sabato 19 giugno 2010

DE GENNARO BASTARDO CONDANNATO E IMPUNITO


Quanto mi ha fatto incazzare il fatto che l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro non sia stato licenziato e che anzi abbia ricevuto attestati di stima dai più altri gerarchi del regime come lo xenofobo Maroni ed il criminalmafioso Alfano nonostante la conferma della condanna per falsa testimonianza fatta per coprire gli esecutori degli ordini impartiti da lui,Scajola,Berlusconi e tutta la congrega di assassini dittatori per i fatti del G8 di Genova nel 2001.
Come si nota dal primo contributo de"La Repubblica"preso da Roma.Indymedia(come tutti gli articoli di oggi)uno dei funzionari-servi dello Stato che contano di più al contrario di tutti i condannati viene elogiato e confortato e soprattutto non rimosso dagli attuali incarichi(oggi mangia i soldi come Direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza),questo pezzo di merda dovrebbe essere passato per le armi da un comitato di giustizia del popolo,altro che permettergli di avere la possibilità di rubare soldi ai contribuenti e assassinare,massacrare e torturare nuovamente.
Personaggi come De Gennaro e Mortola dovrebbero venire rinchiusi in un buco di fogna e poi dovrebbero sigillare il tombino per chiuderli per sempre per non fare danni alla società,ed a ruota tutti quelli che hanno contribuito alla loro impunità nonostante una condanna,vergogna allo Stato italiano che ha partorito un'altra ingiustizia enorme verso tutti i suoi cittadini.

De Gennaro condannato a un anno e 4 mesi Maroni: "Continuo ad avere fiducia in lui".

E' colpevole di istigazione alla falsa testimonianza. Ha convinto l'ex questore del capoluogo ligure ad "aggiustare" la sua testimonianza sul blitz nella scuola Diaz. Alfano: "Ha servito lo Stato".

GENOVA - Il prefetto Gianni De Gennaro è stato condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione dalla corte d'appello del tribunale di Genova, che lo ritiene colpevole di istigazione alla falsa testimonianza. Secondo il tribunale De Gennaro convinse il vecchio questore del capoluogo ligure, Francesco Colucci, ad "aggiustare" la sua testimonianza durante il processo per il sanguinario blitz nella scuola Diaz, ultimo capitolo del G8 del 2001. Il governo, però, si schiera al suo fianco. "Ha la mia piena e totale fiducia: fino alla sentenza definitiva non cambia nulla, attendiamo fiduciosi nell'esito del ricorso in Cassazione. Per De Gennaro, come per tutti, vale la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva" dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. "La sua innocenza, fino a condanna definitiva è sancita dalla Costituzione" aggiunge il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
De Gennaro, che nove anni fa era il capo della polizia ed oggi è al vertice del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza, era stato assolto in primo grado perché le prove di colpevolezza nei suoi confronti non erano state ritenute sufficienti. Alle 14, dopo quattro ore di camera di consiglio, la corte presieduta da Maria Rosaria D'Angelo (giudici a latere Paolo Gallizia e Raffaele Di Gennaro) ha ribaltato la decisione. Il prefetto è colpevole e con lui anche Spartaco Mortola, attuale questore vicario di Torino e durante il G8 numero uno della Digos genovese. Mortola è stato condannato ad un anno e due mesi di reclusione per lo stesso motivo: pure lui avrebbe "suggerito" a Colucci la versione da fornire in aula, raccontando in una maniera diversa quello che era stato il coinvolgimento di De Gennaro nella discussa operazione. Per l'assalto ai 93 no-global della scuola, massacrati di botte ed arrestati illegalmente, Mortola è già stato condannato in appello a 3 anni e 6 mesi di reclusione. In questo secondo processo invece De Gennaro non è mai stato nemmeno indagato. "Siamo sconcertati, esterrefatti. Andremo in Cassazione", è stato il primo commento di Piergiovanni Lunca, avvocato di uno degli imputati. "Finalmente è stato possibile dimostrare che siamo tutti uguali davanti alla legge", gli ha risposto la collega Laura Tartarini, parte civile in questo procedimento.
Vale la pena di ricordare che le sentenze di secondo grado per i maxi-processi del G8 si sono tutte chiuse con pesanti condanne nei confronti della polizia. Tutti colpevoli i 44 imputati (funzionari, agenti, ufficiali dell'Arma, generali e guardie carcerarie, militari, medici) per i soprusi e le torture nella caserma di Bolzaneto, dove transitarono almeno 252 no-global fermati durante gli scontri di piazza. Colpevoli anche i picchiatori e i mandanti del massacro nella scuola, a partire dai vertici del Ministero dell'Interno come Giovanni Luperi, attuale responsabile dell'Aisi, l'ex Sisde, condannato a quattro anni di reclusione e Francesco Gratteri, oggi capo dell'Antiterrorismo (stessa pena). Tre anni e otto mesi sono stati inflitti a Gilberto Caldarozzi, che catturò Bernardo Provenzano e ora dirige il Servizio centrale operativo, cinque anni a Vincenzo Canterini, allora numero uno di quella "Celere" romana.
La verità su Genova.

Lentamente, ma inesorabilmente, sta emergendo, anche a livello giudiziario, la verità su quelle giornate di «macelleria cilena» nelle quali sono stati massacrati, nel luglio 2001, non solo corpi, ma anche anime, speranze e utopie. Giornate che non si possono, e non si debbono dimenticare, finché, su quanto accaduto in quelle giornate buie per la nostra democrazia, non sarà fatta verità e giustizia. Quella verità che il centrodestra (e purtroppo non solo il centrodestra) ha voluto negare, anche impedendo quella Commissione Parlamentare d'inchiesta che avrebbe potuto accertare le responsabilità, anche politiche, di chi aveva dolosamente gestito l'ordine pubblico contro il movimento e contro chi manifestava per un mondo migliore, senza guerre, senza povertà, senza discriminazioni.La condanna dell'ex capo della Polizia per istigazione alla falsa testimonianza arriva dopo la condanna di agenti, funzionari, ufficiali e generali per le violenze e i trattamenti disumani e degradanti di cui sono state vittime oltre 250 pacifisti nella caserma di Bolzaneto: vere e proprie torture che non è stato possibile contestare agli imputati perché, malgrado le continue sollecitazioni dell'Unione Europea e le condanne della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, tale reato ancora non è previsto dal nostro codice penale. Certo, c'è ancora la Cassazione. Anche se, come si sa, la Cassazione è giudice di legittimità e non può, salvo veri e propri travisamenti dei fatti, entrare nel merito della sentenza di condanna.La Giustizia farà il suo corso. Il che, però, non significa - al di là delle responsabilità penali - che gli atti non diano elementi chiari.«Ho parlato con il capo: devo fare marcia indietro»: sono parole di Francesco Colucci, questore di Genova, poco prima di testimoniare. Il suo interlocutore è Spartaco Mortola, numero uno della Digos durante il G8. Il senso di impunità non li fa neppure sospettare di essere intercettati. Ma le telefonate sono più di una e non lasciano spazio ad equivoci: «Il capo dice che sarebbe meglio raccontare una storia diversa....devo modificare quello che avevo detto». Il «capo» altri non è che De Gennaro. La testimonianza di Colucci, che nel corso delle indagini era stata lineare e coerente, diventa, dopo quelle telefonate, e quell'incontro col «capo», ben diversa. L'ex questore si corregge, cambia versione, si adegua alla testimonianza del suo superiore. Falsa testimonianza per lui, istigazione alla falsa testimonianza per De Gennaro, il capo dei capi.La Giustizia proseguirà il suo corso. Ma, indipendentemente dall'esito giudiziario, oggi non è più possibile negare quello che da sempre chi era a Genova ha sempre urlato, con tutte le sue forze, compresa quella della disperazione. I vertici della polizia erano perfettamente consapevoli di quanto stava avvenendo alla Diaz e la gestione dell'ordine pubblico, aveva il preciso scopo di sospendere le libertà democratiche per cancellare un movimento che cresceva sempre di più. Gestione dell'ordine pubblico voluta, e poi avallata, da chi allora governava (e purtroppo governa) il Paese. Noi saremo colpevoli di sognare e di lottare: ma, da ieri, giustizia e verità sono più vicine.
De Gennaro è colpevole.

Un anno e quattro mesi per l'attuale capo del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza: tentò di inquinare il processo per la mattanza alla scuola Diaz. Ribaltata la sentenza di primo grado. Il comitato Verità e giustizia: «Ora deve dimettersi». Ma i ministri Alfano e Maroni si precipitano a difenderlo: «Resta al suo posto fino alla sentenza di Cassazione»
Se in appello sono stati condannati gli esecutori materiali dell'assalto alla scuola Diaz, la sentenza della corte d'appello di ieri che ha condannato a un anno e quattro mesi l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e a un anno e due mesi l'allora capo della Digos Spartaco Mortola, in qualche modo risale al mandante di quella notte.Certo, il processo d'appello tecnicamente riguarda solo i tentativi di inquinamento fatti durante il processo della Diaz, quando «il capo» De Gennaro, oggi al vertice del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, riuscì a far ritoccare all'ex questore genovese Francesco Colucci alcuni aspetti delle testimonianze da lui rese in aula. Aspetti non secondari perché riguardavano chi dava ordini dietro le quinte dell'assalto alla scuola e del pestaggio di una sessantina dei 93 arrestati. In particolare chi aveva ordinato di mandare il responsabile della comunicazione del Viminale, Roberto Sgalla, alla scuola Diaz per fornire dettagli all'opinione pubblica sulla cosiddetta «perquisizione». Colucci in un primo tempo disse che l'ordine era arrivato dall'allora capo della polizia Gianni De Gennaro. Poi, in un'udienza successiva, il 3 maggio del 2007 corresse dicendo che era stata una sua iniziativa e addossò il comando dell'operazione al vicequestore aggiunto Lorenzo Murgolo e non al prefetto Arnaldo La Barbera, inviato da De Gennaro stesso il sabato del G8. In telefonate che non immaginava intercettate, parlando con Mortola (oggi vicequestore vicario a Torino) e altri poliziotti inquisiti per la Diaz, Colucci spiegava di dover «fare un po' marcia indietro sulla stampa», quindi su Sgalla, dopo l'udienza chiave, aggiungeva: «Ho vanificato il processo che sta facendo da sei anni Zucca sulle sue ipotesi del cazzo». Così finì che il 22 maggio del 2007 i protagonisti della messinscena erano tutti indagati.Ieri la lettura delle sentenza, avvenuta a porte chiuse perché gli imputati hanno scelto il rito abbreviato già in primo grado, è durata meno di cinque minuti. La stampa e il pubblico non hanno potuto assistere. Il presidente Maria Rosaria D'Angelo (che tra l'altro faceva parte della corte che ha condannato gli italiani accusati di devastazione e saccheggio) ha condannato l'allora capo della polizia per istigazione al falso e Mortola per concorso avvicinandosi alle richieste del pg Pio Macchiavello di 2 anni per l'allora capo della polizia e di 1 anno e 4 mesi per Mortola. La sentenza ha stupito tutti perché in primo grado entrambi erano stati assolti. Gli avvocati di De Gennaro, Franco Coppi e Carlo Biondi, si sono eclissati e hanno solo annunciato il ricorso in Cassazione. Uno dei legali di Mortola, Piergiovanni Iunca, ha commentato così: «È una sentenza sorprendente che non ci aspettavamo e avrà pesanti ricadute sulla vita professionale e sulla serenità d'animo del mio assistito».Soddisfazione ovviamente da parte dei legali dei quattro soggetti che hanno presentato ricorso: tre vittime dell'assalto alla scuola e l'associazione dei Giuristi democratici. «Siamo soddisfatti - ha detto l'avvocato Laura Tartarini - la sentenza dimostra che per una volta siamo tutti uguali davanti a un tribunale italiano e che ai margini del processo per la scuola Diaz c'è stata un'attività da parte di alcuni elementi della polizia, tra cui il capo di allora Gianni De Gennaro, volta ad evitare che nel processo si accertasse la verità e questa attività è stata accertata e sanzionata». L'avvocato Emilio Robotti dell'associazione Giuristi democratici ha ricordato che «nella stanza della Pascoli i Giuristi democratici facevano assistenza legale ed è l'unica stanza che fu devastata dalla polizia, furono sequestrati gli hard disk, le bozze di querele e le prime denunce delle violenze avvenute durante la manifestazioni del G8». Sibilline le parole del magistrato Enrico Zucca, pm nel processo di primo grado della Diaz, oggi procuratore generale: «Perché non pensare che le sentenze di primo grado non erano giuste? L'appello serve anche a questo». Eventuali risarcimenti alle vittime verranno decisi in separato giudizio e in sede civile.

Sentenza Diaz, giustizia è fatta. E ora dimissioni.

Giustizia è fatta! Sono stati necessari nove anni ma finalmente alcuni giudici coraggiosi hanno ricostruito la catena di comando della notte cilena alla Diaz.Perché la condanna a De Gennaro questo afferma: che fu lui quella notte ad allertare Sgalla, il capo ufficio stampa della polizia e mandarlo davanti alla Diaz. Quindi De Gennaro sapeva e, visto che era il capo supremo, è impossibile pensare che non abbia partecipato alla decisione.Ora vi sono tutti gli elementi per risalire alle responsabilità politiche di chi allora era presidente del consiglio, Berlusconi, ministro degli Interni, Scajola, o era nella sala operativa dei carabinieri, Fini. Questo dovrebbe essere l'obiettivo dell'opposizione, ma di certo non accadrà; tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, indipendentemente dal loro colore, hanno protetto (o temuto) e promosso De Gennaro e la sua squadra. Di questo dovrebbero rispondere i governi di destra ma anche Prodi, Amato (che lo volle con sé al ministero), Violante e Di Pietro che impedirono l'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare.Oggi De Gennaro e tutti i condannati dovrebbero dimettersi o essere immediatamente rimossi dal governo. Mi auguro che almeno quest'obiettivo, che risulterebbe ovvio in tutto Europa, sia perseguito dall'opposizione.Ho scritto giudici «coraggiosi» non a caso: non è semplice condannare chi è ai vertici dei servizi segreti, lo è ancora meno in Italia, nel pieno di un attacco alla magistratura, con in carica il governo di allora.Con la sentenza di oggi più nessuno può nascondersi dietro la retorica delle mele marce, perché se esistono, sono ai vertici della polizia e dei servizi. Qualunque opera di bonifica deve iniziare da quel livello.Ricordo bene quella notte, quando giunsi alla Diaz chiamai Andreassi, l'allora numero due della polizia, chiedendogli di far cessare quella mattanza: lui rispose che non poteva farlo, facendomi intendere che non dipendeva da lui. È l'unico a non aver fatto carriera.Con la sentenza di ieri, che si aggiunge a quelle sulla Diaz e su Bolzaneto, la verità giudiziaria viene a coincidere con quello che subito dichiararono le vittime e il GSF. In molti casi le condanne sono state miti e probabilmente nessuno finirà in carcere, ma è anche vero che nel Paese delle stragi impunite questo è uno dei pochi casi dove si è giunti a una forte coincidenza tra la verità giudiziaria e quella storica.Resta un vulnus enorme: la verità sulla morte di Carlo Giuliani; non c'è nessuna certezza che il colpevole, assolto senza processo, sia davvero colui che ha sparato e ucciso.P.S. un'ultima annotazione personale: in questi anni ogni volta che denunciavo pubblicamente le responsabilità dei vertici della polizia si verificavano strane coincidenze: il cellulare diventava silente, due incursioni nel mio ufficio con furto dei soli pc, lettere minatorie, forzatura dell'auto, estranei che cercavano di entrare a casa mia: tutto denunciato e regolarmente archiviato. Oggi il mio telefono funziona normalmente. Anche questo è una buona notizia.

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