lunedì 13 maggio 2013

TRE GIORNI DI FUOCO PER L'EX PREMIER PUTTANIERE

Sono tempi duri per Berlusconi e per chi lo difende(forse anche no visto quello che percepiscono)in quanto la Pm Boccassini ha chiesto sei anni per l'ex premier puttaniere per concussione e prostituzione minorile per l'affaire Ruby,conosciuto ormai ai più come episodio della saga dei bunga bunga ormai conosciuta a livello planetario,occasione di scherno e motivo di vergogna dell'Italia da parte di tutto il mondo.
Comunque stiamo calmi visto che il luciferino Berlusconi se l'è quasi sempre cavata,e anche con condanne assodate non è mai stato in galera o per prescrizioni dei termini o per indulto,ma questi anni richiesti sono abbastanza per poterlo vedere dietro le sbarre e per non vederlo mai più in posti dove si fa politica visto che è stata anche fatta richiesta d'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Di tutto questo parla il primo articolo tratto dal"Corriere della sera"on line,mentre il secondo articolo preso da"Senza Soste"parla del sabato di contestazione più che di appoggio a Berlusconi e al candidato sindaco di Brescia Paroli,con parecchi cittadini bresciani che compatti hanno espresso il loro disgusto per tutta la merda che ostinatamente vuole ancora farci mangiare.
Un piccolo appunto tra i due eventi la serata che Canale 5 ha dedicato al suo padrone con uno speciale in cui(mi hanno detto o l'ho letto)l'ex premier pagliaccio ha tentato con balle clamorose di difendersi dalle accuse dei Pm"comunisti"e"rossi"che lo stanno"perseguitando"da vent'anni,un tentativo patetico e pericoloso di controllare con una disinformazione spaventosa le scelte di milioni di italiani,anche se gli ascolti sono stati un flop.

La requisitoria del pm al processo per prostituzione minorile e concussione
Processo Ruby, la pm Boccassini: «Condannate Silvio Berlusconi a sei anni di carcere»
Il magistrato ha chiesto per il leader Pdl l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Sentenza prevista per il 24 giugno

Richiesta di pena per Silvio Berlusconi al processo Ruby. La pm Ilda Boccassini ha chiesto di condannare il leader Pdl a sei anni di carcere con l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il magistrato ha motivato la sua richiesta facendo la somma delle richieste per i due reati: 5 anni per la concussione e 1 anno per la prostituzione minorile. Il magistrato non ha riconosciuto l'ex premier «meritevole» delle attenuanti generiche. «Non vi è dubbio che Karima El Marough abbia fatto sesso con Berlusconi e ne abbia ricevuto dei benefici» ha detto Ilda Boccassini, nel corso della requisitoria riferendosi alle feste dell'ex premier.
I DIFENSORI - «Per il tipo di reato contestato è una richiesta altissima, molto alta, assolutamente spropositata». Lo ha dichiarato subito dopo la richiesta del pm uno dei legali dell'ex premier, Niccolò Ghedini.
IL CALENDARIO- Per il processo sul caso Ruby si tornerà in aula il 3 giugno per le arringhe difensive dei legali di Silvio Berlusconi. Al termine dell'udienza di oggi i giudici del Tribunale di Milano hanno poi fissato come ultima data quella del 24 giugno, giorno in cui potrebbe essere emessa sentenza.
LE FESTE - «Le ragazze invitate ad Arcore facevano parte di un sistema prostitutivo organizzato per il soddisfacimento del piacere sessuale di Silvio Berlusconi», ha detto anche la Boccassini. E sul fatto che Karima El Mahroug, la giovane marocchina nota come Ruby, avesse meno di 18 anni, per Boccassini «non c'è dubbio che questo fosse noto» a Berlusconi e a chi organizzava le feste di Arcore nel periodo di settembre 2009. Per Boccassini, Ruby era diventata «la preferita, la più gettonata delle ragazze» e frequentava Arcore in tutte le «feste comandate». Berlusconi, compatibilmente con i suoi impegni istituzionali, «approfittava» proprio di quei giorni di riposo per ricevere le ragazze, e Ruby c'era sempre: Pasqua (che quell'anno cadeva il 4 aprile), 25 aprile, e primo maggio.
IL DENARO - Secondo il magistrato Silvio Berlusconi avrebbe versato oltre 4,5 mln di euro a Ruby «come dimostrano le intercettazioni telefoniche, un biglietto sequestrato alla giovane marocchina e i prelievi fatti dall'ex premier su uno dei suoi conti».
PROSTITUZIONE E DENARO - E allo stesso modo «prima del 14 febbraio non abbiamo dubbi che Ruby si prostituisse», ha riferito Boccassini. Ruby, ha sottolineato, «ha una disponibilità di denaro che in altro modo non potrebbe avere». Ruby, ha continuato la Boccassini, disponeva di contanti «spesso in banconote da 500 euro». La giovane riceveva molti sms da clienti con frasi «imbarazzanti» e in un caso «era stata vista in un locale con un signore di una certa età con una Bentley» e faceva «spese nei negozi del Quadrilatero» a Milano, dove comprava molti vestiti griffati. «Per acquistare una borsa nel quadrilatero della moda a Milano - sottolinea ancora Boccassini - si spendono non meno di 1500 euro». In seguito, Ruby «aveva da Berlusconi direttamente quello che le serviva per vivere in cambio delle serate ad Arcore».
FEDE E MORA SAPEVANO - «Il 14 febbraio 2010, al di là di ogni ragionevole dubbio, Emilio Fede, portando Ruby ad Arcore, sapeva che quella ragazza era minorenne perché era stato il presidente della giuria del famoso concorso di bellezza, quindi non poteva non sapere», ha detto Boccassini, nel corso della requisitoria in corso al processo di Milano. Secondo Boccassini, quella di Emilio Fede è una difesa «risibile», perché le sue dichiarazioni sono «ridicole». I protagonisti di quella serata, ha aggiunto, «sono Fede e Mora». «Mora - ha spiegato - aveva un interesse assoluto a favorire Silvio Berlusconi. La sua società era in fallimento, la sua vita attaccata a un filo e aveva bisogno di tanto danaro». «Il presidente Silvio Berlusconi - ha continuato - ha elargito una somma pari a circa 5 milioni di euro a Lele Mora, cercando di salvarlo dal fallimento. Soldi che lui ha intascato: in parte sono andati in Svizzera, in parte a Emilio Fede. Questo è il contesto del 14 febbraio 2010». E quel giorno «non solo Emilio Fede era a conoscenza della minore età della ragazza, ma anche Mora», ha concluso Boccassini, sottolineando che è stata la stessa Ruby ad dirlo. «Possiamo immaginare che una persona con cui aveva un rapporto di fedeltà come Fede non avesse detto a Berlusconi che aveva introdotto ad Arcore una minorenne?», è stata la domanda retorica di Boccassini.
LE BUGIE DI FEDE - La Boccassini ha esaminato nel dettaglio la sequenza delle celle agganciate dal cellulare di Fede la sera del 14 febbraio 2010. Il telefono rimane agganciato a Segrate, ha spiegato, fino alle 20.57. Dopo di che, fino all'1.37, risulta agganciato a celle della zona di Arcore. «Non v'è dubbio - spiega quindi - che anche lui si è recato ad Arcore» e, incrociando questi dati con quelli del cellulare di Ruby, «non v'è dubbio che la minore, che è arrivata con un taxi a Segrate, ha continuato il suo percorso ad Arcore con Emilio Fede». Sono false, perciò, prosegue, le dichiarazioni di Fede «quando dice che ad accompagnarla sia stato Mora. Anzi, Fede aggiunge, mentendo spudoratamente, che è stato Mora a dire di averla accompagnata».
IL FERMO - Per Boccassini, l'episodio del fermo di Ruby era «imprevedibile», ma le diffuse notizie di stampa di quel periodo davano «un quadro sulla sfera personale del premier che trascendeva la sfera personale e sfiorava ipotesi di reato. Questo non poteva essere sconosciuto dai funzionari della questura di Milano». Ruby era stata fermata in strada per furto perché Caterina Pasquino, una ballerina con cui divideva la casa, l'aveva accusata di averle rubato tremila euro da un cassetto. «Se da un lato Berlusconi era ben consapevole dei pericoli», «c'erano le sue paure», ha aggiunto Boccassini, «dall'altro chi intervenne in questura non poteva certamente ignorare che quella minore era da ricondurre nella sfera personale del premier». «Attorno al presidente Berlusconi - ha continuato - già si erano verificate disvelazioni pubbliche da parte dell'entourage familiare di Berlusconi, la vicenda Noemi» e la vicenda delle foto di Villa Certosa, ha ricordato Boccassini.
APPARATO MILITARE - Arrivando in questura a Milano la sera del 27 maggio 2010 Ruby non aveva con sé il cellulare, e quando la funzionaria della questura Giorgia Iafrate dice il contrario dice una «falsità suicida», successivamente «confermata da Berlusconi». Durante la sua requisitoria il pm, Ilda Boccassini, ha affermato che «si scatena un apparato militare» per evitare che emerga la verità su Ruby. «Pensate davvero che si scateni questo apparato - afferma il pm - per proteggere una minorenne che aveva fatto pena perché le avevano buttato l'olio bollente sulla testa? Veramente possiamo credere a queste risibili dichiarazioni?».
MINETTI - Per Boccassini, nel caso di Nicole Minetti «siamo di fronte a una rappresentante delle istituzioni che aveva un doppio lavoro: uno, quello di consigliera regionale, alla luce del sole, l'altro non alla luce del sole, quello di gestire le case delle Olgettine». L'ex consigliera del Pdl in Regione «sapeva che Ruby era minorenne». «Non potevano i funzionari della questura non sapere chi era Nicole Minetti, e soprattutto il vicario del questore, la cui funzione è proprio quello di sovrintendere i rapporti istituzionali con le autorità e le massime cariche». «La Minetti è consapevole della minore età di Karima. Sa che ha frequentato Arcore, che si è fermata a dormire, e sa quello che succede ad Arcore. È di tutta evidenza che la Minetti, nel momento in cui si precipita in questura, sapeva che la Karima era minorenne», ha detto Boccassini.
SOGNO ITALIANO - Ruby è stata «vittima del sogno italiano» in negativo, quello che hanno «le ragazze delle ultime generazioni in Italia», i cui unici obiettivi sono «entrare nel mondo dello spettacolo e fare soldi». Così Ilda Boccassini ha descritto la giovane marocchina al centro del processo. Il pm ha sottolineato come la ragazza vivesse in Sicilia in «un contesto umile ma di grande decoro», dal quale però aveva deciso di sfuggire «sfruttando la sua avvenenza e il fatto di essere musulmana» e quindi di potere accreditare, inventandola, la versione di un padre violento e padre-padrone. Ruby era «furba di quella furbizia orientale propria della sua origine». «I genitori sono persone umili che non riescono a tenerla a freno. Lei ha in mente un solo e unico percorso», ha sostenuto Boccassini. «Riesce a sfruttare - aggiunge - l'avvenenza fisica da un lato e il fatto di essere musulmana dall'altro, lasciando credere di subire il padre padrone e di essere scappata».
LE LEGGI DEL SUO GOVERNO - «Prima di entrare nel merito delle imputazioni ascritte a Berlusconi - ha detto Ilda Boccassini - volevo ribadire l'importanza della tutela del minore al punto che sono intervenute due leggi importanti, una nel febbraio 2006, la numero 38, e l'altra nel marzo del 2008, volute dal governo Berlusconi», con lo scopo di combattere lo sfruttamento sessuale del minore. Silvio Berlusconi è quindi imputato anche per una legge introdotta dal suo stesso governo.
CONCUSSIONE - Parlando della notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Ruby venne affidata a Nicole Minetti dopo essere stata fermata e portata in Questura, Boccassini ha motivato l'accusa di concussione: «L'imputato è colpevole del reato di concussione perché, abusando della sua qualità, ha fatto in modo che la minore ricevesse un indebito vantaggio non patrimoniale consistente nella sua fuoriuscita dalla sfera di controllo della polizia; e per sé che non si disvelasse quanto accadeva nelle serate di Arcore».
MUBARAK - «Quando Ostuni chiama il Questore sa che quella di Mubarak è una colossale balla», ha detto Boccassini. Il procuratore aggiunto di Milano ha aggiunto che «la minorenne era già stata fotosegnalata» e che nel corso delle prime telefonate il capo di gabinetto della questura di Milano Pietro Ostuni era stato messo al corrente che Ruby aveva negato di essere la nipote dell'ex presidente egiziano.

Ribellione a Brescia.
Una piazza di cittadine e cittadini comuni, indignati, spontanei, arrabbiati, determinati ma con un alto grado di autocontrollo, tanto da riuscire ad evitare le provocazioni rabbiose dei sostenitori del Pdl. Questa è stata la piazza bresciana sabato. Berlusconi pensava ad una facile iniziativa elettorale e mediatica nella città che i suoi avvocati, credendola amica, volevano trasferire i suoi processi, ci ha provato: ma oltre ogni aspettativa il suo show è stato disturbato. L’ovale di piazza Duomo all’inizio era diviso esattamente in due, con la parte di fronte al palazzo della Prefettura piena di contestatori, quella davanti al Duomo di sostenitori azzurri. Ma poi la massa dei contestatori è aumentata, è avanzata, soprattutto durante il comizio del capo, arrivando a conquistare pacificamente i 2 terzi della piazza.
Non se lo aspettavano i vertici del Pdl: Berlusconi avrebbe forse preferito evitare di presentarsi, dopo aver saputo dell’accoglienza non proprio benevola riservata ai big del suo partito: da Brunetta alla Santanchè passando per la Gelmini, tutti hanno potuto raggiungere il palco solo grazie alla scorta e alla polizia, altrimenti la rabbia delle gente anche nelle strade adiacenti li avrebbe ingoiati. Berlusconi non poteva più tirarsi indietro, sarebbe stata una dimostrazione di debolezza. Così è salito su quel palco, ha preso la parola tra fischi e cori e che lo hanno costretto a cambiare la scaletta, ad interrompersi più volte e alla fine a interrompere il discorso su indicazione della scorta che lo avvisava di non essere in grado di garantire la sua incolumità, e a lasciare la piazza alla chetichella. Per riprendersi dallo shock Berlusconi ha avuto bisogno di tempo, tant’è che alla cena di finanziamento (1000 euro a coperto) si è presentato con tre ore di ritardo. Sorpreso, per una volta in positivo, anche il variegato mondo della sinistra bresciana: la rabbia contro Berlusconi ha fatto da collante e ha spinto migliaia di cittadini a scendere in piazza, finalmente. Uno scenario inedito e inatteso, perchè da anni Brescia non si muoveva con tale spontaneità, nemmeno in occasioni clamorose come quella del caso Caffaro riportato sotto i riflettori dalla trasmissione “Presa Diretta”: i bresciani si sono allarmati, hanno capito di vivere in una città che uccide per l’inquinamento che produce, eppure non sono scesi in piazza così numerosi come avvenuto sabato.
Ci è voluto Berlusconi, e il governo dell’inciucio, ma alla fine i bresciani si sono svegliati e sono scesi in piazza, senza partiti o realtà politiche che li guidassero: perchè nonostante l’imprecisione o la mala fede dei media main stream e di tanti giornalisti pressapochisti, la contestazione a Berlusconi non è stata diretta dai “centri sociali e dai grillini”: a Brescia il centro sociale, il Magazzino 47, non aveva organizzato alcuna mobilitazione, né tanto meno il Movimento 5 stelle, che in questa città non ha (per lo meno fino ad ora) alcuna tradizione di piazza, fatto salvo di qualche gazebo di raccolta firme.
La spontaneità e la determinazione sono il dato vero, il dato politico della giornata dell’11 maggio; non che non ci fossero partiti o realtà organizzate: in piazza Duomo c’erano militanti della lista Brescia solidale e libertaria, la cui candidata sindaco è stata denunciata per manifestazione vietata, di Sel, di Rifondazione, della Rete Antifascista, e di altri gruppi strutturati. Ma nessuno di loro aveva organizzato la mobilitazione, erano girati venerdì sms e e-mail, come tante altre volte. I cittadini si sono presentati via via sempre più numerosi, con cartelli dall’ironia pungente, come quello retto da una giovane donna che recitava: “Berlusconi, se ti fanno un monumento saremo i tuoi piccioni”; o “le donne bresciane stanno in posizione verticale”, o, ancora “hai le orge contate”. Un signore ha addirittura avuto l’ardire di recarsi quasi sotto il palco mentre Berlusconi parlava on un ombrello sormontato dalla scritta: “Silvio, basta farti i cazzi tuoi”. Un bel coraggio, perchè il popolo delle libertà era nervoso, astioso, vedendo che le forze di polizia non intervenivano in modo violento schiumava di rabbia e, in qualche caso, sono stati i singoli pidiellini ad alzare le mani, o gli ombrelli, soprattutto contro ragazze che tenevano cartelli o cantavano “Bella Ciao”. Alla fine Brunetta, Santanchè e Formigoni hanno dovuto letteralmente scappare protetti dalla polizia tra gli insulti della gente. Una delle poche volte in cui i potenti al potere, sgomenti hanno provato l’emozione della paura. Assenti ovviamente PD, CGIL e dintorni che imbarazzati avevano indetto un presidio in solidarietà con la magistratura al mattino davanti al tribunale.
tratto da http://sinistracritica.org
12 maggio 2103

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