venerdì 14 agosto 2009

L'ITALIA IN GUERRA(ORA E' UFFICIALE)

Prendendo spunto da un articolo di qualche giorno fa tratto da Indymedia Napoli voglio spendere due parole sulle dichiarazioni rilasciate dal ministro degli esteri Frattini spalleggiato dall'altro ministro della difesa La Russa(tra poco ci ritroveremo con l'antico ministero della guerra)dove ammette finalmente che l'Italia non svolge un'opera di mantenimento della pace in Afghanistan bensì una vera e propria guerra.
Vorrei soffermarmi sulla nostra Costitzione dove l'articolo numero 11 dice che"l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Evidentemente questo passo importante della carta costituzionale è stato calpestato e non certo da oggi e da molti schieramenti politici sia di pseudo sinistra che di destra o di centro e mi chiedo che se finalmente Frattini abbia fatto aut aut tra la palese ipocrisia della missione di pace e le polemiche sollevate del popolo italiano abbia l'intenzione e la convinzione di continuare ad estromettere questo articolo dalla vita sociale del paese oppure voglia ritirare le truppe dei"loro"soldati(perchè miei o nostri di certo non lo sono).
Siccome al regime di cui è ministro è decisamente sul militarizzato andante e sul guerrafondaio allora Fattini sceglie la strada del cambiamento delle regole d'ingaggio contro la resistenza afgana e se passasse la sua proposta i loro soldati avrebbero il permesso ancora più esplicito di rastrellare villaggi e attuare pratiche torturatorie e contro i diritti umani riguardo la popolazione sottomessa.
Queste dichiarazioni sono sconcertanti e vanno contro il pensiero e la Costituzione italiana con i militari pronti ad intervenire in luoghi dove si abbiano interessi successivi su ricostruzioni,appalti e facili guadagni:l'articolo successivo è tratto da"Il Manifesto"a firma di Gianni Ferrara ed approfondisce l'argomento sulle missioni di"pace"del nostro paese.
Frattini: l'Italia è in guerra.

"Serve un nuovo codice specifico per le missioni internazionali"Roma, 11 ago. (Apcom) - Dopo il ministro della Difesa Ignazio La Russa, anche il ministro degli Esteri Franco Frattini afferma la necessità di un codice militare specifico per le missioni internazionali dei soldati italiani, adesso sottoposti al codice militare di pace e non a quello di guerra. "Togliamo il velo dell'ipocrisia", dice Frattini in una intervista al Corriere della Sera. "Ragioniamo su un mondo che 35, 40 anni fa, o 61 anni fa quando è entrata in vigore la nostra Costituzione, non era neanche immaginabile". "Parlare di una situazione di pace" in Afghanistan, aggiunge il titolare della Farnesina, "è come nascondersi dietro un dito". (da Apcom)
Non nascondiamoci dietro un dito, allora.Siamo in guerra.Siamo in guerra contro legittimi rappresentanti di un governo (i talebani), come fa notare anche una persona ben lontana dall'essere pacifista, il generale Fabio Mini:
"I talebani non sono semplici terroristi. O meglio non sono soltanto questo: sono anche i rappresentanti del governo legittimo dell'Afghanistan precedente alla guerra. In linea teorica, la loro legittimità sull'Afghanistan si esaurisce con la debellatio, cioè con la loro sconfitta, con la fine della guerra e con l'instaurazione di un nuovo governo legittimo. Ma se gli americani continuano la guerra contro di loro significa che la debellatio non è stata completata, che il governo è un fantoccio degli occupanti e che in sostanza i talebani continuano a combattere giuridicamente in nome di uno Stato che non ha firmato alcuna resa e che non ha cessato di rivendicare la propria sovranità contro l'occupante di turno" (da peacereporter)
In pratica i famosi quattordici punti di Wilson del 1918, riguardanti l'autodeterminazione dei popoli continuano ad essere futuristici nel 2009.Capito?Tutto da riscrivere, allora.
Tutto da riscrivere partendo dall'articolo 11 della nostra costituzione in cui si recita:"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."Dobbiamo riscriverlo, perchè non è vero: l'Italia non ripudia la guerra se gli americani decidono che la debellatio non è completa. Basterebbe cambiare qualche parolina e il tutto verrebbe da sè.
Visto che ci siamo potremo introdurre anche un articolo della costituzione che preveda il razzismo, che va tanto di moda, e uno che inciti alla vittoria mutilata del 1918 e all'annessione della Dalmazia, nonchè della totalità dell'Istria.Visto che si deve fare la guerra, visto che la debellatio non è completa, debelliamo per benino.
La Costituzione violata in Afghanistan.

Il ministro Frattini, con un’intervista al Corriere della sera di ieri, ha confessato. La missione italiana in Afghanistan non rientra tra le previsioni dell’articolo 11 della Costituzione. Non è volta a mantenere la pace, ma ad imporla «con la legittimazione dell’Onu e della Nato». La gravità di tali dichiarazioni è enorme. Non solo perché la violazione di una norma posta dalla Costituzione come uno dei principi fondamentali della Repubblica, per la prima volta a memoria d’uomo, è ammessa, dichiarata, riconosciuta da un membro del governo come se fosse possibile, normale, lecito, agire in flagrante opposizione a tale principio, pur se contenuto nell’atto normativo fondante e legittimante l’ordinamento giuridico italiano. Ma perché invece di trarne l’unica, ammissibile, obbligata, improrogabile, conseguenza, quelle del ritiro della missione, si abbandona a due operazioni parimenti sconcertanti. Una è quella di «interpretare quel rifiuto (ma nel testo costituzionale si legge la parola «ripudia», ndr) della guerra includendo (evidentemente tra quelle ammesse, ndr) le azioni propedeutiche al creare la pace». Con l’altra prospetta l’aggiunta di «un capoverso ad hoc per disciplinare costituzionalmente» tali missioni.Com’è del tutto evidente, l’interpretazione della norma costituzionale, immaginata dal ministro degli esteri, verrebbe ad essere di tale tenore, di tale portata, di tale contenuto, da rovesciare il significato dell’articolo 11 della Costituzione. Il ministro Frattini è un giurista e lo sa benissimo. Lo sa benissimo quando spiega di quali azioni si tratta, sa che si tratta di «vere azioni militari. Come i bombardamenti dei cannoni montati sui Tornado o gli atti a cui i nostri (soldati) vanno incontro quando, attaccati da terroristi si devono difendere. Sparano. Non sono azioni di pace. Però la preparano». Il ministro sa altrettanto bene che non c’è stata guerra nella storia che non sia stata propagandata come volta ad instaurare la pace. Che non sia stata motivata da sacri principi e da alti ideali. Non era ignota la storia ai costituenti italiani. Il «ripudio» fu voluto e sancito appunto perché non potessero esserci dubbi, riserve, eccezioni, attenuazioni, elusioni, del disposto normativo redatto più netto, «semplice e chiaro» come lo stesso ministro riconosce. E non si dica che le «missioni di pace» non erano immaginabili nel 1945. Per il loro reale carattere, per quel che comportano, richiedono e implicano sono azioni di guerra, come tali sono escluse e da escludere dal significato dell’articolo 11, dal fine perseguito dal principio e dalla regola che contiene. Fine e regola che non ammettono, ma respingono e decisamente l’aggiunta del capoverso prefigurato dal ministro, perché tale aggiunta configurerebbe una mostruosa ed eclatante contraddizione.Una domanda cruciale emerge ormai da quando le missioni «di pace» si sono poste come strumenti di politica estera italiana. Attiene alla fonte di legittimazione che si invoca. La Nato e l’Onu. Per quanto riguarda la Nato, al di là di ogni altra considerazione sulla sua ragion d’essere, molto dubbia da non pochi punti di vista, è del tutto ovvio, per chiunque abbia rispetto per le acquisizioni della civiltà giuridica, che un trattato internazionale, qualsivoglia impegno, regola, vincolo, contenga, non può prevedere, tanto meno autorizzare che uno stato vi adempia, violando un principio e una norma della propria costituzione.Per quanto riguarda l’Onu, va detto che proprio sulla base di quanto prescrive l’articolo 11 in ordine alle limitazioni di sovranità previste e consentite in quanto «necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni», non è che qualsivoglia deliberazione del Consiglio di sicurezza, perché tale, sia immune da valutazioni da parte dei singoli stati. Ciascuno di questi può sicuramente esaminarne sia la congruenza concreta e specifica rispetto al fine di assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni, sia la compatibilità con i princìpi su cui si basa il proprio ordinamento interno. Lo Statuto dell’Onu non ha assorbito il diritto internazionale, lo ha assunto come fondamento, quello dell’eguaglianza degli stati. La coincidenza del principio pacifista della nostra Costituzione e dello Statuto dell’Onu comporta certamente una sicura legittimazione del nostro stato a verificare la coerenza delle delibere del Consiglio di sicurezza rispetto al principio pacifista. Ma sempre e soltanto in rigorosa, non attenuata, non mistificata, esecuzione della norma sul ripudio della guerra, comunque denominata e mascherata. È anche perciò vanno respinte con sdegno le interpretazioni che a sfigurano e le aggiunte che la contraddicono.

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