venerdì 28 settembre 2012

L'INIZIO DELLA FINE DELLA SPAGNA

L'articolo di Angelo Miotto pubblicato dal sito Linkiesta(http://www.linkiesta.it/voto-anticipato-catalogna-nazionalismo )parla del voto anticipato annunciato dal presidente della Generalitat de Catalunya Artur Mas che ha deciso che il giorno 25 novembre prossimo si terranno le elezioni per rinnovare le camere della regione autonoma.
Non si tratta di un vera e propria elezione-referendum per staccarsi subito da Madrid,ma lo spirito è quello,un ulteriore avvicinamento ad una autonomia sempre maggiore e d'altro canto con una sempre più rivalsa da parte del governo centrale.
C'è da star certi che questa decisione,avvenuta all'indomani della Diada Nacional de Catalunya(vedi:http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/09/diada-nacional-de-catalunya.html )sarà da viatico per altre clamorose decisioni in tutti i territori spagnoli in cui il movimento indipendentista è radicato da decenni.

La Catalogna va al voto anticipato e la Spagna rischia di spaccarsi.

Angelo Miotto
La Catalunya va al voto anticipato il 25 novembre sognando la secessione. Ma il percorso intrapreso è pericoloso. Un’associazione di militari ha minacciato di applicare la legge marziale a chi provasse a rompere l’integrità territoriale della Spagna. E la Costituzione pone l’esercito come garante della stessa.
Barcellona, proteste in piazza per l'indipendenza da Madrid

«In tempi eccezionali, decisioni eccezionali». Artur Mas, presidente della Generalitat de Catalunya, ha annunciato oggi il voto anticipato per il 25 novembre. Non c’è più possibilità di trovare un accordo con Madrid. Lo Stato centrale perde, le singole autonomie vedono un ritorno del nazionalismo, spinto a gonfie vele dalla crisi, mentre cresce nelle piazze indignate la domanda di una nuova Costituente.
Elezioni anticipate. «Stanchi di sentirci sempre dire di no e di disprezzo. Abbiamo diritto a decidere il nostro nostro futuro». Artur Mas, esponente di Convergencia I Uniò e presidente della Generalitat catalana, ci ha messo pochi istanti a capire l’11 settembre scorso che la grande manifestazione che commemorava la perdita, nel 1714, del diritto di auto-governo (Diada Nacional de Catalunya) chiedendo indipendenza, era la nuova base di consenso su cui puntare. E oggi ha deciso: sciolte le camere si andrà a nuove elezioni il 25 novembre, perché, come ha detto nel discorso davanti al parlamento catalano, «in tempi eccezionali, decisioni eccezionali».
Se la riforma dello stato delle Autonomie doveva essere il programma di governo del secondo mandato di José Luis Rodriguez Zapatero, è oggi che assistiamo a uno scossone politico che avrà conseguenze in altre regioni di Spagna e potrebbe porsi come modello a livello più esteso. Un modello federale, che la destra non permetterebbe e che il patto malsano di una Transizione democratica mai davvero consumata ha impedito fino a oggi, potrebbe avere delle conseguenze anche a livelli inaspettati. È dei giorni scorsi una minaccia di un’associazione di militari (Ame) di applicare la legge marziale a chi provasse a rompere l’integrità territoriale di Spagna. Di fatto, l’articolo 8 della Costituzione pone l’esercito come garante della stessa. Madrid non concederà nulla, politicamente, e anche dal punto di vista di un nuovo patto fiscale si è detta chiusa a ogni eventualità di modifica. Un vero e proprio schiaffo al presidente della Generalitat.
Una fase nuova, mai vista nella politica catalana
Joan Subirats, raggiunto da Linkiesta a Barcellona, è sociologo ed editorialista per il quotidiano El Pais. Parla di una fase mai vista nella politica catalana e spagnola. «Nello stesso frame – afferma - in questo momento si trovano le rivendicazioni tradizionali e la paura per il futuro. Molte persone che non sono indipendentiste hanno visto la possibilità di uscire dalla crisi con più capacità per le regioni autonome. Anche perché i trasferimenti dalla Catalogna al governo centrale sono un vero e proprio fallimento: se la capacità di generare Pil vede la Catalogna al terzo posto a livello nazionale, una volta esauriti i trasferimenti i catalani scivolano direttamente all’ottavo posto. Un ranking che dice molte cose».
Subirats non vede una propensione di stretto “egoismo” in chi ha abbracciato una svolta nazionalista, anche perché i dati sono particolarmente chiari nella regione autonoma: una disoccupazione superiore al 20%, oltre il 50% dei giovani senza lavoro e un deficit pubblico ben oltre il 20% del Pil, la sensazione latente che la Catalogna contribuisca in modo sproporzionato alle politiche spagnole di redistribuzione, è salito a un livello insostenibile. «Non è che le persone non sentano la solidarietà verso altre regioni spagnole, ma non sono disponibili a fallire dovendo dipendere economicamente da altre realtà. Un esempio: il Paese basco e la Navarra hanno un regime fiscale differente, rispetto a noi, e in questo momento se la cavano molto meglio rispetto alla crisi».
Crisi economica e della politica
«Se vende España». Scritto su un annuncio immobiliare e ben visibile nelle ultime manifestazioni di chi protesta. Nazionalismo come risposta alla crisi: da soli, forse, ce la si può fare. Ma è davvero questa la risposta alla nuova domanda di indipendenza e sovranità che arriva dalle piazze catalane? Le strisce gialle e rosse della bandiera, che sono sbarcate ufficialmente sulle divise del Barça, da settimane sono un incubo per il Partido popular al potere con Mariano Rajoy e hanno spinto i socialisti spagnoli a pronunciare la parola “Stato federale”, che per tanto tempo era rimasta se non proibita, inutilizzata.
Siamo nella Spagna di Bankia, delle sofferenze causate dalla bolla immobiliare degli anni passati, il famigerato ladrillo, il mattone che ha portato grandi guadagni, alleggerimenti fiscali, tassi d’interesse convenienti e devastanti conversioni di enormi quantità di terreno all’edificabilità. Rivelandosi alla fine un gioco da illusionisti. E mentre in Italia saliva il debito pubblico, gli spagnoli si indebitavano soprattutto nel privato, con un impoverimento costante e disastroso per chi aveva scelto la casa come bene di risparmio e investimento per il futuro, in una società che ne è uscita trasformata: se prima della crisi affitti e case di proprietà se la giocavano al 50%, oggi i proprietari di immobili sono il 78%.
C’è un forte richiamo per tutte le autonomie spagnole in quanto si sta vivendo sull’asse Barcellona-Madrid. Qualche cosa che si è scatenato non solo grazie alla crisi, ma anche rispetto a un clima sociale capace di rimettere decisamente in discussione meccanismi ormai fin troppo oliati. Barcellona, negli ultimi mesi, è stata uno dei cantieri più operosi per il movimento trasversale dell’indignazione. Il re, prima, e il presidente del governo, in seconda battuta, hanno cercato di demoralizzare i discorsi più aguzzi della Generalitat, che sta marciando spedita verso un referendum sulla sovranità nazionale.
Juan Carlos ha inaugurato la sua web di casa reale con un messaggio puntuto, in cui esortava a non seguire pericolose chimere. Mariano Rajoy ha ricevuto il presidente catalano uscente Mas non concedendo un millimetro rispetto alle rivendicazioni che gli sono state esposte. Ma l’indebolimento dello Stato centrale non viene solo dalla più importante regione autonoma (Xavier Vidal Folch ricordava in un editoriale su El Pais che può esistere una Catalogna senza Spagna, ma non una Spagna senza Catalogna); la delegittimazione di chi fa politica, della cosiddetta casta, è cosa che accomuna Roma a Madrid, anche se al posto delle cinque stelle grilline il movimento di denuncia spagnola è molto più ampio e trasversale, e senza necessità di leader carismatici.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/voto-anticipato-catalogna-nazionalismo#ixzz27mM4BZDY

giovedì 27 settembre 2012

SALLUSTI CRIMINALE

Il caso della condanna di Alessandro Sallusti ad una pena detentiva di 14 mesi di carcere che credo mai sconterà ha fatto sbarellare la mente di molti nomi noti del giornalismo italiano in una maniera bipartisan di pensiero politico ed ideologico,cosa che ha fatto incazzare molti giornalisti meno noti e che si fanno un culo così per portare a casa da mangiare e pure qualche blogger me compreso che scrive senza essere stipendiato da nessuno e che può esprimere le proprie idee senza(o quasi)rischiare di incappare in sanzioni.
C'è un'enorme confusione su questo caso e tutti i notiziari più importanti ma non per questo maggiormente veritieri ha fatto una confusione enorme tra la libertà d'espressione e la diffamazione ed il falso,reati per cui Sallusti è stato incriminato:per le sue ideologie del cazzo foraggiato da Berlusconi mai nessuno ha osato condannarlo,criticarlo ed anche aspramente sì,ma non è mai stato giudicato reo per essere tenuto al guinzaglio dal suo editorialista.
Un altro è quando spandi merda e dichiari apposta il falso,che tu lo faccia di mano tua o che comunque qualcun'altro scriva sulla carta straccia di cui sei il direttore:se uno ti denuncia perché hai raccontato un sacco di balle e viene fuori che sei colpevole allora paghi,se non lo sei vai avanti col tuo lavoro.
I due contributi odierni sono made in Livorno rispettivamente tratti da Senza Soste e da Don Zauker ed entrambi sono contro la levata di scudi di alcuni tra i più pagati(e a volte non veritieri)giornalisti e giornalai italiani,tacciando giustamente l'amante della Santanchè(dimmi con chi vai e ti dirò chi sei)di essere un criminale,inventando favole su magistrati e augurando la pena di morte per quelli abortisti e ponendo domande e dando anche risposte su casi avvenuti anni orsono e per cui tutta la schiera dei giornalisti sopra descritti non si è degnata di alzare un dito(vedi Luttazzi infamato,inquisito e che ha sempre avuto ragione).
O Sallusti,per te un vaffanculo grandissimo sperando di non vedere mai più una tua firma nemmeno su di un foglio di carta igienica,fin tanto che tu scrivi della merda sulla tua ideologia malata e le tue opinioni(se mai ne hai avute)fallo per il tuo capo e per i quattro gatti che leggono il tuo giornale,ma se devi inventare notizie per fomentare odio e per cambiare scena politica,tagliati le mani.

Si può essere garantisti con Sallusti? No .

La condanna a 14 mesi di detenzione al direttore del Giornale Sallusti lascia indifferente persino chi, come chi scrive, trova aberranti i reati di opinione ed è per il superamento della società del carcere. Sallusti è stato condannato per aver pubblicato un articolo sul Giornale dove si pubblicava una notizia falsa (un aborto indotto da un magistrato) invocando la pena di morte per i magistrati abortisti.
Dopo la condanna di Sallusti si sono quindi riscoperti, nel centrodestra come nel centrosinistra, i principi illuministici della libertà d'opinione. Si è chiesta la grazia per il direttore del Giornale e ci si è domandati se si può finire in carcere per un'opinione. Francamente tutto questo ci ricorda le affermazioni sul rischio di violazione della costituzione americana in caso di chiusura di siti nazisti negli Usa.
Il Giornale è una testata che, da quando è l'organo del berlusconismo militante, attacca la libertà di espressione di chiunque intimidendo e, come abbiamo visto, falsificando. Attacchi e dossieraggi che si pretendono essere fatti in nome della libertà di espressione. La lista delle nefandezze, di violazioni della libertà e della dignità altrui del Giornale di Sallusti, e prima ancora di Feltri, è troppo lunga per essere citata. E' comunque sufficiente evocarla per negare qualsiasi solidarietà al direttore del Giornale.
Risulta oltretutto perlomeno indecoroso che il dibattito sulla libertà di espressione in Italia si risvegli attorno a Sallusti. Davvero siamo all'Ancien régime: esiste un regime di garanzie per il notabilato e uno stato permanente di arbitrio nei confronti del popolo. Infatti il dibattito pubblico gira intorno al fatto che una legge vecchia, superata e ingiusta per molti, sia applicata al direttore de Il Giornale. Fino ad oggi però andava bene, probabilmente non aveva mai colpito così in alto ma solo qualche direttore di giornali o siti d'informazione indipendente.
Non bisogna abboccare alle lenze degli illuministi fuori tempo massimo, quelli che hanno voltato le spalle tutte le volte che in questo paese i diritti si violavano davvero: nessuna solidarietà a Sallusti.
Sotto la ricostruzione di ciò che è avvenuto a livello giudiziario e l'articolo incriminato di Dreyfuss che tutti hanno sempre saputo essere Renato Farina, ex agente Betulla che ha ammesso di aver collaborato, quando era vicedirettore di Libero, con i Servizi Segreti italiani, fornendo informazioni e pubblicando notizie false in cambio di denaro. Il fatto che l'agente Betulla venga fuori oggi stesso, fa capire come la volontà di Sallusti fosse solo quella di far venire fuori un caso politico. I censurati e perseguitati dei nostri tempi sono altri
(red) 27 settembre 2012
Provaci ancora, Sal!

Mai avremmo immaginato di scrivere qualcosa in difesa di Alessandro Sallusti.
Lo ha fatto persino Travaglio, ma lui è un giornalista, è parte in causa, noi no.
E questo è sbagliato. Perché quando si mettono a rischio la libertà di stampa e di espressione, siamo tutti parti in causa. Perché molti politici, o potenti in genere, usano la querela preventiva come mezzo per intimidire giornalisti, comici e voci a loro contrarie. Non a caso, quando accadde a Luttazzi, propose di inserire nei codici civile e penale un comma che diceva, più o meno, così: “Ok, te mi quereli per centinaia di migliaia di euro. Però se perdi la causa, li dai te a me!”
Ma Luttazzi è stato troppo frettolosamente, e ingiustamente, dimenticato.
E ora tocca a Sallusti.
Sallusti che ha intrapreso una battaglia di libertà contro un magistrato che lo ha denunciato per diffamazione.
Sallusti nuovo Bobby Sands, nuovo Gandhi, nuovo Nelson Mandela… e la Santanché nuova Winnie Mandela.
Sallusti che è stato condannato e che, ovviamente, non farà neanche un giorno di carcere e, forse, sarà assegnato ai servizi sociali, tipo accompagnare gli anziani a fare le analisi, portare la spesa a casa di vecchie vedove, o fare da vigile all’uscita delle scuole elementari.
E già questo dovrebbe essere un motivo per schierarsi contro la condanna: tenete Sallusti lontano dai nostri padri, dalle nostre madri e soprattutto dai nostri figli, per favore!
Ma la questione è tutt’altro che semplice, perché non ci passa neanche lontanamente per la testa l’idea di gioire quando qualcuno, perfino uno come Sallusti, viene condannato per aver espresso un’opinione o per aver riportato e commentato una notizia. Anzi, per aver fatto scrivere a un altro, in qualità di direttore responsabile.
Però. C’è un però.
Da tempo, certe testate (giornali e telegiornali) fanno della diffamazione a mezzo stampa una strategia editoriale e politica, la cosidetta “macchina del fango”. Le migliaia di euro da pagare per una causa per diffamazione vengono addirittura messe a budget, quando si dirigono certi giornali. Cosa sono poche migliaia di euro, davanti alla possibilità di infangare un avversario politico o di diffondere notizie false e tendenziose? Si paga, magari si pubblica una smentita nella pagina degli annunci delle troie (ma anche no) e intanto si è portato a casa il risultato.
Ecco, questo modo di fare giornalismo, tanto di voga negli ultimi anni, è vergognoso e deve finire.
L’arresto è un modo per mettere in regola le cose? No, sicuramente no, di questo siamo sicuri. Così come siamo sicuri… no, via diciamo sospettiamo che il buon Sallusti e il suo editore (chi sarà mai?) non sperassero altro per poter così lanciare un’altra offensiva mediatica contro i magistrati e i loro calzini turchesi.
Però mai avremmo pensato di scrivere qualcosa in difesa di Sallusti.
E, infatti, non lo facciamo nemmeno ora.
***
P.S. Apprendiamo adesso che la condanna è stata sospesa. Vabbè, via, provaci ancora, Sal!

mercoledì 26 settembre 2012

LO SCIOPERO BASCO E GRECO

Il 26 settembre odierno è stata una grande giornata di lotta e di protesta soprattutto in due stati europei,ovvero in Euskal Herria dalla parte sotto l'occupazione spagnola(Hegoalde)ed in Grecia,dove soprattutto nella capitale Atene c'è stata una grande manifestazione dove ci sono stati violenti scontri contro le forze del disordine(foto centrale).
Nei Paesi Baschi invece i cortei si sono svolti in ogni città e anche nei paesi meno popolati,e pure qui vi sono stati incidenti come testimoniano la prima foto ed il video sottostante che riportano testimonianze da Pamplona.
Le partecipazioni sono state massicce in entrambi i casi e le percentuali di astinenza dal lavoro in qualche caso sono state totali:soprattutto in Euskal Herria si sono visti deputati(vedi l'ultima foto che ritrae l'esponente politico Sabino Cuadra)e attivisti di sindacati del lavoro come Lab ed Ela prodigarsi in prima persona per la lotta e per un cambiamento positivo per il lavoro,la società e l'indipendenza.
Il primo articolo è preso da Contropiano(http://www.contropiano.org/it/esteri/item/11435-sciopero-generale-paesi-baschi-paralizzati-la-diretta )mentre quello riguardante Atene è frutto di Senza Soste:
propongo anche un articolo postato lo scorso luglio e che preparava la strada al greba orokorra di oggi(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/07/greba-orokorra.html ).
           
Sciopero generale: Paesi Baschi paralizzati. La diretta



Sciopero generale di 24 ore nelle province basche spagnole. Contro i tagli del governo spagnolo e di quelli locali, contro i diktat dell'Unione Europea. Picchetti e cortei, cariche e arresti.

17.20: Il video delle cariche della Polizia autonoma navarra contro i lavoratori al termine della manifestazione di Pamplona



16.30:
cominciano ad arrivare i primi dati sull'adesione allo sciopero che è stata molto alta ovunque, nonostante la repressione, i ricatti aziendali e una norma dell'ultimo minuto che alzava il livello dei servizi minimi da garantire nonostante la mobilitazione nei trasporti, nella sanità e nell'istruzione. Punte molto alte di adesione da parte dei lavoratori - vicine al 100% - in Gipuzkoa, nel Nord della Navarra e dell'Araba e nella cintura operaia di Bilbao. Adesione considerevole, intorno al 50%, nel resto dei territori baschi. Questa mattina le città avevano un aspetto spettrale - negozi, bar e uffici chiusi - così come i poligoni industriali rimasti bloccati dallo sciopero.

15.00:
Dopo i presidi e i picchetti di questa mattina realizzati in centinaia di città, paesi e quartieri, e i partecipatissimi cortei nei 4 capoluoghi ed in altre località, oggi pomeriggio tra le 17,30 e le 18 i sindacati di ambito basco, con il sostegno di numerose forze politiche e sociali, hanno indetto manifestazioni in circa 100 comuni.

13.30
: Nuove cariche a Pamplona, questa volta la Policia Nacional ha sparato pallottole di gomma e manganellato contro migliaia di persone che affollavano il Paseo de Sarasate, piazza a ridosso della parte vecchia del capoluogo navarro. Molti i manifestanti contusi e feriti.

12.15: l'Ertzaintza ha caricato i lavoratori in sciopero a Portugalete, località a pochi chilometri da Bilbao. Decine di migliaia di persone stanno sfilando in corteo nei 4 capoluoghi di provincia mentre stamattina presto presidi, picchetti e blocchi si sono svolti in almeno un centinaio di località.

11.55: I lavoratori e le lavoratrici dell'Agencia Navarra de Emergencias obbligati a lavorare dalle disposizioni sui servizi minimi durante lo sciopero hanno deciso di devolvere il loro stipendio di oggi ad alcune associazioni che si occupano dell'assistenza a coloro che hanno perso casa e lavoro.

11.50: Questa mattina alle 9:00 quattro militanti del sindacato Lab si sono incatenati all'interno di una sede del Banco Santander a Pamplona. Un'azione per denunciare la quantità di enormi fondi pubblici sottratti al lavoro e allo stato sociale e regalati alle banche e alle finanziarie da parte dei governi locali oltre che statale. Lab denuncia i fondi investiti per realizzare una linea ad alta velocità al quale i cittadini si oppongono sia per i costi enormi sia per i danni ambientali e sociali che la Tav produce. Gli attivisti sono rimasti a lungo all'interno della banca mentre altri lavoratori protestavano all'esterno. Poi è intervenuta la Polizia hce ha identificato e sgomberato i 4 attivisti incatenati

11.30:
la Polizia autonoma basca ha caricato il corteo dei lavoratori a Bilbao. Gli agenti hanno usato i manganelli e sparato gas lacrimogeni e pallottole di gomma contro i manifestanti. Un giovane è stato colpito ad un occhio da una pallottola di gomma ed è stato portato in ospedale.

11.20:
cariche della Polizia contro i lavoratori che stavano realizzando un picchetto davanti all'ingresso del grande magazzino Corte Ingles a Pamplona.

11.15
: la Polizia Nazionale in assetto antisommossa ha caricato duramente il corteo dei lavoratori a Pamplona. Dure proteste del deputato della sinistra indipendentista Sabino Cuadra colpito dalle manganellate dei poliziotti nonostante mostrasse le sue credenziali di deputato alle Cortes di Madrid per la coalizione Amaiur.

11.00: alla giornata di lotta hanno deciso di non partecipare le sezioni basche dei sindacati spagnoli Ugt e Ccoo che d'altronde, non hanno ancora indetto uno sciopero generale a livello statale contro i 40 miliardi di euro di tagli a lavoro e stato sociale indetti dal governo Rajoy. In alcune fabbriche e uffici però allo sciopero hanno dato la loro adesione anche alcuni delegati dei sindacati spagnoli.

10.45: Già durante la notte centinaia di lavoratori hanno realizzato picchetti nelle stazioni

dei treni, degli autobus e davanti alle grandi fabbriche per informare i lavoratori sui motivi dello sciopero. Nella località di Orduña (provincia di Bilbao) l'Ertzaintza (polizia autonoma basca) ha arrestato un lavoratore mentre collocava una barricata sui binari della locale stazione della Renfe. A Bilbao finora sono stati 4 gli autobus urbani 'sanzionati' perchè in circolazione nonostante lo sciopero. Un conducente è rimasto leggermente contuso dopo un attacco.

10.30
: Il governo regionale della Comunità Autonoma basca, guidato dal socialista Patxi López, in accordo col Ministero Spagnolo dei trasporti ha aumentato il livello minimo dei servizi essenziali all'interno di settori come trasporti e sanità nel tentativo di boicottare lo sciopero generale in corso. Di fatto nei trasporti è previsto che almeno il 30% funzioni nonostante lo sciopero, mentre nella sanità il livello minimo sotto il quale non si può scendere è quello normalmente garantito nei giorni festivi. Provvedimenti simili nella scuola dell'infanzia.

E’ cominciato a mezzanotte nelle quattro province basche dello Stato Spagnolo – Bizkaia, Gipuzkoa, Araba e Nafarroa – lo sciopero generale indetto dalla maggioranza sindacale basca contro i tagli del governo allo stato sociale, al lavoro, alla sanità, all’istruzione. Alla mobilitazione generale convocata sia nel settore pubblico che privato da Lab, Ela e altre sigle di settore - ESK, STEE-EILAS, EHNE, Hiru, CGT-LKN e CNT - hanno aderito centinaia tra partiti politici della sinistra indipendentista, organizzazioni studentesche, di immigrati e di donne, collettivi sociali e mezzi di informazione.
Si tratta del quinto sciopero generale nei Paesi Baschi in tre anni - nell’insieme della Spagna i sindacati ne hanno realizzato due – da quando i governi locali e di Madrid, sull’onda della crisi finanziaria, hanno iniziato un assalto senza precedenti ai diritti economici, politici e sociali dei cittadini per ripianare i debiti di banche e sistema finanziario.
Uno sciopero, quello di oggi, dal netto carattere politico visto che i governi locale e statale vengono tacciati di essere ‘sottomessi’ ai diktat delle istituzioni economiche e politiche internazionali. Ha detto ieri Ainhoa Etxaide, la segretaria generale del sindacato Lab (espressione della sinistra indipendentista): “la ricchezza c’è ma viene distribuita in maniera ineguale, e inoltre i governi rubano a coloro che hanno meno per riempire le tasche di chi è già ricco”. “Il terrore che viene imposto ai lavoratori - ha detto invece il segretario di Ela Adolfo Muñoz - può essere respinto solo con la lotta e l’organizzazione collettiva”. “E’ intollerabile – che sia la popolazione quella che paga una crisi generata dal potere economico (…) La via intrapresa dei poteri neoliberisti dell’Unione Europea ci porta ad una economia di sterminio” ha denunciato la rappresentante basca della Marcia Mondiale delle Donne.
Grecia paralizzata per lo sciopero generale di 24 ore. Diretta.

ore13.30:
In piazza Syntagma sono scoppiati i primi scontri tra manifestanti e forze dell'ordine.
La protesta è esplosa sul lato sinistro del parlamento greco, dove una parte della piazza ha tentato di forzare i cordoni posti a difesa del palazzo; la polizia ha risposto con il consueto uso massiccio di gas lacrimogeni.
ore13:
Migliaia di persone si stanno radunando in piazza Syntagma, nei pressi del Parlamento, che ancora una volta è presidiato da un ingente dispiego di forze dell'ordine e protetto su tutto il perimetro dalle transenne.
Grande manifestazione in corso anche a Salonicco.
ore12:
Le prime notizie che arrivano da Atene parlano di mezzo milione di persone in piazza.
Nel frattempo fonti governative hanno fatto sapere che, in seguito ad un incontro avvenuto stanotte tra il premier Samaras e il ministro dell'economia, il piano di austerity che verrà presentato giovedì prevederà tagli fino a 15 miliardi di euro (e non più 11), con l'aggiunta di nuove tasse.
Oggi tutta la Grecia si fermerà per 24 ore di sciopero generale proclamato da tutti i principali sindacati; fanno eccezione i trasporti, che in alcune fasce orarie saranno in servizio per trasportare i manifestanti verso i concentramenti convocati nel centro di Atene.
Ancora una volta il paese scenderà in piazza contro le misure di austerity portate avanti dal governo Samaras, che ha appena proposto un nuovo piano di risanamento con tagli per 11,9 miliardi di euro.
L'approvazione del piano da parte del governo è la condizione imposta dalla Troika per ottenere nuovi finanziamenti dall'Ue e dal Fmi.
Il piano prevede, tra le altre cose, nuovi aumenti dell’età pensionabile, abolizione delle tredicesime e delle quattordicesime, nuovi tagli alla sanità, al mondo della formazione e ai sussidi di disoccupazione e andrà quindi ad inasprire ulteriormente la situazione di impoverimento generale lasciata dalle precedenti manovre; nonostante questo, alcuni esponenti del governo hanno fatto sapere che l’ultima grossa sforbiciata di Samaras non sarà sufficiente per far fronte al pagamento del debito greco e che si prospettano quindi nuove misure di austerity all’orizzonte.
In questo situazione la giornata di oggi sembra preannunciare un clima piuttosto incandescente nelle piazze greche.
I due sindacati principali (Gsee per il settore privato e Adedy per quello pubblico) hanno dato appuntamento alle 11 in piazza Pedion tou Areos, mentre il Pame (sindacato vicino al Kke greco) ha convocato un’assemblea alle 10.30 nel centro di Atene, in piazza Omonia; oltre alle convocazioni sindacali sono previsti cortei in diverse città del paese.
tratto da http://www.infoaut.org
26 settembre 2012

martedì 25 settembre 2012

MADRID,CATALUNYA,EUSKAL HERRIA

Oggi a Madrid ci sono stati scontri a margine di una grande manifestazione indetta dagli indignados e da altri movimenti uniti per la protesta contro il governo Rajoy e contro una politica sempre più basata sui mercati,le banche e l'economia piuttosto che ai reali bisogni dei cittadini.
L'articolo preso dal sito"controlacrisi.org"(http://www.controlacrisi.org/notizia/Conflitti/2012/7/19/24679-spagna-rivolta-contro-lausterity-centomila-in-piazza-a/ )parla della cronaca di una giornata non ancora finita:infatti i media spagnoli diffondono immagini in diretta del corteo e delle cariche della policia nacional un pò come accaduto da noi a Roma lo scorso ottobre.
Proprio oggi in Catalunya c'è stato l'annuncio delle elezioni anticipate di due anni appunto per contrastare veementemente il governo di Madrid,mentre domani in Euskal Herria ci sarà la greba orokorra(sciopero generale)...insomma nella penisola iberica si danno da fare mentre da noi la situazione continua a latitare!

Spagna, rivolta contro l'austerity: centomila in piazza a Madrid, notte di proteste in altre 80 città.

Centomila persone in piazza a Madrid e proteste in tutta la Spagna (almeno 80 le citta' coinvolte) contro le misure di austerity del governo Rajoy.I cortei sono iniziati in serata e una vera e propria marea umana si è riversata per le strade della capitale, ma anche a Barcellona, Alicante, Bilbao, Sevilla, Valencia. La protesta è stata indetta dai sindacati, contro il piano di rigore del governo. Le mobilitazioni sono state per lo più pacifiche. Il bilancio finale è di qualche cassonetto bruciato. La polizia ha comunque effettuato quindici arresti. Circa una quarantina i feriti.
Proteste si sono segnalate un po’ in tutto il paese. I pompieri del comune di Mieres, nelle Asturie (norovest), si sono spogliati ieri mattina in segno di protesta contro i tagli annunciati dal Governo. Sotto uno striscione con la scritta ''a forza di tanto tagliare, ci hanno lasciato nudi'', otto di loro hanno posato davanti alle telecamere dei media - con i fondoschiena rivolti verso gli obiettivi - convocati alle 8.00, ora del cambio di turno. Tra i provvedimenti contestati l'aumento dell'orario di lavoro o l'abolizione della tredicesima.
Ieri il governo ha dichiarato di non avere più i fondi per pagare i servizi pubblici. A lanciare l'allarme è stato il ministro del Bilancio, Cristobal Montoro, in Parlamento, mentre arrivava il via libera del Bundestag al piano di aiuti Ue per le banche spagnole.
L'esecutivo di Madrid ha obbedito "alle raccomandazioni della Ue, che sono obblighi", ha proseguito Montoro, "Se intendiamo essere Europa e costruire l'Europa dobbiamo accantonare parzialmente le nostre convinzioni". Il governo Rajoy sta "ristrutturando l'economia e il settore pubblico", perché per la crescita bisogna tagliare i servizi, ha detto ancora il ministro, "bisogna dire le cose come stanno: la Spagna sta vivendo una seconda recessione economica, un prolungamento di quella del 2009. Dobbiamo uscirne per come siamo, cioè Europa, e con l'euro".
Un allarme reso ancora piu' sonoro dai preoccupanti risultati dell'asta di Bonos di oggi, dove sono stati collocati titoli con scadenza al 2014, 2017 e 2019 per tre miliardi di euro con un forte rialzo dei rendimenti. Nei dettagli, per 1,359 miliardi di euro di bond con scadenza 2014 il tasso è stato del 5,204% contro il 4,335% della precedente asta, per quelli con scadenza 2017 il tasso e' salito al 6,459% dal 4,832% e per quelli con scadenza 2019 il tasso e' del 6,701% contro il 4,832% del collocamento precedente. In calo la domanda, che oscilla tra 2-3 volte l'offerta contro le 3-4 volte delle precedenti aste. I riflessi sul mercato del debito si sono fatti subito sentire. Lo spread tra Bonos decennali e Bund tedeschi equivalenti e' infatti schizzato a 580 punti con il rendimento che si è riaffacciato oltre quella soglia del 7% che ha costretto altri paesi europei a chiedere un piano di aiuti. Le borse europee hanno invece preferito ignorare la doccia fredda chiudendo in rialzo e continuano a confidare nella possibilità che la Federal Reserve vari nuove misure di stimolo. Ma il timore di un contagio in arrivo da Madrid, che avrebbe effetti molto piu' devastanti della crisi greca, permane, tanto da costringere il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ad agitarlo prima del voto del Bundestag. "Anche la semplice apparenza di una minaccia alla solvibilita' dello stato spagnolo puo' portare a un aumento del pericolo di contagio nell'Eurozona, cosi' come potrebbe farlo la debolezza di alcune banche spagnole" ha dichiarato il ministro. Il parlamento tedesco ha poi approvato gli aiuti con una maggioranza schiacciante: 473 voti a favore, 97 contrari e 13 astenuti. La fronda interna all'amministrazione Merkel avrebbe pero' colpito ancora. Secondo fonti ben informate, 22 parlamentari della Csu, il partito della cancelliera, avrebbero votato contro. Lo scorso 29 giugno, quando il Bundestag approvo' i testi sull'Esm e sul fiscal compact, erano stati 26. Gli aiuti fino a 100 miliardi messi a disposizione dall'Eurozona, secondo El Pais, potrebbero essere utilizzati da Madrid anche per intervenire sul mercato dei titoli di Stato. Una possibilita' che darebbe respiro al paese iberico ma che è stata prontamente smentita da Bruxelles. "Non c'e' nessun legame tra l'assistenza delle banche in Spagna e altri tipi di assistenza finanziaria, gli aiuti si possono usare solo a questo scopo, non per altro", ha spiegato il portavoce della Commissione Ue, Simon O' Connor, "Gli articoli della stampa si basano su un fraintendimento dei documenti legali”.

lunedì 24 settembre 2012

I TAGLI A SCUOLA E SANITA' VISTI DA CREMA

Il denominatore comune di questo post sta nel fatto che si parli della città di Crema e che siano protagonisti i famigerati tagli che il governo ha fatto in materia di istruzione e di sanità,due cardini che in un paese che si ritiene democratico non si dovrebbero non solo toccare ma incentivare con investimenti e risorse.
Il primo articolo parla del caso ormai diventato nazionale del taglio delle bottigliette dell'acqua negli ospedali di Rivolta d'Adda e di Crema,con l'aggiunta della sospensione della distribuzione gratuita di yogurt,fette biscottate e marmellate,i condimenti monodose oltre che il cibo per i lavoratori dei turni notturni.
Il direttore generale Ablondi con la scusa dei tagli ha drasticamente ridotto le forniture ai degenti,che essendo ricoverati dovrebbero essere curati per bene e non lasciati alla mercè di questa gente che non hanno a cuore il bene del malato ma il loro portafoglio:vi ricordate i milioni di Euro stanziati per il San Raffaele e per la clinica Maugeri solo grazie alla mafia ciellina?
Il secondo articolo parla invece delle direttive della provincia di Cremona ai presidi di tutto il territorio di ridurre drasticamente le spese per luce,acqua e gas mentre la stessa provincia e la regione Lombardia foraggia le scuole private(ecomostro di cielle a Crema)con valangate di denaro pubblico.
I due contributi sono dei comunicati nell'ordine dell'Usb(Unione Sindacale di Base)e di Sel.
 
ABLONDI - DIRETTORE GENERALE
CON LA SCUSA
DELLA SPENDING REVIEW,
TOGLIE L’ACQUA AI PAZIENTI.
PROSSIMAMENTE I MALATI DOVRANNO PORTARSI
LA “SCHISCETTA” DA CASA

Ablondi ha iniziato a “ridurre i costi” partendo dall’ospedale di Rivolta d’Adda, annunciando la sospensione, a far tempo dal 10 settembre, della distribuzione dell’acqua minerale ai pasti.
E già questo doveva fare inviperire pazienti, fami...
gliari e cittadini, anche perché l’acqua, per i malati è fondamentale.
Successivamente, con nota del 13 settembre, ha esteso i tagli all’ospedale di Crema e ha deciso di togliere lo yogurt, le fette biscottate e la marmellata a colazione, di non fornire più bottigliette d’acqua, i condimenti monodose (formaggio, olio e aceto) e di eliminare il sacchetto con alimenti per i dipendenti in servizio notturno.
Inoltre è stato ridotto radicalmente il servizio di pulizia di uffici e reparti.
Tutto questo è inaccettabile.
Ablondi deve annullare questi provvedimenti. Gli sprechi son ben altri: inizi a tagliare sulle consulenze d’oro elargite a medici e dirigenti in pensione.
L’acqua è un bene fondamentale.
I lavoratori che lavorano nel turno di notte hanno diritto al sacchetto di cibo.
La vergogna è sapere che la Regione Lombardia ha “regalato” centinaia di milioni di euro al San Raffaele e alla Maugeri e ora si arriva ad attaccare le condizioni di vita dei pazienti.
Invitiamo pertanto i cittadini e le cittadine, le associazioni che difendono la sanità come bene pubblico, i lavoratori a sostenere e sviluppare le iniziative finalizzate a mantenere la qualità dell’assistenza nell’azienda ospedaliera di Crema.

Non è accettabile il ricatto di Ablondi:”o questi tagli, oppure quattro licenziamenti”!

Unione Sindacale di Base

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Salini e Orini senza ritegno.

L'Amministrazione Provinciale ha scritto recentemente una lettera a tutti i Presidi degli istituti superiori della Provincia di Cremona, chiedendo di ridurre le spese di luce, gas e acqua a seguito dei tagli ai trasferimenti di oltre 3 milioni di euro dallo Stato centrale alla nostra Provincia. Se chiedere di razionalizzare le spese è assolutamente legittimo e opportuno, bisogna ammettere che qui si cerca di fare gli struzzi e nascondere la testa sotto la sabbia. La Provincia sa perfettamente che le scuole già da anni cercano di realizzare risparmi, dato che sono in stato di costante sottofinanziamento rispetto alle esigenze reali ed è cosa risaputa che la la Provincia di Cremona spesso non svolge gli interventi di manutenzione ordinari che sarebbe suo dovere fare, costringendo le scuole a sobbarcarsi direttamente i costi per riparazioni e per l'acquisto di arredi. Tutto questo che già di per se non è corretto, potrebbe essere tollerato se effettivamente si fosse già raschiato il fondo del barile facendo tutto il possibile per reperire in altri capitoli di spesa le risorse per garantire il diritto allo studio in ambienti idonei e sicuri ai nostri studenti. Quando però a scrivere è la Provincia di Cremona, che ha deciso di investire 24 milioni di euro per la costruzione di una nuova faraonica sede, gli inviti al risparmio mossi alle nostre già scalcinate scuole, suonano come una arrogante farsa. Siamo in crisi economica e l'unico modo di uscirne è puntare sul settore dell'istruzione e della formazione, il Presidente della Provincia Salini e l'Assessore all'Istruzione Orini ne prendano atto e reperiscano le risorse necessarie al funzionamento delle nostre scuole.
Gabriele Piazzoni
Coordinatore Provinciale di Sinistra Ecologia Libertà

sabato 22 settembre 2012

COMUNISTA A CHI?

La lunga deriva del Pd verso la destra con la quale sta ancora governando,facciamolo ancora ben presente,sembra non trovare un termine visto che è saltato fuori che nella battaglia interna per la scelta del candidato alle primarie si è usato la parola"comunista"come una vera e propria offesa.
L'articolo tratto da Senza Soste pone una questione a chi ancora non ha dimestichezza con la politica,ovvero se non si è ancora capito che ormai il cosìdetto Partito Democratico non sia più da considerarsi facente parte della sinistra italiana,in quanto sembra più un'emanazione del centro destra che non è nè carne nè pesce,il famoso rapanello rosso fuori e bianco(a volte anche nero)dentro.

Primarie, nel Pd vola l'accusa di comunista.
C'è solo da stupirsi che non sia accaduto prima. Nel Pd darsi del comunista è un'accusa. E fin qui, visto che il partito democratico è destra liberista, non significa altro che sciogliere un equivoco.
Altrettanto significativo che, nel Pd, nessuno dia del fascista all'altro. Come è sempre capitato a sinistra durante le divisioni interne. Al contario, l'accusa più infamante e sentita all'intero del Pd è quella di comunismo. Accusa che, ci sentiamo di dire, è del tutto fuori luogo qualunque sia l'iscritto chiamato in causa.
Ad inaugurare l'uso dell'accusa pubblica di comunismo dentro il Pd,in effetti con notevole sforzo di immaginazione, non poteva essere che un renziano. Si tratta infatti dell'affermazione di uno dei responsabili scelti dal sindaco fiorentino, che ha recentemente sfilato per una griffe milanese, per tutelare il regolare svolgimento delle primarie. Il responsabile, che si chiama Roberto Reggi, in una delle tante discussioni sullo svolgimento delle primarie non ha trovato di meglio che accusare di essere comunista chi non era d'accordo con lui.
E bravo Roberto Reggi, un ottimo contributo al cabaret politico quotidiano di questo paese. Ora ci aspettiamo che qualcuno, all'interno del Pd, dia del marxista ad Enrico Letta. C'è solo da aspettare fiduciosi.
(red) 21 settembre
la fonte
http://www.unita.it/italia/il-coordinatore-di-renzi-br-schedare-alle-primarie-e-comunista-1.447684?page=1
http://www.piacenzasera.it/politica-cittadina/primarie-reggi-su-lunita-schedare-gli-elettori-da-regime-comunista.jspurl?id_prodotto=27426&IdC=1093&IdS=1093&tipo_padre=0&tipo_cliccato=0&com=c

venerdì 21 settembre 2012

INFILTRAZIONI FASCISTE NEI MOVIMENTI ANIMALISTI

Traggo spunto dall'articolo preso da Infoaut per fare una puntualizzazione che da sempre aleggia nella mia mente e che riguarda la difesa dei diritti degli animali in generale senza riferirmi solo alla caccia ma comprendendo pure il veganesimo,la vivisezione,il maltrattamento e lo sfruttamento degli animali come nei circhi.
Il pezzo sotto riportato parla di infiltrazioni di chiara matrice fascista e nazista in un corteo tenutosi a Brescia la scorsa settimana con il beneplacito della maggioranza dei manifestanti che anzi si sono riferiti a chi ha storto il naso per questa infame presenza in una maniera giustificativa.
Come noto a molti l'estrema destra e il Pdl in particolare negli ultimi anni hanno sostenuto campagne di facciata per ingraziarsi i voti di palesi pecoroni utilizzando gli animali come scudo dietro cui proteggere le loro schifose ideologie,utilizzando ad hoc e strumentalizzando movimenti contro lo sfruttamento e la vivisezione per i loro porci comodi(ho utilizzato apposta i due termini animaleschi per sottolineare il concetto).
Personaggi come la Brambilla in primis che odiano intere categorie umane non possono di certo difendere cani,gatti & co.se non riescono a difendere i diritti di altri esseri umani:dai fascisti non ci si può aspettare un vero amore per tutta la natura se non hanno il rispetto del prossimo.
Io sono a favore della vivisezione di queste bestie bipedi.
Concludo con una parentesi che ahimè riguarda parecchi compagni che fanno dell'essere vegetariano o vegano uno stile di assoluta veridicità e giustezza,una virtù ed uno stile di vita che tutti devono seguire e chi non è conforme è un nemico e in poche parole un assassino senza contare che dal mio canto uno infine per sopravvivere deve per forza uccidere qualcosa,un conto parlare di sfruttamento,un altro parlare di una scelta che dev'essere libera per ciascuno di noi.

Provocazioni fasciste al corteo Anticaccia a Brescia.

Riportiamo qui la testimonianza di una compagna presente al corteo contro la caccia svoltosi il 15 settembre a Brescia sui fatti avvenuti al concentramento della manifestazione
"Ieri ho avuto l'ennesima conferma (una conferma diretta, data la mia presenza al corteo anticaccia di Brescia) di quanto e come il movimento animalista/antispecista (almeno qui al nord) sia scivolato in una deriva politica e di coscienza davvero pericolosissima. Un manipolo di fascisti (uno di loro con una svastica tatuata sul bicipite) si è presentato indisturbato al concentramento della manifestazione. Una infame provocazione. Cinque o sei fra compagne e compagni sono andati a dire a quei soggetti che era vietata loro la partecipazione al corteo (a un corteo che fra l'altro si svolgeva in una città gravemente ferita nel 1974 dalla bomba fascista di piazza Loggia, un ordigno che ha seminato morte nel cuore della città). Per tutta risposta i fascisti hanno gravemente insultato e minacciato i/le compagne/i, aggredendone una, ne è nata una colluttazione. Successivamente è intervenuta la polizia, che ha prima identificato e poi allontanato i provocatori fascisti.
Detto questo, non può mancare un commento dedicato agli altri partecipanti del corteo e agli organizzatori dello stesso. Questi ultimi, avvertiti con largo anticipo della presenza fascista, hanno allargato le braccia e hanno fatto partire il corteo, allegramente indifferente: "Ma cosa volete? Non fanno mica niente di male. Lasciateli perdere e fateli partecipare: siamo tutti qui per la stessa causa..." Agghiacciante. Mi sono sentita gelare il sangue. In altri tempi chi organizzava le manifestazioni, avrebbe urlato al megafono ai partecipanti: "Aspettate, c'è un gruppo di fascisti venuto a provocare: andiamo tutti a sostenere i compagni che li stanno cacciando e poi partiamo!" Invece, niente di tutto questo. Il corteo è partito spensierato, allegro: del resto stava accadendo qualcosa che non lo poteva minimamente interessare. Vergogna anche a tutti quegli idioti che sono venuti a dirci di lasciarli stare, di farli partecipare, prendendosela con noi: vergogna, vergogna, vergogna!
Sapevo che il movimento animalista/antispecista era quasi totalmente andato in merda per queste infiltrazioni fasciste e di destra, ma vedere l'atteggiamento indifferente di centinaia di persone (di destra, alla fine: altrimenti sarebbero venute a darci man forte...) è stato per me sconcertante.
Ieri a Brescia una manciata di compagni e compagne hanno dato un segnale in controtendenza rispetto all'andazzo degli ultimi tempi: i fascisti devono stare fuori dal movimento. Non bisogna concedere loro nemmeno un centimetro di spazio. Chi non è libero non può liberare. Chi odia le persone più deboli e discriminate, non può fare nulla per gli animali non umani. Bisogna mirare a ripulire da questa feccia il movimento animalista/antispecista. Chi rimane indifferente, è complice dei fascisti. Ora e sempre Resistenza! Liberazione animale, liberazione umana: go vegan!"

giovedì 20 settembre 2012

FUOCO ALLE POLVERI(NI)

La regione Lazio negli ultimi anni ha avuto vicissitudini da film poliziesco o thriller,dalla vicenda Marrazzo(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/10/marciume-generale.html )datata 2009 arrivando allo scandalo ultimo sui fondi destinati al Pdl e che ha coinvolto Battistoni,Fiorito e la stessa governatrice Polverini.
Ora è uno scaricabarile tra tutti questi personaggi che tra un"si sapeva"ed un"io non sapevo"hanno convinto la Polverini a fare un aut aut minacciando un"tutti a casa"se entro pochi giorni non si arrivi ad una soluzione.
Decisione comunque interna visto che ancora salta fuori il vero ago della bilancia,ovvero Berlusconi,
che ha tosto organizzato la solita riunione in una delle sue proprietà,con l'ancora accesa guerra interna tra i forzaitalioti e quelli di An,pronti a scannarsi e probabilmente dividersi in vista delle prossime elezioni.
L'articolo preso dal"Corriere della sera"parla delle ultime notizie che fan sì che Roma e tutta la regione,come evidenziato in questo link(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2012/08/comune-di-roma-o-regina-coeli.html ),è sempre più una cloaca di criminali,ladri e truffatori.

GIUNTA AL CAPOLINEA
Renata Polverini tentata dalle dimissioni:
«Decido domani», fragile armistizio nel Pdl
Rischio nuove elezioni per la Regione Lazio. Dopo la battaglia sui tagli e le liti nel Pdl, la governatrice ha chiesto al Viminale chiarimenti sui tempi per il voto in caso di sua rinuncia

Roma:La governatrice del Lazio Polverini è ancora in bilico, anche dopo le dimissioni di Battistoni, il capogruppo Pdl. Una decisione presa dopo un incontro con il segretario del partito Angelino Alfano. La governatrice Renata Polverini cerca di resistere: «Non ho chiesto la testa di nessuno, non è mia abitudine. Il Pdl è un partito che sostiene la maggioranza, ci ha messo nei guai attraverso delle persone che si sono rivelate poco perbene, a voler essere generosi, e chiedo a questi ragazzi, che hanno avuto un'opportunità straordinaria potendo rappresentare gli elettori all'interno di un consiglio regionale, che è ora di tacere». Ma intanto i militari della Guardia di Finanza si sono recati negli uffici del Consiglio in via della Pisana per acquisire nuovi documenti nell'ambito dell'inchiesta che vede già indagato per peculato l'ex capogruppo del Pdl Franco Fiorito. Venerdì 21 è convocato il Consiglio regionale. Ma intanto Fiorito durante l'interrogatorio ha detto: «Polverini non poteva non sapere»

IL NUOVO SISTEMA DI GESTIONE FONDI - «Queste sono questioni di competenza della magistratura» ha detto il coordinatore regionale del Pdl Vincenzo Piso interpellato, alla Pisana, sul quadro tracciato dagli inquirenti sulla «gestione caotica» dei fondi. «Sotto Storace c'erano le cosiddette tabelle, con la giunta Marrazzo c'erano i bandi e adesso questa gestione che, da quello che ho potuto capire, transita direttamente attraverso la presidenza del Consiglio e i gruppi. Sono tre sistemi diversi». Poi ha aggiunto: «Ora, però mi sembra di capire che la Polverini abbia tagliato la testa al toro azzerando completamente la manovra d'aula (facendo approvare i tagli lunedì ndr) e di conseguenza credo che per il futuro non ci saranno più di questi problemi». Ma il capogruppo regionale del Pd Esterino Montino aveva criticato i tagli fatti approvare lunedì in aula alla Regione: «la Polverini resta, restano i vitalizi ai suoi sodali che in trent’anni ci costeranno quasi 20 milioni di euro e i suoi 14 assessori esterni che pesano sulle tasche dei cittadini per 5 milioni l’anno. Restano le indennità per tutte le cariche, i rimborsi chilometrici, restano le consulenze. Gli unici tagli riguardano i fondi per i gruppi, su cui siamo d’accordo».

PISO (PDL): «VALUTARE LE RISPOSTE DEI PARTITI» - Il coordinatore Pdl Piso interpellato sulle possibili dimissioni della governatrice del Lazio, ha poi detto: «Io credo che la Polverini stia valutando anche sulla base delle risposte che arrivano dai partiti, se questa situazione è governabile o no. Credo che sia un ragionamento legittimo: o i partiti dimostrano di volerla seguire in un'operazione di risanamento serio oppure chiaramente trarrà le dovute conseguenze». E in queste ore la Polverini sta incontrando i capigruppo di maggioranza: nel palazzo di via Cristoforo Colombo si sono succeduti Francesco Storace (la Destra), Mario Brozzi (Lista Polverini) e Francesco Carducci (Udc). Assente, ovviamente, il Pdl. «Con Polverini abbiamo fatto un'analisi della situazione e abbiamo preparato il Consiglio regionale di domani- ha detto Carducci - Andiamo avanti sulle decisioni prese dalla conferenza dei capigruppo e sul processo di rigore che il Consiglio si è dato».

ZINGARETTI: «TUTTI A CASA» - La governatrice Polverini «sta sicuramente considerando l'idea delle dimissioni - afferma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno -, io la invito a non dimettersi, a tenere duro e a fare pulizia». Diverso l'atteggiamento del presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti: «Per salvare le istituzioni ormai c'è una sola cosa da fare: tutti a casa». Il leader della Destra, Francesco Storace, sostiene: «Avanti con Polverini, questo sì. Il Pdl ha i suoi problemi da risolvere, non c'è dubbio, e non può pensare che noi siamo turisti della Regione». Netta la presa di posizione del presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario: «Con tutto quello che è già emerso, che altro deve venir fuori perchè la Polverini si dimetta? Quanto ancora dovremo aspettare prima che la governatrice faccia quel passo indietro obbligato e necessario? La Polverini rappresenta la casta che non vuole piegarsi all'etica, perchè si sarebbe dovuta dimettere subito e invece si permette di dire ancora "si vedrà"».

BERLUSCONI E VIMINALE - Mercoledì, alla fine di una giornata convulsa, in cui si erano rincorse le voci di imminenti dimissioni, Renata Polverini aveva lasciato il Viminale dove si era recata per parlare con il ministro Anna Maria Cancellieri: tema del colloquio, la richiesta di un parere sulle modalità tecniche e giuridiche di un eventuale ricorso alle urne. Prima di questo, però, un colloquio con Silvio Berlusconi avrebbe rassicurato Polverini sul fatto che l'ex presidente del consiglio e tutto il Pdl sono con lei. Anche se ancora non si è risolto il nodo delle eventuali dimissioni di alcuni esponenti di rilievo del partito nella Regione: dimissioni che la governatrice ha chiesto e pretende.

«DECIDO DOMANI» - Proprio per la mancata «resa» dei suoi nemici interni alla Giunta, la governatrice mercoledì ha trascorso una giornata sull'orlo dell'addio. In tarda serata l'intervento dell'ex premier sanciva una sorta di fragile armistizio interno al Pdl, ma le certezze sul futuro della giunta del Lazio rimangono scarse. «Dimissioni? Qualcuno parla al posto mio, domani (ndr. venerdì 21) si riunisce il consiglio, poi vediamo», ha detto Polverini uscendo di casa giovedì mattina per recarsi ad una visita medica.

ELEZIONI ENTRO SEI MESI - Se le dimissioni - annunciate più volte e mai arrivate negli ultimi tre giorni - dovessero avvenire, avverte l’opposizione di centrosinistra in Regione, «con la rinuncia del presidente eletto dai cittadini, a termini di legge, si dovrebbe tornare alle urne in una forbice che va da 45 a 70 giorni». Ma l'Avvocatura dello Stato corregge: la presidente dimissionaria resterebbe in carica per l'ordinaria amministrazione e potrebbe indire le elezioni entro sei mesi dalla data delle dimissioni.

DECADREBBE IL CONSIGLIO - Le dimissioni volontarie, la rimozione, la decadenza, «l'impedimento permanente e la morte del presidente della Regione comportano le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del Consiglio regionale». Lo stabilisce l'articolo 44 dello Statuto della Regione Lazio. Se Polverini si dimettesse, decadrebbe quindi l'intero Consiglio regionale.

INFORMATI GLI ASSESSORI - Secondo fonti parlamentari del Pdl, la governatrice avrebbe già comunicato ai suoi assessori la volontà di rassegnare le dimissioni. Nel pomeriggio si era sparsa la voce che intorno alle 18.30 la presidente avrebbe convocato una conferenza stampa, che però non c'è stata.
Contrari alle dimissioni anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto - «Mi auguro si tratti solo di voci e non della realtà. Polverini deve andare avanti» - e gli esponenti in regione dell'Udc: «Polverini deve continuare la sua azione perché un milione e mezzo di elettori ha creduto in lei. Andare alle urne in questo momento sarebbe una catastrofe che si aggiunge alla catastrofe», sottolineano in una nota congiunta il capogruppo Udc in Consiglio regionale del Lazio Francesco Carducci, il vicepresidente della Giunta Luciano Ciocchetti e l'assessore alle Politiche sociali e Famiglia Aldo Forte.

L'APPUNTAMENTO AL VIMINALE - Dopo aver minacciato le dimissioni lunedì e aver gestito con fatica il faccia a faccia con i colleghi di partito, quindi la riunione di giunta che ha votato - martedì 18 - i tagli per circa 50 milioni (in tre anni) al bilancio della regione Lazio, la governatrice Renata Polverini si preparava al peggio fin dalla mattinata di mercoledì.
Non ancora certa che le gli esponenti del Pdl coinvolti nello scandalo dei fondi regionali spariti e ricomparsi su conti all'estero avrebbero davvero rassegnato le dimissioni, meditava di giocarsi il tutto per tutto. Così, di prima mattina, ai microfoni della trasmissione «Mattino Cinque», aveva avvertito di essere pronta ad andare a nuove elezioni.

BALLETTO E RESPONSABILITA' - L'incertezza sul futuro della giunta aveva provocato nervosismo: «Le dimissioni che a corrente alternata la Presidente Polverini annuncia non vanno minacciate ma presentate immediatamente - commenta il deputato del Pd Michele Meta -. Ciò rappresenterebbe l'ultimo atto di responsabilità nei confronti della martoriata istituzione regionale, una scelta coerente e conseguente alla scuse rivolte dalla Presidente Polverini ai cittadini nell'aula del Consiglio regionale».

Redazione Roma Online

mercoledì 19 settembre 2012

RENZI E I MASS MEDIA

L'analisi proposta da Senza Soste su Matteo Renzi,sindaco di Firenze che si è proposto come candidato alla presidenza del consiglio alle primarie per rappresentare il Pd,per questa volta non tratta della sua linea politica da sempre incline a destra tant'è che ci si chieda perché non vada via dal partito dei rapanelli per andare direttamente dal mentore Berluscojoni.
Parla bensì del modo di proporsi dell'ex presidente della regione Toscana,sempre lo stesso,lineare e ripetuto modo di presentarsi alla televisione e comunque ai mass media in generale:il commento si sofferma sul fatto che purtroppo da anni è la presentazione del prodotto-personaggio che attira i voti e non tanto la serietà e la fattibilità di un programma politico.
Ed ecco che i vari Berlusconi e Grillo hanno avuto sempre un vantaggio in più rispetto ad altri avversari politici,perché sanno vendersi proponendo varianti sul tema,cosa che Renzi,da quando ha avuto un discreto successo,non ha mai fatto.
L'articolo proposto macchia Renzi proprio di questo,ovvero di essere un personaggio che non sa rinnovarsi in questa società dove lo spettacolo conta moltissimo,riproponendo sempre la stessa immagine di sè e sempre la solita figura di innovatore e rottamatore.
Questo link,per concludere,(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2011/11/il-renzi-pensiero.html )offre un richiamino al Renzi pensiero,uno favorevole al nucleare,alla Tav,sostenitore di Marchionne e favorevole alla privatizzazione dell'acqua...ma pensandoci bene forse tutto questo non lo potrebbe offrire anche qualche altro candidato alle primarie del Pd?

Arriva Renzi, il Carcarlo Pravettoni dei nostri giorni .
Qualche mese fa, all'epoca di una delle convention alla Leopolda di Firenze, abbiamo tracciato un profilo di analisi delle strategie di marketing politico di Matteo Renzi

Rileggendolo vi si possono trovare i tratti principali dei comportamenti renziani. Che appaiono quindi stabilizzati, definiti e quindi possibile oggetto di approfondimento. Ma c'è una cosa che Renzi e il suo staff hanno sottovalutato. Ovvero cosa significa, nella società dello spettacolo, reiterare lo stesso tipo di personaggio. Stiamo parlando dell'eterno ritorno del giovane che vuole rottamare, oramai configurabile come un Peter Pan delle primarie di qualsiasi livello.
Una regola fondamentale della società dello spettacolo, tanto più in politica, ricorda che la reiterazione dello stesso personaggio produce un accumulo di satira e di ironia diffusa. Non a caso le grandi dittature hanno prodotto grandi vignette. La reiterazione dello stesso personaggio, delle stesse posture porta all'ingessatura della persona che si propone scatenando profondi moti sotterranei, e non, di riso e di ironia. Siccome Renzi non è un dittatore, in quel ruolo farebbe anche più ridere, e deve prendere voti l'effetto ridicolo creato dalla continua riproposizione della medesima immagine di sè potrebbe davvero essergli nocivo.
Silvio Berlusconi, il maestro di bottega di Renzi, conosceva queste regole. Infatti, per ovviare all'effetto ridicolo (e ne ha prodotto tanto), cambiava continuamente modalità di rappresentazione del proprio personaggio. Abbiamo infatti avuto il presidente-imprenditore, il presidente del Milan, persino il presidente operaio. Renzi, invece, non riesce a liberarsi, da qualche anno, della filastrocca rottamazione-merito-innovazione che oltretutto fa molto nostalgia anni '80-'90. Per uno che ostenta l'ambizione di diventare presidente del consiglio, il primo vero Tony Blair di Rignano sull'Arno, è sicuramente un punto di debolezza. Infatti Renzi, prigioniero non di una politica ma di un personaggio, salta da una primaria all'altra riproponendo, in differenti contesti lo stesso tipo di spettacolo. Non è riuscito a stare politicamente fermo su un ruolo istituzionale, una stagione di governo. Non a caso, quindi.
Anche le figure con le quali si accompagna ripetono lo stesso jingle da sempre. Ad esempio l'economista Zingales, che non si rende conto di apparire in tv come la caricatura dell'economista liberista "tagli e rigore", e il sempreverde Ichino per il quale il salario è equo e conforme a costituzione solo quando coincide con la mancia.
Renzi si è così ormai avvitato nell'imitazione, non si sa quanto involontaria, di CarCarlo Pravettoni. L'imprenditore milanese sintesi del colmo del berlusconismo, della retorica grottesca del merito, impersonato da Paolo Hendel nelle trasmissioni di satira di diversi anni fa. Una delle presentazioni iniziali delle puntate di Pravettoni recitava: "l'unico manager pagato dalla concorrenza perchè resti dov'è".

Il Renzi più giovane deve aver visto troppo quelle trasmissioni. Deve aver fatto come quei giovani aspiranti broker che guardavano Gordon Gekko, nel primo Wall Street, dimenticandosi che quella di Oliver Stone era una rappresentazione critica non la celebrazione del pescecane di borsa. In effetti si pagherebbe volentieri per lasciare Renzi dove è, in una candidatura alle primarie infinita quanto le soap opera giapponesi. Fa ridere, è grossolano e improbabile, attira una audience cinica come infedele e instabile (pronta a disarcionarlo al primo problema) e potrebbe distruggersi da solo con il ridicolo che attira.

Purtroppo, in un paese in seria decomposizione sociale e politica anche personaggi di questo calibro vengono presi sul serio. Persino un Pravettoni al potere può sembrare un programma politico all'altezza dei tempi. Curiosamente, vista anche la parabola politica di Berlusconi e Grillo, il futuro elettorale di questo paese sembra essere scritto nel passato della televisione. Non durerà ma può durare abbastanza per paralizzare un paese.

per Senza Soste, nique la police
14 settembre 2012

martedì 18 settembre 2012

SERVIRA' A QUALCOSA?

Il caso della morte di Michele Ferrulli,assassinato durante un controllo delle forze del disordine in Via Varsavia a Milano lo scorso 30 giugno 2011(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2011/07/unaltra-foto-da-aggiungere.html ),ha assunto una maggior gravità penale per i quattro ratti in divisa che lo massacrarono di botte.
Il Gip ha infatti cambiato il loro capo d'imputazione che è passato ad omicidio preterintenzionale con l'aggravante delle false dichiarazioni rese alla magistratura:l'articolo preso da Senza Soste parla dell'esito delle perizie mediche che inchioderebbero gli agenti.
C'è da vedere ora,il processo si terrà il prossimo dicembre,se ci sarà una condanna e se nell'eventualità del caso che la stessa possa essere effettivamente scontata,visto che i quattro assassini di Federico Aldrovandi non solo non sono ancora in carcere ma indossano ancora la divisa.

Caso Ferrulli, si aggrava la posizione dei quattro poliziotti.
 
Il gip cambia capo d'imputazione per i quattro agenti per la morte di Michele Ferrulli: omicidio preterintenzionale e dichiarazioni false.
"Quattro agenti di polizia indagati per omicidio preterintenzionale e dichiarazioni false. Il 4 dicembre partirà il processo". E la novità «è dirompente», spiega a Globalist, Fabio Anselmo, legale di parte civile, che è riuscito a convincere il gip che il reato è ben più grave di quello ipotizzato dal pm. La notizia viaggia sui social network, prima ancora che sulle agenzie di stampa, l'esito dell'udienza preliminare del caso Ferrulli. Viaggia grazie all'attivismo di Domenica Ferrulli, la figlia della vittima, e di donne come Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, o Lucia Uva, sorella di Pino. Donne che hanno impattato la "normale" violenza della malapolizia. Insieme stanno facendo un pezzo di strada per sostenersi a vicenda ma, soprattutto, perché non accada mai più che un cittadino si imbatta in degli agenti o dei militari e non sopravviva a quell'incontro.
Quello che è accaduto a Michele Ferrulli «deceduto improvvisamente durante un'azione di contenimento accompagnato da percosse di agenti della polizia». Gaetano Thiene dell'Università di Padova, perito anche nei processi Aldrovandi e Cucchi - proprio come Anselmo è avvocato di parte civile negli stessi casi - ha messo nero su bianco che «la causa della morte è stata un violento attacco ipertensivo, verosimilmente precipitato dallo stress emotivo del contenimento, dall'eccitazione da intossicazione da alcool e dalle percosse con tempesta emotova e iperattivazione adrenergica».
Pesava 147 chili Michele Ferrulli ed era alto nemmeno 1 metro e 80. Obeso e iperteso. Il 30 giugno del 2011 stava ascoltando musica ad alto volume a Milano, in via Varsavia, davanti a un bar. Per gli uomini della volante che intervennero era troppo aggressivo e «ostile». Quindi fecero venire un altro equipaggio. Seguì una colluttazione così sopra le righe che i quattro agenti subiranno un processo ma non per eccesso colposo nell'omicidio colposo del Ferrulli - come scritto nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari - bensì per omicidio preterintenzionale perché le manganellate di quella sera e le modalità dell'intervento lo fecero fuori.
Alle 22 arrivarono sgommando le volanti. 13 minuti dopo fu avvisato il 113. Mezz'ora di manovre rianimative non servirono a nulla. Alle 22.50 verso l'ospedale si mossero ma l'uomo ci arrivò cadavere. E, il giorno appresso, secondo il pm, i quattro firmarono pure un rapporto artefatto smentiti da un telefonino di nuova generazione che li avrebbe immortalati mentre lo pestavano di brutto che lui era già a terra. L'autopsia del 5 luglio parlerà di insufficienza contrattile acuta del ventricolo sinistro con edema polmonare e cerebrale. La sbornia di quella sera, secondo i medici, non c'entrava nulla con la morte. L'avevano ucciso le botte.
Checchino Antonini
tratto da Globalist
16 settembre 2012

lunedì 17 settembre 2012

SANTO BANCOMAT

L'articolo preso da Senza Soste annuncia ed analizza la nuova trovata che nelle intenzioni di chi l'ha proposta dovrebbe arginare l'evasione fiscale e l'illegalità ma che ha già fatto storcere il naso a molti.
Difatti dal primo luglio del prossimo anno per importi superiori ai 50 Euro potrebbe
essere obbligatorio il pagamento tramite bancomat,visto che per ora è una misura proposta dell'esecutivo Monti,che fin dai suoi primi vagiti ha governato per le banche e non per il paese.
Evidentemente il controllo di massa delle persone e dei propri conti diventerebbe una cosa plateale ai limiti dell'indecenza,quando per controllare e sconfiggere l'evasione fiscale si potrebbero cercare altre strade.

Moneta elettronica: l’era del controllo di massa è alle porte.
 
I contanti hanno le ore contate. Già, perché dal primo luglio del 2013, per gli importi superiori a 50 euro potrebbe diventare obbligatorio il pagamento con il bancomat.
E’ una misura a cui sta lavorando il governo Monti da inserire nel decreto Sviluppo due a cui sta lavorando l’esecutivo. Lo scopo del provvedimento sarebbe quello di semplificare la vita della gente e tenere sotto controllo l’illegalità, anche perché con la moneta elettronica si pagheranno pure le prestazioni professionali, occasione principe di evasione fiscale.
Spingeremo per una diffusione sempre più ampia della moneta elettronica perchè poche cose contrastano illegalità ed evasione, però naturalmente questa diffusione dev’essere tollerabile in termini di costi e gestita in maniera saggia in termini di tempistica“, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera rispondendo in commissione Finanze della Camera a una domanda sul tema.
Il pagamento obbligatorio col bancomat per spese superiori a 50 euro è la misura principale di un pacchetto che prevede anche l’introduzione della ricetta medica elettronica, della tessera unica per dati d’identità e sanitari e l’intensificazione della banda larga.
Pecunia non olet, il denaro non ha odore, dicevano i romani. E’ una classica locuzione latina, che riesce a riassumere perfettamente i concetti più astrusi. Secondo Svetonio, questa frase fu pronunciata da Vespasiano a cui il figlio Tito avrebbe rimproverato di avere messo una tassa sull’urina raccolta nelle latrine gestite dai privati. Tito, in segno di protesta, avrebbe tirato alcune monete in uno dei bagni. Il padre le avrebbe raccolte e, avvicinatele al naso, avrebbe pronunciato le fatidiche parole.
Insomma, per i romani il denaro era sempre il denaro, e diciamolo sinceramente, è così anche per noi. Invero, l’antico detto non vale più, o almeno vale in parte. I molti non lo sanno, ma in Italia è in corso un violento quanto silenzioso attacco al denaro contante a colpi di norme. Difatti, l’oligarchia tecnica al potere, denominata “Governo Monti”, ha decretato ufficialmente guerra al denaro contante. Con la scusa dell’evasione fiscale si aprono le porte alla moneta elettronica.
Il governo Monti non è nuovo a questo tipo di proposte. Anzi, dallo scorso Febbraio, grazie ad una nuova legge varata dai tecnici illuminati, sono illegali i pagamenti in contante (e gli assegni liberi) sopra i 1.000 euro.
Insomma una imposizione per gradi. Fino all’obiettivo finale di convertirci definitivamente alla moneta elettronica.
Tutti i governi precedenti, da Prodi a Berlusconi, burattini del vero potere, hanno dato il loro contributo nella lotta liquido. In un brevissimo lasso di tempo la soglia dei pagamenti cash è scesa rapidamente da 12.500 euro agli attuali 1.000 euro, ultimo diktat dalla “bancocrazia Monti”.
E’ utile e necessario ricordare che il Governo in carica non è stato legittimamente eletto dal popolo, ma imposto dai poteri finanziari internazionali, per traghettare l’Italia nel prossimo futuro regime tecnocratico europea. A questo proposito, vi invito a leggere uno sfacciato e nauseabondo articolo di Curzio Maltese, uscito il 13 Aprile 2012 su Repubblica: “L’Italia laboratorio della tecnocrazia che guiderà l’Europa”.
La schiettezza con cui si incita alla “classe tecnocratica” come guida illuminata di un super stato europeo è spudorata. Risalta ancor più su un giornale come Repubblica, che si è sempre vantanto attraverso i suoi maggiori esponenti di essere in prima linea, a difesa del libero pensiero, contro l’autoritarismo del precedente governo Berlusconi. Ora abbiamo capito, almeno spero, che sia solo un fatto di padroni.
La strada è tracciata. Ora i cani di regime guideranno il gregge verso la dittatura europeista.
Da anni, io e prima di me tantissimi altri studiosi, docenti, giornalisti e blogger vanno dicendo che uno dei punti cardini della prossima dittatura mondiale sarà la moneta elettronica. Tali tesi sono state spesso etichettate come “complottiste”, quindi derise, ma oggi sembrano divenire realtà con una velocità e una facilità disarmante.
Ancora in molti si chiedono quali sarebbero i vantaggi che questa fantomatica dittatura orwelliana avrebbe nell’imporre una moneta elettronica. Presto detto.
A) Il costo del denaro. E’ bene rammentare che stampare e gestire il denaro ha un costo per le banche. Solo per l’Italia si parla di cifre attorno ai 10 miliardi di euro l’anno. In Europa sono in circolazione oltre 14 miliardi e 418 milioni di banconote per un valore di 857 miliardi di euro. Eliminato il denaro cartaceo le banche eliminerebbero anche il valore intrinseco delle banconote, ovvero il costo di produzione.
B) Il diritto di signoraggio. Come ovvio gli introiti derivati dal signoraggio bancario saranno ancora più cospicui e rimarranno nelle tasche dei grandi usurai che controlleranno molto più facilmente il flusso monetario.
C) Il controllo della massa. La vita dei consumatori sarà registrata in appositi database. Con il denaro elettronico sarà possibile spiare ogni acquisto, capire i gusti delle persone, seguire i movimenti sul territorio, studiare le preferenze, tutto il loro agire, semplicemente grazie alla tracciabilità dei pagamenti. Questi dati saranno oro colato per le società dedite alle ricerche di marketing, che potranno scegliere l’apposita strategia da adottare per ogni singolo consumatore.
D) Il controllo dell’individuo. Semplicemente premendo un bottone potranno bloccare le nostre fonti di sostentamento (la carte di credito), per qualsiasi motivo da loro ritenuto valido, impedendoci di acquistare i beni di prima necessità
Vi sembra poco? Credete non sia uno straordinario sistema di controllo? Siete disposti a sacrificare una parte consistente della vostra libertà per risolvere un falso problema creato ad arte? Procediamo per gradi.
Secondo una ricerca del KRLS Network of Business Ethics, effettuata per conto di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani, la maggior parte dell’evasione fiscale non riguarda le piccole-medie imprese, che hanno un giro di affari modesto (8,2 miliardi di euro l’anno), bensì le grandi corporation. Parlo della grandi società per azioni, che attraverso transazioni segrete o fondi speculativi nei paradisi fiscali, nascondono al fisco la bellezza di 60,4 miliardi di euro l’anno (22,4 le Spa e Srl e 38 le Big Company).
Insomma, aziende già abituate a trattare con denaro virtuale. Mentre programmi di regime come Report lasciano passare un messaggio pericoloso, ovvero che gli evasori fiscali potrebbero essere i tuoi vicini di casa, l’idraulico, il tassista, il fruttivendolo etc.. “Divide et impera”, si da il via a una guerra tra poveri, dove tutti sono controllati e tutti sono controllori. Ricorda tremendamente la trama della distopia orwelliana “1984”.
Il governo dei banchieri tira gli interessi della banche da cui sono lautamente stipendiati. La moneta elettronica è lo strumento definitivo per il controllo di massa.
Se un domani perderete il vostro lavoro, non potrete rifinanziare il vostro conto in banca (o la carta di credito) e di conseguenza non potrete più acquistare il necessario, poichè anche il piccolo spaccio alimentare sotto casa sarà obbligato ad accettare solo pagamenti elettronici. Non ci saranno alternative, l’unica via sarà richiedere un prestito in banca, ipotecando beni reali, per chi avrà la fortuna di possederne ancora.
Spaventoso! Nessuno si indigna, nessuno protesta e nessuno grida al regime. Dove sono finiti gli alfieri della libertà? Sparito il fantoccio berlusconiano si sono dileguati come neve al sole.
Stanno per far sparire definitivamente il denaro contante, un domani chissà, per non essere considerati “evasori”, e non essere esposti alla gogna mediatica, dovremmo accettare di farci impiantare un microchip sottocutaneo per effettuare qualsiasi pagamento. Fantasie deliranti? Ripeto, fino a pochi anni fa lo erano anche le teorie che profetizzavano la scomparsa del denaro cartaceo, e invece…
In un ipotetico domani, chi non avrà il microchip sarà considerato automaticamente un “evasore”. Se questa non è dittatura, spiegatemi voi cos’è!
La moneta elettronica, che adesso spacciano come soluzione all’evasione fiscale, sarà l’ennessima vittoria dell’oligarchia bancaria sui cittadini, l’ennesimo passo verso un nuovo ordine mondiale, l’ultimo verso l’abisso.
Ma andiamo alla fonte. Immaginiamo un rubinetto che rovescia acqua in una vasca, questa dopo poco traboccherà dalla stessa. Come fare per impedirlo? Prendiamo un secchio e svuotiamo l’acqua che riusciamo a prendere nel lavandino, oppure chiudiamo semplicemente il rubinetto? Questo piccolo esempio dimostra che l’unica risoluzione reale di un problema si attua alla fonte.
Oggi noi viviamo schiacciati da un debito illegale. A causa di ciò, la pressione fiscale ha raggiunto vette per la maggior parte insormontabili. I veri padroni del mondo sono coloro i quali gestiscono la moneta, ovvero le banche. Gli Stati nazionali hanno ceduto la sovranità monetaria e si indebitano quotidianamente per poter mandare avanti la baracca. L’attuale sistema di tassazione è illegale perché perpetra e sorregge un sistema fraudolento e dittatoriale. Lo scopo ultimo è il servaggio sociale totale. L’obiettivo è creare un popolo ricattabile e soggiogabile, schiavo e fiero di esserlo, in perenne adorazione, completamente dipendente.
E’ chiaro che la macchina della propaganda non farà cenno alla vera truffa. Lautamente ricompensati, essi dispensano “panem et circenses”, plagiando le già poveri e banali menti del popolo italiota. Il loro mestiere è mentire, e lo fanno spudoratamente.
Le soluzioni per uscire da questa crisi sistemica indotta ci sono. Ma se aspettiamo che gli stessi creatori della crisi, o i loro valletti, ci diano la soluzione ad essa, sbagliamo di grosso. Le crisi economiche sono golpe sociali preparati a tavolino, atti a schiavizzare le masse, per imporre il dominio totalitario.
La nostra economia è ferma non per assenza di opportunità o pigrizia, ne tanto meno a causa dell’evasione fiscale, ma per mancanza di denaro. Mancando questo vengono meno i beni e i servizi necessari per i cittadini, lo stato sociale viene smantellato, le aziende falliscono o vengono vendute. Il futuro di intere generazioni, che cresceranno all’ombra dell’incertezza, sarà sotto il giogo asfissiante della dittatura del nuovo ordine mondiale.
L’imposizione mondialista diventa ogni giorno più sfacciata e dichiarata, ci vogliono abituare lentamente che tutto quello che sta accadendo sia la normalità, inarrestabile e fatale.
Non facciamoci abbindolare dai falsi portatori di verità. Informiamoci in altro modo, è l’unica strada.
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Italo Romano
8 settembre 2012