Come anticipato dal post di poche ore fa che parlava della giornata di silenzio dei blogger contro il decreto legge di Alfano che di fatto censura tutti i blog italiani e che potrebbe sancire sanzioni pecuniarie e pure arresti,questo articolo che sto scrivendo sarebbe passibile di denuncia(come ahimè molti altri),ma l'informazione libera permette ancora per qualche giorno di poter esprimere liberamente il proprio pensiero.
L'ultima uccisione di un soldato in una missione di"pace"italiana fatta di militari armati e corazzati,a bordo di mezzi armati e blindati(per fortuna ogni tanto saltano pure loro)un tal Alessandro Di Lisio,suscita in me un senso di piacere poichè questo ragazzo che pur non conosco e nemmeno lo avrei voluto so che assieme ai suoi commilitoni,un esaltato parà della Folgore gruppo protagonista di violenze e stupri ovunque siano andati ad usurpare le terre straniere,una persona di merda e pure fascista(che è o stesso).
"Italiani brava gente"dicevano di noi nel mondo prima di esportare la mafia e tutta la criminalità organizzata,prima di massacrare nel periodo coloniale migliaia di libici,eritrei e somali,prima di essere stati orgogliosi di far parte della prima dittatura fascista mentre stiamo scivolando nella seconda.
Il primo articolo proposto(entrambe postati da Indymedia Lombardia)è del 13 maggio 2004 tratto da"Libero",noto giornale di destra che al periodo attaccava la sinistra al governo mentre oggi di altre faccende tipo la bambina afgana uccisa tace,parla delle foto che il settimanale "Panorama"(destronzo pure lui)pubblicate mentre ritraevano soldati italiani autori di sconcezze disumane su donne ed uomini somali.
Il successivo ancor più datato articolo(8 giugno 1997)è del Corriere della Sera e parla di quando lo scandalo di qui sopra era saltato fuori dall'insabbiamento per il rimorso di uno dei presenti ai pestaggi,alle torture e agli stupri di massa del nostro onorato corpo della Folgore,protagonista di migliaia di atroci atti di nonnismo pure qui da noi molti dei quali conclusosi con suicidi e morti sospette.
Non ci furono condanne per nessuno,solo un militare fu giudicato colpevole ma l'accusa cadde in prescrizione:tutti gli altri andarono avanti senza rimproveri ed anzi come al solito con avanzamenti di carriera.
Ripropongo il post della bambina afgana che ho citato prima,vittima delle armi dei soldati italiani lo scorso maggio:
http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2009/05/il-caso-calipari-non-fa-piu-testo.html,e chissà quanti altri ancora di questi"incidenti"sono stati e saranno nascosti,messi a tacere dal"nostro"esercito e regime.
Per questo non sarò del coro del cordoglio e della commozione di tutti i politici,perchè questi soldati che mirano al guadagno dietro alle chimere della patrie,dell'onore e della famiglia non restano altro che fascisti saccheggiatori e distruttori al soldo del padrone.
Perchè vanno a fare la guerra,e si sa da sempre che dopo la distruzione di un conflitto subito dietro l'angolo ci sono gli avvoltoi capitalisti pronti a banchettare sul poco rimasto e celeri a prendere i soldi per la ricostruzione.
Per questo non piango la morte di questo e di altri soldati,sia che essi siano
italiani,europei,americani,asiatici od africani...chi va in guerra sa che lucra sulla pelle della povera gente e se quest'ultima giustamente si ribella cazzi loro!
Ed a Ferragosto pronti ad esultare nuovamente!
Morte a tutti i soldati in missione e viva i popoli in rivolta per la libertà!
Le nostre torture in Somalia.
Milano. Le fotografie delle torture nel carcere iracheno di Abu Ghraib hanno un precedente italiano nell'inchiesta condotta dal settimanale Panorama nel giugno del 1997. Anche allora furono pubblicate fotografie con immagini di soldati che abusavano di persone tenute in custodia dall'esercito occupante. I responsabili di questi atti erano italiani, somale le vittime. Le foto risalivano al 1993, ai tempi della missione di pace Ibis in Somalia, ma lo scandalo scoppiò quattro anni più tardi, quando il magazine della Mondadori, diretto da Giuliano Ferrara, pubblicò le foto e condusse una clamorosa e al contempo sobria campagna giornalistica. A differenza delle torture in Iraq, denunciate dall'esercito americano e oggetto di un'inchiesta militare tre mesi prima che la Abc mostrasse le foto, le torture italiane in Somalia sono state scoperte dalla stampa e le inchieste che seguirono non hanno portato a nulla. Nessuno è stato condannato, nessuno è stato allontanato, nessuno è stato punito.A ricordare la campagna di Panorama è l'allora vicedirettore Umberto Brindani, oggi direttore del settimanale Gente: "Nel giugno del 1997 si presentò a Panorama una agenzia fotografica pugliese che ci mostrò l'immagine di un ragazzo somalo nudo e sdraiato per terra, al quale alcuni soldati italiani avevano legato mani e genitali agli elettrodi. Accertammo la veridicità e pubblicammo la foto". Panorama non sparò lo scoop in copertina: "Fin dall'inizio non abbiamo ceduto al sensazionalismo delle immagini", dice Brindani. Una scelta che accompagnò tutta la campagna, tanto che nel mezzo del caos successivo, quando tutti si aspettavano chissà quale altra copertina shock, Panorama uscì con una cover sul centenario dello scrittore Robert Louis Stevenson, dal titolo "Ritorno all'isola del tesoro".Al tempo della pubblicazione delle fotografie il governo era guidato da Romano Prodi e il ministro della Difesa era Beniamino Andreatta. Ma, a differenza di quanto ha scritto recentemente Claudio Rinaldi sull'Espresso, non fu una campagna para-berlusconiana contro il governo dell'Ulivo in carica, per un motivo molto semplice: la missione Ibis nacque e si concluse prima ancora della nascita dell'Ulivo (1992-94). Il governo dell'Ulivo, invece, avviò inchieste e commissioni di indagini ("formalmente fu ineccepibile", dice Brindani) eppure tutto finì "a tarallucci e vino", come scrissero gli imbarazzati giornali della sinistra a insabbiamento realizzato.A quella prima fotografia ne seguirono altre. La più orribile fu quella dello stupro di gruppo di una donna somala. La foto mostrava alcuni soldati italiani che introducevano una bomba illuminante cosparsa di marmellata nella vagina della ragazza. "Anche in questo caso non sbattemmo la foto in prima pagina. La copertina di quel numero era completamente nera, salvo il titolo 'Le nuove foto della vergogna'. Facemmo tutte le verifiche, compreso un terzo grado all'autore della foto, Stefano Valsecchi, che durò fino alle tre del mattino. Nello stesso numero, però, pubblicammo anche un altro servizio, con una foto che mostrava un gruppo di somali uccisi sul bordo di una strada. L'autore dell'altra foto, Stefano Bertini, ci disse in un'intervista che erano stati massacrati dagli italiani che si divertivano a sparare all'impazzata dalle loro jeep. Era una bufala, che scoprimmo solo qualche giorno dopo. Andammo subito in televisione a chiedere scusa. La settimana successiva il titolo di copertina fu 'Verità e bufale', nei servizi cercammo di spiegare che l'errore non doveva inficiare la veridicità delle altre torture documentate". Mentre la sinistra di governo era in imbarazzo perché un po' non voleva insabbiare un po' doveva difendere l'esercito, i bertinottiani chiedevano giustizia a voce alta. Brindani ricorda che Panorama fu duramente attaccato da alcuni parlamentari di destra, in particolar modo da Carlo Giovanardi, i quali intendevano difendere l'onore delle forze armate e si aggrappavano a quell'unica fotografia falsa per smontare l'intero scandalo. Panorama pubblicò anche una videocassetta, girata e montata dagli stessi militari della missione Ibis, nella quale non si vedevano atti di violenza ma si notava l'atteggiamento rambistico e il disprezzo per la popolazione locale di molti dei nostri soldati.Otto procure della Repubblica aprirono un fascicolo d'inchiesta. L'Esercito avviò un'indagine disciplinare, condotta dal generale Francesco Vannucchi. La stessa cosa fece la Procura militare, con il procuratore generale Tonino Intelisano. Il Ministero istituì la Commissione Gallo. Il Parlamento affidò l'inchiesta a Libero Gualtieri. I due capi della missione Ibis, Carmine Fiore e Bruno Loi si autosospesero. Per un attimo sembrò che ci fosse la volontà di andare fino in fondo. Successe il contrario.Le inchieste della magistratura ordinaria si sono perse per strada. La Commissione dell'esercito, col segreto militare, emise 12 provvedimenti disciplinari, ma non si sa nei confronti di chi né per quali abusi. La Procura militare, nel 1999, archiviò l'inchiesta per "omessa esecuzione di incarico e violazione delle consegne" nonostante l'accertamento di "azioni inopportune, gravi disfunzioni e sicure anomalie". La Commissione governativa guidata dal compianto professor Ettore Gallo, nella relazione finale di 114 pagine del 1998 scrisse di fatti "veri, verosimili o quantomeno da riscontrare", ma concluse di non avere, purtroppo, i poteri per farlo. L'indagine parlamentare censurò "i responsabili diretti" e chi aveva taciuto, ma non fece nomi né individuò colpevoli. Fiore e Loi furono reintegrati e poi promossi. L'unico condannato è stato Valerio Ercole, il militare che nella prima foto collegava gli elettrodi al somalo. In primo grado fu condannato per "abuso d'autorità" a 18 mesi. La pena fu sospesa e in appello, nel febbraio 2001, il reato fu dichiarato prescritto. L'America del generale Antonio Taguba e di Donald Rumsfeld è un'altra cosa.
Michele Patruno e' stato interrogato per tutta la giornata di ieri dal sostituto procuratore Intelisano sulle violenze commesse dagli italiani Torture in Somalia, si rompe l'omerta' Il para' "pentito" fa i nomi al magistrato. Cinque morti sospette C'e' chi ricorda le magliette con il volto di Mussolini e la canzone "Faccetta nera" intonata durante i bivacchi. Avvocato denuncia 34 casi di soprusi.
ROMA - Un interrogatorio lungo un giorno, al riparo da occhi indiscreti. Dalle undici di mattina alle otto e un quarto di sera. Un interrogatorio del quale si puo' intuire facilmente la drammaticita': Michele Patruno, ex para' della Folgore, due turni in Somalia nel '93 come militare di leva, racconta al sostituto procuratore Antonino Intelisano la storia del suo personale inferno somalo. Di quelle foto uscite da un cassetto dopo quattro anni, che mandano in frantumi la leggenda degli "italiani brava gente" che ci portiamo addosso da sempre. Ma Intelisano per dovere d'ufficio non puo' essere interessato alle leggende, vere o false che siano. Nomi, cognomi e circostanze: al procuratore militare interessano i fatti. E Patruno, dopo aver confermato ogni virgola di quello che aveva detto nelle interviste, "fornendo ulteriori elementi". Insomma, ha fatto dei nomi. Sui quali da domani il pm iniziera' a lavorare. Dall'aprile scorso il pubblico ministero con le stellette aveva gia' aperto un fascicolo sulle torture in Somalia: da quando La Gazzetta del Mezzogiorno aveva pubblicato una prima intervista con Patruno. Adesso pero' ci sono le fotografie. E dunque i nomi dei soldati che vi compaiono. Intelisano pero' non e' solo nel suo lavoro. Domani infatti si mettera' all'opera anche il generale di corpo d'armata Francesco Vannucchi, che su mandato del capo di stato maggiore dell'Esercito iniziera' un'inchiesta interna sulle "deviazioni" dei soldati italiani durante l'operazione "Restore Hope". Cosi' si chiamava la missione in Somalia, "riportare la speranza". Ma anche Patruno forse non restera' solo a lungo. Piano piano, fra mille esitazioni, altri ex soldati stanno cominciando ad uscire allo scoperto. Anche se nessuno ammette di aver assistito in prima persona alle torture. L'ultimo in ordine di tempo e' Vincenzo Ciancio, torinese, gia' paracadutista della Folgore, in Somalia per quattro mesi come militare di leva, da meta' gennaio a meta' maggio del '93. Ciancio ha pubblicato un libro sulla sua esperienza, dal titolo "Combattente per caso", edito dalla Manifesto libri. "Non ho mai visto soldati italiani torturare somali - dice - ma giorno dopo giorno al campo le voci sulle sevizie si facevano sempre piu' insistenti. Non riguardavano pero' solo il nostro contingente". Anche gli inviati dei giornali, che hanno trascorso mesi assieme alle truppe, tirano fuori dalla memoria brandelli di ricordi. E c'e' ad esempio chi - come Toni Fontana de L'Unita' - ricorda le magliette con la faccia di Mussolini indossate dai para' sotto la divisa, chi "Faccetta nera" cantata la sera nei bivacchi. La denuncia di Patruno e' di quelle che fanno scalpore, e non solo in Italia. Un gruppo di somali ad esempio ha gia' fatto sapere che presentera' una "formale denuncia" all'autorita' giudiziaria italiana. Douglas Douale, avvocato somalo che esercita a Roma, e' durissimo: "Gli atti di violenza non sono stati circoscritti, ma hanno caratterizzato tutto il territorio somalo. E sono stati posti in essere dai militari di tutto il corpo internazionale che facevano parte della operazione "Restore Hope": canadesi, belgi, americani, pachistani e indiani, nessuno escluso. I somali erano consapevoli della estraneita' dei comandi militari italiani, che pero' furono a conoscenza di parecchie denunce presentate a livello di ambasciatori e rimaste al coperto". E da Mogadiscio gli da' manforte Yaya Amir, 40 anni, una laurea in economia, presidente di una associazione degli intellettuali somali: "Abbiamo finora documentato 34 episodi di violenze ai danni di somali da parte di soldati del contingente italiano, comprese cinque uccisioni. Ma stiamo verificando molti altri casi, mentre per ciascuno di quelli gia' documentati abbiamo raccolto almeno due testimonianze, come prescrive la legge coranica". A detta del professore, gli episodi di violenza sono avvenuti "soprattutto nella regione del Medio Scebeli", subito a nord di Mogadiscio. "Abbiamo raccolto prove e testimonianze non solo di torture ed esecuzioni sommarie, ma anche di ferimenti, stupri, percosse a sangue, distruzioni di scuole coraniche e proprieta'. In alcuni casi, come quelli di stupro, le vittime presentano gravi turbe psichiche".