
Il dispositivo disegnato da legge elettorale (premio di maggioranza abonorme e assenza delle preferenze, un cazzotto in faccia alla Corte Costituzionale e quindi alla Costituzione stessa) e abolizione del Senato configura un potere esecutivo politicamente irresponsabile, anche se eletto con una minoranza risibile dell'elettorato. Lo dice un sepolcro imbiancato come Piero Grasso, uno che ha fatto carriera da magistrato con qualsiasi governo, uno che ha sempre evitato per scelta qualsiasi presa di posizione che potesse apparire anche solo vagamente “dissonante”. Eppure, è stato costretto a dire che sarebbe bene che la «camera alta» resti un’assemblea degli eletti, senza snaturarne completamente; ad invitare a non procedere sulle riforme a colpi di voti di fiducia. «L’Italicum più la riforma del Senato nel senso di un monocameralismo di fatto, può rappresentare «un rischio per la democrazia».
Avevamo appena archiviato l'”appello” di altri costituzionalisti distratti per oltre un ventennio – a partire da Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, cui si sono aggiunti ora anche Grillo e Casaleggio – che chiedono di fermare il progetto del governo, definito una «svolta autoritaria». Ora l'uscita da parte della seconda carica dello stato.
A suo modo, la risposta di Renzi alle critiche è suonata come una certificazione del vuoto assoluto che abita questo interprete del “cambiamento”: «Capisco le resistenze di tutti, ma la musica deve cambiare. I politici devono capire che se per anni hanno chiesto di fare sacrifici alle famiglie ora i sacrifici li devono fare loro».
Nulla di nulla sul merito costituzionale delle critiche, solo un bla bla para-grillino e un po' para-culo sul “cambiamento” e i “sacrifici per i politici”, come se avere il bicameralismo o no fosse solo un problema di costi. Come se – e non fatichiamo affatto a crederlo – Renzi non sapesse nepopure di che si sta parlando. E viene in mente la risposta assurda data sui problemi che verranno creati dall'entrata in vigore del fiscal compact (dal gennaio 2016): “è un tema che affronteremo nei prossimi mesi”. Come se quei 50 miliardi di manovra annuale per i prossimi venti anni – se la crescita, come sembra plausibile, resterà molto al di sotto del 3% - fossero un dettaglio e non l'incubo di ogni governante serio.
In ogni caso, emerge con nettezza che questo personaggio di non elevata statura – diciamo così – la butta in battute anziché in politica. Sembra insomma uno che abbia imparato la lezione da Berlusconi, condendola con qualche sortita alla Vendola, ma con un'attenzione estrema a non entrare mai nel merito delle cose.
È il tipo di “politico” indispensabile al tempo della Troika; un attore da avanspettacolo, dietro cui avanza un'orda di avvoltoi senza freni.
30 marzo 2014

sabato 29 marzo 2014

NESSUNA CORTESIA NELLA VISITA DI OBAMA



La venuta in pompa magna del presidente Usa Obama ha lasciato molto amaro in bocca a tanti italiani e un po' più di merda sulla lingue dei politici nostrani a partire da Renzi,su temi come gli armamenti,i marò e l'economia.
Le discussioni avvenute partendo dall'incontro col Papa e prendendo spunto dagli F35 dichiarati intoccabili così come gli impegni in spesa percentuale sul Pil dedicata alla difesa(offesa)che sono miseri rispetto a quelli Usa in tutta Europa,passando per la pallosa vicenda degli assassini in divisa che pascolano nell'ambasciata italiana di Nuova Delhi e arrivando allo scempio del TTIP,(il Transatlantic Trade and Investment Partnership),sono stati i principali motivi di questa visita romana di Obama.
Se anche Grillo se n'è accorto significa che c'è stato più di un tentativo d'intromissione statunitense negli affari italiani ed europei(si è parlato ancora molto di Ucraina,Russia e Crimea)significa che la visita non è stata affatto di cortesia ma di imposizione di chi vuole reclamare e rinnovare la leadership mondiale dopo gli ultimi eventi.

Obama contrario alla riduzione delle spese militari.

Il presidente statunitense e premio Nobel “per la pace”, Barak Obama è arrivato in Italia e tra le prime cose che ha detto è  che è contrario alla riduzione delle spese militari nei paesi “alleati” nella Nato, perché, ha spiegato ieri, “dobbiamo pagare per avere una forza Nato credibile e deterrente”. Non sfugge in queste parole il messaggio tutto relativo al caso italiano, dove uno dei “fornitori” principali è la statunitense Lockheed Martin, produttrice degli F35. L’Italia aveva “ordinato” 90 cacciabombardieri per un costo previsto di 14,3 miliardi e sui quali sono state ventilate – ma solo ventilate – voci di una possibile riduzione della commessa. E’ evidente come l’ingerenza statunitense sugli affari europei – acutizzata dalla crisi con la Russia sull’Ucraina – sia destinata a crescere nei prossimi mesi.
Ma il tema delle spese militari e di una loro eventuale riduzione per far fronte ai vertiginosi debiti pubblici, come nel caso statunitense e italiano, da tempo si interseca con le scelte delle varie amministrazioni al di qua e al di là dell’Atlantico.
Nel 2011 le spese del Pentagono (comprese le due guerre in Afghanistan e in Iraq) avevano superato i 710 miliardi di dollari l’anno, il 67% in più (in termini reali) rispetto al 2001. Quelle statunitensi sono il 46% delle spese militari del mondo (seguita dalla Cina con il 7,3%). Ma le percentuali delle spese militari sul Pil non sempre spiegano quantitativamente il loro peso effettivo. Basti pensare al Giappone che spende ogni anno 61 miliardi di dollari per il budget della Difesa. Il piano avanzato dall’amministrazione Obama prevede che nel 2015 il budget del Pentagono scenda a 670 miliard all’annoi, nell’ipotesi (tutta da dimostrare) che le spese per l’impegno militare in Afghanistan e Iraq si riducano di circa 100 miliardi e non si aprano altri fronti di conflitto. Il progetto è quello di tagliare 500 miliardi di spese militari nei prossimi dieci anni. Il che significa rivedere la strategia militare statunitense che, fino a poco tempo fa, prevedeva di essere in grado di combattere due conflitti di rilievo contemporaneamente. Già nella discussione strategica di due anni fa questa visione era stata ridiscussa per essere rimodulata sugli scenari possibili. “Le forze armate americane saranno in grado di combattere e vincere un conflitto di grandi dimensioni, mentre in una seconda zona saranno in grado di limitare le ambizioni di un secondo avversario e condurre altre operazioni di minor entità in altre zone calde», aveva affermato Obama, volendo così rassicurare i generali che i tagli non metteranno a rischio la sicurezza nazionale e gli Usa rimarranno ancora la potenza militare numero uno al mondo.
Ma il ‘Washington Post, alcuni giorni fa, poneva un interrogativo sulla politica estera americana: “Obama ripenserà la sua strategia globale?”. L’autore dell’articolo Fred Hiatt, critica Barack Obama che “ha giudicato il mondo abbastanza sicuro da poter ridurre drasticamente le spese militari, e l’Europa e il Medio Oriente abbastanza sicuri da poter giustificare un pivot-to-Asia”. Invece, con il ridimensionamento degli Stati Uniti, “il mondo è diventato più pericoloso”.
Appare piuttosto evidente come i teatri di crisi aperti in Siria e Ucraina vedano gli ambiti più legati al complesso militare-industriale agire pesantemente per non far abbassare gli standard di spesa legati al militare, negli Stati Uniti come nell’Unione Europea.

venerdì 28 marzo 2014

IL PROFESSOR ANDREA DI STEFANO A CREMA










Ieri sera presso una Sala Pertini ubicata nella sede della Cgil di Crema piena di persone,il comitato cremasco in appoggio alla Lista Tsipras ha promosso un incontro cui è seguito un dibattito tenuto dal professore Andrea Di Stefano,noto giornalista e autore radiofonico direttore del mensile di finanza etica e economia sociale e sostenibilità Valori.
Sintetizzando molto di quello che si è detto Di Stefano ha cominciato affermando che a livello europeo negli ultimi 15-20 anni sia il Ppe che il Pse(la vecchia socialdemocrazia continentale)hanno cambiato in peggio la politica economica generando una crisi che non ha avuto nell'Euro l'attore principale ma bensì la pessima gestione del sistema finanziario che ha avuto ripercussioni tragiche su quello economico,con 20000 miliardi di $(a livello globale)immessi nel mercato per salvare l'economia,socializzando le perdite di gruppi finanziari e bancari(che hanno avuto enormi benefici e profitti ma per pochissime persone)per tappare i buchi della finanza fuori controllo.
La bolla speculativa economica ed immobiliare è partita dagli Usa ben prima della nascita dell'Euro,e solo ora ci si accorge che operazioni fino ad un decennio addietro considerate eretiche come la tassazione sulle transazioni finanziarie ora sono timidamente proposte dalla Germania.
La redistribuzione della ricchezza è il principio base per poter uscire da questo stato di cose,portando questo sistema economico capitalistico in un'ottica di medio e lungo termine in un sistema sociale in cui la mano pubblica deve essere forte per poter stabilire regole e paletti per le imprese e per le lobbies finanziarie ed energetiche senza però scadere nell'ingranaggio del sostegno economico statale che ha affossato di aiuti pubblici intere economie.
Parlando proprio dell'approvvigionamento,della distribuzione e del consumo delle fonti di energia ci dev'essere un repentino cambiamento di rotta passando sulle fonti fossili a quelle rinnovabili e naturali,da cui soprattutto la zona del Mediterraneo può trarre enormi benefici.
Dopo alcune domande specifiche il dibattito si è spostato sulle politiche nazionali ed europee nei confronti degli stessi stati membri e degli Usa,come l'introduzione dell'abominio del pareggio di bilancio nella Costituzione italiana ed il trattato transatlantico appoggiato apertamente dal Pse.
Con la metafora del bicchiere riempito dalle ricchezze dei pochi che traboccando dovrebbe far avere qualcosa anche ai poveri ma nello stesso tempo tale bicchiere si allarga(negli Usa l'1% della popolazione detiene il 50% del reddito complessivo)si è posto il punto cardine finale che la redistribuzione dei redditi è una scelta e non solo un capriccio politico,ideologico ed economico.
Alcune proposte che fanno parte del programma di Tsipras cono il salario orario minimo garantito,ovviamente graduato e progressivo nel tempo tenendo conto di fattori quali il costo della vita in ogni singolo paese,la riduzione dell'orario di lavoro finanziato da interventi sulla fiscalità per far sì che ciò non si trasformi in una riduzione salariale,il reddito minimo garantito europeo che comunque esiste di fatto tranne che in Grecia ed in Italia.
Altre soluzioni possono essere la carbon tax sulle fonti energetiche fossili ed un secco no alle delocalizzazioni dove si spostano le unità produttive per aumentare i profitti:ad esempio se voglio investire in Francia e poi voglio andare in Bulgaria lo Stato mi chiede indietro tutte le agevolazioni fiscali,le detrazioni e gli aiuti ricevuti,cosa che da noi non accade.
Sul tema della patrimoniale si è stati chiari e parlando della tassa Tasi in materia immobiliare dove chi paga alla fine sono gli affittuari e non i palazzinari,si dovrebbero fare prelievi straordinari sugli immobili di altro valore ed in caso di mancanza di liquidità si dovrebbe aver l'obbligo di sottoscrivere titoli di debito pubblico.
Il problema nostrano della tassazione sulla rendita patrimoniale che è ben  più bassa di quella sul lavoro ogni tanto fa litigare anche la pseudo sinistra del Pd,ed in un programma politico serio e di sinistra su questo che deve assolutamente cambiare non dovrebbero esserci ne se né ma,e la tassazione sulle rendite su titoli d'investimento come Bot e Cct così come quelle su redditi alti e sulle pensioni d'oro dovrebbero essere ricalcolate.
Si evidenzia il fatto che sarebbe molto positiva una divisione tra le banche commerciali e quelle finanziarie,che sono ad esempio nel prossimo programma Usa di Obama dove ormai le imprese petrolifere che operano nel Golfo del Messico e molte miniere come quelle per l'estrazione del rame sono in mano alle grandi banche come la Goldman Sachs e la J.P.Morgan.
Si dovrebbero poi avere agenzie sovranazionali di controllo finanziario ed istituire commissioni come in Grecia per poter capire come si possa essere finiti in questo stato di debito,e si è fatto l'esempio italiano dove si è notato che la pessima gestione del territorio e delle regole che non ci sono e se ci sono si aggirano(vedi solo le costruzioni in deroga alle norme antisismiche dei capannoni in Emilia volute da Tremonti e crollate),e che da noi sono costate 350 miliardi di Euro di danni per non aver fatto investimenti in barba ai criteri antisismici e di prevenzione delle alluvioni.
Ultimo intervento sulla necessaria revisione del fiscal compact che nessuno è in grado di rispettare in Europa,con il cane che si morde la coda visto che la sola Italia,il secondo Stato europeo come contributi,ha sborsato 70 milioni di Euro per il fondo salva Stati di Spagna,Irlanda,Portogallo e Grecia.
Incontro positivo che ha visto il professor Di Stefano spiegare in parole semplici l'origine e la concreta possibilità di uscita da questa crisi senza vincoli di austerità sapendo come distribuire meglio la ricchezza dosando sapientemente la tassazione incrementando la produzione di energia rinnovabile e aggiungo ponendo dei seri controlli fiscali agli evasori.

giovedì 27 marzo 2014

MORETTI,IL SUO STIPENDIO E IL RICORDO DI VIAREGGIO

Prendendo spunto dalle stesse parole dell'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti,che interpellato dai giornalisti sul possibile taglio ai top manager dello Stato ha risposto candidamente che se ne potrebbero cercare un altro,posto preso da Infoaut un comunicato dei familiari delle vittime della strage di Viareggio dove morirono trentatré persone.
A parte il fatto che questo coglione è imputato nel processo dell'incidente causato dall'incuria e dalla brama di arricchirsi tralasciando manutenzioni ordinarie e straordinarie e che lo Stato vergognosamente non si è costituito parte civile,guadagna solo con FS 837 mila Euro,cifra che la maggior parte degli italiani non vedrà lontanamente nemmeno dopo un'intera esistenza.
Lo"spiacevole episodio",il termine col quale Moretti cita la strage di Viareggio,non è che l'apice in numero di vittime raggiunto negli ultimi anni in Italia,con la cronaca che settimanalmente parla di incidenti ferroviari più o meno gravi che colpiscono tutta la penisola indistintamente,mentre si parla sempre del progetto Tav e dei milioni di Euro investiti per un'opera assurda mentre l'intero sistema ferroviario statale è più che al collasso.

Familiari Viareggio: Sullo stipendio di Mauro Moretti.

Sullo stipendio di Mauro Moretti. Comunicato dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.

L’Amministratore delegato delle ferrovie, cav. Mauro Moretti, ha dichiarato che se viene ‘ritoccato’ il suo stipendio (873.000 €, quello che percepisce solo dalle ferrovie), se ne va. Si è, come suo solito, messo alla testa di quei manager pagati centinaia e centinaia di migliaia di € con la ‘singolarità’ che, quando si trovano di fronte a “spiacevoli episodi” (definita così, dal Moretti, la strage ferroviaria di Viareggio) non hanno più alcuna responsabilità.
Il coraggio non è proprio il loro forte … senza dimenticare la loro incoscienza, amoralità e disumanità.
In queste ore, molti sono rimasti sbigottiti e increduli dalla ‘rivendicazione’ di Moretti, ma nessuno ha ricordato che Moretti, tanto coccolato dai poteri forti, è rinviato a giudizio per la strage del 29 giugno 2009.
A 24 ore dall’immane tragedia, quando ancora il fuoco “bruciava” la vita di 32 persone, si permise di affermare che nessuna responsabilità era di ferrovie, che non c'entravano niente con un treno esploso in casa loro, sulle loro infrastrutture, sui loro binari!
Alle 13.15 del 30 giugno ‘09, di fronte all’assile marcio, disse ad un suo collaboratore: “D’ora in avanti, dobbiamo controllare tutto quanto viene dall’estero”. Come dire, fino ad oggi ce ne siamo fregati.
Insolita ed arrogante fu la sua “sicurezza” (non certo quella ferroviaria) nell’anticipare gli esiti di un’inchiesta che va avanti da anni e che lo vede tra i massimi imputati con accuse pesantissime. Tra l’altro, con l’inizio del processo (13 novembre 2013), i capi d’accusa nei suoi confronti sono stati appesantiti.
Il suo avvocato, sig. D’Apote, viene a dire che il suo cliente non si occupa di treni e binari?! E di cosa si occupa allora, di biciclette o di balocchi? Inoltre, in aula questo stesso avvocato ha tuonato che: - non chiederà il rito abbreviato, - vuole il processo subito (per poi far di tutto per rallentare l’iter), - lo vuole vincere a Lucca.
Con le pesanti accuse a Moretti, questa eccessiva e tracotante ‘sicurezza’ fa pensare male e a pensar male troppo spesso ci si azzecca. Che il cav. Moretti riceva protezione sconfinata è assodato. Nominato cavaliere e rinominato Ad delle ferrovie ad un anno dalla strage, ancora rinominato Ad il 9 agosto 2013 (20 giorni dopo il rinvio a giudizio). Senza dimenticare le esternazioni provocatorie, offensive e ricattatorie, nei confronti delle Vittime, dei familiari e di ferrovieri.
E dulcis in fundo, il governo precedente ha rinunciato a costituirsi parte civile nel processo. Più subalterni di così!? Questi atti inauditi rappresentano un’assoluzione per Moretti, ancor prima della sentenza del Tribunale!
Un amministratore delegato rinviato a giudizio per la morte di 32 vite umane non può e non deve rimanere al suo posto, è un’offesa per tutti. Moretti deve essere immediatamente dimesso per la politica di abbandono sulla sicurezza, per le 32 Vittime di Viareggio, per i 43 lavoratori morti sui binari in questi anni, per la devastazione del trasporto pubblico e pendolare.
Questo Moretti, dovunque vada è : inutile, costoso e dannoso.
Auspichiamo coraggio e responsabilità da parte di chi può e deve rimuoverlo dal suo incarico.
Non è mai troppo tardi … ma adesso la misura della nostra pazienza è colma.
Fonte: pane-rose.itFamiliari Viareggio: Sullo stipendio di Mauro Moretti
Sullo stipendio di Mauro Moretti. Comunicato dei familiari delle vittime della strage di Viareggio.

mercoledì 26 marzo 2014

NO AL CORTEO DI FOGNA UOVA A VENEZIA


Breve contributo che riguarda il divieto da parte del questore di Venezia di dare il permesso a Fogna Uova di manifestare per le vie della città lagunare sabato prossimo,dopo gli scontri verbali e non avvenuti nelle settimane scorse e che hanno fatto capire che come sempre non è né il caso né il luogo di dare agibilità politica e visione ai ratti di fogna di Fiore & company.
Propongo anche un contributo di Nuova Venezia(http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2014/03/20/news/marcia-su-venezia-la-citta-si-mobilita-contro-forza-nuova-1.8887806 )oltre a quello sottostante di ecn.org,per questa che spero non solo sia stata una scelta per motivi di ordine pubblico ma che sia stata figlia dei dettami della Costituzione italiana.


Venezia,niente più corteo per Forza Nuova:le autorità temono altri disordini.


Il movimento di estrema destra avrebbe dovuto sfilare per le vie di Venezia sabato 29 marzo, ma il questore ha deciso che sarebbe stato pericoloso
Questa manifestazione non s'ha da fare, così è stato deciso dalle autorità cittadine in merito al corteo del movimento di estrema destra Forza Nuova che sabato 29 marzo avrebbe dovuto sfilare per le calli del centro storico veneziano. Per il momento manca ancora l'ufficialità, che arriverà nelle prossime ore, ma la scelta del questore Vincenzo Roca ormai è stata fatta, in comune accordo con il Comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza, riunitosi proprio per valutare i possibili rischi della protesta a Venezia.
POLEMICHE E SCONTRI – I motivi della revoca dell'autorizzazione al corteo sono facili da intuire: l'ultima volta che una forza politica di estrema destra ha cercato di marciare sulla città dei dogi una durissima resistenza dei centri sociali e delle associazioni politiche avverse hanno messo a ferro e fuoco piazzale Roma e la stazione, trasformando la manifestazione in una battaglia di ideologie combattuta a colpi di lacrimogeni e petardi, e tra la nebbia densa dei fumogeni si sono scaricati i colpi di manganello della polizia. Le forze dell'ordine vogliono a tutti i costi evitare un'altra giornata di guerriglia urbana e il corteo è stato quindi sospeso. La prefettura aveva già parlato della sua intenzione a “tutelare l’incolumità di cittadini residenti, operatori economici e turisti, la quale, per le modalità organizzative ed il clima di elevata tensione registratosi in questi giorni, risulterebbe sottoposta a grave rischio”, ma è facile immaginare come una simile decisone rischi di scaldare ancora di più gli animi già bollenti dei manifestanti: già in precedenza in molti accusarono il sindaco Giorgio Orsoni e la sua amministrazione di “coccolare” troppo i centri sociali di sinistra presenti in Comune, c'è da scommettere che dopo questa misura preventiva di ordine pubblico le polemiche si faranno ancora più aspre.
http://www.veneziatoday.it/cronaca/corteo-forza-nuova-29-marzo-venezia-sospeso-rischio-scontri.html

martedì 25 marzo 2014

EUROSCETTICISMO NAZIONALISTA FRANCESE


I risultati del turno elettorale francese ha portato il Front National di Marine Le Pen,partito dell'estrema destra transalpino da sempre caratterizzato da un palese razzismo e che ultimamente sta cavalcando l'onda dell'euroscetticismo,ad ottenere risultati importanti in molte zone del paese che prima erano di tutt'altro orientamento politico,con un forte passo indietro dei socialisti che però non ha saputo dare un sostanziale aumento della sinistra più estrema.
Il commento scritto sotto parla giustamente che in uno Stato come la Francia governato dal centro sinistra(più di sinistra di quello renziano per intenderci,infarcito da personaggi come Alfano e Lupi)se la politica attuata è il proseguimento di quella di destra che l'ha preceduta soprattutto in temi come l'austerità,movimenti come quello xenofobo e fortemente nazionalisti come quello della Le Pen riesce ad ottenere buoni risultati.
In Italia la Lega si sfrega le mani visto che un'eventuale alleanza in Europa è cosa già cercata e quasi ottenuta da parecchi mesi,mentre la mano(o il braccio)tesa dalla figlia del padre del Fn francese a Grillo sembra non interessi fortunatamente al comico genovese,e ci mancherebbe altro visto che nel caso contrario nascerebbero tante ed inevitabili discussioni politiche e sociali non solo a livello nazionale.
Articolo preso da Senza Soste

L'allarme del voto francese non sarà superato da un semplice richiamo antifascista.

Le elezioni in Francia costituiscono la ripetizione di quanto già abbiamo visto. Quando la sinistra al governo fa politiche di destra e si presenta come la continuazione di quest'ultima è l'estrema destra a sfondare. Il risultato del Front National di Marine Le Pen, infatti, non lascia spazio a dubbi: ballottaggio a Marsiglia, vittoria al primo turno nell'ex bastione operaio del Pas de Calais, risultati importanti in molte altre città. E, contestualmente, disfatte ovunque da parte del Partito socialista, senza grandi benefici per la sinistra più estrema, presentatasi in questa tornata con molte divisioni al suo interno.
La situazione si potrebbe liquidare con queste brevi battute se, però, stavolta non ci fosse la novità europea e il significato più ampio del voto. Che si interseca con il tentativo di Marine Le Pen di cambiare pelle al movimento politico ereditato dal padre, cercando di portarlo da un'identità chiaramente razzista, antisemita e di matrice fascista a quella che potremmo definire dell'euroscetticismo. In questa chiave il voto francese ha un respiro più ampio e interroga le attuali politiche dell'Unione europea ma anche le risposte che a queste devono essere date.
Dalla Francia il vento di un nuovo "sovranismo" - definirlo nazionalismo è ancora prematuro - cioè di politiche economiche che risiedano più nettamente nelle mani degli Stati nazionali come rimedio all'austerità soffia ancora più forte. E dispiegherà i suoi effetti alle prossime elezioni del 25 maggio. Del resto, movimenti e spinte analoghe esistono ovunque e con risultati elettorali sempre più significativi. Basti pensare all'Italia e al voto del Movimento Cinque Stelle.
Qui, dunque, c'è la novità. Il voto al Front National o al M5S, che restano due movimenti nettamente distinti, si nutrono della stessa spinta popolare: rifiuto dell'austerità, rifiuto della "vecchia politica", della corruzione, delle liturgie istituzionali, nazionali o eruopee che siano, le quali alla fine producono sempre lo stesso risultato: taglio alle spese sociali, riduzione dei salari, dei servizi pubblici, libertà alle imprese di fare quello che vogliono a partire dai licenziamenti. Questa spinta non sarà fermata con il richiamo all'antifascismo o, come si dice in Francia, con la saldatura di un improbabile e irriconoscibile, oggi, Fronte repubblicano. Ed è lo stesso motivo per cui non basterà una dose di responsabilità in più per svuotare il consenso del "grillismo" in Italia (va anche detto, comunque, che per fortuna nel nostro paese questo vento euroscettico si esprime tramite un movimento di ben altra natura rispetto al Fn e permeato da ambizioni di rinnovamento e di progresso non negabili). Il fallimento progressivo di questa Europa e delle politiche di cui si nutre è sotto gli occhi di tutti. I partiti dell'establishmenti, quelli del Pse e quelli del Ppe o dei Liberali, lo sanno ma non è nella loro natura cambiare strategia. Si blinderanno fino alla morte, sperando di recuperare, e continueranno con l'andazzo di sempre. Al massimo, come fa Renzi in Italia, cercheranno di recuperare anch'essi una dose di populismo per non rimanere spiazzati del tutto.
Man mano, però, che l'austerità continua - con vantaggio per banche e imprese private e scorno di lavoratori e precari - la spinta euroscettica non potrà che aumentare perché oggi costituisce la vera forza alternativa. Questo è il vero problema, anche per chi si colloca a sinistra.
Se è così, non ce la si cava solo, come fa la lista Tsipras in Italia, con un europeismo progressista. Serve un di più in termini di scardinamento dei meccanismi dell'Unione senza per questo cedere al sovranismo o all'illusione che basti uscire dall'euro per cambiare di segno alle politiche liberiste. Per questo lavoriamo a una mobilitazione all'insegna del "Disobbediamo ai Trattati". Occorre, infatti, mettere al primo posto il ribaltamento delle priorità: basta con il rispetto dei parametri, basta con il primato del debito, basta con la supremazia delle banche.
Qualsiasi politica europeista deve vedere al primo posto la riconquista di reddito e diritti, il recupero del salario e dei diritti sociali tagliati o aboliti negli ultimi dieci-venti anni. Cambiare verso significa andare davvero da un'altra parte e se questa non coincide con le direttive della burocrazia di Bruxelles i governi devono essere pronti a ogni evenienza. Anche l'estromissione dalla moneta unica, non come scelta a monte ma come conseguenza "a valle" per effetto del cambiamento radicale delle politiche economiche e sociali. Questa è la prospettiva su cui si può costruire movimento e allargare il fronte della resistenza. Su questo ci muoveremo nei prossimi mesi, in particolare nelle giornate indette dal Coordinamento transnazionale Blockupy2014 che faremo vivere anche in Italia con una serie di date di mobilitazione dal 15 al 25 maggio.
Thomas Müntzer
24 marzo 2014

sabato 22 marzo 2014

VITTIME NEL CAMPO PROFUGHI DI JENIN

L'ennesimo raid israeliano stavolta in territorio cisgiordano ha provocato la morte di quattro palestinesi,ed il fatto che tale azione criminale militare da parte d'Israele sia avvenuta nel campo profughi di Jenin rende ancora più subdolo questo intervento.
L'articolo preso da Infoaut parla della cronaca e delle vittime di questo attacco provocato secondo fonti israeliane da un primo attacco da parte dei palestinesi segregati a casa loro,cosa naturalmente che potrebbe rispondere facilmente ad una menzogna.
Dopo la ripresa dei negoziati farsa tra Israele e l'Anp queste sono le sessantesime vittime di attacchi da parte delle forze del cinquantunesimo Stato membro degli Usa che continuano a calpestare i diritti e la dignità del popolo palestinese.

Uccisi 4 palestinesi nel campo profughi di Jenin

Nuovo raid nel campo profughi di Jenin, Cisgiordania. Quattro palestinesi morti e almeno altri 14 palestinesi sono rimasti feriti. Tensione alta in tutta la zona.

Tre palestinesi sono stati uccisi oggi nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania nel corso di  un raid dell’esercito israeliano. Una delle quattro persone uccise, Hamza Abu Hejla, 22 anni, era un militante del movimento islamico Hamas. Almeno altri 16 palestinesi sono rimasti feriti, due sono in condizioni critiche.

La tensione nel campo profughi e’ molto alta. Gli abitanti sono scesi in strada a protestare contro questo nuovo raid israeliano.
Truppe speciali israeliane nel corso della notte avevano circondato la casa di Abu Hejla. Quando il giovane si è rifiutato di consegnarsi, i militari sono entrati nell’edificio e lo hanno ucciso. Secondo il portavoce dell’esercito israeliano Abu Hejla, ricercato dalle forze di occupazione per “terrorismo”, avrebbe sparato per primo. I palestinesi non confermano questa versione e parlano di uccisione a sangue freddo.
Dopo l’uccisione dozzine di palestinesi hanno protestato e lanciato sassi contro i soldati israeliani che hanno aperto il fuoco e ucciso tre dimostranti: Mahmoud Abu Zeina, Yazan Mahmoud Basim Jabarin, 22 anni, della terza vittima non si conosce ancora l’identità.
Questi ultimi quattro morti portano a oltre 60 il totale delle vittime palestinesi dalla ripresa dei negoziati bilaterali tra Israele e Anp, secondo un calcolo fatto dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp).
Intanto Hamas accusa le forze di sicurezza dell’Autorita’ nazionale palestinese (Anp) di aver “cooperato” con l’Esercito israeliano. Il movimento islamico riferisce che l’Anp in passato
avrebbe cercato “una ventina di volte” di arrestare Hamza Abu Hejla. L’Anp non ha ancora reagito a queste accuse.

venerdì 21 marzo 2014

MAZLUM DOGAN


Qui sotto preso da Infoaut la breve storia del compagno curdo Mazlum Dogan,che dopo essere stato arrestato per motivi politici dopo il colpo di Stato avvenuto in Turchia nel 1980,per denunciare all'opinione pubblica del suo paese e mondiale incendia la propria cella e s'impicca.
Questo gesto estremo di protesta è avvenuto a seguito delle condizioni impietose carcerarie che ha dovuto subire,con torture e violenze molto al di sopra del limite tollerabile,e tutto questo perché faceva parte di un movimento studentesco riconducibile al Pkk.
All'indomani del colpo di Stato sovra citato la cultura e la lingua curde furono vietate,così come i partiti politici comunisti vennero perseguiti assieme ai loro appartenenti,una storia che si ripete come già avvenne nei Paesi Baschi quando Franco giunse al potere.
Nel giorno del 21 marzo i curdi festeggiano il loro capodanno e rendono omaggio al giovane Mazlum Dogan.


21 marzo 1982: Mazlum Dogan.


Il 21 marzo 1982, giorno del Newroz (il capodanno curdo), come da tradizione in tutta la regione vengono accesi fuochi per festeggiare il nuovo anno.
In realtà per la popolazione curda non ci sono molti motivi per festeggiare: a seguito del colpo di stato del 1980 ad opera dell’esercito turco, tutti i partiti sono stati sciolti, la lingua e la cultura curde vengono vietate, e il PKK (Partîya Karkerén Kurdîstan) viene perseguitato duramente, i militanti vengono indagati per cospirazione, arrestati, torturati, e in alcuni casi condannati a morte.
Mazlum Dogan aveva iniziato ad interessarsi alla politica nel 1976, quando era entrato a far parte del movimento studentesco, antesignano del Pkk.
Viene arrestato come cospiratore nel 1979, ma per più di un anno riesce a mantenere segreta la sua identità, fino a quando viene infine rivelata da un suo ex compagno.
Durante il periodo di prigionia Mazlum attua una forma di resistenza estrema al carcere, rifiutandosi di indossare l’uniforma carceraria o di cantare l’inno nazionale, dovendo per questo subire pesantissime ripercussioni in termini di violenze e torture.
In questo giorno di Newroz del 1982 Mazlum Dogan appicca il fuoco alla sua cella e vi si impicca, per denunciare all’opinione pubblica internazionale la durissima condizione dei detenuti curdi nelle carceri turche.
Questo suo gesto provocherà una serie di scioperi della fame e di azioni di resistenza a catena in tutte le carceri turche, che continueranno per tutto il 1982.
Da quel giorno l’azione di Mazlum verrà commemorata ogni anno durante il Newroz, e tantissimi militanti curdi porteranno il suo nome.

giovedì 20 marzo 2014

LETTERA DAL CARCERE

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Breve contributo odierno con una lettera che arriva dal carcere di Alessandria e scritta da Mattia,che assieme agli altri compagni Chiara,Claudio e Niccolò sono tra gli ultimi della lunga lista di arrestati nell'inchiesta sui presunti danni contro i cantieri No Tav e le manifestazioni che spesso si organizzano in Val Susa,nelle zone limitrofe ed in tutta Italia.
Le accuse sono pesanti,perché si parla di terrorismo ed attentati,e la missiva del compagno incarcerato parla dei motivi di questa detenzione e i capi d'imputazione spaventosamente amplificati per ottenere una cassa di risonanza eccezionale per continuare a demonizzare il movimento No Tav continuando con la solita litania del lavoro utile e migliorativo che altro non è che un'enorme balla in cui una certa politica e la criminalità nuotano ad ampie bracciate.

Lettera di Mattia dal Carcere.


Cari amici di valle e di città,
quella che viene oggi scatenata conto chi si batte contro il Tav non è solo un’offensiva tribunalizia ma una tempesta di passioni tristi e umori guasti.

«Terrorismo», «organizzazione paramilitare», «attentato»: dietro la scelta di queste espressioni si cela un’operazione linguistica volta ad evocare sentimenti precisi.

Ogni parola attiva un campo semantico, che la collega ad altre parole e significanze. Se dico «sedia» penso anche a «tavolo», se dico «pane» penso anche a qualcosa di «morbido» e «semplice». Allo stesso modo l’impiego di categorie come «terrorismo» o «guerra» non ha delle ricadute solo sul piano giuridico, e di conseguenza sulla nostra libertà fisica, ma ha una forte capacità evocativa in grado di far emergere una serie di suggestioni e di reazioni irrazionali facilmente governabili. Ed è solo in questa triste e tenebrosa palude emotiva, abitata da leggendari e terrorifici mostri marini da decapitare prontamente, che i moderni filibustieri del diritto navigano sicuri e, come salvatori, distribuiscono decadi di galera come fossero caramelle gommose ad una festa per bambini. È solo in questa pozza torbida e melmosa, dove ogni gesto di dissenso radicale viene risucchiato e rimasticato dalle fauci – queste sì terrificanti – della vendetta penale, che i potenti si specchiano e si riscoprono belli e necessari.

Un’operazione affettiva, dunque, e una battaglia semantica sono in corso a fare da cortina fumogena attorno ad uno scontro sociale giunto inevitabilmente al muro contro muro. È questo il gioco incrociato in cui si sta dilettando la procura di Torino (e non solo) per costruire consenso attorno ad una precisa volontà carcerogena che, come una metastasi aggressiva, sta attaccando ogni tessuto di lotta, in Val di Susa e altrove.

Sì, anche altrove, perché quanto sta accadendo a noi è solo la cristallizzazione di una tendenza punitiva che attraversa diffusamente l’intera società, la quale, di fronte all’evidenza del suo fallimento, non ha altre risposte da dare che non comprendano manette, manganelli e filo spinato.

Benché l’ombra della legge giganteggi sui più, in questo mondo sempre più compresso tra cemento e reticolati, tra terre dei fuochi e basi militari, ci sarà sempre qualcuno disposto a ribellarsi. In fondo, la paura che ci viene scaricata addosso non è che l’eco dei timori che risuonano nelle stanze vuote dei palazzi.

Il 14 maggio inizierà il processo che ci vede imputati. Sarà un passaggio importante al quale dovremo arrivare forti e ricchi di idee.

Dobbiamo essere pronti ad affrontare un processo «urlato» ed improntato al sensazionalismo, sulla falsariga della campagna mediatica da tempo imbastita per demonizzare la lotta contro l’Alta Velocità.

Per riuscire nell’impresa di strappare una condanna esemplare, saranno evocati fantasmi di ieri e di oggi, mentre le deboli quinte dell’impianto accusatorio verranno puntellate con una «strategia della tensione» a basso voltaggio, volta a costruire il climax adatto alla messinscena predisposta. Solo così si potrà sperare di riuscire a fomentare l’animosità patibolare. E mentre sul palco gli inquisitori giocheranno con le ombre cinesi, in sala stampa coraggiosi cronisti di «nera» cucineranno notizie ansiogene da spacciare al dettaglio come droghe tagliate male.

Tutti insieme parleranno la lingua del terrore e, come ventriloqui, tenteranno di farci parlare la loro stessa lingua.

E noi?

Noi li lasceremo soli in quel triste mondo.

Diserteremo la paura e guarderemo oltre. Accartocceremo i loro incubi come demoni di carta e continueremo a sognare, tra le sbarre, nei boschi, ovunque. E quando penseremo alla Val Clarea ridotta ad un cratere lunare, torneremo a regalare un sorriso a coloro che quella notte di maggio scesero da sentieri percorsi mille e una volta e si aprirono un varco nelle reti per poi andarsene veloci, lasciandosi dietro qualche mezzo bruciato e neanche un’unghia spezzata, come ignoti amici dei boschi, amanti della vita e nemici della mega-macchina.

Alessandria, 20.2.2014

Mattia



da notav.info