Chi uccide in divisa la fa franca in Italia,ed è uno status che permane nella nostra nazione praticamente dagli anni sessanta,ma guai se uno uccide uno sbirro perchè oltre ad avere la pena più elevata possibile ha pure tutti i mass media contro pronti ad etichettarlo come assassino,mostro...
Avete mai visto un telegiornale parlare in prima persona di Placanica,Spaccarotella oppure di
Segatto,Forlani,Pontani e Pollastri come assassini?
Se invece io da solo o con dei miei compagni ammazziamo uno sbirro con la stessa brutalità con cui loro hanno ucciso non immagino come si potrebbe uscire da quella situazione,e non pensare come nell'ultimo caso di Sandri con l'agente imputato e condannato il cui unico pensiero è quello di poter essere riammesso in servizio...scherziamo?
Posso capire lo sconforto della famiglia Sandri,il loro risentimento nei confronti dello Stato e della giustizia così come quello dei suoi amici,ma sto merda era pur sempre un fascio ucciso da un altro,una pallottola in più nelle armi dei compagni...si ammazzassero sempre così tra di loro sarebbe il massimo.
Che poi il processo e la sentenza siano state scandalose con una pena irrisoria ad un omicida che ha sparato intenzionalmente ad altezza d'uomo è un'altra faccenda,ma mica mi unisco al cordoglio delle merde fasciste e della protesta che sta nascendo nel mondo ultrà...anch'io bazzico parecchio nell'ambiente pur ritenendomi un tifoso diciamo tranquillo ma il mio supporto verso dei topi di fogna non ci sarà mai!
L'articolo del"Manifesto"preso da Idymedia Lombardia evidenzia il fatto che le merde laziali pretendano coesione e solidarietà da tutto il tifo italiano ma io non ho nulla a che vedere con quelli che se gli capita l'occasione come minimo mi slamano o mi spaccano la testa,e poi parla degli arresti della digos e dei ros di Roma nei confronti di ventuno fasci incarcerati per i fatti di Villa Ada,di molti attacchi ai centri sociali romani e di altri atti di violenza accaduti nella capitale...tutti accumunati dal fatto di essere fascisti ed ultrà della Lazio.
Ed uno di loro era alla guida dell'auto in cui perse la vita Sandri,un nemico in meno.
"Contro rom e rossi”, ultrà-fascisti in guerra.
Fascisti di notte e ultrà, quasi tutti della Lazio, di giorno. I ventuno protagonisti dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri mattina da ROS e Digos di Roma si dividono tra gli assalti nei “luoghi di ritrovo della sinistra” (al Csoa Forte Prenestino, ad un concerto di Villa Ada o nelle frequenti ronde a S.Lorenzo), quelli ai campi rom e l’organizzazione di trasferte in giro per l’Italia, per colpire le tifoserie avverse. Erano amici di Gabriele Sandri, l’ultrà laziale ammazzato da un agente della polizia stradale l’11 novembre scorso, e quella notte erano nelle prime file dell’assalto alle caserme ed alla sede del CONI, seguiti alla morte del giovane tifoso. Si vedono al bar Excalibur di piazza Vescovio o nella vicina sede di Forza Nuova, la maggior parte di loro porta in curva Nord e sui giacconi simboli della tifoseria “In basso a destra”, ma, quando c’è da picchiare, chiama a raccolta anche i romanisti “BISL, Basta infami solo lame”. Quasi tutti hanno meno di venticinque anni e il leader dell’associazione a delinquere, Francesco Ceci, ha poco più di trent’anni. Qualcuno, come il coordinatore nazionale dell’organizzazione giovanile Lotta Studentesca Daniele Pinti, fa politica attivamente in Forza Nuova. Ventuno di loro sono finiti nel carcere di Regina Coeli: Fabrizio Ferrari, Fabrizio Frioni, Francesco Ceci, Alessandro Petrella, Matteo Nozzetti, Marco Turchetti, Pierluigi Mattei, Emanuele Conti, Andrea Attilia, Roberto Sabuzi, Daniele Pinti, Francesco Massa, Gianluca Colasanti, Furio Natali, Alessio Abballe, Matteo Costacurta, Alessandro Angeloni, Alessandro Piras, Stefano Caponera, Alessio Mastrecchia.Quatto avranno l’obbligo di firma durante le partite di calcio: Federico Giardina, Gianluca Totonelli, Martino Ferraiuolo, Enrico Maria Di Filippo.L’elenco di reati cui dovranno rispondere è lungo, dall’associazione per delinquere, alla devastazione e saccheggio (con l’aggravante del terrorismo per l’assalto alle caserme), ma anche violenza o minaccia a pubblico ufficiale, porto di oggetti atti ad offendere, lesioni personali aggravate, invasione di terreni o edifici, e incendio aggravato dalla violazione della legge Mancino.L’inchiesta dei pm romani Franco Ionta, Pietro Saviotti e Caterina Caputo, parte dall’assalto dello scorso 28 giugno a Villa Ada, durante il concerto della Banda Bassotti. Una aggressione programmata con cura dal gruppo di Francesco Ceci “presso lo stadio Olimpico, verosimilmente nei pressi della manifestazione RomaEstate 2007″, organizzata in Piazza Vescovio e messa in atto subito dopo, attorno alle 2. “Circa 25 persone” racconterà il verbale di uno dei testimoni, che provano ad entrare nella villa armati di “bastoni e coltelli” e “inneggiando al partito fascista e al duce”. Prima dell’arrivo della Polizia lanciano petardi contro i presenti e se ne vanno, lasciando a terra, ferite, due persone.E’ più o meno lo stesso gruppo, ad ottobre, che prova a mettere in atto l’unica occupazione “sociale” che Forza Nuova abbia cercato di organizzare a Roma negli ultimi tempi, scimmiottando senza riuscirci le Occupazioni non conformi di Fiamma Tricolore. Con questi ultimi non corre buon sangue, per l’anniversario della strage di Acca Larentia (7 gennaio scorso) sono costretti a coordinarsi, ma poi litigano subito perché Ceci ed i suoi “hanno tentato di provocare incidenti, dopo la conclusione della cerimonia, dirigendosi verso la zona della Via Appia Nuova”.Il 2 ottobre il gruppo di piazza Vescovio si presenta nell’immobile ATAC di Viale Etiopia, quartiere Africano: “gli autori dell’occupazione -spiega l’ordinanza di 91 pagine firmata dal gip G.Muntoni- sostituivano i lucchetti d’ingresso dei locali dell’immobile e affiggevano un cartello in metallo recante la scritta Forza Nuova, federazione romana. L’occupazione dura poco, in dieci giorni è tutto finito.Il gruppo freme, ai primi di novembre pensa di organizzare un assalto al campo rom in cui viveva l’assassino di Giovanna Reggiani, la donna uccisa il 30 ottobre poco lontano dalla stazione di tor di quinto. Un progetto rimasto nell’aria, anche se “il 2 novembre, al telefono con Alessio Abballe, il Petrella si compiaceva entusiasticamente di una azione compiuta in’ora e mezza prima a Torre Gaia da “dieci bravissimi…tutti coperti”. L’11 novembre Gabriele Sandri “viaggiava a bordo dell’autovettura di Turchetti Marco, detto anche Marco Ovo, indicato come uno dei capi insieme a Ceci e Attilia”. Un poliziotto lo vede insieme agli altri tifosi, poco dopo una rissa con altri ultras e, follemente, spara. La Banda di Piazza Vescovio si mobilita subito. Petrella chiama un amico: “Vojo brucia’ tutto” e l’intero gruppo partecipa al tam tam di quel pomeriggio. Sempre Petrella: “Non andate su, Gianluca, serve gente qui, ce serve la gente qui a Roma, si va sotto lo stadio stasera alle sei e mezzo loro… credo che i romanisti già sanno”. Nel pomeriggio si vedono a piazza Vescovio, poi partiranno tutti per lo stadio Olimpico. Non sono loro, non sono Ceci e i suoi, a governare la marea che si aggira attorno allo stadio, prima assaltando la caserma di via guido Reni, poi dirigendosi verso quella di Porta del Popolo e infine attaccando la stazione dei carabinieri e una sede del Coni. Ma loro, ci sono tutti, le immagini raccolte da polizia e carabinieri e le decine di intercettazioni telefoniche paiono bastare ad identificarli al centro degli assalti peggiori.Li muove una voglia di rivalsa contro polizia e “compagni” lontana come la morte di Francesco Cecchini, ucciso dalle parti di piazza Vescovio nel 1979, che i Ros citano anche nel comunicato che annuncia la retata. Una fede fascista fatta di assalti più che di iniziative pubbliche. E quella nell’ultras “opposto” che, come spiega uno dei documenti sequestrati “non ha miti né fa di un gioco una questione di vita, ma di certo sfrutta il palcoscenico che una partita di calcio offre per tirare fuori lo spirito ribelle che è in lui”.
Fascisti di notte e ultrà, quasi tutti della Lazio, di giorno. I ventuno protagonisti dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri mattina da ROS e Digos di Roma si dividono tra gli assalti nei “luoghi di ritrovo della sinistra” (al Csoa Forte Prenestino, ad un concerto di Villa Ada o nelle frequenti ronde a S.Lorenzo), quelli ai campi rom e l’organizzazione di trasferte in giro per l’Italia, per colpire le tifoserie avverse. Erano amici di Gabriele Sandri, l’ultrà laziale ammazzato da un agente della polizia stradale l’11 novembre scorso, e quella notte erano nelle prime file dell’assalto alle caserme ed alla sede del CONI, seguiti alla morte del giovane tifoso. Si vedono al bar Excalibur di piazza Vescovio o nella vicina sede di Forza Nuova, la maggior parte di loro porta in curva Nord e sui giacconi simboli della tifoseria “In basso a destra”, ma, quando c’è da picchiare, chiama a raccolta anche i romanisti “BISL, Basta infami solo lame”. Quasi tutti hanno meno di venticinque anni e il leader dell’associazione a delinquere, Francesco Ceci, ha poco più di trent’anni. Qualcuno, come il coordinatore nazionale dell’organizzazione giovanile Lotta Studentesca Daniele Pinti, fa politica attivamente in Forza Nuova. Ventuno di loro sono finiti nel carcere di Regina Coeli: Fabrizio Ferrari, Fabrizio Frioni, Francesco Ceci, Alessandro Petrella, Matteo Nozzetti, Marco Turchetti, Pierluigi Mattei, Emanuele Conti, Andrea Attilia, Roberto Sabuzi, Daniele Pinti, Francesco Massa, Gianluca Colasanti, Furio Natali, Alessio Abballe, Matteo Costacurta, Alessandro Angeloni, Alessandro Piras, Stefano Caponera, Alessio Mastrecchia.Quatto avranno l’obbligo di firma durante le partite di calcio: Federico Giardina, Gianluca Totonelli, Martino Ferraiuolo, Enrico Maria Di Filippo.L’elenco di reati cui dovranno rispondere è lungo, dall’associazione per delinquere, alla devastazione e saccheggio (con l’aggravante del terrorismo per l’assalto alle caserme), ma anche violenza o minaccia a pubblico ufficiale, porto di oggetti atti ad offendere, lesioni personali aggravate, invasione di terreni o edifici, e incendio aggravato dalla violazione della legge Mancino.L’inchiesta dei pm romani Franco Ionta, Pietro Saviotti e Caterina Caputo, parte dall’assalto dello scorso 28 giugno a Villa Ada, durante il concerto della Banda Bassotti. Una aggressione programmata con cura dal gruppo di Francesco Ceci “presso lo stadio Olimpico, verosimilmente nei pressi della manifestazione RomaEstate 2007″, organizzata in Piazza Vescovio e messa in atto subito dopo, attorno alle 2. “Circa 25 persone” racconterà il verbale di uno dei testimoni, che provano ad entrare nella villa armati di “bastoni e coltelli” e “inneggiando al partito fascista e al duce”. Prima dell’arrivo della Polizia lanciano petardi contro i presenti e se ne vanno, lasciando a terra, ferite, due persone.E’ più o meno lo stesso gruppo, ad ottobre, che prova a mettere in atto l’unica occupazione “sociale” che Forza Nuova abbia cercato di organizzare a Roma negli ultimi tempi, scimmiottando senza riuscirci le Occupazioni non conformi di Fiamma Tricolore. Con questi ultimi non corre buon sangue, per l’anniversario della strage di Acca Larentia (7 gennaio scorso) sono costretti a coordinarsi, ma poi litigano subito perché Ceci ed i suoi “hanno tentato di provocare incidenti, dopo la conclusione della cerimonia, dirigendosi verso la zona della Via Appia Nuova”.Il 2 ottobre il gruppo di piazza Vescovio si presenta nell’immobile ATAC di Viale Etiopia, quartiere Africano: “gli autori dell’occupazione -spiega l’ordinanza di 91 pagine firmata dal gip G.Muntoni- sostituivano i lucchetti d’ingresso dei locali dell’immobile e affiggevano un cartello in metallo recante la scritta Forza Nuova, federazione romana. L’occupazione dura poco, in dieci giorni è tutto finito.Il gruppo freme, ai primi di novembre pensa di organizzare un assalto al campo rom in cui viveva l’assassino di Giovanna Reggiani, la donna uccisa il 30 ottobre poco lontano dalla stazione di tor di quinto. Un progetto rimasto nell’aria, anche se “il 2 novembre, al telefono con Alessio Abballe, il Petrella si compiaceva entusiasticamente di una azione compiuta in’ora e mezza prima a Torre Gaia da “dieci bravissimi…tutti coperti”. L’11 novembre Gabriele Sandri “viaggiava a bordo dell’autovettura di Turchetti Marco, detto anche Marco Ovo, indicato come uno dei capi insieme a Ceci e Attilia”. Un poliziotto lo vede insieme agli altri tifosi, poco dopo una rissa con altri ultras e, follemente, spara. La Banda di Piazza Vescovio si mobilita subito. Petrella chiama un amico: “Vojo brucia’ tutto” e l’intero gruppo partecipa al tam tam di quel pomeriggio. Sempre Petrella: “Non andate su, Gianluca, serve gente qui, ce serve la gente qui a Roma, si va sotto lo stadio stasera alle sei e mezzo loro… credo che i romanisti già sanno”. Nel pomeriggio si vedono a piazza Vescovio, poi partiranno tutti per lo stadio Olimpico. Non sono loro, non sono Ceci e i suoi, a governare la marea che si aggira attorno allo stadio, prima assaltando la caserma di via guido Reni, poi dirigendosi verso quella di Porta del Popolo e infine attaccando la stazione dei carabinieri e una sede del Coni. Ma loro, ci sono tutti, le immagini raccolte da polizia e carabinieri e le decine di intercettazioni telefoniche paiono bastare ad identificarli al centro degli assalti peggiori.Li muove una voglia di rivalsa contro polizia e “compagni” lontana come la morte di Francesco Cecchini, ucciso dalle parti di piazza Vescovio nel 1979, che i Ros citano anche nel comunicato che annuncia la retata. Una fede fascista fatta di assalti più che di iniziative pubbliche. E quella nell’ultras “opposto” che, come spiega uno dei documenti sequestrati “non ha miti né fa di un gioco una questione di vita, ma di certo sfrutta il palcoscenico che una partita di calcio offre per tirare fuori lo spirito ribelle che è in lui”.
Nessun commento:
Posta un commento