martedì 21 aprile 2009

VERSO IL 25 APRILE

In questo primo post parlerò solamente del significato primario che il 25 aprile ha per me,ovvero la data simbolica della liberazione dell'Italia dal nazifascismo,evento cominciato già qualche anno prima e che è proseguito anche pure qualche settimana dopo questo giorno.
Ma come Natale,Ferragosto,il primo maggio e molte altre date si è cercato un giorno da portare come simbolo di tutto quello che una ricorrenza comporta,ed il 25 aprile è un giorno monito della memoria della Resistenza partigiana che ha cacciato a calci in culo e non solo i nazisti tedeschi ed i fascisti nostrani dal controllo dell'Italia.
Dopo è un altro discorso che mascherati da altri partiti,altri nomi e altre facce si stiano nuovamente insinuando nel tessuto sociale e politico italiano è un'altra faccenda che appunto la memoria storica di quello che è successo faccia sì che non possa più accadere.
Oggi il mio pensiero si limiterà a questo,per lo sdegno delle dichiarazioni di alcuni politici attuali lo spazio sarà dato nei prossimi giorni:per inciso il 25 aprile è un giorno io sento molto più di moltissime altre ricorrenze,se non la più importante,perchè il significato ora sempre più disorto di questa ricorrenza è l'unità di un popolo che certamente anche aiutato da altri è riuscito a liberarsi da una becera dittatura!
A seguire il foglio politico di Piattaforma Comunista che traccia una visione più ampia pur sempre tenendo conto dei tentativi di delegittimare tale data storica,il tutto presente sulla rivista"Scintilla"(tratto da Indymedia).
Quale 25 aprile noi comunisti rivendichiamo e difendiamo?

Dopo lo «sdoganamento» di "Alleanza Nazionale" da parte di Berlusconi e la legittimazione dei neofascisti come nuova forza «democratica» chiamata a partecipare alle massime istituzioni della Repubblica con la Presidenza della Camera e con vari ministri e sottosegretari, si estende e si intensifica di anno in anno l'ondata di revisionismo storico che tende a rivalutare vari aspetti del fascismo e a denigrare ed infangare la Resistenza.
Aveva cominciato Luciano Violante a riconoscere i presunti «valori» per i quali erano andati a combattere «i ragazzi di Salò». Da allora si è andati avanti con un crescendo di menzogne storiche e di attacchi all'antifascismo e alla guerra partigiana. Ne ricordiamo solo alcuni: la sostanziale riabilitazione di Mussolini e della Repubblica Sociale; il tentativo di mettere la falce e il martello, simbolo glorioso della volontà socialista di riscatto del lavoro, sullo stesso piano di macabri simboli nazisti come le svastiche e le croci celtiche; l'addebitamento della strage delle Fosse Ardeatine ai gappisti romani che compirono l'operazione di guerra di Via Rasella; il progetto di legge presentato in Parlamento per l'equiparazione dei partigiani e dei membri delle Brigate Nere e per la corresponsione ad entrambi di un «vitalizio» quali «combattenti».
Il 10 febbraio scorso si è «celebrata» - in un fiume di retorica patriottarda - la cosiddetta «giornata del ricordo» delle foibe e dell'esodo delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate alla fine della seconda guerra mondiale.
Si è taciuto che la responsabilità di quegli avvenimenti fu del regime monarco-fascista che dominò l'Italia dal 1922 in poi. Si sono dimenticate l'occupazione nazifascista della Slovenia e dei Balcani dal 1941 al 1944, le aggressioni e le stragi fasciste e naziste che insanguinarono l'intera Jugoslavia in quegli anni di occupazione. Si è dimenticato che, ancor prima dell'invasione della Jugoslavia, il regime fascista aveva compiuto in Istria una violenta opera di snazionalizzazione nei confronti delle popolazioni di lingua slava e di tutto ciò che non era «italiano». Si sono dimenticati i lager fascisti costruiti dopo il 1941 in Jugoslavia, quando l'attuale Slovenia venne annessa all'Italia e non meno di 30 000 persone di nazionalità slovena furono deportate e rinchiuse in una quarantina di campi di concentramento, il più duro dei quali fu quello creato nell'isola adriatica di Arbe, nel quale morirono più di 4 000 internati.
In un clima come quello che stiamo vivendo, gruppi neofascisti, o neonazisti come Forza Nuova e Casa Pound, aprono covi in alcune città d'Italia e compiono raid squadristici contro immigrati, centri sociali e sedi di sinistra.
Anche quest'anno il 25 aprile darà occasione a stanche cerimonie ufficiali, che cercheranno di offuscare e di far dimenticare che cosa fu realmente il movimento di Resistenza e di liberazione dal nazifascismo.
L'obbiettivo politico generale del movimento di liberazione - nelle sue componenti più avanzate - non fu soltanto quello di cacciare i nazisti dall'Italia e riconquistare le libertà democratiche distrutte dalla dittatura mussoliniana, ma quello di estirpare per sempre le radici economiche e politiche del fascismo e creare le premesse di un profondo rinnovamento della società e dello Stato. E fondamentale fu, durante la Resistenza, il ruolo dei partigiani comunisti nelle Brigate Garibaldi, nei Gap e nella creazione delle zone libere e delle repubbliche partigiane.
La Valsesia garibaldina e la Repubblica di Montefiorino nella provincia di Modena furono le prime due zone stabilmente liberate dai partigiani, e - dopo di esse - nacquero la Repubblica della Valdossola in Piemonte, la Repubblica di Torriglia in Liguria, la zona libera della Carnia nel Friuli, e altre. In quei territori i CLN uscirono dalla clandestinità, sorse un potere popolare, nacque una democrazia ben diversa - nelle speranze, ma anche nelle realizzazioni concrete di allora - dalla democrazia parlamentare borghese dello Stato italiano che si consolidò dopo la Liberazione e che vive oggi la sua fase degenerativa.
Quelle delle repubbliche partigiane furono esperienze che ebbero una vita relativamente breve, ma di grande importanza. Si formarono allora, nelle zone libere, organi di autogoverno popolare: i Comitati di Liberazione locali, le Giunte popolari comunali, i Tribunali Popolari, che svolsero tutta una serie di compiti ed attività concrete: organizzazione della produzione locale, revisione dei ruoli delle imposte, risarcimento degli infortuni sul lavoro, controllo dei prezzi, lotta al mercato nero e alla speculazione, punizione dei traditori e delle spie fasciste.
Le repubbliche partigiane, col potere affidato ai Comitati di Liberazione o direttamente agli eletti di tutta la popolazione, furono dunque delle vere scuole di democrazia, una democrazia nuova che nasceva nel fuoco della lotta ed esprimeva la volontà che, dopo la liberazione dell'intero territorio nazionale, non risorgessero più i vecchi istituti, ma nascessero delle strutture istituzionali che mettessero realmente il potere nelle mani delle masse popolari.
QUESTO È IL 25 APRILE CHE NOI COMUNISTI MARXISTI-LENINISTI VOGLIAMO RICORDARE, in un momento politico nel quale si moltiplicano i tentativi reazionari di trasformare la Repubblica conquistata col sangue dei partigiani in un nuovo Stato autoritario, prono ai voleri del Vaticano.
Contro l'ipocrita pacificazione oggi predicata da tutte le istituzioni dello Stato, la nostra risposta è:
- Nessuna pacificazione con il neofascismo!
- Difesa intransigente della verità storica, contro i falsificatori della storia!
- Difesa intransigente della lotta armata partigiana, in tutti i suoi aspetti!
- No a qualsiasi equiparazione legislativa fra partigiani e torturatori
repubblichini!
- Lotta a fondo contro la deriva reazionaria berlusconiana!

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