venerdì 30 settembre 2011

BLOCCO SOCIALE

Il sito di Senza Soste non è impazzito,non da i numeri e nemmeno ha preso una piega verso la numerologia anche se il titolo di un loro articolo odierno porta come titolo il numero 315,che in parole spicce sono la cifra della misera maggioranza dei parlamentari italiani che ancora tengono in piedi il regime dopo l'ultimo voto di sfiducia contro il ministro Romani e che è pure lo stesso numero che ha permesso ai colleghi politici tedeschi di non vedere sparire la moneta Euro e pure l'Europa dalla faccia della terra(almeno economicamente).
Che il voto sia stato contrario o a favore il numero non cambia e se nel caso italiano è l'ennesimo tentativo di portare avanti un governo in coma irreversibile quello tedesco è un minima boccata d'ossigeno in quanto permette all'Europa di poter elargire agli Stati membri in difficoltà degli aiuti per non fallire.
Da noi ormai pure chi ha votato per Berluscojoni(inteso le persone che contano in ambito decisionale)si sono pentiti e vogliono un cambiamento con elezioni anticipate,dai palazzinari a Confindustria fino ad arrivare a piccoli o grandi imprenditori.
La crisi galoppa ancora e se per persone come me(salariato e tassato dall'alto)il peggioramento è stato meno traumatico rispetto ad altri abituati al lusso o quasi,i milioni di precari,pensionati e disoccupati se la vedono molto male anche rispetto a chi la crisi l'ha subita e vissuta come un taglio di ferie o di comodità quotidiane.

315.
315 è la quota della maggioranza raggiunta alla Camera nel respingere la mozione di sfiducia contro il ministro dell'agricoltura Saverio Romano. Si tratta, voto più voto meno, della quota raggiunta con il voto di fiducia del 14 dicembre (314) e grazie alla quale il governo Berlusconi sopravvive oltre ogni evidenza politica. Mai nella storia di questo paese un governo è stato sfiduciato contemporaneamente dalle opposizioni (e fin qui..) dalla Cgil come da Confindustria, dai vescovi come dagli imprenditori. Dalle associazioni di categoria come dal mondo della cultura, della moda per non parlare di scuola e università.
Sarebbe sbagliato pensare di fare di tutto questo un blocco sociale, certo che il colpo d'occhio sull'assenza di base sociale del governo Berlusconi è impressionante. Persino gli imprenditori edili, con un governo notoriamente sensibile al mattone, si sono messi a contestare pubblicamente il ministro alle infrastrutture Matteoli. Ma il pacchetto di maggioranza alla camera, raggiunto nel dicembre 2010 con ogni mezzo necessario, il Pdl cioè Mediaset se lo tiene stretto. Perchè ad ogni momento grave di crisi del governo Berlusconi i titoli legati a Mediaset registrano cadute del valore azionario dei propri titoli anche del 5 per cento in una giornata. Questo arroccamento del Pdl e di Mediaset, entrambi senza idee sul futuro della politica e della comunicazione, ha però una data di scadenza. Un anno e mezzo, se la legislatura arriva alla sua fine (diciamo così) naturale, sei-sette mesi se nei rapporti tra gli schieramenti si imporrà l'emergenza delle elezioni anticipate per impedire il referendum elettorale a giugno.
Nel frattempo un intero paese crolla: infrastruttura, tecnologie, ricerca, occupazione, formazione, assistenza sociale, innovazione, welfare sono tutte parole morte e sono candidate a restarlo per un lungo periodo.
Intere fasce di popolazione sono senza prospettiva e assistenza, interi settori strategici sono lasciati marcire. Il fatto che l'opposizione si scaldi sulla legge elettorale, per quanto questa sia particolarmente demenziale, fa cascare le braccia di fronte alle priorità di un paese che rischia di entrare in un cono d'ombra per un ventennio.
E qui c'è un punto importante da aggiungere: la visione del declino di questo paese si accentua nitidamente se si guarda allo scenario continentale. Ce lo spiega lo stesso numero raggiunto dal centrodestra a Montecitorio. 315 è infatti la quota raggiunta dalla maggioranza di Angela Merkel al Bundestag, il parlamento tedesco, durante la votazione sull'adesione tedesca al fondo europeo di stabilità (i prestiti che, secondo la Ue, servirebbero ad aiutare gli stati in crisi nella zona euro). Nell'ordine delle priorità politiche nazionali, va sottolineato nazionali, l'agenda setting dell'informazione generalista, quella che connette un paese, va radicalmente cambiata. Questa quota 315 per l'Italia era molto più importante della stessa raggiunta dalla maggioranza di Berlusconi. Senza il 315 tedesco l'euro si sarebbe dissolto catastroficamente, e qui il problema non è tanto la fine di una moneta ma le sue modalità di esaurimento, nel giro di poche settimane. Come è molto più importante per l'Italia capire, dopo il voto al Bundestag, come effettivamente verrà definito questo fondo piuttosto che il dibattito su chi sarà il governatore della Banca d'Italia dopo la fine del governatorato Draghi. Così per interessi di rendita economica e di potere nell'occupazione di ruoli istituzionali, per provincialismo dei media, la cronaca parlamentare e quella sulle nomine occupano uno spazio spropositato nel mainstream della comunicazione italiana. Non c'è da stupirsene in un paese dove l'analfabetismo reale, che non è più il non saper leggere e scrivere ma il saper usare le piattaforme di comunicazione, è straordinariamente diffuso.
Ma senza la massa d'urto, comunicativa e politica, delle priorità in politica estera difficilmente questo paese esce dal declino in cui si trova. E non è questione, solo o tanto, di petrolio, di gasdotti, di energia. Senza una posizione chiara, forte e pubblica dell'Italia sul fondo di stabilità, sul futuro delle istitituzioni europee il commissariamento reale di questo paese durerà a lungo. Con il conseguente saccheggio delle risorse nazionali, offerto gentilmente sul piatto da Tremonti con il piano di dismissioni dei beni pubblici, da parte chi vorrà servirsene in Europa e nel mondo. Senza una politica internazionale pubblica e codificabile da tutto il mondo trovarsi in una nuova guerra, e finire di impantanarsi in Libia, sarà automatico come respirare.
E qui non si può solo accusare il berlusconismo, che del provincialismo ha fatto materia di consenso elettorale. I quattro principali leader delle opposizioni non dicono, da sempre, una parola in politica estera. Sono espressioni di maschere regionali della comunicazione. Delegando alla spettrale figura del presidente della repubblica la celebrazione dell'assenza di una visione in politica estera, e il commissariamento reale di questo paese, dietro la tetra formula degli "impegni assunti dall'Italia". Che variano dai tagli feroci alla spesa pubblica alle guerre in Afghanistan o in Libia.
Un paese senza una politica estera pubblica e chiara non è un paese. E infatti: mentre quota 315 serviva al ministro Romano per affermare che la sua famiglia è incensurata da sette generazioni (lo era anche quella Dillinger tra l'altro) la stessa quota serviva alla maggioranza moderata del Bundestag per definire un passo che, qualsiasi sia il futuro che ci aspetta, è decisivo per la forma dell'UE. Intanto in Italia si dibatteva sulla ventenne fidanzata di Berlusconi.
Davvero quando si guarda al ceto politico italiano, di qualsiasi schieramento, viene a mente la frase di Seneca che recita "la ricchezza non ha decretato la fine delle loro miserie ma solo un cambiamento". Il problema è che appaiono tutti ben decisi a ridurci noi in miseria, quella materiale.

per Senza Soste, nique la police
30 settembre 2011

mercoledì 28 settembre 2011

AMMAZZARE I BLOG

Altro affondo di stampo fascista e dittatoriale del neodvce Berluscojoni che con un"nuovo"decreto legislativo che praticamente ripropone la norma ammazza blog su cui il regime stavolta vuole porre la fiducia pur di farla passare ed imbavagliare il libero pensiero su Internet.
Ovviamente,al pari di due anni fa(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2009/07/scioperoparziale.html) quando il primo
decreto fu presentato da Alfano e ci fu una sorta di scipero da parte dei bloggers,l'indignazione e la voglia di lottare sono le due reazioni che vengono subito in mente,così in Italia ma anche in Europa,visto che questa sentenza creerebbe un pericoloso precedente contro la libertà di pensiero.
L'articolo è tratto da "Repubblica on-line"e si spiegano le sanzioni e la pericolosità di questa norma che pone l'Italia alle soglie del periodo medievale.
Bavaglio al web col ddl intercettazioni
ritorna la norma "ammazza blog".

Il governo ripresenterà lo stesso disegno di legge, inclusa la disposizione che obbliga i gestori di un sito a modificare i contenuti pubblicati se oggetto di richieste di rettifica. Nessuna possibilità di replica e multe salate. In Rete riparte la mobilitazione. Di Pietro sul web: "Non staremo con le mani in mano".

ROMA - Il governo torna alla carica sul ddl intercettazioni, fortemente voluto dal premier Silvio Berlusconi. Una questione su cui l'esecutivo è orientato a porre la fiducia, bloccando la via a ogni eventuale emendamento. Ma il disegno di legge attualmente allo studio contiene ancora la norma 1 cosiddetta "ammazza blog", una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di "sito informatico" ha l'obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione. Non c'è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa.
Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare. Senza contare l'accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.
Ai fini della pubblicazione della rettifica, non importa se il ricorso sia fondato: è sufficiente la richiesta perché il blog, sito, giornale online o quale che sia il soggetto "pubblicante" sia obbligato a rettificare. Ecco il testo: "Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni
o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".
Al di là delle diffamazioni e degli insulti, ogni contenuto sul web diventerebbe potenzialmente censurabile, con l'invio di una semplice mail. E sul ddl intercettazioni, il governo ha particolarmente fretta: il documento potrebbe passare così com'è entro pochi giorni. Un caso unico in Europa che, come in passato 2, sta già allarmando il popolo del web e mobilitando i cittadini in favore della difesa della libertà di informazione, come già accaduto ai tempi della contestata delibera AgCom. 3
Sulla sua pagina di Facebook, il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, scrive che "Il governo prova ancora una volta a mettere il bavaglio al web. Il ddl intercettazioni, infatti, prevede anche che qualunque blog, sito, portale o social network riceva una richiesta da soggetti che si ritengano lesi da un contenuto pubblicato, sia obbligato a rettificare entro 48 ore. E' la solita norma 'ammazza blog'. La rete si sta già ribellando e state certi che anche noi dell'IdV non staremo con le mani in mano".

martedì 27 settembre 2011

KUKUTZA AURRERA!

Dell'ennesima violenta repressione dello stato spagnolo contro i Paesi Baschi ci si era accorti già qualche giorno addietro con la severa ed illogica riconferma della condanna a dieci anni di reclusione per alcuni tra i più importanti leader della sinistra abertzale basca come Otegi e Usabiaga,e che ha visto da mercoledì la meno pesantissima dei soldatini massacratori col casco rosso schiantarsi contro il Kukutza,centro sociale faro culturale e di aggregazione del barrio di Errekalde,quartiere di Bilbao.
Dopo questa vera e propria azione militare non solo i frequentatori di questio gaztetxe ma pure gran parte della gente del barrio è scesa per strada sfidando camionette impazzite lanciate per strada e pallottole di gomma sparate ad altezza uomo per ribadire che il fiero popolo basco non ci sta a questi soprusi e che alza la testa contro questi interventi volti a spezzare la volontà di autodeterminazione di questi uomini.
L'articolo preso da Senza Soste racconta la cronaca di questi giorni che hanno fatto di Errekalde una polveriera e che nonostante la stoica difesa ha portato nel giro di pochi giorni allo sgombero ed all'abbattimento del Kukutza,con decine di feriti,una trentina di arrestati e lo sdegno non solo dei cittadini del barrio ma di tutti i baschi e della gente che anche da lontano simpatizza e solidarizza con questa splendida gente.

Bilbao: rivolta contro la polizia a difesa di un centro sociale.
La Polizia attacca un centro sociale. Cariche e barricate, 31 arresti, decine di feriti. Obiettivo: demolire un centro sociale attivo nel popolare quartiere di Errekalde da ormai 13 anni, dopo che il Kukutza – così si chiamava il ‘gaztetxe’ (“casa dei giovani”) – era stato già sgomberato dai militari pochissimi giorni fa.
Vere e proprie scene di guerra, ieri, nella città basca governata con il bastone da una ristretta elìte al servizio dei palazzinari e delle banche che non vogliono che i loro progetti speculativi possano essere intralciati.
Ieri mattina centinaia di agenti della Polizia Autonoma Basca in assetto antisommossa hanno cominciato ad occupare militarmente un intero quartiere di Bilbao. Obiettivo: demolire un centro sociale attivo nel popolare quartiere di Errekalde da ormai 13 anni, dopo che il Kukutza – così si chiamava il ‘gaztetxe’ (“casa dei giovani”) – era stato già sgomberato dai militari pochissimi giorni fa.
Se fosse stato per il sindaco di Bilbao Inaki Azkuna (un liberista di ferro ras locale del PNV - Partito Nazionalista Basco) la demolizione avrebbe seguito a ruota lo sgombero, che gli occupanti avevano cercato di impedire e che mercoledì era costato ore di scontri e 25 fermati e denunciati. Ma poi gli abitanti del quartiere, riuniti nell'associazione Errekaldeberriz, con il sostegno di decine tra partiti politici della sinistra indipendentista, sindacati, associazioni, artisti e intellettuali, avevano fatto ricorso alla magistratura. Che, momentaneamente, aveva sospeso l'ordine di demolizione impartito dalla amministrazione comunale ma, dopo pochi giorni, ha naturalmente dato ragione al sindaco sceriffo che invocava la ‘difesa e il rispetto della proprietà privata’. Nel frattempo decine di vigilantes e poliziotti sono stati schierati 24 ore su 24 attorno all’edificio di 4 piani per impedire che fosse rioccupato.
Ieri l’ennesima azione di forza, appena arrivata l'autorizzazione del Tribunale: nel pomeriggio nel quartiere di Errekalde è arrivata un'enorme scavatrice, scortata e protetta da centinaia di Ertzainak (Polizia Autonoma agli ordini del socialista Patxi Lopez, governatore della regione) e di Vigili Urbani. Che hanno subito cominciato a manganellare tutti coloro che gli si paravano di fronte, comprese alcune anziane ma combattive signore del quartiere.
Occupato e militarizzato il quartiere, alle 18 in punto la scavatrice – guidata da operai incappucciati - è stata lanciata contro le mura di un palazzo che una associazione di architetti e urbanisti che si occupa della protezione del patrimonio industriale aveva dichiarato di 'interesse storico'. A centinaia - occupanti, militanti delle organizzazioni di sinistra, semplici cittadini del quartiere – si sono lanciati nelle strade fin dalle prime ore dell’alba per tentare di impedire fisicamente la demolizione. Ma gli ordini dei poliziotti erano chiari. E così per tutto il pomeriggio e la sera di ieri nelle vie di tutto il quartiere i cittadini sono diventati improvvisamente nemici da picchiare, da gettare a terra, da fermare e portare in commissariato: alla fine si contano 31 arrestati.
I feriti nelle continue e violentissime cariche non si contano, anche perché molti di loro hanno evitato di recarsi in ospedale per non farsi individuare e denunciare dagli scagnozzi di Azkuna sguinzagliati nei nosocomi della città. Alle manganellate i celerini hanno aggiunto un nutrito lancio di pallottole di gomma e di lacrimogeni, sparati non solo nelle strade ad altezza d'uomo ma anche all'interno dei negozi e dei bar del quartiere.
Mentre le mura del Kukutza andavano giù sotto i colpi della gru, centinaia di persone si sono radunate sotto la sede del Comune di Bilbao, proprio mentre da Irola Irratia, una radio comunitaria che stava fornendo fin dall’alba una cronaca in diretta degli eventi, arrivava la notizia che un gruppo di poliziotti era penetrata all’interno dei suoi studi ed aveva, senza troppi complimenti, sabotato le apparecchiature impedendo così che le sue trasmissioni potessero continuare. Ma le cariche e le intimidazioni non hanno convinto i manifestanti a desistere, anzi. Le strade del quartiere che ospitava il Kukutza e anche di quelli limitrofi si sono riempiti, col calar della sera, di migliaia di persone richiamate da un tam tam partito nel pomeriggio.
Man mano che aumentava la mobilitazione dei cittadini si è fatta più dura la repressione, anche con l'arrivo di alcuni reparti di Polizia Nazionale Spagnola a dar man forte all'Ertzaintza. Posti di blocco sono stati istituiti ieri nella prima serata per impedire che in città arrivassero manifestanti da altre località. Allo stesso tempo la Polizia ha iniziato a fare irruzione nei bar, nei negozi e addirittura in un supermercato, manganellando gli occupanti e sequestrando telecamere e telefoni cellulari, evidentemente per impedire che le immagini della violentissima repressione potessero essere diffuse in rete e sui media. Nel frattempo un gruppo di Ertzaina faceva irruzione in un ambulatorio del quartiere sequestrando cartelle cliniche - che evidentemente riportavano la gravità delle lesioni inferte dai 'tutori dell'ordine' su alcuni manifestanti.
Dopo le 20 la protesta si è spostata nella parte centrale di Bilbao, militarizzata da decine di furgoni e volanti della Polizia Autonoma. A centinaia hanno eretto barricate nelle strade del centro per rallentare gli Ertzaina che continuavano con le cariche, il lancio di lacrimogeni e di 'pelotazos' (pallottole di gomma). Alcune barricate sono state anche incendiate dai manifestanti, che in alcuni casi hanno respinto gli agenti in assetto antisommossa attraverso il lancio di pietre e razzi.
I violenti scontri sono proseguiti fino alle 5 di questa mattina, quando la Polizia è riuscita ad arrestare tre manifestanti nell'ultimo episodio di questa lunga giornata. Il 'giorno della vergogna', come l'ha ribattezzata l'associazione dei vecinos, il comitato di quartiere di Errekalde che ha denunciato la violenza indiscriminata delle forze di sicurezza contro gli abitanti del quartiere e l'istituzione di un vero e proprio stato d'assedio, inaccettabile in un paese che si fregia di essere 'democratico'.
25 settembre 2011

sabato 24 settembre 2011

LE PENE DI PENATI E DEL PD

Evidentemente la questione morale politica nata dalla sponda Pd non tocca solamente le formazioni di centrodestra appartenenti al regime,ma c'è molto da guardare a casa propria visto che il caso Penati sta esplodendo con tutto lo sdegno del caso.
Autosospesosi dal partito per lo scandalo delle presunte tangenti della ex Falck e per l'affare autostrade è rimasto in consiglio regionale addirittura aumentandosi lo stipendio in questo modo:non facendo più parte del Pd si é creato un gruppo misto dove solo lui è l'unico rappresentante e solo a lui spettano le sovvenzioni del caso nella cifra di 215mila Euro.
Articolo preso da Senza Soste su un articolo de"Il Giorno".

L'autosospensione dal PD? Per Penati un guadagno netto di 215.000 euro.
La propaganda piddina insiste sull'importanza dell'autosospensione di Filippo Penati dal partito e sul senso di responsabilità mostrato da dirigente PD in questo caso.
Di sicuro questo senso di responsabilità per l'ex braccio destro di Bersani ha significato un realizzo pronta cassa. Penati non solo non ha minimamente pensato a dimettersi dal consiglio regionale lombardo, nè il PD glielo ha chiesto, ed ha aderito al gruppo misto della regione Lombardia. Siccome nel consiglio regionale lombardo non esisteva un gruppo misto se ne è dovuto creare uno nuovo. I cui fondi, che ammontano a 215.000 euro, sono finiti tutti a Penati, unico componente. Senza parole. (red) 22 settembre 2011
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Fare scandalo è diventato un affare per Penati: 215mila euro tutti per lui

Il tesoretto del Gruppo Misto è composto da 143 mila euro per i dirigenti, 46 mila euro per il personale e 26 mila euro per le spese di comunicazione e rappresentanza. Unico ad usarli, lui

Milano, 22 settembre 2011 - La fuoriuscita di Filippo Penati dal Pd, per effetto dell’autosospensione dell’ex braccio destro di Pierluigi Bersani poi avallata pure dai garanti romani del partito, costerà alle casse della Regione - soldi pubblici - 215 mila euro. Nonostante il commiato provvisorio dai democratici, un posto a Penati in Consiglio regionale va riconosciuto.

Lasciata la carica di vicepresidente dell’aula, l’indagato eccellente dell’inchiesta monzese sulle presunte tangenti ex Falck, resta infatti consigliere regionale. Allontanatosi e allontanato dal Pd, Penati ha dovuto riparare nel Gruppo Misto. Un gruppo che fino a ieri non esisteva in Consiglio regionale. Un gruppo di cui Penati è al tempo stesso il capo e l’unico componente. Un gruppo che - ecco il punto - come tutti gli altri gruppi consiliari ha diritto per legge a vedersi riconosciuto un proprio budget per le spese di funzionamento, rappresentanza e pubbliche relazioni.

A sollevare il caso è stata l’Italia dei Valori, che ora rilancia sull’entità di tale budget: non 189 mila euro, come indicato dagli uffici della Regione, ma piuttosto 215 mila euro. «Gli uffici — sottolineano i dipietristi — si sono dimenticati dei 26 mila euro che il Gruppo Misto ha a disposizione per le spese di comunicazione». Subito dopo ecco fornite le voci che compongono il tesoretto del nuovo gruppo: 143 mila euro per i dirigenti, 46 mila euro per il personale e, appunto, 26 mila euro per le spese di comunicazione e rappresentanza. In tutto fanno 215 mila euro. Denaro che dovrà gestire da solo l’unico componente del Gruppo Misto: Filippo Penati.

La scelta di lasciare la vicepresidenza del Consiglio regionale e il Partito democratico - atti dal valore «politico», apprezzati da più parti, visto che l’inchiesta che lo vede tra gli indagati è tutt’altro che conclusa - non si traduce in risparmi per le casse pubbliche. Se da vicepresidente del Consiglio, Penati poteva contare su una retribuzione di circa 12 mila euro al mese, da consigliere semplice e capogruppo guadagnerà, ogni mese, 10 mila euro. È la legge a fissare i compensi. L’indennità di funzione dei consiglieri regionali ammonta a 3.466,38 euro al mese, al netto delle ritenute fiscali (3.643 euro) e pensionistiche (2.369 euro). All’indennità si aggiunge la diaria: altri 2.602,08 euro mensili a titolo di rimborso spese per la presenza in Consiglio o nelle commissioni. Diciotto le sedute conteggiate nella diaria, in caso di assenza al consigliere vengono trattenuti 144,56 euro a seduta.

La legge regionale del luglio ’96 prevede poi «rimborsi per le missioni nel territorio regionale. Anche questo rimborso è mensile e ammonta a 3.525,12 euro, soldi che vengono liquidati anche se i consiglieri se ne stanno a casa. Non bastasse, il rimborso spese per «le missioni in Italia o presso l’Unione Europea»: in questo caso il risarcimento scatta dietro presentazione di documenti di viaggio e non può superare, per ogni anno, l’equivalente di 11 viaggi aerei andata e ritorno sulla tratta Milano-Roma alle tariffe della compagnia di bandiera. Circa 2.332 euro. Infine, il rimborso forfettario per raggiungere l’aula del Consiglio, calcolato su base chilometrica.

Penati, come tutti gli altri consiglieri regionali, potrà continuare a contare su benefit quali l’abbonamento gratuito ai treni LeNord. Ha perso però il bonus di 30 mila euro annui riconosciuto dalla Regione ai componenti l’ufficio di presidenza del Consiglio che rinuncino all’auto blu. E Penati, prima che lo travolgesse l’inchiesta giudiziaria con epicentro a Sesto San Giovanni, vi aveva rinunciato.
www.ilgiorno.it/milano/politica/2011/09/22/585846-fare_scandalo.shtml

venerdì 23 settembre 2011

I NO TAV E LA SCOSSA DI MERCALLI

Pur se la trasmissione non mi piaccia molto soprattutto per quell'odioso leccaculo di Fazio ecco che dal suo programma preserale su Rai 3 è saltata fuori un'altra polemica in quanto il meteorologo Luca Mercalli(abitante in Val di Susa)ha difeso le due ragazze arrestate il 9 settembre a Chiomonte durante le proteste dei valligiani(ora Nina e Marianna sono quasi libere).
L'accanimento bipartisan che ha colpito Mercalli è il rinnovo che questa opera costosa,pericolosa ed inutile come la Tav sia una faccenda economica di grandissimo livello che arricchirà politici ed affaristi legati all'arrivo di finanziamenti pubblici italiani ed europei che giungeranno direttamente nelle loro tasche ed in quelle dei mafiosi che stanno dietro ai lavori.
Quindi l'ennesima prova che dietro al progetto dell'alta velocità ci siano solo immensi traffici finanziari e non una minima utilità per lo spostamento di persone e beni si para davanti agli occhi di tutti nella figura della destra e della pseudosinistra che si stanno scannando negli ultimi tempi:ma se ci sono di mezzo i soldi i militanti no tav sono da far tacere ed eliminare a tutti i costi.
L'articolo di Senza Soste è la replica alle accuse dei rappresentanti del governo italiota da parte di Mercalli.

No Tav: vietato parlarne. Intervista a Luca Mercalli.
Luca Mercalli replica alle accuse dei partiti ricevute dopo "Che Tempo che fa": «Vogliono ghettizzare i valsusini. Dietro l'opera ci sono interessi enormi, ci sono miliardi promessi a qualcuno e forse già spesi. Due ragazze "no tav" in carcere, i delinquenti liberi»
Luca Mercalli nelle ultime ore è stato bersaglio di pesanti critiche da parte di alcuni partiti politici (in testa il Pd) per aver espresso parere contrario alla Tav Torino-Lione durante il programma di Fabio Fazio "Che tempo che fa" (ecco il video). Un attacco sorprendete che, però, fa emergere come gli interessi affinché la Tav venga realizzata siano enormi. Cadoinpiedi ha intervistato Luca Mercalli.

Perché una reazione così esagerata e compatta della politica al tuo intervento?

Questo me lo sto domandando anche io. Sicuramente è il segno che dietro a questa opera ci sono sicuramente dei grandi interessi perché se si arriva a una reazione così spropositata rispetto a un minuto di considerazioni, peraltro credo legittimate dalla libertà di opinione e anzi dall'informare la popolazione che non ci sono tutti i dati chiari a supporto di questa opera, è il segno evidente che sotto c'è qualcosa, che non è una "normale" opera a favore dei cittadini.
Cosa c'è di innominabile sotto la sigla TAV?

Ma credo che di innominabile ci siano tanti bei miliardi di euro estratti dalle pubbliche finanze e che probabilmente sono già stati promessi a qualcuno, o forse addirittura sono stati anche già spesi. E allora, adesso, non si può più tollerare qualsiasi voce dissonante che possa mettere in crisi l'inizio del cantiere e l'erogazione dei primi fondi pubblici.
Intanto due donne incensurate sono state arrestate, e sono in carcere da giorni. Non è anche questo un eccesso in tutti i sensi?

Ma infatti io sono stato fortemente attaccato per le parole che ho speso su questo fatto. Non ho certo difeso le due donne che non conosco, e poi io non ero sul posto, quindi non dico che il loro fermo sia stato ingiustificato. Ho semplicemente rilevato la sproporzione del trattamento che è stato loro riservato, considerando che sono due donne incensurate e che hanno una posizione nella società di una studentessa e di una madre di famiglia, perfino volontaria del 118. Penso che magari degli arresti domiciliari fossero più appropriati visto che ogni giorno vediamo delinquenti ben peggiori che girano a piede libero per le nostre strade. E quindi credo che è dovere della magistratura dare delle motivazioni più opportune per non esasperare una situazione che in Val di Susa è veramente critica, perché le persone in Valle di Susa si sentono ormai completamente ghettizzate ed etichettate in blocco come delinquenti e nemici dello Stato. Io stesso sono stato accusato da alcuni politici di istigare all'illegalità e alle azioni contro lo Stato, che mi sembrano delle cose eccessive ma soprattutto mi sembrano delle situazioni molto imprudenti. È una situazione dove invece bisognerebbe fornire alle persone elementi critici di giudizio basati sui dati ed è quello che ho chiesto nella seconda breve parte del mio intervento. Si esca da questo vicolo cieco e della contrapposizione e dell'ordine pubblico per rientrare nel dibattito rigoroso e scientifico basato sui dati che supportano, o meno, questa opera. Sappiamo che per il momento non ne sono stati presentati di credibili, c'è una petizione di 135 docenti universitari italiani che chiede di ristabilire una questione di metodo sull'esame di necessità dell'opera, se si passasse a questa fase io credo che si spegnerebbe tutto il problema dei sassi, del fortino, delle reti, delle persone che urlano e cose di questo genere, per passare a un dibattito assolutamente rigoroso sul piano del metodo scientifico.
Questa vicenda delle due ragazze in carcere, una madre di tre figli, ricorda Fuga di mezzanotte. Nessun giornale ne parla. Perché questo silenzio tombale?

Ma penso che faccia proprio parte di questa logica del ghettizzare una intera popolazione, una intera comunità. Ormai è da anni che noi assistiamo, io lo posso confermare vivendo all'interno di questa comunità e essendone parte, proprio un gioco all'indifferenza totale, a neutralizzare ogni genere di richiesta di esame delle istanze legate proprio alla necessità di questa opera, ignorando che non solo c'è una popolazione che protesta ma ci sono delle istituzioni. A me sembra incredibile che venga ignorata una Comunità Montana con un rappresentante di un partito politico, lo stesso tra l'altro che mi accusa. E questo è inaccettabile, è un rappresentante politico, è un'istituzione dello Stato italiano e quindi dovrebbe assolutamente essere ascoltato. Assieme alla Comunità Montana ci sono svariate decine di sindaci che sono altri rappresentanti dello Stato che si oppongono fermamente all'opera e che chiedono chiarezza.
Quindi lasciamo perdere un attimo le proteste di piazza, andiamo sull'istituzionale e proprio dal piano istituzionale vediamo che anche queste istituzioni sono completamente ignorate.
tratto da http://www.cadoinpiedi.it
20 settembre 2011

giovedì 22 settembre 2011

APPELLO AI PADANI

Come solitamente fà,il sito di Don Zauker descrive con l'ironia al vetriolo ed in poche righe una questione che potrebbe richiedere l'utilizzo di molte e troppe parole,perché sprecarle parlando della Sega nord è un'ignominia degna di un giornalismo alla"Libero".
Praticamente è un piccolo e provocatorio appello agli ignorantoni padani che dopo una ventina di anni non hanno ancora capito di essere stati presi per il culo dalla dirigenza del carroccio(alla fine sono sempre quelli lì,da Bossi a Maroni passando per Porchezio e Calderoli)in quanto loro sì che si sono assicurati un bel posto a Romaladrona alla faccia degli elettori che sono stati sempre lobotomizzati con solfe tipo secessione,ronde,no tasse,via immigrati e non.
Qualche mente sembra sia stata deletargizzata da questo vapore alienante e comincia a spazientirsi dopo tutte queste"balle"come le direbbe il senatùr:a mio avviso l'appello più giusto è quello posto alla fine e che vuole un bell'arrivederci a mai più a questi luridi razzisti,ignoranti e fondamentalmente stupidi esemplari padani.

Rifondazione Leghista.

Cresce il malumore della base leghista nei confronti dei propri rappresentanti di governo.
L’accusa è quella di aver sempre preso per il culo gli elettori padani riempiendo i loro occhi con obbiettivi propagandistici (il sole delle alpi sui muri di una scuola, gli uffici vuoti di un ministero a Monza) solo per tenerli buoni e avere tempo e modo di ingrassare al governo, esattamente come quei ladroni di Roma, mafiosi, nepotisti e clientelari che si erano prefissi di combattere.
Poi, ogni volta che si vedono scoperti a votare qualsiasi porcata solo ed unicamente per proteggere colui che ha concesso loro di salire al governo e che, nonostante tutto, ce li mantiene, rilanciare sempre indicando un obbiettivo palesemente irraggiungibile o una frase d’effetto, tipo: Padania Libera; Immigrati fòra dai ball; Bluarrrghhhg; Brot.
Ecco, tanti elettori leghisti si stanno finalmente svegliando e si sono accorti di essere sempre stati presi per il culo.
Ma qui ci sentiamo di fare un paio di riflessioni:

1) Buongiorno, cari elettori leghisti! Finalmente, dopo 15 anni di vergogne e dopo l’elezione di un ebete ereditario in un collegio blindato vi accorgete che qualcosa non va. Complimenti per la perspicacia, davvero. Sì, vi hanno tradito. Vi hanno sempre preso per il culo e sfruttato i vostri rancori e i vostri voti per diventare esattamente come quelli che avevano giurato di combattere. E il bello è che era chiaro fin da subito ma a voi, quando la cosa diventava palese, bastavano un paio di rutti, un dito medio alzato, il pota pota e l’urlo Padania Libera, per farvi chiudere nuovamente gli occhi. Un elettorato davvero maturo, non c’è che dire.
2) Ma poi quali sono queste promesse che hanno tradito? Quella di non farvi pagare le tasse? Quella delle ronde in giro per le nostre città? Quella di tenere gli stranieri fuori dai nostri confini e di negare i diritti a quelli che ormai sono in Italia? Quella di separare il nord dal sud del Paese? Quella di discriminare in base alla religione e al colore della pelle? Quella di agevolare il lavoro in nero?
Bene, se gli ideali traditi sono questi, cari padani, potrete anche far cadere il governo, se volete.
Però, in tutta sincerità, in un futuro, ipotetico e lontano Paese migliore, non vorremmo mai e poi mai avere di nuovo a che fare con voi.
Anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti.

mercoledì 21 settembre 2011

SEMPRE PIU' GIU'

Le due illuminanti vignette di Giannelli assieme al breve articolo tratto da Senza Soste e preso dal sito "contropiano.org"riassumono il degrado economico che sta colpendo l'Italia alla faccia di quello che i politicanti(tutti)del regime commentavano solo un anno e mezzo fa,ovvero che la crisi non c'era ed era un'invenzione mediatica.
Da quando questa involuzione economica sta colpendo pure la borghesia italiana anche i politici di riferimento si sono svegliati dal letargo sociale varando manovre economiche su altre,e pur facendo questo l'Italia non gode della fiducia degli altri stati europei e di una delle maggiori società di indagini finanziarie,la tanto citata e famigerata Standard & Poor's,che declassa il nostro paese come poco avvezzo a ricevere investimenti finanziari.
Oltre a questo il rating è stato tagliato per la fragilità e l'inefficienza del nostro governo,più impegnato a difendere il proprio dvce che a risolvere con scelte giuste il tracollo economico facendo pagare sempre più tasse alla povera gente piuttosto a chi gode di stipendi ben più panciuti.
Negli Usa il presidente Obama ha tassato pesantemente i redditi extralarge mentre qui da noi queste persone sono le meglio tutelate dal sistema finanziario,oltre ad essere quelle che evadono di più:ed in mezzo vi sono pure gli affari di banchieri e speculatori che si sfregano le mani attingendo denaro dai piccoli risparmiatori che a lungo andare non potranno più permettersi il lusso di tenere qualcosa da parte per i bisogni presenti e futuri.

Standard&Poor's declassa l'Italia.

Italia declassata e borse nella tempesta. Il nostro disgraziato paese è nfatti "troppo grande per essere salvato". Calcolando che non si è riusciti a salvare nemmeno la Grecia...
La scure di Standard and Poor's si abbatte sull'Italia. Mentre tutti gli occhi erano infatti puntati su Moody's - che giorni fa ha rinviato la sua decisione sul nostro paese - S&P ha deciso a sorpresa di tagliare il rating sulla capacità dello Stato di far fronte all'elevatissimo debito pubblico. Motivo: una crescita economica sempre più debole e una situazione di incertezza politica che ostacola la ripresa. Incertezza che - secondo gli analisti di S&P - rende molto difficile raggiungere gli obiettivi fissati nel programma di austerity. In particolare il rating di lungo termine viene abbassato da A+ ad A, ma con outlook negativo. Ciò significa che in futuro il rating potrà ulteriormente essere tagliato. Anche perchè le previsioni per il debito sono decisamente peggiorate: il picco - spiegano gli analisti dell'agenzia - è atteso più in là nel tempo e raggiungerà un livello ancor più elevato del previsto.
Nel rapporto di Standard and Poor's non si usano mezzi termini: «La fragilità della coalizione di governo in Italia - si legge - limita la capacità di risposta dello Stato» nell'affrontare una crisi economica e finanziaria che sta colpendo il nostro Paese come altri dell'Eurozona. E i vari tentativi che hanno caratterizzato la messa a punto da parte del governo Berlusconi della manovra 'lacrime e sanguè da 60 miliardi di euro lasciano intravedere come non sarà per nulla facile attuare in maniera efficace il programma di consolidamento di bilancio. Anche perchè - evidenzia Standard and Poor's - le autorità italiane appaiono «riluttanti» nell'affrontare quelle che vengono considerate le «questioni chiave» della crisi economica italiana: dagli ostacoli strutturali che da sempre rallentano la crescita al basso tasso di partecipazione al lavoro, alla eccessiva rigidità sia del mercato del lavoro sia di quello dei servizi. Il dito viene puntato non solo sul governo e sulle lotte intestine alla coalizione di maggioranza, ma anche sulle divisioni all'interno del Parlamento «che - sottolinea S&P - continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne». Di qui l'outlook, con la possibilità di abbassare ulteriormente il rating dell'Italia nelle settimane a venire.
20 settembre 2011

venerdì 16 settembre 2011

TENTATO BARBECUE DI COMPAGNI

E'passata una settimana dall'episodio che ha scaldato gli animi presso il mercato di Crema dove durante un presidio dei componenti del"comitato casa e lavoro per tutti"tenuto vicino alla farmacia del sindaco Bruttomesso,un suo dipendente ha tentato d'incendiare il banchetto dei manifestanti con dell'alcol che ha poi acceso.
Dopo qualche momento di tensione la Digos,sempre presente in simili situazioni,ha portato via lo zelante commesso che ha sbroccato e che è stato denunciato:chissà se ha avuto la promozione dal suo padrone che purtoppo governa tutta la città ma ancora per poco tempo visto che le elezioni sono imminenti e credo proprio che non si ricandiderà causa la comprovata inettitudine.
E'proprio vero che i figliocci dei passati regimi nazifascisti vogliono risolvere i loro"problemi"bruciando cose(e persone).
Articolo preso da"Crema on-line".

Un dipendente della farmacia del sindaco, esasperato dal presidio pro Mihai, ha cercato di incendiare
il presidio. Denunciato. Il sindaco si dissocia ma comprende il suo dipendente
di Antonio Margheriti
Crema - Momenti di tensione sabato mattina di fronte alla farmacia del sindaco Bruno Bruttomesso. Durante il presidio del "comitato casa e lavoro per tutti", che sostiene la lotta per la casa del rumeno Claudiu Mihai, si è sfiorato l’incidente.

Gesto di esasperazione
Alle 10 circa un dipendente della farmacia, D.V. 34 anni, è uscito dall’esercizio commerciale e sotto gli occhi allibiti dei manifestanti e degli uomini della Digos ha sparso liquido infiammabile, si scoprirà poi alcool denaturato, davanti al banchetto e ha dato fuoco.

Una fiammata
Fiammata alta ma breve, per fortuna, e poi parapiglia. Immediata la reazione dei manifestanti che hanno iniziato ad insultare il sindaco invitandolo ad uscire. Qualcuno ha cercato di entrare in farmacia, fermato dagli uomini della Digos.

Parapiglia
L’uomo alla fine è stato scortato via dalla Polizia, portato in questura e denunciato per incendio aggravato. Nel pomeriggio il sindaco ha emesso un comunicato con cui si dissocia dal comportamento del suo dipendente, pur capendone l’esasperazione per una situazione non certo distesa. Il parapiglia è proseguito per tutta la mattina, con l’intervento anche del candidato sindaco Luigi Dossena che era nei pressi col suo banchetto elettorale.

venerdì 9 settembre 2011

I CONSIGLI DEL PREMIER PUTTANIERE

Dopo lo sdegno per il Pd di ieri oggi mi sfogo con il contraltare del governo nella persona di Valter Lavitola,che già da com'è presentato come professione(faccendiere)ha quel pochino di losco già dalla sua parte,e se poi accostiamo il suo nome a quello di Tarantini e Berlusconi sappiamo benissimo che cosa ci possa essere sotto.
Infatti questo personaggio ormai irreperibile(Panama?)è stato intercettato durante una telefonata col premier puttaniere nella vicenda delle escort(D'Addario)fornitegli coi soldi"offerti"da Tarantini poi risultati essere un prestito generoso di Berluscojoni ad un amico in difficoltà(infatti il premier clown credeva che le prostitute dei festini venissero di loro spontanea volontà senza venir pagate).
C'è da aggiungere che il fine della chiamata sotto la lente d'ingrandimento è l'invito del neo dvce di non tornare in Italia al faccendiere,e la cosa è vera visto il fatto che l'avvocato nonchè parlamentare Ghedini ha asserito che la telefonata sia avvenuta prima che Lavitola entrasse a far parte del registro degli indagati.
Fatto sta che questa ennesima puntata della soap opera che fa ridere gran parte dell'Italia ed il mondo intero fa parlare il premier mafioso dei soliti magistrati di sinistra,dell'opposizione indecente tacendo sullo sfascio economico che il paese dei balocchi(ma solo per lui)sta affrontando.
Sperando vivamente nella sua fine politica e legislativa,intanto la"sua"manovra finanziaria impoverisce sempre più i deboli e arricchisce maggiormente i ricchi e gli evasori,fanculo stronzo:il primo contributo arriva dal sito"notizia alternativa"mentre il secondo tratto da"Il fatto quotidiano"è segnalato da Indymedia e parla del padre di Lavitola,di Cutolo,della massoneria e della nascita politica del direttore de"L'Avanti".

IL PREMIER, TARANTINI, LAVITOLA E LE ESCORT.
   
Una vicenda intricata che va dallo Sfruttamento della Prostituzione all’Estorsione.
 
Tarantini  ha ammesso nel corso dell’ultimo, lungo interrogatorio, di aver ricevuto delle cifre di circa 20 mila euro mensili dal premier Silvio Berlusconi fino al mese di Luglio. L’imprenditore Giampaolo Tarantini, al centro di una vicenda scandalosa da alcuni anni, è, com’ha ammesso, l’uomo che portava e pagava le escort per le feste del Premier a Palazzo Grazioli.
La vicenda è emersa chiaramente nella caldissima estate del 2009, durante la quale la D’Addario ammise di aver partecipato come escort ad una di questa festa, rivelando particolari osceni e consegnando registrazioni evidenti a dimostrazione della fondatezza delle sue parole.
Nella vicenda, come emerge da gravissime intercettazioni, è coinvolto anche il direttore del giornale L’Avanti, Valter Lavitola.
Sia per Tarantini che per Lavitola è subito partita la richiesta di custodia cautelare. Il primo si trova già dall’altro ieri nel carcere di Poggioreale, l’altro, ricercato, si trova probabilmente a Panama per motivi di lavoro, almeno da quello che viene detto da un suo conoscente.
L’accusa di estorsione è abbastanza verosimile e verificata dai discorsi al telefono con Lavitola, nei quali quest’ultimo istruiva Tarantini ad evitare il patteggiamento, poichè altrimenti il premier, una volta archiviato il caso, avrebbe smesso di esser “generoso” e versare la quota mensile, che invece ha continuato ad essere incassata dalla moglie dell’imprenditore (anch’essa in custodia cautelare).
I soldi, però, secondo le dichiarazioni abbastanza dubbie del Tarantini erano un “aiuto” generoso per un amico in difficoltà. Ma c’è anche da dire che questo “amico del Premier”, oltre ad essere stato travolto dallo scandalo escort, già era indagato per una presunta truffa in una struttura sanitaria ed altre vicende, dunque non proprio una personcina raccomandabile.
Inoltre la dichiarazione di estraneità di Silvio Berlusconi dalle feste appare ancora più fumosa.
“Il presidente non sapeva che le ragazze venivano pagate”.
Ma per quali ragioni Giampaolo Tarantini avrebbe dovuto organizzare festini a base di prostituzione e oscenità in casa del suo “amico” senza informarlo preventivamente? Si trattava di feste a sorpresa? E ancora perché nessuno nè a Villa Certosa nè a Palazzo Grazioli impediva a queste “sconosciute” di entrare senza permesso, nonostante fosse così folto lo staff di camerieri ed operai del premier?
Le indagini proseguono. Sicuramente ci saranno delle belle.
LAVITOLA: massoneria e Nuova Camorra Organizzata (più psi, pdl, P2, P4 e inquisiti vari).

Il papà di Valter Lavitola si chiamava Peppino ed era uno psichiatra. Aveva in cura don Raffaele Cutolo, il boss della Nuova camorra Organizzata dichiarato incapace d’intendere e di volere.
Quando l’impero della Nco iniziò a crollare, Cutolo fu trasferito nell’isolamento dell’Asinara.
Sulla nave che lo portava in Sardegna ripeteva a se stesso: “Verranno gli amici a salvarmi, verranno da ogni dove, cielo, mare e terra”. Era il 1982 e il boss sperava di salvarsi ricattando la Dc coi segreti della trattativa per liberare il doroteo Ciro Cirillo, assessore regionale campano, rapito dalle Br: una triangolazione tra Servizi, politica e camorra coi terroristi.
Ma la Balena Bianca mollò il capo della Nco e l’unico amico a presentarsi nel carcere sardo fu il professore Giuseppe Lavitola detto Peppino.
Lo psichiatra ascoltò Cutolo, che minacciava di suicidarsi se la Dc non avesse rispettato i patti. Poi andò a riferire al potente capo democristiano Antonio Gava, figlio di Silvio, che rispose: “Peppino, pure tu hai fatto politica e ti sei servito, come me, di questa gente. Io l’ho fatto come già faceva mio padre”. E Cutolo venne lasciato al suo destino. L’episodio lo racconta lo stesso Lavitola senior all’Antimafia di Luciano Violante.
All’epoca della trasferta sarda del padre, Valter è un ragazzo di sedici anni che rimane folgorato dalle tenebre del potere, quell’enorme zona grigia intessuta di ricatti, segreti, cinismo.
La famiglia Lavitola vive in Lucania. Il papà è democristiano ma lui sceglie i socialisti. Si fa presto a dirsi craxiani, però. Il primo vero riferimento di Valterino, come viene chiamato, è un deputato pugliese del Psi, eletto alla Camera per la prima volta nel 1987. Si tratta di Francesco Colucci detto Ciccio.
Lui e il fratello Michele controllano una delle tante correnti del Psi. Portano voti, con ogni mezzo. Ciccio Colucci, nel 1994, sarà il primo condannato in Italia per voto di scambio. Solo in primo grado, però. Assolto successivamente. Lavitola junior, di Colucci, è l’assistente parlamentare. La frequentazione di Montecitorio gli allarga gli orizzonti. I suoi amici raccontano con perfidia che “se non lo conosci, Valter la prima volta ti fa un’impressione notevole”.
Nel Psi si lega anche a Fabrizio Cicchitto, attuale capogruppo del Pdl alla Camera. I due sono veri “compagni e fratelli”. Ossia socialisti e massoni.
Cicchitto è stato nella P2, e pure Lavitola è attratto da grembiuli e compassi. Un mensile, La voce delle voci, ha scritto che Lavitola figura al numero 13.462 dell’elenco degli iscritti del Grande Oriente d’Italia (Goi) di Gustavo Raffi, la maggiore obbedienza massonica nel nostro Paese.
Altri esperti, invece, hanno precisato che il numero sarebbe il 13.048 su 26.411 affiliati.
Come che sia, ecco cosa ha messo in rete il sito del God di Gioele Magaldi, frangia dissidente e democratica del Goi: “Aldo Chiarle, ultranovantenne 33° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, Gran Maestro Onorario del Goi, grande estimatore del Fratello Silvio Berlusconi, grande amico e grande elettore del Gran Maestro Gustavo Raffi, patrono del Fratello Massone Valter Lavitola – a sua volta grande amico del Fratello Massone Silvio Berlusconi – che insieme a Chiarle dirige e gestisce l’Avanti”.
Già l’Avanti. Il rampante faccendiere lucano è attivissimo nel backstage del potere. Fa politica ma è anche giornalista ed editore. Nel 1997, mette le mani sull’antica testata socialista e lo riporta in edicola coi finanziamenti pubblici. Craxi ci scriverà con lo pseudonimo di Edmond Dantes. Dopo il duemila, il quotidiano diventa l’organo dell’anima liberalsocialista di Forza Italia. Ci sono le firme di vecchi amici come Cicchitto e Colucci (oggi senatore questore del Pdl alla sua nona legislatura) e di altri berlusconiani: Brunetta, Boniver, Straquadanio, Cazzola, Lehner. Poi, l’anziano massone Chiarle.
Che scrive: “Non ho avuto la fortuna di conoscere il primo direttore dell’Avanti, il socialista e massone Loenida Bissolati, morto a Roma nel 1920 e non l’ho potuto abbracciare e salutare chiamandolo compagno e fratello, come faccio con l’attuale direttore Valter Lavitola”.
Con la gestione dell’Avanti, Lavitola rinsalda un’amicizia fondamentale nella sua resistibile ascesa. Quella con un napoletano spregiudicato e tondo di nome Sergio De Gregorio. I due hanno preso casa al Parco dei Fiori, speculazione sulla collina di Positano che finì in un processo per camorra.
Lavitola e De Gregorio viaggiano insieme.
Il secondo è più scaltro in politica. Tenta la scalata alla regione Campania, nel 2005, con la Nuova Dc di Rotondi ma gli va male. Un anno dopo trasloca nell’Italia dei Valori e centra l’obiettivo alle elezioni politiche: senatore. Tempo qualche mese e De Gregorio riapproda a destra, con Berlusconi. I rapporti con Antonio Di Pietro restano buoni: è il cugino di Lavitola, Antonio detto Tonino (beneficiario di parte dei soldi di provenienza berlusconiana, secondo i pm di Napoli), a mettere su la redazione del quotidiano dell’Idv. La sede dell’Editrice Mediterranea è in un appartamento in via della Vite a Roma di proprietà della Propaganda Fide. La storia è nei verbali della cricca di Anemone, Balducci e Zampolini. Come De Gregorio, anche Lavitola tenta l’ingresso diretto in politica. Alle elezioni europee del 2004, Valter Lavitola si candida con Forza Italia. Cicchitto gira il sud a fare comizi. Non basta. Con 51.283 voti, l’ambizioso socialista di destra non riesce ad a farsi eleggere a Strasburgo. In compenso, continua a tessere rapporti.
Da editore penetra nella lobby dei giornali di piazza Mignanelli, dove ha sede anche l’ufficio di Gigi Bisignani, il faccendiere della P4 amico di Gianni Letta. È il gruppo di stampatori e politici che controlla i giornali finanziati dallo Stato. In questo periodo conosce anche Mauro Masi, l’ex dg della Rai allora a Palazzo Chigi. Lavitola, racconta chi lo conosce, lavora per scalzare Bisignani dal ruolo di consigliere del Principe.
Come emerge anche dalle telefonate intercettate con Berlusconi. “Bisignani è uno stronzo”, dice Lavitola. I legami con la P4 però sono vari.
Per esempio: la raccomandazione al maresciallo La Monica, amico di Alfonso Papa, per l’Aise e la casa a Roma per Tarantini, procurata da un armatore legato a Papa.
La prima volta che il nome di Lavitola finisce in prima pagina è nell’estate del 2010: il viaggio carioca di B. con serate di lap dance. Il quarantenne lucano si accredita come rappresentante di Palazzo Chigi. Poi l’affaire di Montecarlo, con la patacca di Santa Lucia. L’arrivo alla corte del Cavaliere è riuscito. Ma l’amicizia con il pugliese Tarantini rovina tutto. Lavitola oggi è a Panama. Dagospia ha scritto che è stato visto a Procida fino al 21 agosto. Una fonte al Fatto dice che era a Roma il 29 agosto, nella sua casa di Ponte Milvio. Poi la fuga.
Voleva diventare il nuovo Bisignani, è rimasto Valter Lavitola.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/08/camorra-massoni-e-craxianivit...

giovedì 8 settembre 2011

CON QUESTI PD E CGIL FINIAMO MALE

L'articolo odierno è stato scritto una decina di giorni prima dello sciopero generale proclamato per lo scorso martedì 6 settembre e nel giro di quella decade il Pd pensiero si era già spostato verso le idee sindacali della Cgil,nel senso che dalle prime dichiarazioni che volevano il partito contrario ad uno sciopero in questo periodo di estrema crisi per arrivare ad un progressivo consenso che ha avuto un sapore più del voler salire sul carro dei vincitori rispetto che altro.
Tutto ok come spiega Franco Lucenti nel suo lavoro visto che il maggior partito dell'opposizione durante governi di destra ha sempre appoggiato i lavoratori,ma qui si ha proprio il caso di aver visto uno spremere il Pd per farne uscire le ultime gocce di rosso sangue e rosso comunismo prima della lenta agonia e morte.
Ormai questo è un partito sempre più simile alla maggioranza e se una volta ci si poteva consolare dal punto di vista della moralità e degli ideali ora ho molte perplessità su questo:è altresì vero che pure il sindacato principe della scena lavorativa italiana ha perso charme e sono più le volte che si perdono dei diritti che il solo mantenerli dopo anni di lotte e di battaglie.
Per non parlare apertamente di complotti con Confindustria ed in singoli casi con i padroni.
Questa scena mi auguro che cambi e se davvero dovesse cambiare sarà per il fatto che i lavoratori s'incazzino veramente e comincino a dare calci in culo non solo virtuali a chi se li merita,perché se dobbiamo seguire i singoli elementi che compongono Pd e Cgil abbiamo già le chiappe a terra(vecchio discorso ma fa sempre meglio ripeterlo).

Il Pd volta pagina. Una volta per tutte.

C'era un tempo in cui lo schema classico dell'intreccio politica-sindacalismo in Italia era il seguente: governo di destra che affama lavoratori e ceti popolari tramite pesante manovra finanziaria, Cgil che indice lo sciopero generale, principale partito di opposizione di centrosinistra che lo fa suo e in Parlamento chiede a gran voce che il governo vada a casa "perché lo vogliono i lavoratori e tutto il paese". Poco importa se in realtà quel principale partito di opposizione se fosse stato al potere avrebbe fatto più o meno la stessa manovra economica del governo di destra (specie se, come in questo caso, è il mondo della grande finanza e l'Unione europea a chiederla), l'importante è sempre stato lì per lì cavalcare lo sciopero generale e recitare la parte di un'opposizione che sa farsi rispettare.

A questo giro però qualcosa non è andato come storia avrebbe voluto: il tassello della manovra economica lacrime e sangue della destra c'è, quello dello sciopero generale Cgil pure (questa volta rafforzato anche da quello del sindacalismo di base che ha intelligentemente scelto la stessa data), ma all'appello è mancata la chiusura del cerchio, ossia la benedizione del Partito Democratico. Una discontinuità di portata epocale, il cui significato pesa come un macigno nel panorama politico italiano.

Andiamo a leggere le dichiarazioni dei gerarchi del Pd.
Fioroni (braccio destro di Veltroni): "Ritengo che ogni sindacato possa autonomamente e come meglio vuole dare il proprio contributo per salvare l'Italia e dare sicurezza agli italiani. Ma penso che nel Partito Democratico non debba riaprirsi la sarabanda o la giostra del 'io vado, io sostengo, io faccio e io dico', perché credo che al Pd sia chiesto il coraggio della responsabilità di dover contribuire a trovare una profonda condivisione in Parlamento per dare le risposte giuste al Paese. E non credo che uno sciopero generale sia il modo di aiutare a far crescere un paese che non cresce. Un sindacato è legittimo che faccia ciò che voglia, ma il Partito Democratico deve avere il coraggio della responsabilità e non ritengo che sia responsabile oggi aiutare ad uscire dalla crisi con gli scioperi".
Bersani (segretario Pd): "Noi siamo un partito che come mille altre volte è presente dove sono le forze sociali e civili ma oggi abbiamo chiarito la nostra preoccupazione principale, cioè che non si disperda la convergenza raggiunta tra le forze sociali con l'accordo del 28 giugno."

Per la cronaca l'accordo del 28 giugno è quello con cui la Cgil era tornata ad allinearsi con le conniventi Cisl e Uil sottoscrivendo un'intesa spazzatura con Confindustria. Solo che da quella data è successo che dall'interno della Cgil (con la Fiom in particolare) si sono levate voci di forte dissenso contro quella scelta della Camusso, e che dal basso dei luoghi di lavoro si è mossa una rabbia spontanea che ha in pratica costretto il vertice Cgil ad indire lo sciopero generale per il 6 settembre. Per la disperazione di Bersani, il quale sperava di non doversi più trovare sotto il fuoco dell'ala destra del suo partito (Veltroni in primis) che non vede l'ora di fargli la festa impallinandolo per ogni sua sortita che non mantiene il giusto equilibrio del partito di opposizione "responsabile".

E così il Pd ha gettato la sua ultima maschera, quella che grazie all'amicizia storica con la Cgil poteva far credere a qualche distratto che una parvenza di sinistra ci potesse ancora essere. Non è più così, per chi non l'aveva capito finora: il Pd è un nemico conclamato dei lavoratori e dei ceti più bassi, e lo dichiara senza pudore.

Se neanche dopo una manovra come questa (che, lo ricordiamo, oltre alla pesantissima parte economica porta un attacco tremendo ai diritti dei lavoratori, allo Statuto e all'articolo 18) è giusto indire uno sciopero generale, quando dovrebbero protestare i lavoratori secondo il Pd? Possibile che non si rendano conto che il loro vocabolario è tremendamente anacronistico? Possibile che non si vergognino neanche un po' a dire che "dobbiamo uscire dalla crisi solo con una condivisione in Parlamento"? E il mondo reale? E la popolazione che loro dovrebbero rappresentare e dalla cui voglia di mobilitazione dovrebbero prendere linfa e forza anziché contestarla? E la sinistra come parte politica che rappresenta e tutela i lavoratori?

Ci immaginiamo una sublime scena a coronamento di questa svolta: i cortei dello sciopero del 6 settembre che in tutte le piazza italiane oltre che contro le sedi dei partiti di governo marcino compatti anche contro quelle del Pd. A suon di lanci di coriandoli magari, che sennò con le uova poi parlano di terrorismo....

Per Senza Soste, Franco Lucenti

mercoledì 7 settembre 2011

NOVITA' PER ALDRO

Doppia notizia nel giro di una decina di giorni che ha riguardato il caso di Federico Aldrovandi ammazzato da quattro sbirri a Ferrara nel settemnbre del 2005,e la prima in ordine cronologico che è balzata agli onori della cronaca è stata la vergognosa denuncia di uno dei quattro condannati,Paolo Forlani,che ha chiesto un risarcimento milionario alla madre del ragazzo ferrarese Patrizia Moretti per averlo denominato assassino.
Il secondo contributo di cronaca è la motivazione della sentenza di condanna verso gli sbirri colpevoli di aver agito molto al di sopra delle righe effettuando una vera e propria esecuzione disonorando la divisa che portano(sempre più insanguinate)coperti dai superiori che hanno messo in piedi falsità, insabbiamenti e per aver manipolato le indagini fin dai primi momenti.
Articoli tratti da Senza Soste.
Uno dei poliziotti condannati per l’omicidio Aldrovandi querela la madre del ragazzo
Continuano i paradossi di una vicenda tragica e senza fine: questa volta uno degli agenti incriminati e condannati in appello prova a trascinare in aula la madre della vittima
La madre di Federico Aldrovandi è stata querelata per diffamazione e istigazione a delinquere. A denunciare Patrizia Moretti è Paolo Forlani, uno dei quattro agenti di polizia condannati in primo grado a Ferrara a tre anni e mezzo per omicidio colposo, sentenza confermata lo scorso giugno in appello.
Non è la prima querela che la madre coraggio riceve da quando ha aperto un blog per denunciare quanto avvenne a suo figlio il 25 settembre 2005. Già gli altri tre poliziotti coinvolti nella colluttazione che portò alla morte del ragazzo di 18 anni la accusarono di diffamazione l’anno passato (procedimento già archiviato). Anche la pm Mariaemanuela Guerra, il primo magistrato che si occupò del caso giudiziario, l’ha chiamata in causa per diffamazione insieme ad alcuni giornalisti (il processo si aprirà a marzo) e le chiede in sede civile un risarcimento milionario.
Le parole incriminate questa volta sono quelle pubblicate il 27 aprile sul blog, in un post dal titolo “Al bar”. In un bar la donna si trovò di fronte Forlani e trasalì. Nel suo diario telematico racconterà poi di aver incontrato “uno di quelli che hanno tolto la vita a Federico (la frase originaria, poi sostituita nel giro di qualche ora, era “uno degli assassini di mio figlio”, ndr), tranquillo e allegro con una ragazza”. La madre di Federico prosegue dicendo che “quando vedo uno di loro mi manca il fiato, come a mio figlio. Mi si ferma il cuore, come a lui. Non riesco più a respirare, non so reagire. Vorrei urlare, picchiare, uccidere, ma non ne sono capace. Posso solo andare via e piangere. Andare via per non mostrare le lacrime proprio a loro. Impuniti. Per ora”. Il procedimento a carico dei quattro poliziotti attende infatti ancora la sentenza definitiva di condanna o di assoluzione.
Quelle frasi ora finiranno al vaglio del giudice per le indagini preliminari, dopo che la procura di Ferrara ha già chiesto l’archiviazione e dopo che l’avvocato del poliziotto si è opposto chiedendo l’imputazione coatta.
Per la pm Ombretta Volta la diffamazione non sussiste, dal momento che il termine “assassino” è sì “una espressione forte”, ma “è il nostro stesso codice che definisce la condotta con il termine di omicidio”, “un sinonimo di assassino”. Per quanto riguarda l’istigazione, invece, l’accusa è infondata, perché “mancherebbe la volontà cosciente di commettere il fatto”. Si tratterebbe, secondo la pm, dello “sfogo di una madre che vive il dramma di chi non riesce a colmare il vuoto di un figlio”.
Tutto il contrario per l’avvocato Gabriele Bordoni, secondo il quale il termine “assassino” è idoneo a ledere la reputazione di Forlani (“si può parlare di ‘assassino’ solo se vi è stata una volontarietà nel commettere l’omicidio”), mentre la frase “vorrei urlare, picchiare, uccidere ma non ne sono capace” basterebbe da sola “ad incitare altri verso atti di violenza contro la persona offesa”.
Patrizia Moretti comparirà davanti al gip – cui spetterà di valutare il rinvio a giudizio o il non luogo a procedere – il prossimo 10 novembre. “Non temo le sue ostinate e ripetute azioni giudiziarie – commenta sul blog la madre -, ma non posso sopportare il fatto che possa qualificarsi come ‘appartenente alla Polizia di Stato’ nel perseguitarmi giudiziariamente dopo avermi tolto mio figlio. Questo è insopportabile”.
Intanto la notizia della querela rischia di guastare il clima in vista del 29 settembre, quando Ferrara si prepara ad accogliere la festa nazionale di san Michele Arcangelo, il patrono della polizia di stato.
Marco Zavagli
tratto da http://www.ilfattoquotidiano.it
21 agosto 2011
Caso Aldrovandi, i giudici di Appello: “La Questura ordinò di manipolare la verità”.

Bologna: in 233 pagine viene motivata la sentenza che ha confermato la condanna dei quattro poliziotti: "Fu omicidio colposo, il ragazzo colpito con violenza gratuita, senza nessuna regola". Poi i riferimenti ai superiori degli agenti e al primo pm che si occupò del caso
“Non avere voluto squarciare il velo della cortina di manipolazioni delle fonti di prova, tessuta sin dalle prime ore di quel 25 settembre 2005, getta una luce negativa sulla loro personalità”. È una sentenza che sembra accompagnare la condanna penale a una morale.
Sono 233 pagine la cui lettura è un pugno nello stomaco per chi ha sempre chiesto verità e giustizia sulla morte di Federico Aldrovandi. E i giudici della corte di appello di Bologna, che lo scorso 10 luglio hanno confermato per i quattro poliziotti la condanna di primo grado a tre anni e mezzo per omicidio colposo, non fa sconti.
E non solo per quanto riguarda le responsabilità affibbiate a Paolo Forlani, Enzo Pontani, Monica Segatto e Luca Pollastri per la colluttazione che portò alla morte il ragazzo di 18 anni, ma anche per quanto concerne il comportamento di parte della questura di Ferrara, protagonista di “attività di falsificazione e distorsione dei dati probatori poste in essere sin dalle prime ore successive all’uccisione di Aldrovandi”.
Il giudice Daniela Magagnoli non si fa remore di definire “manipolazioni” quelle “ordite dai superiori” dei quattro agenti. Manipolazioni che però non escludono la responsabilità degli imputati, che anzi, proprio perché “pubblici ufficiali, privi di precedenti disciplinari, sono portatori di un ben diverso onere di lealtà e correttezza processuale rispetto ad un imputato “comune” e avrebbero dovuto portare un contributo di verità”.
Di più. “Lo stesso “onorevole stato di servizio” dei quattro ben lungi dal costituire un elemento attenuante, connota negativamente la loro condotta, improntata alla violenza ingiustificata prima e alla dissimulazione del vero poi, comportamenti che non hanno evidentemente trovato freno nello stato di servizio sino a quel momento immacolato”.
I giudici di secondo grado non risparmiano nemmeno la pm Mariaemauela Guerra, il primo magistrato incaricato del caso (e che ha querelato la madre di Federico e alcuni giornalisti per presunta diffamazione aggravata nei suoi confronti), parlando di “indagini preliminari iniziate nella sostanza vari mesi dopo i fatti e in seguito alla sostituzione del primo sostituto procuratore”.
È una seconda rivincita per Patrizia Moretti, che rimarca come “questa sentenza sottolinea chiaramente quanto sia stata importante l’opera di depistaggio attuata in fase di indagine. La questura di Ferrara ha avuto una parte importante nell’indagine e nel processo, nel quale abbiamo assistito a testimonianze false, inattendibili, lacunose, fuorvianti, come riconosce la corte d’appello”.
Diventa quasi secondario allora per la madre del giovane ricordare come i giudici descrivono il comportamento degli agenti, che hanno “scelto di porre in essere un’azione di contenimento e di repressione non necessaria nei confronti di un soggetto che aveva invece bisogno di trattamento terapeutico”.
Difficile però parlare di aspetto “secondario” se si scorrono le ultime pagine delle motivazioni, che descrivono come i poliziotti misero in atto una “manovra di arresto, contenimento e immobilizzazione condotta con estrema violenza e con modalità scorrette e lesive, quasi i quattro volessero “punire” Aldrovandi per il comportamento aggressivo tenuto nel corso della prima colluttazione”.
Il film di quel 25 settembre non è finito. La Corte continua deplorando l’intervento che “si stava trasformando in un autentico pestaggio”, in una accettazione di “violenza gratuita, assolutamente vietata dalle regole”.
Il caso Aldrovandi però non finirà qui. Le difese hanno già annunciato il ricorso in Cassazione. E in un eventuale terzo grado di giudizio la linea sarà quella dell’appello: “Non viene chiarito – spiega l’avvocato Bordoni – quale comportamento alternativo i quattro imputati avrebbero dovuto porre in essere in quelle condizioni (alle 6 di mattina, in strada, contro un ragazzo di 80 chili alterato) e fino a quando non si accerterà chi gravava sul corpo di Federico e da chi è stata esercitata la pressione letifera, non si potrà attribuire una responsabilità”.
Forse però all’avvocato Bordoni hanno già risposto i giudici di appello: “Le immagini di Aldrovandi sono agli atti e sostenere cose diverse non è possibile”.
tratto da Il Fatto Quotidiano del 31 agosto 2011