Oltre al valore morale,di parzialità dell'informazione,dell'inseguimento del modello americano in cui tu hai paura del vicino e quindi stai a casa a fare shopping,l'impatto ambientale degli apparecchi televisivi da buttare perchè non consoni con le nuove tecnologie avrà sicuramente una sua importanza.
Lo Stato poteva,ma ancora può,dare incentivi e creare punti di raccolta delle tv obsolete,ma visto che il nostro regime se ne sbatte altamente dell'ambiente e della salute degli italiani(vedi questioni discariche,nucleare,eternit,soldi tagliati ai fondi della Sanità proprio per incetivare l'acquisto dei decoder)non credo farà nulla per sopperire a tali disagi elencati nell'articolo preso da www.terranauta .it
Giusto per puntualizzare così com'è la prospettiva del dgt in Italia rispetto all'Europa nasce già di per se stessa claudicante portando"innovazioni"già retrograde rispetto a tutti gli altri stati,e io non mando giù il fatto di continuare a pagare oltre al canone Rai un servizio scadente pensato e partorito dal regime totalitario italiano.
Sì all'informazione libera e no assoluto alla disinformazione della dittatura.
L'Italia sta passando al digitale terrestre, ma nessuno sembra preoccuparsi delle inevitabili conseguenze: milioni di televisori diventeranno improvvisamente vecchi, da rottamare, ma il governo non ha fin'ora previsto alcuna agevolazione per smaltire rifiuti così ingombranti e inquinanti. E pensare che si parlava di digitale terrestre già negli anni '90...
L'ennesimo rinvio della direttiva RAEE (rifiuti elettrici ed elettronici) al 31 dicembre del 2009 si staglia pericolosamente all'orizzonte, nella più totale noncuranza del Parlamento italiano e degli stessi media.
L'attenzione è concentrata sul caos organizzativo dovuto all'avvio del digitale terrestre, ma non si guarda neppure lontanamente agli effetti.A prescindere dall'effettiva utilità collettiva di questa tecnologia[*], è intuibile come si potesse gestire diversamente l'avvio del digitale, permettendo a chi comprava un televisore nuovo di disfarsi con facilità del vecchio apparecchio riportandolo al venditore come rottamazione (e con un piccolo sconto). Bastava prevedere dei container fuori dai centri, almeno quelli della grande distribuzione, in cui riporre gli apparecchi di cui si è pianificata l'obsolescenza con decisione di Stato.
Niente di tutto questo: senza nessuna pianificazione, l'ennesima scelta discrezionale dei nostri governi ha rimandato sine die la necessaria assunzione di responsabilità; se non si interviene per tempo, milioni di vecchi televisori e vecchi registratori andranno con ogni probabilità a fare danni in discariche non attrezzate, rilasciando in ambiente la pletora di sostanze chimiche di cui sono composte al loro interno. Tralasciamo per carità di Patria i posti di lavoro che non sono stati creati con una corretta filiera di separazione, riuso, riciclaggio degli apparecchi, di cui i politici italiani sono direttamente responsabili.
Si poteva intercettare con facilità milioni di vecchi televisori, andando "oltre" la normativa, creando posti di lavoro e semplificando la vita ai cittadini che scelgono di passare al digitale. Con ogni probabilità il Parlamento italiano non si rende neppure conto del disastro che si rischia. Un bellissimo romanzo-inchiesta (collana verdenero) di Massimo Carlotto e Francesco Abate, "L'albero dei microchip", illustra i danni che il mancato smaltimento corretto degli apparecchi elettrici ed elettronici arreca anche al sud del mondo, non solo in Italia. Come sempre l'ipocrisia di noi occidentali si concretizza: ci ostiniamo a nascondere la polvere sotto al tappeto senza occuparci con competenza dei beni e degli scarti che si producono. Forse siamo ancora in tempo, ma solo con una assunzione di responsabilità del Parlamento cui questa denuncia appello si rivolge.
Le aziende non possono essere lasciate sole a fronteggiare lo smaltimento dei propri scarti pericolosi come può essere un televisore. Attraverso le ecomafie i risparmi per chi sfrutta le discariche illegali possono essere anche del 90%. Questa mole di denaro invece potrebbe rilanciare l'economia del Paese, adottando una filiera corretta di recupero, evitando costi di bonifica e danni sanitari, impatti ambientali su aria, suolo e acque.
È il momento per chi può, di scegliere.
La società civile, le Reti che si battono per la gestione corretta degli scarti, le associazioni ambientaliste, i Consorzi, i movimenti come Per il Bene Comune sono disponibili con le proprie competenze, conoscenze e contatti, per evitare disastri: sono oltre 14 i kg di scarti elettrici ed elettronici che ogni cittadino italiano, come stima, produce ogni anno.
L'Italia intercetta più o meno correttamente una percentuale ridottissima di questo tipo di rifiuto. Il resto va a pesare sulla collettività, sul sud del mondo cui l'occidente ruba letteralmente anche l'aria che respira, e sulle prossime generazioni: su questo tema, il silenzio della Comunità Europea (mentre un Paese membro impone la sostituzione di apparecchi elettronici e nei fatti si disinteressa delle conseguenze) è a dir poco inquietante.
[*] L'inchiesta di Report sulle frequenze radiotelevisive: il digitale perpetua il duopolio Rai – Mediaset, ma continua a calpestare i diritti di Europa7 che ha vinto una regolare gara dello Stato per trasmettere sul territorio nazionale.
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