martedì 6 ottobre 2009

GUINZAGLIO STRETTO E BORCHIATO

Torno sull'episodio che ha creato forti polemiche sabato scorso con l'editoriale di Augusto Minzolini contro la manifestazione per la libertà di parola di Roma in diretta televisiva su Rai1:un atto d'accusa diretto verso chi è sceso in piazza e un gesto d'incommensurabile amore rivolto a Berlusconi di cui è un fedelissimo lacchè.
Il nuovo direttore del tg di Rai1 nonchè,visto il video dell'intervento incriminato(certe cose te le aspetti da Fede sul Tg4 e non dalla televisione pubblica ribadiamolo che starebbe dalla parte sinistroide del parlamento)nuovo portavoce del premier arrabbiato,tesse un monologo pieno di lodi verso il premier sempre più oppresso dalla stampa e dai massmedia in generale(ahah!).
Quindi capisco che il dittatore è più spaventato che incazzato in quanto fa scendere in campo in maniera spudorata il direttore del più seguito(e non veritiero intendiamoci)telegiornale della televisone di Stato che sempre più si trova sotto le grinfie di Mediaset e di chi la comanda.
Grazie alla segnalazione di Senza Soste l'articolo a firma di Rosa Ana de Santis di altrenotizie.org che propongo racconta gli ultimi intensi mesi di propaganda politica berlusconiana di Minzolini,un altro classico culo per il cazzo del presidente del consiglio dopo il fido Fede,il fascio Feltri e molti altri:un altro personaggio che definire giornalista è un'onta verso un'intera categoria di lavoratori a cui il guinzaglio,soprattutto se stretto e borchiato,sta benissimo come accessorio assieme alla carta e penna.
Il fedele Minzolini.

La TV di Stato, quella del canone - per capirci - quella che indigna il governo per le puntate di Annozero, per le parole di Travaglio infarcite di richiami al codice penale, per il cattivo gusto di esporre una escort in prima serata e per qualche satira troppo audace, quella tv pubblica lì, sabato sera, è entrata nelle nostre case. L’ha fatto per tessere l’elogio di un capo di governo sotto assedio e per contestare la manifestazione che, qualche ora prima, aveva unito la stampa dei farabutti contro il monopolio dell’informazione che in Italia ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Il capo del governo.
L’ha fatto il direttore del TG1 con un editoriale che ricordava, per pathos e per sentimento, quello con cui mesi fa difese il premier dalle critiche e dalle insinuazioni dopo l’annuncio del divorzio da Veronica Lario. Minzolini esordisce con un “senza polemica”, ed infatti non è troppo attento ad argomentare contro le ragioni dei manifestanti: è semplicemente devoto e innamorato del proprio datore di lavoro e, se non ci fosse il blu dello sfondo e l’icona della RAI a tradire la scena, sembrerebbe di essere finiti dentro Rete Quattro, nel TG del vecchio amico Fede.
Le parole, la posa ieratica, il tono canzonatorio con cui si pensa di liquidare il problema del conflitto d’interessi con la solita rassicurazione per cui Berlusconi sarebbe un liberale doc, fanno davvero pensare alla piaggeria del TG di famiglia. E invece quello è il TG1 della RAI. Non una trasmissione di dibattito o di commento, ma il telegiornale. Lo spazio delle notizie, della cronaca, la fotografia del paese.
Il Direttore del TG1 non ha dubbi nel sostenere che in Italia sia garantita la massima libertà d’informazione. Lui è un giornalista sulla carta, come il collega di Libero e il direttore de il Giornale che elargisce minacce a colpi di dossier erotici. A Minzolini, in totale buona fede vuole farci intendere lui con il tono grave di chi espone un parere tecnico e neutro, a lui proprio non sembra una vergognosa anomalia il monopolio delle reti TV e dell’editoria, sovrapposto e coincidente con la massima carica di governo.
Proprietario di Mediaset, con la mano del governo sulle nomine RAI, controlla cinque telegiornali su sette. Ha tutto quello che si deve avere per parlare agli italiani e per vincere le elezioni, mentre la sinistra, con il fare di una razza in via d’estinzione mediatica, rincorre la platea di Ballarò o di RAI3, l’unica rete soggetta a par condicio. Non sarà un caso che l’osservatorio di Pavia riferisce di uno spazio dedicato al governo e agli esponenti della destra oltre il 70% della presenza nelle reti.
Il monopolio di Berlusconi, quello che fa sobbalzare tutta l’Unione Europea, quello che lo renderebbe - senza le altre accuse – ineleggibile, Minzolini non lo comprende se non accusando i colleghi querelati di essere un po’ troppo audaci e perseguibili quando scrivono del mercato del sesso del premier con base a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli come luogo di scambio per favori, corruzioni di vario titolo o commercio di carriere politiche. Questo è privato, dice lui. Soprattutto, sembra di capire, non gli sembra concepibile criticare chi su quella poltrona, ce l’ha insediato.
L’unica cosa sensata che avrebbe potuto evidenziare una difesa intelligente del premier poteva essere una domanda secca da rivolgere al popolo dell’opposizione che del conflitto d’interessi fa sempre la sua bandiera e il suo pezzo forte. Perché la sinistra non sia stata in grado, una volta al governo, di curare questa peste della libertà e quest’abuso di poteri. Forse gli italiani non l’hanno dimenticato del tutto. Ma il direttore non spende editoriali per analisi politiche, fossero pure colorate di commento e di note personali. Lui è stato incaricato di elogiare e difendere.
Di recitare panegirici ad ogni occasione utile. Di essere fedele. Un compito che Berlusconi a quanto pare sa chiedere in modo convincente a molti. Alle donne in un modo che conosciamo meglio e agli uomini in un altro. Forse Feltri potrebbe spiegarcelo. Un lavoro ben fatto che fa sembrare la libertà di opinione un’eccezione concessa dal sovrano, una benevola indulgenza e un segno di bontà di cui non bisogna esser sazi e di cui si deve ringraziare. E’ così che un giornalista che scriveva di Dell’Utri, della mafia e di Craxi, un giorno è diventato Minzolini.

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