lunedì 5 luglio 2010
MA DIVORZIANO O NO?
L'ennesimo tiramolla nel rapporto difficile degli sposi Berlusconi e Fini sembra sempre più parare verso il divorzio tra i due conugi con seguente attentato politico del neoduce come fece il suo predecessore mascellone Mussolini con Galeazzo Caino(finito un poco più maluccio di un semplice diktat politico).
Magari tornerà verso fine settimana la riappacificazione tra i due litigiosi protagonisti in male della politica italiana,con l'ex delfino di Almirante ed il presidente"Ghe pensi mì"così com'è sempre arrivata durante le ultime turbolenze sentimentali,ma l'impressione è che l'idillio sia destinato a fottersi nel giro di poco tempo e la data simbolica del 25 luglio quando il primo regime fascista si sciolse(nel'43)si avvicina e potenza dei numeri vedremo cosa accadrà.
Non è la prima volta che questo blog affronta la questione
(un esempio http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.com/2010/04/verso-due-destre.html )e solo vedendo com'è ridotta la destra italiana(come la"sinistra",di merda)non manca molto alla goccia che farà traboccare il vaso:articolo di"Senza Soste".
Il nuovo Galeazzo Ciano.
Il ruolo che la cronaca, perchè parlare di storia sarebbe troppo, ha assegnato a Gianfranco Fini è quello del Galeazzo Ciano del centrodestra. Curiosamente siamo anche vicini al 25 luglio, giorno dell'autoscioglimento del regime fascista, e chissà se questa coincidenza suggerirà questo paragone anche alla stampa mainstream. Gianfranco Fini sta per compiere così una parabola politica che lo porta ad essere, da esser stato segretario del partito erede della Repubblica di Salò, il replicante della rottura più traumatica della destra italiana quella della notte del Gran consiglio del fascismo.C'è anche un altro paragone che avvicina i due: Ciano è stato ministro degli esteri proprio come Gianfranco Fini. Ma il paragone più interessante è rappresentato dal fatto che entrambi rappresentavano, o sembravano rappresentare, eredità e linea di continuità con il comandante in capo. Il primo, Mussolini, un dittatore che aveva messo tra parentesi la monarchia; il secondo, Berlusconi, un tycoon televisivo che governa mettendo tra parentesi la democrazia.E' come se in Italia l'accentramento del potere a destra si rompesse inevitabilmente proprio sulle linee della successione dinastica.Eppure Berlusconi ha designato Fini come erede possibile molto prima che quest'ultimo fosse politicamente presentabile. E spesso i comportamenti politici di entrambi hanno fatto più pensare ad una diarchia nel centrodestra, composta da un potere più politico e uno più televisivo, piuttosto che ad un rapporto tra sovrano e delfino.Va anche detto però che le frizioni politicamente serie tra Fini e Berlusconi non sono poi così recenti. Nei primi due mesi del '96 si stava per comporre uno dei governi più mostruosi della storia della Repubblica. Fu dato infatti incarico ufficiale a Maccanico, da Carlo Azeglio Ciampi, di formare un governo tra Pds, Forza Italia e An. Grande diplomatico per la tessitura di questo accordo fu un personaggio oggi dimenticato: Lorenzo Necci (detto Lorenzo il magnifico, finì poi in carcere per corruzione e tangenti). L'accordo era vicino: spingevano pubblicamente l'allora Pds, che poi partorirà la bicamerale (ancora di salvezza per Berlusconi), e Forza Italia. Fu proprio Fini a far saltare il banco per timore di una intesa troppo cordiale, anzi diciamo a tenaglia, tra Pds e Forza Italia. Così Maccanico dovette rimettere il mandato, si arrivò alle elezioni anticipate, Prodi fu rispolverato e inviato sul pullman a fare il giro d'Italia e vincere le elezioni.Tra An e Forza Italia si aprì così una fase di tensioni, più chiara con i tentativi di Fini di far passare referendum non graditi a Berlusconi, che durò dalla sconfitta elettorale del '96 alla vittoria del 2001.Oggi la contraddizione tra Fini e Berlusconi, come sosteniamo da tempo, manifesta i propri caratteri strutturali mentre altre volte poteva essere letta in maniera più contingente. Stavolta riveste infatti i caratteri della frattura tra una destra neogollista all'italiana che vorrebbe parlare il linguaggio della strategia politica, rappresentata da Fini, e una destra arcaico-televisiva, che difende i soli interessi strategici del network editoriale di cui è espressione, e non appare più un grado di mediare tra i grandi interessi reazionari del paese.Quando questa frattura arriverà al punto di consumazione niente in questo paese sarà più come prima. La crisi e le convulsioni del berlusconismo politico, altra cosa dal berlusconismo culturale (che ha molte possibilità di permanere), metteranno in mobilità milioni di voti e il consenso di interi strati di società italiana.Anche perchè ad un eventuale 25 luglio del centrodestra c'è proprio il rischio che gli succeda un nuovo 8 settembre. La crisi dell'euro infatti sembra di quelle che si preparano ad elaborare drammi e fratture epocali per questo paese.Molti storici hanno sostenuto che Galeazzo Ciano espresse il suo voto decisivo contro Mussolini, nella notte del 25 luglio 1943, nella speranza di governare in prima persona la successione al fascismo. Finì invece fucilato in una fredda mattina del gennaio 1944, condannato per alto tradimento dal tribunale della repubblica di Salò.Nella politica di oggi non c'è, o almeno non è in vista, l'istituto della fucilazione per i traditori. Ma i paragoni tra Fini e Ciano sono destinati a rincorrersi quando si aprirà la drammatica crisi nel centrodestra, acuita dalle difficoltà strutturali del paese.
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