domenica 29 marzo 2009

SULL'ANTIFASCISMO

Mai come in questo periodo si sta litigando a livello politico sull'uso del termine"antifascismo"in quanto non più moderno e attuale,ma onestamente credo che chi voglia eliminare tale parola abbia al posto del cervello un grande buco del culo,qualunque movimento politco appartenga.
Infatti mentre da un lato eminenze oscure ormai a detta loro"ex-fascisti"(non ne siamo veramente troppo convinti)parlano apertamente di antifascismo,membri della"sinistra"(che orrore accorpare il Partito Democratico a questa nomenclatura!)hanno paura e vergogna di affrontare tale argomento.
L'antifascismo è radicato nella Costituzione e nella memoria degli italiani(non tutti ovviamente,anzi oggi come oggi nella minoranza di essi)come valore umano imprescindibile,di tolleranza,libertà,solidarietà,qualità che sempre più spesso vengono calpestate e ridimensionate.
Ancora oggi da quel grande circo che è stato l'appuntamento per la nascita di quell'immondo aborto che risponde al nome del Pdl i soliti pagliacci col capo comico Berlusconi hanno prevaricato la parola libertà dicendo che le prossime riforme verranno discusse sì con l'opposizione,ma che se non andassero bene si farebbero comunque lo stesso,inoltre la sete e la bramosia di potere di questo dittatore farà sì che confluiscano a lui sempre più autorità e comandi.
Il totalitarismo del nuovo duce va avanti a gonfie vele e sembra che nessuno in Italia se ne accorga,e in questo l'antifascismo va a braccetto con l'antiberlusconismo in quanto il fascio e Berlusconi and company sono nemici comuni indivisibili,da lottare ed eliminare assieme ed allo stesso modo.
Ecco due riflessioni trovate in rete,una pro e l'altra contro la radiazione del termine antifascismo,la prima di una ex rappresentante del PCI che evidentemente ha sbroccato di testa,tale Claudia Mancina(con la riflessione di Pietro Ancona tratta da "Senza Soste")mentre la seconda è tratta dal quotidiano Liberazione(intervista di Vittorio Bonanni a Guido Liguori)ripresa dal sito "Antifa".

Intervento: Vogliono bandire la parola "antifascismo" .

E' cominciata la campagna per dare l'ostracismo, escludere dal linguaggio e dal dibattito politico italiano la parola "antifascismo". La filosofa Claudia Mancina distingue tra antifascismo storico del quale è giusto continuare a discutere e la presenza del termine antifascismo nel dibattito politico. A suo giudizio questa presenza non ha senso. Questa nota è apparsa sul "Riformista". "Mentre è ovvio che resta attuale l’antifascismo storico, legato alle memorie del regime e dell’occupazione, e quindi alle ricorrenze delle Fosse Ardeatine e del 25 aprile, è altrettanto ovvio che l’antifascismo – e non da oggi – non può più essere moneta corrente del dibattito politico. Non ha alcun senso, se non quello di un richiamo della foresta, rivolto ad anziani che ricordano un tempo passato, o a giovani ideologizzati sino al punto da non vivere la loro giovinezza, scagliare l’accusa di fascismo a Berlusconi o a qualche colonnello di An che fatica a staccarsi da miti e riti del suo partito."
La nostra professoressa insegna etica dei diritti all'università di Roma. Ha alle spalle in lungo percorso politico nel PCI. E' stata parlamentare DS e membro di lungo corso e per tanto tempo della intellighentia comunista. Come tutti gli spretati sputa nel piatto dove ha mangiato per decenni e lavora attivamente per criminalizzare o annullare la lingua parlata dalla democrazia italiana dalla Resistenza ad oggi. La nostra filosofa ritiene addirittura "ovvio" che l'antifascismo non può più essere moneta corrente nel dibattito politico attuale. Che vuol dire? Come è ovvio - è proprio il caso di dire- l'antifascismo non è soltanto il contrario del fascismo che non è comunque scomparso nè dall'Italia nè dal mondo. L'antifascismo è il contenitore di tutti i valori negati dal fascismo, libertà, democrazia, tolleranza, civiltà, solidarietà, pace, rispetto per la persona umana. E' "ovvio" che esclude da sè comportamenti come il razzismo, l'attacco ai diritti umani, la riduzione dei diritti civili delle persone e delle comunità. L'antifascismo, quindi, è ovvio che costituisce una categoria dello spirito, un imperativo categorico. Non si può essere antifascisti e razzisti mentre è possibile essere fascisti e razzisti. Questa nota della filosofa esce nel giorno in cui Berlusconi chiede il cinquantuno per cento agli elettori italiani, la riduzione del Parlamento in mera cassa di risonanza dei suoi decreti, la concentrazione in uno di tutti i poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) che è quanto hanno fatto i tiranni apparsi nella vita dei popoli per umiliarli. Colpisce la spudoratezza con la quale intellettuali che hanno letto e commentato Kant, Marx, Gramsci ci provano ad espungere dalle categorie culturali e politiche quanto è ostico al tirannello che vorrebbe ridurci tutti a spettatori del "Grande fratello", spettatori privati di fondamentali diritti come lavoratori e come cittadini. Colpisce come gli attacchi più brutali alla cultura italiana che è la stessa cosa della sinistra italiana vengano da personaggi che ieri ne erano le vestali o i sacerdoti più dogmatici.
L’antifascismo? Barriera ancora valida per non subire l’egemonia.

A colloquio con Guido Liguori, storico del pensiero politico«In primo luogo bisogna dire che aveva ragione chi prendeva sul serio il cambiamento che da Fiuggi in poi ha segnato la destra italiana.Anche se va aggiunto che un esito così radicale e repentino ma senza lacerazioni desta evidenti sospetti. Se davvero Berlusconi si è “comprato” la destra italiana come cerca di comprarsi la nostra democrazia, stupisce davvero come la destra si sia fatta assorbire senza colpo ferire. Un nuovo grande esempio di trasformismo italiano.E’ chiaro che tutto ciò è possibile a partire dall’adesione delladestra al liberismo, avvenuta nell’ultimo decennio. Ma è anche vero che ci sono degli elementi molto inquietanti nel “berlusconismo” che hanno reso possibile questo esito». Con queste parole Guido Liguori, docente presso il dipartimento filosofia e scienze umane dell’Università della Calabria di Storia del pensiero politico e vicepresidente del Igs (International Gramsci Society), commenta la nascita del Pdl e la scomparsa del partito nato dalle ceneri del fascismo. Ma proprio questa novità ha aperto una polemica sulla necessità di mantenere in vita l’antifascismo come asse fondante della nostra Repubblica, oppure voltare pagina. Proprio su questo punto abbiamo chiesto il parere dello studioso.E’ lecito pensare ad un superamento dell’antifascismo dopo la scomparsa di An?No, per varie ragioni. In primo luogo perché il fascismo è unatendenza ricorrente nella politica moderna, che prende variesembianze. Non a caso si deve parlare di fascismi, più che difascismo. Alcuni dei tratti più inquietanti dei fascismi sono oggibene in campo nella società italiana: l’intolleranza per lo straniero;il latente razzismo; il “ducismo” tradotto oggi in “leaderismo”populistico, aspetto della politica che, in forme diverse, hapurtroppo contagiato anche la sinistra; la costruzione forsennata del consenso che oggi è mass mediologica. E ancora: l’irrazionalismo vitalistico, il dividersi per bande, per tribù (allo stadio, nella “strada”), il volersi fare giustizia da sé, con mazze bastoni e manganelli, a torto o a ragione (in modo persino legale, oggi: le ronde non sono un possibile nucleo di nuovo squadrismo?). Persino l’attacco forsennato contro l’università e la scuola, il disprezzo per i “professori”, per gli intellettuali, per la cultura non immediatamente legata alla produzione. Contro tutto ciò, essere e dirsi antifascisti è una barriera ancora valida.L’ Antifascismo ha un senso anche perché è un elemento portante della nostra Costituzione, continuamente sotto attacco. Che ne pensa?Sono d’accordo. Un altro buon motivo per dirsi antifascisti è proprio la difesa della Costituzione democratica, che nel nesso tra vocazione antifascista e volontà di istituire una Repubblica basata sul lavoro ha la sua vera architrave. Leva uno di questi due elementi e crolla tutto. E se viene meno la Costituzione del ’48, il rischio di un enorme balzo indietro è più reale che mai.Tranfaglia, nell’intervista che abbiamo pubblicato ieri, hasottolineato il paradosso di un Fini che sposa l’antifascismo e degliex Pci, vedi Partito democratico, che invece ne parlano con imbarazzo.Che sta succedendo?Fini - è stato giustamente rilevato - gioca la sua partita sul lungoperiodo: Berlusconi vorrebbe essere eterno, ma anche i suoi sanno che non ci sarà per sempre. Per quanto riguarda il Pd, a parte i tanti errori e anche alcune nefandezze che hanno commesso alcuni dei suoi leader, penso che debba essere incalzato e posto di fronte alle sue contraddizioni: non possono non dirsi più antifascisti, buona parte della loro base non lo accetterebbe.I colonnelli di An invece sembrano più docili...Ci sono grandi differenze tra di loro. Fini ha in mente la grandedestra francese e ha fatto passi significativi in direzione“gollista”. Altri sembravano più “conservatori” ma hanno soggiaciuto completamente al richiamo del potere. Bisogna vedere come reagirà la base militante di An. Può darsi che dopo qualche tempo una parte rifluisca verso la Destra storaciana, più tradizionale e militante. Vi è però un altro pericolo, forse maggiore: che sia la cultura fascista o fascistoide a permeare in senso autoritario il partito di Berlusconi, mettendo all’angolo le componenti che si dicono liberali.Qui bisogna essere molto capaci di “fare politica”, stare attenti atutti i segnali di scollamento del blocco berlusconiano, procedere col metodo della “analisi differenziata”, senza fare di tutte le erbe un fascio (se mi si perdona il gioco di parole). Vogliamo ricordare che Gramsci cercò anche di incontrare D’Annunzio per impedire la saldatura tra fiumani e fascisti?La vulgata antinovecentesca che non ha risparmiato la sinistra sisposa in pieno con la voglia di non sentire più parlare diantifascismo. Che ne pensa?Il rischio è reale. Quando in modo ricorrente non si fa altro asinistra, anche in sinistre diverse, che parlare di “nuovismo” o di“innovazione”, il rischio è quello di perdere di vista la grandelezione della storia e le nostre radici storiche. Non bisogna certoessere dogmatici e libreschi, va sempre fatta «l’analisi concretadella situazione concreta», come diceva qualcuno. Ma averel’ossessione nuovista vuol dire rinunciare alle proprie coordinateinterpretative della realtà e subire l’egemonia dell’avversario. IlNovecento è ancora per molti aspetti con noi, anche se l’oggi è pieno di fatti nuovi o parzialmente nuovi che vanno capiti senza paraocchi.

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