sabato 23 maggio 2009

LA POSSIBILE CURA DEL RITORNO ALLA SCALA MOBILE


I lavoratori dipendenti sempre più stritolati dagli ingranaggi di questa contorta economia gravata da una crisi ora conclamata pure dalla destra del regime,potrebbero trovare sollievo dal ritorno in auge della scala mobile,cui a termine di questa breve introduzione è dedicata la sua storia e la sua fine(fonte Wikipedia)decretata dal padre putativo dell'attuale premier,l'infame Bettino Craxi,
che negi ultimi anni ha riscosso un'enormità di consensi visto che grazie a lui i Berlusconi sono diventati potenti,grazie all'amicizia di queste famiglie il fratellone Paolo ha costruito un pezzo di Milano e Silvio il figlioccio di Bettino ha creato il suo impero me(r)diatico.
Naturalmente grazie alle spinte politiche da una parte e dalla n'drangheta dall'altra.
Nonostante che l'imprenditoria e la borghesia italiana siano ovviamente contro questo ritorno,perchè il guadagno deve rimanere solamente dentro le proprie saccocce,l'introduzione della scala mobile porterebbe giovamento al lavoratore in quanto il salario aumenterà in base al costo della vita sempre più cara.
Siccome penso che una parte sempre più grande degli operai si stia rincoglionendo grazie al potere deviato dei mass-media che martella costantemente che il governo è cosa buona e giusta,trovo difficle l'idea di questo ritorno,ma tentare non nuoce...bisogna saper combattere e non lasciare che gli eventi passino senza che nessuno tenti qualcosa.
L'articolo dopo è invece di Pietro Ancona tratto da Senza Soste,ma prima come anticipato la breve storia della scala mobile.

Con il termine scala mobile era chiamato fino agli anni Novanta il sistema di aggiornamento automatico della retribuzione da lavoro dipendente rispetto all'aumento del costo della vita.

Come è calcolata.
La scala mobile veniva calcolata seguendo l'andamento variabile dei prezzi di particolari beni di consumo (l'indice era l'IPC, indice dei prezzi al consumo), generalmente di larga diffusione, costituenti il cosiddetto paniere. Un'apposita commissione aveva il compito di determinare ogni tre mesi le variazioni del costo della vita utilizzando - come indice di riferimento - appunto le variazioni dei prezzi di tali beni.
Accertata e resa uguale su base 100 la somma mensile necessaria per la famiglia tipo, in riferimento ad un dato periodo per l'acquisto dei prodotti del paniere, le successive variazioni percentuali dei prezzi dei beni di consumo divenivano i punti di variazione dell'indice stesso del costo della vita.

Storia.
Nel 1975 la scala mobile, applicata fino ad allora al solo settore industriale, venne unificata agli altri settori con un accordo considerato storico stipulato tra la Confindustria e le tre maggiori organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL.
Fra i vari successivi interventi legislativi, quello maggiormente incisivo è stato quello concretizzato nel Decreto Legge 1º febbraio 1977 n. 12 che regola le Norme per l’applicazione dell'indennità di contingenza. Con esso è stato introdotto il divieto di corrispondere, a lavoratori di settori diversi, trattamenti retributivi di scala mobile più favorevoli rispetto a quelli previsti dall'accordo per il settore industriale (cosiddetta abolizione della "scala mobile anomala"). Dagli anni 2000, l'indennità di contingenza è confluita in un'unica voce retributiva, insieme al salario base previsto dai contratti nazionali per ogni livello di inquadramento. L'indennità è aggiornata, come minimo, a cadenza annuale. Invece, la scala mobile, indennità di contingenza, aggiornata ogni mese con l'inflazione corrente, è rimasta invariata per alcune categorie quali politici, magistrati, giornalisti, con reddito maggiore di 5 volte la pensione sociale INPS.
Il 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984.
La scala mobile è stata definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992. Con la scala mobile è stata abolita l'indennità di contingenza ed è stato introdotto per tutti i lavoratori dipendenti (dirigenti esclusi) l’Elemento Distinto della Retribuzione.
La scala mobile non teneva conto di un altro parametro economico, che può essere più importante dello stesso fattore inflattivo: l'aumento del PIL, o valore aggiunto per le aziende, oppure, in termini equivalenti, l'aumento della produttività del lavoro.
La produttività è intesa come guadagno operativo per addetto, non come fatturato per addetto, e quantifica appunto il valore aggiunto di ogni lavoratore. Un aumento dei salari al di sopra della produttività, anche se in linea con l'inflazione corrente, è causa di nuova inflazione, a meno che questo aumento derivi da una corrispondente riduzione degli utili aziendali, da un drenaggio di denaro dalle imprese ai dipendenti. Se l'utile rimane invariato, si genera un aumento della moneta circolante non corrisposto da una crescita della ricchezza prodotta, e una spirale inflazionistica. Viceversa, un aumento dei salari, anche al di sopra dell'inflazione, ma entro la crescita della ricchezza nazionale, è una redistribuzione ai lavoratori dei guadagni di produttività. Secondo la teoria monetarista, gli aspetti più rilevanti sono che:
il costo del lavoro non determini un aumento della moneta circolante;
di secondaria importanza, il costo del lavoro non cresca più della produttività e della ricchezza nazionale, più che il suo collegamento con l'inflazione.
Gli aumenti salariali andrebbero visti in contrapposizione a una riduzione dei profitti aziendali. Se l'economia cresce poco, è un semplice travaso di moneta. Se la crescita di PIL e produttività è sostenuta, crescono sia utili che salari, ma l'impresa comunque guadagna meno di quanto avrebbe ovviamente senza una reditribuzione ai dipendenti.

Critiche.
Nel dibattito di quel periodo i detrattori del sistema sostenevano che la scala mobile fosse causa d'inflazione, oltreché una misura di questo fenomeno che avrebbe dovuto mantenere inalterato il potere di acquisto dei lavoratori e il loro salario reale. L'aumento salariale non comportava una variazione della base monetaria, ma una riduzione dell'utile delle imprese, che veniva redistribuito ai lavoratori: diversi economisti, come quelli che si riconducono alla scuola monetarista austriaca di von Mises, ritengono che l'aumento dei prezzi dipenda unicamente da un aumento dell'offerta di moneta, e di conseguenza escludono un legame scala mobile-inflazione.

Dibattito successivo.
Negli Anni duemila vi sono state numerose proposte, provenienti da partiti e movimenti della sinistra italiana, di reintrodurre la Scala Mobile, come strumento per restituire ai lavoratori il potere d'acquisto eroso dall'inflazione. Sono state avviate in tal senso anche delle proposte di Legge di iniziativa popolare che il Parlamento non ha però mai seriamente considerato. La proposta di tornare alla Scala Mobile è stata pure contenuta nel programma elettorale di Sinistra Critica, del Partito Comunista dei Lavoratori ed in parte in quello della Sinistra Arcobaleno in occasione delle elezioni politiche del 2008. Per tutta risposta i partiti di centro e di destra hanno sempre respinto tale ipotesi.
Elogio della scala mobile.
Al congresso della Cisl non poteva non tornare la questione della scandalosa situazione dei salari italiani non solo fermi dal 1993 ma in regressione proporzionale dal momento che sono stati crocifissi al cosidetto tasso di inflazione programmata dal famigerato accordo sulla concertazione governo-sindacati-confindustria. Ma la proposta che viene avanzata non è risolutiva, non è nuova, è già stata fatta dalla CGIL e riguarda un abbassamento delle tasse che pesano sulla busta paga. Non si capisce perchè le imprese vengano accuratamente scansate pur essendo beneficiare del basso costo del lavoro con il quale si sono arricchite realizzando uno dei trasferimenti di redditi più scandalosi della storia d'Italia sottraendo oltre dieci punti al lavoro dipendente. C'è una responsabilità dei sindacati confederali nella drammatica condizione dei salari italiani che non viene confessata, non è oggetto di autocritica ma sopratutto c'è una volontà di non toccare mai più la questione se non in sede aziendale e legata alla produttività secondo gli accordi sul nuovo modello contrattuale e gli imput che vengono dalla Confindustria. I salari sono destinati ad impoverirsi ancora ed i benefici che deriverebbero da sgravi fiscali, ammesso che ci saranno, saranno rapidamente riassorbiti dalla naturale deriva che i prezzi hanno. E' notorio che il "mercato" italiano è fortemente oligopolistico e cioè difatto non esiste ed i prezzi sono imposti unilateralmente dai produttori di beni o servizi e sfuggono ad ogni controllo compreso quello del tutto accademico delle "autority". Inoltre molti servizi che incidono molto sulla busta paga sono in fase di crescita per via delle privatizzazioni a cominciare dall'acqua. ( tutte le aziende municipalizzate privatizzate o in regime giuridico privato costano molto di più a cominciare dai loro managers) In un sistema economico e sociale dinamico non si possono lasciare le briglie sciolte a tutti e tenere i salari inchiodati. Bisogna quindi ripristinare un sistema di indicizzazione basato sul punto unico della contingenza concordato nel 1975 ed abolito da quasi venti anni. Insomma la scala mobile che dovrebbe costantemente adeguare le retribuzioni e le pensioni al costo della vita per salvarle dal deprezzamento. Non è vero che l'indicizzazione provoca inflazione dal momento che segue e non precede le variazioni dei prezzi. Si potrebbe,inoltre, stabilire un sistema di raffreddamento facendo scattare le variazioni nel trimestre successivo a quello in cui si verificano. Insomma, se si vuole essere rispettosi del diritto dei lavoratori ad una retribuzione giusta e decorosa non c'è alternativa alla reintroduzione della scala mobile. I Sindacati confederali inoltre ignorano la UE e non si rendono conto che la legislazione del lavoro che gli uffici di Bruxelles sfornano in direttive, raccomandazioni ed altro, è del tutto lesiva di diritti fondamentali alla quantità e qualità delle retribuzioni. Si dovrebbe chiedere un Salario Minimo Garantito in sede europea per scoraggiare la concorrenza tra gruppi di lavoratori dei diversi paesi come abbiamo visto in recenti casi. La delocalizzazione industriale dovrebbe prescindere dalla condizione di mercati del lavoro più favorevoli dentro la UE fino al livello di vero e proprio schiavismo. A che serve l'Europa se non a far crescere armoniosamente e senza dislivelli pericolosi la condizione delle masse lavoratrici? Ma anche a livello europeo i sindacati giocano di rimessa e si limitano a ridurre assai parzialmente i danni alla condizione operaia imposti da un liberismo sempre più feroce verso chi vive solo del proprio lavoro.

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