martedì 17 marzo 2009

VITTORIA NEL "EL SALVADOR"

Per fortuna da qualche parte nel mondo le elezioni danno risultati positivi dal punto di vista della lotta sociale,quasi sempre queste liete novelle arrivano dal centro e dal sud america dove il senso di abbandono e di miseria dato dalle precedenti amministrazioni filo-americane(statunitensi)ha fatto si che la voce del popolo si stia facendo sentire.
Nello stato di El Salvador il partito nato dalla guerriglia rivoluzionaria degli anni '80 ha vinto le ultime elezioni grazie al Fronte Farabundo Martì per la liberazione nazionale(FNML)ed al suo candidato presidente Mauricio Funes,a scapito dell'Alleanza repubblicana nazionalista(ARENA)guidata da Rodrigo Avila.
Segue un articolo tratto da "Il Manifesto"a firma di Luigi Baldelli e la biografia da "Wikipedia"del rivoluzionario salvadoregno Farabundo Martì (che è stato nominato se ricordate nella canzone "Figli della stessa rabbia" della "Banda Bassotti",almeno io l'avevo conosciuto così!).

El Salvador, storico trionfo del Fronte Farabundo Martí nelle elezioni presidenziali.

Il Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN) ha vinto le elezioni presidenziali svoltesi ieri in Salvador. Con il 92,02% delle schede scrutinate, Mauricio Funes del FMLN ha ottenuto il 51,2% dei voti, mentre l’avversario Rodrigo Ávila, del partito di governo Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), ha ottenuto il 48,7%, secondo il Tribunale Supremo Elettorale (TSE).

Immediatamente le strade di San Salvador hanno cominciato a riempirsi di sostenitori del FMLN per celebrare il trionfo del loro candidato, che si insedierà il prossimo 1° giugno. I simpatizzanti del FMLN sventolavano le bandiere rosse che caratterizzano questo partito, fondato nel 1992 dopo la firma degli accordi di pace di Chapultepec con i quali è stata messa fine alla guerra civile che ha questo Paese vissuto tra il 1980 e il 1992.L’annuncio dei risultati è arrivato dopo una giornata di votazioni, che secondo gli osservatori e le autorità è trascorso senza incidenti di rilievo. "Abbiamo avuto un processo elettorale trasparente, un processo elettorale tranquillo, pacifico e di massa", ha dichiarato il presidente del TSE, Walter Araujo, in un messaggio al Paese alla chiusura dei seggi.Intanto il giornale La Prensa Gráfica ha informato che il 60% dei 4.200.000 elettori iscritti nelle liste si sono presentati a votare, il 6% in più rispetto alle elezioni legislative e municipali del 18 gennaio. "Umilmente e con emozione desidero ringraziare tutti quelli che hanno votato per me, tutti quelli che hanno scelto la strada del cambiamento", ha detto Funes proclamando la sua vittoria. Ávila riconosce la vittoria di Funes
 
Da parte sua il candidato della sconfitta Alianza Republicana Nacionalista (Arena), ha riconosciuto la vittoria del suo avversario Mauricio Funes, che è diventato il nuovo mandatario della nazione centroamericana e ha messo fine a 20 anni di potere in mano alla destra. "Voglio riconoscere a Mauricio Funes, del FMLN (Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional), che in questa lotta serrata c’è stato un margine di differenza a suo favore e chiedo a Dio che così come ha dato saggezza al popolo salvadoregno la dia anche al suo partito", ha detto Avila dopo aver riconosciuto che queste elezioni sono state “le più dure" che abbia affrontato Arena."Oggi in questo momento noi areneros di ogni tempo, noi areneros di tutte le epoche, noi areneros di ogni angolo del Paese abbiamo dato l’esempio di quello che significa accettare la volontà del popolo in un’elezione molto accesa", declaró Avila. Avila era fiancheggiato dal presidente uscente, Antonio Saca, e dai suoi predecessori nella carica, Alfredo Cristiani (1989-1994), Armando Calderón (1994-1999) e Francisco Flores (1999-2004) nella tribuna posta di fronte alla sede del partito, nel centro-ovest della capitale, dove abbondavano i musi lunghi per la sconfitta.Mentre Avila parlava, i militanti di Arena scandivano slogan come "patria sì, comunismo no" e "El Salvador sarà la tomba dei rossi".

L’intervista al nuovo presidente pubblicata.
UN SOGNO: MAURICIO FUNES, L'UOMO CHE NON PRESE IL FUCILE


SAN SALVADOR

 - Mauricio Funes, il candidato del Fmln alle elezioni presidenziali di oggi in Salvador, si presenta all'intervista scusandosi subito per essersi fatto attendere. «Prima di essere un politico sono stato un giornalista» dice, ricordando il suo passato a Canal 12, dove conduceva un programma di interviste molto critico nei confronti del governo salvadoregno formato dal partito di destra Arena (il fondatore di Arena, Roberto D'Aubuisson, è stato anche il fondatore dei squadroni della morte). Ha appena finito una manifestazione pubblica con il Partito Social, con cui ha stretto un'alleanza per riuscire a vincere queste elezioni. Sente che per il paese, dopo vent'anni di Arena, questo può essere l'anno del cambio e della sinistra alla guida del piccolo stato centroamericano. E anche il fatto che l'Fmln per la prima volta ha scelto un candidato che non è stato un guerrigliero, la dice lunga sulla voglia di vincere e di dare una svolta al paese. 

Considerando la forte disuguaglianza sociale del Salvador e l'impegno del Fmln di attaccarla, come si riuscirà ad adottare politiche differenti senza provocare una fuga di investimenti dal paese? 
Con realismo e sensatezza nel gestire la cosa pubblica. E' proprio per non aver fatto questo che, negli ultimi venti anni, la frattura sociale che divide il nostro paese si è ampliata invece di rimarginarsi. E non sono io a dirlo, ma studi specialistici come quello dell'Undp, l'agenzia dell'Onu sullo sviluppo umano, di tre o quattro anni fa. Si parla del Salvador come uno dei paesi con i maggiori livelli di disuguaglianza sociale. E questo come risultato della mancanza di politiche sociali con cui lo stato cercasse di compensare gli squilibri sociali esistenti. Sicuramente possiamo ridurre la frattura sociale, basta identificare il problema. E il problema sta nel fatto che si è esercitato finora un potere pubblico basato su una concezione patrimonialista dello stato: chi ha governato negli ultimi venti anni ha considerato il governo patrimonio di pochi e ha costruito un'economia di privilegi, aggravando la povertà senza costruire un'economia dinamica e competitiva. Non si può redistribuire la povertà, per ridurrla bisogna aumentare il tasso di crescita, e ancora non basta. In tutti questi anni si è creduto che la crescita fosse sufficiente, che concentrando la crescita nei segmenti alti del reddito nazionale questa avrebbe finito per ricadere a cascata fino ai settori più bassi. Ma ormai è dimostrato che questa teoria non funziona, e che lo stato deve agire per ridurre le disuguaglianze.
Questo porta a incrementare la spesa pubblica in rapporto al Pil: più investimenti in salute e istruzione, creare le condizioni di stabilità macroeconomica che consentano agli investitori privati di generare più posti di lavoro e di migliore qualità. E' chiaro che la situazione di crisi internazionale - in cui scarseggia il credito privato e l'economia latinoamericana, e salvadoregna in particolare, affrontano già una crisi di liquidità - riduce i margini. Però è lì che un governo responsabile deve adottare una politica anticiclica.
Parlando del Pil, il Salvador dipende per circa il 20% dalle rimesse dei migranti negli Stati uniti. Come si può creare un'economia nazionale stabile con questa caratteristica?
Questa è una delle grandi deformazioni della nostra economia, che negli ultimi anni abbiamo finanziato la stabilità macroeconomica con il flusso di dollari provenienti da fuori, non generati dall'economia nazionale ma dalla solidarietà dei compatrioti che vivono soprattutto negli Stati uniti. Dobbiamo ricostruire il tessuto produttivo. In questi ultimi venti anni si sono distrutti l'agricoltura e l'allevamento, non si è stimolata l'industria, interi settori imprenditoriali sono caduti nell'informalità, specie la piccola e media impresa, per mancanza di credito e specializzazione. La soluzione è lavorare alla ricostruzione del tessuto produttivo montando nuovamente l'infrastruttura di appoggio governativo all'agricoltura e all'allevamento, attività a uso intensivo di manodopera. Molti nostri contadini sono dovuti emigrare negli Stati uniti perché non trovano lavoro, o un reddito accettabile. Ci sono 400mila terreni attualmente incolti per mancanza di credito e formazione tecnica. Nella misura in cui, dallo stato, faciliteremo il credito e daremo assistenza tecnica, potremo permettere all'agricoltura e all'allevamento di generare occupazione e di ricchezza.
Così, malgrado il trattato di libero commercio con gli Usa e la dollarizzazione degli ultimi otto anni, un governo che conduca una politica fiscale adeguata e combatta il contrabbando può disporre delle risorse per aumentare gli investimenti nel sociale.
Restando nell'economia, lei guarda verso Nord o anche verso Sud? Ci sono possibilità in un mercato latinoamericano?
Finora, sfortunatamente, si è data maggiore priorità alla relazione con gli Stati uniti che a quella con il resto del continente. Una grande debolezza della nostra economia è il non aver diversificato la destinazione delle nostre esportazioni, che dipendono troppo dal mercato statunitense: dopo il Guatemala, gli Usa sono il secondo mercato per le nostre esportazioni ed ora, con la crisi che attraversano, si riduce la loro domanda e il volume delle nostre esportazioni. Innanzitutto dobbiamo impegnarci di più nell'integrazione latinoamericana, perché come blocco regionale possiamo conquistare una posizione più competitiva che come paese isolato. Dobbiamo cercare il Sud del continente e stringere rapporti commerciali con altre economie, che sono dinamiche e hanno un'alta capacità di acquisto. Però, perché i nostri prodotti possano competere con quelli che si consumano nelle grandi economie sudamericane, dobbiamo elevarne la qualità. E' per questo che insisto nel voler investire nell'educazione e nelle risorse umane, per avere personale più preparato, con un maggior valore tecnico, in modo che gli investimenti stranieri non cerchino solo manodopera a basso costo ma anche tecnologia, che ci aggreghino valore e che allo stesso tempo paghino migliori salari.
Come descriverebbe le sue future relazioni con il Venezuela di Hugo Chávez? 
Come sono state finora: il mio paese ha relazioni con il Venezuela da molto tempo. Il problema è che si crede erroneamente che, siccome il mio partito è di sinistra e storicamente ha una relazione stretta con il governo del presidente Chávez, allora abbiamo adottato come modello nella nostra gestione pubblica il governo di Chávez. Ma non è così. Io come candidato e l'Fmln come partito siamo coscienti che quello che fa o non fa il presidente Chávez si applica alle circostanze peculiari che vive il Venezuela. Noi non possiamo, né vogliamo, una gestione come quella di Chávez. Le faccio vari esempi: noi non stiamo pensando a nazionalizzare imprese che furono privatizzate, e ancor meno a nazionalizzare imprese o investimenti stranieri. Vogliamo appoggiare l'investitore privato e gli garantiremo protezione e sicurezza giuridica. La nostra costituzione stabilisce che il nostro regime economico si basa sulla proprietà privata in funzione sociale. Non siamo neanche interessati nella rielezione, e ancor meno nella rielezione indefinita. Il nostro sistema costituzionale lo impedisce. Nella costituzione del Salvador, in vigore dal 1983, è chiaramente stabilito che il regime politico si fonda su una presidenza rinnovabile ogni cinque anni e che non c'è rielezione. Questo non è riformabile, neanche se qualcuno volesse. L'idea di riformare la costituzione per consentire la rielezione potrebbe averla la destra, ma non riuscirebbe a realizzarla: l'unico modo per riformare la costituzione è un golpe, ma questa realtà è impensabile per il nostro paese ora.
Cosa pensa della «Mara Salvatrucha» e delle bande di criminalità organizzata nel paese? E' una questione di sicurezza interna o un problema sociale?

E' più un problema sociale che di sicurezza. E' proprio per questo errore di diagnosi che non si è potuto combatterlo. Si crede che le bande siano un fenomeno importato dagli Stati uniti. Ma le «maras» fanno nido nella realtà economica e sociale propria del nostro paese. Un giovane entra nel branco della mara perché vive in un ambiente familiare di espulsione, spesso violento e povero, che lo porta a cercare rifugio, a trovare nelle bande gli archetipi umani da emulare che non trova in famiglia. Solo quando garantiremo l'unità familiare, ricostruendo valori e procurando istruzione e impiego sicuro, solo allora potremo disattivare le cause che provocano la formazione delle bande. I governi precedenti si sono sbagliati a pensare che il fenomeno delle «maras» si elimina eliminando la presenza territoriale dei giovani delinquenti, mettendoli in carcere. E' come spazzare la polvere sotto il tappeto: mettendo i giovani in prigione si trasferisce soltanto il loro territorio al carcere, da dove continuano ad ordinare crimini. Dobbiamo dare più importanza alla prevenzione sociale del delitto, e per questo bisogna investire in educazione e in nuovi posti di lavoro.
Agustín Farabundo Martí Rodríguez (Teotepeque, 5 maggio 1893 – San Salvador, 1º febbraio 1932) è stato un politico e rivoluzionario salvadoregno.

Biografia.

Gioventù.
Farabundo Martí, sesto dei quattordici figli di Pedro Martí e Socorro Rodríguez,si diplomò nel 1913 al Collegio Salesiano Santa Cecilia de Santa Tecla, quindi studiò diritto alla Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Sociali dell'Università di El Salvador.
Nel 1920 fu deportato in Guatemala per il suo coinvolgimento nelle lotte popolari contro il governo oligarchico della famiglia Meléndez-Quiñonez. Durante l'esilio guatemalteco, nel 1925 partecipò alla fondazione del Partito Comunista Centroamericano.

Impegno politico.
Nello stesso anno ritornò a El Salvador, come delegato dell'organizzazione Soccorso Rosso Internazionale, e collaborò con l'organizzazione della Federación Regional de Trabajadores Salvadoreños (Federazione Regionale dei Lavoratori Salvadoregni). Fu detenuto e espulso dal paese in varie occasioni e, dall'estero, continuò il suo lavoro di organizzazione e propaganda come delegato dell'Internazionale Comunista. Nel 1928 si recò negli Stati Uniti dove a New York si unì alla Lega Antiimperialista delle Americhe(LADLA, Liga Antiimperialista de las Américas) , che lo inviò come rappresentante in Nicaragua, dove lavorò come segretario di Augusto César Sandino. Tra il 1920 e il 1932 fu incarcerato nove volte: sei in El Salvador e le altre in Guatemala, Stati Uniti e Messico.

Militanza nel Partito Comunista Salvadoregno.
Farabundo Martí fu dirigente del Partito Comunista Salvadoregno(PCS), fondato nel 1930, mentre il Salvador viveva gli effetti della Grande depressione.Nel 1931,dopo il rovesciamento del presidente Arturo Araujo, il generale Maximiliano Hernández Martínez prese il potere. Nel gennaio del 1932 il PCS partecipò alle elezioni municipali e legislative, denunciando frodi elettorali da parte del governo di Martínez. Il Comitato Centrale del PCS decise di preparare un sollevamento popolare contro il governo martinista. Farabundo Martí fu incarcerato, il 19 gennaio 1932, un una casa del quartiere San Miguelito di San Salvador, insieme agli studenti universitari Alfonso Luna e Mario Zapata. Il sollevamento iniziò il 22 gennaio 1932 e si estese alla zona occidentale del paese. I contadini in rivolta riuscirono a prendere alcune caserme, ma erano mal armati e mancavano di organizzazione. L'insurrezione fu soffocata dall'esercito del presidente Martínez con una forte repressione che, in poche settimane, provocò tra 15 000 e 30 000 morti (non si seppe mai la cifra esatta della carneficina).

Morte.
Martí e i suoi compagni Luna e Zapata furono giudicati e condannati a morte da un tribunale militare. La fucilazione fu eseguita il 1º febbraio 1932.

Eredità politica.
La figura di Martí fu ripresa dalla sinistra salvadoregna, nei decenni successivi, come simbolo di resistenza di fronte ai successivi governi militari. Nel 1980 fu dato il suo nome al Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale,(in spagnolo Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional, o FMLN), alleanza di organizzazioni guerrigliere poi trasformata nel partito politico vincitore delle elezioni del 2009. Anche uno dei gruppi originari del FMLN, il più potente durante la Guerra civile salvadoregna, faceva riferimento al suo nome, essendo chiamato Fuerzas Populares de Liberación "Farabundo Martí".

Nessun commento: