domenica 29 dicembre 2013

TESTIMONIANZE DI SOFFERENZA

A margine del dibattito su Stamina,sulle opportunità che la scienza e la ricerca attualmente offrono e che non riescono ancora ad ottenere,propongo presi da"Il fatto quotidiano"due articoli che riguardano il commento di una ragazza bolognese gravemente malata che in questi giorni ha difeso la sperimentazioni di farmaci sugli animali e che è stata oggetto di auguri di morte e quello di una ricercatrice di Genova affetta da sclerosi multipla.
Entrambe sono di estrazione medica e scientifica,la prima studentessa di veterinaria e la seconda biologa,e le loro riflessioni sono distanti ma hanno in comune una speranza che la ricerca,se non nei loro casi specifici,possa in un futuro che sperano vicino,arrivare ad un risultato positivo.
Senza entrare nel merito dei loro casi clinici e nella discussione su Stamina(che meriterebbe un discorso a parte)secondo me,da sempre,la sperimentazione animale che a volte diventa vera e propria vivisezione,trova risultati troppo vaghi verso la cura per l'uomo,troppe le differenze tra le specie rapportando anche alcuni casi in cui un farmaco può avere risultati differenti già da persona a persona.
Non sono né medico né ricercatore,ma notando che nemmeno questi hanno una posizione in comune posso permettermi di dire che è inaccettabile che l'uomo possa fare scempio degli altri animali solo perché è più evoluto e tutto il resto:propongo un link(http://www.oipa.org/italia/vivisezione/dati.html )tra le centinaia che si possono trovare in rete,che parla di vivisezione e della piccola percentuale,il 30%,che riguarda direttamente il settore farmacologico mentre il restante delle vittime della"ricerca"è dovuto al campo della cosmesi e al settore bellico.
C'è da chiedersi dove i venditori di speranza,i ciarlatani e gli approfittatori finiscano e dove comincino i veri ricercatori e sperimentatori:il limite tra i due campi è molto labile e talvolta si accavallano le varie figure,ed i veri scienziati devono avere il coraggio di divulgare quello che fino ad ora è umanamente possibile e quello che al momento è ancora irrealizzabile da curare.

Difende test su animali. Giovane malata riceve auguri di morte su Facebook.
"Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te". Questa una delle frasi contro Caterina Simonsen, 25enne studentessa di Veterinaria a Bologna, gravemente malata: "Senza la ricerca sarei morta a 9 anni". Renzi: "Io sto con lei, lo dico con tutta la mia forza".

Ha postato su Facebook una foto che la ritrae con in mano un cartello a favore della ricerca scientifica sugli animali, e un respiratore che le copre la bocca. Perché lei, Caterina Simonsen studentessa di Veterinaria all’Università di Bologna di 25 anni, è colpita da 4 malattie generiche rare. E se è ancora in vita – dice – è grazie alla “vera ricerca, che include la sperimentazione animale”, “altrimenti sarei morta a 9 anni”. Ma questo ringraziamento ha scatenato la rabbia di alcuni animalisti in rete. La foto, pubblicata sul profilo personale della ragazza e su quello del gruppo “A favore della sperimentazione animale”, è stata bersagliata da “30 auguri di morte e 500 offese”. “Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te”, scrive Giovanna. “Se crepavi anche a 9 anni non fregava nulla a nessuno, causare sofferenza ad esseri innocenti non lo trovo giusto”, è il messaggio di Valentina. Si associa Mauro: “Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose”.
Ma la posizione di Caterina riceve anche più di 13mila “mi piace” e quasi 3mila condivisioni. La ragazza padovana con due video ha spiegato le sue ragioni a chi la ha attaccata. E ha lanciato un appello al Partito animalista europeo, alla Lega antivivisezione (Lav) e all’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, affinché si dissocino dagli auguri di morte e prendano provvedimenti. Il segretario del Partito democratico Matteo Renzi ha rilanciato con forza le ragioni della ragazza stigmatizzando gli attacchi: “Ho visto il suo video e voglio dirlocon tutta la mia forza: io sto con Caterina“. 
La 25enne ha raccolto le frasi offensive e ha consegnato tutto il materiale alla polizia postale, con nomi e cognomi degli autori dei post. “Non capisco il perché di tanta cattiveria”, replica la giovane. “Loro non sanno chi sia io, cosa faccia io, e probabilmente sono così ingenui da non sapere che tutti i farmaci che prendono, che danno ai loro figli e che danno ai loro animali sono stati testati sugli animali”. Perché è questo che prevede la legge in attesa di metodi alternativi altrettanto validi, precisa la ragazza prima di raccontare come si convive con le patologie di cui soffre. 
Ma la vicenda riapre il dibattito tra chi è a favore e chi è contro le sperimentazioni scientifiche su cavie animali (leggi). “E’ una vergogna quello che sta succedendo a Caterina. Non è ammissibile che persone disinformate e prepotenti si permettano di minacciare e augurare la morte a una persona gravemente malata”. Dario Padovan, presidente di Pro-Test Italia, interviene a difesa della ragazza. “Caterina, inoltre – continua Padovan – è un esempio di grande rispetto e amore per gli animali: è vegetariana e studia Veterinaria. Nonostante questo, è perfettamente conscia della necessità della sperimentazione animale nell’ambito della ricerca biomedica. Chiediamo pertanto – conclude il numero uno di Pro-Test Italia, unendosi all’appello della giovane – che le associazioni animaliste prendano pubblicamente le distanze da questi comportamenti vergognosi e incivili di chi si professa sostenitore della loro stessa causa”.
Ma adesso, dopo che sulla storia di Caterina si sono accesi i riflettori dei media, la stessa ragazza lancia un appello sempre su Facebook, rivolto soprattutto ai giornalisti:  ”Io sono ricoverata perché sto male. Non è il momento per interviste. Poi, comunque, la mia idea l’ho espressa in tre video. Per cui gradirei, almeno per adesso, di non essere disturbata. In questo momento vorrei visite solo di amici veri. Pace e bene, migliori auguri a tutti”. Interviene anche la madre: ”E’ un momento difficile, abbiamo un sacco di cose da fare e certo questa vicenda non facilita le cose”. E un abbraccio alla ragazza arriva dall’Università di Bologna. Il direttore del dipartimento di Medicina veterinaria Pier Paolo Gatta l’ha contattata per esprimerle tutta la solidarietà e l’affetto dell’ateneo bolognese. “Le offese e le minacce – ha detto il professor Gatta – sono da respingere nel modo più categorico. Innanzitutto vogliamo fare sentire a Caterina la nostra solidarietà e la nostra vicinanza, anche perché lei sta vivendo una vita difficile”.
Biologa e con la sclerosi multipla: “Ecco perché dico no alla vivisezione”.

“Mi chiamo Susanna Penco, ho 49 anni, vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla. Sono biologa e lavoro come ricercatrice all’Università di Genova. Da sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale per due motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale pratica, e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di tutti gli animali, umani e non umani”. Comincia così la testimonianza di Susy (che lei, come leggerete, non vuole sia definita straordinaria, ma che a tutti gli effetti lo è), che ha fatto il giro del web suscitando una valanga di commenti/assensi (l’originale completo si trova a pagina 6 della rivista Orizzonti).
Una testimonianza da leggere anche perché malgrado gli sforzi, la passione, la chiarezza dell’obiettivo e la fattibilità di ciò che propone – che si sperimenti sugli umani che, come lei, volontariamente si offrono alla scienza oppure sui cadaveri – Susanna Penco non ha ancora ottenuto una sola risposta ufficiale. Dice Susy:  Sappiamo tutto delle mummie egizie. Sappiamo che cosa ha mangiato Otzi poco prima di esalare l’ultimo respiro, tra risonanze e tac sanno tutto anche dell’ultima cellula rimastagli, e allora perché non analizzare l’organismo di coloro che sono deceduti per o con la malattia di cui soffro anch’io?
Ma ecco la testimonianza:
“La mia esperienza professionale inizia tanti anni fa, quando decisi, ancor prima di laurearmi, di dedicarmi alle colture cellulari come alternativa a una ricerca da me ritenuta cruenta ed inutile. Ebbi la fortuna di incontrare le persone giuste e fu così che divenni brava a coltivare cellule esclusivamente “in vitro” e poi, da anni, esclusivamente umane. Con l’avvento di attrezzature avanguardistiche e se la ricerca in vitro fosse finanziata come dovrebbe, si potrebbero ottenere grandi risultati applicabili all’uomo. Ma qui non voglio parlare delle ricerche “in vitro”, voglio parlare di quelle “in vivo”. In vivo su chi? Ma sull’uomo, certamente, ovviamente, naturalmente. E chi, sennò?!
Mi spiego, vorrei proporre ricerche che potrebbero essere immediatamente disponibili ed applicabili al vero “bersaglio” della ricerca: la nostra specie. Ecco perché ho premesso di essere vittima di una precisa malattia. Io sono assolutamente disponibile a fare da cavia: no, non sono una visionaria fanatica pronta al sacrificio della vita per un ideale che, tra l’altro, sarebbe ritenuto ridicolo e assurdo dai più. La mia malattia è “mia”, io ne sono affetta, ma certamente c’è qualcosa in comune tra me e tutti gli altri malati: qualcosa che dovrebbe essere indagato tramite, naturalmente, accuratissime anamnesi, banche dati, analisi statistiche ed epidemiologiche, ed altro.
Qualcosa si fa, ovviamente. Ma è poco, e sapete perché? Perché la parte del leone, per i fondi stanziati o “raggranellati”attraverso varie vie, anche molto nobili, dalla beneficenza, alle donazioni in tv, ai premi, ecc, la fanno le ricerche sui topi. Insomma, si riesce a far tornare quasi normali i topi, fatti ammalare artificialmente (nessun animale al mondo, a parte l’uomo, si ammala di sclerosi multipla!) con varie terapie, che poi si rivelano, il più delle volte, o inutili per la nostra specie, oppure ci scappa addirittura il morto, come del resto per altri farmaci, altre malattie, ma stessi metodi di ricerca (animali).
Sappiamo che per ammalarsi di sclerosi multipla ci vuole, consentitemi il paragone un po’ strano, una sorta di “fedina penale sporca”: è il Dna. Dunque, verosimilmente, tutte le persone che hanno la sclerosi multipla hanno una “predisposizione”, scritta nei geni, che, quando malauguratamente si combina con altri fattori ambientali ancora sconosciuti, dà la manifestazione della malattia. Questa predisposizione è condizionata dal famoso Mhc (Major Histocompatibility Complex), che è una specie di “codice fiscale” naturale che ciascuno di noi ha, e che, come un codice fiscale burocratico, è diverso da persona a persona. Ma qualcosa in comune c’è. O non esisterebbero i trapianti, le somiglianze tra parenti, l’identità dei gemelli “veri”, ecc. Ebbene, a tutt’oggi io, e coloro che mi curano, ignoriamo il mio Mhc.
Perché, se è così importante? Perché identificare l’Mhc comporta un esame del sangue costoso… Ma perbacco, costerà sempre meno delle migliaia di ricerche su migliaia di topi che conducono al quasi nulla: i topi si rimettono dalla malattia indotta (sono state usate anche le scimmie, a dire il vero, senza risvolti utili!) eppure i risultati, incoraggianti su altre specie, non sono trasferibili all’homo sapiens sapiens.
Ecco che mi piacerebbe essere utile a me stessa e ai posteri, futuri malati di sclerosi multipla: sarebbe opportuno identificare il mio “codice fiscale biologico” (l’Mhc), propormi di sottoporre a monitoraggio, continuo nel tempo, il mio stile di vita: ad esempio, abitudini alimentari, attività fisica, farmaci assunti, e cento altre cose, sottopormi con regolarità ad esami innocui (diagnostica per immagini, dalle risonanze agli ecocolordoppler, a prelievi di sangue ed eventualmente di liquor, ad esempio). Non solo non mi peserebbe prestarmi a seguire certe regole, monitorare me stessa e “accudirmi”, magari con un accurato “diario di bordo”- né peserebbe a molti altri pazienti, lo so – ma mi sentirei utile a me stessa e agli altri. Nessuna follia, dunque. Solo buona ed etica ricerca medica sui malati, i veri protagonisti. Io degli studi sugli animali mica mi fido.
Esistono già ricerche cliniche su pazienti umani, ma, a mio modesto avviso, ancora poco coordinate, poco gestite, frammentarie, ritenute secondarie alla ricerca su animali - che comporta, a dirla tutta, una grande produzione scientifica di lavori su prestigiose riviste e… aiuta la carriera dei ricercatori. E poi, ditemi, perché nessuno mi “usa”, se sono attenta, lucidamente consenziente, diligente ed affidabile e per di più con competenze scientifiche?
Delusa dal disinteresse nei confronti di Susy viva, ho cercato di consolarmi pensando al futuro (spero lontano): quando  di me resterà la salma. Sì, avete inteso bene: ho deciso, molto tempo fa, di donare il mio cadavere all’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) affinché il mio sistema nervoso centrale difettoso (ma anche altri organi) sia indagato, studiato, osservato, analizzato, in rapporto anche con quello dei miei parenti stretti che, persuasi della bontà del gesto, hanno seguito il mio esempio, generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non c’entra nulla (gli animali, topi, cani, gatti o scimmie che siano). Naturalmente il tutto, come un testamento, è revocabile in qualsiasi momento, se si cambiasse idea. A me non capiterà!
È su animali vivi che si pratica la sperimentazione animale. Si fanno nascere apposta. Fate caso al linguaggio comune giornalistico e televisivo: gesti, avvenimenti, fatti e persone è tutto “straordinario”. Un aggettivo inflazionato. Ebbene, io desidero qualcosa di assolutamente ordinario! Nulla trovo di eroico, strano, eccezionale o straordinario nel mio auspicio, nei miei propositi. Sono alla ricerca di qualcosa di buono, che sia buono, che produca risultati buoni. Per tutti. Senza vittime.

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