venerdì 20 febbraio 2009

OCALAN LIBERO,KURDISTAN LIBERO!

Questo è un periodo ricco di manifestazioni ed eventi,forse troppi,e lo dico con una leggera vena polemica in quanto ci sono lunghi lassi di tempo in cui non c'è niente d'interessante da segnalare e da fare,alternati ad altri dove in uno stesso giorno si accavallano appuntmenti importanti.
Uno di queste date è proprio domani,dove a Livorno segnalo questa bella iniziativa in favore dei compagni kurdi in solidarietà col movimento indipendentista del Kurdistan e per ricordare che Abdullah Ocalan è rinchiuso come unico prigioniero nel carcere turco di Imrali,maltrattato fisicamente e mentalmente dai suoi agzzini ormai da 10 anni(e D'Alema ne sa qualcosa).
Addirittura a Milano ci saranno due eventi,uno organizzato da Cgil contro il "pacco" sicurezza e l'altro in solidarietà con Euskal Herria come anticipato nei giorni passati...ancora sabato prossimo mi viene in mente la manifestazione nazionale pro Cox 18 ed in generale contro la deriva razzista e sicuritaria di moltissime giunte comunali e a Bergamo la mobilitazione contro l'apertura di una sede di Forza Nuova Vecchia Merda.
Sarebbe utile nei prossimi tempi coordinare meglio date ed eventi!
Tornando alla manifestazione livornese per i kurdi posso raccontare la mia esperienza personale avendo visitato la zona kurda presente in territorio iraniano,le città di Sanandaj(la capitale della provincia del Kurdistan),Marivan ed i villaggi di Biya Kaya,Kamala e Howraman-at-Takht nella sublime valle dell'Howraman.
La gente è splendida,come in tutto l'Iran,ma mai come in questa zona abbiamo collezionato inviti a pranzo o a dormire a casa di perfetti sconosciuti...intendiamoci mica come certa gentaglia italica.
E tutti sono disposti a darti una mano sia come nel domandare indicazioni stradali,orari di pullman o semplicemente fare due chiacchiere addirittura riuscendo a capirci in qualche maniera!
Di seguito l'esclusiva intervista rilasciata a "La Repubblica"da Abdullah Ocalan.
Ocalan libero,Kurdistan libero!
Ocalan: "Io, da dieci anni nell'Alcatraz turca ma la nostra lotta non si fermerà".
MUDANYA (TURCHIA) «In cella mi picchiano, ma non rinuncio a dire quello che penso. O la guerra fra Pkk e Turchia si risolve con il dialogo, o entro tre mesi il conflitto in Kurdistan diventerà peggio che Gaza». L' Alcatraz turca spunta solo la sera. Persa nella nebbia, la sagoma sinistra dell' isola di Imrali si intravede dalle luci fioche del porto di Mudanya. In questa giornata di febbraio spazzata da vento e pioggia nulla qui sembra essere cambiato. Il corso centrale dove durante il processo i Lupi grigi sfilavano innalzando le loro bandiere. Le banchine del molo dove le madri dei soldati morti in battaglia gridavano «pena di morte!». Il piazzale dove i nazionalisti davano la caccia ai giornalisti stranieri. Sono passati 10 anni dalla cattura di Abdullah Ocalan, il leader del Pkk considerato dalla Turchia il terrorista numero uno, e dai curdi un eroe, ma la guerra nel sud est dell' Anatolia continua mietendo vittime ogni giorno.
Il 15 febbraio 1999 Apo, com' era chiamato dai compagni, tornava in patria impacchettato come un fagotto dalle teste di cuoio turche che lo avevano braccato in Kenya. Una fuga disperata di sei mesi in tre continenti. Che dalla Siria, dov' era rifugiato, lo aveva portato in Grecia, poi in Russia, infine per due lunghi mesi in Italia, scatenando una ridda di polemiche: dalla spericolata missione di Ramon Mantovani a Mosca all' ospitalità nella villa all' Infernetto, passando per lo sbarco di migliaia di curdi a Roma e il coinvolgimento dei servizi di mezzo mondo. Fino alla cacciata, nonostante la resistenza dei suoi legali italiani, Pisapia e Saraceni. Imrali da qui è lontana poche decine di miglia, ma andarci è impossibile. Colossali navi da guerra della Marina militare impediscono a chiunque, tranne ad avvocati e parenti, l' accesso al prigioniero. Nell' atollo, Ocalan. Sessant' anni, i capelli ormai bianchi con un principio di calvizie, è l' unico detenuto. La sinusite lo indebolisce, i pruriti lo tormentano, la prostata incalza.
I suoi attuali avvocati - attraverso i quali è stato possibile organizzare l' intervista esclusiva con Repubblica - lamentano il fatto che di recente sia stato malmenato dai suoi carcerieri. Una denuncia è arrivata alle autorità competenti a Strasburgo, che hanno intimato al governo turco di rispettarei diritti del detenuto. Non si sa con quali effetti. Abdullah Ocalan, innanzitutto come sta? «Sopravvivo. Le mie condizioni fisiche sono quelle rese note dai legali. Di recente sono stato anche picchiato dalle guardie per alcune dichiarazioni rilasciate. Ma io continuerò a dire quello che penso. Saluto l' Italia, paese che ricordo con grande piacere». Perché è stato malmenato? «Non sto a raccontare quello che succede qui, perché so che cosa accadrebbe se lo dicessi. Agisco con senso di responsabilità. Loro vogliono, mettendomi in difficoltà, annientare il Pkk. Ma non ci riusciranno. Fino alla fine opporrò la mia resistenza».
Come viene punito? «Mi accusano di "difesa e propaganda di un' organizzazione criminale". Mi hanno punito in 10 occasioni, per un totale di 180 giorni di cella. In pratica, posso rimanere nella mia stanza, ma mi vengono tolti gli altri diritti: i miei familiari non possono venire a trovarmi (l' ora dei colloqui è di un' ora alla settimana, quando e se le condizioni del mare lo permettono, ndr ), niente libri, radio o giornali. Mi levano anche la penna». Lei chi accusa? «Io ho il diritto di sapere chi è la mia controparte. Quello che accade qui di certo non avviene senza che il premier lo sappia. Ma Tayyip Erdogan fa quello che dicono gli Stati Uniti. Sono gli Usa e la Nato ad avermi portato qui 10 anni fa. E fanno pressione per mettermi alla prova. Mettono alla prova la mia reazione, la mia pazienza, la mia resistenza. Ma anche la mia pazienza ha dei limiti». Dicono che lei continui a guidare il Pkk da qui. E' vero? «Io dico che quest' anno si deve tracciare la strada per un dialogo, altrimenti noi curdi non possiamo essere ritenuti responsabili di quello che potrebbe accadere nei prossimi tre mesi.I problemi non si risolvono bombardando Qandil (la zona nel Nord Iraq dove gran parte dei guerriglieri si sono rifugiati, ndr .). Perché il Pkk ha forze dappertutto, in Turchia, in Iran, in Iraq, in Siria. E' organizzato nella regione del Caucaso come in Europa. E allora non entreranno in azione solo le forze armate, ma anche quelle civili. E quello che succederà sarà più esteso di quanto è successo a Gaza. Ecco perché c' è bisogno di una soluzione trovata attraverso il dialogo». A fine marzo in Turchia ci saranno elezioni amministrative. Che possibilità dà ai partiti che sostengono i curdi? «Sono elezioni molto importanti. E' necessaria la fondazione di un partito curdo di riferimento. Ma metto tutti in guardia su possibili irregolarità nel voto». Il governo però continua le riforme, e dal 1 gennaio ha avviato un canale televisivo statale in lingua curda.
Non è un passo avanti? «Ma si sa che questo passo è avvenuto non su indicazione del governo, bensì su pressione degli Usa. I divieti per la lingua e l' identità curde sono noti. In carcere è vietato pronunciare anche due parole in curdo, e poi si mette su un canale televisivo! La nostra concezione della democrazia parte sempre dal basso. Qui invece si tratta di qualcosa imposto dall' alto. Lo Stato istituisce il suo canale. E con il canale in lingua curda vuole creare anche i suoi curdi. Attraverso quella tv si vuole completare l' opera mettendo sotto controllo la dimensione culturale». A lei sta a cuore il Medio Oriente,e la Turchia di recente siè proposta come mediatore fra Israele e gli arabi. Che cosa ne pensa? «Ho visto che il premier Erdogan si batte perché ci sia un dialogo fra Israele e Hamas. Ma perché non investe un pezzettino della sua energia per il suo Paese?».

Il personaggio Abdullah Ocalan nasce il 4 aprile 1948. Laurea ad Ankara, dopo il golpe del ' 71 si arruola nel servizio civile Nel ' 78 fonda il Pkk. Nell' 84 inizia la lotta armata contro il governo turco per creare uno stato curdo Dieci anni fa le teste di cuoio turche lo arrestano in Kenya. Dal 15 febbraio 1999 è rinchiuso nel carcere di Imrali.

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