domenica 16 agosto 2009

FRANCESCO MASTROGIOVANNI

Ennesimo decesso dovuto come conseguenza alle brutalità poliziesche che nel corso degli anni hanno segnato il cammino ed il destino di Francesco Mastrogiovanni,maestro elementare ed anarchico cinquantattottenne di Castelnuovo Cilento morto la mattina del 4 agosto appena trascorso.
Tratto in arresto solo quattro giorni prima con un ordinanza di trattamento sanitario obbligatorio(tso),il ricovero coatto per chi si creda abbia problemi psichici gravi.
Francesco di problemi ne ha avuti nel corso della sua vita,aggredito in gioventù dai fascisti,indagato e più volte fermato e picchiato dagli sbirri per i suoi ideali,incriminato con prove inesistenti e nuovamente manganellato per un diverbio per una multa...nonostante ciò quest'anno sarebbe passato insegnante di ruolo dopo anni di precariato,a detta di tutti un uomo dai modi gentili e pacati,soprattutto verso i bambini.
Di lui si parla negli articoli proposti tratti da Indymedia Roma le cui fonti sono citati ad inizio articolo per questa storia triste in cui si è condannato a morte un uomo che ha fatto una fine cruenta che non meritava.
MUORE IN REPARTO PSICHIATRICO, AVEVA POLSI E CAVIGLIE LEGATI.
da Liberazione del 13 agosto 2009di Daniele Nalbone.
Francesco Mastrogiovanni è morto legato al letto del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania alle 7.20 di martedì 4 agosto. Cinquantotto anni, insegnante elementare originario di Castelnuovo Cilento, era, per tutti i suoi alunni, semplicemente "il maestro più alto del mondo". Il suo metro e novanta non passava inosservato. Inusuale fra la gente cilentana. Così come erano fuori dal comune i suoi comportamenti, «dolci, gentili, premurosi, soprattutto verso i bambini» ci racconta la signora Licia, proprietaria del campeggio Club Costa Cilento. E' proprio lì che la mattina del 31 luglio decine di carabinieri e vigili urbani, «alcuni in borghese, altri armati fino ai denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall'inizio di luglio per le vacanze estive». Uno spiegamento degno dell'arresto di un boss della camorra per dar seguito a un'ordinanza di Trattamento Sanitario Obbligatorio (competenza, per legge, solo dei vigili urbani) proveniente dalla giunta comunale di Pollica Acciaroli. Oscuri i motivi della decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica.Fonti interne alle forze dell’ordine raccontano di un incidente in cui, guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro autovetture parcheggiate,«ma nessun agente, né vigile, hamai contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso l’assicurazione» ci raccontaVincenzo, il cognato di Francesco.Mistero fitto, quindi, sui motivi dell’“assedio”, che getta ovviamente nel panico Francesco.Scappa dalla finestra e inizia a correreper il villaggio turistico, finendoper gettarsi in acqua. Come non bastassero carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia Costiera che dall’altoparlante avvertiva i bagnanti: “Caccia all’uomo in corso”» racconta, ancora incredula,Licia. Per oltre tre ore, dalla riva e dall’acqua, le forze dell’ordine cercano di bloccare Francesco che, ormai, è fuori controllo. «Inevitabile» commenta suo cognato«dopo quanto gli è accaduto dieci anni fa».Il riferimento è a due brutti episodi del passato «che hanno distrutto Francesco psicologicamente»spiega il professor Giuseppe Galzerano,suo concittadino e carissimo amico, come lui anarchico. Il7 luglio 1972 Mastrogiovanni rimasec oinvolto nella morte di Carlo Falvella, vicepresidente del Fronte universitario d’unione nazionale di Salerno: Francesco stavapasseggiando con due compagni,Giovanni Marini e GennaroScariati, sul lungomare di Salernoquando furono aggrediti, coltelloalla mano, da un gruppo di fascisti,tra cui Falvella. Il motivo dell’aggressione ce la spiega il professor Galzerano: «Marini stava raccogliendo notizie per far luce sull’omicidio di Giovanni, Annalisa,Angelo, Francesco e Luigi, cinque anarchici calabresi morti in quello che dicono essere stato un incidente stradale nei pressi di Ferentino(Frosinone) dove i ragazzi si stavano recando per consegnare i risultati di un’inchiesta condotta sulle stragi fasciste del tempo».Carte e documenti provenienti daReggio Calabria non furono mai ritrovati e nell’incidente, avvenuto all’altezza di una villa di proprietà di Valerio Borghese, era coinvolto un autotreno guidato da un salernitano con simpatie fasciste.Sul lungomare di Salerno,però, Giovanni Marini anziché morire, uccise Falvella con lo stesso coltello che questi aveva in mano.Francesco Mastrogiovanni fuf erito alla gamba. Nel processo che seguì, Francesco venne assolto dall’accusa di rissa mentre Marinifu condannato a nove anni.Nel 1999 il secondo trauma. Mastrogiovanni venne arrestato «duramente,con ricorso alla forza,manganellate, e calci» spiega il cognatoVincenzo, per resistenza apubblico ufficiale. Il motivo? Protestava per una multa. In primo grado venne condannato a tre anni di reclusione dal Tribunale di Vallo di Lucania «grazie a prove inesistenti e accuse costruite ad arte dai carabinieri». In appello, dalla corte di Salerno, pienamente prosciolto. Ma le botte prese, i mesi passati ai domiciliari e le angherie subite dalle forze dell’ordine lasciano il segno nella testa di Francesco.«Da allora viveva in un incubo»racconta Vincenzo fra le lacrime.«Una volta, alla vista dei vigili urbani che canalizzavano il traffico per una processione, abbandonò l’auto ancora accesa sulla strada e fuggì per le campagne. Un’altra volta lo ritrovammo sanguinante per essersi nascosto fra i rovi alla vista di una pattuglia della polizia». Eppure da quei fatti Mastrogiovanni si era ripreso alla grande,«tanto da essere diventato un ottimo insegnante elementare», sottolinea l’amico Galzerano, «come dimostra il fatto che quest’anno avrebbe finalmente ottenuto un posto di ruolo, essendo diciottesimo nella graduatoria provinciale».Era in cura psichiatrica ma si stava lasciando tutto alle spalle. Fino al 31 luglio.Giorno in cui salì «di sua volontà»sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un’ambulanza chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltrequaranta minuti una volta uscito dall’acqua». Licia non potrà mai dimenticare la frase che pronunciò Francesco in quel momento:guardandola, le disse: «Se mi portano all’ospedale di Vallo della Lucania, non ne esco vivo». E così è stato.Entrò nel pomeriggio di venerdì 31 luglio per il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Dalle analisi risultò positivo alla cannabis. La sera stessa venne legato al letto e rimase così quatttro giorni. La misura non risulta dalla cartella clinica, ma è stata riferita ai parenti da testimoni oculari. E confermata dal medico legale Adamo Maiese, che ha riscontrato segni di lacci su polsi e caviglie della salma durante l’autopsia. Legato al letto per quattro giorni, quindi. Fino alla morte sopravvenuta secondo l’autopsia per edema polmonare.Sulla vicenda la procura di Vallo della Lucania ha aperto un’inchiesta e iscritto nel registro degli indagati i sette medici del reparto psichiatrico campano che hanno avuto in cura Mastrogiovanni. Intanto oggi alle 18, nel suo Castelnuovo Cilento, familiari, amici e alunni porgeranno l’ultimo saluto al “maestro più alto del mondo”.
L’insegnante immobilizzato con fili rigidi di plastica o di ferro. Sette indagati e l’inchiesta prosegue.

ELISABETTA MANGANIELLO(Il Mattino)Vallo della Lucania.

Francesco Mastrogiovanni è deceduto per un edema polmonare provocato da un’insufficienza ventricolare sinistra. Sul suo corpo sono state riscontrate lesioni su polsi e caviglie, segno dell’utilizzo di legacci abbastanza spessi, plastica rigida o addirittura filo di ferro. Comunque, lesioni derivanti da una forte pressione esercitata con strumenti non leciti. Ma ora i medici legali della procura vorranno capire anche il motivo scatrenante di un edema polmonare che ha poi determinato l’infarto. Sono alcuni dei dati emersi dall’autopsia effettuata ieri mattina sul cadavere di Francesco Mastrogiovanni, il maestro di scuola elementare di Castelnuovo Cilento sul cui decesso indaga la procura di Vallo della Lucania. Mastrogiovanni ricoverato il 31 luglio scorso all’ospedale San Luca in seguito ad una crisi di nervi e conseguente certificato di trattamento sanitario obbligatorio è morto dopo quattro giorni di degenza. La procura della Repubblica ha aperto una indagine, diretta dal pm Francesco Rotondo, a carico del primario Michele Di Genio e i medici Rocco Barone, Raffaele Basto, Amerigo Mazza, Annunziata Buongiovanni, Michele Della Pepa, Anna Angela Ruberto. Ieri l’autopsia e la scoperta di profonde lesioni a polsi e caviglie. È soprattutto su quest’ultimo aspetto che si incentrano le indagini della Procura di Vallo della Lucania. Le lesioni, infatti, starebbero ad indicare l’allettamento forzato del paziente e sull’eventuale accanimento dei sanitari si incentrano le indagini. Durante l’esame del corpo, disposto dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, è stata rilevata in effetti la presenza di profonde lesioni ai polsi e alle caviglie, dovute a uno stato di contenzione prolungato, con l’utilizzo di mezzi fisici. Una pratica estremamente invasiva, che però nella cartella clinica di Mastrogiovanni non è mai menzionata né, tanto meno, motivata come prevede la legge. È, infatti, ammessa solo in uno stato di necessità e deve durare poche ore, fino alla terapia chimica. Mastrogiovanni, invece, secondo l’ipotesi choc all’esame degli inquirenti, sarebbe rimasto legato al letto per più giorni. Nella sua cartella clinica, inoltre, ci sarebbe un “buco” di oltre 10 ore rispetto ai trattamenti a cui il maestro è stato sottoposto prima di morire, ovvero dalle ore 21 del 3 agosto fino alle 7,20 del giorno successivo, quando i medici del reparto ne hanno constatato il decesso. Durante l’autopsia sono stati eseguiti anche prelievi di tessuti che saranno analizzati in un centro specializzato di Napoli. I risultati potranno contribuire a chiarire il quadro clinico complessivo. All’esame ha assistito per la procura pure uno psichiatra nominato come consulente, per la famiglia i legali Caterina Mastrogiovanni e Loreto D’Aiuto oltre al medico legale Francesco Lombardo. C’erano, poi, quasi tutti i medici indagati, il loro nutrito collegio legale e i loro consulenti, lo psichiatra Michele Lupo e il medico legale Giuseppe Consalvo. L’ipotesi di reato, di cui devono rispondere i sanitari, è omicidio colposo, salvo che dall’esame della cartella clinica e delle video registrazioni sequestrate non emergano differenti profili di responsabilità. Ad essere determinanti sono soprattutto le riprese girate nella camera di Mastrogiovanni durante il trattamento di ritenuta e subito dopo la sua morte, per verificare le azioni degli indagati. In ogni caso l’inchiesta sembra destinata ad allargarsi all’acquisizione delle cartelle cliniche degli altri pazienti sottoposti a trattamenti psichiatrici nell’ospedale San Luca e forse in tutta l’ex Asl Salerno 3. I funerali si svolgeranno oggi alle 18,30 nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Castelnuovo Cilento.

«A Vallo no, perchè là mi uccidono».

ANTONIO MANZO …E pensare che per quell’uomo, la cui vita cambiò in un pomeriggio di luglio trentasette anni, su via Velia a Salerno, nei tragici attimi dell’omicidio di Carlo Falvella, ora piangono davvero tutti. I suoi alunni di Pollica, la titolare del campeggio che lo ha avuto ospite per circa un mese «e senza dare alcun fastido, perfino accudendo i bambini di mia sorella», i familiari, naturalmente, che chiedono «verità e giustizia» secondo un canovaccio apparemtemente rituale ma stavolta tragicamente pesante per tutte le coscienze. Perchè sia stato firmato, venerdì 31 luglio scorso, un trattamento sanitario obbligatorio per Franco Mastrogiovanni, nessuno lo sa. Franco non era un assassino. Fu arrestato nel ’99, processato per oltraggio a pubblico ufficiale, mesi in galera, poi assolto e perfino risarcito per ingiusta detenzione. Perchè doveva finire in un reparto di psichiatria? Dovrà accertarlo uno scrupoloso pm, Francesco Rotondo. Il motivo? «La notte precedente – dice Licia Musto Materazzi – avrebbe tamponato quattro autovetture». L’auto di Franco è parcheggiata sotto la sua abitazione di Castelnuovo Cilento, senza alcun danno. Venerdì scorso, intorno alle sette, forze dell’ordine circondano il bungalow del campeggio dove Franco sta riposando. Capisce che lo vogliono fermare. Scappa sul lido, prende un caffè e fuma una sigaretta. Ma per lui è il giorno del destino mortale: a mare vedette della guardia costiera, a terra carabinieri e polizia municipale di Pollica. Franco è un uomo braccato, c’è uno spiegamento di forze che neppure per un latitante della camorra (e nel Cilento di questi tempi ce ne sono) sarebbe stato messo in campo. Ma lui «deve» essere trasferito in un reparto psichiatrico. È pericoloso. Cosa ha compiuto di tanto irreparabile, sconvolgente? Per lui ci sono le aggravanti: «noto anarchico», personaggio «pericoloso socialmente, intollerante ai carabinieri», ribelle alla regola. I ragazzi di Franco a scuola lo consideravano un maestro. Non un pazzo da legare da far morire su un letto di contenzione, mani e piedi legati per quattro giorni da fili di ferro, nella disumanità di un reparto-lager di un ospedale pubblico che ora nessun consigliere o assessore regionale si preoccupa di far mettere sotto inchiesta amministrativa. «Hanno ucciso un uomo in un letto di contenzione» dice il pm nel suo atto di accusa. Certo, tutto da provare. Non c’è dubbio. Ma Franco è morto, e fatto ancor più grave senza conoscere ancora il motivo per il quale sia stato trascinato sulla strada della morte. Verso Vallo, dove ora potrà avere almeno giustizia...

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