giovedì 30 settembre 2010

RICCARDO ZAMPAGNA

Apro una nuova etichetta a post di questo blog dedicandola al calcio,materia principe nella maggior parte delle converazioni tra amici e primo contatto tra sconosciuti,una religione e come essa anche un poco oppio dei popoli,e non bisogna star lì troppo a pensare a cose tipo stipendi dei giocatori o altro perché sennò mi vien da dire che sono un pirla per il motivo che vado all'Atalanta dal lontanissimo 1981.E' una fede e stop!
Ebbene il calcio vedendolo da tifoso assume pure un significato politico,ma oggi non voglio soffermarmi su questo tema ma su un uomo che ha rappresentato purtoppo per poco tempo la storia della società orobica,Riccardo Zampagna,emblema ed idolo incontrastato tra i supporters atalantini e non solo,icona dove ha sempre giocato visto che in campo uno che mette i coglioni come lui ce ne sono stati pochissimi e ce ne saranno sempre di meno.
In questa inusuale intervista al quotidiano cattolico"L'Avvenire"e ripreso dal sito"Atalanta news"il bomber ternano si confessa e pure il contributo succesivo di tre anni orsono a"Sfide"proposto su Rai3 ci fa capire quanto questo giocatore sia stato,ed è,soprattutto uomo prima di calciatore.
Allo stadio ci mancano sempre le tue"rove",per sempre forza Riccardone,Riccardo Zampagna,ee...oo!

Zampagna:"20 mila euro all'anno. E' vero, ho litigato anche con lo "zio" Colantuono".
Non al denaro, ma all’amore per il calcio e uno sguardo sempre fisso al cielo. L’esistenza anarchica di Riccardo “cuor di pallone” Zampagna, a quasi 36 anni è ancora tutta dentro a una rovesciata con il suo marchio di fabbrica. Ed è grazie al calcio e allo sprono incessante di papà Ettore, “il mio primo tifoso” se non è finito come lui, operaio alla catena delle Acciaierie di Terni. Ha fatto tutto “a rovescio”, come dicono i ternani doc come lui, di Borgo Rivo.
Nonostante questo j’accuse a tutto il sistema, mezza Serie B in estate voleva ancora ingaggiarlo.

«Potevo continuare in B, addirittura finire anche in qualche rosa di Serie A, ma l’esperienza di Sassuolo mi ha fatto troppo male... Mi hanno fatto sentire un numero, quello che mio padre mi ha sempre evitato di diventare, avvertendomi: “Riccà, non andare mai a lavorare alle Acciaierie, perché lì sei un numero, nessuno ti darà mai la pacca sulla spalla e ti dirà bravo se fai un buon pezzo”. Ecco, io ho sempre giocato prima di tutto per ricevere quella pacca sulla spalla e sentirmi dire: bravo Riccardo. I soldi vengono molto dopo tutto questo».
E infatti nel mercenariato dell’industria calcio, ha accettato un contratto da 20mila euro, per una sola stagione.

«Mi ha convinto la “pacca” di Lucarelli al quale ho detto scherzando: con l’ingaggio della Carrarese faccio fatica a pagare il telepass per tornare a Terni da mia moglie e le mie due bambine… A quel gran conoscitore di calcio che è il ds Nelso Ricci, ho chiesto almeno tre cene offerte a settimana. Ma a parte gli scherzi, con il mio amico e procuratore Luca Urbani, quando ho accettato, abbiamo detto che questo è stato il miglior contratto che ho firmato in carriera».
Come, non le mancano i grandi palcoscenici e le telecamere di Sky che ora arrivano fin dentro gli spogliatoi?

«Per niente perché il sistema negli ultimi dieci anni è cambiato e in peggio, un’esasperazione continua. C’è un’attenzione alla preparazione fisica che fa spavento, la tecnica invece ormai conta zero e infatti i risultati agli ultimi Mondiali si sono visti… Quanto alle telecamere negli spogliatoi, per fortuna che non faccio più parte di quel teatrino lì, come minimo mi rifugerei in bagno a fumarmi una sigaretta, come ho sempre fatto, per non farmi riprendere».
Come sono i giovani calciatori del 2010?

«Le ultime generazioni mancano di umiltà, vogliono tutto e subito senza sacrifici, eppure rispetto a noi hanno una gran fortuna. Quando io avevo 18 anni, i calciatori più anziani ti facevano vivere in un clima di “nonnismo”, oggi uno della mia età cerca di insegnare e di mettersi sullo stesso piano di un ragazzo che comincia a muovere i primi passi nel professionismo».
Uno Zampagna didattico e comprensivo, eppure non c’è stato un tecnico con il quale non sia arrivato al confronto a muso duro…

«È vero, ho litigato con tutti, compreso lo “zio”, Colantuono che è l’allenatore che ho amato di più. Con Delneri all’Atalanta rompemmo il rapporto e me ne andai al Vicenza, ma non ho nessun rancore, anzi lo stimo molto: è l’allenatore italiano che cura meglio la fase difensiva. Confermo che ho sempre discusso animatamente con i tecnici, ma l’ho fatto mettendo sempre al primo posto l’interesse della squadra e mai per un tornaconto personale».
Ai giovani compagni della Carrarese racconta anche di qualche “colpo di testa” durante le decine di battaglie vissute nel grande calcio?

«In campo loro sanno bene che io mi trasformo, divento una “bestia”, ma non manco mai di rispetto all’avversario e odio le pagliacciate di certa gente che è diventata ricca e famosa, ma che troppo spesso ha perso la testa senza neanche chiedere scusa».
Da idolo ancora indiscusso della Curva atalantina come si rapporta con la tessera del tifoso?

«Quando entro in campo, la prima cosa che faccio è guardare le due Curve. Vederle sempre più vuote, vuol dire che il nostro calcio sta rischiando di scomparire. Quindi più che la tessera serve il dialogo con le tifoserie perché tornino a riempire quel vuoto. Io ho sempre parlato tanto con gli ultrà e la maggioranza di loro non sono certo dei teppisti, ma persone che oltre a seguire la loro squadra sono particolarmente attive nel sociale».
Però nelle Curve si annida anche la matrice razzista o il caso Balotelli fa eccezione?

«Pur non essendo di colore posso assicurare che mi hanno urlato di tutto. Sentirsi dare da gente anziana dello “sporco ebreo” penso che sia una cosa che fa venire i brividi. Molto prima di Balotelli è toccato a Zoro, quella volta di Messina-Inter io ero in campo... Il razzismo purtroppo negli stadi c’è e non si riuscirà a estirparlo facilmente».
Del doping invece non si parla più, forse è stato spazzato via dal calcio?

«Mai visto, né provato, posso però confessare il mio doping: vino rosso e un bel piatto di ciriole con i funghi sanguinacci, cucinati da mia madre».
Lei una volta ha detto che è arrivato in Serie A “per miracolo”, che rapporto ha con la fede?

«Quando tre anni fa mio padre è morto ero arrabiatissimo, non potevo accettare che un uomo di 63 anni fosse andato via così, in 25 giorni, per una fine che scientificamente è ancora un mistero. Oggi credo e spero che Dio l’abbia preso con se per la sua bontà, per il suo essere speciale e per tutte le cose belle che ha trasmesso a mia madre e a noi figli».
Nel futuro del “ribelle-saggio” Zampagna ci potrebbe essere una panchina da allenatore?

«No, io potrei solo allenare i ragazzini e a un patto: niente genitori nei paraggi. La rovina del nostro calcio comincia da quei padri e quelle madri invasati che pensano di aver generato il più grande campione di tutti i tempi, il futuro milionario che renderà ricchi tutti quanti. Non hanno capito niente. I ragazzi devono sentirsi liberi di scoprire il senso vero di questo sport che consiste prima di tutto nel giocare per passione e nel riuscire a star bene insieme agli altri».


mercoledì 29 settembre 2010

LA POLIZIA UCCIDE A SALERNO,E CHI LO SAPEVA?

Certamente la notizia che fornirò oggi la maggior parte delle persone non l'avrà nemmeno lontanamente sentita in quanto certi accadimenti non vengono troppo celebrati o pubblicizzati,come nei casi in cui il sopruso poliziesco e l'abuso di potere raggiunge dimensioni tragiche come la morte di un uomo.
E'accaduto a Salerno durante la festa di San Matteo del 21 settembre appena trascorso dove durante le celebrazioni del patrono un uomo avrà fatto pure casino ma il ligio dovere compiuto da uno sbirro fuori servizio coadiuvato da un suo cazzo di collega ha ammazzato a pugni Roberto Collina,un quarantenne del posto,con una merda che lo teneva fermo e l'altro che l'ha massacrato fino a portarlo alla morte in pochi minuti e davanti ad una marea di gente che ha assistito terrorizzata.
Lo sbirro napoletano è stato indagato per omicidio preterintenzionale,che significa che non gli faranno un cazzo se non prendersi qualche aumento di stipendio e di carriera,perché siamo in Italia e le merde in divisa vengono premiate dopo questi fatti.
L'articolo col relativo commento sono presi da Indymedia Piemonte ed il video pubblicato da You Tube è del collettivo campano"Gunpania",dove si vede la gente protestare contro l'uccisione barbara di un uomo colpevole di aver ecceduto coi festeggiamenti ed aver molestato della gente:lo sbirro che verrà sicuramente esentato da reclusione e pure da multe è difeso sin dai primi momenti dai suoi cameratti che hanno lordato ancor di più la loro sporca divisa grondante sangue.
A parte i giornali e le emittenti locali la notixzia è stata insabbiata a regola d'arte da tutta la stampa ed i massemedia nazionali,soprattutto di questo fatto non ne parleranno le reti Merdiaset e il Tg1,nessun minuto di silenzio per l'uomo ammazzato dallo Stato e nessun risarcimento ai familiari.
Servi dei servi dei servi,la pagherete cara,la pagherete tutti!

Salerno: la polizia uccide.
Un poliziotto fuori servizio ha una colluttazione con un uomo , ubriaco e molesto.
Gli avrebbe "tirato un cazzotto davanti alla sua bambina"

L'uomo viene malmenato ed immobilizzato. Interviene un altro poliziotto solidale con il collega ferito nell'orgoglio. A terra, oramai inoffensivo, con un piede in faccia, l'uomo cerca di parlare, ma i poliziotti lo obbligano a stare zitto. L'uomo perde i sensi tra lo schifo dei passanti che cercano di non far precipitare la situazione. Senza che i poliziotti se ne accorgano, muore. Probabilmente per crisi respiratoria dovuta all'immobilizzazione coatta.

Segue comunicato farsa e ricostruzione fantasiosa
SALERNO (22 settembre) - Sarà l'autopsia, disposta dalla procura della repubblica di Salerno, a stabilire le cause del decesso di Roberto Collina, salernitano di 40 anni, con precedenti per reati contro il patrimonio, morto ieri sera, intorno alle 23,15 dopo essere stato bloccato da due poliziotti. Secondo quanto reso noto dalla questura di Salerno, Collina aveva assunto comportamenti aggressivi e molesti nei confronti di alcuni passanti nel centro storico, generando paura tra la gente che si era raccolta in piazza Largo Campo in occasione della festa di San Matteo, patrono della città. L' uomo avrebbe lanciato qualche bottiglia vuota verso alcuni esercizi pubblici. La scena sarebbe stata vista da un poliziotto della Questura di Napoli fuori servizio, che si trovava a Salerno assieme ai suoi familiari.
L' agente, anch' egli preso di mira dal 40enne, dopo essersi qualificato, avrebbe cercato di dissuaderlo, provocando però una violenta reazione. L' agente, assieme ad un altro collega intervenuto è riuscito a immobilizzare Collina che però ha perso conoscenza e si è accasciato al suolo. Quando sul posto è giunto un medico del servizio 118, Roberto Collina era già morto. Sul posto è intervenuto il capo della squadra mobile della questura di Salerno, vice questore Carmine Soriente per le prime indagini. Il magistrato inquirente ha disposto l'autopsia.

Sangue & Milza. Video rivolta popolo dopo morte Roberto Collina a Salerno.
Il collettivo Gunpania con il presente video cerca di abbattere il muro di omertà che si crea abitualmente in queste circostanze. I mattoni che costruiscono questo muro sono la paura di parlare e il timore di problemi giudiziari da dover risolvere successivamente.
Il titolo del video, “Sangue e Milza”, prende spunto dall’usanza di mangiare la milza, tipica pietanza del giorno della festa patronale della città di Salerno, usanza a cui non hanno rinunciato coloro che erano presenti immediatamente dopo il decesso.
Il decesso di Roberto Collina è avvenuto in una piazza piena di gente, è davvero difficile che nessuno abbia visto niente; noi purtroppo siamo riusciti a documentare soltanto la rabbia della folla.
Ora noi ci chiediamo: cosa è accaduto realmente per far indignare a tal punto i presenti?…

GUNPANIA – SANGUE E MILZA(SAN MATTEO 21/09/2010 – SALERNO)
Related Link: http://www.youtube.com/watch?v=IOBibTkci0w

martedì 28 settembre 2010

ARRESTATI MILITANTI DI ASKAPENA

Ennesimo scandaloso atto di prepotenza del governo spagnolo che con il suo braccio poliziesco ha arrestato sette militanti di Askapena con accuse non ancora formulate in maniera capibile e comprensibile,in un clima di criminalizzazione e di repressione che da sempre colpisce il fiero popolo basco e non solo dal governo Zapatero(e di quelli precedenti)ma pure da quello francese e perché no quello italiano visto gli arresti di Roma dei tre compagni baschi e dei numerosi atti intimidatori che persone che solidarizzano con Euskal Herria e con tutti i popoli in lotta per la propria autodeterminazione hanno subito.
A seguito un articolo di Ehl Milano solidale con gli arrestati e tutti i loro amici e familiari e più avanti un comunicato del CSA Vittoria,entrambe tratti da Indymedia Lombardia.

Comunicato ASKAPENA sugli arresti dei 7 internazionalisti.
EHL milano amic@ euskal herria
Comunicato di Askapena, associazione per la solidarietà internazionalista, in relazione all'arresto di stamattina dei 7 militanti internazionalisti.
In seguito alla retata contro Askapena, portata avanti dalla polizia nazionale spagnola all'alba di martedì 28 settembre, dall'Organizzazione Internazionalista Basca Askapena vogliamo comunicare quanto segue:
1- Denunciamo fermamente il sequestro da parte dell'apparato repressivo dello Stato spagnolo di sette militanti internazionalisti. Vogliamo sottolineare che questa operazione si inquadra in una campagna di criminalizzazione della solidarietà tra i popoli che cominciò anni addietro con intossicazioni diffuse dai mezzi di comunicazione al servizio degli interessi dell'impero e che sempre ebbe Askapena come punto di mira.
2- Innanzitutto, vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai e alle detenute, ai loro famigliari e amici. Allo stesso modo vogliamo mostrare la nostra preoccupazione per il trattamento che potrebbero ricevere durante l'incomunicazione.
3- Questa operazione non è altro che l'ennesimo attacco contro il processo che si sta ponendo in marcia nei Paesi Baschi. Lo Stato spagnolo invece di offrire una soluzione politica e democratica, utilizza unicamente i mezzi repressivi e sta provando a sabotare il cammino intrapreso. In tal senso, l'implicazione e la solidarietà esistente per il raggiungimento di una soluzione democratica si sono convertite in un problema per lo Stato spagnolo, e vuole fermarle.
4- Facciamo appello al popolo basco affinché solidarizzi con i e le detenute e con Askapena, e che prenda parte alle mobilitazioni di protesta davanti a questo colpo repressivo.
5- Allo stesso modo facciamo appello ai popoli in lotta e alla rete Amici e amiche di Euskal Herria affinché denuncino la natura totalitaria dello Stato spagnolo, e più concretamente, che solidarizzino con Askapena, affinchè i diritti di questo popolo vengano rispettati.
Libertà per i e le detenute!

Viva Euskal Herria internazionalista!

Tanti popoli, un'unica lotta!

Herriak independentzia!

Arrestati militanti askapena ! criminalizzano la solidarietà internazionalista !
Il "democratico" governo zapatero incarcera e criminalizza la solidarietà internazionalista !
Da stamattina è in corso un'operazione repressiva che sta portando all'arresto di 7 compagni di Askapena, l'associazione basca che si occupa della solidarietà internazionalista.
Sono in particolare compagni che chiunque si occupi della solidarietà con Euskal Herria onosce e stiima per la loro determinazione nel costruire e praticare solidarietà internaqzionalista minuto dopo minutio, ora dopo ora, giorno dopo giorno in un clima repressivo inimmaginabile e che ora pagano insieme alle centinaia di compagni e compagne basche il prezzo di un percorso che porterà all'indipendenza e al socialismo.

CON IL POPOLO BASCO CHE RESISTE !

CON ASKAPENA e la solidarietà internazionalista!
Walter,Gabi, Unai, Itxaso, Lekuona, Ruben David e Aritz LIBERI SUBITO !

i compagni e le compagne del CSA VITTORIA
Dal quotidiano Gara ;La Policía española detiene a siete miembros de Askapena.
Eguneraketa: 19 min.
La Policía española ha detenido esta madrugada a siete personas en Bizkaia, Araba y Nafarroa en una operación contra Askapena ordenada por el juez de la Audiencia Nacional Pablo Ruz, que les acusa de "integración en organización terrorista". Se trata de Walter Wendelin, Gabi Basañez, Unai Vázquez, Itxaso Lekuona, Rubén Sánchez, David Soto y Aritz Ganboa.

lunedì 27 settembre 2010

SBIRRI ALLA SBARRA

Due casi differenti che riguardano le forze del disordine con altri due esempi eclatanti di criminalità infiltrata e scoperta tra le maglie di chi dovrebbe vigilare e proteggerci:nel primo caso dello sbirro già pluripregiudicato che ha partecipato al massacro di Bolzaneto si sono aggiunte altre due denunce per stupro mentre per gli otto sbirri operanti a Napoli l'accusa è quello dello spaccio di sostanze stupefacenti che questi sequestravano ai loro colleghi-avversari(nel campo del commercio)pusher.
I due articoli presi da Indymedia Lombardia e Senza Soste tracciano un panorama sbirresco che in molti sanno già,ovvero un dedalo di favoritismi,cameratismo e corruzione degne di quello che siamo,uno Stato fondato sulla criminalità e la mafiosità dei politici che siedono a Roma,un branco di piccoli e grandi delinquienti che in città piccole come Crema credono di fare il bello e il cattivo tempo arrivando addirittura ad essere riconosciuti per nome e per le azioni criminali compiute in passato e ai nostri giorni.
Queste merde devono sapere che la ruota per antonomasia gira e che stiano pure ben attaccati a questa ruota che prima o poi si passa sempre verso l'asfalto e si rimane schiacciati.

Sbirri alla sbarra.
Gli agenti, tutti in servizio nel commissariato di Secondigliano, sono accusati di traffico di stupefacenti.
NAPOLI - Otto agenti, tutti in servizio nella squadra di Polizia giudiziaria del commissariato di Secondigliano a Napoli, sono stati arrestati dagli agenti della Squadra Mobile della Questura. Nei loro confronti l'accusa di traffico di droga. Le ordinanze di custodia cautelare emesse per questa inchiesta sono in totale 16.
Secondo quanto si è appreso in Questura, i fatti che hanno portato all'arresto di otto poliziotti in servizio al commissariato di polizia giudiziaria sono recenti. Determinante l'apporto alle indagini fornito, si fa sapere, dal dirigente dello stesso commissariato, il vice questore Giuseppe Pastore.(ANSA)

Torturatore di Bolzaneto rinviato a giudizio per stupro.
Anche questa settimana non mancano notizia di cronaca nera riguardanti alcuni esponenti delle cosiddette forze dell'ordine. Una riguarda Massimo Pigozzi, il poliziotto di 46 anni accusato di aver stuprato due prostitute romene e di averne palpeggiate altre due nello spogliatoio della questura, che ieri è stato rinviato a giudizio. La prima udienza del processo per violenza sessuale aggravata è stata fissata per il prossimo primo dicembre presso il tribunale penale.

I due diversi episodi alla base del processo risalgono al 2005: il poliziotto, all'epoca in servizio presso le camere di sicurezza della questura di Genova, era stato accusato da due diverse prostitute romene che si trovavano in stato di fermo, di essere state fatte uscire dalla cella ed accompagnate nello spogliatoio dove sarebbero state violentate.

Da notare che l'agente Pigozzi era stato già condannato a tre anni e due mesi di reclusione (in primo e secondo grado) nel processo per le violenze e le torture inflitte nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del luglio 2001 ai danni di alcuni manifestanti inermi: è stato infatti riconosciuto colpevole di aver divaricato e rotto le dita di una mano a una persona che era stata fermata provocandogli lesioni gravi.

Ieri si è appreso che il ministero degli Interni presieduto da Roberto Maroni si è costituito parte civile nel processo a carico del poliziotto per il danno diretto in relazione all'abbandono del posto di lavoro e per quello all'immagine. Ma ci vorrebbe ben altro per rimediare al danno d'immagine creato dalle cosiddette ‘mele marce'.

Notizia di ieri è anche quella proveniente dalla Campania, dove ultimamente alcuni spacciatori di droga avevano denunciato di essere oggetto di furti da parte di alcuni poliziotti. Fatto confermato da alcune intercettazioni che hanno portato all'arresto di otto agenti del commissariato di polizia di Secondigliano - dove insieme all' adiacente Scampia si concentra la gran parte delle piazze di spaccio di Napoli - disposto dal gip Tommaso Miranda su richiesta dei pm Enrica Parascandolo e Vincenzo Ranieri. Significative le conversazioni intercettate in carcere tra Antonio Di Lauro, arrestato dagli agenti il 21 ottobre 2009 perché custodiva in casa una consistente quantità di droga, ed i suoi familiari. Dopo avere calcolato quanto denaro e quanta droga i poliziotti avevano portato via, lo spacciatore invitava i parenti a togliere dall'appartamento il denaro e gli oggetti di valore nell'eventualità di un nuovo blitz. Dalle intercettazioni emerge che gli agenti avrebbero sottratto denaro anche dalle tasche di indumenti trovati in casa, da portafogli e borsellini e si sarebbero appropriati anche di un paio di occhiali da sole. Ora le accuse nei confronti degli otto poliziotti arrestati sono di falso in atto pubblico, peculato e detenzione illecita di stupefacenti. Secondo quanto emerso dalle indagini in almeno tre episodi gli otto agenti si sarebbero appropriati di circa 15 mila euro e di circa mezzo chilo di droga. Alcuni degli agenti avevano rapporti di affari con informatori che li avvertivano sulle operazioni da compiere e venivano poi ricompensati con parte del denaro e della droga di cui i poliziotti si impadronivano. Gli arrestati venivano obbligati a firmare verbali di sequestro manipolati. Venivano falsificate anche le trascrizioni di intercettazioni ambientali ordinate dalla magistratura, da cui venivano espunte le parti per loro compromettenti.

La Procura ha aperto anche un altro fascicolo per la fuga di notizie che consentiva agli agenti indagati di ricevere informazioni riservate sullo stato delle indagini che li riguardavano e addirittura di prevedere l'imminente emissione di misure cautelari nei loro confronti.

tratto da radiocittàaperta

25 settembre 2010

venerdì 24 settembre 2010

LA STAMPA OCCIDENTALE PILOTATA AD HOC

Personalmente se non avessi visto la notizia l'altroieri sul televideo la vicenda della detenuta statunitense Teresa Lewis non mi avrebbe nemmeno sfiorato o colpito,e tutto l'articolo che segue pubblicato da"Infoaut"e ripreso da"Senza Soste"che parla ancora di una possibile anche se quasi inevitabile condanna a morte ha trovato la tragica conclusione ieri sera in un penitenziario del Texas.
Naturalmente la maggior parte delle testate giornalistiche italiane ed occidentali daranno oggi questa notizia nei tg o sui quotidiani e anche on-line,ma a dadi tratti e non come la campagna,diciamo pure condivisibile,che ha visto la prigioniera iraniana Sakineh Ashtiani comparire ogni giorno sui notiziari con politici di tutte le bandiere che si sono prodigati,soprattutto in Italia ed in Francia,per far sì che la sua condanna alla pena capitale venga annullata.
Per il momento un risultato è stato ottenuto con la sospensione della pena e con un riesame di tutto il caso giudiziario,ma lo scandalo che la differenza d'informazione su due vicende tragiche che toccano due donne in due nazioni agli antipodi per quanto riguarda molti aspetti culturali e sociali ma che hanno in comune lo stesso metodo per colpire alcuni crimini che è quello di usare come soluzione finale la condanna a morte,rimane come un'onta di menefreghismo totale per quanto riguarda i democraticissimi Usa e un puntiglioso e continuo
attacco alla"Il Giornale"per lo"stato canaglia"Iran.

Sakineh e Teresa Lewis: il doppio standard della "coscienza" occidentale.

La Corte Suprema le ha negato la grazia e ora le speranze che la Lewis possa salvarsi sono davvero ridotte all'osso. L'esecuzione è quindi prevista per questa sera alle 21 ora locale (le 3 circa in Italia).

Il tragico (e silenzioso) destino cui è consegnata la vita della donna americana (tra l'altro affetta, pare, da seri problemi psichici) non può non richiamare l'attenzione sulla disparità d'attenzioni che questa vicenda ha suscitato rispetto alla condanna dell'iraniana Sakineh.

Teresa e Sakineh hanno più o meno la stessa età ed entrambe sono accusate di aver ammazzato il marito. Entrambe sono state condannate a morte nei loro rispettivi paesi, là il regime degli Ayatollah iraniani, quà la "grande democrazia" statunitense. Ma mentre per Sakineh Ashtiani c’è stata una campagna mondiale di solidarietà, che potrebbe averle salvato la vita, Teresa Lewis sarà giustiziata nel silenzio questa sera alle 21 nel carcere di Greensville nella Virginia con un’iniezione letale. Ciò senza che la sua faccia sia esposta su monumenti ed edifici pubblici, senza raccolte di firme e manifestazioni a comando sui grandi media. Non ci saranno Sarkozy e Carla Bruni a difenderla né "illuminati" philosophes come Bernard Henry-Levi, l'equivalente francese (in peggio, se possibile) di Adriano Sofri.
La disparità di trattamento e le reali ragioni che stanno dietro a questa differente intensità di attenzione sono talmente plateali e ridondanti che verrebbe voglia di risparmiare le energie e dedicarsi ad altro ma la spudoratezza di una morale pubblica che si pretende sempre superiore ed evangelicamente merita ualche riflessione.

Come i più attenti sanno benissimo, dietro l'attenzione del media mainstream occidentale per la sorte di Sakineh ci sono gli interessi dell'omonimo blocco geopolitico contro la potenza regionale iraniana e il suo programma nucleare civile, le pressioni israeliane e l'identificazione simpatetica con una donna vittima di un regime che si pretende necessariamente più ingiusto e liberticida delle libertà femminili dei nostri sviluppati costumi occidentali.

Fino a qui, nulla di nuovo. Vero è che per Sakineh si sono mossi anche molti uomini e donne sinceramente colpiti per il triste destino della donna. Ed è invero la differenza di sguardi della gente comune che merita di essere indagata, ben più della strumentalità delle ragioni di stato.

Una parte di questa, certamente, è determinata dalla sproporzionata attenzione che il sistema integrato dei media dedica all'una piuttosto che all'altra delle due donne, per le ovvie ragioni di cui sopra.

Ma c'è anche un altro movente, più innocente e strisciante, inconsapevole, più pericoloso proprio perché interiorizzato e mai questionato. L'individuo medio occidentale non problematizza le vicende in questione (l'omicidio di un marito) allo stesso modo. Se l'identificazione con Sakineh è immediata perché la si suppone vittima di un regime patriarcale (quale in effetti l'Iran è, ma lo sono tutti i regimi esistenti - democratici o meno), l'attenuante che a lei viene concessa dalla nostra buona coscienza, questa non ha invece cittadinanza per la povera Teresa Lewis. Semplicemente il/la cittadino/a statunitense o europeo/a non suppone minimamente che la giustizia americana possa essere altrettanto parziale, cruda e fredda quanto quella di altri stati-nazione. "Democratica" per definizione, essa non può essere messa in discussione.
Eppure i dati ci dicono qualcosa di ben diverso: gli Stati Uniti sono abitati da meno del 5% della popolazione del pianeta. Ma vi si trova quasi un quarto della popolazione carceraria del mondo intero. Tradotto in numeri: 2.3 milioni di condannati dietro le sbarre, più di ogni altra nazione al mondo. La Cina, che è quattro volte più popolosa degli Stati Uniti, segue a distanza al secondo posto, con 1.6 milioni di persone in prigione.
La cosa più triste in tutta la vicenda è che, ancora una volta, posta in gioco è il corpo della donna trasformato in campo di battaglia da istanze 'superiori', mezzo strumentale di rivendicazioni politico-diplomatiche, qua di un'opinione pubblica facilmente manovrabile e incapace di giudizio autonomo, là del presidente iraniano, cui certamente interessa molto poco del destino di Teresa quanto a Sarkozy di quello di Sakineh.

Vero è però che la giustizia iraniana (certo dopo pressioni internazionali che per Teresa, appunto, non ci sono state) ha deciso di riesaminare il suo caso, mentre la Lewis sarà quasi certamente giustiziata questa sera.. nel silenzio (che pare inquietare nessuno) del presidente Obama e dei tanti intellettuali di casa nostra che, abdicata ogni pur minima funzione critica, trovano molto più comodo ( e rassicurante) farsi moralizzatori dei costumi altrui.

Parafrasando qualcuno, di cosa Sakineh è il nome? E di cosa invece non lo è Teresa Lewis...? Nel non elaborato discorso pubblico occidentale, Sakineh è l'estensione simbolica della civiltà liberale quanto Teresa Lewis ne è il rimosso disturbante che si preferisce non vedere.

tratto da http://www.infoaut.org/

In Rete è nato anche un sito dedicato alla vicenda donna statunitense: saveteresalewis.org

giovedì 23 settembre 2010

DOSSIER SULLE AMICIZIE TRA SBIRRI,CAMERATTI E POLITICI PISTOIESI


Davvero un bel dossier quello realizzato dal comitato degli amici e dei parenti dei compagni arrestati sulla base di assurde accuse ormai quasi un anno fa a Pistoia.
Emerge dal lavoro incentrato sulle conoscenze dei brutti e cattivi personaggi messi sotto la lente d'ingrandimento un labirinto di amicizie tra sbirri,fascisti e politici del Pdl presi su facebook e quindi senza violare nessuna privacy dove si messaggiano frasi nostalgiche e dove hanno amicizie con i più grandi bastardi fascisti italiani,con tanto di nomi,fotografie,indirizzi e numeri di cellulare che riguardano questi cameratti.
I nomi dei principali teste di cazzo neofascisti pistoiesi e dei loro protettori in divisa e digossini e politicanti della domenica sono:Massimo Dessì,Luca Civinini,Giuseppe Cergnai,Silvia Dessì,Andrea Carobbi Corso,Francesco Tonarelli,Nicola Barbarito,Carlo Bardelli e Andrea Costantini.
Chi è più vicino a Pistoia è avvantaggiato-svantaggiato(dipende dai casi)nel poterli incontrare di persona,comunque è sempre bene sapere chi sia il nemico,sapere che faccia abbia e contatti vari per allontanarsi dalla loro puzza di fogna...articolo tratto da"Senza Soste",mi raccomando scaricare il dossier!
Fatti di Pistoia, un dossier mostra i legami fra questura e fascisti. Scarica il dossier.

Questa mattina a Livorno si è svolta una conferenza stampa del "Comitato parenti e amici degli arrestati livornesi per i fatti di Pistoia". Il Comitato ha consegnato alla stampa un dossier che mostra attraverso i profili di facebook i legami personali che ci sono in quella città fra esponenti di Casa Pound, poliziotti e esponenti del centrodestra. Nel dossier sono presenti anche alcuni stralci di intercettazioni all'interno della stanza della questura dove erano in stato di fermo le persone prelevate dall'assemblea al Circolo 1 maggio lo scorso 11 ottobre. Da queste intecettazioni, fatte dalla questura senza che gli indagati (poi imputati) ne fossero a conoscenza, emerge che essi stessi non sapessero perchè erano lì.
Non c'è altro da aggiungere se non invitare chi è interessato a leggersi il dossier che spiega senz'altro meglio di qualunque articolo la situazione che si è creata a Pistoia circa un anno fa e che ha portato a processo e a lunghi mesi di misure cautelari 7 persone estranee ai fatti. red. 23 ottobre.

http://www.senzasoste.it/livorno/fatti-di-pistoia-un-dossier-mostra-i-legami-fra-questura-e-fascisti-scarica-il-dossier

mercoledì 22 settembre 2010

LA TAVOLA IMBANDITA PER POCHISSIMI

Prendendo spunto da un articolo postato sul sito di Indymedia Liguria a firma di uno dei sindacati dell'acquario di Genova dove venerdì sera si terrà una cena di gala tra i rappresentanti di Confindustria,voglio sottolineare il fatto che mentre i padroni arraffoni e speculatori s'ingrassano il lavoratore se ne sta nemmeno al di fianco della tavola riccamente addobbata e preparata,se ne sta al di fuori del salone del pranzo,al di fuori dei cancelli del posto del lavoro in quanto licenziato,cassintegrato o mobilitato.
Il breve commento dei lavoratori dell'acquario ligure è un atto solidale contro lo stato in cui si è venuta a trovare Fincantieri con l'esubero di migliaia di posti di lavoro in tutto il territorio nazionale,che è solo l'ultimo e purtroppo non l'unico caso di licenziamento di massa che l'Italia deve affrontare in questi tempi,senza contare le migliaia di piccole aziende ed il fatto che intanto il ricco padrone in una maniera o nell'altra,dichiarando fallimenti o spostando le attività all'estero,ci guadagna sempre di più.

Indovina chi viene a cena?
(Venerdì 24 Cena di gala di Confindustria Liguria all’Acquario di Genova)

La Confindustria celebra i suoi anniversari in un deserto di casse integrazioni, licenziamenti e mobilità dove gli unici a pagare i costi della crisi sono i lavoratori.
Loro, azionisti, manager e imprenditori ridono, scherzano e sono sempre più ricchi.

Emblematica, qui da noi in Liguria, la situazione di Fincantieri dove tra addetti ed indotto oltre 6.000 lavoratori dovrebbero perdere il lavoro per scelte dettate dalla necessità di fare cassa e investire così in altri paesi.
Confindustria festeggia e i lavoratori dell’Acquario di Genova scoprono che i nostri eroi dell’economia globalizzata e delocalizzata vengono proprio qui, all’Acquario di Genova, ad una cena di Gala a festeggiare.
E’ probabile un brindisi che li vedrà tutti uniti: Emma e i suoi ragazzi, imprenditori di razza e politici, Sindaco e Presidente della Regione. Scuoteranno la testa e diranno: non si sanno proprio adeguare al nuovo che avanza!
Noi speriamo che gli vadano di traverso il vermentino e le troffiette al pesto.
Noi stiamo con gli operai, con quelli che hanno perso il lavoro e con quelli che lo perderanno. Siamo con chi scende in piazza e lotta perché la crisi è la malattia del sistema, loro sono il sistema e loro sono la malattia.
Per noi non c’è proprio niente da festeggiare.

Flaica CUB-Collettivo lavoratori Acquario di Genova .

martedì 21 settembre 2010

LE CONSEGUENZE DEI FATTI IN AFGHANISTAN

L'Afghanistan torna ad essere protagonista in negativo della cronaca dell'ultima settimana e spendendo proprio due parole sull'ennesima vittima italiana su cui ancora una volta è stato creato il solito vergognoso teartrino da parte delle istituzioni voglio soffermarmi sull'arresto dei militari americani che verranno giudicati per aver ucciso per divertimento alcuni civili afgani.
Queste bestie in divisa secondo alcune testimonianze e dopo indagini da parte delle forze armate statunitensi avrebbero creato un piccolo killer team che non solo aveva lo scopo di ammazzare inermi innocenti ma che addirittura prendevano macabri ricordi facendo scempio dei cadaveri.
Ebbene la resistenza afgana avrà sempre il mio appoggio morale,rivedo in loro la nostra di Resistenza contro gli invasori nazifascisti,quando da noi gli americani vennero veramente per dare una mano(con un salatissimo conto da pagare)e non per occupare e depredare le risorse della terra dello stato asiatico.
L'articolo preso da Indymedia Lombardia è un contributo del quotidiano"La Repubblica",le indagini sono tutt'ora in corso ma come ci insegnano casi recenti i comunque pochi militari che vengono sorpresi a compiere tali efferatezze negli Usa la pagano cara non come da noi dove verrebbero subito premiati ed avanzati di carriera.

Militari americani sotto inchiesta: "Uccidevano civili per divertimento".

Il Washington Post cita documenti e testimonianze relative all'indagine: Omicidi "compiuti essenzialmente per sport da soldati dediti all'hascisc e all'alcol". Cinque incriminati, altri sette indagati. Il padre di uno di loro cercò di avvertire i superiori, ma invano.

WASHINGTON - Hanno ucciso civili afgani per divertimento. Diversi soldati americani della quinta brigata di combattimento Stryker sono sotto inchiesta per aver costituito un vero e proprio "squadrone della morte" soltanto per ammazzare il tempo. Sulla base di documenti relativi all'indagine delle forze armate Usa e delle testimonianze di persone vicine al dossier, il Washington Post fornisce un'agghiacciante ricostruzione di quello che è uno dei casi più macabri che abbiano mai coinvolto le truppe statunitensi dall'inizio dell'operazione in Afghanistan nel 2001. Quegli omicidi, scrive il giornale, "sono stati compiuti essenzialmente per sport da soldati dediti all'hascisc e all'alcol".

I militari, tutti componenti della quinta brigata di combattimento Stryker, hanno meditato per settimane sull'idea. Avevano cominciato a parlare della creazione di un "kill team" nel dicembre scorso. E hanno messo in atto il loro progetto il 15 gennaio nel villaggio di La Mohammed Kalay, nella provincia meridionale di Kandahar: la folle sequenza di morte è iniziata quando un afgano si è avvicinato a un soldato statunitense che ha simulato un attacco e gli altri effettivi Usa hanno aperto il fuoco uccidendo il civile. "Soddisfatto" del gioco, lo "squadrone della morte" ha proseguito nei giorni e nelle settimane seguenti, fino a maggio.

Ma togliere la vita a dei civili inermi non era abbastanza. Quei soldati, tra i quali un sergente, smembravano i cadaveri delle loro vittime, li fotografavano, ne conservano delle parti come souvenir. Tutto questo mentre avevano il compito di garantire la sicurezza dei partecipanti a un incontro tra ufficiali americani e un capo tribale.

L'inchiesta delle forze armate americane vuole accertare anche le responsabilità dei superiori: il padre di uno dei soldati ha raccontato di aver ripetutamente cercato di avvisare le autorità militari dopo che il figlio gli aveva raccontato del primo omicidio. Ma le sue segnalazioni sono cadute nel vuoto.

Cinque soldati sono già stati incriminati per tre omicidi. Altri sette sono indagati per aver tentato di ostacolare l'inchiesta, aver aggredito un soldato che aveva allertato le gerarchie militari, oltre che per possesso e assunzione di hashish. Tutti hanno respinto le accuse.

lunedì 20 settembre 2010

AVANTI CON I TAGLI DI BRUTTOMESSO

Nel giro di pochi mesi ecco un'altra ingiustificata interruzione di denaro per una manifestazione culturale che la giunta del sindaco di Crema Bruttomesso ha negato,e stavolta parliamo della kermesse tra le più importanti non solo in Italia"Dadi.com"specializzata nell'aggregare migliaia di appassionati di giochi di ruolo e di wargames.
Dopo il caso di Artshot tenutosi lo stesso grazie all'attivazione di numerose persone ecco che chi di dovere non ha voluto elargire i diecimila euro necessari per la realizzazione dell'evento(già dimezzati lo scorso anno)e le parole dell'ideatore Lorenzo Sartori fanno pensare proprio che la prossima edizione di Dadi.com si terrà(se nel poco tempo rimasto si riuscirà ad organizzarsi)in un altro luogo che non sia la capitale della Repubblica del Tortello.
E mentre centinaia di migliaia di euro verranno stanziati per l'illuminazione di Piazza Duomo ecco che non si trovano nemmeno i 5ooo euro questuati la passata stagione,i grandi lampi di genio di Bruttomesso e dei suoi scagnozzi che litigano sempre ma soni ancora incollati ai loro scranni mentre fan tanto per promuovere il turismo a Crema e stroncano sul nascere un'ottima possibilità di riuscire a portare il nome della città(e non solo visto gli introiti che Dadi.com ha sempre portato)al di fuori della Lombardia e dell'Italia.
Di seguito sempre tratti dal sito"Crema online"a firma di Riccardo Cremonesi e della redazione gli interventi di Giacomo Fedele,un dirigente di una nota casa di giochi di ruolo,poi l'intervento di Lorenzo Sartori e per finire uno di Attilio Galmozzi.

Dadi.com. Giacomo Fedele, della 'The Camelot Company', una delle maggiori case produttrici di giochi di ruolo, ha scritto una durissima lettera al sindaco di Crema.

Crema - "Gentile Sindaco, ho ricevuto con disappunto la notizia che quest'anno la manifestazione in oggetto, non si terrà per, a dire da quanto riportato dai giornali, mancanza di volontà politica nel sostenerla. In breve, per l'impossibilità da parte del comune di supportarla con i 10.000,00 € necessari od almeno con i 5.000,00 erogati lo scorso anno". Così si apre la lettera inviata ieri al sindaco di Crema Bruno Bruttomesso da Giacomo Fedele, dirigente della The Camelot company, una delle maggiori case produttrici italiane di giochi di ruolo.

"Importo ridicolo"
"Mi spiace - si legge nella missiva - che le casse comunali siano ridotte in un simile stato di indigenza anche perché, pur essendo la mia una delle principali ditte italiane del settore ed essendo per noi la cifra di cui stiamo parlando di poco superiore a ciò che mediamente spendiamo nei tre giorni di presenza tra vitto, alloggio e spese accessorie, ritengo che il suo importo sia semplicemente ridicolo per un comune specie considerando la ricaduta economica che esso provoca sulle attività commerciali residenti nel vostro comune".

La stoccata politica
Ma è nella considerazione prettamente politica che Fedele tira una dura stoccata all’amministrazione cremasca: “in qualità di elettore del PdL mi rendo conto di come e perché molte persone decidano di cambiare bandiera e tornare a votare per la sinistra ed spero comprenderà come sia difficile per me esimermi dal dare il massimo risalto alla decisione della forza politica che lei rappresenta e consigliare a tutti i miei contatti, sia residenti all'interno del suo collegio elettorale che in altri di rivolgere le loro preferenze politiche ad altre realtà, solitamente più disposte a supportare manifestazioni culturali ed economiche”.

FILES ALLEGATI:
La lettera indirizzata al sindaco Bruttomesso sul taglio di Dadi.com 2010
Annullata l'edizione 2010 di Dadi.com, la manifestazione dedicata ai wargame. L'amministrazione comunale ha tagliato i fondi, l'amarezza di Lorenzo Sartori.

Crema - “DADI.COM, il più importante evento nazionale dedicato al mondo dei soldatini e uno dei più importanti festival nazionali dedicati al gioco quest'anno non si terrà”. A darne notizia, attraverso una nota ufficiale, Lorenzo Sartori, ideatore ed organizzatore della manifestazione. “Dopo 10 anni – scrive Sartori - l'Assessorato alla Cultura di Crema non ha più i fondi (poco più di 10 mila euro) per coprire i costi organizzativi di una manifestazione tra le più importati per la vita culturale della città, l'unica capace di richiamare visitatori da tutta Italia e anche dall'estero (circa 7000 presenze a edizione)”.

Risalto nazionale
Secondo l'organizzatore Dadi.com è “l'unica in grado di ottenere ampia attenzione di testate come Canale 5, Rai3, Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, Il Giorno, Avvenire, Radio Rai 2, Radio 24, per non parlare dell'ampia copertura della stampa locale, che da sempre ha seguito con interesse l'evolversi della due giorni di gioco cremasca”.

L'indotto
“Crema perde DADI.COM perché non trova 10.000 euro per organizzare l’evento. Un budget ridicolo rispetto a quello di eventi con cui DADI.COM si confronta a livello nazionale ed europeo, soldi con cui non si mette nemmeno in piedi un mediocre spettacolo di fuochi d'artificio. Eppure DADI.COM non mandava in fumo 10 mila euro in pochi minuti, ma generava alla città un indotto turistico di almeno 90 mila euro, quindi un ritorno economico nove volte superiore all'investimento. Già dallo scorso anno il contributo era stato dimezzato: un taglio comunicato a soli due mesi dall'evento che è costato non poco in termini economici all'organizzazione, che tuttavia è stata ripagata da un decima edizione di grande successo”.

“Scelta dolorosa”
“Appena è trapelata la notizia che DADI.COM 2010 sarebbe stato a rischio, il mondo del wargame si è subito mobilitato animando forum e siti di settore e offrendo diverse proposte agli organizzatori per ospitare DADI.COM in un’altra città. Una scelta dolorosa – conclude Sartori - per chi, cremasco come me ha portato avanti per 10 anni un progetto che ha fatto di Crema la capitale di un mondo, ma forse una scelta necessaria per dare continuità a DADI.COM, che in Italia è punto di riferimento di un intero settore”.


Dadi.com, intervento di Galmozzi, SeL: "Dal Comune negato il finanziamento ad una manifestazione d'eccellenza ma sperperato denaro per palcoscenici indecorosi".

Crema - "Non sappiamo se sia stato per miopia politica o una scelta premeditata: sicuramente Dadi.com non si farà. Dopo 10 anni e migliaia di presenze, Dadi.com scrive per quest'anno la parola Game Over". Così Attilio Galmozzi, Sinistra Ecologia Libertà.

Finanziamento negato
"Dieci mila euro: tanto gli organizzatori hanno richiesto all'Amministrazione per preparare l'evento, che richiamava appassionati da tutta l'Italia e che produceva negli anni passati almeno 9-10 volte in termini di valore indotto in città, per attività commerciali, alberghiere. Quest'anno la Giunta ha negato 10 mila euro e la rassegna ha chiuso i battenti".

Sperperi e palcoscenici indecorosi
"Una rassegna prodotta in loco, grazie alla passione degli organizzatori, fiore all'occhiello per la città, che s'è guadagnata per originalità e particolarità le prime pagine dei TG nazionali. Uccisa da un'Amministrazione che ha preferito sperperare denaro pubblico per palcoscenici indecorosi, rassegne partecipate da quattro gatti come CremArena, deludente kermesse costata un sacco di soldi e che ha prodotto un impatto pressoché impercettibile e spettacoli di dubbio valore".

Luci da un milione
"Però - conclude Galmozzi - chissà perché quando si tratta di buttare un milione di euro per le luci del Duomo nessun assessore piange miseria".

martedì 14 settembre 2010

PRIMI CONTI IN ROSSO PER I GUINZAGLIATI DEL REGIME

Per oggi propongo un articolo di"Senza Soste"che racchiude al suo interno due pezzi tratti dal sito Wall Street Italia che analizzano i primi tornaconti negativi di due tra le voci più importanti per quanto riguarda l'informazione nel nostro paese,ovvero il Tg1 ed il Corriere della sera,che negli ultimi tempi hanno investito(sia in denaro che in propaganda)verso il regime del premier pappone.
Il primo contributo,il più interessante,è del giornalista de"La Repubblica"Francesco Merlo dove il dato principale è il forte calo degli ascolti del telegiornale in prime time dell'emittente ammiraglia della tv di Stato a favore del nuovo format informativo che ha portato Enrico Mentana alla direzione del tg de"La 7".
A differenza del cagnolino Minzolini reggente del tg 1 Mentana non è che faccia miracoli ma racconta notizie senza manipolarle o addirittura senza nasconderle come faceva il guinzagliato"coatto"servo di Berluscojoni,insomma non si danno nemmeno troppi meriti all'ex direttore del tg 5 fuggito dalle reti Mediaset perché non più libero di svolgere un lavoro onesto e leale.
Il secondo articolo che riprende un lavoro di Vittorio Malagutti scritto per"Il fatto quotidiano"studia la situazione dal punto di vista economico riguardante gli investitori del quotidiano principe del giornalismo italiano.
Il fatto che parecchi investitori noti e meno abbiano perso milioni di Euro tra le pagine del giornale che per antonomasia ha sempre seguito la linea politica del governo in carica,è da mettere in correlazione col fisiologico calo di vendite dei quotidiani e dalla linea che il Corriere ha attuato soprattutto dopo l'arrivo del Lodo Alfano.

La propaganda costa. Crollo di Tg1 e Corriere della Sera .

Tenere in piedi la propaganda berlusconiana ha i suoi costi. Se ne è accorto il Corriere della Sera, che teorizzò di un Berlusconi "centro del sistema politico" all'indomani della bocciatura del Lodo Alfano. E se ne sono accorti i pubblicitari che vedono crollare l'audience del tg1 di Minzolini.
Vi proponiamo due articoli da un sito di analisi finanziaria. Segno che il costo della propaganda di Berlusconi comincia ad essere sotto analisi di chi le perdite le finanzia davvero. Per capire se c'è ancora convenienza.

Minzolini affossa il TG1. Crolla l'audience mentre sale Mentana.

Mercoledì ha perso 850mila spettatori, fuga verso il TG7. La débâcle il giorno dopo l'editoriale pro-voto. Il direttore: "Troppa politica, ho sbagliato". "Vicinanza al governo deleteria. E l'arrivo di Mentana peggiora le cose".

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – L'uno sale e l'altro scende, Enrico Mentana tocca il record positivo di ascolti e Augusto Minzolini quello negativo, il primo giganteggia con la normalità e il secondo si nanifica con la propaganda. Sono gli esiti opposti di due vite parallele e forse ci vorrebbe un Plutarchino per spiegare la discesa dell'uno e la salita dell'altro, il tonfo di Minzolini, che voleva imprigionare il potere e ne è prigioniero, e il successo di Mentana, che è stato allevato nelle corti e nei palazzi, ma è riuscito a non cantare né le corti né i palazzi.

Di sicuro la fuga dal Tg1 al Tg7 è già la moda dell'autunno-inverno e in fondo è vero che per capirla basta guardare e confrontare il telegiornalismo che vela con il telegiornalismo che svela. Per principio, Minzolini infratta i guai di Berlusconi, dal caso Mills alla Mignottocrazia alla grande crisi del centrodestra, è l'evoluzione antropologica del Rossella che su 'Panoramà gli faceva l'editing tricologico: quello gli nascondeva la calvizie e questo gli nasconde gli affanni. Poi, però, con ingenua ed appassionata riverenza Minzolini difende il capo e commenta, imbronciato, le vicende che non racconta.

Mentana invece non nasconde nulla ma non prende posizione, presenta tutti i fatti ma non ne commenta nessuno. Prendete l'immagine di Fini che alza e agita il dito dicendo a Berlusconi: "Che fai, mi cacci?". Non c'è dubbio che quel quadretto racchiude e persino spiega la vicenda politica che stiamo vivendo
e, comunque lo si voglia leggere, ha persino un profumo di poesia. Ebbene, Mentana, quasi con indifferenza, l'ha mostrato mille volte, ha fatto un tormentone di una scena che Minzolini non ha mandato in onda ma ha deplorato e condannato. Mentana vuole mostrare e non dimostrare, Minzolini pretende di dimostrare senza mostrare.

Mentana è sempre stato convinto che "il giornalismo migliore è come lo Stato migliore di Churchill, quello che non si vede", con il paradosso che senza grandi inviati né mezzi tecnici né tante immagini di repertorio, oggi occupa tutta la scena pretendendo di mettersi dietro la scena, allena i fatti come si fa con gli atleti, ha la sapienza di descriverli, la visione politica per organizzarli, l'agilità di arrampicarsi su di essi ma senza mai appendervi un pensiero forte e limpido che forse non ha.

È un bel giornalismo, certo. Ma è Minzolini che lo rende fenomeno. All'opposto di Mentana infatti Minzolini è diventato la caricatura del direttore autorevole e austero, si fa riprendere davanti a una montagna di libri che non ha letto e neppure pratica, indossa abiti firmati con la disinvoltura e il fisico di un bagnino e subito si capisce che, nonostante il sussiego pomposo o forse proprio per quello, è ancora il romanaccio che i cronisti di Montecitorio con delicata acidità chiamavano 'er coatto', e non solo per il dialetto, per le giacche a quattro bottoni, per le auto, la palestra e le belle squinzie, ma anche perché il suo era un giornalismo appunto di periferia, vissuto ai margini, dietro un muro, sotto un tavolo, a ingigantire sfondi e scorci, a decifrare gli spifferi.

Il punto è che a Mentana riesce oggi quel che Minzolini sognava di fare ieri, quando era il migliore nel razzolare fuori campo e collezionare cianfrusaglie, quando alzava i tappeti per aspirarne la polvere. Mentana impagina un giornale completo, ingrandisce i dettagli, fa parlare i veri protagonisti di giornata e, certo, li mette a loro agio ma non li serve come fa, per esempio, Bruno Vespa. È affidabile perché gli spettatori "sentono" che modi e tempi della professione non sono dettati dai funzionari del berlusconismo e della politica. Mentana fornisce i documenti che gli altri nascondono o manipolano. Tutti sanno che non è neutrale, ma obliquo, sghembo e che rischia l'ipocrisia pur di essere trasversale. E infatti dell'ormai famosa intervista a Fini anche Il Giornale ha apprezzato l'irritazione sulla casa di Montecarlo:"Pure lei, Mentana, fa Novella Tremila?".

Gli editoriali di Minzolini invece, che vorrebbero essere fragorose e roboanti difese di Berlusconi, finiscono con il somigliare alle parodie comiche e sembra quasi di sentire ancora il vecchio intercalare del coatto di Montecitorio: "v'o dico cò franchezza..". E difatti in quella babele di portavoce che servono Berlusconi come tanti interruttori qualcuno mi dice che "Minzolini perde ascolti non perché è berlusconiano ma perché non è televisivamente bravo"; e che il telespettatore, anche quello di centrodestra, percepisce solo il furore entusiasta del soldato goffo e primitivo; e che non basta essere la voce del potere per dare potere a una voce; e che la direzione del Tg1 gli serve per vivere da grand'uomo... e insomma, "si vede che il direttorissimo gode troppo di se medesimo".

E aggiunge un dettaglio che è un'esegesi dell'eccesso minzoliniano: "Quel che più lo fa soffrire è il non far parte degli irriducibili che contano, Feltri Belpietro e Sallusti, quelli che ormai neppure Berlusconi riesce a domare". Azzardiamo dunque una previsione: nel centrodestra che fermenta e prende già l'odore scorante di materia in decomposizione e di roba smessa, presto anche la fanfara Minzolini cercherà di dare la linea a Berlusconi. Per vincere dunque la battaglia d'autunno e diventare persino un eroe del giornalismo libero, Mentana deve solo continuare così. È la anormalità del Tg1 che lo fa somigliare al protagonista del disperato erotico stomp di Lucio Dalla:"Ma l'impresa eccezionale / dammi retta è essere normale".

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Gli azionisti del patto di sindacato Rcs cercano di mascherare il crollo di valore della società. Il campione delle perdite è Giuseppe Rotelli, padrone di cliniche e ospedali, con l'11%. Ha investito 300 milioni, ne ha persi 150 (e lo tengono pure fuori dal patto di sindacato!). Un titolo senza flottante. E la Consob come al solito, tace.

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Il campione delle perdite per il momento è lui, Giuseppe Rotelli, padrone di cliniche e ospedali. Per conquistare un posto al sole tra i grandi soci del Corriere della Sera ha speso 350 milioni e ne ha già bruciati 150 (circa) nel gran falò dei mercati dal 2007 in avanti. Peggio ancora. Mercoledì, per l’ennesima volta il patto di sindacato che governa le sorti del Corrierone ha deciso di non prendere neppure in considerazione il suo ingresso, forte di una quota dell’11 per cento, nel gruppo di comando del gruppo.

Un disastro, insomma. Ma almeno Rotelli, che è l’unico azionista delle aziende che dirige, ha perso solo soldi suoi. Lo stesso non si può dire per molti dei grandi soci della Rcs media, la società quotata in Borsa che pubblica, tra l’altro, il più blasonato tra i quotidiani italiani. Nomi altisonanti del capitalismo nazionale, dagli Agnelli a Giampiero Pesenti, da Salvatore Ligresti a Marco Tronchetti Provera, comandano al Corriere grazie ai soldi degli altri. E cioè i piccoli azionisti delle loro aziende. Per di più, l’investimento nel quotidiano di via Solferino finora non ha fruttato granché. Anzi, nei bilanci si accumulano svalutazioni e perdite per decine di milioni. Un discorso simile vale anche per i gruppi finanziari azionisti del Corriere: Mediobanca, Generali, Banca Intesa.

Ma vediamo, numeri alla mano, come stanno le cose. Si parte da un dato fondamentale. Tre anni fa le azioni Rcs quotavano in Borsa intorno ai 4 euro. Adesso viaggiano vicino a 1,20, dopo essere scese fino a 0,5 euro a marzo 2009. Questo terremoto ha finito per avere conseguenze pesanti per il povero (si fa per dire) Rotelli. Ma anche altri protagonisti della vicenda, a cominciare dai soci più influenti del patto di sindacato, si sono trovati in bilancio azioni acquistate a quotazioni di gran lunga superiori rispetto a quelle correnti. E allora, nel tentativo di limitare i danni, gli azionisti di comando hanno escogitato le soluzioni più diverse. Giochi contabili, peraltro perfettamente legali, per attutire l’effetto Rcs sui conti delle loro aziende.

Ecco qualche esempio. La Pirelli di Tronchetti già nel 2008 ha svalutato per 65 milioni la sua quota nel Corriere (il 5,3 per cento). La perdita sarebbe stata ancora maggiore se si fosse mantenuta la quotazione di Borsa come criterio di valutazione. La Pirelli, però, ha sfoderato una perizia che fissa in 1,7 euro per azione il cosiddetto "valore d’uso" della partecipazione. E questo basta per evitare di allineare la voce di bilancio al prezzo di Borsa. Un fatto, quest’ultimo, che avrebbe obbligato la Pirelli a contabilizzare una perdita maggiore. L’Italmobiliare di Pesenti si è mossa nello stesso modo. Nel 2008 il gruppo del signore del cemento ha perso 55 milioni su Rcs (7,7 per cento del capitale). Ma questa volta il valore d’uso è inferiore: 1,6 euro. Anche questo calcolo è certificato da una perizia ad hoc.

A Mediobanca invece sono ottimisti. Per loro la società del Corriere vale 1,9 euro per azione. Ovviamente anche qui è tutta questione di valore d’uso. Nel bilancio al 30 giugno 2009, l’ultimo disponibile, gli amministratori della banca all’epoca guidata da Cesare Geronzi spiegano una valutazione tanto distante dalla quotazione di Borsa con "l’unicità di taluni asset posseduti" da Rcs. Come dire: di Corriere ce n’è uno solo e il marchio di per sé fa la differenza. C’è poco da festeggiare, però. Mediobanca, primo azionista con una quota del 14,3 per cento, l’anno scorso ha perso più di 90 milioni sulla sua partecipazione editoriale. Intesa invece ha bruciato 78 milioni.

Anche Ligresti viaggia in rosso, almeno a giudicare dai bilanci. La sua Fondiaria infatti è in crisi e passa da un piano di ristrutturazione all’altro. Poco male. Le ambizioni di Ligresti di dire la sua nella gestione del Corriere hanno causato perdite supplementari per 109 milioni nel bilancio 2008 della compagnia. Probabilmente i piccoli azionisti del gruppo assicurativo ne avrebbero fatto volentieri a meno. Nei conti della Fiat, invece, la voce Corriere vale 131 milioni. In Borsa la quota del 10,1 per cento in mano agli Agnelli costerebbe circa 90 milioni. Svalutare? Nemmeno per sogno, perchè, come si legge nella relazione degli amministratori, "la misurazione in base ai valori borsistici è poco significativa".

Molti analisti concordano in pieno su questa conclusione. E il motivo è presto detto. Il flottante in Borsa, cioè il numero di titoli che può essere venduto e comprato sul mercato, è ormai ridotto al lumicino. Se si sommano le quote bloccate nel patto di sindacato (63,5 per cento) con un altro 21 per cento di proprietà di altri grandi azionisti, come Rotelli, Toti e Benetton), si arriva a sfiorare l’85 per cento a cui va sommato per lo meno un altro 5 per cento riconducibile a investitori istitutzionali e quindi di difficile smobilizzo. Risultato: sul mercato resta il 10 per cento, forse meno. Troppo poco perchè il titolo non diventi facile preda della speculazione. Ma per la Consob è tutto regolare.

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