lunedì 14 maggio 2012

I METALLICA A UDINE

Ieri sera spettacolo eccezionale dei Metallica che hanno incantato,fatto cantare e ballare migliaia di persone accorse a Udine da tutta Italia e dall'estero per l'unica data del loro tour europeo che ha toccato il nostro paese nell'occasione del ventennale dell'uscita del loro"Black album".
Picchiano forte i Metallica partendo dal cantante e chitarrista James Hetfield,il batterista Lars Ulrich,l'altro guitar man Kirk Hammett ed il bassista Robert Trujillo che in due ore abbondanti di concerto non solo hanno riproposto l'intero album ma hanno aggiunto altre chicche,una su tutte per me la splendida"One".
Il tutto contornato da un palco sontuoso pieno di luci ed effetti speciali,laser e fuochi d'artificio che hanno fatto divertire tutto lo stadio e credo che anche loro abbiano provato piacere a suonare davanti ad un pubblico in delirio.
Abbastanza in aria credo sia stato pure il giornalista del quotidiano"Messaggero Veneto"che ha dedicato un pezzo all'evento tenutosi in Friuli:un ringraziamento particolare ai miei compagni di viaggio e ai gentili abitanti di Tavagnacco.

Metallica siderali il Friuli in delirio.

Una memorabile notte “Black”: bombe di sound allo stadio. La band californiana incatena 40 mila fedeli del trash.

di Gian Paolo Polesini                               . UDINE. Potenza, sopra ogni cosa. Che botte, raga. L’heavy metal ti rigira i connotati. Al minimo, se entri moro, esci biondo. Muri di casse invalicabili, watt da far perdere i conti, ampli valvolari (di solito i Mesa boogie) per limitare distorsioni pazzesche. E se il ciak è con il feroce Hit the light (l’album è Kill ’Em All) i deboli di spirito vacillano, mentre i forti vaneggiano. L’intro è da brivido: Highway to Hell dedicato agli AC/DC che aprirono il concerto di Udine. Bombe di sound sottoforma di Metallica, quartetto da cento milioni di dischi depositato sul palco-portaerei del Friuli. E davanti i 40 mila. Gli estratti cento fans nel diamante in adorante visione live. E comunque tutti ondeggianti, urlanti, tenuti vivi da onde d’urto da sisma sonoro.
La compostezza la si deve intascare e tenere buona per l’eventuale prossimo concerto di Chopin. Panoramica da pelo dritto. Ineguagliabile. L’acchiappo non ha fine. Hetfield, il dio pagano, Hammet, la “chitarra di Hendrix” fedele alla causa da quando fu cacciato il rintronato Mustaine, Ulrich, la batteria sin dai primi colpi di rullante, e l’ispanico Trujillo, il basso, l’ultimo aggregato con la faccia molto funk, non intendono ancora staccare i piedoni dalle tavole imbullonate. L’aria è umida, arrivano folate di luppolo misto a fumo. È tempo. Esplode lo stadio, ma stavolta Di Natale non centra. Hit the lights. Cattiveria pura 1983. Con Master of Puppets si salta tre anni in avanti, poi arriva Fuel. Siam tutti qui per il The Black Album, letto al contrario. Si risale la corrente, come i salmoni.
C’è chi lo ama e chi lo rinnega. Definirlo melodico equivale a incasellare Orietta Berti sotto la rock music. Anche se con Nothing else Matters ti verrebbe da farti un giro sulla mattonella stretto alla pupa. Una magnifica illusione da sei minuti e ventotto. Il riff aggressivo di The struggle Within, che tambureggia sull’incipit, ci porta al cospetto delle contraddizioni dell’uomo. Arpeggi di Hammet per My Friend of Misery, un suggestivo inchino ai Black Sabbath, anticipano i rapporti non sempre nitidi di Hatfield con la religione (The God that failed). Gran pezzo.
È Through the Never a distribuire adrenalina, d’altronde il viaggio è cosmico. Si incita alla guerra per la pace. Si vis pacem, para bellum. O no? Dont’ tread on me, riassume il concetto con il grandaffare di Urlich. Avanti. Mica c’è la pausa caffè. E su su fino a Enter Sandman, guitar pizzicata sostenuta dalla viulenza di Lars. Eppure è un sogno con un aggressivo riff. Ma di dormire non se ne parla proprio. Anzi, scivoli verso casa con l’energia di un velociraptor.

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