L'immenso scrittore Luis Sepulveda ci ha anticipati nel viaggio verso l'ignoto dopo una strenua resistenza contro il coronavirus durata più di un mese,e la sua vita è stata segnata da episodi che hanno fatto la storia del Sudamerica,fece da guardia personale di Salvador Allende e venne imprigionato e torturato,successivamente esiliato dal natìo Cile e peregrinò nell'America latina,prese le armi in Bolivia e Nicaragua
Giunse in Europa e viaggiò come giornalista in tutto il mondo,ebbe la cittadinanza francese e infine la residenza in Spagna,terra da dove suo nonno,anarchico andaluso,fuggì per evitare una condanna a morte.
Il cerchio quindi si è chiuso,ed il compagno militante Sepulveda con le sue azioni e le sue opere,il volto che sembra un misto tra Ernesto Che Guevara e Maradona,non riuscirà più a scrivere del Sudamerica e della necessità di stare accanto gli ultimi,di preservare l'ambiente dove viviamo e di cui siamo ospiti.
Il primo contributo di Contropiano(addio-compagno-sepulveda )parla della sua biografia,delle vicissitudini e del suo stato d'apolide dopo l'esilio,viaggi e aneddoti sulle sue esperienze da cittadino del mondo.
Nel secondo(left il-senso-di-sepulveda-per-lantifascismo )un'intervista dello scorso anno parlando di politica sia spagnola che italiana,dei rigurgiti di movimenti e partiti come Vox,Lega e FdI,della destra presente in sudamerica e dal Cile,del sostegno ai mapuche e agli Shuar dell'Ecuador,fonte d'ispirazione e di vita vivendo in simbiosi con la natura senza sfruttarla,della sua voglia infinita di scrivere e dell'importanza di ognuno di noi di lottare anche nel proprio piccolo,di non rassegnarsi mai e di essere sempre coerenti con i propri pensieri e ideali.
Concludo con un pezzo tratto da libro"L'ombra di quel che eravamo":"La libertà è uno stato di grazia e si è liberi solo mentre si lotta per conquistarla...ti chiederai perché l'ho fatto.Un uomo sa quando arriva alla fine del suo cammino,il corpo ti avvisa,il meraviglioso meccanismo che ti rende intelligente e all'erta comincia a cedere,la memoria tenta tutto il possibile per salvarti e indora quello che vorresti ricordare in maniera oggettiva.Non fidarti mai della memoria perché è sempre dalla nostra parte:abbellisce le cose atroci,addolcisce quelle amare,fa luce là dove c'erano solo ombre.La memoria tende sempre alla finzione...l'unico sparo della mia vita doveva essere un omaggio a me stesso...non esistono i coraggiosi,solo persone che accettano di andare a braccetto con la paura".
Addio, compagno Sepulveda.
di Maurizio Disoteo
Ennesima vittima della pandemia, ci ha lasciati Luis Sepulveda, bravo scrittore cileno ma soprattutto compagno combattente. Ci conforti che la poetessa Carmen Yañez, sua compagna amatissima di vita, tanto che Sepulveda la sposò due volte, sia fuori pericolo.
Sepulveda è ben noto nel nostro paese, dove i suoi romanzi hanno avuto grande successo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, Le rose di Atacama, Patagonia express, Incontro d’amore in un paese in guerra sono diventati dei libri di culto per i lettori italiani, storie che hanno saputo portarli in un Sudamerica affascinante e talvolta desolato, ma mai rassegnato.
Una letteratura certamente anche di memoria, non scevra da un’intima (ma non intimistica) nostalgia. Una nostalgia che certamente Luis Sepulveda aveva vissuto per 31 anni da apolide, dopo che gli era stata tolta la cittadinanza cilena.
Presentatosi una mattina al consolato di Amburgo, dove doveva andare ogni tre mesi per rinnovare il passaporto marcato con la lettera “L”, quello dei cileni che non potevano rientrare nel paese, fu accolto da dei “gorilla” che gli dissero sbrigativamente che lui cileno non lo era più. Solo nel 2017 Sepulveda, quasi per caso, accompagnando sua moglie all’ambasciata di Madrid, apprese che la cittadinanza gli era stata restituita.
Dei “gorilla” e degli sgherri di Pinochet, Sepulveda aveva già esperienza. Militante socialista, molto vicino a Salvador Allende, faceva parte della guardia personale del presidente assassinato dai golpisti. Fu imprigionato e torturato per sette mesi, prima di essere liberato grazie alle pressioni internazionali. Riprese la sua attività come regista di teatro incorrendo dopo qualche tempo in una condanna all’ergastolo, poi commutata in otto anni di prigione e l’espulsione dal paese.
Partì in aereo per andare in Svezia, dove aveva ricevuto asilo politico, ma al primo scalo lasciò tale itinerario per iniziare una lunga peregrinazione tra Uruguay, Brasile e Paraguay che terminò solo quando alla fine fu ospitato da un amico in Ecuador.
In quel paese ebbe un’esperienza importante poiché partecipò a una missione dell’Unesco che lo portò a vivere diversi mesi presso gli indios Shuar, che divennero indirettamente protagonisti del suo primo romanzo, Il vecchio che leggeva storie d’amore.
In quel romanzo il vecchio Antonio José Bolivar Proano serba come ricordo più prezioso della sua vita l’avere vissuto a lungo presso gli Shuar, esperienza che gli ha insegnato il rispetto dei ritmi e dei tempi della natura e della grande foresta, che i gringos invece sanno solo sfruttare e distruggere.
Quell’esperienza, ancor prima dell’uscita del romanzo, portò Sepulveda alla militanza ambientalista con Greepeace, dove si impegnò negli anni ottanta a diversi livelli, prima come membro di uno degli equipaggi dell’organizzazione, poi in ruoli di coordinamento. Da quella militanza nacque poi il libro Il mondo alla fine del mondo.
Nel frattempo, c’era stata la partecipazione alle Brigate Simon Bolivar del Nicaragua, riallacciando un’esperienza combattente che lo aveva già portato in Bolivia nelle fila dell’esercito di Liberazione Nazionale, alla fine degli anni sessanta.
Infine, dal 1989, la carriera di scrittore, giunta dopo varie esperienze giornalistiche, durante la quale ha saputo parlare a lettori molto diversi, anche bambini, con romanzi, racconti di viaggio, fiabe. La scrittura di Sepulveda è semplice, immediata e diretta, proprio per questo efficace e raggiunge con facilità tutti.
Una vita, quella di Sepulveda, ribelle già dall’infanzia, come ci racconta ne La frontiera scomparsa, dove il nonno, anarchico andaluso scappato in Sudamerica per sfuggire a una condanna a morte, lo porta a pisciare sulle porte delle chiese. Ribelle e anche contrastata, poiché Luis nacque in una camera d’albergo dove si erano rifugiati i genitori in fuga da una denuncia del nonno materno che era invece un ricco possidente.
Mi piace concludere questo ricordo proprio con un riferimento al racconto di Sepulveda “Un uomo chiamato Vidal” , dalla raccolta di racconti Le rose di Atacama (Guanda, Parma, 2000). Parlando di Vidal, un sindacalista con cui fece amicizia in un mercato dell’Ecuador, dove quest’ultimo era stato fermato dalla polizia, ricorre alle parole di Brecht “Ci sono uomini che lottano tutta la vita: è di loro che non si può fare a meno”.
Non faremo a meno di Luis Sepulveda, dei suoi libri e del suo messaggio di combattente.
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Il senso di Sepúlveda per l’antifascismo.
di Gabriela Pereyra
Luis Sepúlveda ci ha lasciato. Questa è una delle notizie che non avremmo mai voluto dare. Sono numerose, tutte diverse, mai banali le interviste che negli anni ha rilasciato al nostro settimanale. Questa è l’ultima, dell’ottobre scorso, firmata da Gabriela Pereyra nostra preziosa e instancabile collaboratrice grande amica di Luis. Abbiamo scelto come foto l’abbraccio di Sepúlveda con Carmen Yáñez, sua compagna di vita. A lei e a tutti coloro che gli hanno voluto bene va il nostro abbraccio più sincero. Ciao Luis
«Essere apolide è una delle peggiori situazioni in cui si può trovare una persona. Sei invisibile, non hai nessun diritto, sei l’ultimo della fila. Emozionalmente molesta, danneggia, provoca dolore, ma quando uno sa perché si trova in quella situazione, allora la condizione di apolide non riesce a schiacciarti», descrive così Luis Sepúlveda la dolorosa esperienza della cittadinanza negata dopo essere stato esiliato (e torturato) dal Cile di Pinochet, e i suoi 31 anni da apolide poi raccontati nel libro Storie ribelli (Guanda).
Nel contesto mondiale attuale, come immagini il futuro delle prossime generazioni? Riusciranno loro a provocare i cambiamenti necessari e ormai urgenti?
È una incognita, e io preferisco opinare su ciò che faccio io stesso per cambiare le cose che considero ingiuste. Il futuro è imprevedibile. Mi piace essere ottimista, ma vacillo quando noto che appena quattro gatti assistono a una conferenza di un esperto ambientale mentre uno youtuber ha un milione di follower. A questo punto della partita, l’unica certezza che ho è che nel mondo esiste una minoranza dignitosa, sensibile e incoraggiante.
Cosa sta accadendo in Spagna dopo le ultime elezioni in cui sembra che si fosse provato a fermare il fascismo?
Non è stato fermato per nulla il fascismo. Prima delle elezioni gli eredi del franchismo erano accovacciati nell’ombra, semi nascosti nel Partito popolare. Ora, attraverso Vox, un partito apertamente fascista, sono presenti in Parlamento e in tutte le istituzioni. C’è stata la possibilità di un governo progressista, guidato dal Psoe e da Podemos, ma in questi giorni abbiamo assistito alla real politik, visto che l’ala della destra del Psoe esige una virata al centrodestra e Podemos si è perso in un gioco di egocentrismo inesplicabile. In Europa avanzano le ultra destre. In Italia cresce Fratelli d’Italia e c’è la lega di Matteo Salvini, che, nonostante da ministro abbia attuato politiche inumane, ha comunque grossi consensi. Stiamo assistendo a una ripetizione della storia ma in altre chiavi. Il capitalismo ha generato una crisi economica con un solo obiettivo: imporre precarietà salariale, l’incertezza del lavoro e la negazione dei diritti come normalità. Prima della crisi, la normalità era lottare per migliorare i salari e per ottenere più diritti, ora la normalità è pregare perché i salari non vengano abbassati e perché ci tolgano sempre meno diritti. E siccome bisogna sempre trovare un colpevole, prima erano gli ebrei, ora i colpevoli sono i poveri e coloro che avvertono che il mondo si sta mettendo male, molto male.
Anche l’America Latina passa un momento storico complicato: il Brasile con Bolsonaro, l’Argentina con Macri, il Cile con Piñera. E poi l’Ecuador, la Colombia. E se guardiamo al Centroamerica, non é meglio la situazione, in Honduras, El Salvador, Haiti, Nicaragua…. Che ne pensi di queste ondate di destra neoliberista?
Il loro obiettivo è riuscire a far sì che le persone accettino di essere sfruttate come fosse una cosa normale, che accettino il saccheggio delle risorse e i crimini ambientali come l’unica normalità possibile. Del resto, da molto tempo ormai, la sinistra o parte di essa, ha smesso di pensare che ci possano essere alternative visibili e possibili al neoliberismo.
Che futuro vedi per il Venezuela?
L’unica possibilità per il Venezuela di uscire dallo status quo attuale è che decidano i venezuelani, senza ingerenze esterne. Però in America Latina non è tutto “nero”. Restano ancora delle “isole felici” come Bolivia e Uruguay. Quest’ultimo a fine mese andrà alle elezioni nazionali e bisogna vedere se la sinistra riuscirà a mantenersi al governo.
Conosci bene Pepe Mujica, cosa ne pensi del suo modo di fare politica?
Di Pepe Mujica ciò che ammiro è la capacità di essere anche un grande pedagogo, la sua capacità di parlare chiaro, di dire che siamo maledettamente limitati e che è poco quello che si può fare, perché il capitalismo ha vinto, ma bisogna tentare di fare qualcosa, anche se è poco.
In queste ultime settimane “grazie” agli incendi in Amazzonia si è molto parlato del tentativo di sterminio degli indios brasiliani. Tu e la tua compagna, la poetessa cilena Carmen Yañez siete molto attenti alla situazione di un altro popolo indigeno, il popolo Mapuche. I media mainstream non ci raccontano quasi nulla al riguardo. Puoi dirci qualcosa?
Il conflitto Mapuche è un conflitto nascosto, perché le politiche di sterminio si sono sempre fatte l’ombra cercando di tenere tutti all’oscuro. La società cilena, o per lo meno una grande parte di essa, è di un razzismo atroce. Disgraziatamente in Cile si è imposto il peggio del discorso della ultra destra fascista. Da qui l’odio verso il povero, verso i mapuche, un popolo che rappresenta dei valori che secondo il potere devono essere eliminati. Ma resistono, insieme a una parte della società, la minoranza, che ha ancora memoria.
Sei molto attivo sui social parlando soprattutto di politica. Pensi d’essere in qualche modo un “influencer”? Questa attività come viene accolta da chi ti conosce come romanziere?
Un influencer? No, in assoluto. Faccio conoscere la mia opinione, i miei punti di vista, che sono condivisi per la maggior parte dei miei lettori. Non ho mai nascosto ciò che sono e ciò che penso.
Immagini giornate senza scrivere?
Sì e no. A volte mi piacerebbe dedicarmi a leggere, ad ascoltare musica, guardare film, occuparmi di un piccolo orto, ma la tentazione di scrivere è forte e non ci posso fare nulla.
Cosa ti piace leggere?
Di tutto e in modo caotico, molto caotico.
Dopo il tuo romanzo “La fine della Storia” é arrivata “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa”. Ci puoi anticipare se stai lavorando a qualcosa di nuovo e di cosa si tratta?
Lavoro tutti i giorni. Ora sto finendo un romanzo che ha come protagonista Belmonte, lo stesso di “Un nome da Torero” e “La fine della Storia”. Lavoro a diversi progetti contemporaneamente e a seconda di come si sviluppano, dopo un certo tempo diventano un libro. Lavoro perché mi piace ciò che faccio, mi piace il mio lavoro.
Sei tradotto in moltissime lingue, dal cinese al greco passando per il turco e lingue slave, ecc. Immagino che sia una soddisfazione essere letto da culture così diverse.
È una enorme soddisfazione. A volte guardo il muro dove sono disposti soltanto i miei libri, nella mia biblioteca, e vedo i dorsi in tante lingue diverse. E dopo aver mormorato “quello sono io ed è ciò che ho fatto”, mi sento bene, soddisfatto con la vita e i suoi risultati.
Hai appeno compiuto 70 anni, come hai festeggiato?
Con la mia famiglia, i miei figli, nipoti, nuore, generi. Dopo con gli amici più vicini. E ci sono anche delle feste programmate a Milano, Parigi e Lisbona. Ci sono volte in cui bisogna mettere il fegato a disposizione degli amici.
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L’intervista di Gabriela Pereyra a Luis Sepúlveda è stata pubblicata su Left dell’11 ottobre 2019
Altri contenuti su Sepúlveda sono disponibili a questo link
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