giovedì 20 dicembre 2012

C'ERA UNA VOLTA BENIGNI

Ha fatto storcere a molti il naso e soprattutto girare le balle il parallelismo che Roberto Benigni,uno dei più alti rappresentanti della cultura italiana al mondo,ha fatto col nazifascismo rispetto al comunismo nel suo monologo sulla Costituzione italiana avvenuta in prime time su Rai Uno lunedì scorso.
Spettacolo intitolato"La più bella del mondo",un appellativo che ben si addice alla nostra Costituzione,un avviso a tutti coloro che in questi anni l'hanno voluta cambiare e che hanno trovato sempre contestazione e opposizione:e proprio il primo articolo preso da Senza Soste evidenzia come dei comma degli articoli 3 e 4 della carta costituzionale italiana siano stati presi pari passo da quella sovietica del 1936,da quei cattivoni dei comunisti che ai tempi riconoscevano lavoro,parità di diritti e uguaglianza proprio a tutti senza distinzione di sesso,razza e religione.
Il secondo articolo è preso invece da Militant(http://www.militant-blog.org/?p=8312 con annesso video)con un commento che vorrebbe far capire che oramai Benigni(spero proprio di no)sia arrivato agli sgoccioli dell'uomo che ci ha fatto ridere e rendere orgogliosi dell'Italia in tutto il mondo,quando ha preso in braccio Berlinguer,quando ha vinto l'Oscar con"La vita è bella",mentre partendo con l'elogio all'inno di Mameli e al conseguente amore verso la bandiera e verso un patriottismo che negli anni trenta ci ha fatto cadere culo a terra,è giunto fino al paragone che sopra ho descritto.
E'proprio vero che questa sua ultima comparsata televisiva gli è stata cucita addosso ed è stata fatta a puntino per il Pd ed al suo conformismo e qualunquismo,rendendoci conto che chi non ride alle sue battute e non la pensa come lui forse è peggio perché la pensa come Monti e Berlusconi(a parte ovviamente gli strafalcioni storici riguardanti il comunismo che di certo non può essere come quello del secolo scorso ma le cui basi sono fondamentali per vivere in un mondo fatto di libertà ed uguaglianza).

Benigni mi vuole zittire, ma io non tacerò.
Desolante tristezza ispira la lettura della Costituzione italiana da parte del comico Benigni, il comunismo finisce tra le dittature del Novecento al pari del nazifascismo e la parte fondamentale degli articoli 3 e 4, il secondo comma del primo: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”, e il primo del successivo: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”, non sono frutto di una canna fumata da De Gasperi, Nenni e Togliatti, anticipatore di Lenon e dei figli dei fiori, come dice Benigni, ma copiatura quasi pedestre della Costituzione sovietica del 1936.
Come la prima parte dell’articolo 3 in cui le persone sono riconosciute come cittadini “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Anche in questo caso era un prodotto della Costituzione staliniana del 1936, non a caso i neri, gli ebrei e gli asiatici in Unione Sovietica erano cittadini a pieno diritto, nel resto dell’Europa fascista, non solo italo-tedesca, ma pure in Polonia, in Romania, in Ungheria prendevano le vie dei lager, dopo quelle del razzismo quotidiano per altro diffuso pure in Francia e in Inghilterra, in Svezia e in Olanda, dove le vignette mettevano sempre i neri con l’anello al naso a mangiar banane insieme alle scimmie. In una sola nazione si sarebbe stati arrestati per una vignetta simile, l’Unione Sovietica. Appunto.
Per chi come me dirige un Centro Studi dedicato allo studio e alla valorizzazione del socialismo è l’amara constatazione che un miscuglio di “valori condivisi” è oggi patrimonio degli italiani e provare a fare chiarezza è una fatica quasi impossibile, forse inutile, totalmente inutile, perché chi non la pensa come Benigni, la pensa come Monti o Berlusconi, cioè pure peggio.
Aggiungo infine che credo che la falsificazione del Novecento voglia impedire di immaginare possibili nuovi percorsi, è evidente che il “comunismo” del Novecento, con tutti i suoi limiti, slanci, successi e contraddizioni non è più praticabile, ma percorsi comunitaristi, contro spreco e consumismo, speculazioni bancario-finanziarie e capitalismo, che molto sarebbero in quel solco, vogliono essere sminuiti con anticipo da chi promuove il pensiero unico, a prescindere dal fatto che sia “in salsa Benigni, Monti o Berlusconi”.
Il mio lavoro è quasi impossibile, ma io lo continuo con una fondamentale certezza, quella per cui solo un mondo solidale ed eco-compatibile è capace di futuro. L’alternativa è una vicinissima autodistruzione, di pochi mesi più tardiva dell’allegro catastrofismo maya. Proprio per questo, nonostante Benigni provi a dirmi che devo stare zitto, io non tacerò.
Davide Rossi, insegnante e direttore del Centro Studi Anna Seghers
tratto da http://www.sinistra.ch/?p=2351

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Benigni ti volevamo bene.

Ieri sera è definitivamente scomparso Roberto Benigni per come lo conoscevamo. Il guitto toscano, un tempo materiale, osceno, rabbioso, era da tempo affetto da una malattia cronica che ne ha progressivamente minato il corpo e lo spirito trasformandolo in un sessantenne melenso e retorico: il conformismo piddino. Negli anni abbiamo assitito perplessi alla sua elegia dell’inno di Mameli, all’apologia del tricolore e di tutto quel armamentario patriottardo con cui sono stati giustificati gli interventi militari italiani. Eppure, nonostante tutto, speravamo esistesse ancora una cura che ce lo restituisse. Poi, dopo averlo sentito equipare il nazismo e il comunismo, dopo averlo visto elevare i democristiani a padri nobili della patria, ci siamo dovuti arrendere all’evidenza. Continuare a insistere sarebbe stato accanimento terapeutico e non ce la siamo sentita visto che noi semo quella razza che l’è tra le più strane che bruchi semo nati e bruchi si rimane. Quella razza semo noi l’è inutile far finta: c’ha trombato la miseria e semo rimasti incinta. Addio Roberto.
Mario Cioni e i compagni della Militant

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