venerdì 31 maggio 2019

PIU' UNO E' UN CRIMINALE E PIU' VIENE RINGRAZIATO


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E ci risiamo,un altro pezzo importante del governo va a casa dopo una condanna,stavolta per peculato e falso in merito a rimborsi spese avvenute in Liguria,ed il protagonista è il viceministro alle infrastrutture Rixi,mentre è del mese scorso il caso Siri,entrambi leghisti(vedi:madn salvini-e-nessun-governo-del-cambiamento ).
In linea con una politica di nessun cambiamento,con i vertici dello Stato coinvolti in casi di corruzione e di truffe varie,sempre con i poteri forti mentre sta zitto con la mafia,Salvini e anche Conte successivamente ringraziano Rixi mentre in un paese serio sarebbe già rinchiuso in galere.
Addirittura il ministro di tutto(infatti il suo amicone condannato ha consegnato le sue dimissioni proprio a lui,cosa non istituzionale,lo ha nominato responsabile nazionale della Lega per i trasporti e le infrastrutture,un titolo che per se vale nulla ma una promozione nella testa malata del ducetto.
L'articolo di Rai News(Rixi-condannato-a-3-anni-e-5-mesi )parla della decisione del Tribunale di Genova che richiede anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
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Tribunale di Genova
"Spese pazze" in Liguria, Rixi condannato a 3 anni e 5 mesi.

Il viceministro leghista si dimette.
Interdizione perpetua dai pubblici uffici per il viceministro alle Infrastrutture. Salvini: "Accetto le dimissioni per tutelare lui e l'attività del governo. Oggi stesso lo nomino responsabile nazionale trasporti e infrastrutture della Lega"

30 maggio 2019
La seconda sezione del Tribunale di Genova presieduta dal giudice Giuseppe Dagnino ha condannato a tre anni e cinque mesi il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, al termine del processo per le cosiddette 'Spese pazze' in Regione Liguria negli anni dal 2010 al 2012. Rixi, all'epoca dei fatti capogruppo regionale della Lega, è accusato di peculato e falso. Per lui il Tribunale di Genova ha anche disposto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e la confisca di 56mila euro. Il pm Francesco Pinto aveva chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione. Rixi non era in aula, a rappresentarlo il suo avvocato Maurizio Barabino.

Rixi si dimette
"Ho già consegnato a Salvini le mie dimissioni per non creare problemi al governo", annuncia il viceministro leghista dopo la condanna.

Salvini: accetto le dimissioni di Rixi per tutelare lui e il governo
"Ringrazio Edoardo Rixi per l'incredibile lavoro svolto fino ad ora. Da tempo ho nelle mani le sue dimissioni, che accetto unicamente per tutelare lui e l'attività del governo da attacchi e polemiche senza senso". Lo dichiara in una nota Matteo Salvini. "Oggi stesso lo nomino responsabile nazionale trasporti e infrastrutture della Lega, riconoscendogli capacità e onesta assolute".

Conte: lo ringrazio per la sensibilità istituzionale
"Desidero ringraziare" Edoardo Rixi "per la sensibilità istituzionale manifestata e per il proficuo contributo fin qui fornito all'attività di governo", afferma il premier Giuseppe Conte in una nota in cui riferisce che il viceministro gli ha comunicato la sua "determinazione a rassegnare le proprie dimissioni".

Salvini: "3 anni a Rixi e 2 agli stupratori? Non è normale"
Sulla vicenda torna poi in serata il vicepremier Matteo Salvini a Dritto e Rovescio su Rete 4. "Tre anni e mezzo di carcere per delle cene, invece spacciatori e stupratori condannati a due anni o tre anni. Se sei un politico e stai antipatico a qualcuno ti condannano a tre anni. Non è normale".

L'inchiesta
Secondo la procura del capoluogo ligure i 22 imputati, tra consiglieri ed ex consiglieri regionali, accusati a vario titolo di peculato e falso, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2012 si sarebbero fatti rimborsare, spacciandole per spese istituzionali, cene, viaggi, gite al luna park, gratta e vinci, fiori, birre, ostriche e vari oggetti acquistati per uso personale, per un ammontare complessivo di diverse centinaia di migliaia di euro. A Rixi, che all'epoca ricopriva il ruolo di capogruppo regionale della Lega, venivano contestate, oltre ad una serie di spese proprie non congrue, anche spese effettuate da altri consiglieri che il viceministro leghista avrebbe approvato senza verificare se fossero davvero legate ad attività istituzionali.

Difesa: innocente, ricorreremo in appello
"Ricorreremo in appello" dopo "aver letto le motivazioni a sentenza, perché siamo convinti che sia innocente", ha detto l'avvocato del viceministro Edoardo Rixi Maurizio Barabino a margine della lettura della sentenza in Liguria.

Presidente Antimafia Morra:
"Apprezzo immediatezza dimissioni" "Rixi ha rassegnato con immediatezza le dimissioni, accettate da Salvini. Un atteggiamento positivo che apprezzo. Chi è condannato non può rimanere al governo. Si possono perdere le elezioni, non i nostri valori", scrive su Fb il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra.

giovedì 30 maggio 2019

PROFESSIONE SCIACALLI


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E' ormai infinita la serie di episodi strumentalizzati ad arte da parte della feccia fascista che prontamente se ci sono di mezzo stranieri,meglio se immigrati e non ti dico se clandestini,attaccano come bestie direttamente alla giugulare le vittime prescelte.
Come nel caso riportato da Contropiano(roma-no-agli-sciacalli-fascisti )dove un panettiere ha perso la vita in un incidente provocato da un albanese ubriaco alla guida del proprio mezzo,storia che purtroppo accadono spesso e nel caso specifico fognanovisti e caccapovndisti si sono proposti di organizzare una fiaccolata per la vittima Davide Tarasco,senonché la madre ha impedito espressamente a questi ratti di fogna di usare il nome del figlio per fare propaganda razzista e di odio.
Non per questo non vuole giustizia per il figlio,ma questa insegnante precaria e già nonna non vuole la presenza dei sciacalli fascisti che vogliono fare di questa disgrazia uno strumento per le loro becere campagne politiche.

Roma. No agli sciacalli fascisti.

di  Redazione Contropiano 
Un incidente stradale come tanti. Un giovane padre che va al lavoro, in piena notte, come tanti altri panettieri, percorrendo la Casilina su uno scooter. Un’auto che sbanda e va contromano su quella maledetta consolare con una sola corsia per senso di marcia. Lo schianto, la morte, i rilievi della stradale, l’arresto dell’automobilista positivo all’alcool test.

Una tragedia che si ripete ogni giorno in ogni angolo del paese e del mondo. Che dovrebbe far riflettere sul modo di vita e di produzione in cui siamo inscatolati, costretti a muoverci correndo, rubando secondi preziosi su percorsi che sarebbero rischiosi anche in condizioni più rilassate.

Ma se questo accade a Roma, in zona Giardinetti, l’agglomerato di case costruite secondo le regole inesistenti dell’”edilizia spontanea” del dopoguerra, poche centinata di metri più in là della gemella Torre Maura, ecco che qualche sciacallo si mette ad annusare la pista.

Se il giovane padre è italiano anche di nascita e cognome, e magari l’automobilista è albanese, la “pista” viene percorsa a velocità forsennata, quasi come quelle bianche cui gli avvoltoi sono più abituati.

E allora eccoli, gli “eroi” di Casapound e Forza Nuova cercare i famigliari, proporsi come “vendicatori politici” pronti a inscenare una pantomima ad uso e consumo di media e ministro delle interiora.

Ma vanno a sbattere contro una madre che incredibilmente riesce a mantenere il senso delle cose anche di fronte alla più immensa tragedia che possa vivere un genitore: la morte di un figlio.

E Maria Grazia Carta, madre di Davide Tarasco, si vede costretta a dire poche ma sentite parole, nonostante la rabbia furiosa che si va a sommare al dolore.

«CasaPound e Forza Nuova non avranno il mio odio, non strumentalizzeranno la morte di mio figlio. La nazionalità di chi lo ha ucciso non fa alcuna differenza, ma ora alcuni militanti dell’estrema destra vogliono organizzare una fiaccolata nel nome di Davide. Non lo posso permettere, non voglio la loro presenza».

Maria Grazia è un’insegnante precaria, come decine di migliaia di altre. Un cronista attento noterebbe che è diventata nonna, e da diversi anni, senza mai diventare “assunta a tempo indeterminato”, ossia di ruolo. Scherzi fatti da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni, attenti a “tagliare la spesa pubblica” e anche le vite delle persone che lavorano per lo Stato (forze armate e di polizia a parte, ci mancherebbe…).

La sua scuola è a Tor Bella Monaca, dove pure qualche mese fa i fascisti avevano provato una sceneggiata analoga, a cavallo di un altro episodio di cronaca locale, letto sui giornali, venendo cacciati a furor di madri che riconoscevano tra loro diversi degli spacciatori responsabili di aver rovinato i propri figli. Sa come funziona il mondo della periferia, ci vive e la vive, sa con chi arrabbiarsi e chi “comprendere”, lottando per «togliere i ragazzi dalla strada».

Ma questi sciacalli no, non si devono far vedere. E tanto meno devono farsi belli sciacallando sul figlio, lavoratore vero, mica come quegli avanzi dei quartieri alti che fanno le loro “prove d’ardimento giovanili” prima di seguire le carriere professionali dei padri…

«Basta sciacallaggio, basta con queste guerre tra poveri. Stanno solo cercando di usare le disgrazie altrui. Decidiamo noi come commemorare mio figlio, con i nostri ideali, che non sono di odio ma di giustizia».

Una maestra vera sa come dare lezione, anche di vita.

mercoledì 29 maggio 2019

IL SOVRANISMO C'E' SEMPRE STATO PIUTTOSTO CHE L'EUROPEISMO


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Le elezioni europee e l'idea che i partiti sovranisti non abbiano sfondato del tutto è del tutto illusoria visto che l'europeismo non è mai stato radicato ed il sovranismo delle singole nazioni ha sempre prevalso vuoi per motivi egoistici dei singoli Stati e vuoi per trame tessute con gli altri protagonisti dello scacchiere mondiale.
L'articolo proposto da Contropiano(non-prendiamoci-in-giro )parla quasi interamente della politica estera europea incapace di avere avuto nel corso di questi anni un unico fronte per confrontarsi con le ex superpotenze sovietiche e americane,mentre ora sono succubi di quelle statunitensi.
Grande spazio per la Libia visto che le nazioni europee non sono state capaci di mettersi d'accordo per una risoluzione non violenta del conflitto,anzi amplificando la guerra che tutt'ora sta sconvolgendo lo Stato nordafricano con la conseguente emorragia di migranti che hanno determinato in maniera principale l'esito delle ultime votazioni,come se il problema più incalzante sia questo.
Si fa pure giustamente il punto sul fatto che l'Ue abbia contribuito a mantenere 70 anni di pace che nemmeno tra i Stati membri risulta una verità,figuriamoci se si allarga il discorso alla Jugoslavia o all'Ucraina.

Non prendiamoci in giro, l’Europa è sempre stata sovranista (e non è vero che ha garantito 70 anni di pace).

di  Alberto Negri * 
Forse non ce ne eravamo accorti ma l’Europa era già sovranista prima che arrivassero sulla scena Salvini, Orbàn o Le Pen: non ha mai avuto una politica estera e di difesa comuni. La Francia ha dato il via alla guerra di Libia nel 2011 consultandosi con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, non con la Germania o l’Italia. Questa decisione, la più grave di tutte, perché si è trattato di andare in guerra, ha reso chiaro che a prevalere erano gli interessi nazionali. L’avventura libica è stato il maggiore disastro per l’Italia dalla seconda guerra mondiale ma anche per l’Unione europea. Tutti hanno capito che un Paese fondatore poteva essere colpito nella sua sfera vitale, nonostante ci fosse l’Unione e che anzi proprio l’Europa poteva affondare un suo stato membro. La politica estera europea è un po’ come l’araba fenice. Ha dei contorni assai vaghi e si esprime soprattutto con mezzi economici, come le sanzioni o attraverso la cooperazione internazionale.

Ma soprattutto si scontra con una mantra falso quanto mai: “l’Europa ha garantito la pace e la sicurezza nel continente per 70 anni”. Al massimo ha garantito la pace tra i Paesi membri dell’Unione ma fino a un certo punto. Sarebbe meglio dire che l’Unione ha limitato, e pure male, le conseguenze delle sanguinose e devastanti guerre in Europa e nel Mediterraneo. I flussi migratori e le tragedie del mare derivati dal caos libico in Italia hanno regalato a sovranisti e populisti l’arma migliore che potessero trovare: le élite tradizionali non erano state in grado di difendere il Paese. E’ la vecchia leva della paura che spinge a votare a destra.

Vediamo allora qual è la realtà e di rinfrescarci la memoria. Negli anni Novanta non solo l’Europa non impedisce la guerra in Jugoslavia ma favorisce la disgregazione della Federazione fondata dal Maresciallo Tito. La Germania, insieme al Vaticano, appoggia la secessione della Croazia e inizia un conflitto che in un decennio farà oltre 250 mila morti e più di un milione di profughi.

L’Italia per esempio sulla secessione Jugoslavia aveva idee assai diverse da quelle di una Germania che dopo il crollo del Muro nel 1989 si era appena riunificata. La disgregazione della Jugoslavia è stata la fine dello stato più multi-etnico e multi-religioso dell’Europa, un evento drammatico che poi è stato foriero di altre guerre, di altre secessioni e di altri guai.

Durante le stesse guerre della Jugoslavia l’Europa non è stata capace di fermare il conflitto in Bosnia la cui fine è stata dovuta all’intervento degli americani, non degli europei. Più o meno lo stesso discorso vale per la guerra in Kosovo che è stata portata dalla Nato ma che evidenziava l’obiettivo americano di spingersi verso Est e tenere sotto pressione la Russia che aveva dato addio da un pezzo all’Urss e si trovava allora in piena decadenza. Se poi la Russia di Putin ha replicato in Ucraina, Crimea e Siria, lo si deve anche a quegli eventi.

L’Europa non ha garantito nulla e non ha fermato alcun massacro, anzi ha contribuito a crearne altri. Non solo. Va in ordine sparso e davanti o scelte epocali come la pace e la guerra ragiona secondo gli interessi degli stati nazionali.

Prendiamo la guerra all’Iraq del 2003, il conflitto che ha scatenato l’attuale destabilizzazione del Medio Oriente, voluto da americani e britannici sulle false prove che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa. L’Italia per esempio si è unita alla guerra, dove ha subito il massacro di Nassiriya, mentre la Francia di Jacques Chirac ha tenuto a casa le truppe ed era contraria al conflitto.

E veniamo alla Libia e alle cosiddette “primavere arabe” del 2011. La guerra in Libia contro Gheddafi è stata scatenata dalla Francia, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. La Francia ha cominciato i raid su Gheddafi senza neppure farci una telefonata, pur sapendo che il Colonnello era il maggiore alleato dell’Italia nel Mediterraneo.

Parigi ha causato all’Italia la peggiore sconfitta dalla seconda guerra mondiale

Parigi ha causato all’Italia la peggiore sconfitta dalla seconda guerra mondiale. Sei mesi prima dei bombardamenti, il 30 agosto 2010, Gheddafi era stato ricevuto a Roma e aveva firmato accordi su temi economici e della sicurezza per un valore di dozzine di miliardi di euro. Intese, è bene ricordarlo, approvate dal 98% dei nostri parlamentari. Non solo. L’Italia venne costretta un mese dopo a partecipare ai raid. La decisione fu presa dal presidente della repubblica Napolitano sulla scorta di una considerazione pratica e di una politica. I terminali dell’Eni di Mellitah erano stati collocati nella lista dei bersagli della Nato, il presidente della Repubblica voleva tenere l’Italia nell’alveo dell’Alleanza Atlantica e degli Stati Uniti.

Ma il peggio doveva ancora venire. Gli Stati europei, senza una politica comune ma dettata dagli interessi nazionali, hanno determinato la frantumazione della Libia e destabilizzato con la questione dei migranti il quadro politico italiano. Le missioni europee come quella denominata Sophia per frenare il traffico dei migranti non hanno avuto alcun successo e non sono mai state pienamente attuate con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Né tanto meno abbiamo ottenuto, se non in parte, la redistribuzione dei migranti mentre sei Paesi sospendevano gli accordi di Schengen.

C’è dell’altro. L’attuale governo e quelli precedenti si sono fatti prendere in giro con la promessa americana di una “cabina di regia” sulla Libia che nessun Paese europeo e della regione ha mai voluto affidare all’Italia. Così siamo stati presi di sorpresa anche dall’avanzata del generale Haftar. Come ben si vede in Libia non c’è nessuna politica europea e l’Italia ne paga il prezzo con il suo isolamento. A Tripoli abbiamo sostenuto un governo Sarraj appoggiato dalla Turchia e dal Qatar, due stati non europei. E’ chiaro che siamo sbilanciati e ora tentiamo di smarcarci senza troppo successo.

Gli Stati europei, senza una politica comune ma dettata dagli interessi nazionali, hanno determinato la frantumazione della Libia e destabilizzato con la questione dei migranti il quadro politico italiano

Tralascio i casi dell’Ucraina e della Siria, se non per sottolineare che per i profughi siriani la Germania, dopo averne accolto un milione, ha voluto un accordo del valore di sei miliardi di euro con la Turchia per spingere Erdogan a tenersene in casa circa tre milioni. Come si vede la politica estera europea e la sua presunta solidarietà sono a geometria piuttosto variabile, dettata dagli interessi dei due Paesi-guida, Francia e Germania. Nel caso di Brexit però sarà la Francia ad avere i mezzi più incisivi perché resterà l’unico Paese dell’Unione dotata di un arsenale nucleare e con un seggio permanente al Consiglio di sicurezza Onu. Non solo. La Francia, a differenza della Germania, ha diverse missioni militari nel Sahel dove è alleata con gli Usa.

Tutto questo sarà determinante per il futuro e in caso di conflitto tra Usa e Iran. Nonostante gli stati europei aderiscano all’accordo sul nucleare con Teheran del 2015, finiranno per decidere la partecipazione a una guerra in base ai loro interessi nazionali.

Questi interessi sono determinati dall’industria bellica, dai flussi di armi e dagli accordi economici con gli Usa, Israele e le monarchie del Golfo, tutti nemici dell’Iran e anche maggiori clienti dell’export di armamenti, oltre che fornitori di petrolio ed energia.

La stessa Italia potrebbe essere chiamata dagli Usa a concedere le basi nel Sud in caso di conflitto con Teheran. E dove sarà allora la politica estera europea comune? Resterà un pezzo di carta straccia di false intenzioni.

 * da L’Inchiesta

venerdì 24 maggio 2019

A GENOVA ENNESIMA PROTEZIONE POLIZIESCA DI CAGAPOVND


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Dopo le proteste antifasciste di Firenze e Bologna ecco che pure Genova si è fatta sentire ieri scendendo in piazza per contrastare giustamente la presenza di una trentina di ratti di CagaPovnd ampiamente scortati e protetti da centinaia di poliziotti intervenuti per difenderli,proteggerli e sostenerli(vedi anche:madn firenze-e-bologna-in-piazza-contro salvini e i fascisti ).
Una vergogna che i fascisti possano parlare,possano solamente esistere e rappresentare liste nelle elezioni,uno scempio che partiti come il Pd li abbiano fatti riuscire dalle fogne per poi lamentarsi delle loro gesta infami e odiosamente stare dalla parte di chi non usa la violenza nelle manifestazioni.
Gli articoli di Infoaut(genova-antifascista-respinge-casapound )e Antifa(genova-casapound-in-piazza-scontri-tra-antagonisti-e-polizia )parlano dei 4-5 mila compagni che hanno presidiato Piazza Corvetto e che hanno tentato di scontrarsi con i cagapovndisti in Piazza Marsala,della grande reazione dei genovesi e del ferimento di un giornalista de La Repubblica pestato a manganellate(due dita e una costola rotte)che non ha subito danni maggiori perché un questurino che lo conosceva ha fermato il pestaggio.

Genova antifascista respinge casapound.

Giovedì 23 maggio a Genova si svolgeva il teatrino elettorale di casapound e gli/le antifascist* della città hanno deciso di farsi sentire per respingere un comizio indegno in una città da sempre antifascista.

È stato così convocato un presidio in piazza Corvetto, molte le sigle scese in strada dai sindacati ai portuali anpi e Genova antifascista,i manifestanti si sono poi mossi in direzione della piazza occupata dai neofascisti e della prefettura, creando così due spezzoni. Come ci si poteva aspettare la città era blindata, tutto ciò non ha scoraggiato le migliaia di persone scese in piazza e al grido “Genova è antifascista” hanno tentato di forzare il blocco posto a protezione dei neofascisti.

La polizia ha sparato gas lacrimogeni caricando poi violentemente i manifestanti, ci sono stati diversi feriti tra cui un giornalista che ha ricevuto manganellate e calci dopo esser stato buttato a terra dalla polizia mentre tentava di documentare il fermo di un manifestante. Il corteo nonostante le cariche ricevute è rimasto compatto e dopo la notizia dei fermi si è diretto sotto la questura dove ha trovato digos e celere schierati. Le richieste dei manifestanti era la liberazione dei compagni fermato, il presidio pacifico è poi proseguito fino alle 22 circa per poi sciogliersi ma dando appuntamento a tutte e tutti sotto il tribunale in quanto i due fermati sembra verranno processati per direttissima.

Insomma una grande giornata oggi per il movimenti antifascista Genovese, migliaia le persone in piazza, determinate a portare a casa un risultato non del tutto scontato visto l’aria che tira ultimamente nel bel paese. La polizia come al solito ha dato un lampante esempio di stato democratico a suon di manganellate non risparmiando nemmeno sui lacrimogeni.

Molte sono in serata le dichiarazioni arrivate da giornali e parlamentari per il comportamento della polizia, ma sappiamo benissimo che l’antifascismo non si pratica nei talk show o nei salotti di palazzo ma bensì nelle strade delle nostre città,PD e altri devono smettere di riempirsi la bocca con termini che non gli appartengono,oggi la Genova antifascista ha dimostrato nuovamente di odiare il fascismo e come in occasione della commemorazione al missino ucciso negli anni ‘70 ha risposto con una partecipazione numerosa e con un corteo compatto e determinato.

Auguriamo ai feriti dalla polizia una svelta guarigione e un saluto speciale ai fermati della giornata che ci auguriamo di rivedere presto liberi.

L’antifascismo non è reato, è lotta contro ogni tipo di ingiustizia e ogni tentativo dei neofascisti di uscire dalle fogne.

Tutti liberi!!

Liberi subito!!

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Genova, CasaPound in piazza, scontri tra antagonisti e polizia. Picchiato dagli agenti Stefano Origone, giornalista di Repubblica.

Manganellate, e lacrimogeni, gli antifascisti cercano di sfondare la zona rossa, numerose cariche delle forze dell'ordine. Diversi feriti. Trenta persone al comizio di CasaPound. Il Pd: "Salvini chiarisca"

Manganellate e fumogeni contro i tentativi degli antagonisti di sfondare la zona rossa posta a difesa di piazza Marsala dove nel pomeriggio si è tenuto il comizio di Casapound. La Genova antifascista è scesa in piazza in via Roma davanti alla Prefettura per manifestare contro il primo evento all'aperto delle tartarughe nere, un'iniziativa che nella città medaglia d'oro della Resistenza è stato vissuto come un ulteriore passo dell'escalation dell'ultradestra.

Stefano Origone, cronista di Repubblica che stava seguendo il presidio all'inizio di via Santi Giacomo e Filippo, è stato caricato da un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa. Come ha raccontato lui stesso è stato ripetutamente colpito con manganellate e calci anche quando è caduto a terra e ha urlato "Sono un giornalista": Solo l'intervento di un ispettore della Questura di Genova che lo conosce personalmente ha interrotto l'incredibile pestaggio. Origone ha riportato la frattura di una costola e di due dita di una mano, trauma cranico, contusioni ed ecchimosi su tutto il corpo.

In serata all'ospedale Galliera dove è stato portato Stefano dall'ambulanza sono arrivati il questore Vincenzo Ciarambino e il capo della squadra mobile Marco Calì per accertarsi delle condizioni del nostro collega e manifestargli il loro dispiacere per l'accaduto e assicurare che verrà fatta chiarezza sull'episodio che lo ha coinvolto.

Piazza Marsala è stata blindata all'alba da grate e furgoni della polizia come ai tempi della zona rossa del G8. A poche decine di metri gli antifascisti nel presidio convocato da Cgil, Anpi, Comunità di San Benedetto, Arci e altre associazioni. Oggi a difendere il "fortino" dove sono arrivate alcune decine di militanti di estrema destra, si sono schierati oltre 300 agenti in tenuta antisommossa tra polizia, carabinieri e guardia di finanza.

Alle 18 in piazza Corvetto c'erano circa 4/5 mila persone. Un gruppo di diverse centinaia con davanti lo striscione "Genova antifascista" si è mosso varco il varco di grate e cellulari urlando "Via i fascisti dalla città". Nell'unico spazio aperto hanno tentato di incunearsi ma la polizia ha risposto con manganellate e lacrimogeni. Sono volate bottiglie poi il varco è stato chiuso. Altri tentativi di sfondamento si sono poi succeduti. La reazione della polizia e dei carabinieri è stata decisa. Il presidio antifascista è stato sospinto ad alcune decine di metri all'interno della piazza, lontano dai varchi con le grate.

Alle 18.30 sono partite le cariche della polizia che ha allontanato i manifestanti antifascisti dalla centralissima piazza Corvetto. Diversi contusi, almeno tre feriti portati via con le ambulanze fra le quali il collega di Repubblica, e tre antagonisti fermati e portati in questura.
I trenta partecipanti al comizio di CasaPound sono andati via in auto scortati dalla polizia salendo verso Circonvallazione a Monte.

Oltre alle reti metalliche saranno i mezzi della polizia a chiudere ogni accesso alla piazza. Intanto dopo le scritte sull'asfalto di ieri questa notte davanti alla fontana della piazza è stato collocato un sacchetto di letame con sopra un cartello: "Il fascismo non è un'opinione: è m...da". Il comizio comincerà alle 18 mentre gli antifascisti si sono dati appuntamento a partire dalle 16.30. Previsti forti disagi al traffico in tutta la zona.

Sul caso di Origone, interviene il Pd. Chiedendo a Salvini di chiarire. "Il pestaggio nei confronti del giornalista Stefano Origone - dice il senatore Francesco Verducci - è un fatto gravissimo. Non può accadere in un Paese democratico e in uno Stato di diritto quale è la Repubblica italiana. C'è un escalation di intimidazione nei confronti dell'informazione che va denunciata con la massima nettezza e fermata immediatamente. Il ministro Salvini chiarisca al più presto le responsabilità di quanto accaduto. Piena solidarietà a Stefano Origone e alla redazione di Repubblica".

https://genova.repubblica.it/cronaca/2019/05/23/news/casapound-227001578/?ref=RHPPLF-BH-I227015111-C8-P1-S1.8-T1

giovedì 23 maggio 2019

IL DECRETO INSICUREZZA SLITTA DOPO LE EUROPEE


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Il decreto sicurezza bis la cui discussione e successiva approvazione quasi certa,vedrà il suo via libera dopo le elezioni europee perché un voto decisivo che avrebbe potuto avvenire in questi giorni sarebbe stato destabilizzante per il voto europeo,e anche perché oggettivamente lo spazio delle limature minime(visto che l'Onu ha accusato pesantemente di ledere i diritti umani in questa disposizione razzista)che ci sono state non hanno il tempo per essere state lette.
Un decreto che come dice l'articolo di Contropiano(un-decreto-sicurezza-che-fa-impallidire-il-ventennio )è peggio di quelli del tempo del primo fascismo,dove l'odio è presente in tutti gli articoli e gli inasprimenti delle pene per chi aiuta i disperati del mare e per chi manifesta sono abnormi,senza dover dire che non dovrebbero esserci proprio.
L'articolo parla dell'ennesima presa di forza del ducetto Salvini che dall'alto del suo potere e della sua grassa arroganza vuole fare cascare su di un popolo intero,salvando i propri interessi come abolire il reato di abuso di ufficio(contropiano salvini-vuol-abolire-il-reato-di-abuso-di-ufficio-e-depenalizzare-la-mafia-no ).

Un “decreto sicurezza” che fa impallidire il Ventennio.

di  Dante Barontini 
Un delirio nazista in piena regola. Il “decreto sicurezza 2” che Salvini vorrebbe far approvare dal governo farebbe vergognare persino i gerarchi del Ventennio.

Esageriamo? Nemmeno un po’, ma andiamo con ordine.

I primi tre articoli del provvedimento sono dedicati al tema principale della retorica salviniana: l’immigrazione, e dunque il “contrasto” al questo fenomeno epocale. Il delirio si concretizza in pochi fotogrammi. Il primo articolo aggiunge un solo comma al dl 286 del 1998, teso a impedire il salvataggio in mare di naufraghi, ma solo se “migranti”. In pratica, gli armatori delle navi che dovessero in futuro prestare soccorso verranno multati con una cifra variabile da 3.500 5.500 euro a testa, per ogni persona tratta in salvo. In caso di “reiterazione” del reato (chessò, due salvataggi a distanza di tempo) potrebbe essere sospesa la licenza di navigazione.

Già nell’immaginare che il soccorso in mare possa diventare un “reato” – è un obbligo previsto dagli accordi internazionali e dalla cosiddetta “legge del mare”, in vigore da millenni – c’è qualcosa di profondamente malato. Naturalmente l’aspirante “legislatore” prova a nascondere questa follia dietro frasi in aperta contraddizione tra loro: le imbarcazioni, infatti, “sono tenute ad attenersi a quanto stabilito dalle convezioni internazionali in materia (che impongono il salvataggio, ndr) ed alle istruzioni operative emesse dalle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo l’operazione”.

Istruzioni operative che, nel caso ad esempio dei tagliagole rinominati “guardia costiera libica”, consistono nella pura e semplice negazione del dovere di soccorrere i barconi in difficoltà…

E’ l’antico sotterfugio dell’azzeccagarbugli italico: non tocco la regola generale (non era neanche possibile, visto che è internazionale), ma ne rendo impossibile l’applicazione.

Salvini prova – con l’articolo 2 – un piccolo golpe rispetto alle competenze dei ministeri, attribuendo a se stesso (al ministro dell’Interno) il potere di “limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili o unità da diporto o da pesca nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica”. L’incompetenza attuale in materia, ricordiamo, è alla base della inefficacia dei suoi ordini (“chiudere i porti!”). Tocca infatti al ministro delle infrastrutture, ovvero all’impalpabile Toninelli (che, invece di mandare a quel paese l’invasivo “collega”, si limita fin qui a dire che “se ne parla dopo le europee”).

Ma il delirio nazista si precisa con gli articoli successivi, dedicati tutti al contrasto delle manifestazioni dell’opposizione sociale e politica. Ovunque e in qualsiasi forma.

L’articolo 4 prevede il “potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura”, ovvero un maggiore uso di infiltrati e provocatori nei comitati, organismi, partiti, movimenti che i futuri ministri dell’interno riterranno di dover distruggere o invalidare.

Il top viene raggiunto però con l’art. 5, che aggrava e peggiora addirittura il “regio decreto n. 773 del 18 giugno 1931”, ovvero una legge del regime fascista. Va infatti a colpire nientemeno che il diritto di riunione.

Il comma a prevede infatti la reclusione “fino a un anno” coloro che partecipino a riunioni “in cui vengano commessi i reati di devastazione e saccheggio” (peraltro ridefiniti in modo particolarmente “elastico”, cosicché possano essere contestati anche per episodi risibili…). La cosa grave è che il riferimento va a peggiorare una norma (fascista, appunto) per cui “E’ considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l’oggetto di essa”. Prevedendo infatti che “Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola”!

Al punto che “Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione”.

Ripetiamo: stiamo parlando di riunioni, anche private (in una casa o in una sede, in un teatro), che per il numero dei partecipanti o il tema potrebbe venir vietate o comunque limitate (nell’orario, per esempio) dagli organi di polizia…

Non è finita. Viene peggiorata anche la mortifera Legge Reale del 1975, quella che provocò – tra l’altro – centinaia di morti uccisi dalle varie polizie ai posti blocco, tra automobilisti che se ne accorgevano in ritardo. L’articolo che prevede il divieto di indossare “caschi protettivi” o di “travisamento” trasforma infatti quella che fin qui è una “contravvenzione” in un “reato punibile con la reclusione da uno a due anni”.

Di più. La stessa misura viene applicata a chi “utilizza scudi o altri oggetti di protezione passiva”. Insomma: vi dovete far manganellare senza resistenza o attenuazione dei danni, da qualsiasi poliziotto voglia farlo.

E, visto che c’era, il “legislatore” si preoccupa pure di trasformare in “pericolosi reati” l’uso di “razzi, bengala, fuochi artificali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile”, oltre alle più ovvie “mazze, bastoni, oggetti contundenti”. Con pena da uno a quattro anni!

Che l’ossessione sia quella di impedire manifestazioni, presidi, contestazioni varie – quelle che stanno distruggendo l’icona del “ministro forzuto amato dalle folle” (e “dalle donne”, come da patetico ma fascistissimo libercolo edito con Casapound) – è confermato dall’articolo 8, che si preoccupa di aggravare misure e condanne previste dal codice penale fascista del 1930 (il “Codice Rocco”, mai abrogato dalla Resistenza in poi).

Non c’è molto da commentare… Una lista di pensate naziste, e dunque manifestamente incostituzionali, che in tempi normali non sarebbe stata neppure immaginabile presentare alla discussione pubblica. Ma che invece – complice l’ottusità o l’indifferenza grillina per le libertà politiche – rischia addirittura di iniziare l’iter parlamentare.

Per fortuna, vien da pensare, che la crisi di governo è alle porte. Anche se c’è da essere sicuri che un eventuale “governo tecnico ultra-europeista” – con un programma “lacrime e sangue” di titpo greco – potrebbe tranquillamente apprezzare un po’ di norme naziste “a difesa dell’ordine pubblico”.

C’è l’esempio di Macron, del resto, di che vi lamentate?

P.s. Per chi non riesce a credere che tutto ciò sia vero, ecco la bozza di decreto attualmente in circolazione: SCHEMA DI DECRETO LEGGE sicurezza pubblica-bis.13.5.19

mercoledì 22 maggio 2019

ORAIN PRESOAK


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L'arresto da parte della polizia francese di Josu Urrutikoetxea,colui che ha annunciato ufficialmente lo scioglimento di Eta all'inizio dello scorso maggio,ha provocato molte reazioni di condanna soprattutto nell'Iparralde(la parte basca francese)con manifestazioni indette a carattere locale che culmineranno all'inizio di giugno a Biarritz con una manifestazione e una catena umana.
Il tutto per proseguire nel progetto di pace cominciato orma da anni ma ufficializzato il 3 maggio(vedi:madn finita-letae-la-repressione )e che piaccia o meno la strada indicata dai partiti,sindacati e associazioni basche è questa.
L'articolo di Infoaut(sabotaggio-della-pace-euskadi )parla di questo arresto che si aggiunge alle centinaia di prigionieri politici baschi soprattutto in Spagna e Francia,e che va a pari passo con quello importante di María Soledad Iparraguirre Guenechea,una militante che comandava uno degli ultimi reparti operativi di Eta anch'essa detenuta in territorio francese dal 2004.

Sabotaggio della pace”. Euskadi si mobilita contro l’arresto del leader dell’ETA, Josu Urrutikoetxea.

L’arresto di Josu Urrutikoetxea  ha provocato numerose reazioni in Euskal Herria, dove ieri sera si sono svolte le prime proteste contro la sua detenzione.

Euskal Herria Bai ha convocato manifestazioni a Maule, Donibane Garazi e Baiona. Sotto la prefettura di Lapurdi, il suo portavoce, Anita Lopepe, ha denunciato l’arresto e convogliato la sua solidarietà alla famiglia di Urrutikoetxea. Dopo aver ribadito l’impegno della formazione alla pace, ha invitato tutti a partecipare alla catena umana che con lo slogan “Orain presoak” si svolgerà l’8 giugno a Biarritz. Sortu ha anche organizzato dei raduni ieri sera nei villaggi, mentre sabato ci sarà un corteo a Ugao, la città natale di Urrutikoetxea. LAB ha esortato tutti a sostenere queste mobilitazioni “a favore della pace e della libertà”. Il sindacato nazionalista ha definito come una “vendetta” l’arresto del Urrutikoetxea, mentre il segretario generale della Sortu, Arkaitz Rodriguez ha detto che con l’arresto di una persona di riferimento nella ricerca della pace si afferma che mostrano di voler “ostacolare il processo di risoluzione e il cammino intrapreso dalla la società basca.”  Anche l’ex presidente del PSE Gesù Eguiguren, che ha incontrato Josu Urrutikoetxea sia nella fase alla Camera di Gasteiz, che e soprattutto come principale referente della delegazione negoziale del’ETA prima in Svizzera e poi in Norvegia, ha riconosciuto il veterano militante nazionalista come un “pezzo chiave “nel processo che ha portato alla fine dell’ETA, tanto che definito dai microfoni Euskadi Irratia, Urrutikoetxea come “un’eroe”‘. Vicent Bru, deputato della maggioranza di La République en Marche (LRMS) e membro della delegazione basca che mantiene un dialogo aperto con il Ministero della Giustizia francese ha evitato di entrare nalla discussione procedimento giudiziario, ma ha riconosciuto che l’arresto di Urrutikoetxea “arriva in un brutto momento”, quando, spiega, c’erano stati “segnali positivi” derivati da quel dialogo con Parigi. In ogni caso, si e’ augurato che l’arresto dell’ex leader dell’ETA non nuoccia “alla  questione dei prigionieri e al processo di pace”.

La capo delegazione basca, Anaiz Funosas, ha  ricordato, nel frattempo, che la registrazione con la dichiarazione finale di ETA è stato letta nel centro Henri Dunand di Ginevra e quel messaggio dalla voce di Urrutikoetxea, “ha permesso alla società basca di entrare in un nuovo contesto”. Sia Bake Bidea che Artisans of Peace hanno ribadito, attraverso un comunicato, il loro impegno per raggiungere una pace definitiva e costruire la stabile convivenza di cui Euskadi ha bisogno. Le organizzazioni hanno accusato “gli stati spagnolo e francese di non capire gli otto anni di lavoro svolto dalla società civile.” Le piattaforme hanno incoraggiato tutti i settori della società basca  di convergere alla grande manifestazione che si terrà invece il 7 giugno a Biarritz. Da parte sua, il coordinatore generale di EH Bildu, Arnaldo Otegi, è apparso davanti ai media per definire l’arresto di Josu come un tentativo di tornare al passato. “Non abbiamo intenzione di far compromettere questo percorso di pace”. L’Ibarretxe della Comunità autonoma basca, Iñigo Urkullu, ha espresso fiducia nell’arresto di Josu Urrutikoetxea e nel processo giudiziario “sviluppato nella normalità dei principi, procedure e garantisce lo stato di diritto” ha detto , mentre difende la risoluzione di “tutto ciò che è in attesa di chiarimenti, se commesso dall’ETA o da altre organizzazioni terroristiche o bande criminali”. Il lehendakari di Nafarroa, Uxue Barkos, ha rifiutato di commentare l’arresto.

da lesenfantsterribles.org

martedì 21 maggio 2019

FIRENZE E BOLOGNA IN PIAZZA CONTRO SALVINI E I FASCISTI


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Le nuove minacce al diritto di manifestare e protestare contro il governo farsa gialloneroverde contenute nel decreto sicurezza bis che probabilmente entro fine settimana sarà discusso nel Consiglio dei ministri,non fermano la voglia scendere in strada degli antifascisti e di tutti coloro che vedono in Salvini & co. un cancro per il paese.
A Firenze e Bologna nel giro di poche ore so sono avuti cortei di protesta contro il ministro di tutto e contro Fogna Uova,prontamente difesi da polizia in assetto antisommossa che hanno caricato e picchiato alcuni manifestanti.
Nei due articoli di Infoaut(a-firenze-in-5000-assediano-il-comizio-leghista e bologna-antifascista-in-migliaia-in-piazza )la cronaca delle manifestazioni nelle due città in un clima sempre più arroventato e che sicuramente vedrà nei prossimi mesi un aumento di questo tipo di proteste nonostante nuove regole dittatoriali sui cortei vedranno la luce nel futuro immediato.

Arriva Salvini: scontri a Firenze. In 5000 assediano il comizio leghista.

La città si è sollevata contro il comizio leghista. La polizia carica ripetutamente, ma la piazza resiste e reagisce. Migliaia di giovani protagonisti di una giornata memorabile di conflitto e di riscatto.

Alle 20.30 Piazza della Repubblica è già affollata. Passano cinque minuti dall'inizio del concentramento anti-leghista e su via strozzi parte già il primo scontro. La polizia manganella ma non riesce ad avanzare. Col passare dei minuti la gente aumenta. La piazza alle 21 è piena e preme tutta sullo sbarramento della polizia. Sono almeno 5000 le persone che hanno risposto all'appello a respingere Salvini e la sua indecente campagna elettorale fatta sulla pelle dei migranti. Dall'altra parte sono meno di cento i leghisti venuti ad ascoltare il loro “capitano”, che parla sedici minuti e poi sparisce.

“Dopo il Matteo di Rignano, cacciamo il Matteo Padano” recita lo striscione che fronteggia la polizia. Il PD aveva provato a cavalcare l'onda lunga delle contestazioni, dei fischi e delle lenzuola ai balconi di questi giorni, ma piazza della Repubblica non è la sua piazza. Arrivata la sera si dissoceranno dai loro account social, prima di essere riempiti di insulti anche da molti loro elettori.

Alla fine della giornata saranno otto le cariche della polizia per impedire al fiume in piena antileghista di travolgere la tristissima adunata di piazza Strozzi. Cariche violente a cui centinaia di giovani hanno resistito senza fare un passo indietro. Sono soprattutto i più giovani, a centinaia, ad animare le prime file con coraggio e combattività. Le immagini ricordano quelle del 2016, quando migliaia di persone affrontavano cariche e lacrimogeni per rompere il divieto a manifestare durante la Leopolda dell'altro Matteo. Fu l'ultimo atto di prepotenza di Renzi, prima di essere travolto dal voto referendario.

Si è già parlato in questi giorni di un Salvini innervosito e spaventato per quella che sembra essere la fine della sua parabola ascendente di consenso. Si fa largo la percezione di un governo che sui temi sociali merita di essere ribattezzato “del cambiaNiente”, come recitano molti dei cartelli in piazza: mentre si fomenta la guerra ai migranti e si attaccano i diritti delle donne, nessuna risposta è stata data ai problemi sociali di questo paese. La recente protesta dei terremotati sotto i palazzi di Roma è l'emblema della distanza tra propaganda e promesse e la cruda realtà del paese, fatta di sofferenze e bisogni inascoltati. I migranti muoiono in mare, e i terremotati restano senza case. Le scuole continuano a crollare. Le banche continuano ad essere salvate con i soldi dei cittadini. E il reddito di cittadinanza si è ridotto ad un'elemosina. Cosa resta? “Razzismo e cazzate”, dicono altri cartelli.

E così la piazza antileghista di Firenze è la più bella fotografia di un paese reale che porta con sé una forte domanda di cambiamento ancora tutta inevasa. E che riscopre la piazza come luogo dove tornare a contare e prendere parola in un dibattito politico schiacciato tra il più becero sovranismo leghista e l'irriducibile neoliberismo del Partito Democratico. Piazza della Repubblica – giovane, meticcia e combattiva - parla un altra lingua e spinge per farsi spazio in questo pantano.

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Bologna Antifascista, in migliaia in piazza contro Fiore e gli stragisti del 2 agosto 1980.

Migliaia di persone hanno raccolto nella giornata di ieri l'invito a scendere in piazza contro il comizio dello stragista nero Roberto Fiore.

La passerella elettorale dell'ex Nar in una città che ha vissuto eventi come l'infame strage del 2 Agosto non poteva passare sotto silenzio. Se già l'anno scorso, in occasione delle politiche, la Bologna antifa aveva reagito con forza alla presenza di Fiore, anche questa volta ha risposto sul livello necessario.

Sin dalla mattina studenti e studentesse dell'università hanno iniziato a portare per le vie della città le ragioni della mobilitazione antifascista. Al concentramento delle ore 17, promosso da tutti i centri sociali bolognesi, e nonostante la pioggia battente, si sono poi radunate migliaia di persone nella centralissima piazza Maggiore.

La determinazione della piazza nell'impedire a Fiore di parlare ha portato agli scontri con le forze dell'ordine. Queste, anche attraverso l'utilizzo di grate, mezzi idranti e lacrimogeni si sono schierate a difesa del neofascista, che parlava di fronte a 30 suoi sodali. Le cariche contro chi portava cartelli che ricordavano la strage del 1980 hanno portato al ferimento di diverse persone.

Una compagna è stata fermata su via dell'Archiginnasio, per poi essere liberata dopo circa un'oretta. Durante la quale il corteo si è mosso in corteo selvaggio per la città. Il corteo si è poi ripreso piazza Galvani, dove è terminato facendo il punto sulla giornata e rilanciando la pratica di un antifascismo militante e radicale.

Dopo le giornate di Napoli, Roma e Firenze, quella di ieri a Bologna segna un ulteriore e importante momento di antifascismo militante. Che siano piazze contro Forza Nuova, contro Casapound o contro il protettore delle ultradestre italiane e internazionali attualmente al Viminale Matteo Salvini, si esprime nelle piazze una composizione sociale, molto giovane, animata dall'antifascismo radicale.

Lo stesso teatrino istituzionale da parte della giunta comunale, che si è limitata a non concedere palco e amplificazione a FN sulla base di una "mancata dichiarazione di antifascismo" (strano!), è stato scavalcato di gran lunga da una piazza in grado di capire cosa è antifascismo di facciata e quale invece radicale. Un buon segno.

venerdì 17 maggio 2019

ZITTIRE LE SCUOLE


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La sospensione dell'insegnante a Palermo"rea"di avere dato la libertà d'espressione ai propri alunni su di un progetto scolastico relativo alla giorno della memoria è stato un atto di vergognoso abuso di potere che il ministro all'educazione Bussetti ha scelto di fare.
L'articolo di Contropiano(palermo-parte-la-solidarieta )parla di questa decisione estrema ed inutile,un altro avvertimento che questo governo sta prendendo una piega sempre più autoritaria e repressiva,in un contesto sempre più dittatoriale con l'arrivo di un decreto sicurezza bis voluto dal ministro del tutto e di niente che aggrava la situazione di chi protesta ponendo sempre più poteri nelle mani della polizia.

Palermo. Parte la solidarietà con l’insegnante sanzionata.

di  Usb scuola 
E’ partita una raccolta di firme a sostegno dell’insegnante palermitana sanzionata perché non ha represso uno studente per un video presentato in occasione della Giornata del Ricordo che analizzava le corrispondenze tra il decreto sicurezza e le leggi razziali, una connessione sgradita alla destra. La petizione alle 12.20 di venerdi aveva già raccolto 29.567 firme.

La USB esprime la propria totale vicinanza alla docente dell’ITI Vittorio Emanuele III di Palermo, sanzionata con una sospensione di 15 giorni dal provveditorato, per aver semplicemente svolto il suo ruolo di insegnante e non aver limitato la libertà di espressione dei propri alunni, che avevano operato, utilizzando un articolo presente in rete di un noto giornalista italiano, un legittimo accostamento tra il decreto sicurezza e le leggi razziali durante la celebrazione del Giorno della Memoria.
 Luigi Del Prete, dell’Esecutivo Nazionale USB Scuola, sull’accaduto riporta così il pensiero dell’Organizzazione: “Assolutamente inquietante è il fatto che la denuncia al Ministro Bussetti sia arrivata, via social, da un giornalista di destra che ha segnalato la professoressa al Ministero, che prontamente si attivava sollecitando l’invio di un’ispezione”.
L’accusa rivolta alla docente è di non essere intervenuta immediatamente per “redarguire” l’alunno per l’accostamento inopportuno.
 Prosegue Del Prete: “La celerità dell’intervento da parte del Ministero e del provveditore di Palermo evidenziano ormai un clima irrespirabile all’interno del paese e nelle scuole italiane, dove la libertà d’insegnamento è sempre più vilipesa e in cui l’antifascismo ormai è sotto attacco come disvalore. Crediamo nella forza dirompente della libertà di pensiero nell’educazione dei nostri studenti, che il ruolo dell’insegnante debba essere quello di formare coscienze critiche capaci di capire che il fascismo, il razzismo e la xenofobia non sono “idee” ma espressioni dell’odio e anticamera dei regimi totalitari, che operare confronti storici tra periodi diversi, mostrando similitudini e differenze, sia un elemento essenziale dell’insegnamento della Storia che voglia far comprendere lo sviluppo del pensiero dell’umanità. Sanzionare un docente per aver semplicemente fatto l’insegnante e aver stimolato i propri studenti alla riflessione critica, senza voler limitare il loro libero esercizio del pensiero attraverso un lavoro sulle fonti, significa creare una scuola di regime, asservita al potere e al pensiero unico dominante, anticamera di una società sempre più indirizzata alla barbarie”.
Conclude Del Prete “Chiediamo il ritiro immediato della sanzione ingiusta e ingiustificata nei confronti della collega. USB è pronta ad avviare una mobilitazione di docenti, studenti e cittadini per sostenere la collega e, con lei, la libertà di insegnamento e la Scuola Pubblica Statale dagli attacchi che subisce costantemente”.

mercoledì 8 maggio 2019

FASCISTUME


Risultati immagini per feccia fascista
La brutta piega che i media ci stanno raccontando che sta prendendo la società italiana verso l'estrema destra si contrappone alle testimonianze e alle azioni che gli antifascisti stanno compiendo in un stato di cose dove sembra quasi che questi ultimi stiano nell'illegalità.
I fatti dello stupro di Viterbo da parte di due attivisti di Merda Povnd nonché la questione del Salone del libro di Torino(le frasi dette dal coglione editore sarebbero state da carcere pochi anni fa)e il terrorismo a Roma contro l'assegnazione di case popolari a famiglie rom(vogliono chiudere i campi ma non li vogliono nelle casa!?),sempre con l'intervento decisivo dei ca$$apovndisti,sono manifestazioni di un sentore che sempre i media ci danno,quello di un allarmismo amplificato a mille.
Negli articoli seguenti(contropiano con-i-fascisti-non-si-parla e ecn.organtifaattivista-di-casapound-urla-troia-ti-stupro )la spettacolarizzazione del fascismo ed un pericolosissimo ritorno di fiamma verso Mussolini & co. che deve fare alzare la soglia di attenzione su tutti i fronti,e come nel titolo del primo articolo proposto con i fascisti non si parla,si agisce.

Con i fascisti non si parla.

di  Mario Di Vito 
La casa editrice YYYXXX ringrazia sentitamente per tutta la pubblicità gratuita che sta ricevendo in queste tiepide giornate primaverili.

Da gruppo di sfigati più o meno organici a Casapound, in procinto ospitare nel proprio catalogo il nuovo libro di Matteo Salvini (manco stessimo parlando di Stephen King: andate a vedere quante copie vendono di solito i libri dei politici, poi ne riparliamo), adesso si atteggiano a eroi della libertà di parola e si permettono pure di rilasciare comunicati in cui dichiarano che non sono intenzionati più a dare via gratis la propria visibilità.

Sapete che c’è? Hanno ragione: fino alla settimana scorsa non se li inculava nessuno, adesso hanno effettivamente una visibilità che, giustamente, non vogliono dare via gratis.

È stato spiegato con molta calma che né XXXYYY né Salvini hanno eventi in programma al Salone di Torino. Semplicemente la casa editrice avrà uno stand di 10 metri quadrati su 60.000 di esposizione, cosa peraltro accaduta in passato anche ad altri editori di estrema destra. Non se ne sarebbe accorto nessuno, anche perché – fidatevi – chi va al Salone di solito non compra la biografia di Salvini, né va a guardare gli altri opuscoli fantaculturali dei fascisti.

E qui si pone il solito problema: bisogna rispondere o no alle provocazioni di costoro?

Non ho una risposta precisa, ma so di certo che loro lo fanno di proposito. Quando Salvini annuncia la sua presenza in una città e mette la piazza di un’altra città, lo fa di proposito. Quando Giorgia Meloni parla di «zucchine di mare», lo fa di proposito. Quando Morini mette il giorno di Pasqua una foto di Salvini con il mitra in mano e dice che la Lega è pronta a sparare, lo fa di proposito. E così via.

Lo fanno di proposito perché poi noi ci indigniamo e riverberiamo il loro messaggio molto oltre quelle che sarebbero le loro possibilità. Non solo: ogni volta che li correggiamo e li chiamiamo scemi, diamo loro la possibilità di chiamarci professoroni-radical chic-zekke-comunisti. E in questo momento storico i professoroni-radical chic-zekke-comunisti in società sono visti peggio degli scemi.

Quindi, bisogna lasciarli fare? Certo che no, però bisognerebbe fare una cosa molto semplice e che in passato veniva praticata un po’ da tutti, non solo dai professoroni-radical chic-zekke-comunisti: coi fascisti non si parla.

E basta.

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Attivista di CasaPound urla «troia, ti stupro» alla signora di Casal Bruciato · 
Perché CasaPound non caccia l’attivista che urlava «troia, ti stupro» a Casal Bruciato?
 
Sono proprio dei bravi ragazzi quelli di CasaPound. Sono tornati a Casal Bruciato per impedire ad una madre e ai suoi figli di entrare nella casa popolare legittimamente assegnata dal Comune. Continuano a soffiare sul fuoco dell’intolleranza e dell’odio verso gli “zingari”, perché quella famiglia è Rom e viene da uno dei tanti campi della Capitale. A certe sceneggiate dei fascisti del Terzo Millennio, che raccontano di intervenire a difesa degli abitanti del quartiere siamo purtroppo abituati.

CasaPound e la storia dei residenti esasperati

Si vorrebbe poter dire e scrivere che ieri a Casal Bruciato CasaPound ha toccato il fondo. Ma non è così. Ieri, mentre la signora Senada tentava di guadagnare l’ingresso del condominio, scortata dagli agenti in tenuta antisommossa, un attivista di CasaPound ha urlato «troia, ti stupro». La scena è stata immortalata in un video pubblicato dall’Agenzia Dire che era sul posto assieme a tanti altri giornalisti per raccontare l’ennesima giornata d’odio promossa dal movimento neofascista che nelle case popolari ci vorrebbe solo gli italiani, in barba ad ogni legge e principio che sancisce che in Italia siamo tutti uguali.

Subito su Facebook Mauro Antonini responsabile di CasaPound Lazio ha minimizzato la questione scrivendo che «le frasi pronunciate a quanto pare da qualche residente sono sbagliate e da condannare, ma figlie dell’esasperazione». Insomma quando si è esasperati è lecito anche minacciare una donna di violenza sessuale. Anche il responsabile romano di CPI, Davide Di Stefano, adotta la stella linea di difesa «Se ci sono stati insulti personali nei confronti della donna li condanniamo, ma sono purtroppo causati dal clima di tensione ed esasperazione dei cittadini».

L’intento è chiaro. Da un lato si scarica ogni responsabilità, perché dopo lo stupro di Viterbo CasaPound ci ha tenuto a ribadire che certe cose non fanno parte della loro cultura (strano perché non è nemmeno la prima volta). I pestaggi – anzi le “scaramucce” un po’ maschie – vanno bene la violenza sulle donne no. dall’altro si alimenta la narrativa secondo la quale gli abitanti del quartiere “sono esasperati” dai Rom e dalle assegnazioni delle case popolare del Comune (che non sono altro che le politiche abitative di qualsiasi altro comune). Peccato che nei video delle manifestazioni di ieri di residenti se ne siano visti davvero pochi. Certo, qualcuno c’era, ma la maggior parte erano attivisti di CasaPound. Lo dimostra anche una testimonianza pubblicata su Facebook che parla di circa una ventina di abitanti della zona che manifestavano con CasaPound a fronte di circa duemila residenti del complesso abitativo dove si trova l’alloggio di cui è assegnataria la famiglia Rom.

Perché quello che urla «troia, ti stupro» è sempre a fianco di Antonini?

E veniamo qui al ragazzo che urla «troia, ti stupro». Si tratta di un ragazzo con il cranio rasato, tatuaggio sul sopracciglio destro che indossa un giubbotto nero dove si distinguono chiaramente sulla spalla la toppa con il logo degli ZetaZeroAlfa (il gruppo musicale di Iannone) e sul petto la tartaruga di CasaPound. Certo, può essere benissimo un residente di Casal Bruciato, ma non ci sono dubbi che sia un attivista del movimento della tartaruga frecciata.

Anche perché basta guardare i video della giornata di ieri per accorgersi che il ragazzo è sempre a fianco di Mauro Antonini. Possibile che Antonini non se ne sia accorto. Il fotogramma qui sotto è tratto dalla diretta pubblicata sulla pagina di Antonini, l’episodio è quello che vede contrapposti – a debita distanza – gli attivisti di CasaPound a quelli dei centri sociali. Una sorta di gara canora a base di slogan e insulti (e l’Inno di Mameli ça va sans dire)

Ma può trattarsi di una coincidenza, del resto si sa che l’esasperazione porta a fare questo ed altro. Ieri però a Casal Bruciato c’è stato anche un altro episodio curioso: il battibecco tra Fratelli d’Italia – che era andata ad appendere uno striscione – e i fascisti del Terzo Millennio. L’Huffington Post ha pubblicato un video del diverbio tra i rappresentati delle due formazioni politiche.

Mentre Antonini e Adriano Cedroni attivista di Fratelli d’Italia discutono sul problema dell’appropriazione del territorio ecco che spunta il nostro, sempre con il giacchetto griffato con le toppe in vendita sul La testa di ferro, il sito del merchandising di CasaPound, che si mette in mezzo tra i litiganti per spalleggiare il responsabile regionale di CPI e spostando con una manata un attivista del partito della Meloni che forse si era avvicinato troppo ad Antonuni dice «oh fa il bravo, aò te dice male levate». Chissà, forse anche quel gesto era dettato dall’esasperazione. Oppure CasaPound potrebbe semplicemente avere il coraggio di fare il nome e il cognome di questa persona e ammettere che si tratta di uno dei loro.

 https://www.nextquotidiano.it/casapound-troia-ti-stupro-casal-bruciato/