domenica 5 maggio 2013

LE FESTE SACRE AL LAVORO


L'articolo proposto parla di un problema molto sentito dai dipendenti e dai familiari di tutti i lavoratori che operano nel settore commerciale,molti dei quali sono obbligati a lavorare tutte le domeniche ed in alcuni casi pure nelle festività come quelle appena passate del 25 aprile e del primo maggio.
L'articolo primo di Senza Soste parla prettamente di Livorno anche se il discorso si può tranquillamente allargare a tutto il paese,e si descrive come alla fine sbaglino tutti,dalle amministrazioni farfallone che permettono tutto o che se pongono limiti alle aperture emettono multe irrisorie,fino al lavoratore,che se è a tempo indeterminato può benissimo rifiutarsi di lavorare nelle festività,sempre che il suo contratto glielo permetta.
Altro punto cruciale è il consumatore che fa la spesa in giorni festivi come se non aspettasse altro durante la settimana,ignorando che così facendo innalza il prezzo della merce:altro problema è l'enorme differenza che passa tra la grande e la piccola distribuzione,con i negozi che arrancano di fronte ai colossi della vendita commerciale.
L'altro articolo è un'intervista a Mario Lottaroli presa da Crema on-line in cui si ribadisce il concetto che il giorno della commemorazione della Liberazione dal dominio e dalla dittatura nazifascista è sacro(per me molto più importante del Natale per intenderci)e chi decide di tenere aperto non fa una bella figura davanti alla memoria di chi è morto per la nostra libertà.
Quindi per me il cartello posto all'inizio di questo post dev'essere d'obbligo per tutte le festività dell'anno...domeniche comprese!

Aperture dei negozi il Primo Maggio: sbagliano tutti.
Anche quest'anno ci ritroviamo a dover leggere le solite polemiche sulle aperture dei negozi nei festivi, e lo diciamo francamente, ci siamo veramente stancati di dover assistere alle recite di chi scarica le responsabilità su altri senza prendersi le proprie. Anche perché su questo tema sbagliano un po' tutti: l'amministrazione, i sindacati concertativi, ovviamente le insegne che decidono di stare aperte, chiaramente i clienti, ma anche i lavoratori.
Sbagliano amministrazione e sindacati, perché la polemica fra di loro (sul Tirreno di oggi) è tutta sul "cosa" fa l'amministrazione e non sul "come e quanto". In che senso? Nel senso che è inutile discutere se l'amministrazione ha emesso o no un'ordinanza di chiusura e se farà applicare questa ordinanza facendo le multe, perché il problema sta invece tutto nell'entità della multa stessa (mille euro circa). Si tratta di una cifra che, come è evidente, non spaventa affatto chi decide di aprire, che fa ogni volta un semplice calcolo e valuta la cifra della multa come una voce da mettere in preventivo ma che non rende comunque sconveniente aprire visto che l'incasso è di gran lunga maggiore (stiamo parlando ovviamente delle grandi insegne, visto che per i piccoli negozi invece è una cifra che pesa, infatti siamo anche qui in presenza dell'ennesima misura che colpisce solo il piccolo e fa appena il solletico al grande). E allora di cosa parlano Bernardo (assessore) e Franceschini (Cgil)? Del nulla. Basterebbe, per rendere intanto almeno utile la loro discussione, che il centro del problema fosse quello del "quantum", ossia ad esempio: facciamo chiudere un mese, specialmente se recidivi, i grandi negozi che non rispettano l'ordinanza. Oppure leghiamo la sanzione agli incassi di tale giornata.
Sbagliano ovviamente le grandi insegne che decidono di aprire, dimostrando totale disinteresse per chi lavora e rimarcando ancora una volta che in Italia la responsabilità sociale dell'impresa prevista dall'articolo 41 della Costituzione conta meno di zero. E sbagliano chiaramente tutti quei clienti che non trovano di meglio da fare che legittimare queste aperture andando a fare la spesa il Primo Maggio. Sono probabilmente gli stessi che se avessero un parente o un affetto che lavora nei festivi si lamenterebbero all'infinito perché non possono passare la giornata insieme.
E infine, vogliamo dirlo, sbagliano anche i lavoratori. I mezzi per non lavorare il Primo Maggio e in generale nelle festività importanti ci sono, basta avere la voglia e il coraggio di usarli. Nei posti di lavoro dove i dipendenti si organizzano sindacalmente, anche in maniera autonoma dalle grandi organizzazioni, i risultati arrivano perché i rapporti di forza si spostano pesantemente. Spesso i piagnistei sui "sindacati che non fanno niente" servono solo a mascherare la propria pigrizia, tipica di chi non vuole prendere in mano il proprio destino mettendosi in prima linea. Nessun lavoratore fisso viene licenziato perché non si è presentato al lavoro il Primo Maggio in presenza di uno sciopero, e se questo avviene i mezzi per difendersi ci sono tutti.
Esistono molti esempi e dimostrazioni, a Livorno e in tutta Italia, di posti di lavoro grandi e piccoli dove una azione sindacale efficace (sembra difficile, ma a volte è sufficiente anche una semplicissima presenza "di vigilanza") fa desistere i datori di lavoro dalla volontà di aprire, anche solo per evitare grane e cattivi ritorni di immagine. Basta un po' di volontà e l'orgoglio di non abbassare la testa, almeno per quella che è la nostra festa, quella dei lavoratori.
Redazione
30 aprile 2013
Crema. Negozi aperti per il 25 aprile. Mario Lottaroli, Rifondazione Comunista: "sono indignato, così si distrugge la memoria storica"
di Emanuele Mandelli
Crema - Giornata di festa per il 25 aprile si, ma non per tutti. Mario Lottaroli, consigliere comunale di Rifondazione Comunista torna all’attacco sul tema delle aperture straordinarie delle attività commerciali. “Sono indignato che nella giornata della festa nazionale più importante, negozi e supermercati siano rimasti aperti come fosse una qualunque giornata infrasettimanale”, sbotta Lottaroli.
Anche così si uccide la memoria di una nazione
“Questo ha costretto i dipendenti a recarsi al lavoro negando loro il piacere di condividere con le persone care questa giornata così piena di significati. È anche in questa maniera che si uccide la memoria storica di una nazione, quando ai valori più profondi si antepongono gli affari ed il mercato”.
Il coordinamento regionale
Lottaroli e Rifondazione comunista, che già avevano avviato questa battaglia, adesso si uniscono alla protesta del comitato Domenica no grazie! Lombardia, un coordinamento regionale di lavoratrici e lavoratori dipendenti delle catene commerciali, nato per rivendicare il diritto alla festività limitando le aperture domenicali e festive dei negozi.
In Francia e negli Usa
Ecco alcuni brani di un volantini del comitato diffuso da Rifondazione: “In tutte le nazioni ci sono giornate dove ci si riunisce per un momento di riflessione. Pensate forse che in Francia il 14 luglio anniversario della rivoluzione francese o l'8 maggio anniversario della vittoria sul nazismo ci siano i centri commerciali aperti? Sapete come festeggiano i francesi queste giornate? Con manifestazioni in tutti i comuni e per concludere con grandi balli e tavolate dove persone di tutte le età si ritrovano in un momento di gioiosa felicità. e lo seteoo si puo dire del 4 luglio negli stati Uniti”.
La liberalizzazione? Una schiavitù
“Dopo la liberazione degli orari delle aperture domenicali la vita di tutti i lavoratori della grande distribuzione e dei centri commerciali è diventata un verso inferno. Turni massacranti, spesso zero indennità o riposo compensativo, le domeniche di apertura non hanno portato nessun posto di lavoro in più e nessun incremento delle vendite. perche se non c'è denaro in tasca ai clienti non è aumentando le ore di apertura che li farà spendere”.

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