Le dita,sottili,
e la maglia,
di un leggero porpora
che vizia il mio bere,
e dopo cena,
uno dopo l’altro,
i bicchieri infrangono
l’impeto d’amore.
Nel cesso,
trastullandomi l’uccello
per non sporcare l’isola,
penso a te
con i capelli appena acconciati
da un maestro
che ti ha saputo accarezzare
non i pensieri,
ma l’estensione del tuo corpo
che vorrei essere mio.
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