domenica 5 aprile 2020

COMUNQUE SI LAVORA


Covid-19 - Sicurezza dei lavoratori
In  un periodo di costante diminuzione degli addetti impegnati al lavoro dopo che nelle prime settimane praticamente ogni attività risultava indispensabile ai fini economici(madn ancora-milioni-di-persone-costrette-al.lavoro )ci sono state numerosi cambi d'indirizzo in alcuni settori,soprattutto nel chimico(e cosmetico)e nel tessile,per la produzione di mascherine,da domani indispensabili in Lombardia se si vuole uscire(domani c'è il rischio di trecentomila persone che potrebbero invadere le farmacie per ritirarle gratis)e gel disinfettanti.
L'articolo di Contropiano(quel-poco-che-funziona-in-mano-ai-lavoratori )parla del fallimento della politica e dei mercati fornendo percentuali negative su alcuni comparti economici(vengono però omessi quelli in forte rialzo)e del bisogno di misure straordinarie per aiutare le persone che sono a casa,per la produzione ci sarà tempo dopo come gli aiuti per non fare chiudere le aziende.
La stessa produzione che viene dal basso e che il padronato e la già citata in maniera altamente spregiativa Confindustria mentre piangono e minacciano vedono che i lavoratori comunque anche in condizioni precarie sia di orari,di paghe e di dispositivi di protezione,mandano avanti un paese che sta zoppicando e che purtroppo è in buona compagnia.

Quel poco che funziona è in mano ai lavoratori.

di  Leo Essen 
Gli studenti di medicina si laureano anzitempo ed entrano in corsia per aiutare i medici più anziani, i chirurghi si offrono per aiutare gli anestesisti e gli pneumologi. Succede a New York e a Cremona.

I sarti che cucivano camicie o mutande scelgono di imbastire mascherine, a Bocchigliero come ad Albany. Nelle fabbriche che producono ventilatori il genio militare affianca il genio civile, a Valsamoggia come nella Contea di Westchester. I medici volontari allestiscono ospedali inseme agli Alpini, a Bergamo come a Madrid.

Negli ospedali la sanità si libera di certe rigide gerarchie che qui e là la governavano. Manca poco che questi lavoratori, rendendosi conto della situazione sopravvenuta, diano un calcio al vecchio mondo di politici e direttore generali, prendendosi in carico direttamente questo settore.

A marzo, in Italia, le vendite di automobili sono scese dell’85,4%, quelle di veicoli industriali del 50,2% e quelle di veicoli commerciali del 73,4%. Nel settore del cemento 800 imprese e 8 mila posti di lavoro (il 25% del comparto) rischiano di scomparire. Le vendite di libri sono calate del 75%. Il settore del turismo – alberghi, ristoranti, compagnie aeree e di navigazione, eccetera – che in Italia occupa all’incirca il 13% della forza lavoro, è a terra, e lo rimarrà per un periodo prolungato. I consumi sono ridotti al minimo.

Secondo i dati diffusi da Stackline, nel commercio al dettaglio, il consumo di borse e valige è calato del 77%, quello di abiti da uomo del 64%, di abiti da sposa del 63%, quello di lampadari de 47%.

Negli Stati Uniti, al 2 aprile, 6,6 milioni di lavoratori hanno chiesto il sussidio di disoccupazione; la settimana prima 3,3 milioni. Siamo solo all’inizio.

Secondo le stime della Fed i disoccupati negli Usa potrebbero raggiungere la cifra di 47 milioni, e il tasso di disoccupazione raggiungere il 32%.

Larrilou Carumba, 47 anni, è stata licenziata all’inizio di marzo dopo otto anni come governante al Marriott di San Francisco. «Ho fatto domanda per la disoccupazione la prima settimana, ma mi ci sono voluti quattro giorni», ha detto. «Giorno e notte ho provato ad accedere, ma il sito web ha continuato a bloccarsi». La scorsa settimana è stata informata che la sua domanda è stata approvata, ma non ha ancora ricevuto il sussidio.

 Stessa cosa in Italia. Ma i detrattori guardano il dito e non la luna, guardano il sistema che non funziona, e non i milioni di disoccupati che chiedono aiuto, tutti insieme, adesso.

Nell’immediato è giusto mettere nelle mani di questi lavoratori disoccupati e delle loro famiglie una somma di denaro. Bisogna regolare il flusso e far arrivare il denaro nella mani giuste. Ma nel lungo periodo il denaro non risolve i problemi.

In questi giorni ci siamo resi conto che nessuna somma di denaro, per quanto grande, anche sparsa con l’elicottero, può comprare mascherine che non vengono prodotte, può comprare ventilatori polmonari che non vengono prodotti, può far comparire medici che non sono stati istruiti.

La raccolta fondi milionaria per la costruzione rapida dell’ospedale della Fiera Milano, con i suoi mille letti, poi diventati 24, poi diventati zero – perché non ci sono respiratori e non ci sono medici, e nemmeno il vicino Piemonte è disposto a distaccarli dai suoi ospedali – è la prova, se ce ne fosse bisogno, che il denaro è necessario, ma non è sufficiente, che il mercato e i politici hanno fallito.

Che non è sufficiente affidarsi a salvatori della patria, che non è sufficiente alcun intervento di geni della finanza o geni del software o imprenditori illuminati o mecenati; che il libero mercato funziona, forse, fintanto che le cose vanno bene.

Abbiamo letto La Ciociara di Moravia, abbiamo letto Furore di Steinbeck, non ci facciamo illusioni sulle politiche monetarie, non ci facciamo illusioni che la produzione possa riprendersi mettendo soldi in mano alle imprese. Le imprese non hanno interesse a produrre in queste condizioni.

Riponiamo la nostra speranza nelle mani delle sarte e dei sarti che cuciono mascherine, dei lavoratori che producono valvole e respiratori, persino nei lavoratori di una fabbrica di armi, la Beretta, i quali hanno iniziato a produrre valvole per i respiratori di emergenza.

Il mondo della produzione è già nelle mani dei lavoratori. Bisogna solo rendersene conto, e trarne le conseguenze. Bisogna appropriarsene e programmarlo direttamente.

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