Alla fine le parole e la voglia dei familiari di questo ragazzo di far uscire la verità mi hanno convinto a postare la foto di Stefano e anche quella di Marcello Lonzi morto nel 2003 a Livorno,due immagini terribili di cadaveri di due ragazzi picchiati a sangue da chi per ora non ha ancora pagato.
Com'era prevedibile ora c'è molta strumentalizzazione di questa morte da parte di tutti gli schieramenti politici,dal fognanuovista Fiore al comunista Ferrero,dal Pdl all'Idv passando per i cattolici e i pidiellini.
Mentre per ora Maroni almeno si limita a tacere aspettando il termine delle indagini in corso la merda fascista di La Russa difende i carabinieri come se lui fosse stato presente durante i fatti,ad occhi chiusi e senza rispetto per il ragazzo assassinato:d'altronde considera"corretto"il lavoro dell'arma,ovvero il pestaggio di un branco di sbirri contro un ragazzo di nemmeno cinquanta chili.
Qui sotto ci sono dei materiali tratti da Indymedia Lombardia,Indy Roma(la traduzione delle testimonianze dei familiari di Stefano Cucchi)e da Senza Soste che offre links con documenti sulle morti in carcere e sulla vicenda di Marcello Lonzi.
Esplode il caso dopo la pubblicazione delle foto del corpo martoriato del ragazzo.
Esplode il caso dopo la pubblicazione delle foto del corpo martoriato del ragazzoLa Russa: "Carabinieri corretti". Oggi sit in davanti a palazzo Chigi
Morte Cucchi, restano i misteri"Verità e nessuna logica omertosa".
ROMA - L'unica certezza è il corpo martoriato di un giovane di 31 anni. Si chiamava Stefano Cucchi e la sua morte misteriosa è diventata di dominio pubblico dopo la pubblicazione, ad opera della famiglia del ragazzo, delle foto del suo cadavere pieno di lividi. "Vogliamo capire che cosa è successo" chiede la madre. Capire come mai Cucchi sia morto in carcere dopo l'arresto dei carabinieri che lo hanno sorpreso con una ventina di grammi di droga. Dare una spiegazione a quelle fratture alla spina dorsale, al coccige, alla mandibola.
La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per ricostruire la vicenda ed eventualmente dare un nome e un volto a chi, a due settimane dal suo arresto (Cucchi è statio catturato la notte del 15 ottobre, è morto in prigione il 22), potrebbe aver massacrato il trentenne. E magari capirne il perché, ammesso che esista.
D'altronde, dopo la pubblicazione delle foto su giornali, la vicenda è esplosa in tuta la sua gravità. "Non ho strumenti per dire come sono andate le cose, ma sono certo del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione" dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa.
Ma la voce di chi chiede verità e nessuna copertura, si fa sempre più forte. "Verità e legalità per tutti, ma proprio tutti: in fondo è semplice" si legge in un corsivo di ffwebmagazine, il periodico online della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini."Uno stato democratico non può nascondersi dietro la reticenza degli apparati burocratici - continua il corsivo - Perché verità e legalità devono essere 'uguali per tutti', come la legge. Non è possibile che, in uno Stato di diritto, ci sia qualcuno per cui questa regola non valga: fosse anche un poliziotto, un carabiniere, un militare, un agente carcerario o chiunque voi vogliate. Non può esistere una 'terra di mezzo' in cui si consente quello che non è consentito, in cui si difende l'indifendibile, in cui la responsabilità individuale va a farsi friggere in nome di un 'codice' non scritto che sa tanto, troppo, di omertà tribale".
Parole chiarissime che rimbalzano anche tra chi, come il Pdci e Rifondazione chiedono al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di intervenire "perché un Paese civile non può permettersi l'ennesimo caso di 'sospensione' della democrazia". E oggi, alle 15, la federazione giovanile del Partito dei comunisti italiani, i giovani comunisti di Rifondazione comunista e l'Unione degli studenti, saranno davanti a palazzo Chigi per un sit-in: "L'opinione pubblica non può rimanere indifferente, serve il coraggio di affrontare la realtà, anche se scomoda".
Per Marina Sereni, vicepresidente dei deputati Pd non si può certo parlare di "caduta accidentale": "Le foto mostrate ieri dalla famiglia, che non ha potuto vederlo neanche in ospedale, ora sono sotto gli occhi di tutti. Tutti aspettano verità sulla morte di un ragazzo di 31 anni. Noi continueremo a chiederla". E anche per il portavoce del Pdl l'accertamento dei fatti "è interesse di tutti".
E chiarezza la chiede anche Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp, il secondo sindacato della polizia penitenziaria: "Stefano sarebbe arrivato a Regina Coeli direttamente dal tribunale già in quelle condizioni, e accompagnato da un certificato medico che ne autorizzava la detenzione, come di solito si fa in questi casi".
Stefano Cucchi: beaten and killed in prison.
Stefano Cucchi was arrested by the Carabinieri on 15 October.He spent the night in the police station and the following day, with a fast-track trial, the judge ordered that he stay in prison while waiting for the next hearing. While the parents are still waiting to see their son, a week ago, the family receive from the Carabinieri, the notification of the order with which the prosecuting magistrate authorises the autopsy on Stefano’s body.And that’s how his parents and his sister get to know about Stefano’s death.Another who died of prison.
Interviewed Ilaria and Giovanni Cucchi, who are the sister and the father of Stefano.
The arrest and the fast-track trial
llaria Cucchi: "Stefano Cucchi was a 31 year old man, a really normal 31 year old guy who on the night of 15/16 October was arrested by the Carabinieri, because he was found to be in possession of a modest amount of marijuana. We saw him leaving the house accompanied by the Carabinieri, who before that, among other things, had searched his room and having found nothing, they took him to their barracks in optimum health, with not one mark on his face and with no complaint about any type of pain. We saw him again dead on 22 October at the morgue. At the moment that we saw him again, my brother had his face completely swollen and full of marks, we couldn’t see his body.”Blog: “Can we retrace the events of those days? The night between 15 and 16 October, he was stopped by the Carabinieri and taken to their barracks: from there, the Carabinieri brought him here to the house to check if …”
llaria Cucchi: to search his room, yes, where obviously nothing was found.”
Blog: “Basically he spent the night in the barracks and then came …”
llaria Cucchi: Exactly. The following morning, about midday there was the fast-track trial, when the judge decided that this guy had to spend the time until 13 November, the date set for the next hearing, in prison and he was put down for “Regina Coeli”.
llaria Cucchi: After that moment we didn’t see him again. I repeat: the morning of the fast-track trial my brother already had signs of swelling from being beaten. But when he left here he was in top condition.Blog: What did the Carabinieri say to you when he came home here?
llaria Cucchi: They told us to stay calm, because for so little he would surely be back home the following day under house arrest.”Blog: Then when they gave you the information, there was a telephone call saying ‘Stefano’s not well’?”
llaria Cucchi: “Saturday evening. The next bit of news we got on Saturday evening. Around 9pm the Carabinieri arrived to tell us that Stefano had been taken urgently to the hospital ‘Sandro Pertini’, obviously my parents went there immediately and there they were denied any type of information. When my mother naively asked to be able to see the lad and to be told what was wrong with him, she was told: “absolutely no. This is a prison. Come back on Monday in visiting hours and talk to the doctors.” My parents returned on Monday morning, at the time they had been told. They were allowed to enter and the details of their identification documents were noted and they were left to wait. After a bit of time, someone responsible came out, and told them that she couldn’t let them talk to the doctors as a certain authorisation had not arrived from the prison. “Anyway, come back, because this authorisation has to arrive and don’t worry because the lad is serene.” When my mother asked “at least tell me the reason why my son is in hospital.” ” The lad is serene.” was the response given to them.Stefano is dead
Obviously, the following day, my parents went back, yes. It was Tuesday morning when they went back to the hospital, to the prison department o f the ‘Sandro Pertini’ and this time, they were actually not allowed to enter. At the external speaker system, they were told that they couldn’t enter, because there was no authorisation. Finally they were told that it was up to them to ask for an authorisation from ‘Piazzale Gloria’, if they want to see the lad. My father asked for this authorisation and he got it on 25 October, no – sorry, on 22 October, Thursday. On 22 October at dawn, my brother died and my father didn’t get the chance to see him. We know about my brother’s death from the Carabinieri, who came to our house about 12:30. Before that I’d just say that it seems that my brother died at dawn. They came about 12:30 to tell my mother the order with which the Public prosecutor authorised the autopsy following the death of Cucchi Stefano. This is how my mother found out about the death of her son.”
Da gennaio a ottobre nelle carceri italiane sono morti 146 detenuti, di cui 59 per suicidio.
Nella foto il corpo di Marcello Lonzi , morto nel carcere di Livorno l'11 luglio 2003
La documentazione al riguardo è visibile a questo indirizzo: http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm
La morte di Stefano Cucchi e l’ondata di indignazione al riguardo, soprattutto dopo la pubblicazione delle sconvolgenti immagini del suo corpo martoriato, sono un fortissimo e drammatico richiamo alla realtà: per tutti coloro che si occupano di carcere, per lavoro o per impegno civile, ma anche per chi ne sente parlare soltanto dai giornali e soltanto quando in carcere finiscono persone “famose”. Ma la realtà del carcere ha poco a che spartire con il mondo “leggero” dei rotocalchi, è una realtà dura e “cattiva”.
Quando il sistema penitenziario italiano viene definito “fuori-legge”, “illegale”, “incivile” (parole più volte usate dallo stesso Ministro della Giustizia), vuol dire che la sofferenza di chi sta in carcere supera il livello ritenuto ammissibile, che la “pena” diventa “supplizio”.
Soffrono in primo luogo i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria, che nell’ultimo mese ha “pagato” con tre suicidi lo stress di un lavoro sempre poco riconosciuto. E dove gli agenti “stanno male”, devono fare turni di 12 ore, e via dicendo, non ci sarà un “bel clima” neanche per detenuti.
Il “Bollettino degli eventi critici negli Istituti penitenziari” (realizzato dal Ministero della Giustizia) è un documento conosciuto solo dagli addetti ai lavori: parla di morti, suicidi, autolesionismi, scioperi della fame, ma anche di proteste collettive ed evasioni. Lo alleghiamo al dossier “Morire di carcere” di questo mese, in modo da fornire anche un riscontro “ufficiale” al nostro monitoraggio.
Nel “bollettino” del Ministero c’è una serie storica dei decessi di detenuti, dal 1992 al 2008: mediamente ogni anno muoiono 150 detenuti, di cui circa un terzo per suicidio e gli altri due terzi per “cause naturali” non meglio specificate. Gli omicidi registrati sono 1 o 2 l’anno.
Con il nostro dossier cerchiamo di dare una lettura diversa a queste morti, distinguendo quelle causate da “malattia” da quelle per overdose (di droghe, di farmaci, di gas butano), ma anche segnalando i casi nei quali vengono aperte inchieste giudiziarie per l’accertamento delle cause di morte: sono le “cause da accertare”, che a volte rimangono tali finché cadono nel dimenticatoio (sulla morte di Marcello Lonzi, avvenuta nel 2003 nel carcere di Livorno, ancora non c’è una verità accertata).
Alleghiamo anche un altro documento, il riepilogo dei casi raccolti nel Dossier 2009 (non sono tutti quelli verificatisi, perché non sempre le notizie delle morti in carcere vengono divulgate. Noi raccogliamo le vicende segnalate dai media, dal volontariato, dai parenti dei detenuti, da qualche parlamentare particolarmente attento a queste problematiche, etc.)
Nel riepilogo si può notare, ad esempio, che i suicidi riguardano prevalentemente i detenuti più giovani; addirittura i 10 “morti di carcere” più giovani del 2009 sono tutti suicidi e 2 avevano solo 19 anni. Le morti per “cause da accertare” sono più numerose di quelle per “malattia”.
I dati complessivi del 2009 (aggiornati al 30 ottobre) denunciano un aumento di ben 20 suicidi rispetto ai primi 10 mesi del 2008, mentre il totale delle morti “di carcere” hanno già superato il totale dello scorso anno: 146 contro 142.
Il curatore del Dossier
Francesco Morelli
Centro Studi di Ristretti Orizzonti - Granello di Senape