venerdì 20 febbraio 2009

LO STRANO CASO DI OMRI EVRON

Ecco una bella testimonianza di un giovane israeliano che come molti suoi compagni è antisionista e per questo è stato imprigionato per 14 mesi,e naturalmente sui giornali o alla televisione di queste storie non se ne fa menzione.
Solo in internet,che qualche nostra vecchia e sgradita conoscenza vorrebbe censurare ad ampi tagli di forbice,da spazio a queste testimonianze "scomode"alla stragrande maggioranza degli "organi d'informazione"poichè degli israeliani antisionisti farebbero notizia,eccome!
E' la storia di un giovane che ha fatto dell'obiezione di coscienza un suo valore,rifiutandosi quindi di uccidere il suo fratello arabo e si oppone a collaborare con un regime razzista che fa dell'oppressione e della guerra sistematica uno dei suoi cavalli di battaglia.
Sotto è riportata la sua dichiarazione di obiezione,e più in basso il resoconto dell'incontro che Omri ha avuto a Livorno,tratto da "Senza Soste"a cura di Nello Gradirà(il giovane israeliano ha già avuto altri incontri domanda-risposte in altre località italiane).
Dichiarazione di obiezione di Omri Evron, giovane israeliano, refusnik.

Tel Aviv 12 ottobre 2006.

Io, Omri Evron, rifiuto di servire nell’esercito perché sono fedele ai miei principi morali. Mi rifiuto di arruolarmi per protesta contro la lunga occupazione militare del popolo palestinese, un’occupazione che acuisce e semina terrore e odio tra i popoli. Mi oppongo a partecipare alla crudele guerra nei territori occupati, una guerra finanziata per proteggere le colonie israeliane e mantenere l’ideologia del “Grande Israele”. Mi rifiuto di servire un’ideologia che non riconosce i diritti di tutte le nazioni all’indipendenza e alla coesistenza pacifica. Non sono in alcun modo pronto a contribuire all’oppressione sistematica di una popolazione civile e alla deprivazione dei loro diritti – come è portata avanti dal regime di apartheid e dai militari israeliani nei territori occupati. Sono offeso dalla morte per fame e dall’incarcerazione di milioni di persone dietro a muri e posti di blocco. Mi rifiuto di arruolarmi perché non credo che la violenza sia una soluzione e che la guerra porti la pace.
Mi rifiuto di servire l’industria delle armi, le mega corporations, gli avidi appaltatori, i predicatori del razzismo ed i leader cinici il cui business è la continuazione della sofferenza e che derubano i popoli dei loro basilari diritti umani. Mi rifiuto per cercare di attirare l’attenzione sul fatto che non tutti sono pronti ad essere indottrinati e cooptati da cause nazionaliste e razziste. Con questo atto voglio esprimere la mia solidarietà a tutti i prigionieri per la libertà in questo mondo. Mi rifiuto di credere alle bugie che scavano divisione ed antagonismo tra i lavoratori dalle due parti del confine, in modo che essi non possano unire le loro mani nella lotta per i loro diritti. Vorrei che la mia obiezione fosse un messaggio di pace e solidarietà, che fosse un richiamo per tutti quelli che uccidono - e vengono addestrati ad uccidere nell’interesse di qualcun altro - a deporre le armi e unirsi alla lotta per un mondo più giusto.
So che questo mio atto è un’infrazione della legge israeliana, ma sono costretto ad oppormi dai miei valori democratici, umanitari ed egualitari. La legge militare su milioni di Palestinesi non è democratica. E’ mio compito oppormi a qualunque legge che renda possibile privare altri dei loro diritti e della loro libertà, o di trattarli con una violenza che nega la loro fondamentale umanità.
Rifiuto la guerra nazionalista “per la pace delle colonie”.
Rifiuto l’oppressione sistematica e l’umiliazione dei civili.
Rifiuto l’occupazione e la legge militare che impedisce ad una popolazione civile di determinare la propria sorte.
Rifiuto l’apartheid ed il regime razzista.
Rifiuto di considerare un popolo mio nemico per ragioni di razza, origine etnica o religione.
Rifiuto di prendere parte al ciclo sanguinoso che distrugge entrambi i popoli.
Rifiuto per richiedere solidarietà internazionale per la pace ed il benessere di tutte le nazioni che vogliono vivere in libertà e libere dallo sfruttamento, l’oppressione e la guerra.
Rifiuto di uccidere! Rifiuto di opprimere! Rifiuto di occupare!
Dichiaro la mia fedeltà alla pace e rifiuto di servire la guerra e l’occupazione.
Incontro con Omri Evron: l'esempio di coerenza dei giovani israeliani anti-sionisti.

Secondo un vecchio detto che circola da sempre nel mondo giornalistico “non fa notizia il cane che morde il postino ma il postino che morde un cane”.
In breve un fatto diventa interessante dal punto di vista mediatico quando è insolito o trasgressivo.
Un giovane israeliano che si rifiuta di servire nell’esercito sionista e di contribuire al massacro dei civili palestinesi dovrebbe corrispondere al postino che morde il cane, ma lunedì sera la stampa si è tenuta ben lontana dai locali dell’ARCI Borgo dove si è svolto l’incontro con Omni Evron, refusenik israeliano, organizzato da Sinistra Critica.
E’ la riprova che qui da noi il giornalismo “vecchio stampo”, quello che aveva come ragion d’essere la pubblicazione di notizie interessanti per quanto fossero sgradite al potere, ormai è morto e sepolto. Oggi c’è la consegna del silenzio più assoluto su tutto ciò che stride con la verità di regime, in questo caso con il politically correct filo-sionista.
Del resto proprio qualche giorno fa su Senzasoste abbiamo pubblicato la notizia della misteriosa sparizione dal sito della RAI di un sondaggio sull’aggressione israeliana a Gaza, i cui risultati non erano molto favorevoli al governo di Tel Aviv.
Siamo certi che se al posto di Omri ci fosse stato qualche sedicente “dissidente” cubano o profugo istriano i giornalisti sarebbero arrivati a frotte anche dalle Isole Tonga, e magari ci sarebbe stato anche qualche ricevimento ufficiale da parte delle autorità.
Niente stampa, quindi, ma poco male. L’iniziativa è stata abbastanza partecipata. Inoltre il contributo di un relatore palestinese, Mohamad, e la presenza tra il pubblico di alcuni sostenitori di Israele hanno reso il dibattito più acceso e interessante.
Omnri, 22 anni, ha raccontato la sua esperienza di “disertore”. Al liceo aveva sottoscritto con altri 250 studenti un documento di critica alla politica bellicista di Israele, poi una volta chiamato alle armi (il servizio militare è obbligatorio) ha dichiarato di rifiutare l’arruolamento e di non voler indossare la divisa. Non essendo previsto il diritto all’obiezione di coscienza è stato processato da un tribunale militare e condannato a una pena detentiva.
I detenuti indossano uniformi militari (fornite dagli Stati Uniti con tanto di bandierina a stelle e strisce sul braccio) e Omri si è coerentemente rifiutato di indossare anche quella. Non gli è stato fornito alcun altro abbigliamento, è stato lasciato seminudo e ha subito un lungo periodo di isolamento. Dopodiché è stato liberato con la motivazione di “problemi mentali”. Omri racconta che molti detenuti che hanno vissuto questa esperienza hanno riportato gravi conseguenze fino ad arrivare a tentativi di suicidio.
Di fronte alla coerenza di affrontare il carcere per non tradire le proprie idee molti, in questo Paese dove ormai siamo abituati all’opportunismo e al servilismo, dovrebbero come minimo togliersi il cappello.
Ma Omnri ha dimostrato di essere anche un militante politico di tutto rispetto, tracciando un quadro molto chiaro sulla situazione politica israeliana dopo le ultime elezioni. Ha ricordato che la sinistra sionista ha subito una pesante sconfitta a vantaggio di movimenti e partiti di estrema destra di cui alcuni di stampo fascista. Ma ha valutato positivamente il risultato della sinistra radicale, tra cui il Partito Comunista Israeliano di cui fa parte, l’unica organizzazione politica che aggrega sia arabi che ebrei.
La soluzione al problema israelo-palestinese, ha detto, è la fine dell’occupazione dei territori palestinesi, dell’aggressione militare e della dipendenza di Israele dagli USA. A questo proposito ha citato un fatto significativo: il bilancio dello Stato di Israele passa prima dal Congresso USA che dalla Knesset (il parlamento israeliano).
Israele è oggi uno Stato profondamente militarista per il quale la guerra è una condizione ormai irrinunciabile: Omri ha ricordato che in media ogni sette anni Tel Aviv entra in guerra. Ma ci sono anche continue manifestazioni antimilitariste di cui, per tornare alla questione dei media, qui da noi non si ha notizia.
Mohamad ha riepilogato la storia della presenza israeliana in Palestina a partire dall’inizio del secolo, fino ad arrivare all’attuale situazione di Gaza. Gaza -ha detto- è grande poco più del doppio del Comune di Pisa ma anziché 90mila abitanti ci vivono più di un milione e mezzo di persone. Una realtà assolutamente disumana che porta i palestinesi alla disperazione.
A questo si aggiunge il muro che circonda i villaggi palestinesi della Cisgiordania, rendendo impossibile frequentare le scuole o ricorrere alle strutture sanitarie.
I due relatori hanno risposto in modo appropriato anche ad alcune domande tendenziose, come quella secondo cui la presenza di Omri in Italia dimostrerebbe proprio la natura democratica dello Stato di Israele. Forse avrebbero dovuto impiccarlo...
Sulla questione del lancio dei razzi Qassam e degli attentati suicidi, che secondo alcuni sarebbero la causa dell’aggressione a Gaza e dell’edificazione del muro, Omri ha chiarito che sono reazioni comprensibili, anche se non condivisibili come tutti gli atti di guerra verso i civili, ma che sono una conseguenza diretta dell’occupazione e non sarà possibile evitarli finché questa perdura.
Si è trattato quindi di un incontro di estremo interesse e sarebbe opportuno che in futuro si riuscisse a coordinare e pubblicizzare meglio le iniziative in modo che possano avere la risonanza che meritano.

Nessun commento: