I superstiti della striscia di Gaza sono ancora di fronte ai problemi primari per poter compiere una dignitosa sopravvivenza perchè mancano cibo,acqua,elettricità,gas e medicinali,non piovono le bombe per il momento ma il loro effetto si fa sentire e si farà vedere ancora per anni.
E'il tempo di seppellire i cadaveri,sempre se si riescano a trovare tra le macerie i morti ancora interi,sennò si cercano i pezzi smembrati dagli ordigni bellici "autorizzati"(come se io possa sparare un proiettile in testa ad un bambino e dire che sia lecito ed eticamente corretto!)e non.
Dopo propongo un articolo de "Il Manifesto" di oggi di Vittorio Arrigoni,e successivamente degli articoli su due persone che hanno avuto i coglioni di accusare ufficialmente lo stato israeliano di aver cominciato questa guerra contro i palestinesi,interrompendo le relazioni diplomatiche con gli israeliani(Morales della Bolivia)ed espellendo l'ambasciatore dello stesso stato(Chavez del Venezuela).
Pezzi tratti da "Resumen Latinoamericano" con la traduzione di Andrea Grillo per "Senza soste",ed infine una breve riflessione di condanna di André Nouschi scritta sottoforma di lettera all'ambasciatore d'Israele a Parigi,tratta dal quotidiano algerino "Le Matin DZ".
Gaza,solo i morti vedono la tregua.
A Gaza solo i morti hanno visto la fine della guerra. Per i vivi non c'è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza. Senza più acqua né gas, senza corrente elettrica, senza pane e latte per i propri figli. Migliaia di persone hanno perduto la casa. Dai valichi entrano aiuti umanitari col contagocce, e si ha come la sensazione che la benevolenza dei complici di chi ha ucciso sia solo momentanea. Domani (oggi per chi legge ndr) il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon verrà a visitare Gaza, siamo certi che John Ging, a capo dell'agenzia per i profughi palestinesi, ne avrà da raccontargliene.
Dopo che Israele ha bombardato due scuole delle Nazioni Unite, ha assassinato 4 suoi dipendenti, ha colpito e distrutto il centro dell'Unrwa di Gaza city, riducendo in cenere tonnellate di medicinali e beni alimentari destinati alla popolazione civile. Le macerie di Gaza continuano a vomitare morti in superficie. Ieri fra Jabalia, Tal el Hawa a Gaza City e Zaitun, paramedici della mezza luna rossa con l'aiuto di alcuni volontari dell'International Solidarity Movement (Ism) hanno estratto dalla rovine 95 cadaveri, molti dei quali in avanzato stato di decomposizione. Camminando per le strade della città di Gaza senza più il costante terrore di un bombardamento chirurgicamente mirato alla mia decapitazione, tremo ancora alla vista di cani randagi raccolti in circolo, a ciò che mi si potrebbe parare dinnanzi agli occhi essere il loro pasto. Gli uomini tirano un sospiro di sollievo e tornano a frequentare moschee e caffè, facilmente smascherabile è il loro atteggiarsi alla normalità, per i molti che hanno perso un familiare e per i moltissimi che non hanno più dove abitare. Fingono un ritorno alla routine per incoraggiare le mogli e i figli. Con alcune ambulanze questa mattina ci siamo recati nei quartieri più colpiti della città, Tal el Hawa e Zaitun, muniti di questionario porta a porta abbiamo stilato l'entità dei danni agli edifici, e le primissime urgenze per le famiglie: medicinali per gli anziani e i malati, e riso, olio e farina, il minimo per alimentarsi. Tutto quello che abbiamo potuto consegnare al momento sono metri e metri di nylon, da apporre alle finestre laddove prima c'erano i vetri. Compagni dell'Ism a Rafah mi hanno informato che la municipalità ha distribuito alcune migliaia di dollari a quelle famiglie che hanno visto la casa rasa al suolo da bombe che secondo Israele erano destinate alla distruzione dei tunnel. Al termine del conflitto in Libano, gli Hezbollah staccarono milioni di dollari in assegni per ripagare i civili rimasti senzatetto. In una Gaza sotto assedio ed embargo, ciò che Hamas potrà versare come risarcimento alla popolazione «basterà a mala pena a rimettere su un capanno per il bestiame», mi fa sapere Khaled, contadino di Rafah. La tregua è unilaterale, quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla. A Khan Yunis, un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito. A est di Gaza city elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco un quartiere residenziale. Stessa cosa si è verificata a Jabalia. Oggi (ieri per chi legge ndr), sempre a Khann Younis navi da guerra hanno cannonneggiato su uno spazio aperto, fortunatamanete senza fare feriti e mentre scrivo, arriva la notizia di un'incursione di carri armati. Non ci risultano lanci di razzi palestinesi nelle ultime 24 ore. Giornalisti internazionali sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia, sono riusciti a raggiungerci solo oggi. Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita. Quelli arrivati ancora a bombardamenti in corso, hanno seriamente rischiato di rimanerci secchi, come mi ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della sera: soldati israeliani hanno bersagliato di proiettili l'automobile su cui viaggiava. Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta dell'ospedale Al Quds di Gaza city, un interdetto reporter della Bbc mi ha chiesto come è stato possibile per l'esercito scambiare l'edificio per un covo di terroristi. «Per lo stesso motivo per cui dei bambini in fuga da un palazzo in fiamme, sono entrati nei mirini dei cecchini posti sui tetti dello stesso quartiere in cui siamo ora, cecchini che non hanno esitato a ucciderli spandendo la loro materia cerebrale sull'asfalto». Ho risposto al giornalista inglese, ancora più accigliato. È evidente l'abisso fra noi che siamo testimoni e vittime di questo massacro, e chi ne viene a conoscenza tramite i racconti dei sopravvissuti. Da Roma mi informano che l'Unione europea avrebbe congelato i fondi per la ricostruzione fino a quando Gaza sarà governata da Hamas. Lo ha lasciato intendere il Commissario europeo per le Relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner. «Gli aiuti per la ricostruzione della Striscia potranno arrivare solo se il presidente palestinese Abu Mazen riuscirà ad imporre nuovamente la sua autorità sul territorio» . Per i palestinesi di Gaza questo è un chiaro invito dall'esterno alla guerra civile, ad un colpo di stato. Come un legittimare il massacro di 410 bambini che sono morti perché i loro genitori hanno scelto la democrazia ed eletto liberamente Hamas. «Gli Stati uniti sono liberi di eleggere un guerrafondaio come Bush, Israele di scegliere leaders con le mani sporche di sangue come Sharon e Netanhyau, e noi popolazione di Gaza non siamo liberi di scegliere Hamas...», mi suggerisce Mohamed, attivista per i diritti umani che non ha votato per il movimento islamico; non ho argomenti per contraddirlo. I palestinesi vivi imparano dai morti, imparano a vivere morendo, sin dalla tenera età. Tregua dopo tregua, la percezione è quella di una macabra parentesi per contare i cadaveri fra una mattanza e l'altra, verso una pace che non è mai così stata distante. Perlustrando Gaza city a bordo di un ambulanza, per una volta con la sirena muta, la guerra resta impressa nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi e popolata da sguardi spauriti, occhi che insistono a scrutare il cielo verso aerei ancora incessantemente in volo. All'interno di una casa, sul pavimento ho notato dei disegni in pastello, chiaramente una mano infantile li aveva abbandonati evacuando in fretta e furia. Ne ho raccolto uno, carrarmati, elicotteri e corpi ridotti in pezzi. In mezzo al foglio un bambino ritratto con una pietra riusciva a raggiungere l'altezza del sole e danneggiare una delle macchine della morte volanti. Si dice che il significato del sole in un disegno infantile è il desiderio di essere, di apparire. Quel sole che ho visto piangeva, lacrime di sangue. Per lenire questi traumi, una tregua unilaterale basta? Restiamo umani.
Bandiere venezuelane e ritratti di Hugo Chávez sono stati esposti questa settimana nelle marce contro la guerra a Gaza in Cisgiordania, dove i palestinesi vedono il presidente come l'unica voce di dissenso verso Israele e un simbolo di quella forza che manca nei loro leader.La decisione di Chávez, la scorsa settimana, di espellere l'ambasciatore israeliano a Caracas -l'unico Paese oltre alla Mauritania a prendere questa iniziativa come protesta per l'offensiva di Israele a Gaza- lo ha catapultato direttamente al rango di eroe tra la popolazione palestinese, e contemporaneamente ha fatto indignare Israele.Lo Stato ebraico, che accusa il presidente venezuelano di aver ordito alleanze con i "terroristi" di Hamas, contro i quali ha scatenato la guerra a Gaza, ha definito questa decisione "brutale" e "indegna".Il centro ebraico internazionale per i diritti umani Wiesenthal ritiene che Caracas abbia violato la Dichiarazione contro l'Antisemitismo espellendo l'ambasciatore e appoggiando Hamas.Reazioni diametralmente opposte a quelle dei palestinesi in Cisgiordania e dei gruppi nemici di Israele.Hamas ha salutato la decisione definendola coraggiosa ed Hezbollah (il movimento sciita libanese) ha chiesto ai Paesi arabi di seguire l'esempio di Caracas.Il dirigente venezuelano "è un militante, un simbolo della lotta per la libertà. Così come Che Guevara. E' diverso dagli altri presidenti del mondo", dichiara alla AFP Mohammed Al Lahham, deputato di Fatah, partito del presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas.La sua opposizione agli USA, fedele alleato di Israele, alla guerra in Iraq del 2003 e all' offensiva israeliana contro Hezbollah in Líbano nel 2006 è stata interpretata dai palestinesi come un occhiolino a tutti i popoli che "resistono e lottano contro l'occupazione", spiega Al Lahham.Betlemme, Ramallah e Hebrón figurano tra le località cisgiordane dove questa settimana i palestinesi hanno innalzato fotografíe di Chávez e bandiere venezuelane nelle manifestazioni contro la campagna israeliana a Gaza, delle quali l'emittente Al Jazeera ha fornito un'ampia eco.La principale televisione araba ha diffuso inoltre, ripetutamente, un'intervista al cancelliere venezuelano, Nicolás Maduro, nella quale ha attaccato "i criminali che governano Israele" e hanno "perpetrato l'olocausto palestinese per 60 anni"."Mi piacerebbe avere un passaporto palestinese in bianco e consegnarlo a Chávez perché diventasse nostro cittadino. Dopo lo voteremmo e sarebbe il nostro presidente", afferma all'AFP Mahmoud Zwahré, sindaco di Al Masar, una località presso Betlemme, dove vivono in povertà 8.000palestinesi.Di fronte all'egemonia statunitense, il mandatario "è la reazione necessaria. Se non ci fosse, gli Stati Uniti farebbero anche di peggio contro i popoli del mondo", ritiene questo sindaco, che si arrangia come può in questa località senza telefono per scaricare da internet fotografie di Chávez, che dopo distribuisce tra i manifestanti."Qui tutti lo conoscono. C'è sempre più gente che viene a chiedermi immagini per agitarle nelle manifestazioni", informa.Mohammed Brijiá, responsabile di un comitato contro il muro israeliano nella regione di Betlemme, afferma che il "comportamento di Chávez è migliore di quello dell'ONU, che fa solo quel che vuole Israele, e non ha preso nessuna posizione forte" per frenare la campagna militare nella striscia di Gaza."Magari i nostri leader fossero così forti", lamenta Brijiá, un'opinione condivisa con Zwahré: "Ecco qual è il nostro errore. Non abbiamo nessuno dirigente con strategia e missione chiare".Il presidente Abbas si è indebolito nei territori di fronte al pugno di ferro di Hamas e al ricordo troppo imponente del suo predecessore, Yasser Arafat, la cui immagine continua a essere appesa negli edifici pubblici e nelle case dei palestinesi.Iyad, che gestisce un negozio vicino alla chiesa della Natività di Betlemme, lo pensa chiaramente: "Chávez è il miglior presidente, da sempre appoggia i palestinesi"."E' meglio dei leader arabi. Anche Giordania ed Egitto avrebbero dovuto espellere il loro ambasciatore. E' triste per noi non avere nessun dirigente come lui", dichiara Assem, un altro commerciante.
A Gaza solo i morti hanno visto la fine della guerra. Per i vivi non c'è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza. Senza più acqua né gas, senza corrente elettrica, senza pane e latte per i propri figli. Migliaia di persone hanno perduto la casa. Dai valichi entrano aiuti umanitari col contagocce, e si ha come la sensazione che la benevolenza dei complici di chi ha ucciso sia solo momentanea. Domani (oggi per chi legge ndr) il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon verrà a visitare Gaza, siamo certi che John Ging, a capo dell'agenzia per i profughi palestinesi, ne avrà da raccontargliene.
Dopo che Israele ha bombardato due scuole delle Nazioni Unite, ha assassinato 4 suoi dipendenti, ha colpito e distrutto il centro dell'Unrwa di Gaza city, riducendo in cenere tonnellate di medicinali e beni alimentari destinati alla popolazione civile. Le macerie di Gaza continuano a vomitare morti in superficie. Ieri fra Jabalia, Tal el Hawa a Gaza City e Zaitun, paramedici della mezza luna rossa con l'aiuto di alcuni volontari dell'International Solidarity Movement (Ism) hanno estratto dalla rovine 95 cadaveri, molti dei quali in avanzato stato di decomposizione. Camminando per le strade della città di Gaza senza più il costante terrore di un bombardamento chirurgicamente mirato alla mia decapitazione, tremo ancora alla vista di cani randagi raccolti in circolo, a ciò che mi si potrebbe parare dinnanzi agli occhi essere il loro pasto. Gli uomini tirano un sospiro di sollievo e tornano a frequentare moschee e caffè, facilmente smascherabile è il loro atteggiarsi alla normalità, per i molti che hanno perso un familiare e per i moltissimi che non hanno più dove abitare. Fingono un ritorno alla routine per incoraggiare le mogli e i figli. Con alcune ambulanze questa mattina ci siamo recati nei quartieri più colpiti della città, Tal el Hawa e Zaitun, muniti di questionario porta a porta abbiamo stilato l'entità dei danni agli edifici, e le primissime urgenze per le famiglie: medicinali per gli anziani e i malati, e riso, olio e farina, il minimo per alimentarsi. Tutto quello che abbiamo potuto consegnare al momento sono metri e metri di nylon, da apporre alle finestre laddove prima c'erano i vetri. Compagni dell'Ism a Rafah mi hanno informato che la municipalità ha distribuito alcune migliaia di dollari a quelle famiglie che hanno visto la casa rasa al suolo da bombe che secondo Israele erano destinate alla distruzione dei tunnel. Al termine del conflitto in Libano, gli Hezbollah staccarono milioni di dollari in assegni per ripagare i civili rimasti senzatetto. In una Gaza sotto assedio ed embargo, ciò che Hamas potrà versare come risarcimento alla popolazione «basterà a mala pena a rimettere su un capanno per il bestiame», mi fa sapere Khaled, contadino di Rafah. La tregua è unilaterale, quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla. A Khan Yunis, un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito. A est di Gaza city elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco un quartiere residenziale. Stessa cosa si è verificata a Jabalia. Oggi (ieri per chi legge ndr), sempre a Khann Younis navi da guerra hanno cannonneggiato su uno spazio aperto, fortunatamanete senza fare feriti e mentre scrivo, arriva la notizia di un'incursione di carri armati. Non ci risultano lanci di razzi palestinesi nelle ultime 24 ore. Giornalisti internazionali sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia, sono riusciti a raggiungerci solo oggi. Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita. Quelli arrivati ancora a bombardamenti in corso, hanno seriamente rischiato di rimanerci secchi, come mi ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della sera: soldati israeliani hanno bersagliato di proiettili l'automobile su cui viaggiava. Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta dell'ospedale Al Quds di Gaza city, un interdetto reporter della Bbc mi ha chiesto come è stato possibile per l'esercito scambiare l'edificio per un covo di terroristi. «Per lo stesso motivo per cui dei bambini in fuga da un palazzo in fiamme, sono entrati nei mirini dei cecchini posti sui tetti dello stesso quartiere in cui siamo ora, cecchini che non hanno esitato a ucciderli spandendo la loro materia cerebrale sull'asfalto». Ho risposto al giornalista inglese, ancora più accigliato. È evidente l'abisso fra noi che siamo testimoni e vittime di questo massacro, e chi ne viene a conoscenza tramite i racconti dei sopravvissuti. Da Roma mi informano che l'Unione europea avrebbe congelato i fondi per la ricostruzione fino a quando Gaza sarà governata da Hamas. Lo ha lasciato intendere il Commissario europeo per le Relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner. «Gli aiuti per la ricostruzione della Striscia potranno arrivare solo se il presidente palestinese Abu Mazen riuscirà ad imporre nuovamente la sua autorità sul territorio» . Per i palestinesi di Gaza questo è un chiaro invito dall'esterno alla guerra civile, ad un colpo di stato. Come un legittimare il massacro di 410 bambini che sono morti perché i loro genitori hanno scelto la democrazia ed eletto liberamente Hamas. «Gli Stati uniti sono liberi di eleggere un guerrafondaio come Bush, Israele di scegliere leaders con le mani sporche di sangue come Sharon e Netanhyau, e noi popolazione di Gaza non siamo liberi di scegliere Hamas...», mi suggerisce Mohamed, attivista per i diritti umani che non ha votato per il movimento islamico; non ho argomenti per contraddirlo. I palestinesi vivi imparano dai morti, imparano a vivere morendo, sin dalla tenera età. Tregua dopo tregua, la percezione è quella di una macabra parentesi per contare i cadaveri fra una mattanza e l'altra, verso una pace che non è mai così stata distante. Perlustrando Gaza city a bordo di un ambulanza, per una volta con la sirena muta, la guerra resta impressa nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi e popolata da sguardi spauriti, occhi che insistono a scrutare il cielo verso aerei ancora incessantemente in volo. All'interno di una casa, sul pavimento ho notato dei disegni in pastello, chiaramente una mano infantile li aveva abbandonati evacuando in fretta e furia. Ne ho raccolto uno, carrarmati, elicotteri e corpi ridotti in pezzi. In mezzo al foglio un bambino ritratto con una pietra riusciva a raggiungere l'altezza del sole e danneggiare una delle macchine della morte volanti. Si dice che il significato del sole in un disegno infantile è il desiderio di essere, di apparire. Quel sole che ho visto piangeva, lacrime di sangue. Per lenire questi traumi, una tregua unilaterale basta? Restiamo umani.
Bandiere venezuelane e ritratti di Hugo Chávez sono stati esposti questa settimana nelle marce contro la guerra a Gaza in Cisgiordania, dove i palestinesi vedono il presidente come l'unica voce di dissenso verso Israele e un simbolo di quella forza che manca nei loro leader.La decisione di Chávez, la scorsa settimana, di espellere l'ambasciatore israeliano a Caracas -l'unico Paese oltre alla Mauritania a prendere questa iniziativa come protesta per l'offensiva di Israele a Gaza- lo ha catapultato direttamente al rango di eroe tra la popolazione palestinese, e contemporaneamente ha fatto indignare Israele.Lo Stato ebraico, che accusa il presidente venezuelano di aver ordito alleanze con i "terroristi" di Hamas, contro i quali ha scatenato la guerra a Gaza, ha definito questa decisione "brutale" e "indegna".Il centro ebraico internazionale per i diritti umani Wiesenthal ritiene che Caracas abbia violato la Dichiarazione contro l'Antisemitismo espellendo l'ambasciatore e appoggiando Hamas.Reazioni diametralmente opposte a quelle dei palestinesi in Cisgiordania e dei gruppi nemici di Israele.Hamas ha salutato la decisione definendola coraggiosa ed Hezbollah (il movimento sciita libanese) ha chiesto ai Paesi arabi di seguire l'esempio di Caracas.Il dirigente venezuelano "è un militante, un simbolo della lotta per la libertà. Così come Che Guevara. E' diverso dagli altri presidenti del mondo", dichiara alla AFP Mohammed Al Lahham, deputato di Fatah, partito del presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas.La sua opposizione agli USA, fedele alleato di Israele, alla guerra in Iraq del 2003 e all' offensiva israeliana contro Hezbollah in Líbano nel 2006 è stata interpretata dai palestinesi come un occhiolino a tutti i popoli che "resistono e lottano contro l'occupazione", spiega Al Lahham.Betlemme, Ramallah e Hebrón figurano tra le località cisgiordane dove questa settimana i palestinesi hanno innalzato fotografíe di Chávez e bandiere venezuelane nelle manifestazioni contro la campagna israeliana a Gaza, delle quali l'emittente Al Jazeera ha fornito un'ampia eco.La principale televisione araba ha diffuso inoltre, ripetutamente, un'intervista al cancelliere venezuelano, Nicolás Maduro, nella quale ha attaccato "i criminali che governano Israele" e hanno "perpetrato l'olocausto palestinese per 60 anni"."Mi piacerebbe avere un passaporto palestinese in bianco e consegnarlo a Chávez perché diventasse nostro cittadino. Dopo lo voteremmo e sarebbe il nostro presidente", afferma all'AFP Mahmoud Zwahré, sindaco di Al Masar, una località presso Betlemme, dove vivono in povertà 8.000palestinesi.Di fronte all'egemonia statunitense, il mandatario "è la reazione necessaria. Se non ci fosse, gli Stati Uniti farebbero anche di peggio contro i popoli del mondo", ritiene questo sindaco, che si arrangia come può in questa località senza telefono per scaricare da internet fotografie di Chávez, che dopo distribuisce tra i manifestanti."Qui tutti lo conoscono. C'è sempre più gente che viene a chiedermi immagini per agitarle nelle manifestazioni", informa.Mohammed Brijiá, responsabile di un comitato contro il muro israeliano nella regione di Betlemme, afferma che il "comportamento di Chávez è migliore di quello dell'ONU, che fa solo quel che vuole Israele, e non ha preso nessuna posizione forte" per frenare la campagna militare nella striscia di Gaza."Magari i nostri leader fossero così forti", lamenta Brijiá, un'opinione condivisa con Zwahré: "Ecco qual è il nostro errore. Non abbiamo nessuno dirigente con strategia e missione chiare".Il presidente Abbas si è indebolito nei territori di fronte al pugno di ferro di Hamas e al ricordo troppo imponente del suo predecessore, Yasser Arafat, la cui immagine continua a essere appesa negli edifici pubblici e nelle case dei palestinesi.Iyad, che gestisce un negozio vicino alla chiesa della Natività di Betlemme, lo pensa chiaramente: "Chávez è il miglior presidente, da sempre appoggia i palestinesi"."E' meglio dei leader arabi. Anche Giordania ed Egitto avrebbero dovuto espellere il loro ambasciatore. E' triste per noi non avere nessun dirigente come lui", dichiara Assem, un altro commerciante.
La Bolivia rompe le relazioni diplomatiche con Israele.
La Paz, 14 gen - Il presidente boliviano Evo Morales ha annunciato che il suo Paese ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele per protestare contro la sanguinosa offensiva dello Stato ebraico nella Striscia di Gaza.
”Annuncio - ha detto Morales - che la Bolivia ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele a causa di questi gravi crimini contro la vita e l’umanita”’.
La decisione di Morales segue quella del presidente venezuelano Hugo Chavez, che lo scorso 6 gennaio ha ordinato l’espulsione dell’ambasciatore israeliano a Caracas, diventando un eroe dei palestinesi.
Lettera del prof. André NOUSCHI all'ambasciatore di Israele.
Il professor André Nouschi, 86 anni, ebreo nato a Constantine, storico di fama mondiale, Professore onorario all'Università di Nizza, ha inviato questa lettera all'ambasciatore di Israele a Parigi. La cosa scotta!
Signor Ambasciatore,Per lei oggi è shabbat, dovrebbe essere un giorno di pace ma è un giorno di guerra. Per me, da molti anni, la colonizzazione e il furto israeliano delle terre palestinesi mi esaspera. Le scrivo dunque a diversi titoli: come Francese, come Ebreo per nascita e come artigiano degli accordi tra l'Università di Nizza e quella di Haiffa.Non si può più tacere davanti alla politica di assassinii e di espansione imperialista di Israele. Vi comportate esattamente come Hitler si è comportato in Europa con l'Austria, la Cecoslovacchia. Disprezzate le risoluzioni dell'ONU come quelle della Società delle Nazioni ed assassinate impunemente donne, bambini; non invocate gli attentati, l'Intifada. Tutto questo è conseguenza della colonizzazione ILLEGITTIMA e ILLEGALE. CHE É UN FURTO. Vi comportate come ladroni di terre e voltate la schiena alla morale ebrea. Vergogna a voi! Vergogna a Israele! Scavate la vostra tomba senza rendervene conto.Perché siete condannati a vivere con i Palestinesi e con gli stati arabi. Se vi manca questa intelligenza politica, allora non siete degni di far politica e i vostri dirigenti dovrebbero andare in pensione. Un paese che assassina Rabin, che glorifica il suo assassino, è un paese senza morale e senza onore. Che il cielo e il vostro Dio condanni a morte Sharon, l'assassino.Avete subito una disfatta in Libano nel 2006.Ne subirete altre, spero, e manderete a morire giovani Israeliani perché non avete il coraggio di fare la pace.Come gli Ebrei che hanno sofferto tanto possono imitare i loro boia hitleriani ? Per me, dal 1975, la colonizzazione mi trae a mente vecchi ricordi, quelli dell'hitlerismo.Non vedo nessuna differenza tra i vostri dirigenti e quelli della Germania nazista.Personalmente, vi combatterò con tutte le mie forze come l'ho fatto tra 1938 e 1945, fino a quando la giustizia degli uomini distrugga l'hitlerismo che sta nel cuore del vostro paese. Vergogna, Israele. Spero che il vostro Dio scaglierà contro i suoi dirigenti la vendetta che si meritano. Come Ebreo, come ex-combattente della Seconda Guerra mondiale, sento vergogna per voi. Che Dio vi maledica fino alla fine dei secoli! Spero che sarete puniti."
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