giovedì 16 aprile 2020

LA GIUNTA LOMBARDA SOTTO ACCUSA


Gallera e fontana: ma non è che tutta questa efficienza della ...
Come dice una battuta sui social"non si è festeggiata la Pasqua ma la normalità si sta avvicinando visto che la guardia di finanza è entrata al Pirellone",ecco che indagini dopo indagini che,premetto subito difficilmente vedrà dei colpevoli e figurarsi delle condanne,il sistema Lombardia della salute sta crollando sin cominciando dagli errori commessi dagli inizi della pandemia arrivando alle morti nelle rsa.
Sono ben tre i contributi di oggi,sarebbero molti di più in quanto la situazione specifica lombarda,che detiene quasi il 10% delle vittime di tutto il mondo fino ad oggi del coronavirus(a soffermarcisi bene su questo dato c'è da rabbrividire),ed il primo(contropiano licenziamo-la-giunta-fontana )parla in particolar modo della propaganda,del mero marketing del governatore Fontana e dell'assessore Gallera,e del caso lampante del loro lavoro inconcludente con l'ospedale della zona fiera costato più di 20 milioni di Euro,lodato a gran voce grazie anche all'intervento del becero ed inetto Bertolaso,che è stato il classico buco nell'acqua dove dei 550 posti letto dichiarati fino a ieri sono passati 24 pazienti e non tutti assieme allo stesso tempo.
Insomma la grande farsa della sanità privata che ha chiuso tutto all'indomani della pandemia lasciando gravare la prima fase dell'emergenza sulle spalle dei nosocomi pubblici oberati di lavoro all'inverosimile soprattutto nelle quattro province di Lodi,Cremona,Bergamo e Brescia,fin da subito progettate come una sorta di lazzaretto per salvare Milano.
Mentre il primo articolo parla di licenziamento,di dimissioni fin da subito,strada difficilmente percorribile in queste settimane,il secondo(contropiano la-giunta-regionale-della-lombardia-va-commissariata )offre un quadro più percorribile con un commissariamento della regione Lombardia,atto dovuto affinché non si ripetano le cagate fin'ora intraprese dai criminali di questa giunta dove si affrontano i temi delle zone rosse,delle rsa lasciate in balìa degli eventi e dell'inefficienza dei dispositivi di protezione individuale degli addetti ai lavori nel campo della sanità dal medico di base all'infermiere.
Nel terzo(contropiano i-medici-ecco-i-7-errori-commessi-in-lombardia ),visto che Fontana vorrebbe rispondere degli eventuali errori commessi su base di dati certi,ecco altre considerazioni in merito al lavoro necessari o meno con le indicazioni dettate da Confindustria ed alcuni appunti dei Presidenti degli ordini provinciali della Regione Lombardia(FROMCeO)cui farò una breve sintesi.
L'inesattezza dei dati sui numeri dei malati,dei positivi e del numero di tamponi fatti e su chi,oltre al numero dei contagi e delle morti dovute al Covid-19;le letali indecisioni sulle istituzioni delle zone rosse;l'orrore delle morti nelle strutture di ricovero degli anziani;la già citata latitanza nel fornire protezioni agli operatori sanitari;il controllo e gli esami spesso tardivi su persone con sintomi riconducibili al coronavirus che hanno portato a ricoveri che purtroppo non sono serviti ad evitare decessi;la mancanza di controlli con test e tamponi ai dipendenti di ospedali e rsa che hanno contribuito al contagio;la mancanza cronica di posti letto oltre quelli di terapia intensiva frutto di una governance allucinante.
Insomma un riassunto di quello già scritto in questa settimana sulla pandemia in Lombardia e che non sarà l'ultimo post che ne parlerà in quanto le percentuali a livello nazionale(ma anche nel piccolo ci sono parecchie differenze sul regionale)e anche a quello mondiale fan sì che la regione sia tra quelle più colpite in tutto il globo.

Licenziamo la giunta Fontana!

di  M. D. 
Ci siamo già occupati, alcuni giorni fa, della vicenda del nuovo ospedale presso la Fiera di Milano voluto dalla giunta del leghista Fontana per far fronte alla pandemia Covid-19.

A qualche giorno dall’apertura di tale ospedale si confermano le previsioni negative che avevamo formulato. Infatti, in quel nosocomio trovano attualmente ricovero solo sei pazienti in terapia intensiva.

Il numero tanto ridotto di pazienti è dovuto alla carenza di personale sanitario, poiché il Policlinico, che ha preso in gestione la struttura, non è in grado di offrire un’adeguata copertura, essendo i suoi medici e infermieri già duramente impegnati presso la loro sede abituale.

Inoltre, da più parti è stato rilevato che comunque una struttura ospedaliera di sola terapia intensiva è assolutamente anomala e non può funzionare efficacemente senza essere inserita in un contesto in cui sia presente una pluralità di competenze mediche specialistiche che la possano supportare, oltre a servizi di radiologia e laboratori diagnostici e di analisi.

Che la giunta Fontana sia caduta in quest’ultimo grossolano errore non deve stupire. Infatti una tale impostazione deriva dalla gestione aziendalista della sanità, che ha come conseguenza la frammentazione delle strutture ospedaliere e la loro messa in concorrenza l’una con l’altra.

Concorrenza e conseguente competizione che contrappone ospedale a ospedale, reparto a reparto, e persino lavoratori di diversa competenza e specializzazione da quando è stato abrogato il contratto unico dei dipendenti della sanità.

Restano poi aperte almeno altre due questioni. La prima riguarda il fatto che questo ospedale sia stato realizzato e aperto in ritardo, in un momento in cui i ricoveri in terapia intensiva dovuti al Covid 19 sono in calo; la seconda invece è la provvisorietà di tale struttura che molto probabilmente sarà dismessa entro un anno, nonostante i costi molto alti di realizzazione.

I dati economici dell’operazione non sono ancora stati resi noti, ma sembra che il nuovo ospedale Fiera sia costato più di 20.000.000 di euro, una cifra certamente superiore alle donazioni private che gli sono state dedicate e quindi con un esborso di denaro anche pubblico.

Sarebbe stato probabilmente più sensato dedicare tali capitali alla riqualificazione di strutture permanenti attualmente dismesse, che erano state più volte segnalate alla giunta regionale, che però non ha nemmeno effettuato dei sopralluoghi per verificarne lo stato. Tra l’altro, tali strutture avrebbero avuto il vantaggio di poter rimanere in permanenza al servizio della comunità.

Anche il caso di questo ospedale provvisorio conferma la totale incapacità della giunta regionale lombarda a gestire l’emergenza virus, come conseguenza delle sue scelte politiche privatistiche che hanno reso insufficiente e inefficace il sistema sanitario della regione.

Per questo è necessario che salga il grido della richiesta della revoca dei poteri della giunta Fontana, responsabile di oltre 10.000 morti in Lombardia e del conseguente commissariamento della Regione.

La magistratura è già al lavoro, dopo le denunce di centinaia di familiari di morti, ma la condanna di Fontana e Gallera deve essere anzitutto politica.

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La giunta regionale della Lombardia va commissariata!

di  Potere al Popolo   
La Giunta regionale lombarda ha dimostrato, durante tutta la fase di crisi dovuta all’epidemia Covid-19 la sua totale incapacità di gestione sanitaria e politica.

La tanto esaltata “eccellenza” lombarda ha dimostrato il suo totale fallimento che purtroppo è attestato da oltre 10.000 morti sul territorio della regione.

Dalla prima decisione di non voler istituire le zone rosse nella bergamasca e nel bresciano, nonostante nel basso lodigiano e più precisamente a Codogno e zone limitrofe fosse stata istituita dalle amministrazioni locali, sino alla strage di anziani nelle case di riposo provocata dalla decisione di inviare dei pazienti positivi al Covid 19 nelle case di riposo, per giungere alla farsesca operazione pubblicitaria del nuovo ospedale alla Fiera di Milano, la giunta ha dimostrato incompetenza e irresponsabilità. Si tratta di una giunta il cui operato ha aggravato le conseguenze della pandemia lasciando i cittadini disarmati di fronte al pericolo.

Il sistema sanitario lombardo è stato per anni indebolito dai continui trasferimenti di competenze e denaro a strutture private che si sono interessate solo di massimizzare i propri guadagni e speculare sui finanziamenti pubblici. Tale politica ha praticamente dismesso le strutture di assistenza territoriale come ad esempio, i Pronto Soccorso soprattutto nella vasta provincia lombarda, e di prevenzione, la cui mancanza è particolarmente avvertita in questo difficile momento di pandemia.

In tale quadro di abbandono del territorio i medici di base si sono trovati soli a dover fronteggiare la pandemia, senza supporti né indicazioni operative pagando un alto tributo di vittime che avrebbe certamente potuto essere evitato. 

E’ questo il contesto in cui l’emergenza si è manifestata chiamandola impropriamente e non compiutamente sanitaria quando invece è stata e lo è tuttora, ospedaliera. 

La giunta ha anche dimostrato disprezzo per il personale ospedaliero mandato allo sbaraglio senza nemmeno le protezioni più elementari, in strutture ospedaliere stremate che si sono trasformate rapidamente in focolai di contagio piuttosto che luoghi sicuri. 

Emblematico a questo proposito il caso dell’ospedale di Alzano Lombardo, di cui la Regione ha intimato la riapertura, senza alcun provvedimento di sanificazione, quando si erano già verificati casi di contagio al suo interno. 

Purtroppo il personale medico e infermieristico degli ospedali ha pagato tutto questo con la perdita di numerose vite.

Il disprezzo per gli operatori della sanità si è peraltro esteso a tutte le altre categorie di lavoratori poiché si sono volute tenere forzatamente aperte attività produttive senza alcuna misura di sicurezza. Non a caso, proprio le zone dove questo si è verificato con maggiore  rilevanza (le provincie di Bergamo, Brescia, Lodi e Milano) sono state quelle più falcidiate dal Covid-19.

Sappiamo che il comportamento della giunta Fontana è già al vaglio della magistratura che si sta muovendo sia di propria iniziativa che in forza delle denunce presentate da famiglie che hanno perso i propri cari e chiedono giustizia. Tra queste, per esempio, le famiglie degli oltre cento deceduti del Pio Albergo Trivulzio di Milano. 

Nella speranza ma non nell’illusione che tali famiglie ottengano risposta alla loro legittima indignazione, crediamo che la condanna della giunta Fontana debba essere soprattutto politica e non solo giudiziaria. 

Per questa ragione, di fronte a una situazione pesantemente degenerata che ha provocato enormi perdite di vite umane e un danno ancora incalcolabile alla vita dei cittadini chiediamo l’immediata revoca dei poteri alla giunta Fontana e il commissariamento della Regione Lombardia.

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I medici: “I 7 errori commessi in Lombardia”, alla base della strage.

di  Redazione Contropiano   
Almeno 7 errori nella gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia hanno prodotto “la situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra regione, anche rispetto a realtà regionali” vicine. 

Li passa in rassegna la Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fromceo), in una nuova lettera indirizzata ai vertici della sanità lombarda. 

Sotto accusa una “evidente assenza di strategie relative alla gestione del territorio” e “l’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica“, in un contesto in cui “la sanità pubblica e la medicina territoriale – sostengono i firmatari – sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra regione“. 

“A fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari“, i camici bianchi lombardi elencano 7 criticità “a titolo di esempio non esaustivo“.

Un atto d’accusa senza mezzi termini, che tocca in maniera esclusiva le responsabilità dei vertici della Regione Lombardia. In aggiunta, potremmo portare i servizi della trasmissione Report, RaiTre, che hanno confermato in pieno quanto scritto da Contropiano all’indomani del decreto dell’8 marzo. 

Quando, cioè, tutti si aspettavano la dichiarazione di “zona rossa” per i Comuni della Val Seriana (Bergamo) e altri paesi con tassi altissimi di contagiati. Arrivò invece la fissazione di una “zona arancione” per tutta la Lombardia e altre 14 province del Nord, senza alcuna chiusura né di attività produttive (tranne Bar, ristorante e in genere l'”economia del tempo libero”). 

Ossia senza alcun effetto pratico sulla circolazione del virus, tant’è vero che – al contrario – l'”effetto annuncio” convinse molte persone a “fuggire” dalla regione verso il Sud. Ovviamente tra loro c’erano già molti contagiati – consapevoli e inconsapevoli – contribuendo così a diffondere la pandemia. 

In quella decisione cervellotica del governo Conte noi avevamo “sospettato” – non era un grande sforzo di fantasia – che ci fosse stato un pesante intervento della Confindustria locale (Assolombarda, in pratica “i nazisti dell’Illinois” all’interno dell’associazione padronale nazionale), oltre che della stessa giunta leghista lumbard. 

La quale, nelle stesse ore, emanava una “delibera” che chiedeva alle case di riposo per anziani di ospitare “malati Covid-19 leggeri”, dando il là alla strage che oggi diventa evidente in tutta la sua dimensione, allertando persino una magistratura milanese sempre molto riguardosa nei confronti del potere (ance “mani pulite” fu una resa dei conti interna all’establishment). 

Non basta. Avevamo sempre criticato ferocemente sia la pretesa degli industriali – in particolare quelli bergamaschi e bresciani – di continuare l’attività anche mentre operai, autotrasportatori, ecc, intorno cadevano come mosche in preda al contagio. E altrettanto l’oscena “sanità lombarda”, per metà privatizzata e con il presidio territoriale quasi cancellato per volontà della Lega e della destra in genere fin da prima di Formigoni. 

Da Report abbiamo potuto avere la conferma con le prove. Una delle famiglie più ricche d’Italia, i Rocca, proprietari della Tenaris di Dalmine (tra i principali produttori mondiali di tubature per l’estrazione e trasporto di petrolio), con  sede legale nelle… Antille Olandesi per evadere un po’ di tasse, è anche proprietaria dell’Humanitas, principale ospedale privato di Bergamo. 

E all’esplosione dell’epidemia la proprietà dell’ospedale “ricordava” al governo che la disponibilità di posti letto per malati di coronavirus era naturalmente subordinata allo sforamento “dei tetti di spesa” in precedenza concordati.

Riassumendo: la famiglia Rocca, ha le seguenti responsabilità:
tenendo aperta la Tenaris ha fatto da capofila a tutte le aziende locali che non volevano assolutamente chiudere;

ha facilitato così la diffusione del virus che sta facendo strage nella provincia di Bergamo e soprattutto in Val Seriana;

ha fatto pressione sul governo, insieme a tutta Assolombarda (Bonomi, prossimo presidente di Confindustria) e Confindustria, perché non fosse dichiarata alcuna “zona rossa” nelle aree focolaio;

come proprietaria dell’Humanitas ha guadagnato e sta guadagnando – chiedendo oltretutto un “sovrapprezzo” – sulla stessa diffusione del virus, che sta peraltro falcidiando il personale medico di quelle cliniche, come testimoniato anche su questo giornale.

Siamo abituati da sempre a vedere i padroni dare ordini ai governi, mischiare interesse pubblico e attività private per aumentare con molta facilità i profitti (vogliamo ricordare Benetton, le Autostrade e il crollo di Ponte Morandi?). Ma che questo avvenga, in queste forme infami e stragiste, anche nel pieno di un’epidemia dalle dimensioni planetarie… ecco, questo restituisce davvero l’identità più profonda di una classe dirigente che si può solo spazzare via.

In un Paese normale, questa gente – insieme ai Fontana e ai Gallera, messi lì per eseguirne gli ordini e favorirne gli interessi, verrebbero immediatamente esproriati, incarcerati e mandati a processo. 

Il reato è già previsto dal Codice Penale, all’art. 438:“Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni [1] è punito con l’ergastolo”. Senza neanche citare il secondo capoverso, che riguarda gli stati d’eccezione (come quello in corso!) che prevede invece “la pena di morte”.

Pena drastica, ma certo non sproporzionata, in questo caso. 

Qui di seguito, l’atto d’accusa dei medici della Lombardia.

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La Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, riunita in data 05/04/2020, ha preso in esame la situazione relativa all’epidemia da COVID19 in corso.

Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi.

Ricordiamo in generale come, a fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari, sia risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio.

Ricordiamo, a titolo di esempio non esaustivo:

1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.

2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio

3) La gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese).

4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…)

6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.

7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.

La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto a realtà regionali viciniori, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione.

La situazione al momento risulta difficile da recuperare, ma si vogliono riportare di seguito alcune indicazioni, che, a detta della scrivente Federazione, potrebbero, se attuate, contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività, prevedibile nel medio-lungo termine.

Per quanto riguarda gli operatori sanitari la proposta è di sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza anticorpale (IgG e/o IgM), sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi.

Per quanto riguarda le attività non sanitarie sembra raccomandabile un’estesa effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto con il virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro. Per i soggetti nei quali si rileva la presenza di immunoglobuline (IgG o IgM) sembra indicata l’esecuzione del tampone diagnostico. In tal senso si raccomanda di potenziare al massimo tale attività diagnostica e di procedere prima ad indagare i soggetti che risultano urgente riammettere al lavoro, in quanto addetti ad attività ritenute di prioritario interesse, in funzione della disponibilità di tamponi.

La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico rapido di screening, non risultando in letteratura alcun termine temporale valido per la quarantena post malattia, anche se decorsa in forma paucisintomatica.

È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza.

A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili.

Naturalmente quanto sopra dovrà essere accompagnato dall’uso costante, per tutta la popolazione e in particolare nei luoghi di lavoro, di idonei comportamenti e protezioni.

La ripresa potrà quindi essere solo graduale, prudente e con tempi dettati dalla necessità di mettere in campo le risorse sopracitate. E’ superfluo segnalare come qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare e come le misure di isolamento sociale siano da potenziare e applicare con assoluto rigore.

Da ultimo, la FROMCeO lombarda ha preso in considerazione la questione, sollevata da molti colleghi, della mancanza di protocolli di terapia sul territorio. Il problema è stato in gran parte determinato anche dalla esigenza di trattare a domicilio pazienti che ordinariamente sarebbero stati inviati in ospedale, ma che non hanno potuto essere accolti per saturazione dei posti letto. FROMCeO raccomanda ai colleghi di non affidarsi a protocolli estemporanei non validati e ad attenersi alle indicazioni di AIFA e di Regione, utilizzando la massima cautela.


Nell’esprimere le considerazioni di cui sopra, FROMCeO ritiene di svolgere le proprie funzioni di organo sussidiario dello Stato ed esprime disponibilità ad un confronto costante con le Istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza. Spiace rimarcare come tale collaborazione, più volte offerta, non sia ad oggi stata presa in considerazione.

Cordiali saluti.

I presidenti degli ordini provinciali della Regione Lombardia (FROMCeO)
 Dr. Spata Gianluigi – Como (Presidente FROMCeO)
 Dr. Ravizza Pierfranco – Lecco (Vicepresidente FROMCeO)
 Dr. Marinoni Guido – Bergamo
 Dr. Di Stefano Ottavio – Brescia
 Dr. Lima Gianfranco – Cremona
 Dr. Vajani Massimo – Lodi
 Dr. Bernardelli Stefano – Mantova
 Dr. Rossi Roberto Carlo – Milano
 Dr. Teruzzi Carlo Maria – Monza Brianza
 Dr. Lisi Claudio – Pavia
 Dr. Innocenti Alessandro – Sondrio
 Ordine Provinciale dei Medici Chirurgi e degli Odontoiatri di Varese
 Per i presidenti Dr. Gianluigi Spata Presidente FROMCeO

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