Sono trascorsi trentadue anni dall'assassinio per mano fascista dei compagno Fausto e Iaio,uno dei primi esempi nella mia memoria di quanto l'infamia fascista si sia mischiata allo Stato e con essa abbia coperto gli assassini dei due ragazzi milanesi.
Autori dell'esecuzione ma mai condannati sono stati i componenti dei Nar Massimo Carminati,delinquente al soldo della banda della Magliana,Claudio Bracci e Mario Corsi,fedelissimo di Fiore ai tempi della fuga a Londra e ora conduttore radiofonico a Roma.
Carminati aveva anche collaborato con gli agenti dei servizi segreti italiani per depistare l'inchiesta sulla strage di Bologna,ed avendo tutti e tre amicizie(se non proprio lo stipendio pagato)legate allo Stato è evidente che per questo duplice omicidio non abbiano mai trascorso un giorno di galera.
Ma lasciamo perdere questi aborti di uomini che comunque si sa dove abitano e lavorano e ricordiamo Fausto e Iaio caduti per aver indagato personalmente sul traffico di droga nel quertiere di Lambrate,evidentemente il loro lavoro metteva il bastone tra le ruote della criminalità organizzata sotto il controllo dell'estrema destra milanese:contributo commemorativo tratto da Indymedia.Lombardia...la lotta continua anche nel vostro nome!
18 marzo 1978.
Sono trascorsi 32 anni, ormai. Il vento di marzo, oggi, soffia come quel sabato milanese del 18 marzo 1978, doveva, poteva essere un sabato sera qualunque, di tranquillo divertimento, di vita normale, di piccole gioie, di sogni ad occhi aperti in compagnia degli amici, di chiacchiere in libertà, a diciotto anni hai tanto futuro davanti a te e del passato non te ne importa nulla. Ma quella sera, per due ragazzi del Casoretto che indossavano jeans scampanati, quelli che si usavano allora, che avevano addosso giubbotti con le frange, che avevano i capelli lunghi e sotto il giubbotto camicioni a quadretti, il futuro è un’ombra di sangue, che li aspetta mentre camminano a passi spediti lungo via Mancinelli, la strada che taglia il quartiere: male illuminata, poco frequentata, dunque insicura. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci detto Iaio alzano il tono della voce, forse per farsi coraggio, per scacciare ansie, paure. All’altezza dell’androne dell’Anderson School quell’ombra si svela. Fausto e Iaio avvertono il pericolo. Si guardano attorno, come per cercare aiuto. Forse gridano qualcosa. Troppo tardi: due persone sbucano fuori dal portone, li affrontano. Li bloccano. Uno ha l’impermeabile bianco, il bavero alzato. “Siete del Leoncavallo?”, chiede il tipo con l’impermeabile. Non aspetta la risposta. “Vi conosciamo, voi due”. Non è una minaccia. E’ una condanna a morte. Fausto e Iaio sanno di essere nel mirino degli spacciatori di quella zona, da tempo si battono contro questa piaga, sono stati già minacciati, e poi, è vero, frequentano anche il Centro Sociale Leoncavallo, lì fanno sempre buona musica, e concerti, e feste, lì si inconrano ragazze interessanti, lì ci sono tanti amici, dove parlare di musica, teatro, di viaggi: sognando la California, l’India, gli spazi infiniti dell’America, la strada 66…I pensieri guizzano disperati, più veloci degli otto proiettili Winchester calibro 7.65 che abbattono Fausto e Iaio. Fausto è il primo a cadere, si accascia sull’asfalto della strada, oltre il marciapiede. Iaio tenta la fuga, gli assassini lo centrano mentre scappa. I killer si dileguano, tornano ombre nell’ombra, il sangue di Fausto e Iaio si allarga lento attorno ai loro cadaveri, un rivolo si allunga come un filo rosso quasi a voler indicare dove gli assassini sono spariti per sempre. Impuniti.Già, impuniti. Perché, sia pure tra mille difficoltà, la verità storica sulla morte di Fausto e Iaio è venuta a galla, ma la giustizia, quella, è rimasta acquattata nell’ombra, confusa nell’oscurità di quei tempi bui.Ogni anno, come tanti altri, voglio ricordare Fausto e Iaio, figli di Milano e di un destino vigliacco. Dimenticandoli, è come se li uccidessimo ancora.
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