lunedì 11 maggio 2009

QUANDO E' LO STATO AD AMMAZZARE

Certi passi della cerimonia per le vittime del terrorismo dello scorso sabato letti dal Presidente dell Repubblica Napolitano mi anno fatto rabbrividire in quanto lo spazio dato alle vittime del terrorismo di sinistra è stato molto più ampio e ricco di applausi che quello delle vittime dei fascisti.
Per chi è moralista diciamo che le morti sono tutte uguali(non di certo per me,e se qualcuno si può sentire offeso cambi blog da leggere)ma c'è modo e modo di uccidere:le Brigate Rosse ed il cosìdetto"terrorismo rosso"ha sempre agito colpendo le persone che si dovevano colpire tranne pochi errori di bersaglio e di valutazione meramente tecnica e di esecuzione.
Dall'altra parte il"terrorismo nero",di destra con matrice fascista,ha sempre fatto dello stragismo,del"chi c'è c'è",del caso,la propria strategia di distruzione.
E non mi sembra una cosa di poco conto sparare ad un obiettivo designato o colpire,centrare e fare più danni possibili a persone che non hanno nulla a che vedere con i loro obiettivi politici...ehm,ma è proprio questo che cercano...
Che si tratti di ideologie diverse non ci piove,ma anche che stile e che differenza nel modo di operare quando c'è bisogno e necessità di usare metodi violenti ed espliciti al massimo livello.
Essere paragonato anche minimamente ad un sovversivo neofascista mi fa ribrezzo,il terrorismo
rosso e nero sono lontani anni luce...ok,si può dire che non esista un terrorismo buono,ma quello necessario sì.
E Napolitano,che ultimamente non andava poi tanto male,ha cagato fuori dalla tazza ma non di poco,naturalmente non lesinando parole d'elogio e d'ammirazione per i caduti dell'esercito italiano,delle forze armate,delle merde di Nassiriya(neanche una parola per i caduti sul lavoro),i cui parenti per tutta la vita usufruiranno dei nostri soldi solo perchè servi dello Stato e per questo elevati al rango di privilegiati.
E tutte le vittime del terrosismo di Stato,tutti gli assassinati dalle forze del disordine durante cortei,manifestazioni,scioperi chi li risarcisc,chi ha mai dato loro una giustizia?
Quello che hanno avuto è stato un calcio in culo(dopo naturalmente del piombo e dei pestaggi)e solo il rispetto,la solidarietà ed il ricordo dei compagni e degli amici hanno tentato di arginare la perdita umanadi una persona,magari capo famiglia che ha lasciato moglie e figli.
E'ora di finirla con questa merda di pensiero per cui al poliziotto venga permesso di tutto e di più,
bisogna smeterla di armare le mani a queste assassini in divisa che uccidono nel nome dello Stato e che hanno non solo immunità ma pure gratifiche ed encomi.
Negli ultmi quarant'anni nessun appartenente alle forze armate ha mai avuto una sentenza appropriata al delitto commesso,in un paese che si crede civile ciò non può capitare,è ora di tornre ad alzare la voce e riprenderci in mano la giustiza per conto nostro!
L'elenco posto qui sotto dopo la breve introduzione di Ulisse Ognistrada di"Senza Soste"è una sorta d'inventario di persone ammazzate dallo Stato per mano di carabinieri e polizia,una lista di nominativi che come già premesso può avere dei buchi o sviste(purtoppo per difetto),e che come ho notato non registra i nomi di tutti i carcerati deceduti in maniera fortemente dubbia,
con omicidi passati per suicidi e pestaggi tramutati e giustificati come cadute accidentali.
Infne un'articolo del"Manifesto"del 15 novembre 2007 di Dario Stefano Dell'Aquila dove si tirano un pò le somme dei nostri"eroi"cui possiamo dire tutto tranne che non siano dei tiratori scelti.
La memoria imposta: 9 maggio il ricordo di parte.

Per Giorgio Napolitano il 9 maggio, istituzione dela giornata della memoria delle vittime del terrorismo, “colma un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile che molti di voi avevano dolorosamente avvertito”.
La memoria, imposta per legge, stabilisce che "la Repubblica riconosce il 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale giorno della memoria al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice". Nell'elenco delle vittime vanno compresi i 19 morti di Nassiriya caduti in una guerra di invasione che tutt'oggi si combatte in Irak.
Non esistendo un elenco ufficiale le istituzioni considerano attendibile quello elaborato dall'associazione “Italiana Vittime del Terrorismo”, associazione di cui fanno parte i familiari di coloro che “sono stati colpiti mentre difendevano le istituzioni democratiche” ovvero poliziotti, magistrati, politici; difensori di istituzioni che hanno avuto la colpa, dal dopoguerra ad oggi, di coprire, omettere e depistare le stragi di stato o gli omicidi di piazza.
Questa è la memoria storica che ha imposto il nascente Partito Democratico.
Chi ha perso la vita in piazza per una bomba, ucciso dalle forze di polizia, da candelotti lacrimogeni sparati nel petto, da proiettili esplosi ad altezza uomo o travolti da camionette durante cariche ai cortei non verranno mai ricordati dallo stato, morti senza divisa, non retribuiti dalle istituzioni democratiche, mai risarciti da pensioni, mai riconosciuti come vittime di una guerra civile a bassa intensità vissuta per quasi trent'anni.
Da Giuseppe Pinelli a Carlo Giuliani quanti sono i morti di 20 anni che non avranno mai ne giustizia ne giornate dedicate al ricordo. E Piazza Fontana? Piazza della Loggia? Famiglie distrutte da stragi in cui sono coinvolti interi settori di uno stato sempre pronto ad assolvere i suoi funzionari, e se necessario, insabbiare e distorgere gli eventi.
Quante giornate della memoria ci vorrebbero per ricordare le vittime dello Stato?

Pubblichiamo di seguito un lungo elenco che va dal 1960 al 2001. In esso sono raccolti tutti i caduti uccisi dallo stato, morti mai riconosciuti come vittime ma, al massimo come errori.
5 luglio 1960
A Licata, una manifestazione popolare contro il carovita e la mancanza di lavoro è caricata selvaggiamente dalla polizia. Rimane ucciso Vincenzo Napoli, mentre cercava di difendere un bambino tenuto fermo ad un muro e picchiato dai celerini.
7 luglio 1960
A Reggio Emilia, la polizia interviene contro una massa di cittadini che segue, all’esterno del teatro dove si svolge, un comizio contro il governo Tambroni. Per disperdere la folla di circa 20.000 cittadini, oltre ai caroselli con le jeep la polizia apre il fuoco uccidendo Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Emilio Reverberi e Afro Tondelli. 21 risultano i feriti. Viene arrestato, dopo la strage perpetrata dalla polizia, Alberto Bedini. Gli agenti inquisiti saranno assolti definitivamente nel luglio 1960.
8 luglio 1960
A Palermo, il centro è presidiato fin dalle prime ore del mattino dalla Celere per disturbare lo sciopero generale proclamato dalla Cgil. Alle violente cariche i dimostranti rispondono. Restano uccisi Francesco Vella, organizzatore delle leghe edili, mentre soccorre un ragazzo colpito da un lacrimogeno, Giuseppe Malleo, Rosa La Barbera e Andrea Cangitano di 18 anni, non si sa se da poliziotti o mercenari. Una manifestazione indetta alle 18 davanti a municipio, questura e prefettura viene respinta con l'impiego di armi da fuoco. Gli scontri continuano fino a notte, seguiti da rastrellamenti e pestaggi dei fermati. Bilancio: 300 fermi, centinaia di feriti e contusi, 40 persone medicate per ferite da armi da fuoco.
8 luglio 1960
A Catania, nel corso dello sciopero contro il governo Tambroni, le forze di polizia caricano i manifestanti con lancio di candelotti lacrimogeni. Un edile disoccupato, Salvatore Novembre, rimasto isolato viene massacrato a manganellate e finito a colpi di pistola. Altri 7 manifestanti rimangono feriti.
11 maggio 1961
A Sarnico (Bs), una manifestazione di protesta da parte degli operai contro i licenziamenti, viene stroncata dai carabinieri che aprono, senza alcuna motivazione plausibile, il fuoco uccidendo il disoccupato Mario Savoldi.
28 maggio 1962
A Ceccano (Frosinone), i carabinieri aprono il fuoco sugli operai del saponificio Scala, in sciopero da 34 giorni, che protestano contro i crumiri assunti dalla direzione. Viene ucciso l’operaio Luigi Mastrogiacomo e altri 7 rimangono feriti.
27 ottobre 1962
A Milano, mentre è in corso una manifestazione contro il blocco aeronavale imposto dagli Stati uniti a Cuba, i reparti della Celere caricano i partecipanti travolgendoli e uccidono, schiacciandolo contro un muro, lo studente Giovanni Ardizzone.
14 luglio 1964
La Corte d’assise di Milano, presieduta da Paolo Curatolo, emette la sentenza a carico dei 63 imputati per i fatti di Reggio Emilia del luglio 1960, assolvendo da ogni addebito i poliziotti che avevano aperto il fuoco contro i manifestanti.
12 settembre 1968
A Lodè (Nuoro), nel corso di una manifestazione, i carabinieri intervengono aprendo il fuoco sui dimostranti e uccidendo l’operaio Vittorio Giua.
2 dicembre 1968
Ad Avola (Siracusa), la Celere apre il fuoco contro una manifestazione di braccianti, in agitazione nel quadro di una settimana di scioperi per il rinnovo del contratto, uccidendo Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona.
9 aprile 1969
A Battipaglia (Salerno) viene caricata violentemente una manifestazione di operai e braccianti dalla polizia che spara, uccidendo Teresa Ricciardi e Carmine Citro, 19 anni, e ferendo molti altri manifestanti. La manifestazione, che aveva bloccato il traffico sull’Autosole, era stata indetta nel corso di uno sciopero cittadino, per protestare contro la chiusura degli stabilimenti che davano occupazione alla zona (uno per uno, hanno chiuso i battenti il tabacchificio Santa Lucia, Baratta, D’Amato, D’Agostino, Giambardella e il zuccherificio Ziis) e chiedere terra e lavoro.
23 luglio 1969
A Battipaglia, vengono incriminate 119 persone in relazione alla manifestazione nella quale sono stati uccisi Citro e Ricciardi, per blocco stradale, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
27 ottobre 1969
A Pisa, la polizia carica i manifestanti del movimento, uccidendo con un candelotto lacrimogeno sparato a tiro teso ed altezza d'uomo lo studente Cesare Pardini; numerosi altri manifestanti rimangono feriti. Vengono spiccati 12 mandati di cattura per ‘radunata sediziosa, resistenza, violenza privata, lesioni aggravate, danneggiamento aggravato, detenzione, uso e trasporto di materiali esplosivi’ ; 5 manifestanti (3 operai e 2 studenti) sono arrestati e tradotti nel carcere di Livorno, gli altri 7 si rendono latitanti.
28 ottobre 1969
Il ministro degli interni, Franco Restivo, intervenendo al Senato per riferire sull’uccisione da parte della polizia dello studente Cesare Pardini, a Pisa, afferma :"Questi avvenimenti, che purtroppo hanno avuto la loro vittima, ci ammoniscono ad opporci all’eversivo operare di minoranze di facinorosi che, trasformando anche le più civili manifestazioni in violenti tumulti, perseguono il fine di turbare gli animi, di esasperare le passioni e di attentare all’ordine democratico".
30 novembre 1969
A Napoli, nel carcere di Poggioreale, si uccide Domenico Criscuolo, tassista incarcerato in occasione di una manifestazione sindacale caricata dalla polizia, il 13 ottobre. Aveva appena avuto un colloquio con la moglie, che non sapeva come procurarsi il denaro per vivere, insieme ai 5 figli.
14 luglio 1970
A Reggio Calabria, si verificano dimostrazioni e scontri tra forze di polizia e popolazione alla notizia che è stata prescelta la città di Catanzaro come capoluogo di regione. Nel corso degli scontri la polizia uccide il ferroviere Bruno Labate.
27 settembre 1970
A Reggio Calabria, nel corso di incidenti con i manifestanti per ‘Reggio capoluogo’, la polizia uccide Angelo Campanella.
9 novembre 1970
Ad Avola (Siracusa), il giudice istruttore Dionisio Mangiacasale invia 85 mandati di comparizione ad altrettanti braccianti, per i reati di ‘blocco stradale’, ‘resistenza a pubblico ufficiale’, ‘violenza’, a seguito della repressione poliziesca del 2 dicembre 1968
12 dicembre 1970
A Milano, la polizia guidata dal vice questore Vittoria carica con lacrimogeni e pestaggi un corteo indetto dalla sinistra extraparlamentare nell'anniversario della ‘strage di Stato’, e per solidarizzare con i militanti dell’Eta sotto processo a Burgos, uccidendo Saverio Saltarelli di 22 anni, provocando decine di feriti fra i quali il giornalista Giuseppe Carpi, colpito da un proiettile. Per la morte di Saltarelli saranno successivamente inquisiti il capitano dei carabinieri Antonio Chirivi e il capitano di Ps Alberto Antonietti.
2 febbraio 1971
A Foggia, nel corso di uno sciopero la polizia apre il fuoco uccidendo il bracciante Domenico Centola.
6 giugno 1971
A Milano, nel corso dello sgombero di una palazzina Iacp di via Tibaldi, occupata da decine di famiglie operaie, il denso fumo provocato da decine di candelotti lacrimogeni sparati dalle forze di polizia provoca la morte di Massimiliano Ferretti, di 7 mesi, malato di cuore e affetto da bronchite.
12 giugno 1971
A Palermo, un attivista del Partito repubblicano, Michele Guaresi di 32 anni, viene ucciso con un colpo di pistola da un agente di Ps perché sorpreso ad affiggere manifesti elettorali del suo partito dopo il termine consentito.
17 settembre 1971
A Reggio Calabria, nel corso di incidenti con dimostranti per Reggio capoluogo, le forze di polizia fanno uso di armi da fuoco uccidendo Carmelo Jaconis.
11 marzo 1972
A Milano, la Questura autorizza un raduno della maggioranza silenziosa che raccoglie alcune centinaia di persone a piazza Castello; a margine di questa manifestazione, vengono malmenati un cronista del "Giorno" e un fotografo. La Questura vieta per contro la piazza alla sinistra extraparlamentare che vuole manifestare per la libertà di Valpreda e contro il governo Andreotti e la ‘strage di Stato’. I giovani si radunano egualmente in vari punti della città ed impegnano la polizia, tenendo il centro per tutto il pomeriggio. Rimane ucciso da un candelotto lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo dalla polizia, il pensionato Giuseppe Tavecchio (per la sua morte verrà incriminato per ‘omicidio colposo’, il capitano di Ps Dario Del Medico, condannato in primo grado e, infine, assolto in appello perché ‘il fatto non costituisce reato’) e si contano 40 feriti. Nei giorni seguenti, perquisizioni a tappeto, la Questura annuncia 99 arresti: fra essi, il nostro compagno, Luigi Cipriani, ‘comandante’ delle forze di piazza, che dovrà rendersi latitante per sfuggire all’arresto, nonché l’avvocato Leopoldo Leon, non presente ai fatti, che raccoglieva testimonianze sul comportamento della polizia, per ‘concorso ideologico nei reati di resistenza aggravata e devastazione’.
5 maggio 1972
A Pisa, le forze di polizia caricano i militanti della sinistra extraparlamentare che contestano il comizio del missino Niccolai, provocando decine di feriti e procedendo a 20 arresti. Fra questi, l’anarchico Franco Serantini di vent’anni, che al momento del fermo viene selvaggiamente percosso con i calci dei fucili, pugni e calci. Morirà due giorni dopo nel carcere di Pisa, privo di cure, per frattura della scatola cranica. Il pretore condannerà il capitano di Ps Amerigo Albini e l’agente Giovanni Colantoni a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per ‘falsa testimonianza’. Anche a Bergamo, le forze di polizia caricano violentemente i militanti di sinistra che contestano il comizio del missino Tremaglia, provocando il ferimento di 15 giovani.
23 gennaio 1973
A Milano, in serata 100 poliziotti agli ordini del vice questore Paolella e Cardile e del tenente Vincenzo Addante circondano la Bocconi contro una manifestazione di studenti del movimento, indetta per protestare contro i provvedimenti repressivi della libertà di riunione, adottati sulla scia di quelli alla Statale. Un agente di Ps apre il fuoco contro i manifestanti in fuga, colpendo a morte lo studente Roberto Franceschi. Rimane ferito anche l’operaio Roberto Piacentini, al quale una pallottola sfiora un polmone. Il giorno successivo, in gravissime condizioni, verrà incriminato per ben 5 reati. Si verifica nei giorni successivi un rimbalzo di responsabilità per l’intervento della polizia fra il rettore Giordano Dell’Amore e la Questura, che avanza la versione dell’ ‘agente in preda a raptus’
.24 febbraio 1974
A Firenze, nel corso di una protesta inscenata dai detenuti nel carcere cittadino Le Murate, un secondino uccide con una raffica di mitra Giancarlo Del Padrone, di 20 anni, mentre altri 4 rimangono feriti.1
0 maggio 1974
Ad Alessandria, una rivolta dei detenuti che avevano preso degli ostaggi, viene stroncata dal procuratore generale di Torino, Carlo Reviglio Della Veneria e dal generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che ordinano un attacco militare che si conclude con l’uccisione di 2 detenuti, di 2 secondini, del medico del carcere e di una assistente sociale.
8 settembre 1974
A Roma, si rinnovano gli interventi repressivi della polizia nel quartiere san Basilio contro gli occupanti di case, anche con l’uso di armi da fuoco che uccidono il militante di sinistra Fabrizio Ceruso.
17 aprile 1975
In molte città, si svolgono manifestazioni di protesta per l’uccisione di Claudio Varalli da parte del fascista Braggion. A Milano, la manifestazione è repressa dalla polizia con ampio uso di armi da fuoco. Un manifestante, l’insegnante Giannino Zibecchi di 27 anni, è ucciso da un camion dei carabinieri guidato dal milite Sergio Chiairieri, salito sul marciapiede per caricare i partecipanti. I tre militi inquisiti per l’uccisione saranno definitivamente scagionati nel novembre 1980.
18 aprile 1975
A Firenze, una manifestazione antifascista organizzata dall’Anpi è attaccata dalla polizia con l’uso di armi da fuoco. Un agente di Ps, Orazio Basile, uccide Rodolfo Boschi e ferisce Alfredo Panichi. Al processo che ne seguirà, l’agente sarà condannato a 8 mesi con la condizionale per ‘eccesso colposo di legittima difesa’; 10 anni di reclusione sono inflitti invece a Francesco Panichi, imputato di reati minori.
16 maggio 1975
A Napoli, la polizia carica i disoccupati che hanno occupato la sala consiliare del Comune, provocando 34 feriti e travolgendo con un automezzo Gennaro Costantino, determinandone la morte. Numerosi sono gli arrestati fra i dimostranti, che si sono difesi con sassaiole, impegnando la polizia in scontri.
16 luglio 1975
Il quotidiano comunista "L’Unità" riporta uno stralcio dell’ordinanza istruttoria sulla morte di Saverio Saltarelli, che vede come indiziati di reato il capitano dei carabinieri Antonio Chirivì e il capitano di Pubblica sicurezza Alberto Antonietti. Il magistrato ammette che da parte degli organi giudiziari e di polizia "è evidente che fu posto in essere un ostruzionismo sottile, bizantino, fondato su manipolazioni procedurali, che ha avuto quale unico effetto quello di allontanare nel tempo l’accertamento della verità".
22 novembre 1975
A Roma, nel corso di una manifestazione a favore della liberazione dell’Angola dal dominio portoghese, i carabinieri aprono il fuoco uccidendo il diciottenne Pietro Bruno e ferendo gravemente altri 3 militanti di sinistra. Per l’uccisione di Bruno saranno inquisiti il sottotenente dei carabinieri Saverio Bosio, il carabiniere Pietro Colantuono e l’agente di Ps Romano Tammaro. Il giudice istruttore Pasquale Lacanna nella sua ordinanza di proscioglimento scriverà: "se per la difesa dei superiori interessi dello Stato, congiuntamente alla difesa personale, si è costretti ad una reazione proporzionata alla offesa, si può compiangere la sorte di un cittadino la cui vita è stata stroncata nel fiore degli anni ma non si possono ignorare fondamentali principi di diritto. La colpa della perdita di una vita umana è da ascrivere alla irresponsabilità di chi, insofferente della civile vita democratica, semina odio tra i cittadini".
14 marzo 1976
A Roma, davanti all’Ambasciata spagnola è stata indetta una manifestazione antifranchista dalla sinistra rivoluzionaria e movimento studentesco, caricata dalla polizia che si lancia in caroselli al Pincio ed uccide un anziano, l’ingegner Marotta, che passeggiava in via Belvedere, e ferisce uno studente.
7 aprile 1976
A Roma, in occasione della trattazione in Cassazione del caso Marini, per il quale è riconfermata la condanna, manifestano gli anarchici e la sinistra rivoluzionaria dinanzi al ‘Palazzaccio’ e al ministero di Grazia e giustizia. Il secondino Domenico Velluto, in servizio dinanzi al ministero, spara contro alcuni giovani che avevano lanciato delle bottiglie molotov contro l’edificio, uccidendo con un colpo alla nuca il 21enne Mario Salvi.
1 luglio 1976
A Milano, viene condannato per omicidio colposo, in relazione alla morte di Saverio Saltarelli, il capitano di Ps Alberto Antonetti a 9 mesi con la concessione delle attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena e la non menzione.
19 gennaio 1977
Il Tribunale di Pisa modifica la sentenza emessa dal pretore il 1 ottobre 1975, assolvendo il capitano di Ps Amerigo Albini e l’agente Giovanni Colantoni accusati di ‘falsa testimonianza’ per la morte di Franco Serantini.
11 marzo 1977
A Bologna, la polizia carica i militanti di sinistra e del movimento che manifestano per le vie cittadine. I carabinieri aprono il fuoco, uccidendo Pier Francesco Lorusso di Lotta continua. I giovani continuano a manifestare, caricati a più riprese. Sono arrestate in seguito agli scontri 45 persone fra cui Renato Resca, Nicola Rastigliano, Diego Benecchi, Alberto Armaroli, Mauro Collina, Raffaele Bertoncelli, Giancarlo Zecchini, Albino Bonomi, Fausto Bolzani, Carlo Degli Esposti, fra gli altri. Per la morte di Lorusso sarà inquisito il capitano dei carabinieri Pietro Pistolese.
22 marzo 1977
A Roma, l’agente di Ps Claudio Graziosi è ucciso su un autobus mentre tenta di arrestare Maria Pia Vianale, senza darsi conto che accanto vi è un suo compagno armato. In seguito al fatto, la polizia scatena una caccia all’uomo, nel corso della quale viene uccisa ‘per errore’ Angelo Cerrai.
8 aprile 1977
A Firenze, è condannato in relazione all’uccisione di Boschi, qualificata come ‘omicidio colposo in eccesso di legittima difesa’, l’agente Orazio Basile alla pena assai mite di 8 mesi con la condizionale.
12 maggio 1977
A Roma, la polizia carica una dimostrazione pacifica, organizzata dai radicali per ricordare la vittoria del referendum sul divorzio, facendo largo uso di armi da fuoco ed uccidendo Giorgiana Masi, diciannovenne, e ferendo altri 7 giovani, tra i quali Elena Ascione. Fra gli agenti di Ps che aprono il fuoco viene ritratto in una foto Giovanni Santone, in forza alla squadra mobile.
7 luglio 1977
A Roma, il Tribunale assolve il secondino Domenico Velluto dall’accusa di ‘omicidio preterintenzionale’ nei confronti di Mario Salvi, per "aver fatto uso legittimo delle armi".
22 ottobre 1977
La sezione istruttoria della Corte di appello di Bologna annulla il mandato di cattura a carico del carabiniere Massimo Tramontani, accusato di aver ucciso Francesco Lorusso l’11 marzo 1977.
3 gennaio 1979
A Roma, una pattuglia di carabinieri ferisce in modo grave, sparandogli, Alberto Di Cori, impegnato a tracciare scritte sui muri nelle vicinanze della residenza privata di Giulio Andreotti.
18 luglio 1979
A Milano, al processo per la morte di Franceschi, sono assolti gli agenti incriminati per la impossibilità, a giudizio del Tribunale, di stabilire la dinamica dei fatti; assolti con formula dubitativa anche i manifestanti Piacentini e Cusani. L’unica condanna è per ‘falsa testimonianza’, al capitano Savarese e all’agente Puglisi.
1 febbraio 1980
A Roma, i carabinieri uccidono Maria Minci, nel quartiere Montesacro, nel corso, affermeranno successivamente, di un’operazione anti terrorismo, per ‘errore’.
6 gennaio 1981A Roma, nel corso di un controllo anti- terrorismo, la Digos uccide ‘per errore’ Laura Rendina.
28 luglio 1981
A San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), agenti di polizia in borghese appostati sotto l’abitazione di Roberto Peci, uccidono Vincenzo Illuminati che, in compagnia della fidanzata, non si era fermato all’alt temendo di avere a che fare con dei banditi.
9 marzo 1985
A Trieste, nel corso dell’operazione finalizzata all’arresto dell’autonomo Pietro Maria Greco, alla quale partecipano l’agente di Ps Mario Passanisi, il vice ispettore Giuseppe Guidi, l’agente di Ps Nunzio Romano in forza al Sisde ed altri, il giovane viene ucciso benché non avesse opposto resistenza e fosse disarmato.
20 febbraio 1986
A Milano, la polizia uccide nel corso di un’operazione di ordine pubblico il militante di Democrazia proletaria Luca Rossi.
20-21 luglio 2001
A Genova, in una città blindata in occasione del vertice dei G8, continuano le dimostrazioni iniziate il giorno precedente con il ‘corteo dei migranti’, mentre la città è affollata di giovani e non, che hanno risposto all’appello lanciato dal ‘Genoa social forum’, dalle ‘Tute bianche’, Rifondazione comunista, Campo antimperialista e altri gruppi antiglobalizzazione, per contestare lo strapotere dei grandi. Oggi le ‘Tute bianche’ hanno inscenato lo sfondamento della rete che protegge la ‘zona rossa’ nel giorno della ‘disobbedienza civile’. Da una camionetta di carabinieri, circondata da alcuni ragazzi armati di soli oggetti contundenti, parte un proiettile che colpisce alla testa Carlo Giuliani, 23 anni. Per inscenare l’incidente, non sapendosi filmati, i carabinieri innescano la retromarcia e la camionetta passa sul corpo del ragazzo, già caduto a terra in una pozza di sangue. Il giorno seguente, 200.000 persone accorrono per la dimostrazione finale unitaria e per protestare contro l’uccisione del ragazzo. Le forze di polizia prendono a pretesto l’azione di alcuni gruppi di giovani, che effrangono le vetrine di alcune banche e bruciano macchine di lusso, e caricano con lanci di lacrimogeni e pestaggi indiscriminati la folla di manifestanti, per la gran parte indifesi e privi di servizi d’ordine. Diverse testimonianze parlano di infiltrati. La giornata si chiude con un altro pestaggio nelle scuole messe a disposizione dal Comune per accogliere i giovani, operato dalle forze di polizia, che operano decine di arresti e provvedono altresì ad effrangere, nella scuola adibita a sede del Genoa social forum i computer, asportare il materiale fotografico e video che gli organizzatori hanno raccolto per documentare le violenze della polizia e la morte del giovane.

A questa lista parziale possiamo aggiungere anche Marcello Lonzi, Maurizio Tortorici, Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino. Basta un qualsiasi motore di ricerca per trovare documenti e informazione su questi recenti morti per mano dello Stato.
«Accidentalmente», spari ad altezza d'uomo. Gli ultimi 21 «errori» letali che non hanno fatto notizia.

L'unico, tra gli esponenti istituzionali, a porre il problema è stato il presidente della camera Fausto Bertinotti. «L'uso delle armi da fuoco deve essere diversamente sorvegliata - ha detto al Gr Parlamento commentando la morte di Gabriele Sandri -. In base alla dinamica dei fatti che conosco ritengo incomprensibile che si sia potuto utilizzare un'arma da fuoco. Le armi non devono essere utilizzate se non in condizioni estreme. Con tutta la partecipazione umana anche per il poliziotto coinvolto, non è ammissibile che avvengano casi come questo».Il dibattito ha preso invece un'altra via, quella delle problematiche relative alle tifoserie e alle trasferte. Forse perché, nonostante l'attualità del tema, quello dell'uso delle armi da parte delle forze dell'ordine rimane ancora un tabù. Tanto è vero che non si dispone nemmeno di dati ufficiali su cui provare a ragionare.Nel 1986 Luca Rossi, studente milanese, viene ucciso da un colpo di pistola partito, accidentalmente, dalla pistola di un agente della Digos. Gli amici di Luca Rossi fondano un centro di iniziativa politica provando a ragionare sul loro dolore. Si interrogano su quanti siano i morti e i feriti per mano delle forze dell'ordine dalla introduzione della legge Reale, la norma approvata nel 1975 che ha aumentato i poteri delle forze di polizia. Dai loro dati, che arrivano al 1989, basati sulle notizie di stampa, emerge che tra i morti (254) e i feriti (371) si arriva al numero di 625 persone. Pubblicano questi dati in un libro dal titolo «625 Libro bianco sulla Legge Reale - Ricerca sui casi di uccisione e ferimento da legge Reale». E chiamano a discuterne alcuni intellettuali tra cui Franco Fortini. Purtroppo, il loro lavoro si è fermato ad alcuni anni fa. Visto che dati recenti non c'erano, abbiamo deciso di produrli noi, con un criterio ancora più selettivo. Abbiamo esaminato solo i casi avvenuti durante un controllo o un fermo di polizia, non abbiamo preso in esame cioè né i casi di conflitto a fuoco con altre persone armate né il caso di Carlo Giuliani. Dal 1998 ad oggi, emerge che sono almeno 18 le persone uccise da un colpo di pistola esploso «accidentalmente». A questi casi, si potrebbero aggiungere altri 3 episodi, in cui la vittima è stata soffocata (2) o si è «gettata» dalla finestra (1). Caratteristica comune di questi casi è che la versione ufficiale ha sempre un avverbio, un «accidentalmente», alla base della ricostruzione ufficiale.Nell'elenco non manca nessuno corpo delle forze dell'ordine, dai carabinieri alla polizia, dalla guardia di finanza alla polizia penitenziaria, dai vigili urbani al corpo della guardia forestale. Quello che segue è una breve panoramica dei casi più recenti.Solo quest'anno sono tre gli episodi. Il 4 luglio 2007 Susanna Venturini, 51 anni, incensurata, madre di tre figli, muore in un'area di servizio nel veronese. Scoperta durante un tentativo di estorsione fugge e viene uccisa, in auto, dal colpo di pistola di un carabiniere. L'otto settembre è la volta di una donna rumena, in fuga dopo aver rubato 300 euro ad un supermercato di Ivrea. L'auto su cui viaggia non si ferma all'alt dei carabinieri. Il ventotto ottobre a Somma Vesuviana, nel napoletano, muore Pasquale Guadagno, 20 anni. Viaggia su un'auto che non si ferma all'alt dei carabinieri. Dopo un lungo inseguimento, viene ucciso da un colpo esploso da una pistola. Nel 2006 un cittadino nomade di 51 anni, Giuseppe Laforè, viene ucciso dopo un inseguimento dei carabinieri, a Piasco, sulla strada tra Saluzzo e Cuneo. La vittima, accanto al guidatore, viaggiava su una vettura che, secondo una prima ricostruzione, non si sarebbe fermata a un posto di blocco, viene uccisa dal colpo di pistola partito «accidentalmente».Nel 2005, nel giro di tre mesi, muoiono due immigrati. A Milano un giovane tunisino, 26 anni, muore dopo che, durante una colluttazione, è colpito da un colpo di pistola accidentalmente partito dalla pistola di un agente della Guardia di Finanza. A Torino, cambiano nazionalità della vittima, a perdere la vita è un senegalese, e la divisa di chi ha sparato è quella di un agente di polizia. Rimane l'«accidentalmente» per l'omicidio avvenuto questa volta durante un normale controllo. Un immigrato nigeriano, a Torino, invece si getta da una finestra durante un controllo di polizia. Molto conosciuto il caso di Federico Aldrovandi che muore a Mantova durante un fermo. In questi due casi non vi è l'uso di armi da fuoco.Molte di queste tragedie non hanno fatto notizia: sono state confinate nelle brevi di cronaca o nelle pagine dei quotidiani locali. È il caso, ad esempio, di Domenico Palumbo 30 anni, soffocato, il 31 ottobre 2004, durante un fermo effettuato da tre agenti di polizia penitenziaria di fronte la sede della loro scuola di polizia. Oppure come il caso di Gregorio Fichera che muore a diciotto anni, mentre, a Catania, è alla guida di un auto rubata. Il colpo di pistola è di un appuntato dei carabinieri. A Brescia, invece, Stefano Cabiddu muore mentre è sul bordo del fiume Mella in compagnia dei suoi fratelli. «Un doloroso incidente», lo definisce il procuratore capo di Brescia Giancarlo Tarquini. È giugno 2003, quando ad Arzano vicino Napoli, Mohamed Kadiatou Cisse viene ucciso nell'abitazione della sorella. È a letto, soffre di una forte depressione. La famiglia ha chiamato il 118, ma arrivano i carabinieri. La sua morte si dimentica in due giorni, mentre i familiari ancora si battono per avere giustizia, o almeno la verità.A Gorizia Bostian Brecelj, di 30 anni, è ferito con un colpo di pistola alla testa sparato - «accidentalmente», secondo la ricostruzione degli stessi carabinieri - durante una colluttazione avvenuta dopo un lungo inseguimento. Sempre dopo un lungo inseguimento, questa volta a Bari, trova la morte Michele Ditrani, 47 anni. Anche qui a sparare la pistola di un carabiniere. A Padova (2002) Nunzio Albanese, sospettato di far parte di una banda che ruba camion, viene ucciso in un'area di servizio, da una sventagliata di una mitraglietta il cui portatore, un carabiniere, scivola accidentalmente. Infine, ecco l'unico caso che ha avuto una certa attenzione dei media, prima di cadere nel dimenticatoio. Siamo a Napoli. È il 21 settembre 2000. Mario Castellano ha solo 17 anni e come tanti gira in motorino senza casco. Non si ferma all'alt dell'agente di polizia Tommaso Leone. Il poliziotto si volta e spara o, se preferite, inciampa e accidentalmente parte un colpo. Mario Castellano muore con un polmone bucato. Tommaso Leone viene condannato definitivamente (dopo che la Cassazione annulla il processo di secondo grado in cui era stato assolto), nel 2005, a dieci anni con l'accusa di omicidio volontario. Perché non tutto avviene sempre accidentalmente.

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